MADRETERRA NUMERO 34 - OTTOBRE 2012

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M E N S I L E D I IN F O R M A Z IO N E E C U LT UR A

OMAGGIO

PALMI & DINTORNI Anno III - N. 34 - OTTOBRE 2012

PESCATORI DELLA TONNARA ORGOGLIO E TRADIZIONI

www.madreterranews.it


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LETTERA APERTA AL NUOVO SINDACO DI PALMI Egregio dottor Giovanni Barone, le elezioni del 20 Maggio hanno decretato la sua vittoria sull’altro candidato, Dott. Boemi. La cittadinanza palmese ha riconosciuto in lei il nuovo rappresentante della nostra beneamata cittadina, dopo un periodo di turbolenze politiche e di commissariamento. Vogliamo innanzitutto congratularci per il brillante risultato ottenuto. Esso giunge a coronamento di una onorata carriera e di molti anni di dedizione e di impegno politico. Desideriamo inoltre porgerle i nostri più fervidi auguri ed esprimere la speranza che durante il suo mandato possa lavorare bene nell’interesse della cittadinanza e nel rispetto della sua onorabilità. E’ desiderio di ogni uomo che le proprie opere ed il proprio pensiero possano essere tramandate ai posteri. In quest’ottica e nell’interesse comune, ci auguriamo che lei possa raggiungere tale obiettivo. Siamo consapevoli delle difficoltà di gestire la cosa pubblica con rettitudine, onestà e determinazione. Molti sono gli ostacoli che si frappongono in questo lungo cammino! Ciononostante, continuiamo a sperare in un uomo che riesca a risollevare le sorti della nostra città e la riporti alle glorie del passato. La natura è stata molto generosa con questa perla del Tirreno, incastonata tra la costa ed il Monte Sant’Elia, baciata dal sole nove mesi all’anno e ventilata dalla dolce brezza marina anche nei mesi più caldi. Tuttavia gli uomini non sempre meritano i doni che la natura profonde a piene mani, vero è che nel corso degli ultimi anni, un vero patrimonio è stato letteralmente depredato e sperperato da molti ingrati cittadini nonché amministratori in mala fede. E’ facile comunque prendersela con gli altri perché, in fondo ….”gli altri siamo noi”…. Pertanto, ritengo che sia del tutto inutile riporre le speranze in un’unica persona. Il primo cittadino deve essere sostenuto da tutti, perché solo l’unione può fare la forza, in particolare ciò risulta vero in questi momenti di grave crisi nazionale ed internazionale. Non le chiediamo dunque promesse, che spesso risultano vane ed irrealizzabili, ma solo impegno, determinazione e lavoro giornaliero per ricostruire, mattone su mattone, una nuova città. Che rinasca dalle ceneri di un glorioso passato, ma che sia in grado di rimettersi al passo con i tempi, riscoprendo le proprie tradizioni di civiltà e cultura. Ci auguriamo inoltre che sappia crescere e rappresentare nuovamente il punto di riferimento sui comuni vicini, che non posseggono certamente le nostre fortune geografiche e l’immenso patrimonio culturale (Scuole, uffici, tribunale, sanità) che ci lasciarono i nostri nonni. Auspichiamo che la nostra amata Palmi torni a fornire nuove opportunità di lavoro ai giovani, che siano in tal modo invogliati a restarvi e a non fuggire verso lidi migliori, risucchiando così la nuova linfa vitale alla nostra città. Ritengo con queste poche parole di rappresentare i desideri e le speranze del suo fedele elettorato ed invito tutti i miei concittadini ad offrirle un supporto morale e materiale per sostenerla nel faticoso cammino che si appresta ad intraprendere. Ad maiora! Carmela Maria Gentile

SOMMARIO 5

nASce Il cOMITATO dI QuARTIeRe “PIeTReneRe”

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ASSOcIAZIOne dI vOlOnTARIATO PROMeTeuS

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“Monumento al Pescatore”

di Carmine Orlando PALMI & DINTORNI

REGISTRAZIONE AL TRIB. DI PALMI Nr. 1 / 2010 Anno III - Numero 34 - Ottobre 2012 Direttore respons.: Francesco Massara Coordinatore: Paolo Ventrice Collaboratori di REDAZIONE di questo numero. Saverio Petitto Walter Cricrì Cettina Angì Salvatore De Francia Nella Cannata Giuseppe Cricrì Hanno collaborato per questo numero anche: Salvatore De Francia, Bruno Vadalà, Pasquale Frisina, Giuseppe Magazzù Editore: Associazione Culturale Madreterrra Sede Palmi-Via ss.18 km 485.30 P.I. 02604200804 Cod. Fisc. 91016680802 Mobile-Paolo Ventrice 335 6996255 e-mail: redazione@madreterranews.it Progetto Grafico: Saverio Petitto-Walter Cricrì-Paolo Ventrice Impaginazione grafica: Paolo Ventrice Progetto e cura sito web: S. De Francia-D. Galletta Stampa: GLF sas -Via Timpone Schifariello Zona P.I.P. II Traversa-87012 Castrovillari (Cs)

di Walter Cricrì di Walter Cricrì

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RINASCE IL TENNIS di Paolo Ventrice

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UN NUOVO PRESIDENTE PER IL “LIONS CLUB ... di Nella Cannata

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acqua pubblica di Viviana Minasi

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IL SENTIERO DI “ROVAGLIOSO”

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l’ARRIvO dI WRAnG

di Antony Rizzitano di Saverio Crea

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ADOTTARE UN MONUMENTO di Saverio Petitto

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RIlAncIO e InnOvAZIOne lO SLOGAN dellAdIRIGenZAdel“SeveRI-GueRRISI” di L.d.S.

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culTuRA e MuSIcA IndIPendenTe cOnTRO le mafie di Barbara Tripodi

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“...PRIMA cHe SIA TROPPO TARdI!” di Pietro Scarano

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L’AGGHIASTRU di Francesco Collura

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MEDICINA ALTERNATIVA: L’AGOPUNTURA di Carmela Gentile

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Palmi com’era, Palmi com’è di Giuseppe Cricrì

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UN SOGNO BIANCONERO! di Pasquale Frisina

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l’u.s. PaLmeSe feSteggia Un SecoLo di vita di Rocco Cadile


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L’EDITORIALE di Paolo Ventrice

on si era ancora concluso il progetN to “Parpagliolo” e già le menti folli di PROMETEUS lavoravano per il nuovo obiet-

tivo. E dove trovare un appiglio che possa essere lo stimolo e l’inizio di una nuova scommessa? Semplice, basta osservare il territorio, basta scrutare lì dove l’occhio non vede (o non vuol vedere), basta scoperchiare il pentolone, basta non essere superficiale. Fino ad oggi PROMETEUS si è mossa sempre nel ristretto cerchio del centro storico di Palmi, pur avendo sempre sotto mira le esigenze di tutti. La Piazza e la statua di San Rocco sono bene di tutti coloro che ripongono fede nel Santo, così come lo è la Teca del Sacro Capello e l’immagine della Madonna della Lettera che protegge la sua città, sulla facciata della Chiesa Madre. La Fontana dei Canali rappresenta fortissimamente gli umili lavori e le tradizioni di una Palmi antica e piena di cultura secolare, così come la stele dedicata a Mario Bagalà rappresenta un uomo di oggi che ha saputo raccogliere tradizioni e folclore e ha saputo, al di là del grande personaggio che fu, coniarne, con la sua “arte”, poesie, racconti e canzoni. Il Parco Parpagliolo, infine, centro di aggregazione sociale ad uso e consumo di tutti coloro che vogliono vivere e gustare la propria città in momenti di sereno svago. Anch’esso è stato progettato e pensato per tutti. Oggi però, dopo attente riflessioni, cominciamo a pensare a qualcosa di diverso. Palmi è grande e soffre, come tutte le città

del mondo, di una terribile malattia: la periferia. Chi scrive vive in periferia, anzi, ci vive oltre. In realtà si può tranquillamente sostenere che io viva quasi in campagna. Il mio non è un quartiere, non vi è un agglomerato di case e non vi vivono numerosissime famiglie, non vi sono le esigenze e i problemi di un quartiere, ma al contempo, sono costretto ad attraversare le periferie per giungere in centro. Per carità, Palmi è, comunque, una città che si eleva al di sopra di mille altre per vivibilità, ma nonostante ciò sarebbe il caso di soffermarsi sui disagi di coloro che vivono in periferia. Molti problemi delle zone periferiche della città sono, normalmente, sconosciuti ai più e spesso non vi si fa accenno alcuno per paura di sollevare inutili polveroni. In realtà che gusto c’è a dire che Palmi è una città bellissima, ordinata, pulita, se quando si accompagna qualcuno a farle visita si cercano sempre le stesse strade, ovvero quelle più in ordine e si ha paura o, meglio, vergogna di prenderne una qualsiasi, coscienti che di certo, i nostri ospiti troverebbero qualcosa in disordine? L’accenno, in questa sede, non va fatto alla “porta d’ingresso” (Trodio) che sappiamo essere un (speriamo per brevissimo tempo ancora), trapasso temporaneo dall’incrocio che fu alla rotonda che sarà, né ai buchi nell’asfalto che ispirano maledizioni continue verso non si sa chi o cosa. Di certo non è compito di PROMETEUS alleviare le croniche malattie che attanagliano le periferie, esistono sapienti e, vi assicuro, lodevoli uffici preposti a far ciò, ma qualcosa vogliamo e possiamo fare anche noi. Per questo, oggi, ciò che scoprirete in questo giornale (per chi non ha ancora avuto accenno alcuno sull’opera che si sta per lanciare) sarà di vitale importanza. Questo vuole essere il “LA” per nuovi percorsi, vuole essere il nodo che stringe una città intera, un territorio comune, una popolazione coesa. Il “Monumento al Pescatore” sarà il simbolo di un luogo tra i più antichi di Palmi, epicentro di una tradizione che nasce con l’uomo e di un folclore che non ha pari. Si, questa volta, signori, si parte da lontano, dal mare. E’ giunta l’ora di andare a casa di chi il centro lo vive poco, di chi ha bisogno di sentire alleviati i dolori di un’incuria secolare, forsanche degna di essere chiamata abbandono. E si che la “Tonnara” di Palmi riempie la bocca di tutti noi, per un breve periodo dell’anno, ma forse troppo breve perché si riesca a guardare più in la del proprio naso. Per anni siamo stati senza un porto e da anni si cerca di portare a termine un lungomare degno di una città turistica; il tutto condito, qualche volta, da “litigi” tra abitan-

ti e amministratori e da burocrazie lunghe e, spesso, inutili e soffocanti. Ci si accorge della Tonnara solo in estate e allora partono i soliti commenti: “…guarda che schifo, quanta polvere, non si può passeggiare” oppure “…maledizione! Neanche a pagamento si trova un posto” o ancora, sotto il caldo afoso, in coda “…ma guarda ‘sto cretino come ha parcheggiato!!!” e infine (in realtà ce ne sarebbero centinaia ancora di esclamazioni ed anche molto più pesanti) “…fanno, fanno e poi abbandonano tutto!!!”, in riferimento ad opere abbandonate. Non è solo la Tonnara il cruccio; li, è vero, si concentra un numero impressionante di persone in estate, ma non bisogna dimenticare il resto dell’anno. Ci vive un piccolo paese, ci vive una miscellanea di culture e tradizioni, ci vivono, soprattutto, i pescatori, “i Tunnaroti”, ma ci sono anche altre realtà: c’è S. Elia (un articolo di Pietro Scarano lancia “grida” di allarme rosso, proprio in questo numero di MadreTerra), ci sono le località della Marinella, della Torre e della Stazione, sempre in crisi e sempre in emergenza e via via, attraverso le borderline (Impiombato, Macello, Pille, ecc.) ognuno con i suoi problemi e necessità, fino ad arrivare in centro. PROMETEUS, consapevole di essere al centro di una rivoluzione culturale e consapevole di essere affiancato da tante altre realtà associative di pregevolissima utilità sociale, lancia, oggi, l’ennesima sfida in aiuto e supporto agli sforzi fatti da chi amministra (in questo caso si vuole lanciare un segnale di forte stimolo per un veloce completamento del lungomare), affiancando il settore pubblico, ma ponendo l’accento sulla vitalità, il sudore e la tradizione di chi vive e “custodisce” la Tonnara: I pescatori. In tutto questo vi è l’orgoglio, incommensurabile, di essere affiancati da altre associazioni e comitati di quartiere, nati proprio per salvaguardare, migliorare e controllare le località Tonnara e Pietrenere, l’Associazione “MareAmico”, L’Associazione “Pescatori della Tonnara” e il comitato di quartiere “Pietrenere”, tutte realtà che lavoreranno in stretta sinergia con PROMETEUS per il realizzo dell’opera. Una mia, personalissima, considerazione finale è che, oggi, dopo anni di lavoro, si cominciano a raccogliere frutti maturi, un po’ aspri ancora, ma maturi. Manca poco e la cultura di impegnarsi, in qualsiasi modo, per dare una mano alla nostra città si sarà integrata nella mente di tutti. Sono esempio chiaro le associazioni sopra citate, ne è esempio eccelso il neonato CdQ “Torre e Stazione” o l’importante lavoro di associazioni come “Manitese” e di decine di altre realtà distribuite sul territorio palmese. Tutto questo è orgoglio di una città “viva”.


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meravigliosamente

palmi

Continua ad inviare le tue foto all’indirizzo lettori@madreterranews.it

PALMI NON FINISCE MAI DI STUPIRCI. LASCIAMOCI STUPIRE ANCORA!

Foto - Rossella Romeo

Foto - Salvatore Barbaro

Foto - Giuseppe Marafioti


5 Direttivo: Orlando Carmine – Presidente Mambrino Valeria – Vice Presid. Mazzullo Paolo – Segretario Brando Francesco – Tesoriere Pisanelli Domenico – Consigliere Careri Giuseppe – Consigliere Mambrino Achille – Consigliere Soci:

La Festa Di Fine Estate 2012

Nasce Il Comitato Di Quartiere “Pietrenere”. di Carmine Orlando

email: comitato.pietrenere@gmail.com ortemente voluto da tre ragazzi del posto, F nasce a marzo 2012 il comitato di quartiere “Pietrenere”, con l’intento di attivare un processo

socio-culturale e turistico del suddetto borgo e di tutta l’area che abbraccia il fiume Petrace e l’Ulivarella. Ad oggi, il comitato annovera più di 80 soci e, pur di giovane costituzione, vanta già numerose iniziative intraprese nel territorio nel corso dell’estate scorsa, sia pur in compartecipazione con altre associazioni, come l’idea di impiantare il nuovo ulivo sul famoso Scoglio, portata avanti dall’associazione “Aura Loci”, il trofeo di ballo denominato “Primo Trofeo Ballando sotto le stelle a Pietrenere” con la partecipazione di numerose scuole di danza e di una famosa radio locale. Nel corso dell’estate, sono stati più di 15 gli eventi organizzati dal neo comitato, riscuotendo grande apprezzamento tra gli abitanti della zona e i numerosi turisti presenti nel territorio di Palmi. Valore aggiunto di questo gruppo, oltre al consigliere comunale Nino Randazzo, è senza dubbio il parroco della chiesa di Taureana, Don Vittorio Castagna, per la sua positività e sensibilità, che sin dal primo giorno ha creduto in questa associazione. La concretezza delle iniziative intraprese dalla giovane associazione ha consolidato i rapporti di amicizia

www.facebook.com/comitato.pietrenere

con la neoamministrazione comunale alla guida della nostra città. Tale ottima relazione con il neosindaco Dott. Giovanni Barone nasce da lontano, allorquando la madre, insegnante nella scuola elementare di Pietrenere, lo portava con sé, avendo così modo di giocare e fare amicizia con i ragazzi del borgo. Oggi, quella che un tempo era la scuola elementare, è diventata la sede del comitato, concessa in comodato gratuito dall’amministrazione comunale. Forte è il legame tra il comitato e le altre associazioni esistenti sul territorio: “Mare Amico” con il presidente Iannì, “Pescatori della Tonnara” e il presidente Cosenza, “Comitato Feste di Taureana” e il presente Gentile, “Attivis” della parrocchia di Taureana, “Aura Loci” e il presidente Nicotra, ed infine “Prometeus” con il suo presidente Petitto, con la quale è nata da poco una stretta collaborazione, che porterà alla realizzazione del “Monumento al Pescatore”, opera bronzea dello scultore Achille Cofano. La giovane organizzazione è aperta a qualsiasi forma di collaborazione per far sì che non esistano divisioni tra il centro della città e le periferie, altresì per creare sinergie tra gli abitanti della frazione e il resto dei cittadini e con l’obiettivo di portare Palmi agli antichi splendori di città e leadership della Piana.

Il Gruppo M’buttaturi Madonna Dall’alto Mare 2012

Cosenza Francesco Denaro Giuseppe Fazio Giuseppe Speciale Rosario Mazzullo Fortunato Cipri Giuseppe Federico Michele Randazzo Antonino Mazzullo Fortunato Lazzaro Giuseppe Musumeci Rocco Brando Domenico Collura Francesco Mambrino Achille Papasergio Antonio Zappone Vincenzo Mambrino Achille Lagana’ Cesare Guglielmo Antonino Puzzo Angelo Surace Vincenzo Pisanelli Santo Speranza Franco Gagliostro Matteo Mazzullo Pasquale Schipilliti Antonio Surace Domenico Speciale Giovanni Minutoli Michele Brando Daniele Mambrino Valeria Mazzullo Simona Mazzullo Tiziana Speciale Paola Pisanelli Alessandra Surace Giuseppina Carmelitano Lucia Ruggeri Maria Concetta Guglielmo Soccorsa Guglielmo Carmela Zuco Antonina Putrino Andrea Pisanelli Cristina Ceravolo Alfredo Gallo Carmine Mambrino Antonio Mambrino Alessia Cannizzaro Rocco Musumeci Nadia Madafferi Alessandra Crisafulli Agostino Loiercio Giuseppe Mambrino Vincenzo Mazzullo Luciano Mazzullo Giuliano Speciale Rosa Bagnato Antonio Mazzullo Michele Squatriti Antonio Ortuso Luigi Murdolo Ferdinando Gagliostro Jessica Giorgianni Elvira Gallo Domenico Impiombato Vincenzo Mambrino Donatella Mambrino Bruno Cicala Franco Gagliostro Battista Limone Giuseppe Bongiovanni Massimo Currao Rosario Arabia Salvatore Bagnato Carmelo De Lieto Barbara Cosenza Vincenzo Cavaliere Marino Mambrino Vincenzo Zappone Donatella Mambrino Giuseppe Pisanelli Antonio


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Associazione di volontariato Prometeus impegno delle forze buone per costruire una nuova forma mentis …“Realizzare opere del genere (una piazza, un parco giochi, una fontana e così via) significa riportare alla luce un bel po’ di metri quadri, prima avvolti dal grigio, dalla triste nebbia del non utilizzo. Significa aumentare la superficie utile della città, la parte fruibile della nostra quotidianità”. A. Salvati

n un momento storico ecoI nomicamente travagliato, per l’Italia e ancor di più per la

Calabria, in cui le ristrettezze economiche sono letteralmente palpabili, potrebbe apparire insolita e inopportuna la richiesta di aderire ad “investimenti” per opere strutturali e culturali, destinate alla propria Città. Eppure a Palmi, oramai da più di un lustro, avviene un fenomeno che può rientrare nelle eccezioni e, in quanto tale, meriterebbe uno studio ed un’attenzione particolare. Cercando di riassumere il fenomeno in poche righe, si può

iniziare a dire che l’Associazione Culturale di Volontariato, capace a concretizzarlo, è nominata Prometeus, essa nasce facendo proprio l’intento del mitologico personaggio ispiratore, di offrire (pur a rischio di dover patire) il personale operato a beneficio della propria comunità; ma fin qui nulla di straordinario! Ciò che stupisce sono i crediti, di diversa forma e natura, che in poco tempo l’Associazione riesce a conquistare, rendendo fruibile, tra l’altro, la disponibilità economica ottenuta attraverso il sistema delle donazioni spontanee, del 5 per mille. L’Associazione culturale e sociale, Prometeus, iscritta agli Albi, Regionale delle Associazioni Culturali, provinciale del-

le Associazioni di Volontariato e nell’elenco delle Associazioni che beneficiano del 5 per mille, nasce nel 2007 dall’esperienza che i suoi fondatori hanno maturato in anni di militanza associativa palmese. Negli ultimi cinque anni, Prometeus è stata capace di realizzare opere per un investimento economico complessivo pari a circa 430.000 €; praticamente per ogni idea proposta, l’Associazione ha destinato una somma iniziale, a mo’ di volano, poi fatta “lievitare”, attraverso varie forme di contribuzione, quel tanto che consentisse di coprire l’intero ammontare della spesa: obolo volontario, disponibilità di mano d’opera, sponsorizzazione, donazione di

materie prime, disponibilità di attrezzature ecc.. Tutto ciò ha fatto si che venissero realizzate delle opere simbolicamente importanti per la Città, senza nessun costo o contributo pubblico aggiuntivo e per ciò particolarmente care, sentite, quindi come appartenenti alla Gentes, al Popolus Palmese residente, emigrato od oriundo che sia, fortemente legato agli allori storici e culturali della Città. Queste opere, realizzate in tempi brevi e senza attingere a fondi pubblici, anche per la maniera con le quali sono state concepite, vogliono rappresentare, nel loro piccolo, un momento di orgoglio e di rilancio nel modo di pensare e di essere CALABRESI.

Foto Trapasso

di Walter Cricrì


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Opere ed Editoria L’Associazione si è impegnata anche nella realizzazione di prodotti editoriali. 1. ••» La fonte di San Rocco -Ieri un sogno, oggi una realtà-. Cronistoria e book fotografico sulla costruzione del monumento e ristrutturazione della piazza San Rocco di Palmi. 2. ••» Libro: “Briciole di Pane”. Storia, miti, leggende, curiosità, antiquariato, citazioni, proverbi, modi di dire e sorrisi. Anno 2008. Pubblicato dal Comune di Altomonte con il contributo di “GAL Valle Crati”. 3. ••» Poster dei “Pani di Calabria” e relative cartoline postali da collezione. Rassegna fotografica delle tipologie di pane più rappresentative della Regione. 4. ••» Poster “I Bambini colorano il Pane” e relative cartoline postali da collezione. Realizzati con le opere partecipanti alle varie edizioni della “Gran Festa del Pane”. 5. ••» Libro: “aVARIAta”. Vignette, poesie, miti, storie, racconti, aneddoti, fotografie, reperti e leggende, di ieri e di oggi, della Festa (per noi) più bella del Mondo. Anno 2009. 6. ••» Libro: “Un nuovo volto per le antiche Chiese di S. Rocco e Maria SS del Rosario in Palmi” Con cronache e testimonianze sui terremoti 16 novembre 1894 e 28 dicembre 1908. Anno 2008 7. ••» Libro: “Visioni e Realtà”. Versi editi ed inediti dedicati a Palmi dal poeta Carmelo Gullì (1864-1937).Pubblicato da L’Officina delle Idee Editore.2008 8. ••» Filmato: “Palmi Città della Varia”. Spot pubblicitario donato al Comune di Palmi. Progettazione grafica e realizzazione. 9. ••» Libro: “Chioccolino si fa Pane”, fiaba inedita, illustrata, per ragazzi con approfondimenti per i più grandi. Anno 2008. Pubblicato da L’Officina delle Idee Editore. 10. ••» Libro: “Votalatrippa”. Anno 2007. Satira politica. 11. ••» Filmato: “Palmi è Mediterraneo”. Brochure multimediale donata al Comune di Palmi. 12. ••» Redazione MadreTerra. Giornale mensile diffuso in tutto il comprensorio di Palmi

e consultabile sul sito ufficiale: www.madreterranews.it. Eventi e Progetti Sociali L’Associazione si è impegnata nella organizzazione e nella gestione di eventi 1. ••» “La Città è dei Ragazzi”, variegato progetto promosso dall’Area delle Politiche del Welfare del Comune di Palmi, sviluppato in diverse iniziative: “Manifestazione sportiva multidisciplinare”, “ Musica Insieme...”, “Panni stesi”, “Il Pappamondo: le tradizioni vanno a scuola”, “Immagine della mia città: Palmi luogo dell’anima”. 2. ••» “Le tradizioni vanno a Scuola”. Territorio, alimentazione, ambiente, usanze, profumi e sapori: ingredienti per la conoscenza, realizzato in collaborazione con il 1° Circolo Didattico di Palmi (RC) e l’Associazione Onlus Prometeus di Palmi. 3. ••» “Le mani in Pasta” progetto agroalimentare, realizzato in collaborazione con il Circolo Didattico di Rogliano (CS) e l’Associazione Onlus Prometeus di Palmi. 4. ••» Gestione amministrativa della Varia di Palmi, edizione 2008. 5. ••» Organizzazione 1° Festival Palmese dei Tamburinari, “ M.tro ‘Mbulica - 2008. 6. ••» “Musica a Bocca Aperta” -Festival musicale accompagnato da degustazioni gastronomiche della tradizione palmese. 7. ••» “C’era una volta la Merica”. Spettacolo rievocativo e dedicato agli emigrati con mostra fotografica e presentazione del libro di poesie di Carmelo Gullì “Visioni e realtà”. 8. ••» “Un Sogno all’asta”. Organizzazione e gestione della Mostra ed dell’asta di opere donate da artisti Palmesi per la ristrutturazione e realizzazione della piazza San Rocco. 9. ••» Partita del cuore. Organizzazione e raccolta fondi, edizioni 2010 e 2011. 10. ••» Contributo organizzativo per la manifestazione “Gran Festa del Pane” di Altomonte.


8 Associazione

Prometeus - Il nuovo progetto per l’anno 2013 -

“Monumento al Pescatore” Simbolo

di legame indissolubile tra

Palmi

e le tradizioni del

Mare

...Per una Città d’aMare di Walter Cricrì ncora caldo il “forno delle A idee”, Prometeus si prepara per la prossima ricetta. Dopo

aver sfornato la ristrutturazione e l’arredamento del Parco Giochi Parpagliolo, una nuova infornata di buoni progetti si affaccia nelle prossime iniziative. L’elenco delle opere realizzate da Prometeus, per la comunità palmese, si arricchirà ancora di un’altra grande impresa. Siamo nella fase di lievitazione dell’idea: la presentazione dell’inedita scultura “Monumento al Pescatore”, che si è celebrata presso la Sala del Consiglio Comunale, Palazzo San Nicola, nel pomeriggio di sabato 29 u.s.. Lo Scultore, Achille Cofano, che vive a Maglie (Le) ma col cuore (e progenie) che pulsa palmese, ha già elargito la sua arte alla nostra cittadina in altre occasioni: i due dei quattro pannelli bronzei che impreziosiscono la Fontana dei Canali, in Piazza Lo Sardo; la stele commemorativa dedicata al prof. Mario Bagalà, collocata sul prospetto principale della sua abitazione, sul Corso A. Barbaro; il busto in gesso del pittore Domenico Augimeri, esposto alla Casa della Cultura di Palmi. Tutte opere, che hanno richiesto molto impegno, applicazione e sacrificio, a testimonianza del forte legame con la nostra Palmi. Con una cerimonia ufficiale, orchestrata da Prometeus, è stato presentato il nuovo progetto, in

una sala Consiliare colma di semplici curiosi e di attente personalità, qualificate e di rappresentanza: il Maresciallo Domenico Fontana, per la Delegazione di Spiaggia; il comandante dei V.U. di Palmi, Maggiore Francesco Managò; i funzionari del Comune di Palmi, Settori Cultura e Welfare, dell’Ufficio Tecnico e Urbanistica; e in ultimo, ma non ultimo, il Sindaco dott. Giovanni Barone, supportato e coadiuvato dai suoi Assessori e Consiglieri. In un clima di massima aspettativa, dopo il doveroso “Inno Nazionale” (vista la sede istituzionale ospitante), interpretato dai bambini dei Centri Estivi CHINE. TER., la proiezione di un filmato fotografico ha sottolineato il legame tra la Città e la sua costa, in un excursus intensamente evocativo: “La Tonnara… C’era una volta”, (a cura di Giuseppe Cricrì, con incastonate le immagini storiche della sua raccolta personale, la sua canzone “U cantu d’u piscispatu”, cantata e musicata da Peppe Cipri, foto di Aldo Pinto, e dall’editing audio-video di Joe Leonardis, nominato sul campo socio sostenitore Prometeus). Il Presidente Saverio Petitto, ha aperto la presentazione dei lavori con i saluti di rito e l’esposizione dei fattori stimolanti che hanno portato Prometeus all’impegno per la realizzazione di questo ambizioso progetto, contando sulla collaborazione di tutti e in primo luogo sul coinvolgimento delle Associazioni e Comitati del territorio della Ton-

nara; che, invitati ad intervenire, hanno espresso i loro apprezzamenti per l’idea, il progetto e l’impegno, in qualità di rappresentanti dell’Associazione “Mare Amico”, del Comitato “Pietrenere” e dell’Associazione “Pescatori della Tonnara”. Inoltre erano presenti in Sala i rappresentanti delle Associazioni “Per Palmi”, “Amici della Casa della Cultura”, “Lions”, “Comitato San Rocco” e “Congrega San Rocco”. A questo punto, dopo una presentazione dell’opera da parte dell’Artista Cofano, è stato scoperto il bozzetto in scala. Già dalla introduzione e descrizione di Cofano, si sono apprezzate il soggetto e le proporzioni dell’intera fontana: i personaggi (che saranno alti circa 2 metri) rappresenteranno una scena che evoca il travagliato rapporto col mare. I soggetti riprodotti raffigurano una donna della Tonnara, con una cesta colma del pescato, pazientemente recuperato dal suo sposo, impegnato sullo scoglio nell’operoso rammendo delle reti, mentre un pesce spada, fa bella mostra di se, emergendo dall’acqua, con fierezza e in segno di sfida; quella sfida che porta l’uomo e il pesce ad essere uniti da un destino, che per motivi diversi e opposti li proietta nel futuro. Un ultimo elemento bronzeo, anche se privo di vita propria, presenterà, a chi osserverà dal mare, la scena in medio-rilievo che rivive, nella tradizione di

questo mare, della dinamica, rapida e concitata, pesca del pesce spada, esprimendo l’anima dei marosi in un’ampia pennellata di spuma, volta a simulare l’infrangersi di un onda che s’impone nella scena come vera protagonista. Le vasche, che accoglieranno questo quadro a 3D, saranno costituite da due semicerchi, con cordolo molto basso: uno piccolo a nord e l’altro più ampio a sud, disposti su due livelli differenti in modo da creare ai lati, sui conseguenti piccoli gradini, un effetto ruscello; essi, infine, appaiono raccordati, lateralmente, da due blocchi di roccia dai quali traboccano due getti d’acqua. Il medio-rilievo, che raffigura la scena di pesca al pescespada, rompe lo schema del semicerchio più piccolo e, nel proiettarsi al di là di quest’ultimo, si adagia come spuma sulla sabbia; dalla cesta della donna col pescato, lato ovest, tre piccole aguglie, con la bocca aperta, emettono altrettanti piccoli e lenti fili d’acqua. Il pescespada a sud lancia uno spruzzo alto, in modo che il getto si veda dal mare tra le due statue. A sud, dal centro del blocco di roccia naturale fuoriesce un ultimo getto, del tipo “a velo di vetro”. L’opera vuole celebrare le diuturne relazioni tra Palmi e la marineria della Tonnara, e a tal fine, proponendo il rapporto antropologico con il territorio marinaro, vuole essere foriero di riqualificazione urbana, rivalutazione e


9 valorizzazione delle potenzialità umane. Un’attenzione particolare quindi, che si concretizza in una statua, dedicata, forse per la prima volta e specificatamente, al Pescatore della Tonnara. Le spese per la realizzazione del monumento, ha voluto ricordare Petitto, attingeranno a ciò che ha fruttato il 5 per mille, riferito al 2009, destinato all’Associazione Culturale Prometeus, sostenuta anche da una raccolta popolare, che la stessa Associazione, si produrrà ad effettuare, in occasioni programmate ad hoc, sino alla realizzazione dell’opera. Come da consuetudine, si conterà sul coinvolgimento di tutte le maestranze che alacremente presteranno le loro competenze, supportate dalla solita intesa sinergica col Comune di Palmi. E a tal proposito, a concludere i lavori, ha preso la parola il Sindaco Barone che, grato alla Prometeus per gli impegni assolti nell’ultimo lustro, garantisce totale affiancamento all’opera in oggetto e agli eventuali futuri propositi, segnalando l’Associazione come esempio di pragmatica solerzia e affidabile serietà, da emulare e sostenere. Per dare il via ad una raccolta fondi è stata avviata la messa all’asta del bozzetto esibito, che prossimamente occuperà la vetrina di uno dei negozi del centro città; da subito ha ottenuto le prime offerte (2.600,00 € sino al momento della stampa dell’articolo); un esortazione per tutti a partecipare! Fra breve verranno realizzate 200 litografie autografate dall’autore, date in dono a tutti coloro che contribuiranno con le donazioni. Come si diceva all’inizio, una variegata mescolanza di idee, di volontariato, storia, progetti, tradizioni e quant’altro, sono pronti per essere messi nel forno della realizzazione di Prometeus. Unico ingrediente incerto: la previsione di spesa, ancora imponderabile; ma che la generosità dei palmesi riuscirà quanto prima a manifestare, perseguendo il nuovo slogan di Prometeus: Palmi una Città d’aMare

Lo scultore Achille Cofano

La sala consiliare gremita durante la presentazione del bozzetto


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L’ASSOCIAZIONE PROMETEUS, CON LA COLLABORAZIONE DI ASSOCIAZIONE “MARE AMICO”, ASSOCIAZIONE “PESCATORI DELLA TONNARA” E COMITATO “PIETRENERE DI PALMI”, PRESENTA IL

“MONUMENTO AL PESCATORE”

...Per una Città d’aMare COME AIUTARCI C/C N. 000094156981 INTESTATO AD ASSOCIAZIONE CULTURALE PROMETEUS CON CAUSALE: “MONUMENTO AL PESCATORE”; BONIFICO CODICE IBAN:

IT39P0760116300000094156981

-­ POSTE ITALIANE PALMI CENTRO -­ ASSOCIAZIONE CULTURALE PROMETEUS. OPPURE RITIRA LA LITOGRAFIA DELL’OPERA, A TIRATURA LIMITATA (200), DIRETTAMENTE DAI VOLONTARI DELL’ASSOCIAZIONE PROMETEUS.

LA DONAZIONE E’ DETRAIBILE DALLE TASSE CONSERVANDO LA COPIA DEL BONIFICO o dell’assegno.

I bambini dell’Associazione Chine.Ter. con gli istruttori Ciappina e Iannello, eseguono l’Inno nazionale nel corso della serata di presentazione del bozzetto.


GUESS NUOVE COLLEZIONI AI 2012

CORSO GARIBALDI, 212 - PALMI - 0966.45825

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RINASCE IL TENNIS A Palmi,

come nel resto d’Italia, riparte una nuova era del tennis, grazie

Parco Parpagliolo, oggi ristrutturata a cura del Palmi e della rinata scuola, diretta dal M aestro FIT Enzo Borgese

alla vecchia struttura di

Circolo Tennis Sporting di Paolo Ventrice el 1976, un signore di nome N Adriano Panatta, sbanca le terre rosse di Roma e Parigi. Ri-

cordi da brivido! Erano anni felici, quelli, per il Tennis nazionale, uno sport regolare, affascinante e facilmente sostenibile anche in età avanzata. Erano tempi in cui campioni di valore assoluto egemonizzavano i circuiti e davano vita a incredibili performance degne delle più grandi rappresentazioni teatrali del secolo. Nomi come quelli di Björn Borg, Jimmy Connors, John McEnroe, Ilie Nastase, Ivan Lendl, Andre Agassi, Pete Sampras, Boris Becker, Stephan Edberg, Vilas, Navratilova, Evert, Graf, Chang, Courier ecc. sono scolpiti nella memoria di milioni di appassionati. Gente che ha creato attorno a se un mondo di passione tennistica e che è stata stimolo e punto di riferimento per generazioni intere. Ricordi, purtroppo solo ricordi. E si che sulla scia della loro notorietà si era costruito, in Italia, un circuito che ricopriva una buona posizione tennistica in campo internazionale. Si sa, i vincenti hanno sempre un seguito e il seguito tende a copiarne le gesta e allora studia, si applica e, qualche volta, finisce che viene fuori, anche, qualche campioncino. Succede dappertutto, nel cal-

Roger Federer, numero 1 ATP

SONO APERTE LE ISCRIZIONI AI NUOVI CORSI-SCUOLA E LE ISCRIZIONI DEI SOCI AL CT SPORTING PALMI PER L’ANNO 2013. L’INFORMATIVA PER I SOCI PREVEDE TUTTA UNA SERIE DI AGEVOLAZIONI, SIA PER LA SCUOLA TENNIS, SIA PER L’UTILIZZO DEGLI SPAZI SPORTIVI, OLTRE A CONVENZIONI VARIE CON ATTIVITA’ COINVOLTE.

cio, nel basket, nel volley e succedeva anche nel tennis. Poi, tutto ad un tratto, il circuito tennistico nazionale si spegne, viene offuscato dagli altri sport e, lentamente, muore. Si, muore, perché non si può dire che rimane in vita uno sport che contava migliaia di tesserati e si riduce piano piano a, forse, poche centinaia. Colpa di chi? Una piccola idea io ce l’ho e voglio condividerla. La causa maggiore è da imputare alla tradizione tennistica. E’ uno di quegli sport che meno condivide cambiamenti alle proprie regole. Definito sport d’Elite, nasce nel medio evo, figlio di un gioco (sphairistike), addirittura, degli antichi greci, ma è Francesco I di Francia il reale promulgatore del nuovo gioco, seguito da Re Carlo IX che instituì il primo torneo, di Pallacorda con racchette, nel 1571. In seguito il gioco diventa diffuso tra le corti d’Europa e, soprattutto, in Inghilterra, dove prende il nome di Real Tennis. Infine, nel 1874 il maggiore inglese Walter Clopton Wingfield brevetta il primo gioco moderno del Tennis. Le sue regole vennero poi modificate in funzione dello sviluppo del gioco e della sua popolarità fino ai tempi moderni. E qui viene fuori il problema principe della discesa di notorietà del Tennis in Italia; Negli anni 1980-90, i palinsesti televisivi non potevano più sostenere i lunghi tempi delle partite di tennis. I favolosi tornei, di cui si leggeva nei giornali sportivi non erano più merce per la TV nazionale. Questa condizione fece si che ci si disinnamorò di questo sport e pian, piano si verificò l’allontanamento dai campi anche da parte di chi, per decenni, aveva condiviso con passione il movimento tennistico. Malattia moderna; il tempo corre in fretta e non si può staccare mai la spina, pena la decadenza. In quegli anni, altri sport, il volley in primis modificò le proprie regole per venire incontro alle esigenze dei palinsesti televisivi. Li, ci fu lungimiranza. Questo permise al movimento pallavolistico di continuare sulla sua strada, “concimando”, per mezzo della televisione, tutte quelle realtà locali capaci di forgiare cultura sportiva e di creare le basi per i ricambi generazionali. Il volley riuscì ad utilizzare il potente strumento televisivo per stimolare la continuità! Nel tennis no, questo non poteva accadere e fu così che l’abbandono delle scene da parte dei grandi Panatta, Barazzutti, Ber-

tolucci ecc. lasciò un vuoto incredibile, ancor oggi incolmabile. Finalmente, poi, ci fu l’avvento delle TV tematiche. Arriviamo, quindi, ai giorni nostri, e così il tennis viene rimesso nel circolo nazionale, propagandato efficacemente dalle TV e i signori Novak Djokovic, Roger Federer, Rafael Nadal, Ferrer, Isner e anche la Sharapova, le Williams, ma soprattutto, le nostre Sara Errani, Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Roberta Vinci, i nostri Filippo Volandri, Andreas Seppi, Fabio Fognini e, finanche Gianluigi Quinzi, definito il golden boy italiano, promessa eccelsa del circuito tennistico mondiale, si riaffacciano al grande pubblico e stimolano una rinascita covata per anni. Di chi è il merito? Della televisione, senz’altro, ma anche della passione di questi tennisti e della forza che riescono a trasmettere. Ecco che quindi ci si riaffaccia ai polverosi campi abbandonati, ecco che qualcuno sfodera “l’arma” tenuta al buio per troppi anni, ecco che si riaccende la passione. E allora tutti in moto, comincia un’altra era, ci si riaggrega, ci si sfida e si tende a cancellare un vuoto durato troppo tempo. Può essere una storia a lieto fine, questa, e a lieto fine (o re-inizio) è anche la storia del tennis a Palmi. Una serie di condizioni ha riportato questo sport in città, un gruppo di persone, tra le quali orgogliosamente mi annovero, si è mossa, stanca di errare per città e circoli di comuni adiacenti e si è messo sotto a ricostituire un movimento sano e sereno, una nuova scuola tennistica e a cercare di riparare al dramma del nulla che si era verificato negli ultimi anni. Il tennis palmese è tornato a casa sua, a casa di Marcello Mura, Enzo Pezzimenti, Peppe Grassi e Rocco Romeo, vincitori, nel 1984 della Coppa Italia regionale a squadre, ultimo exploit prima del letargo tennistico a Palmi. E’ tornato in quel mitico campetto di Parco Parpagliolo, sapientemente ripulito e rivestito dal CT Sporting Palmi che si è assunto l’arduo compito di farlo funzionare a dovere. Ha nuovi colori, ha i colori del glorioso Flushing Meadows (US Open), azzurro e verde, e si staglia, di sera, su un tramonto senza pari, attorniato da una vitalità che il parco ha ritrovato grazie alla magica mano di Prometeus. Forza ragazzi! E’ l’ora di ricominciare, aiutateci a crescere e aiuteremo i nostri figli a recuperare ciò che si era perduto.


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Un nuovo presidente per il

“Lions Club di Palmi”

Avv Saverio Crea

di Nella Cannata i conosciamo da molti anni, C da quando ha intrapreso gli studi di giurisprudenza che lo

hanno portato a diventare avvocato. Saverio Crea è un uomo poliedrico, determinato e volitivo dalle molteplici esperienze lavorative. Ha svolto per molto tempo il ruolo di manager per il gruppo BNL, ha lavorato con successo nel settore della formazione, con particolare riferimento ai sistemi di comunicazione, acquisendo la specializzazione nelle tecniche relazionali. Da anni è socio del “Lions Club” di Palmi e dal 1°Luglio è stato eletto Presidente per l’anno sociale 2012\13. Lo incontro per caso nel bellissimo giardino di Villa Mazzini e, complimentandomi con lui per l’incarico appena ricevuto, ne approfitto per chiedere informazioni sull’Associazione e sul programma di attività che intende portare avanti durante il suo mandato. Ci ritroviamo a impostare una sorta di intervista che riesce a chiarire molti punti oscuri e a smontare alcuni pregiudizi e luoghi comuni. -Di cosa si occupa un “Lions Club”? L’Associazione del Lions Clubs, a livello internazionale, nasce nel lontano 1917, su proposta di Melvin Jones,un giovane dirigente membro di un’associazione professionale rivolta alla crescita del benessere economico dei propri soci, il quale riteneva che fosse necessario adoperarsi anche e soprattutto, per migliorare la comunità e il mondo nella sua globalità. Da allora l’organizzazione si è sviluppata in 207 Paesi e lo spirito che continua a contraddistinguerla è l’attenzione alla società con particolare riguardo alle persone meno fortu-

nate e più bisognose. Il lionismo è una “filosofia d’azione” che si pone come obiettivo il benessere civico e culturale di una comunità, utilizzando i mezzi, l’influenza e il ruolo sociale per fare del bene, promuovendo principi di buon governo senza scopo di lucro.La denominazione Lions sta a significare, infatti “Libertà e intelligenza al servizio della nostra nazione”. Molti interventi sono stati rivolti soprattutto alle aree geografiche meno sviluppate, con attività mirate alla realizzazione di ospedali e assistenza sanitaria preventiva. -L’anno presidenziale è iniziato da poco, quali iniziative sono state avviate e quali progetti saranno portati avanti nel Club di Palmi? Il “Lions Club” è nato a Palmi circa 50 anni fa ed è presente nella Piana anche con i clubs di Polistena e Taurianova. Moltissime sono le iniziative portate a termine nei vari anni. Tra queste, una in particolare, nata su input del Club di Palmi che ha coinvolto fattivamente anche gli altri Club sul territorio, ha assunto un ruolo di interesse nazionale. Si tratta del campus “Lucciola Blu”che ogni anno nel mese di giugno offre a circa 40 ragazzi disabili, accompagnati dai familiari, un soggiorno di una settimana, presso il centro Presenza e con l’aiuto di personale esperto viene assicurato lo svolgimento di attività ludiche e formative. Nell’anno in corso sarà rivolta grande attenzione al nostro territorio con interventi a favore dei giovani, degli anziani e dell’ambiente, sensibilizzando sia le istituzioni sia le associazioni presenti. In concreto, si intende coinvolgere attivamente gli anziani che, a causa dell’assenza di spazi sociali mirati a favorire momenti di aggregazione e di interesse, spesso, nel periodo invernale, subiscono il disagio dell’isolamento forzato. Abbiamo individuato circa 150 anziani che dovranno rendersi disponibili, nei loro quartieri, ad “adottare una piazza per il prossimo Natale”. Sarà un’occasione per addobbare, abbellire e migliorare l’immagine del nostro paese e sarà anche un momento per una raccolta beni da desti-

nare alle famiglie più bisognose della nostra comunità. Si prevede, inoltre, di organizzare, durante il periodo natalizio, una rappresentazione teatrale e musicale che li vedrà protagonisti insieme ai giovani. Per i giovani, visto il particolare momento di crisi economica che sta investendo la nostra società, è previsto un intervento mirato a favorire e far maturare il concetto di flessibilità lavorativa attraverso dibattiti e percorsi formativi. Inoltre, visto che Palmi ha sempre espresso giovani talentuosi, nei diversi settori artistici, ho programmato una giornata, per loro, nella quale ognuno potrà esprimere le proprie capacità artistiche e verranno invitati, in quella circostanza, alcuni artigiani che potranno trasferire ai giovani amore e passione per alcune attività tradizionali che rischiano di scomparire. Sarà una giornata da vivere festosamente che si concluderà con una grande manifestazione musicale e artistica. Abbiamo giovani davvero talentuosi che possono assicurare diverse stagioni estive e non solo… Inoltre è’ mio specifico intendimento riuscire a coinvolgere gli altri Club Service e gran parte delle associazioni presenti sul territorio, per una costante ed efficace collaborazione tesa a migliorare e recuperare le nostre risorse culturali e ambientali. -Come si diventa soci del Club? Perchè si possa far parte è indispensabile possedere indiscussa moralità e spirito di servizio attivo. In pratica ogni socio può proporre una persona che abbia tali requisiti ed il Club si esprime nel merito. Esiste un codice ed un modello di comportamento cui tutti i soci devono ispirarsi e che può riassumersi nell’operare con lealtà, altruismo e senso del dovere, mirando a costruire e non a distruggere, senza pregiudicare dignità e onore. In ogni caso anche senza farne parte, chiunque voglia segnalare situazioni meritevoli di considerazione e tutela è sempre ben accetto, è importante che si operi il più vicino possibile ai cittadini e al territorio.

-Chi sta all’esterno percepisce il “Lions Club” come un’associazione chiusa, elitaria, che nella realtà si occupa soprattutto di cerimonie e occasioni conviviali che ne sviliscono lo spirito originario, cosa puoi dire in proposito? Considerando che sei un esperto di comunicazione, non ritieni necessario veicolare in modo più efficace le informazioni sul vostro effettivo ruolo sociale? Coloro che osservano il Club dall’esterno sono spesso portati a valutare in base al “ si dice”. Ciò deriva dal fatto che quanto viene effettivamente realizzato non ha quella risonanza che meriterebbe e che farebbe comprendere come gli scopi sociali siano sempre realmente perseguiti e concretizzati. Per esempio, pochi sanno che il nostro Club tra le sue attività annovera la cura di un campo di addestramento per cani guida da offrire gratuitamente ai non vedenti ( ad oggi circa 1800 cani sono stati consegnati) e, sempre per questi ultimi, cura la produzione sistematica di centinaia di testi attraverso il service “libro parlato” che rappresenta per i soggetti con deficit visivo e per gli autistici un indispensabile strumento per l’apprendimento e la formazione anche negli studi universitari. Mi rendo conto che occorrerebbe promuovere in modo più adeguato e con maggiore capillarità le iniziative e le attività che concretamente vengono effettuate da tutti noi, al fine di rendere più visibile alla comunità quanto lo spirito di servizio e il “lionismo attivo” contraddistinguano la nostra Associazione. Tra il serio e il faceto, scherzando da vecchi amici, la nostra intervista finisce qui. Ci salutiamo per riprendere ciascuno la propria strada...sicuramente ho appreso qualcosa di nuovo e sono certa che qualcosa di nuovo si sta preparando per la nostra città. Siamo sempre felici quando si opera per il bene comune e soprattutto quando si riesce a collaborare e guardare tutti dalla stessa parte per crescere e migliorare. Suerte, Saverio! Che il tuo impegno sia proficuo per tutti noi!


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ACQUA PUBBLICA di Viviana Minasi

’acqua, bene prezioso e indispensabile, che sgorga in abbondanza nelle fontane L delle città, scorre nei rubinetti delle case e, purtroppo, scarseggia in alcune realtà a noi molto vicine. E’ un bene comune e di tutti che, però, non è illimitato, ed è per

questo motivo che dovremmo cercare tutti di farne buon uso, iniziando a consumarla responsabilmente in casa ma anche in città. La proposta che il gruppo “Manitese” di Palmi ha avanzato all’amministrazione comunale nelle scorse settimane, ha proprio lo scopo di far riflettere sullo spreco di acqua nelle fontane a ciclo continuo presenti in città, che può essere “combattuto” installando dei rubinetti ad arresto temporizzato o istantaneo in ciascuna fontana, dalla quale l’acqua sgorga senza sosta. L’idea dei ragazzi nasce dalla convinzione che anche in Italia l’acqua deve rimanere un “bene comune”, basandosi su tre principi: l’acqua non è una merce, la gestione dell’acqua deve rimanere pubblica, sull’acqua non si può fare profitto. Partendo da questi principi, il gruppo “Manitese” di Palmi ha condotto negli ultimi mesi uno studio sulle fontane pubbliche a flusso continuo installate in città, con lo scopo di quantificare l’acqua potabile che scorre senza che venga utilizzata. Così, con tanto di pazienza, penna e taccuino in mano, i volontari di “Manitese” hanno percorso tutta Palmi, annotando il numero delle fontane da cui sgorga senza sosta l’acqua. 17 in tutto. «Quello dell’acqua è un tema che ci sta molto a cuore e sul quale è necessario fare una vera e propria campagna di sensibilizzazione in città – ha detto Giuseppe Stanganello, referente del gruppo “Manitese” di Palmi durante la conferenza stampa a palazzo San Nicola – La nostra proposta di installare dei rubinetti nelle fontane a flusso continuo vuole essere un invito a riflettere su quanto sia necessario fare uso sensato di acqua, in casa come in ogni altro posto». I risultati dello studio condotto dai manitesini, elaborati da Fabio Gallico, agronomo e volontario “Manitese”, hanno messo in luce quanto già a nostra conoscenza, ossia che dell’acqua se ne fa un cattivo uso. Ma per rendere meglio l’idea di cosa voglia dire «fare cattivo uso dell’acqua», niente è più indicato dei numeri. Lo studio sulle fontane pubbliche di Palmi ha dimostrato che l’acqua utilizzata, ogni giorno, su un totale di 100 litri, è appena il 10%; il rimanente 90 % è tutta acqua sprecata. Una fontana eroga ogni giorno qualcosa come 13 mila 944 litri di acqua, utili a soddisfare le esigenze primarie di 350 persone. Moltiplicato per 17, per il numero delle fontane presenti a Palmi, si arriva a 237 mila 892 litri di acqua, che garantirebbero gli stessi bisogni primari a 5950 persone. Consultando alcuni dati sui consumi per le principali attività quotidiane, si possono fare alcune considerazioni. Il “Diritto minimo di acqua per persona” dichiarato dall’Onu è 40 litri/giorno; la media europea è di 165 litri giornalieri pro capite; in Italia, secondo fonti Istat, si consumano 250 litri/giorno per persona. Per cucinare e lavare le stoviglie si consumano quotidianamente dai 40 ai 50 litri di acqua, 3 per lavarsi i denti, 6 per ogni lavaggio di mani, da 100 a 150 per il bagno in vasca e solamente 2 per bere. La proposta di montare dei rubinetti che impediscano lo scorrimento continuo di acqua nelle fontane di Palmi, è stata accolta bene dal sindaco Giovanni Barone, che ha ringraziato i ragazzi per l’idea avuta, idea che va ben oltre l’aspetto prettamente economico, e che si fonda su principi morali ed etici. «D’accordo con i nostri tecnici, avevamo pensato di razionalizzare lo scorrere dell’acqua nelle fontane pubbliche, anche per andare incontro ad esigenze di natura economica – ha detto il primo cittadino – La vostra proposta si inserisce pienamente in quelle iniziative volte a far capire alle persone l’importanza dei beni di cui disponiamo, anzi, credo sia opportuno che di questo vengano informati i ragazzi delle scuole, che spesso utilizzano l’acqua senza farsi scrupoli». Installare i rubinetti nelle fontane ha un costo che va dai 50 ai 140 euro, a seconda del tipo di rubinetto che si vuole montare. Roba da niente, se si considera che la spesa il comune la ammortizza forse in un solo giorno. «Con i soldi che andremo a risparmiare sulla bolletta dell’acqua, grazie ai rubinetti, vogliamo contribuire a realizzare il vostro progetto di costruzione dell’acquedotto in Bolivia e Benin», è stata la chiosa di Barone. RIPORTIAMO DI SEGUITO ALCUNI GRAFICI DELLO STUDIO: lo spreco, ipotizzando consumi medi elevati sarebbe di 11661.38 litri al giorno per fontana, mentre l’erogazione utile ammonterebbe a 1749 litri al giorno è stata esaminata una bolletta a cadenza trimestrale, dalla quale è emerso che il costo dell’acqua erogata dalle fontane pubbliche incide sul totale addirittura per il 67%


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IL CDQ “TORRE E STAZIONE” INTERVIENE, APPREZZANDO, SUI LAVORI DI RIPRISTINO E MESSA IN SICUREZZA

L’ARRIVO DI WRANG UN FILM DEI MANETTI BROS ALLA CASA DELLA CULTURA

IL SENTIERO DI “ROVAGLIOSO” British Consulate General

SELEZIONE UFFICIALE

BEST INNOVATIVE BUDGET 2012

2012

MELIES 2011 MIGLIOR FILM • PREMIO NOCTURNO

Christian Lelli presenta

Sappiamo tutto ...tranne la verità

“Un capolavoro del cinema di genere. Non solo italiano.” Boris Sollazzo - Il Sole 24 ORE

DAL

9 MARZO AL CINEMA

ENNIO FANTASTICHINI FRANCESCA CUTTICA

DANIA FILM PEPITO PRODUZIONI SURF FILM in collaborazione con RAI CINEMA JULIET

MONTAGGIO

ESEY JOSEPH

LI

YONG

JADER

presentano una produzione MANETTI BROS. FILM

GIRALDI

ANTONELLO

ITALIA

di Saverio Crea itrovarsi un sabato mattina a Palmi per vedere un film R alla Casa della Cultura può appa-

l Comitato di Quartiere “Torre e Stazione” intende espriI mere il proprio apprezzamento per i lavori di ripristino e messa in sicurezza del sentiero che da accesso alla splendi-

da caletta in località “Rovaglioso”. La spiaggia di Rovaglioso sessant’anni fa, prima che venisse chiuso l’accesso via terra, era una delle mete preferite dai palmesi, che vi giungevano da un sentiero costeggiato da alberi di ulivo. Oggi possiamo dire che questo intervento apre una breccia importante per il rilancio turistico della Costa Viola e quindi della nostra città. Per questo vogliamo rivolgere un ringraziamento all’Assessore Avv. Giuseppe Saletta, all’Amministrazione Comunale tutta e al Presidente del Consiglio Provinciale Giovanni Verduci, artefici di questa iniziativa. Siamo convinti che lo sviluppo socio economico di una comunità va di pari passo con la giusta valorizzazione delle bellezze paesaggistiche e naturali presenti sul territorio. Ne sono un esempio la Villa Leonida Repaci e le grotte di Trachina, entrambe in località Pietrosa, luoghi incantevoli a cui si ha accesso attraverso il quartiere Stazione e di cui, ancora oggi, molti degli stessi palmesi disconoscono l’esistenza. Purtroppo l’intera area oggi sconta anni di abbandono e di scarsa attenzione da parte delle passate Amministrazioni le quali, in modo miope, hanno disincentivato lo sviluppo di una delle aree tra le più belle della città. Oggi tutto il comprensorio ricadente nell’ambito territoriale del quartiere Stazione, soffre della totale assenza della manutenzione ordinaria, a partire dalla regimazione delle acque meteoriche, alla rete fognaria oramai obsoleta ed all’assenza di parte della rete illuminante in via Stazione. Ci auguriamo che il PSC in corso di elaborazione sia anche l’occasione giusta per valorizzare la notevole potenzialità turistica di questo territorio. Per il CdQ “Torre e Stazione” Il Presidente Antony Rizzitano

rire quanto mai strano visto che l’abitudine al Cinema a Palmi è ormai un ricordo lontanissimo. Invece, grazie ad un invito graditissimo, mi sono ritrovato nel buio della sala, unitamente ad altri ospiti, ad un nutrito gruppo di studenti e di professori ed ho potuto ammirare il film che i fratelli Manetti hanno girato nella città di Roma. Splendida scenografia e ottima scelta della trama che ha appassionato tutti quanti gli spettatori in ogni ordine di età. Un film che si distingue, secondo la mia modestissima impressione, per due motivi in particolare e precisamente: l’averlo girato quasi per intero in un unico ambiente, senza che fosse per nulla monotono, e per il messaggio forte che hanno saputo lanciare in ordine alla incapacità di comunicare che oggi sta diventando sempre più una piaga sociale. La scoperta e la conseguente cattura di un Alieno, nella nostra Roma, mette a dura prova la Difesa Nazionale che deve, per poter condurre l’interrogatorio, ricorrere ad una traduttrice che però non è esperta nella gestione degli interrogatori. La prima “stranezza” è che l’Alieno sceglie, per comunicare con i Terrestri, Il Cinese Mandarino visto che il maggior numero di uomini sulla terra parla quella lingua. Ritiene, ragionevolmente,

MORRONI

EFFETTI SUPERVISIONE MODELLAZIONE E CONCEPT MUSICA VISIVI PALANTIR DIGITAL EFFETTI VISIVI SIMONE SILVESTRI CREATURA 3D MAURIZIO MEMOLI FOTOGRAFIA ALESSANDRO CHIODO ORIGINALE PIVIO & ALDO DE SCALZI PRESA DIRETTORE GENERALE LAURA CONTARINO FEDERICO MARIA MANESCHI SUONO INDIRETTA SANDRO ROSSI SCENOGRAFIA NOEMI MARCHICA COSTUMI PATRIZIA MAZZON DI PRODUZIONE CLAUDIO LULLO ORGANIZZATRICE

ITALIA

che essendo la lingua più parlata, numericamente, debba essere conseguentemente la più conosciuta. Non è così e quindi l’Intelligence, non avendo nell’immediatezza un traduttore esperto, deve ricorrere ad una traduttrice professionista che però si lascerà influenzare psicologicamente dall’Alieno che abilmente sfrutterà la situazione ispirandole una forte tenerezza. Ne consegue un tentativo di ostacolo, da parte della traduttrice, ai duri metodi metodi di interrogatorio ai quali non è abituata. Ne nasce un conflitto di comunicazione che impedisce ai nostri connazionali di comunicare serenamente tra di loro e poter quindi espletare il lavoro senza scontri “culturali” e preconcetti. L’Alieno invece gestisce magistralmente la comunicazione riuscendo a far breccia e sfruttando ogni momento di tensione per apparire al meglio mascherando abilmente le reali intenzioni. Un messaggio, racchiuso nel film, che sapientemente i fratelli Manetti rivolgono al pubblico che non può non percepire il limite che la nostra generazione sta vivendo nella assoluta incapacità di comunicare al di fuori di stereotipi preconcetti. Comunicare vuol dire saper ascoltare l’altro, riuscire a trasmettere le reali intenzioni all’interlocutore dedicando il giusto tempo alla verifica della percezione. Tempo questo che nessuno oggi vuole impiegare nella corsa frenetica alla conquista di spazi e alla apparente soddisfazione del proprio egoismo.


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ADOTTARE UN MONUMENTO di Saverio Petitto

ei primi numeri della rivista “Madreterra” N avevamo proposto ai palmesi di adottare il verde della nostra città, attraverso una sorta

di ripartizione delle varie zone. L’iniziativa, per certi versi originale e sia pure lodevole, non era andata a buon fine o quantomeno non era stata compresa, almeno, questo sembrava in quel momento. Ma, allorquando l’associazione Prometeus ha cominciato a riqualificare la città, con la costruzione di piazze, rotonde e la ristrutturazione di monumenti, quel messaggio, che sembrava non essere stato recepito, come d’incanto, invece, è stato amorevolmente fatto proprio dalla gente. Infatti, il banner raffigurante la Varia, realizzato nel 2007, è custodito dalla scuola Elementare “De Zerbi”, la Teca del Sacro Capello, che si trova all’interno della Chiesa Madre, è preservato dalla Parrocchia, così come l’affresco digitale della Madonna della Lettera. Il monumento a San Rocco, nella omonima piazza, è curato amorevolmente e con grossi sacrifici dal signor Pasquale Marafioti, che senza compenso alcuno e con un impegno costante, mantiene lo stesso manufatto in grande splendore. La Fontana dei Canali, ristrutturata nell’anno 2011, settimanalmente è accudita, disinteressatamente, dalle sorelle Parrello. La rotonda di via Concordato, che necessita di particolare cura per il manto verde, ha le attenzioni periodiche e la professionalità di Gaetano Fortugno e Giuseppe Zirino . Con amore e attaccamento a quello che è stato il suo cantiere di lavoro, è l’eccezionale impegno che presta, nel “Parco Parpagliolo” quasi quotidianamente, Nino Genovese, socio volontario della nostra associazione, per la gioia dei nostri bimbi che possono godere di un luogo sempre pulito e ordinato. Pasquale, Rossella, Gaetano, Giuseppe, Nino, palmesi perbene, che dedicano, una parte del loro tempo, a preservare e mantenere luoghi appartenenti all’ intera collettività; perchè avere una città bella ed ordinata deve diventare pensiero comune per tutti i palmesi, segno di grande civiltà, motivo di orgoglio ma, soprattutto eredità da consegnare alle nuove generazioni con la fiduciosa certezza di dare loro un luogo in cui vivere bene.

Giuseppe Magazzù, direttore dei lavori di parco “Parpagliolo”

Giovanna Marini, nota cantautrice nazionale, nipote di Luigi Parpagliolo, in visita al parco

La gioia dei bimbi al parco


LA SATIRA

di Saverio Petitto

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Risultati e propositi in una intervista al dirigente scolastico Giuseppe Gelardi

Rilancio e innovazione lo slogan della dirigenza del “Severi-Guerrisi” Dalle paventate conseguenze, per un accorpamento sproporzionato, di una scuola palmese ad una gestione “fuori del campanile”, si ottengono già i primi risultati brillanti.

di L. d. S. li effetti del dimensionaG mento scolastico hanno eliminato, in senso fisico e meta-

forico, lo spartiacque rappresentato dal fiume Petrace, con l’accorpamento dello storico Liceo Artistico “Michele Guerrisi” di Palmi, al glorioso e monumentale I.I.S. “Francesco Severi” di Gioia Tauro, ormai polo tecnologico per tutta la piana ed oltre. «La coesistenza di un impianto tecnologico con il mondo dell’arte non potrà che dare frutti speciali ed esiti sorprendenti», ha preannunciato il Dirigente del Severi-Guerrisi, prof. Giuseppe Gelardi. Determinato, acuto ed intraprendente, dalle parole asciutte e concrete, è un autentico “realizzatore”. Superando le barriere burocratiche, grazie ad un’attenta opera di dialogo con le istituzioni e gli enti locali, ha perfettamente interpretato lo spirito del rinnovamento su cui si impernia l’autonomia scolastica. «La sinergia con le istituzioni è alla base del progetto culturale e formativo e non può prescindere da un’ottica concertata», ha chiosato Gelardi. «Il Sindaco di Gioia Tauro, Bellofiore, e l’Assessore alla Pubblica Istruzione,

Della Vedova, sono stati i miei diretti interlocutori», -ha quindi proseguito- «con attenta disponibilità mi hanno supportato, sin dal mio arrivo a Gioia Tauro». Ed è così che in meno di due anni, capitalizzando tutte le migliori risorse interne, il Dirigente Gelardi ha creato nuovi laboratori di nautica e di chimica; ha allestito un’enorme aula per il comodato d’uso, ha rivoluzionato il look interno ed esterno, quasi raddoppiando il numero degli alunni, nei cinque indirizzi del “Severi”, a Gioia Tauro. «Indubbiamente il mio progetto di rifondazione del Severi, soprattutto nel suo impianto laboratoriale e strutturale, ha avuto bisogno di larghe intese con l’establishment della Provincia di Reggio Calabria» -ha proseguito Gelardi in un successivo passaggio- «il circolo virtuoso di un’efficace comunicazione ha dato luogo ad un piano condiviso grazie al quale, si è potuto realizzare il nuovo ed implementare l’esistente. Non posso che esprimere gratitudine al Presidente della Provincia di Reggio Calabria, On. Raffa, all’Assessore alla Pubblica Istruzione, On. Calabrese ed ai consiglieri provinciali di Gioia Tauro, per il loro tangibile impegno personale, espressione di un sano impegno a tutto vantaggio della collettività».

A partire da questo anno scolastico, il Dirigente Gelardi sta attenzionando il Liceo “Guerrisi” di Palmi, avendone assunto la dirigenza. «Le mie due scuole dovranno avere una sola mente con due diverse anime che potranno essere complementari l’una all’altra» ci ha dichiarato Gelardi. L’accorpamento del Liceo Guerrisi all’Istituto Severi, lascia separate ed attive le due enormi strutture, che continueranno ad operare ciascuna sul proprio territorio. Avranno, invece, in comune il Dirigente Scolastico ed Amministrativo. Per il resto opereranno congiuntamente, nel rispetto delle diversificate offerte formative e si uniformeranno nelle regole e nel progetto complessivo d’Istituto, pur nelle diverse articolazioni. «Nel mio primo impegno» -ci ha dichiarato nella sua lunga intervista il Dirigente Gelardi- «ho messo in gioco tutte le energie e sinergie possibili, per rendere il “Severi” quel polo tecnologico di sicuro riferimento, quale oggi si configura, per la città di Gioia Tauro e tutto il suo contesto. Continuerò a lavorare per rendere questo Istituto sempre più grande, con laboratori, innovativi ed all’avanguardia, e proiettato verso il futuro».

«Oggi, l’Istituto si chiama “Severi-Guerrisi”; anche al “Liceo Guerrisi”, che è venuto ad aggiungersi» - continua il Dirigente«dedicherò tempo ed energie; è una grande scuola; sono stato accolto calorosamente ed ho trovato docenti e personale Ata fortemente motivati, pronti ad accettare la sfida del rinnovamento, anche in ambito liceale-artistico. Ringrazio il sindaco di Palmi, dott. Barone, che insieme all’avv. Saletta ed al dott. Papalia, dell’Amministrazione Comunale, si sono fatti interpreti delle esigenze del rinnovamento che si sta attuando». Imponente la struttura del “Liceo Guerrisi”, dagli enormi spazi interni ed esterni; sorprendenti i laboratori: dall’oro alla ceramica, dai metalli alla tessitura. Bisogna fare un giro all’interno per entusiasmarsi alla fucina dell’arte orafa o tessile, o ancora alle straordinarie miscele cromatiche pennellate sui quadri e sugli oggetti più disparati. Materiali grezzi che diventano duttili e si trasformano, tra le mani di infaticabili e dotati allievi, guidati da sapienti maestri d’arte. «La tecnologia mi affascina ma l’arte mi intriga», ha concluso Gelardi, che ci ha già invitato al primo expo, per saggiare la bontà di pennelli e ceselli….


23 di Barbara Tripodi o scorso 9 Agosto ha avuto luogo, presso L il Parco Archeologico dei Tauriani, l’evento “Cultura e musica indipendente contro le

mafie”, realizzato dall’Associazione culturale Indipendente a Sud in collaborazione con l’Associazione Italia Nostra, responsabile del sito. Indipendente a Sud mira principalmente a stimolare un risveglio culturale della società calabrese, promuovendo e diffondendo la cultura dell’indipendenza da ogni forma di costrizione e soggezione, provando a contrastare le diverse anomalie che penalizzano da sempre il nostro territorio, in particolare il fenomeno diffuso e radicato della criminalità organizzata, principale causa del suo ritardato sviluppo socio-culturale ed economico.
Pertanto, nella splendida cornice del Parco dei Tauriani, custode delle nostre radici e della nostra memoria, si è svolto, forse per la prima volta a Palmi, un dibattito sulle possibilità di riscatto dal fenomeno mafioso, grazie ai notevoli contributi dei relatori: il dott. Roberto Di Palma, sostituto procuratore della DDA di Reggio Calabria, Don Pino De Masi referente di Libera per la piana di Gioia Tauro, Arcangelo Badolati, scrittore e giornalista della Gazzetta del Sud e Danila Cotroneo, esponente dell’Associazione antimafie daSud. Al termine del dibattito sono seguiti la proiezione del docu-film “Uomini Soli” di Attilio Bolzoni, Paolo Santolini e Michele Astori (un ricordo, in occasione del ventennale delle stragi di Palermo, di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa) e il concerto jazz di Marcello Lupoi, pianista eccellente e illustre palmese, e dei giovani musicisti Bernardo Guerra (batteria), e Joe Rehmer (contrabbasso).
Tutto questo in un clima anche di solidarietà grazie alle Associazioni che ci hanno sostenuto quel giorno: Amnesty, Libera, Valle del Marro, Emergency, Parallelo 38 e le altre comunque presenti.
Ci è stato chiesto e ci siamo chiesti: perché provare a fare antimafia in un contesto simile? Perché è ormai noto che per contrastare efficacemente la mafia in tutte le sue manifestazioni è necessario attuare una rivoluzione culturale, occorre una “ribellione culturale” alla mafia, come dice Maria Falcone nella graphic novel “Antonino Caponnetto – non è finito tutto”, di Luca Salici e Luca Ferrara, altro elemento cardine del nostro evento.
Il Giudice Caponnetto è stato uno dei primi ad intuirlo, dopo le stragi di Palermo, che c’era un solo modo per proseguire il lavoro, senza precedenti, avviato col suo pool antimafia e onorare così l’immenso sacrificio dei suoi colleghi e di quanti sono stati con loro fino alla fine. Per dieci lunghi anni ha girato l’Italia per parlare ai ragazzi dell’esperienza straordinaria del pool e per diffondere i principi della Legalità.
“Ragazzi, diventate partigiani di questa nuova resistenza, la resistenza dei valori, la resistenza degli ideali”.
Questo diceva, tra l’altro, Caponnetto. Ecco perché noi abbiamo ritenuto potesse essere ancora il tramite ideale per incoraggiare questa ribellione culturale alla mafia e per ricordare in modo degno gli esempi dei giudici Falcone e Borsellino e del giudice calabrese Antonino Scopelliti, di cui ricorreva proprio quel giorno l’anniversario della morte. Noi di “Indipendente a Sud”, come prima occasione di incontro, abbiamo forse puntato su una tematica complessa e impegnativa (consapevoli comunque della necessità di affrontare anche altre problematiche che parimenti affliggono il nostro territorio, come l’integrazione culturale, la questione lavoro, i fenomeni dell’emigrazione/immigrazione) ma era tanta e tale l’esigenza di confrontarsi su un argomento del genere che abbiamo comunque deciso di provarci, nonostante le enormi difficoltà dovute affrontare per realizzare questo evento. Dunque grazie ancora una volta a chi ha creduto in noi e nella nostra idea e in un modo o nell’altro ha voluto sostenerci, con l’augurio che potranno esserci presto nuove occasioni d’incontro.

Indipendente a Sud

Cultura e musica indipendente contro le mafie


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“...PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI!” di Pietro Scarano e vi capita di recarvi a S.Elia, S vi accorgete quasi subito che uno ad uno stanno scomparendo,

come per magia, i punti ristoro dell’area pic-nic. Mi chiedo e Vi chiedo: possiamo mai permetterci il lusso di perdere questo utile patrimonio che, costato tanti sacrifici e denari, ha consentito per anni alle famiglie e a gruppi di persone di Palmi e paesi limitrofi di sostare sotto la pineta o il bosco di S.Elia e godersi qualche momento di meritato riposo? Penso di no! E mi auguro che anche per Voi che mi leggete sia così! Come si può vedere, guardando le foto che qui presento, i punti ristoro cadono letteralmente a terra, perché il legno dei pilastri principali è marcio alla base. Come è potuto accadere tutto questo? Si poteva evitare con una manutenzione ordinaria, proteggendo i pilastri alla base? Penso di sì! Sono solo atti vandalici? Non sempre. E’ vero che più c’è incuria, più la gente distrugge. Perché, allora, non salvare (adesso) il salvabile con un intervento straordinario, evitando di spendere di più tra qualche anno? Io faccio tre proposte di recupero, forse potendo anche utilizzare i Forestali di S.Elia, perché più esperti: 1^- questa abbassa di ca 40 cm il manufatto- (a) tagliare i pilastri principali marci (vale pure per i sedili) alla base; (b) sollevare il manufatto con una piccola gru; (c) scavare alla base del pilastro una buca di 40 cm; (d) proteggere il pilastro, per la parte che viene interrata, con prodotti impermeabilizzanti di lunga durata; (e) murare il pilastro interrato con cemento. 2^- questa mantiene il manufatto all’altezza attuale - (a) aggiungere una base in cemento con 30 cm fuori terra; (b) raccordare ad essa il pilastro principale di legno (vale pure per i sedili), dopo aver eliminato la parte marcia.

3^- sempre mantenendo il manufatto all’altezza attuale - (a) tagliare i pilastri marci fino a 40 cm fuori terra; (b) sollevare il manufatto con una piccola gru; (c) sostituire la parte già interrata più quella tagliata con legno lamellare molto resistente al marciume e al fuoco; (d) raccordare i vecchi e i nuovi pilastri con metallo adatto allo scopo. Se Voi lettori avete altre proposte migliori, mettetevi in contatto con la Redazione di MadreTerra. Ed ora mi rivolgo al Sindaco Barone: se le promesse fatte durante la campagna elettorale sul recupero del S.Elia (che tutti ci invidiano) non erano solo parole vuote, intervenga subito, per la parte che è di Sua competenza… PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI! e il crollo di uno di essi possa far male a qualcuno. Evitiamolo!


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L’AGGHIASTRU

di Francesco Collura l mio incontro con l’AgghiaI stru, l’ulivo sulla roccia laggiù alla Tonnara, avvenne oltre

quarant’anni fa, quando, lasciato ogni altro impegno giovanile, decisi di arrampicarmi sullo scoglio per osservare da vicino quest’albero misterioso, di cui sentivo spesso parlare. Volevo soddisfare la curiosità sempre più morbosa, assolvere quasi un dovere, obbedire ad un richiamo. Lo feci un giorno d’estate. La spiaggia era piena di bagnanti, ragazzi chiassosi si tuffavano in mare provocando un continuo sciacquio misto a voci felici e gioiose di persone spensierate. Un suono indistinto e diffuso per largo tratto. Tutto era animato, vivo ed allegro come in una festa. Cominciai a salire, con mani e piedi mi aggrappavo ai ronchioni spesso scagliosi e mi avvicinavo lentamente alla cima. Lo vidi, appena superai con gli occhi la sommità, e fu subito smarrimento e stupore. Era lì immobile l’Agghiastru e mi guardava sussiegoso come chi ha aspettato paziente qualcuno per tanto tempo e questo l’aveva fissato nell’interezza della sua forma. Dall’alto si dominava un lungo tratto di spiaggia, di scogliera e di mare. Mi avvicinai piano e seduto accanto l’osservavo con reverenza come se avessi davanti un simulacro, qualcosa di sacro. I rami rinsecchiti, contorti e nudi, il fusto nodoso e screpolato in più parti, rivelavano sconsolati tutti i segni di un indeprecabile destino, una sconfortante solitudine, umiliata ed offesa per giunta da qualche empio visitatore, che aveva inciso sul tronco martoriato un cuore con dentro due lettere. Quanta irrispettosa stupidità! Non di meno, le sue radici, come tentacoli, lo tenevano saldo sul suo scoglio, forti come tante mani tenaci. Deciso a non finire, affondava, dunque, le dita nelle crepe, per lottare meglio contro le tempeste d’inverno. Che strazio, non poterne ammirare l’an-

tica grandezza! Non c’era più la vigoria con cui aveva affrontato bufere e spruzzi salmastri, patito i flutti agitati ed il sole cocente dell’estate, ascoltando le invocazioni delle donne dei pescatori che impetravano il ritorno dei figli e dei mariti dal mare minaccioso e sovente ingeneroso, le preghiere e le imprecazioni, osservato l’oscurità schiarita in autunno dal fulgore delle numerose lampare. Ad un tratto cessò per suprema imposizione il frastuono della spiaggia affollata, tra me e lui incominciò a spirare una brezza leggera e, come una voce sommessa, a narrarmi di quest’agghiastru spuntato spontaneo per caso su un arido scoglio e cresciuto superbo per inorgoglire la mia gente, per diventare l’immagine stessa del mio paese, per entrare in ognuno e farne indissolubilmente parte. Chiamandolo spesso a sé come fa il santuario col devoto. Me l’avevano descritto così i miei che non sono più, così fascinoso ed austero lo immaginai e lo accolsi, anche se spoglio. Tuttavia grigio e scheletrito, m’intristisce e m’addolora, perché sembra chiedermi attonito di implorare l’ineluttabile fato, affinchè ne rinvii all’infinito la scomparsa. Con tutto ciò, osservando attentamente in quella maestosità sciupata e desolata, intravidi qualcosa tra quei rami come braccia protese verso il cielo, in quel tronco asciutto ed arso dalla salsedine ove il tempo e l’incuria avevano incominciato inesorabili la loro impietosa opera, qualcosa di sovrannaturale ed eterno: un’anima indocile che sovrasta ancora, nonostante tutto, le sue e le umane sventure e le vince. Quell’anima, che sola può dominare il disfacimento, il nulla, riesce talvolta ad accendere le speranze nei cuori, l’illusione consolatoria che anche le povere e disanimate cose possono in qualche modo rifiorire, se non viene meno nel declino e nella sciagura dei periodi bui delle comunità la forza che le ha mantenute in vita nelle coscienze, la

“vis” che lo spirito emana e che rimane come una fiammella accesa nell’oscurità più opprimente della notte e ferma perfino la rovina causata dal tempo. Mi colpì il suo stato e mi trattenne lì accanto per riflettere e capire. La mente, vagando tra mille pensieri, mi offrì un attinente e piacevole ricordo, perché l’appartenenza al luogo avvicina ogni essere. Alcuni anni prima, un pomeriggio torrido ed assolato di un’estate come questa, io e Nino, mio amico d’infanzia, ci recammo alla contigua Pietrosa, per far visita a Leonida Repaci. Ci accolse con simpatia, fugando in noi giovani la comprensibile soggezione. Una breve conversazione nel suo studio, poi fuori, tra gli ulivi saraceni fino alla guardiola, poco distante sulla rupe a strapiombo. Seduti sui poggioli, gustammo estasiati il paesaggio incontaminato tutto intorno ed il mare. Lo scrittore rimaneva muto con il viso rivolto come l’agghiastru verso la sconfinata distesa. La fronte spaziosa, lo sguardo fiero e quasi accigliato sembravano rivelare un inconsueto stupore, un senso di sfida o di ammirazione, non so, verso un’Entità che certo l’affascinava, inducendolo ad un pensoso e forse religioso silenzio. Quel mare, a cui si riferisce la sarmura, termine caro a Repaci, aveva mirabilmente suggerito la definizione della sua identità e di quella della sua Calabria. Con essa aveva alimentato il suo spirito, rendendola protagonista delle sue opere. La sarmura, che plasma a modo suo, fra l’altro, abbrutisce l’uomo e rende amara una terra pur grande, alimenta la pena di vivere, la frustrazione e la rabbia, aggrava la disperazione e la miseria sopportata comunque come un debito inestinguibile verso l’esistenza. Per le cose come l’agghiastru è incuria, mancanza di sensibilità, colpevole dimenticanza che appassisce. Aggiungo che nello stesso tempo consolida, però, ogni radice, forgia l’animo, lo corrobora, lo abitua alle sopportazioni, ai patimenti, alla lupa, lo sorregge, lo sprona alla reazione, l’incita con-

tro le calamità con acceso fervore e rende, infine, grande insieme la sua terra. Diventa, insomma, suggello della sua natura. Ecco, cosa capii, osservando l’agghiastru, che mi rivelò chiaramente in parte il messaggio di Repaci e tutto il suo. Ed ecco il prodigio: un albero inaridito, attaccato ad un sasso, era diventato davvero un simbolo, la metafora della mia e della gente del Sud, con la sua incrollabile tenacia e volontà di continuare, il riflesso della mia e della coscienza collettiva. Aspra, pure, perchè di continuo funestata da una maledizione atavica, ma indomita sempre, ostinata oltremodo nell’inseguire un progresso umano e sociale, ad affrettare il suo destino nel senso verghiano del termine, che arriverà anche se lentamente, a rendere meno amaro il mio paese. Non a caso intuii che nell’agghiastru il tempo, per fatale concessione, aveva interrotto la sua voracità pietrificandolo e mi sollevai. Mi tornò alle orecchie il vociare e giunse il distacco. Lo lasciai con tanta malinconia ed un sogno, mischiandomi tra la folla ignara di un dramma che avevo appena conosciuto. Mi accompagnarono verso casa le voci, lo sciacquio dell’acqua, il rumore dell’estate e negli occhi le forme strane ed indelebili di quell’arbusto prezioso e caro, che ora più che mai faceva parte di me. Ancora è lì che persiste, che resti in alto sempre! Come fa il santuario con il devoto, mi faccio richiamare spesso dall’agghiastru. Ormai un legame insolito ci unisce e mi reco frequentemente da lui in fondo alla strada, dove comincia la scogliera e dove tanti lo ritraggono come se fosse solo una curiosità botanica od un’attrazione turistica. Commosso un poco, osservo da lontano gli stecchi che si stagliano contro il cielo, che sa leggere i silenzi ed a volte accoglie i pensieri degli uomini…Chissà! Eppure, un giorno, me lo dicono l’anima ed il cuore, ritornerà a vivere, perché i simboli non possono morire mai, quando lo accarezzerà lieve il soffio vitale del luogo.


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MEDICINA ALTERNATIVA: L’AGOPUNTURA

di Carmela Gentile arlando di medicina alternativa, non si può fare a meno di sofP fermarsi su una metodica medica di antichissime origini: l’agopuntura. Essa nacque in Cina più di seimila anni fa, ed ancora oggi

viene adottata nel Paese di origine e in tutto il mondo. In Italia per poterla praticare è necessaria una laurea in Medicina e Chirurgia. Essa si basa sul posizionamento di aghi minuscoli nel corpo, seguendo delle speciali “mappe”, allo scopo di curare diverse malattie. Alla base del pensiero medico cinese vi è il concetto per cui l’essere umano non rappresenta una somma di singole componenti indipendenti fra loro quanto piuttosto un’unità armonica dove mente e corpo sono due entità distinte ma inscindibili dal cui dialogo dipende una vita serena e sana. Veicolo di contatto ed unione tra mente e corpo è il QI, l’energia vitale che ci ha generato e che circola nell’organismo attraversando spazi ben determinati “i meridiani energetici”. Secondo il pensiero della Medicina Tradizionale Cinese, tutto nell’universo è Energia (come del resto afferma la fisica moderna), in un moto continuo di trasformazione e circolazione, nel quale la trasformazione stessa garantisce l’equilibrio. L’Energia dell’essere umano deriva dai genitori (il patrimonio genetico) e da ciò che mangiamo e respiriamo. Questa Energia circola in tutto l’organismo, in particolare lungo delle vie di scorrimento preferenziali, i Meridiani, che mettono in comunicazione gli organi interni, dove l’energia viene prodotta, con qualunque parte del corpo. Lungo i Meridiani si trovano i punti di agopuntura, luogo di affioramento dell’Energia trasportata dagli stessi, dove il Qi può essere manipolato, tonificandolo quando è in difetto, disperdendolo quando è in eccesso. Intervenendo quindi sulla superficie (il punto cutaneo di agopuntura) si può influire sull’interno, ristabilendo la normale circolazione energetica per ripristinare un equilibrio la cui alterazione è considerata alla base di qualunque malattia. Esistono dodici Meridiani Principali (sei yin e sei yang) ed un gran numero di Meridiani Secondari, lungo i quali sono distribuiti i punti di agopuntura, a formare qualcosa di simile ad un sistema di irrigazione fatto di bacini di riserva, di canali, di ruscelli e di chiuse, nel quale l’Energia può essere incanalata e convogliata laddove ce n’è bisogno. Da una alterazione del flusso lungo questi canali, può scaturire una malattia e dunque una modificazione dello stato di salute psicofisica della persona: compito del medico agopuntore è ristabilire questo flusso fisiologico dell’energia mediante le tecniche della medicina cinese. I principi teorici orientali che hanno generato tale disciplina, anche se molto suggestivi, difficilmente possono essere calati negli attuali studi scientifici di anatomia e fisiologia del corpo umano. Tuttavia l’importazione dell’agopuntura in Occidente, come pratica medica capace di curare alcune malattie, è oggi accettata dalla gran parte della comunità internazionale, che ha tentato di spiegarne l’efficacia

con metodo scientifico, anche se ancora il suo meccanismo di azione non è universalmente riconosciuto. Si sono fatte numerose ipotesi. Per quanto riguarda il dolore, la stimolazione dei punti di agopuntura favorirebbe la produzione di endorfine, sostanze simili alla morfina, prodotte dall’organismo e capaci di deprimere la trasmissione del dolore a livello del sistema nervoso periferico e centrale. L’effetto antinfiammatorio sarebbe da ricondurre, a livello generale, ad un aumento del cortisone prodotto dall’organismo e, a livello locale, ad una capacità di diminuire la liberazione dei composti chimici che sono alla base dell’infiammazione. Attualmente l’agopuntura è utilizzata nella maggior parte dei Paesi del mondo per tutelare la salute dei cittadini, tanto che un uomo su sei si rivolge a questo tipo di terapia e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ne ha riconosciuto l’efficacia nella cura di alcune malattie. Un gruppo di studio del National Institutes of Health, istituzione pubblica statunitense per la ricerca medica, ha rilasciato la seguente dichiarazione riguardo ai rischi associati all’agopuntura: «Gli effetti collaterali avversi dell’agopuntura sono estremamente ridotti e sicuramente minori dei trattamenti convenzionali». Tuttavia è innegabile la possibile manifestazione di eventi avversi legati a tale metodica, specialmente se praticata scorrettamente. In primo luogo i rischi sono infettivi, soprattutto se vengono usati aghi multiuso che non siano stati sterilizzati a dovere, i quali potrebbero trasferire infezioni come l›HIV o l›epatite. In secondo luogo vi è il rischio di provocare degli ematomi, a seguito della puntura accidentale di strutture circolatorie, che può capitare soprattutto se non vengono seguite le indicazioni sulla profondità e l›angolazione dell›infissione. Ma in generale, se praticata da mani esperte, bisogna ammettere che l’agopuntura possiede pochissimi rischi ed effetti collaterali. Pertanto, contrariamente ad altre pratiche mediche non convenzionali, questo tipo di trattamento viene accettato favorevolmente da parte della comunità scientifica internazionale per i suoi dimostrati effetti benefici, a fronte dei pochissimi rischi che comporta e degli innegabili minori effetti collaterali rispetto a quelli delle terapie tradizionali. A patto naturalmente che venga praticata da un medico, come richiede la legge italiana, e da persona esperta e scrupolosa che utilizzi materiale monouso, a norma di legge, e che selezioni accuratamente i casi e le patologie che possono beneficiare di tale trattamento. Non esiste infatti in medicina la “panacea”, cioè il rimedio capace di curare ogni malattia o sintomo. Vi è una lista di patologie, stilata dall’OMS, che beneficiano in maniera evidente e validata da studi in doppio cieco, dell’agopuntura. E’ opportuno pertanto che il medico che adotta tale metodica si attenga alle raccomandazioni dell’OMS, rinunciando alla “tentazione” di estenderla a gravi patologie nelle quali la sua efficacia non risulta dimostrata, correndo così il rischio di danneggiare il paziente distogliendolo dall’adozione di terapie appropriate alla sua malattia o illudendolo circa le possibilità di guarigione da una malattia incurabile.


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Viaggio interiore

di Chiara Ortuso ’ una bella prigione il mondo” scriveva William Sha“E kespeare nel suo Amleto. Oggi come non mai quest’espressione si presta al senso di chiusura, di occlusione che pro-

Integrazione naturale - Mohammed da oggi è cittadino italiano! -

Mohammed Irhouza Giura

e firma davanti al sindaco a palazzo

S. Nicola

di Giuseppe Fotia uesto è il lieto fine della storia di Mohammed l’immigrato. QueQ sto è anche il prologo della storia di Mohammed cittadino italiano. Il 27 settembre 2012 finalmente Mohammed Irhouza ha coronato

un sogno lungo da Rabat a Palmi, dal Marocco alla Calabria. Un sogno che accomuna migliaia di migranti: quello di costruire una possibilità di futuro in una terra lontana. Quello di divenire con orgoglio cittadino italiano in un momento in cui l’italianità non va più tanto di moda. Invece, Mohammed sorride mentre giura sulla Costituzione che gli porge il sindaco di Palmi, Giovanni Barone. Era il 1990 quando giungeva nella cittadina della Piana con papà Abdellatif e mamma Annab Aicha. Ai tre nel 1996 si sommò la neonata Monia. In questi anni gli Irhouza non si sono risparmiati. Hanno lavorato sodo per costruire questa storia di perfetta integrazione. Mohammed ha studiato. Prima alle elementari “San Francesco”, poi alla “Minniti”, per conseguire infine il diploma all’istituto tecnico-agrario di Palmi. Oggi, il cittadino italiano Mohammed Irhouza frequenta con profitto il corso di Scienze forestali presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria. La laurea? Un’altra chance costruita con spirito di sacrificio da questa famiglia modello del Maghreb.

viamo di fronte alla nostra terra, alle nostre esistenze. Siamo continuamente tentati di fuggire in luoghi che possano lenire un vuoto crescente, un’inquietudine che sembra dissiparsi solo al pensiero della tanto agognata “partenza”. Ma come diceva un noto regista russo, Tarkovskij: “C’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore. Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta. Così come non credo che si viaggi per tornare. L’uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato. Da sé stessi non si può fuggire.” Tutto ciò che siamo, che aspiriamo a diventare è racchiuso, è celato dentro di noi. La nostra anima ricerca costantemente se stessa e si ritrova attraverso viaggi più immaginari che reali. La vita non è in fondo altro che un sentiero che conduce verso noi stessi, un viaggio di riscoperta nelle nostre fessure più nascoste, un cammino in cui ciascuno di noi cerca di riavvicinarsi più intimamente a se stesso. La riuscita del nostos dipende in fondo dal grado di consapevolezza che si è raggiunto. Spesso terre lontane appaiono all’orizzonte, mari e oceani infiniti sbattono e urtano contro i nostri pensieri. La nave sulla quale viaggiamo fluttua costantemente in vortici che non si rassomigliano mai: si placano, si agitano, si assopiscono, si risvegliano cullati da un tepore entusiasmante, sbalzati da un gelo annichilente. Ogni singolo individuo intraprende la sua avventura, immaginaria ma reale, in un’isola incantata, in un deserto solitario, in un oceano misterioso. Il risveglio da queste “estasi” si scontra con la banalità della quotidiana esistenza e ci spinge a sognare luoghi lontani e a rinchiuderci sempre più nel nostro io. Il viaggio interiore non dovrebbe mai essere interrotto perché motivo di crescita spirituale e intellettuale. Ognuno di noi in fondo aspira ad un ideale ed finanche nell’essere più disincantato permane l’esigenza di evasione in paradisi metafisici e cangianti. La via media di Aristotele ci insegna, però, che il giusto risiede sempre nella medietas. L’ansia di fuggire il reale va dunque alimentata per riscoprire e rinnovare gli uomini che aspiriamo ad essere, senza mai, però, dimenticare ed ignorare la nostra essenza; senza mai ingannarci, senza mai ferirci, senza mai tentare di fuggire da ciò che siamo. Non servirebbe a nulla, solo a perderci inesorabilmente. Non si fugge dal mondo, anche se imbarazzante e insoddisfacente, non si fugge dal proprio essere, dalla propria condizione anche se apparentemente umiliante o mortificante. Nulla infatti è così aberrante come un’anima che non accetta il suo mistero, che rifiuta le particolarità del suo universo interiore che la rendono così fragile, così forte, così singolare, così unica, così libera.


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Orvieto on the road Cassiopea

er la famiglia di Salvatore e P Filippa le vacanze volgevano al termine, il tempo era volato via

e già dovevano raccogliere le proprie cose che, immancabilmente, ripartendo sembravano essersi moltiplicate. Era così ogni anno: fine luglio-metà agosto era il periodo canonico che trascorrevano nella loro bella Sicilia; poi li attendeva il mesto ritorno a Varese e la ripresa della solita vita. Ancora una volta avrebbero dovuto lasciare quel sole, quel mare e quel paradiso di delizie gastronomiche, per ritornare al Nord, alle sue antipatiche nebbie, agli orari sempre uguali, al grigiore di giorni monotoni. In tanti anni di andata in Sicilia e ritorno, Filippa aveva sempre letto e riletto i nomi delle località indicate sui cartelli autostradali: ogni volta si vedeva sfrecciare davanti quei nomi, alcuni anche curiosi, e si chiedeva come fossero quelle città e come fossero i loro abitanti. Conosceva solo poche di esse, le più grandi, come Roma o Firenze, perché le aveva visitate durante il viaggio di nozze; di altre ne aveva sentito parlare, oppure le era capitato di vederle in televisione, per alcuni minuti, nei tg o nei documentari. Suo marito Salvatore era un brav’uomo, possedeva molte buone qualità, ma non quella del viaggiatore: quando si metteva in macchina non voleva sentire ragioni e se gli veniva prospettata la possibilità di una piccola sosta per visitare una città posta lungo il percorso, rispondeva sempre: ”Per quest’anno le vacanze le abbiamo fatte, che volete di più! Quando mi metto a guidare, faccio tutta una tirata, lo sapete che se ci fermiamo di qua e di là non arriviamo più a casa, e poi che è sta’ camurria di spendere altri picciuli per l’albergo!” Agatina, la sorella di Filippa che ogni anno scendeva dalla Francia, dov’era emigrata, aveva raccontato che lei, con il marito, per spezzare la monotonia del viaggio ma anche per riposarsi, si fermava spesso ad Orvieto, un antico borgo umbro che si erge sull’autostrada del sole; lì avevano visitato bellissime piazze, monumenti e chiese. Proprio quell’anno Filippa aveva ricevuto dalla sorella un depliant pubblicitario di quella ridente località, con numeri telefonici di alberghi e siti interessanti da visitare. Al momento della partenza Filippa lo sistemò nella borsetta e anticipò ai figli una sua intenzione: ”Che ne pensate se durante il viaggio, che è lungo, proponiamo a papà di fermarci ad Orvieto, così visitiamo anche la città?! Zia Agatina dice che ne vale la pena e poi voi lo potrete raccontare quando tornerete a scuola, dove altrimenti sareste costretti a raccontare sempre le solite cose di Catania! Mi raccomando, appena io ne parlerò a vostro padre, voi drizzate le orecchie e chiedete insistentemente di fermarci, perché l’unione fa la forza! Speriamo… perché quello

ha la testa più dura della pietra dell’Etna!” A malincuore la famiglia ripartì dunque alla volta di Varese: come al solito la prima parte del viaggio fu un po’ triste; erano tutti silenziosi e ripensavano ai giorni lieti trascorsi in riva al mare, alla gioia di stare con i parenti e gli amici. La loro macchina era come sempre stracarica di regali e squisite leccornie siciliane, che avrebbero reso meno duro l’impatto con la vita quotidiana che li attendeva. Nei pressi di Salerno, Filippa pensò di sferrare il primo attacco, esordendo: “Senti Salvatore… io e i ragazzi avevamo pensato, sempre se tu vuoi, che potremmo fermarci a visitare Orvieto: mia sorella Agatina mi ha detto che è una città molto bella. Ogni volta che passiamo la vediamo là sulla sua grande rupe, girandoci fino a farci venire il torcicollo… potremmo anche pernottare, così ci riposeremmo tutti, Varese è ancora molto lontana!” “Sì, sì, papà, fermiamoci a Orvieto, così poi lo potremo raccontare alla maestra e ai compagni!” Salvatore, impassibile e con le mani salde sul volante, li lasciò parlare e pregare a lungo… poi, con poche semplici e lapidarie parole, tolse loro ogni speranza: “Ma che ci siamo dimenticati qualcosa a Orvieto? No, e allora che ci fermiamo a fare???” Intanto Pallina, la loro cagnetta, si era svegliata e aveva cominciato ad abbaiare, saltando sulle ginocchia dei ragazzi, allorchè Filippa ebbe la felice idea di aggiungere: “Salvatore, senti? Anche lei, nella sua lingua, ti vuole dire che ci dobbiamo fermare ad Orvieto!” Salvatore, un po’ per intimorirli, un po’ perché realmente infastidito dalla confusione provocata dall’animale, gridò spazientito: ”Sentite, o lo fate stare buono o lo volo dal finestrino sto’ cane, poi vediamo se arriva a Varese!” In macchina calò un improvviso quanto pesante silenzio: i figli sapevano che il padre era affezionato alla bestiola, ma sapevano anche che era meglio non mettere alla prova il suo carattere impulsivo ed autoritario. Per alcune ore nessuno parlò più, ad eccezione della radio, che trasmetteva le canzoni più in voga dell’estate e i bollettini sul traffico; intanto la macchina macinava tranquilla centinaia e centinaia di chilometri. Si fermarono soltanto mezz’ora per fare benzina e mangiare un panino, ma tra il caldo e la stanchezza nessuno ebbe il coraggio di tornare sull’argomento Orvieto. Ripresero il viaggio taciturni e delusi: Filippa aveva definitivamente rinunciato alla sua idea, ma il suo umore e quello dei figli era rimasto a terra. Poco dopo le 15.00, mentre l’auto procedeva ad una buona andatura, lessero su un grande cartello l’indicazione “Orvieto km.8”: Filippa e i figli si guardarono a più riprese tra loro, ma nessuno parlò; alla fin fine l’avrebbero superato come ogni altra volta. Il loro atteggiamento fece però

crescere il nervosismo di Salvatore, che percepiva il loro risentimento nei suoi confronti… dopo alcuni minuti, all’improvviso Salvatore esclamò: ”Mannaggia, il motore perde potenza! Mììì stiamo rallentando!”, nel dire così cominciò a spostarsi sulla corsia d’emergenza e, dopo alcune centinaia di metri, la macchina si fermò. Nessuno di loro fiatava: ironia della sorte, alla loro destra, a lato del guard rail, campeggiava l’enorme cartello “Orvieto Km.2”. Salvatore cominciò ad agitarsi: “Ma che minch…. succede a sta macchina?!” Provò più volte a rimetterla in moto… nulla, silenzio, il motore sembrava morto, mentre le occhiate beffarde della moglie e dei figli colpivano Salvatore come coltellate. Scese dall’auto, prese il triangolo di emergenza e corse a collocarlo a qualche decina di metri prima della loro auto in panne. Ordinò quindi alla moglie a ai figli di scendere dalla macchina, perché a suo dire era pericoloso rimanere a bordo: Filippa provò ad aprire lo sportello, ma il guard rail lo bloccava, né avrebbe potuto scavalcarlo, perché erano proprio su un viadotto e sotto c’era il vuoto. A circa trecento metri Salvatore intravide la classica colonnina arancione dell’SOS: la raggiunse e allertò la polizia. Adesso bisognava soltanto aspettare, mentre tutte le altre auto sfrecciavano a pochi centimetri da loro; passò un’ora e ne stavano per passare due quando, tutto ad un tratto, non videro più sopraggiungere alcun veicolo nel loro senso di marcia. Sempre più preoccupati, sotto il sole cocente stavano esaurendo le loro scorte d’acqua; Salvatore, sempre più esagitato, cominciò a chiamare con il cellulare tutti i numeri di emergenza che gli vennero in mente: dopo l’ennesima telefonata, la polizia stradale gli spiegò che un paio di chilometri prima c’era stato un brutto incidente, con parecchie auto coinvolte, per cui avevano fermato il traffico, ma quanto prima avrebbero mandato un carro attrezzi anche per loro. Fu così che, soltanto dopo più di tre ore di attesa, vennero finalmente rimorchiati fuori dall’autostrada: tutti e quattro storditi dal caldo, passando fissarono sconsolati il fatidico cartello “Uscita Orvieto”: per una beffa del destino, alla fine ad Orvieto, in un modo o nell’altro, si erano dovuti fermare! Il carro attrezzi, vista la vicinanza, pretese “solo” 150 € e li lasciò in periferia, nello spiazzo di un rifornimento di carburante, che era chiuso; l’autista spiegò che trattandosi di sabato pomeriggio, tutte le officine erano chiuse o in ferie, quindi… per poter riparare la macchina bisognava attendere fino a lunedì! Salvatore, che aveva un diavolo per capello, cominciò a sbraitare e a prendersela con la moglie, incolpandola di essere un uccello del malaugurio; la moglie piangeva e

incolpava lui, che si era pianto addosso perchè a Orvieto non si voleva proprio fermare; i figli si bisticciavano perché il più piccolo aveva rovesciato l’ultimo sorso di acqua; il cane, che non poteva far altro, abbaiava ininterrottamente. Dopo che tutti si sfogarono, consumando le energie residue, Salvatore si avventurò a piedi verso il centro cittadino, camminando per più di 4 km., fino a scorgere un cartello con scritto “Stazione”: alla biglietteria si informò sull’orario dei treni e ritornò dalla sua famiglia con un taxi. Salvatore aveva deciso che Filippa, i bambini e il cane sarebbero ripartiti con il treno alla volta di Varese (dove poi arrivarono esausti verso le due di notte), lui sarebbe rimasto ad Orvieto fino a lunedì, quando avrebbe fatto riparare la macchina. Quella sera prese una camera in un albergo lì vicino e l’indomani, che era domenica e non aveva nulla da fare, prese la funicolare e salì al centro storico di Orvieto. Proprio lui che non ci voleva andare, visitò l’antica cittadina, con i suoi bei palazzi di tante epoche diverse, ammirò il bellissimo duomo e rimase a bocca aperta, ammirando il prodigio di ingegneria che è il pozzo di san Patrizio. Nel tardo pomeriggio di lunedì, riparata l’automobile, poté ripartire per Varese, raggiungendo finalmente la sua famiglia. Tutti cercarono di dimenticare quella disavventura, che era costata loro tanta rabbia, litigi e spese impreviste, anche perché tutti erano consapevoli che solo a pronunciare la parola “Orvieto” avrebbero litigato ancora. Dopo alcuni mesi, ospiti una sera a casa di amici, mentre si parlava di viaggi e città, Salvatore, sempre più coinvolto nel discorso, si lasciò sfuggire: “Anche Orvieto è una città bellissima! Ci siamo fermati e l’abbiamo visitata l’ultima volta che siamo saliti dalla Sicilia!”. Improvvisamente l’espressione della moglie mutò in una smorfia, i bambini ammutolirono, gli ospiti capirono all’istante che qualcosa non andava; Filippa aggiunse, con tono secco: “TU l’hai visitata! Noi ad Orvieto ci siamo soltanto fermati, e non certo per tua volontà! Per giunta siamo rimasti tre ore ad arrostirci sotto il sole!” Salvatore accusò il colpo, ma cercò di dissimulare, sviando il discorso e partendo con uno dei suoi soliti e confusi monologhi da presunto esperto, stavolta sui guasti che possono colpire l’alternatore… ogni tanto, però, guardava con la coda dell’occhio in direzione della moglie: anche senza saper leggere il labiale, capì che in silenzio lei lo stava mandando a quel paese in tutte le lingue del mondo, seppur con un’apparente e strana soddisfazione, beffarda e al contempo dolorosa: entrambi sapevano che in quell’occasione ci aveva pensato il destino a rispondere con una lezione memorabile alla cocciuta ostinazione di Salvatore.


29 di Rocco Liberti

S

ulla scia dei vari Von Riedesel e Bartels ecco porsi in cammino per il sud dell’Italia nel 1786 nientemeno che Johann Wolfgang von Goethe. Ma, anche il grande letterato tedesco ha saltato a piè pari la Calabria, pure se la sua permanenza in Italia si è protratta per circa un anno e mezzo. Transitando nel ritorno quel 13 maggio dell’anno dopo per le acque dello Stretto, egli avrà comunque sicuramente potuto notare sul litorale reggino anche Palmi. Così la sua espressione al riguardo nel “Viaggio in Italia”: «La Calabria si vedeva dalla parte opposta. In fine, l’occhio potè correre liberamente lungo lo stretto, a nord e a sud, per l’ampia striscia di mare fiancheggiata da rive stupende». Pochi anni dopo a portarsi in Calabria è stato il conte polacco Francesco Bielinski, che ha girato per la Piana tra 1790 e 1791. A Palmi è pervenuto via mare da Reggio ed ha trovato alloggio in un albergo. Ha avuto quindi l’opportunità di essere ricevuto dal sindaco d. Nicola Grasso in una sua casa di Pedavoli e lo stesso gli ha procurato dei cavalli. Un ricordo particolare gli è rimasto, come a tanti prima di lui, il Sant’Elia: «Il monte Sant’Elia che domina la cittadina di Palmi e tutta la costa, offre una magnifica vista». Il manoscritto delle annotazioni di viaggio di Bielinski ha visto la luce nel 1981. All’11 marzo del 1791 si fa nota la permanenza a Palmi del reverendo inglese Brian Hill. Ammirato per «la più bella pianura che ci è stato dato di vedere da quando abbiamo lasciato Napoli, con Palmi ad una estremità, circondata da piantagioni d’ulivo», accenna all’evento sismico che ha colpito la cittadina, la quale «è stata ricostruita da poco, con una bella piazza con una grande fontana al centro». Durante il suo vagabondare non è mai riuscito nei luoghi in cui ha dormito ad ottenere una coperta. Si è ritenuto fortunato a Palmi, ma un tale lusso nascondeva una brutta sorpresa. Queste le amare riflessioni del viaggiatore: «non appena mi sdraiai sotto la coperta, una legione di pulci, forte e potente come quella di Siracusa, uscì dai suoi recessi per festeggiare su di me. Attendevamo per oggi l’arrivo della barca che però non è ancora arrivata, cosicché dobbiamo passare un’altra notte in questa miserabile locanda». Le peripezie del turista britannico hanno preso posto nel volume “Curiosità di un viaggio in Calabria e in Sicilia” pubblicato l’anno dopo. La serie dei viaggiatori di un certo rilievo, che in successione all’apocalittico sisma del 1783 sono accorsi a frotte in Calabria, si potrebbe concludere con l’abate massone Giuseppe Maria Galanti nato a S. Croce del Sannio. Tale personaggio è stato incaricato ufficialmente di percorrere e quindi descrivere lo stato delle varie province del regno. Il viaggio ha avuto inizio l’8 aprile 1792 e il funzionario il susseguente giorno 13 era in Calabria provenendo dalla Lucania. Il tour si è poi concluso a Diamante l’1 luglio. Il resoconto delle varie tappe, conosciuto come “Giornale di viaggio in Calabria”, è ricco di notazioni che mettono proprio a nudo la realtà di una regione, che, ancora attaccata ad ataviche consuetudini, stentava a risollevarsi dalle gravi ambasce ed a cambiare modulo di vita. Per quanto riguarda Palmi, in prima battuta è rilevata soprattutto la sua felice posizione ai piedi del Sant’Elia. Questa la viva impressione esercitata dal centro abitato, che non poteva non risentire della situazione post-terremoto: «Palmi ha un cattivo aspetto dalla parte del mare per dove vi si sale molto incomodamente, ma dentro è posto in piano ed edificato con ordine e simmetria dopo il tremuoto; ha larghe strade ed ampie piazze, ma meschini edifizj». Oltre alla descrizione del paese, il Galanti non ha dimenticato di darci, come per gli altri posti, tante altre notizie che offrono un campionario della vita civile ed economica del paese. L’università era formata da 24 decurioni distinti per ceto e cioè 8 nobili, 8 civili, 4 mastri, 2 massari, 2 marinai ed a capo stavano due sindaci e due eletti, uno dei nobili, l’altro dei civili. Vi si coltivava il frumento e la vigna, ma, se di vini ce n’era “in gran quantità”, il frumento si qualificava piuttosto scarso, così come la seta. Si faceva il commercio dell’olio e lo scaricatoio si trovava nella vicina Pietrenere, da dove il prodotto partiva per svariati lidi. Si rilevava la presenza di ”poche e cattive concerie”, ma l’impegno maggiore riusciva sicuramente la pesca. Non per niente risultava la presenza di ben 120 tra marinai e pescatori, i quali si potevano avvalere di 11 “piccole barche da traffico dette paranze”. Il Galanti ha pernottato a Palmi sera del 2 marzo e l’indomani mattina se n’è partito non senza prima far visita al luogo conosciuto come tonnara «per esservi stato per l’innanzi una tonnara». A tal proposito ha giudicato che in esso sarebbe stato «possibile costruire un piccolo porto con poca spesa». A questo proposito quegli ha visto davvero lontano. Ha ignorato Palmi nel suo “Viaggio in Calabria” il conte tedesco Francesco Leopoldo von Stolberg, che in zona è rimasto dal 17 al 30 maggio dello stesso anno. Eppure, non deve esservi passato molto discosto se, ricevuto il giorno 24 dal vescovo di Oppido, città di cui ha visto le rovine causate dal terremoto, si è recato a piedi a Reggio per una strada che ha toccato Bagnara e Scilla. Così pure il famoso naturalista scandianese Lazzaro Spallanzani, che si è dilungato a scrivere sulla nota pesca del pescespada e su palamatare e luntre che agivano sullo stretto di Messina. Anche in quel lontano 1793, come oggi, (l’opera Viaggi alle Due Sicilie e in alcune parti dell’Appennino in 6 tomi uscirà l’anno dopo a Venezia) non si mancava di rilevare il cattivo sistema dei pescatori:«È questa verisimilmente la cagione, per cui la quantità de’ maggiori pescispada che uccidonsi con la lancia, si è da qualche tempo minorata, distruggendosi con una pesca immatura un numero innumerabile di pesci, ed insieme impedendone la produzione».

Viaggiatori a Palmi nell’ultimo scorcio del secolo XVIII


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Palmi com’era, Palmi com’è diamo colore alla nostra storia

Corso Carolino di Giuseppe Cricrì a nuova rubrica che Madre L Terra vi offre, a partire da questo mese, vuole essere spunto

per conoscere, per approfondire e per riflettere. Grazie ai potenti mezzi messici a disposizione dalla scienza informatica, il nostro consulente tecnico Joe Leonardis, animato da abilità, pazienza e tanta passione, attraverso un elaborato studio delle antiche immagini, delle cartoline e delle foto della nostra collezione, è riuscito a restituirci in buona parte l’antico splendore dei colori che ammantavano di vita quel mondo passato e che oggi, come per magia riemergono dall’opaco grigiore del bianco e nero, per regalarci un arcobaleno di tonalità che si riversa in ogni singolo pixel ed appaga la nostra vista. Iniziamo pertanto a percorrere un ideale circuito che ci porterà negli angoli più familiari della nostra Palmi, viaggeremo idealmente a ritroso nel tempo, per andare a scoprire come erano nel passato i luoghi del nostro quotidiano, per ritrovarli spesso quasi irriconoscibili, molto diversi da come sono oggi, forse più belli, forse più brutti, certamente più suggestivi, animati da una umanità che oggi è scomparsa e che rivive

solo attraverso noi, che siamo gli eredi biologici e spirituali, di una Città che cambia e che vorremmo sempre più bella e vivibile. Partiamo da un luogo centrale del tessuto urbano, che nel passato ospitava la chiesa più grande, la antica Matrics, intitolata a San Nicola di Bari, compatrono della Città. Purtroppo mi capita di riscontrare che siano ancora in tanti, oggi, a non sapere che l’attuale area verde, denominata piazza Amendola, che ospita la monumentale Fontana della Palma, fino al 1909 era sede della grande chiesa Matrice e che l’area prospiciente, rivolta verso il corso Ten. Aldo Barbaro, (già Carolino, quindi Umberto I) era denominata Piazza Maria Cristina, (Principessa del regno di Sardegna, ultima figlia di Vittorio Emanuele I, considerata venerabile dalla chiesa, chiamata la Regina Santa). L’area della piazza rivolta verso l’attuale via Stefano Condello, era denominata Piazza della Frutta, verosimilmente a causa della presenza in essa di un mercatino nel quale i contadini vendevano i prodotti del loro lavoro. Mentre dal lato dell’attuale via Zara, ove oggi è presente il nuovo Tribunale, erano allora ubicate le Carceri. La Collegiata, era stata edificata negli anni 1740/3 ed era stata distrutta dal rovinoso sisma

Corso Ten. A. Barbaro

del 1783. Dal 1791 fino al 1803, a causa di lesioni strutturali era stata resa inagibile e sostituita dalla chiesa di San Rocco. Era quindi stata riedificata, per essere successivamente danneggiata dai terremoti del 1894 e del 1908, e successivamente, inspiegabilmente demolita, perfino con

l’ausilio della dinamite nel 1909. (Parte dei marmi che la costituivano fu successivamente utilizzata per la pavimentazione del salone San Pio X, mentre due delle sue colonne furono utilizzate per la realizzazione del monumento ai Caduti). Le dimensioni della chiesa la rendevano imponente,

Palmi - Antica Matrics Fratture nell’abside, volta della navata centrale caduta


31 tanto che nel panorama della città il tempio si stagliava sulle altre costruzioni dell’abitato. Secondo quanto ci fa sapere il prof. D. Ferraro, nel suo volume “Palmi nella Fede”, la chiesa misurava, in palmi, 110 di lunghezza, 40 di larghezza e 30 di altezza. Tenendo conto che un palmo Napoletano corripondeva a 26,45 cm. avremmo 29,95 (lunghezza), 10,58 (larghezza), 7,94 (altezza). Il benemerito cittadino Domenico De Marco più volte si era adoperato per riparare, ricostruire ed apportare migliorie ed ornamenti, dotandola di nuovi finestroni, di una nuova porta maggiore con ornamenti in bronzo e consentendo la collocazione delle campane sul sontuoso campanile, così come si può notare in una delle immagini. Gradia-

mo completare questo insolito percorso offrendovi una inedita rarissima immagine degli interni della Matrics, (restituita agli antichi splendori dalla nostra grafica) che consente di farvi un’idea di come, seppur danneggiata dal sisma del 1894, (epoca in cui fu scattata la foto) la struttura e la volta della chiesa fossero rimaste pressoché recuperabili, con opportuni restauri conservativi, e che viceversa l’insana ansia distruttrice ed iconoclasta, propria dei nostri amministratori, abbia sciaguratamente, troppo spesso e troppo superficialmente preso il sopravvento sulle opere e sulle sacre vestigia della nostra martoriata Città. Quanto non poterono fare i terremoti lo fece l’uomo con miopia e frettolosa superficialità!!

Piazza Maria Cristina

Piazza G. Amendola

Via Zara Via Stefano Condello - Piazza della frutta

Per gli acuti osservatori “Dov’è u Ccippu?” uesta storica immagine rappresenta il momento in cui nel 1902 Q le campane vennero issate sul campanile della antica Matrics. Nelle edizioni ottocentesche della Varia il percorso del Sacro Carro

Piazza Maria Cristina

Le immagini fanno parte della collezione privata dell’Autore

era diverso da come oggi si realizza, con andata e ritorno lungo il Corso. Allora, quando nel centro della Piazza Vittorio Emanuele II, oggi “I Maggio” era ancora presente la gloriosa Fontana della Palma, la Varia le girava attorno, per terminare la sua trionfale corsa in Piazza Maria Cristina, di fronte al Duomo, così come descrisse lo storico Guglielmo Romeo Baldari nel 1852 “…E le belle palpitano più che il giovinetto si affatichi, e pregano la Vergine per lui, siccome per lui pregano le madri; ed i loro clamori aggiungono alle esortazioni di madri pur si usi dal più lungamente travagliarsi intorno la fontana della palma girando il Trionfo. E finalmente il Trionfo si avvia pel Corso Carolino, e grida di giubilo s’innalzano dall’universale che accompagna la Bara fino a che riposa nella piazza del Duomo.” Ebbene, già allora, con l’antica Varia, così come avviene oggi con la moderna, realizzata dal Cavaliere Peppino Militano, a festa finita, i pezzi venivano smontati e conservati, per ultimo “u Ccippu” veniva ricoverato in un appropriato deposito. Non abbiamo testimonianze in proposito, ma è presumibile che lo stesso venisse allogato in locali adiacenti allo stesso Duomo. Probabilmente dopo le prime edizioni del ventesimo secolo così si continuò a fare, almeno fin quando la maestosa Matrics, dopo il sisma del1908, non venne demolita. Nella suddetta immagine, a lato della navata destra del Duomo, sotto una tettoia, non vi sembra di intravedere una sagoma piuttosto familiare?


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‘U CUNSULU …deriva da ‘consolazione’: è il gesto, il mezzo con cui si tenta di consolare il dolore di una famiglia in lutto. E’ la tangibile manifestazione della partecipazione e quindi la massima espressione di condoglianze. Ecco, così abbiamo cercato di definire – traducendola in italiano - questa strana ed ormai poco usata parola. Il decesso di qualcuno – quale ne sia il ceto - non è più un momento di autentica esaltazione del defunto, essendosi oggi ridotta la partecipazione alla semplice stretta di mano, in chiesa dopo la funzione, e proprio per i più intimi una breve visita a casa della famiglia del morto. Siamo ormai presi, tutti, da quella specie di magaria che ci fà vivere da soli, sempre più soli,

(ma chi è sta magaria americana) e ‘nd ‘annacamu ad una musica fatta da una serie di rumori mancu mi erano i tambura di Giganti. E scrivimu “ìchissi” per dire PER, TVB per dire ti voglio bene; e così via. Siamo diventati un popolo di vagabondi, Cristu pietà. Una volta, no. Non era così. Soprattutto noi della Piana, vivevamo in simbiosi, vicini di casa, di comportamenti, di cuore. Certo, c’era chi esagerava. Ecco stiamo parlando di funerali. E allora ricordiamo la gente che si affollava davanti alla casa del morto e in chiesa. Ore intere a stringere la mano. E non c’era differenza di classe o di ceto, perché i gnuri si preoccupavano di portare le condoglianze ai propri salariati, specie se si trattava del “fattore” o del “massaru”. E la gente “modesta” non mancava di rendere omaggio ‘o gnuri. Ma non per servilismo, no ma proprio per

nel chiuso delle nostre case senza quasi più contatti con gli altri. Giusto nei mesi estivi si va in villa a fare quattro passi. E mancu tutti: i vecchi e i mammi chi figghj picciuli. Una volta non era così. Una volta – na ventina, trentina d’anni arretu - c’era il Circolo dei nobili (ma facitimi ‘u piaciri!!), il Circolo Cacciatori, ‘u barberi, dove ci si incontrava; l’autri, soprattutto i fimmani si conzavano assettati davanti a porta e parlavano, parlavano, di tutto e di tutti. Così non c’era bisogno di giornali né di manifesti: ognuno partecipava alla vita paesana, tutti sapevano e ognuno commentava. Così quando uno moriva tutti – almeno quelli della sua cerchia e della parentela- partecipavano al dolore dei familiari. Si dice che questo è il tempo dell’apparenza – del volere apparire, pure se uno è nu citrolu senza simenza - e della esteriorità. Abbiamo tutti vestiti, maglie, e scarpe firmate (ma a cu ‘nciu cuntamu) mostriamo (io no!) l’Ipod

quello che ancora oggi si chiama “rispetto”. E’ chiaro che le differenze economiche si vedevano e come. Dalla banda che precedeva il corteo funebre, la cui presenza stava proprio a significare l’importanza sociale del de cuius. Senza voler dire delle automobili: ogni famiglia amica mandava la propria automobile – con l’autista! - che seguiva il feretro dalla chiesa fino ‘o rriloggiu, ora monumento a Cilea. Là dove viene montata la Varia, il corteo funebre si scioglieva (e magari le auto erano ancora in piazza, girando intorno ‘o bbrigghiu). Ma questo è niente! Perché a Taurianova le auto andavano fino al Cimitero; e così pure a Cittanova. Ad Oppido il tutto veniva preceduto prima ancora del prete e del chirichetto che portava la Croce e subito dopo le corone di fiori (o i cuscini se era una donna), da un braciere acceso attorno al quale stavano due persone con in mano una candela ciascuno. Non chiedetemi il significato di tale

di Felice Badolati

braciere! Posso solo immaginare che si trattasse di un retaggio greco o normanno. O forse la traduzione visiva del famoso versetto “ricorda uomo che sei polvere e tornerai nella polvere!”. Non lo so e non mi importa più di tanto, perché quello che desidero qui ricordare è l’altra manifestazione di partecipazione; ‘u cunsulu, appunto. Non c’è bisogno di molta fantasia per capire che quando c’è un morto in casa non si ha la voglia né il tempo di cucinare e mangiare. Si deve vegliare il morto, si devono ricevere gli amici, si devono organizzare i funerali e pare tante tante cose; alle quali, per la verità, non si è preparati. Si ha lo stomaco chiuso e non si sente proprio voglia di niente! Purtroppo è una esperienza di tutti. Ecco, allora, che gli amici, o almeno quelli che si ritengono tali, si preoccupano di preparare e portare appunto il desinare ai parenti del defunto e questo non solo per dimostrare l’amicizia; ma prprio per dare loro un minimo disostegno in quelle lunghe ferali giornate. Si comincia la mattina con cappuccini, caffè, cornetti e brioches. Poi a mezzogiorno primo secondo contorno frutta, e così la sera in modo che i “superstiti” si possano consolare della perdita… E’ un poco blasfemo, tutto ciò. Ed è peggio riderci sopra! Ma come si fa? Soprattutto se si pensa a quello che succedeva fino a tempo addietro?. Qui a Palmi, Gioia, Rosarno, gli amici che avevano portato ‘u cunsulu preparavano la tavola e servivano il pranzo o la cena. Ai quali partecipavano i presenti, parenti o no! Questo lo so perché più di una volta mi è successo di essere presente e… invitato….! Una di queste volte ero ad Oppido, per la precisione a Tresilico, per rendere visita di condoglianze alla famiglia di un importante cliente, che abitava sulla via principale. Ma non un delinquente o mafioso, un proprietario di origini modeste che aveva saputo far fruttare il proprio lavoro ed i fondi che via via aveva acquistati. Partii dopo avere sbrigate le udienze, quindi nella tarda mattinata, arrivando ovviamente passato mezzogiorno. Portone aperto; tavolinetto con il registro per le firme, ove apposi la mia; gruppi di persone che stazionavano sul marciapiedi. Ed uno strano continuo lamento. Entrato trovai il catafalco al centro della parete di fondo – come è d’uso ancora oggi- con a fianco, all’altezza della testa, un tavolino apparecchiato con piatti bicchieri e posate. Davanti al letto una tavola apparecchiata

anch’essa, i parenti tutti e due signore che servivano prima il morto al quale la moglie diceva “Marito mio, questo è per te” e giù lacrime copiose che, ovviamente, cadevano in quei profumati spaghetti. Intanto lungo la parete opposta due donne scarmigliate, con il viso rosso a furia di schiaffi che si automenavano, emettevano quel lamento che si sentiva fino in strada. Non sapevo cosa fare, ma certo non potevo ridere, per cui assunsi una smorfia che poteva anche sembrare di dolore e porsi le nostre condoglianze. “Avvocato mio, guardate mio marito quant’è bello. Ma non mangia!” - E beh! Certo!- balbettai, mentre una mano provvidenziale mi stringeva lo stomaco per non farmi dire cose sconvenienti. - “Avvocato, favorite, sedetevi qua” disse una figlia del personaggio. Ma, è chiaro, non potevo nel modo più assoluto: mi sare svergognato. - Grazie, grazie, signora. Non posso devo andare via. Un arrivederci arrivedervi, un collettivo un coro di grazie e via. Uscendo passai davanti alla porta della cucina, nella quale tante donne scartavano pacchi di vettovaglie varie – ‘U cunsulu, appunto-. Una domanda mi è sempre sorta nella mente, ma ancora non so dare una risposta anche se, quando morì la nonna che abitava con noi, anche a casa nostra arrivò di prima mattina il cameriere del bar Savoia con latte, caffè e biscotti. La domanda è questa: come è possibile che dopo duemila e più anni, restino così osservate quelle arcaiche tradizioni pagane che rimontano alla Magna Graecia? Fanno parte di una cultura o rappresentano una manifestazione di affetto? Ma si chiama cunsulu, quindi mezzo per consolare, cioè per dare sollievo, per lenire un dolore. Mi piace di più pensare ad un gesto di cortesia, di amicizia, di affetto: è più umano, più realistico in questa epoca di malinconica solitudine, lasciare da parte qualsivoglia retaggio proveniente da millenni di abitudini e …devozioni…. Oggi non c’è più il corteo di corone di fiori che precedevano il prete ed il feretro, né la carovana di auto che bloccava la circolazione per tanto tempo. E non ci sono più, ahimè!, le donne scarmigliate ed urlanti che, a pagamento – è chiaro - si schiaffeggiavano e piangevano elencando le doti e i meriti e le qualifiche del de cuius. Erano le famose celeberrime “bagnarote” alte imponenti quasi sempre bionde con quelle camicette che reggevano seni prosperosi e le gonne fino allo stinco, larghe e pieghettate sotto le quali nascondevano qualunque cosa. Rimane il detto – fra il minaccioso e il lenitivo -: “’nci vonnu i bbagnaroti mi ti cianginu”, come dire ormai non sei più niente. Ma potrai sempre contare sul cunsulu che qualche amico porterà a tuoi familiari….


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“U capillaru“

di Enza Spatola rovate a chiedere ad un P giovane sotto i trent’anni chi era “u capillaru”. Non saprà

rispondervi, o se saprà sarà solo per sentito dire. L’ultima generazione testimone oculare di questo vecchio mestiere penso sia stata la mia. “U capillaru! U capillaru passa!” Negli ancora caldi meriggi di fine estate, prima che la stagione autunnale avanzasse con le sue piogge noiose per quanto ristoratrici, la voce echeggiava per le contrade e rimbalzava sulle facciate scrostate delle case di una Palmi semplice e operosa . “U capillaru! U capillaru passa!” Dietro gli scuri accostati a trattenere scie di frescure e ovattare le litanie delle cicale latitanti tra le fronde compiacenti degli ulivi, laboriose donne spremevano dall’aceto giardiniere da riporre per l’inverno, sgranavano baccelli secchi di fagioli e ceci e incannavano gli ultimi fichi di stagione essiccati sulle ‘ceramide’ arsicce dei tetti sconnessi. Tra gli anni ’60 e ‘70, Palmi era ancora il paese di Jufà. Bastava allontanarsi qualche traversa dal centro e ci si trovava tra orticelli e gallinai adiacenti alle casupole . ”P’o còmmitu d’a famigghia”- si diceva, perché ancora c’era nell’aria il ricordo della guerra, e famiglie

numerose come la stirpe di Noè che poco potevano permettersi di quel boom economico che l’Italia stava attraversando. E lui, ‘u capillaru’, passava con la sua lambretta ricolma di minutaglie e carabattole: dai pettini e pettinesse a forcine, bottoni, spille da balia, ditali, aghi, lucido per scarpe, saponette, mollette da bucato, vaschette di moplen e cento altre cose da barattare i cambio di ferraglia arrugginita e capelli, che le donne pazientemente accumulavano in scatole scapocchiate di CALINDA. Nel paese di Jufà non esisteva l’idea dello spreco, tutto poteva servire a qualcosa, anche i capelli. Non solo le lunghe trecce, quelle che sempre più spesso le donne tagliavano per seguire mode da rotocalco, ma anche capelli arruffati, quelli che restavano ai pettini di casa, di qualunque lunghezza e colore perché, dicevano le nonne, non si potevano buttare nella spazzatura: il giorno del giudizio universale tutte le anime sarebbero state chiamate a ricomporre il proprio corpo e tutte sarebbero state mandate dal Padre a ritrovare i propri capelli persi durante la vita. Dove? In mezzo alla spazzatura, se lì erano stati buttati o, peggior cosa, nei liquami fognari. Molto meglio concederli per farne parrucche. Nobili parrucche. Commistioni secolari di Cristia-

nesimo e paganesimo. Antiche superstizioni dal fascino superbo! In quegli anni i bambini palmesi, maschi e femmine, vivevano la strada: le bambine della mia età giocavano nei vicoli a ‘mucciagghja’, negli angusti cortili alla ‘siloca’, sugli usci alla ‘cucinìa’, spezzettando erbette di muro dentro tappi di barattoli; i maschi rincorrevano per ore un cerchio di ferro o si caracollavano sui carri a pallini per “discese ardite” . Tutti avevamo negli occhi la luce delle terse albe, sulle guance il rosso dei tramonti, nelle narici il profumo del sapone casereccio ancora caldo nei bidoni anneriti dal fumo e in bocca l’estasi d’una fetta di pane condito con lacrime di vino e zucchero che era più dolce dell’ambrosia, perché sapeva di sogni ad occhi aperti e dei voli planari degli storni al passo sullo Stretto. “U capillaru! U capillaru passa!” Stando ai miei ricordi, una delle sue ultime apparizioni risale al ‘71-‘72, proprio in quegli anni in cui il grande Battisti sembrava dar voce alla nostra piccola anima…. “Come può uno scoglio / arginare il mare / anche se non voglio / torno già a volare …/ Le distese azzurre / e le verdi terre / Le discese ardite / e le risalite / su nel cielo aperto / e poi giù il deserto / e poi ancora in alto / con un grande salto…… “ “U capillaru! U capillaru passa!” Basso e tarchiato, di viso rubicondo, si portava a spasso una pancia prominente che traboccava dalla cintura sdrucita. Beveva un poco d’acqua fresca alla fontanella del rione, infilava la testa sotto lo scroscio e si tamponava con un fazzoletto scomposto che tirava fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni. Al richiamo i ragazzi si radunavano vocianti attorno alla lambretta, curiosi come scimmie, alla scoperta di quel piccolo grande universo nascosto sotto un pezzo di tela a rigoni colorati. Dopo qualche minuto dai ‘bassi’ uscivano, come formiche dal formicaio, donne a passo svelto. Recavano in mano il misero tesoro, ciascuna desiderosa d’arrivare alla meta prima delle vicine, per poter scegliere il meglio della mercanzia, quel poco o quel tanto che sarebbe riuscita a carpire con le sue doti affabulatrici e insistenti all’uomo zingaro. Era il gioco dei grandi. Lui, ‘u capillaru’ giocava al ribasso; loro, le donne, al rialzo. Cominciava così la lunga trattativa di scambio, come se quel mucchietto di capelli di casa fosse antiquariato d’epoca, fili di seta da ricamo, o la treccia di Canfora, e la ferraglia arrugginita non ferri di cavallo, cerchi di botti e roncole consumate, ma le armi del prode Aiace. Tutte imbonitrici con l’imbonitore, per non lasciarsi turlupinare, per non ottenere meno del giusto o della comare che, ultima arrivata, sgomitava

per farsi spazio nel gruppo, distratte anche dai piccoli aggrappati alle ginocchia. Nel paese di Jufà era il gioco del superfluo da ottenere col nulla, quando il denaro sapeva ancora di sudore nei campi e di lunghe giornate nelle botteghe artigiane. Certo, esistevano anche i mezzi ‘gnuri’ e i ‘gnuri’ interi nel paese di Jufà, ma da quella parte si suonava altra musica. Da questa, col fiato sospeso e mute preghiere, s’aspettava ogni giorno la lettera d’oltreoceano, le buone nuove di chi era partito con la valigia di cartone verso il Canada o l’Argentina. Si sperava nel paiolo di soldi nascosto dentro qualche statua “di poche parole”, per poter comprare frigorifero e televisione. Accettati i baratti per stanchezza, perché alla fine chi conduceva il gioco era sempre ‘u capillaru’, a scaglioni come erano arrivate, le donne ritornavano verso casa, trattenendo nel fondo del grembiule lo scarno bottino, borbottando per il cattivo affare, per la delusione dell’inadeguata permuta, perché ciascuna aveva sperato inutilmente di riuscire ad accaparrarsi una fetta del benessere italiano di cui quell’universo viaggiante era prototipo. “U capillaru! U capillaru passa!” S’allontanava l’eco della voce verso altre piazzole e, domani, verso altri paesi, rincorsa dal vociare dei ragazzi che tentavano di aggrapparsi ai laterali della lambretta in movimento. Ancora qualche ora di giochi e poi di colpo il sole sprofondava all’orizzonte tra le Eolie bluastre in controluce. Agli angoli delle strade s’accendevano i lampioni a muro. Si ricomponevano al desco le famiglie, sfrigolava l’olio delle padelle ricolme di patate e peperoni e piagnucolavano i piccoli assonnati. Le lucciole, tra i fasci ombrosi di settembrine, facevano degli orti specchi di cielo stellato. Io mi addormentavo con il mio ultimo ‘Corrierino dei Piccoli’ tra le mani, comprato la domenica mattina con mio padre da “Mastro Michele”.


Vitamine fatte in casa

34 Col termine “germogli” ci riferiamo ai semi germogliati di cereali, legumi ed altre specie vegetali di cui si utilizza tutto: chicco e germoglio.

Un esempio della straordinaria capacità della Natura di produrre energia, capacità che può essere sfruttata da ogni consumatore per procurarsi a basso costo cibi freschi, ricchi di principi nutritivi come vitamine, enzimi ed oligoelementi, e di facile digestione.

di Walter Cricrì in dall’antichità molti popoli F utilizzavano, quale cibo rigeneratore e terapeutico, i grani

germinati e i germogli sviluppati e ne hanno tramandato l’uso. Già nel “Pen Tsao” o “Grande Erbario della Medicina Cinese”, circa 2700 anni a.C., il germoglio crudo di soia veniva raccomandato per edemi, dolori alle ginocchia, crampi, disturbi digestivi, polmoni “deboli”, macchie sulla pelle e malattie del cuoio capelluto. Sembra anche che i focosi cavalli di Attila ed i veloci destrieri arabi venissero nutriti con semi di frumento germogliato, prima delle occasioni importanti. Nell’800 e nel 900, sono soprattutto i racconti dei missionari ad informarci sull’uso dei germogli presso le popolazioni della Cina e dell’India. Le virtù dei germogli Oggi questo cibo è stato “scoperto” anche da noi occidentali proprio per la sua grande ricchezza nutrizionale: facilissimi da preparare, economici, dai sapori gustosi e svariati, i germogli sono una vera miniera di principi nutrizionali che, soprattutto in questa epoca sovrabbondante di cibi raffinati, sterilizzati, pieni di additivi di ogni genere, costituiscono un fattore di prevenzione e di difesa dei processi vitali dell’organismo. Se consideriamo che il mantenimento ed il potenziamento delle difese naturali dell’organismo, e quindi la difesa e il miglioramento della salute, richiedono innanzitutto un’alimentazione equilibrata e ricca di vegetali freschi e genuini, comprendiamo bene quale importanza abbia il consumo di germogli di semi di vario tipo, quali cereali e leguminose, naturalmente provenienti da coltivazioni biologiche. I semi di cereali o legumi allo stato crudo sono immangiabili ed indigesti; essi quindi devono essere cotti per renderli commestibili ed assimilabili: il calore, infatti, trasforma gli amidi in carboidrati più semplici, le proteine in frammenti più solubili, e così è possibile utilizzarli per la nostra alimentazione. Con il calore però, la “vita” che è presente allo stato latente nel seme, scompare: infatti, un seme dopo la cottura non è più capace di germogliare. Invece la germogliazione permette di mangiare crudi quegli stessi semi, fornendo cibi ricchi, vitali e nutrienti, in cui l’energia “potenziale” contenuta nel seme si libera e si trasforma in energia

assimilabile dall’organismo. Il germoglio infatti costituisce un alimento fresco, che si presta ad essere mangiato crudo, ricchissimo di nutrienti quali vitamine, enzimi, oligoelementi, aminoacidi essenziali; è facile da digerire, è privo di scarti poiché si utilizza per intero, è gustoso, è facile da preparare e conservare, ed è anche molto economico poiché dà un’ottima resa. Vedremo più avanti come fare per prepararli, ma possiamo dire subito che, una volta preparati per la germogliazione, tutto il processo avviene senza che noi si debba intervenire: non c’è da fare nessun lavoro, lavora solo il tempo. Infatti subito dopo che il seme è stato messo in ammollo ha inizio la “germinazione”, cioè l’attivazione e la rivitalizzazione del germe del seme, detto embrione, che rappresenta la giovane piantina e contiene in “nuce” tutte le parti essenziali della futura pianta (fusticino, foglioline, radichette). Durante questa fase, quando il germoglio è ancora piccolissimo ed è racchiuso all’interno del tegumento, quindi non ancora visibile, avvengono profonde modificazioni nella struttura del chicco e nella sua composizione biochimica. Man mano che il chicco assorbe acqua il seme si gonfia e il guscio si fessura e il piccolo germoglio incomincia a crescere e a diventare visibile all’esterno come una piccola plantula nella quale, in conseguenza di complesse reazioni enzimatiche, le sostanze di riserva (amidi) del seme, contenute nel tessuto nutritivo all’interno dei cotiledoni, vengono trasformate e mobilizzate, quindi assorbite dall’embrione che si fa via via più grande diventando una “pianta germinativa”, il Germoglio, che se venisse piantato crescendo darebbe origine ad una nuova piantina, identica alla pianta madre. E’ proprio durante la trasformazione delle sostanze di riserva che avvengono le numerose e complesse trasformazioni biochimiche, non ancora del tutto chiarite, che danno al germoglio la sua ricchezza di sostanze: esso diventa un vero e proprio scrigno di principi nutritivi, che sono di più facile digestione ed assimilazione da parte dell’organismo; ed ecco perché i cereali e i legumi germogliati sono molto più digeribili - addirittura a crudo - dei semi di origine per cui sono consigliati anche a chi soffre di una cattiva forma gastrointestinale. Le sostanze di riserva contenute nel chicco sono costituite per

gran parte da amidi ed emicellulosa, che sono carboidrati complessi: essi vengono in gran parte trasformati in destrine e maltosio, sostanze più semplici e dolciastre, che danno al germoglio il suo caratteristico e delicato sapore leggermente dolce. Anche la parte proteica del chicco subisce una trasformazione, infatti le proteine vengono “predigerite” dagli enzimi scomponendosi in aminoacidi, di più facile e veloce digestione e assimilazione, e inoltre i germogli subiscono un aumento in aminoacidi essenziali, così come aumentano anche gli acidi nucleici, i sali minerali e gli oligoelementi, che inoltre vengono a trovarsi in forma organica e quindi più facilmente assimilabili ed utilizzabili dall’organismo, in particolare il ferro, che in forma inorganica è di difficile assimilazione e può dare origine a disturbi gastrointestinali. Le vitamine addirittura subiscono aumenti considerevoli, dal 50% al 100%, e in certi casi anche molto di più, come ad esempio la vitamina A, che può aumentare dopo 72 ore di germinazione anche del 370%. In particolare i germogli sono ricchi di vitamina B12, cosa che può essere utile, insieme alla ricchezza in ferro, per evitare carenze qualora si segua un’alimentazione vegetariana. La preparazione Si possono far germogliare quasi tutti i semi, c’è solo l’imbarazzo della scelta, ma i più indicati e sperimentati sono il frumento (o grano), la soia verde o fagiolo mungo (Vigna radiata), il miglio, i ceci, i fagioli, le lenticchie, il riso integrale, l’avena, il girasole, e qualunque altro seme commestibile la fantasia vi suggerisca. Bisogna evitare i semi delle solanacee (es. patata, pomodoro) perché contengono sostanze tossiche. E’ preferibile utilizzare semi di coltivazione biologica, quelli cioè ottenuti senza uso di concimi chimici di sintesi, di diserbanti, di anticrittogamici e altri veleni, per ovvi motivi. Un esempio: Germogli di Soia Il metodo più semplice per ottenere i germogli, se non si dispone di un germogliatore apposito, è quello di disporre i semi ben mondati e sciacquati in un piatto fondo con dell’acqua, in modo che vi restino immersi; coprirli quindi con un tovagliolo umido e lasciarli a bagno da sei a dodici ore, a seconda della grandezza dei semi. Al mattino i semi vanno risciacquati ancora e disposti nuovamente sul

fondo del piatto, così umidi come sono, ma senza aggiungere altra acqua; vanno nuovamente ricoperti col tovagliolo umido e ancora con un piatto rovesciato, e lasciati germogliare. I semi così predisposi vanno sciacquati due volte al giorno per i primi 2-3 giorni, poi basta una sola volta, ad eccezione dei ceci e della soia che vanno sciacquati sempre due volte, poi sempre ricoperti nel solito modo. Si ripete il procedimento per 3-5 giorni, a seconda dei semi scelti, finché i germogli avranno raggiunto una lunghezza di 3-4 centimetri, dopodiché si possono scoprire per esporli per qualche tempo alla luce, per far sì che si arricchiscano della preziosa clorofilla (circa 7-8 ore alla luce indiretta, meno se al sole, per evitare che si dissecchino). I tempi di germinazione possono variare al variare della temperatura, oltre che dipendere dal tipo di seme scelto. Utilizzare quantità di semi non troppo elevata, perché si ha un’ottima resa e anche per avere sempre un prodotto fresco e vitale. Come utilizzarli Una volta pronti, i germogli si possono mangiare tal quali, crudi o dopo breve cottura (che però tende ad alterarne la ricchezza vitaminica). Si consumano da soli, in insalata conditi con un po’ d’olio e sale, oppure uniti a verdura o frutta, anche nella preparazione di frullati e puree, o tritati e uniti a maionese fatta in casa, puré o salse di vario tipo, o ancora uniti allo yogurt, aggiunti alle minestre di verdura o agli stufati, pochi minuti prima di servirli a tavola, aggiunti al ripieno dei tortellini, all’impasto delle polpette, come condimento di pasta e riso, eccetera. Come vedete, gli utilizzi possibili sono tantissimi, e sono limitati solo dalla fantasia.


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Fotografie di Davide Negro

Cittanova Tradizionandu Etnofest Il 13 ottobre inaugurazione della Mostra

di Giuseppe Cricrì l nostro periodico Madre Terra, che sin dalla sua fondazione, ha A mostrato grande interesse nel promuovere ogni iniziativa che tenda a valorizzare il territorio e le sue tradizioni, non poteva passa-

re inosservato il successo ottenuto dal Tradizionandu Etnofest di Cittanova che, per il quinto anno consecutivo ha espresso, registrando un bilancio più che positivo, una messe di iniziative culturali di interessante rilievo. La kermesse, iniziata il 3 agosto scorso culminerà con l’allestimento di una interessante mostra che raccoglierà gli effetti di quanto fin ora realizzato. Concepita presso il Polo Solidale per la Legalità di Cittanova, si avvarrà di innovative video istallazioni, capaci di far apprezzare ai visitatori tutto il materiale esposto, sollecitando e coinvolgendo anche gli altri sensi oltre che la vista. Gli spazi espositivi della mostra saranno visitabili a partire da sabato 13 ottobre, quando avverrà l’inaugurazione. Il festival, organizzato e gestito a Cittanova dalla vulcanica Associazione no profit Lato 2 della presidentessa Lucrezia Calogero, si è collocato tra gli eventi più attesi dell’estate pianigiana. Escursioni attraverso tutto il territorio aspromontano, “Escursionandu” organizzati in collaborazione con l’associazione Gente in Aspromonte. Seminari di danza e di suono, con strumenti popolari, dove le sarde launeddas hanno vibrato al fianco del tamburello, dell’organetto e della lira calabrese. E infine una messe di splendidi concerti, rappresentati sul palco impreziosito dalle scenografie di Daniele Ligato, che ha visto succedersi band multicolori, con la pizzica salentina dei Kalascima, o i nostri Quartaumentata seguiti dal laziale Giuliano Gabriele e Jaracanda, fino al clou, rappresentato dalla terza serata, aperta dal quartetto di Francesco Loccisano, seguito da sonorità centroafricane di BadaraSeck con, special guest, il marocchino NourEddineFatty, già protagonista della scorsa edizione del festival, per finire con la iper innovativa e psichedelica tarantrance di Antonio Infantino e dei suoi tarantolati di Tricarico. Un merito non trascurabile va al direttore artistico Gabriele Albanese che ha avuto gusto, esperienza e sensibilità tali da saper mettere in piedi un palinsesto di tutto rispetto. Il successo di Tradizionandu è frutto di una felice intuizione che trova ispirazione nell’ essenza cosmopolita della mediterraneità, di cui l’evento stesso è massima espressione. Accomunare le variegate culture e la conoscenza dei valori etnicopopolari non esclusivamente generati dal territorio calabrese rappresenta la vincente chiave di volta di questa iniziativa, che fa della fusion fra stili, gusti e tendenze di tutte le etnie che si affacciano sul mare nostrum, il vero intruglio magico del mediterraneo, un filtro incantato, gioioso bagaglio di emozioni che una sapiente condivisione sa rendere prezioso, come un tesoro.


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DOMENICO SABA

UN SOGNO BIANCONERO! di Pasquale Frisina n sogno bianconero (Juventus) corredaU to da una realtà azzurra, come il colore della divisa della Nazionale Italiana di calcio.

E’ stato il capocannoniere della categoria Esordienti in diversi campionati e in diversi tornei. Stiamo parlando del piccolo Domenico Saba, classe 2000, il quale è stato convocato il febbraio scorso a Vinovo(To) presso il Centro Sportivo della Juventus per l’evento denominato “Gollissimo”. Tale manifestazione è organizzata dalla stessa società bianconera che invita i talenti del calcio giovanile nazionale appartenenti a tutte le scuole calcio. Tra questi anche il piccolo talento di Palmi chiamato a rappresentare la Calabria e il Sud. Il ragazzo è stato formato calcisticamente dall’età di 7 anni dal tecnico Pino Tripodi attraverso la propria scuola calcio (Interpalmi e Palmicamus). Un piccolo talento, (ancora dodici anni da compiere) che si affaccia in un mondo, quello della Juventus, molto prestigioso e che potrebbe in futuro vestire la maglia bianconera della società torinese visto che per il piccolo bomber si sono espressi in modo lodevole il responsabile del settore giovanile della Juventus sig. Sclosa, e il responsabile della categoria Esordienti il sig. Milani. A descriverne le qualità del piccolo calciatore è il tecnico che lo ha svezzato, Pino Tripodi: “Domenico, afferma, presenta qualità importanti come rapidità, velocità e tecnica. Bomber di razza. Doti innate e importanti che ha portato lo stesso all’attenzione di società di blasone mondiale, come appunto, la Juventus e il Milan”. Attaccante per struttura fisica e tecnica è seguito oltre che dalla Juve e il Milan, anche dalla Reggina e diverse altre società professionistiche. Domenico fuori dal campo è un ragazzino molto timido e riservato, molto bravo anche a scuola con ottimi voti in pagella (9 e 10). Obiettivo primario, la scuola, dove lo stesso ha subito recepito. Ha bruciato tutte le tappe di categorie per il suo grande talento innato e per la sua

grande voglia di “fare il calciatore”. Per Saba si presenta in giovane età un’occasione d’oro da saper sfruttare al meglio. Ed avendo tutte le carte in regola sia fisicamente che tecnicamente, è lecito attendersi un futuro ad ottimi livelli. Oltre a questo importante e reale evento il piccolo Domenico dal 6 al 10 Settembre ha disputato in Polonia (Varsavia) i Mondiali di calcio under 12 del Torneo organizzato dalla Danone, denominato lo stesso Danone Cup 2012. Lo stesso ha orgogliosamente vestito la maglia azzurra rappresentando nella suddetta manifestazione l’Italia. Il talentuoso Domenico ha lasciato il segno da bomber quale è andando a rete contro Ucraina e Brasile. La grande avventura mondiale è stata portata a termine con un ottimo 5° posto dietro a Corea del Sud (vincitrice della manifestazione), Giappone 2A, Svizzera 3A e Argentina 4A classificata. L’Italia è stata eliminata agli ottavi di finali dalla Corea del Sud ai calci di rigori. Eliminati senza nessuna rete subita e nessuna sconfitta nei tempi regolamentari. Si porta a ricordare che anche Rizzitano Rosario classe 1999, nell’edizione del Torneo Danone Cup 2011 ha partecipato ai Mondiali con la Reggina calcio in Spagna al Bernabeu di Madrid. Portiere di grandi potenzialità tecniche, fisiche ed atletiche, oggi alla Reggina calcio, anch’egli è “uscito” dalla scuola calcio Pino Tripodi, per la grande bravura e passione di Enzo Ioculano preparatore dei portieri della scuola calcio suddetta. Questa avventura mondiale è un attestato di dimostrazione delle grandi doti tecniche e intuitive del piccolo Saba, un ragazzino di dodici anni ancora da compiere. Sicuramente il giovane talento palmese è un orgoglio per la città di Palmi, tanto che il neo Presidente della Us Palmese dott. Pino Carbone ha voluto premiare di persona alla Casa della Cultura, nell’occorrenza del Centenario della storica società nero verde, donando una pergamena ricordo e una Borsa di Studio. Il piccolo Saba sarà probabilmente un esempio da seguire per correttezza, lealtà e doti sportive.

Il piccolo, grande Domenico


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L’U.S. Palmese festeggia un secolo di vita di Rocco Cadile ’US. Palmese 1912, ha spento cento candeline e l’ha L fatto raccontando vicende e pro-

tagonisti, non solo con lo spirito della rievocazione, come se si guardasse un film in bianco e nero sulle cronache di un calcio che non esiste più, ma con la voglia e l’obiettivo di prolungare la vita del glorioso sodalizio. La festa del centenario è stata anche l’occasione per fare incontrare le vecchie glorie che hanno testimoniato alla presenza della nuova generazione, quanto sia stato importante lo sport per la loro crescita e quanto indissolubilmente forte quel legame nato sui campi da calcio e negli spogliatoi. Guardando i documenti fotografici, scritti, e, ascoltando gli episodi che hanno fatto la storia nero-verde che narrano le gesta di questa squadra, non si poteva non provare nostalgia. E’ stato presentato uno spaccato della vita calcistica palmese che ha suscitato momenti di grande emozione, specialmente quando sono stati menzionati alcuni nomi legati a singolari avvenimenti; come l’attaccamento particolare mostrato dal giocatore Bumbaca, “allorquando, recatosi a Locri (era l’ottobre del 1951, notizie riportate dal giornalino “Il PEPERONCINO”) dopo la partita con la Reggina, disputata sul campo neutro di Messina, giorno 14, è rimasto bloccato nella cittadina ionica perché tutte le vie di comunicazione erano interrotte a causa della memorabile alluvione di quell’anno. Non volendo rinunciare alla trasferta che la Palmese doveva effettuare la domenica successiva a Latina, si è incamminato a piedi in direzione di Palmi, attraversando l’impervio Aspromonte, arrivando in

tempo per unirsi ai compagni di squadra per la partita del 21”. Oppure l’esempio del forte senso di attaccamento dimostrato dalla città nel lontano 1935 dopo aver vinto il campionato con una squadra composta di giovani quasi tutti palmesi. “E ciò nonostante le scarse risorse economiche della società ma grazie al sacrificio di tante persone fortemente legate ai colori neroverdi; persone che si sono private persino di alcuni loro beni per fronteggiare le ingenti spese per l’accesso in prima divisione”(dal giornale locale “U CHIACCU”). Questi racconti, per evidenziare come il calcio è cambiato. Ormai i giovani fanno parte di una civiltà consumistica basata sul materialismo imperante, dove la ricerca dei profitti è il traguardo primario da raggiungere a tutti i costi, calpestando anche i valori della vita. Quelli della Palmese sono stati cent’anni di emozioni e di passione, con un passato fatto di uomini ma anche di risultati sportivi che, non appartiene solamente alla società, ma a tutta la città di Palmi e ai suoi tifosi che nel corso di questo lungo percorso hanno contribuito a scrivere la storia del glorioso club. Tanti sono stati i Presidenti e i dirigenti succedutisi in un secolo di vita e a questi, dobbiamo essere grati, perché per amore hanno assicurato fino ad oggi, a parte qualche brutta parentesi, la sopravvivenza del sodalizio palmese senza mai uscire dalla scena dal panorama calcistico. La bandiera nero verde non è stata mai ammainata. Non si possono dimenticare gli autorevoli Presidenti Avv. Arcangelo Badolati, On. G. Marazzita, On. Armando Veneto, Avv. Morabito, Prof. Pentimalli, Avv. Aldo Genova, Avv. Luigi Cardone, Avv. Ettore Saffioti, Giuseppe Mattiani, Santo Angì, Rosario Albergati,

Un fatidico derby nella stagione 77-78

Avv. Carmelo Fiorino e altri. Si ricorda con orgoglio palmese che, il Presidente Veneto è stato colui che ha avuto la lungimiranza di far rientrare tutti i ragazzi palmesi tesserati con altre società di fuori, allestendo un organico di tutto rispetto che portò la squadra in serie D. Di questo squadrone fecero parte: Agresta, Amoroso, Barbaro, Barbera, Catalano, Cristiano, De Simone, Donati, Donato I°, Donato II°,

Fagà, Farroni, Fenio, Fotia, A. Managò, C. Managò, Mandalari, Marino, Gaudio, Praticò, Salimi, Savoia Schepis. Chi non ricorda il memorabile segretario Prof. Mercurio, i dirigenti Pino Managò, Nino De Nicola, Carmelo Oriana, Rocco Crea, Mario Tigano, Ninotto Surace, Rocco Commisso, Domenico Scolaro, Rocco Randazzo, Francesco e Giuseppe Parrello, il massaggiatore Bagalà e molti altri. Non possiamo dimenticare il


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La mitica squadra dell’Avvocato Armando Veneto

Padre Spirituale Don Rocco Iaria, una persona speciale e indimenticabile che è entrata nel cuore della gente per la sua umanità; il dott. Giovanni Barone rassicurante medico sociale, Peppe Melara (cuteddhazzu) l’umile tifoso per eccellenza che, nella palmese trovò il suo rifugio, la sua famiglia, soffrendo o gioendo per le sorti della squadra; l’accompagnatore Peppino Lazzoppina; i mitici custodi Lattuga e Melo

Gullì (alias Nilla); il simpatico Carmelo Lentino, fornitore ufficiale del Lo Presti di bevande e bruscolini, l’allenatore del settore giovanile, Peppe Tedesco (u mericaneddhu) una sorta di guru, un maestro di vita che ha saputo educare e “forgiare” tanti ragazzi che sono stati la fortuna e l’orgoglio della Palmese, e infine l’epico giornalista sportivo Totò Parrello che, con i suoi cinquant’anni d’informazione ha dato lustro alla Città di Palmi. Non possiamo nascondere la nostalgia di un tempo trascorso, nel quale ogni gesto sportivo aveva il sapore del sacro. Ogni meta raggiunta era frutto di passione, di sudore vero e sofferto e, ogni trionfo che regalava emozioni indelebili e profonde, rappresentava il riscatto della città. Intorno alla squadra si respirava aria di matrice romantica e, i tifosi, non solo seguivano gli allenamenti riempiendo gli spalti, ma accompagnavano con il loro autentico carico di passione anche la squadra impegnata in trasferta. Quanti ricordi sulle dirette delle radio locali che riunivano i tifosi in piazza I° Maggio o davanti al bar Savoia, in attesa di sapere il risultato finale della squadra. Ecco perché ogni ragazzo si sentiva attratto dai colori neroverdi. Per il sottoscritto e per tanti altri ragazzi palmesi il sogno si è avverato indossando quella maglia che, rappresentava e speriamo rappresenti ancora, per le nuove generazioni, l’orgoglio di Palmi. Quanto pesava ritornare sconfitti da una trasferta. Nel pullman non volava una mosca, c’era un silenzio triste perché nessuno aveva voglia di parlare. Era talmente forte il senso di appartenenza alla squadra che, avvertivamo la sensazione di aver deluso i tifosi e tradito la città. Il sodalizio palmese ha

anche registrato momenti bui e di grande amarezza, come la sonora umiliazione subita a Crotone con la sconfitta di 32 a 0. I tifosi non perdoneranno mai coloro che per motivi “personali” consegnarono la squadra a tale presidente di provenienza gioiese che, per denigrare la città di Palmi, solo perché i calciatori si erano rifiutati di continuare per la sua cattiva gestione, fece giocare una formazione raccogliticcia, della bidonville di via Asmara Gioia Tauro. Ma la pagina più triste che ha scosso l’ambiente sportivo è stata la prematura scomparsa di Giuseppe D’Ambrosio e Michele Pirrottina le due giovani promesse che avevano nei loro papà i tifosi più fedeli. Quest’anno la palmese sotto la gestione del Presidente Pino Carbone ( lo ringraziamo per la sua coraggiosa scelta) si appresta ad affrontare un campionato da protagonista, anche se l’inizio del torneo non è andato secondo le previsioni. Si spera comunque che la compagine possa riprendersi al più presto in modo da far rivivere quei momenti di alto spessore sportivo.

La Beretti che ha partecipato alla finale nazionale


Per INFO e APPUNTAMENTI - 0966 21529

COLLEZIONE 2013


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