NUMERO 12 - DICEMBRE 2010

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Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

Punti di vista

MadreTerra

Palmi&Dintorni

Il web delle fonti energetiche

di Marco Bentivogli l fatto di vivere la più diffiI cile congiuntura economica registrata dal 1929, rende difficile

pensare ad aspetti che potremmo definire economico-antropologici, o di scenario. Il mercato della informazione di massa – necessariamente improntato alla analisi di breve periodo - preferisce parlare di crisi e di fallimento delle promesse della globalizzazione, piuttosto che riconoscere i segni di forze e tendenze in atto da decenni. E’ il caso dell’incremento del tasso di disoccupazione e della riduzione della produttività che accomunano, pur con connotazioni estremamente diverse, le due sponde dell’Atlantico. Alla stessa stregua, un Paese povero di risorse e in retroguardia nei settori legati alle tecnologie informatiche come l’Italia, non sembra pronto ad una analisi trasversale delle tendenze in grado di promuovere occasioni di sviluppo non convenzionali in settori vitali come quello dell’energia. Se, come teorizzava Peter Drucker, “la scomparsa del lavoro quale fattore chiave della produzione sta per emergere come la questione critica irrisolta della società capitalistica”, è altrettanto vero che questa crisi si presenta all’alba di un’era che sarà dominata da nuove tecnologie e che dovrà fondarsi su nuove fonti e modelli di consumo energetici, che potranno contribuire a mutare gli scenari geopolitici mondiali. L’era moderna per come la conosciamo è stata resa possibile dalla enorme disponibilità energetica garantita dai combustibili fossili, ma non ha conosciuto un percorso semplicemente lineare. Nel salto corrispondente al passaggio dal predominio inglese, basato sul carbone, a quello americano, improntato allo sfruttamento intensivo dei giacimenti petroliferi, il sistema economico è diventato fortemente verticistico. La intensità di capitale necessaria al reperimento e sfruttamento dei giacimenti ha favorito la creazione di colossi internazionali ed il successo di strutture fortemente improntate alle economie di scala, fino a concentrare la maggior parte del potere economico planetario nei consigli di amministrazione

di circa cinquecento Aziende. Per converso, se vediamo la rivoluzione dei computer e del World Wide Web come l’ultimo grande prodotto della civiltà indus-triale classica, dominata dalla fisica e dalla chimica, non possiamo mancare di notare come la nuova era, già proiettata nel biotech, sia profondamente informata dal concetto di rete. Un modello più “democratico” che , se prendesse piede nel settore dell’energia, potrebbe avere conseguenze dirompenti non solo nel mondo dell’economia, ma rimodellare l’intera società. Per comprendere l’importanza della variabile energetica a livello economico e geopolitico, basterà ricordare come il crollo dell’Unione Sovietica si sia concretizzato in seguito ad un prolungato periodo di depressione del mercato petrolifero. Il prezzo del barile a quindici – venti dollari e la conseguente impossibilità di mantenere gli alti costi del proprio sistema sociale ed internazionale, minarono concretamente il logoro tessuto del pianeta URSS, esaltandone le contraddizioni ed accelerandone - in ultima analisi - il cedimento. Siamo oggi in una fase politicamente molto diversa, ma di estremo divenire dal punto di vista energetico e tecnologico: si discute della consistenza delle riserve petrolifere mondiali, di un concreto impulso al nucleare, di fonti rinnovabili, di idrogeno, ma in modo quasi schizofrenico e senza riflettere sulle implicazioni sociali che potranno avere i diversi modelli di sviluppo. Per cercare di fare ordine, in primo luogo, si può provocatoriamente dire che il concetto di picco della produzione mondiale sia – di fatto – una chimera: i riflessi sulle valorizzazioni di borsa delle Società petrolifere, fanno sì che i dati sulle riserve siano spesso altamente inaffidabili e, d’altra parte il concetto stesso di riserva è spesso determinato da fattori economici, più che tecnologici. Prima che il prezzo del barile salisse a centoquaranta dollari, le sabbie bituminose del Canada non erano comprese nel novero delle riserve, ma questo è puntualmente accaduto una volta “spostata l’asticella”, che ha dato anche ulteriore impulso alle tecnologie estrattive ed alla fruibilità economica di vecchi giacimenti.

Si può quindi pensare che il costo della riforma del sistema energetico e sociale basato sui combustibili fossili fornisca un valido meccanismo di protezione ed una notevole inerzia al cambiamento, resa ancora più sensibile dal contemporaneo risveglio dell’interesse nutrito verso altre fonti energetiche tradizionalmente “centralizzate” e ad alta intensità di capitale quale il nucleare. Ci troveremmo quindi in una fase storica caratterizzata da successivi aggiustamenti che, in mancanza di imprevedibili accelerazioni geopolitiche o religiose, garantiranno il perpetuarsi del successo del sistema attuale. Consideriamo invece l’attuale scenario di economie in difficoltà, con ridotte possibilità di accedere al credito e cosa potrebbe significare lo sviluppo di nuove centrali nucleari compatte, una sorta di “cubo energetico” interrato pensato per fornire energia a circa 20.000 utenze, la creazione di campi fotovoltaici nelle zone desertiche, il completamento delle super-reti energetiche ad altissima tensione pensate per mettere in rete i parchi eolici del Mare del Nord e della Spagna, i grandi bacini idroelettrici, le centrali che sfruttano i salti di marea, ecc. Si passerebbe ad una filiera energetica diffusa dal punto di

vista della distribuzione e della produzione, fortemente integrata per ridurre le costose ridondanze e riserve richieste dal sistema attuale, con al centro la rete distributiva, piuttosto che il fattore produttivo. Si avrebbe quindi un World Wide Web della energia nel quale – al limite - ogni singola unità abitativa potrebbe essere contemporaneamente utilizzatrice e fornitrice. Le basi teoricamente esistono già: il piccolo impianto fotovoltaico domestico da 3 kW viene oggi collegato alla rete in modalità di scambio, ma con lo sviluppo dei pannelli ad alta efficienza, come quelli a tripla giunzione e la auspicata diffusione di automobili a celle di combustibile lo scenario cambierebbe radicalmente. Alle aggregazioni sovranazionali di stati dovrebbe essere demandato lo sviluppo di centrali di potenza relativamente limita rispetto quella oggi disponibile e lo sviluppo di infrastrutture di scambio e trasporto efficienti. L’iniziativa e l’investimento privato – al limite familiare – potranno fornire la restante parte della potenza, cogliendo opportunità di business oggi appannaggio di poche Aziende fortemente capitalizzate ed organizzate, liberando al tempo stesso ingenti risorse statali.


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