NUMERO 31 - LUGLIO 2012

Page 1

M E N S I L E D I IN F O R M A Z IO N E E C U LT UR A

OMAGGIO

PALMI & DINTORNI Anno III - N. 31 - LUGLIO 2012

www.madreterranews.it

FOTO - Walter Cricrì

O torre imperiosa, guardiana di queste supreme coste. O perpetuo milite, mai stanco di rimirar l’onde azzurre. O invincibile guerriero, condottiero di civiltà passate. O principe immenso, custode di segreti antichi... Il tempo è ancora tuo! P. V.

Dott. Giovanni Barone, nuovo sindaco di Palmi


2

LETTERA APERTA AL NUOVO SINDACO DI PALMI Egregio dottor Giovanni Barone, le elezioni del 20 Maggio hanno decretato la sua vittoria sull’altro candidato, Dott. Boemi. La cittadinanza palmese ha riconosciuto in lei il nuovo rappresentante della nostra beneamata cittadina, dopo un periodo di turbolenze politiche e di commissariamento. Vogliamo innanzitutto congratularci per il brillante risultato ottenuto. Esso giunge a coronamento di una onorata carriera e di molti anni di dedizione e di impegno politico. Desideriamo inoltre porgerle i nostri più fervidi auguri ed esprimere la speranza che durante il suo mandato possa lavorare bene nell’interesse della cittadinanza e nel rispetto della sua onorabilità. E’ desiderio di ogni uomo che le proprie opere ed il proprio pensiero possano essere tramandate ai posteri. In quest’ottica e nell’interesse comune, ci auguriamo che lei possa raggiungere tale obiettivo. Siamo consapevoli delle difficoltà di gestire la cosa pubblica con rettitudine, onestà e determinazione. Molti sono gli ostacoli che si frappongono in questo lungo cammino! Ciononostante, continuiamo a sperare in un uomo che riesca a risollevare le sorti della nostra città e la riporti alle glorie del passato. La natura è stata molto generosa con questa perla del Tirreno, incastonata tra la costa ed il Monte Sant’Elia, baciata dal sole nove mesi all’anno e ventilata dalla dolce brezza marina anche nei mesi più caldi. Tuttavia gli uomini non sempre meritano i doni che la natura profonde a piene mani, vero è che nel corso degli ultimi anni, un vero patrimonio è stato letteralmente depredato e sperperato da molti ingrati cittadini nonché amministratori in mala fede. E’ facile comunque prendersela con gli altri perché, in fondo ….”gli altri siamo noi”…. Pertanto, ritengo che sia del tutto inutile riporre le speranze in un’unica persona. Il primo cittadino deve essere sostenuto da tutti, perché solo l’unione può fare la forza, in particolare ciò risulta vero in questi momenti di grave crisi nazionale ed internazionale. Non le chiediamo dunque promesse, che spesso risultano vane ed irrealizzabili, ma solo impegno, determinazione e lavoro giornaliero per ricostruire, mattone su mattone, una nuova città. Che rinasca dalle ceneri di un glorioso passato, ma che sia in grado di rimettersi al passo con i tempi, riscoprendo le proprie tradizioni di civiltà e cultura. Ci auguriamo inoltre che sappia crescere e rappresentare nuovamente il punto di riferimento sui comuni vicini, che non posseggono certamente le nostre fortune geografiche e l’immenso patrimonio culturale (Scuole, uffici, tribunale, sanità) che ci lasciarono i nostri nonni. Auspichiamo che la nostra amata Palmi torni a fornire nuove opportunità di lavoro ai giovani, che siano in tal modo invogliati a restarvi e a non fuggire verso lidi migliori, risucchiando così la nuova linfa vitale alla nostra città. Ritengo con queste poche parole di rappresentare i desideri e le speranze del suo fedele elettorato ed invito tutti i miei concittadini ad offrirle un supporto morale e materiale per sostenerla nel faticoso cammino che si appresta ad intraprendere. Ad maiora! Carmela Maria Gentile

SOMMARIO 6

A proposito di sogni... MARMYtOS di Walter Cricrì

PALMI & DINTORNI

REGISTRAZIONE AL TRIB. DI PALMI Nr. 1 / 2010 Anno III - Numero 31 - Luglio 2012 Direttore respons.: Francesco Massara Coordinatore: Paolo Ventrice Collaboratori di REDAZIONE di questo numero. Saverio Petitto Walter Cricrì Cettina Angì Salvatore De Francia Nella Cannata Giuseppe Cricrì Hanno collaborato per questo numero anche: Salvatore De Francia, Bruno Vadalà, Pasquale Frisina, Giuseppe Magazzù Editore: Associazione Culturale Madreterrra Sede Palmi-Via ss.18 km 485.30 P.I. 02604200804 Cod. Fisc. 91016680802 Mobile-Paolo Ventrice 335 6996255 e-mail: redazione@madreterranews.it Progetto Grafico: Saverio Petitto-Walter Cricrì-Paolo Ventrice Impaginazione grafica: Paolo Ventrice Progetto e cura sito web: S. De Francia-D. Galletta Stampa: GLF sas -Via Timpone Schifariello Zona P.I.P. II Traversa-87012 Castrovillari (Cs)

10

Come Càstore e Pollùce di Cassiopea

13

LA DISABILITA’ VISTA CON GLI OCCHI DEL CUORE. di Chiara Scionti

14

GIOVANI E LAVORO di Carmela Gentile

15

Fabio Vincenzi un sogno diventato realtà di Rocco Cadile

16

Schiavi della modernità di Chiara Ortuso

16

LA RAGNATELA MONDIALE DEL SISTEMA ECONOMICO... di Graecanicus

18

rumori d’estate di Daniele Gagliardo

19

non trovo le parole - i campetti di Saverio Petitto

24

“Terramòtu cù sterzu“ di Antonio Tedesco

25

TERREMOTU... SENZA STERZU di Felice Badolati

26

viAggiAtori A pAlmi nel Secolo Xviii... di Rocco Liberti

30

Il lupo in Calabria, ieri e oggi

32

“HO SCOMMESSO SUI MIEI RAGAZZI!”

di Giuseppe Cricrì di Angelica Larocca

36

QUEL RAMO DEL LAGO DI COMO... di Mirella Niutta

37

BORSA DI STUDIO “MARIA gIOvAnnA oliveri” di Michela, Mariella, Carla

38

Palmi: “Palla al centro per la legalità e la... di Rocco Cadile


L’EDITORIALE di Paolo Ventrice

’ arrivata! L’estate tanto attesa da E grandi e piccini (più dai piccini, per la verità) è tornata a portare gioia e colori,

a farci scrollare di dosso le fatiche e, a qualcuno, le pressioni pre e post elezioni. Ora sembra tutto calmo e tranquillo, l’unico dilemma si chiama IMU. E che dilemma! L’IMU è quella cosa che si trova “tra il dire e il fare”. Eh si, ha proprio preso il posto del “mare”. Per “Montiana” volontà, uno dei detti più comuni, da oggi, cambia, si aggiorna e diventa: “Tra il dire e il fare c’è di mezzo l’IMU”. Bel problema, se si considera che quasi tutte le campagne politiche sono state imperniate su questa benedetta tassa. Ora gli amministratori devono fare i conti con le “cambiali” (come le chiama un mio amico) in scadenza; ovvero bisogna pagare i conti aperti, dar seguito a tutte le promesse fatte in campagna elettorale. “Dieci percento! Sei per mille! No! Io te la do al due per mille! Ma va la che non ce la fai, al massimo puoi fare il tre percento!” Accidenti, la confusione è totale e allora, senza fermarsi troppo a pensare, ognuno di noi, amministratori e amministrati, cerchiamo di plasmare il concetto che meno graverebbe sulle nostre tasche. Risultato? Tutti vorrebbero pagare meno del due per mille, magari approfittando di un cavillo che possa favorirli per la decurtazione sulla terza o quarta casa, (va bene anche un bonus speciale)... E che non si accenni minimamente alla seconda casa! Quella non si tocca! Trovate un modo per non pagare! Eh si! Nella torre di Babele delle regole di questa tassa, c’è spazio per tutto. Cosa c’entra il detto nominato prima con tutto ciò? Direte voi. C’entra, c’entra. Purtroppo, questo è un gatto che si morde la coda, era stato previsto in bilancio un gettito che ora viene messo in discussione e quel gettito era destinato a coprire costi inerenti l’esercizio 2012. E’ ovvio che meno soldi entrano nelle casse, meno soldi si hanno per effettua-

re tutte quelle migliorie che la città chiede ad alta voce da troppo tempo ormai, com’è altrettanto ovvio che la promessa della riduzione incondizionata dell’IMU va mantenuta. Ecco che tra il dire e il fare... Gli sforzi per trovare una soluzione adeguata che salvaguardi tutti saranno certamente notevoli, un punto d’equilibrio c’è sempre. Troviamolo. Nonostante sia molto popolare l’argomento IMU, però, a me pare più giusto sottolineare due aspetti che ritengo fondamentali nell’economia della città: il primo riguarda tutti coloro che stanno completando il primo, importante, step di studi e che in questi giorni si trovano immersi nell’incubo chiamato “Esami di maturità”. Tutti ragazzi che saranno il futuro, spero, di questa città, sia che essi proseguano negli studi sia che essi si fermino. Qualche giorno ancora e poi via, tutti liberi a godere di quest’estate e del meritato riposo. Il secondo aspetto riguarda invece il sacrificio di decine e decine di persone che stanno dando tutto ciò che hanno dentro, per completare il Parco giochi dei “campetti”, per regalare a bambini e ragazzi un’emozione unica. Lo fanno sotto un sole cocente, lo fanno con amore, lo fanno stupendo tutti noi e lo fanno solo per ricevere un grazie speciale, quel grazie che sarà espressione degli occhi dei bambini, che sarà canto nel vociare di tutti i ragazzi, che sarà gioia, nel sorriso e nell’emozione, di chi vi andrà a trascorrere il tempo libero. Un impegno sociale! Questo è il risultato di un’operazione fatta solo allo scopo di dar nuovo lustro ad un pezzo di Palmi e, nel farlo, regalare gioia e divertimento ai più piccini. Infine, permettetemi un pensiero: nelle ultime edizioni di MadreTerra spiccano le fotografie che hanno partecipato al concorso de “La Città è dei ragazzi”, nonché le foto che stanno completando il mosaico “MERAVIGLIOSAMENTE PALMI”. Ovviamente, nel caso del mosaico, le immagini pubblicate non sono le uniche giunte in redazione. Ne arrivano in continuazione e sono numerosissime. Non c’è un criterio di scelta, per cui non vengono premiati gli autori o la bellezza delle foto, esse vengono inserite a caso per non far torto a nessuno. Il risultato raggiunto sono la grande voglia di partecipare e la grande vivacità dei ragazzi che rafforzano il concetto fondamentale per il quale questo mosaico è nato. Nelle immagini spicca la maestosità di Palmi, delle sue bellezze, anche quelle più nascoste, dei suoi tesori, ma spicca ancor di più la vocazione dei giovani ad esaltarle. Viverle è sempre fantastico, poterle regalare, immortalandole, è, forse, ancor più emozionante che goderne da soli. Tutti amiamo Palmi; gli anziani per i loro ricordi, i giovani per le sue bellezze. Ora ne sono certo. Anche chi sbandiera ai quattro venti che “a Parmi non c’esti nenti e non vidu l’ura mi m’indi vaiu...”, sotto sotto la ama e non vorrebbe mai lasciarla.

FOTO - Nino Ursida

3


4

meravigliosamente

palmi


5

Continua ad inviare le tue foto all’indirizzo lettori@madreterranews.it

PALMI NON FINISCE MAI DI STUPIRCI. LASCIAMOCI STUPIRE ANCORA!

A PARMISANA Chi beja fimmina! Da vavareja
Si vidi tuttu lu portamentu:
 l’anchi, la vita, la tunta seja,
 lu pettu degnu di munumentu,

 Lu coju a rditta comu canneja,
 capijhi libiri, perti ‘a lu ventu,
 na vucca umita, di purpurina 
e l’occhi..., l’occhi nu turbamentu.

 Aria di maju di prima matina!
 Quando la ncuntri ti chiama l’occhiata
 e tu la guardi comu camina
 quando s’arrunchia o fa la rrisata.

 Quando s’assetta o puru si ‘nchina,
 perfinca lu santu perdi terrenu,
 l’occhi sgrugghiunu fora di testa,
 li sensi tutti non hannu ffrenu.

 Chi beja fimmina, comu na festa!
 Quandu t’affrunta di carni e di ossa,
 puro c’o sai ch’è fimmina onesta,
 ija tacchija e tu senti la scossa

 e ti ncafurchi sempi a nu fusu,
 se si nsaluti o prontu a la fossa,
 se si di lignu, se si piluso,
 se si civili o previti fattu.

 Ogni penseru ti nesci spassusu.
 Ddifenti ntrepitu, valitu e rattu.
 U mulattieri la vidi jumenta,
 la pensa chi junta comu nu gattu

 e lu massaru, mu si contenta,
 la vidi tennira comu a’ cerbeja.
 Lu vecchiu griptu,chi si lamenta,
 la sciorba e predica: comu si beia.

 Lu muraturi la cridi di caci,
 bbona pe mpastu cu la rinneja.
 Puru n’artaru sapia mu nci faci
 Ngloria du pettu, di l’anchi e da seja.

 U sartu mastru non esti capaci 
 U cusi l’abiti, pemmu ndi vesti.
 Quand’ija passa, non sapi chi faci,
 l’occhiu è perdutu da ovesti a esti.

 Po’ ija rridi, lampu nci staci,
 e si rimmina, facendo festi,
 ma doppu passa cu nasu all›artu,
 comu giraffa dilli foresti.

 Lu piscaturi vota sciartu,
 ntrizzicu, ntrubbulu, forti di liga.
 A ogni ancata faci nu sartu,
 cu na stringiuta volia mu la sbriga.

 Mastru forgiaru ttizza lu focu,
 ca quandu passa voli m’è nriga,
 ma l’occhi sbirciuni di ogni locu,
 puru se sunnu pigghiati i fatiga.

 E u gucceri: chi fimmina beja,
 sulu u Vi vidu, partiu la passioni,
 siti cchiù bella da megghiu viteja.
 Una cu natra non nc’è paragoni.

 Ferma ‘o stagninu, tira nu lagnu,
 staci rrivandu, veni pè ssupa.
 La potia fari di rami e di stagnu: 
 com’è perfetta, cchiù di na pupa.

 Lu falignami di un grandi castagnu,
 misu a lu tornu cu sgubbia e scarpeju,
 ah, la faciva chi cerca cumpagnu,
 mu si la godi senza ribbeju.

 Chi beja fimmina. Puru u barberi,
 ffaccia a la porta, cusì,a la sperduta,
 guarda la chioma: «comu nci meri»,
 e si mbriaca di ja veduta.

 Tutta la genti di ogni misteri,
 di lu scarparu a l’omini d’armi
 sunnu d’accordu e sunnu sinceri
 ca megghiu fimmina e chija di PARMI.

Il Mamertino (Francesco Epifanio)


6 Mitologia, passione, arte, volontariato, sensibilità, coinvolgimento, lavoro, cultura, territorio, condivisione: i nuovi Tauriani

A proposito di sogni… MARMYTOS Al Parco Archeologico dei Tauriani, anche la magia di nuovi sogni prendono consistenza e diventano realtà, dietro l’impegno di Volontari palmesi dell’Associazione Italia Nostra (sezione di Reggio Calabria), della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, della Provincia di Reggio Calabria (Assessorato alla Cultura e alla Legalità) e il patrocinio del Comune di Palmi.

Quanti interverranno potranno prendere contatti per aderire a progetti didattici, organizzati sia dal Laboratorio di Carlo Andrei a Carrara sia dai laboratori previsti e in allestimento a Taureana.

di Walter Cricrì ome spesso accade, i «C sogni si concretizzano quando si rinuncia a rinchiuderli

nello scrigno della propria individualità e si decide, invece, di condividerli con quanti riescono ad innamorarsene. Quello è il momento in cui, ai sogni, è molto più probabile che spuntino le ali»; così Maurizio Carnevali mi presenta la motivazione dell’evento “MARMYTOS”, che in questi giorni si sta svolgendo al Parco Archeologico dei Tauriani. «Quello del Simposio in Calabria è un antico sogno che, in verità, negli ultimi anni s’era assopito» continua Maurizio, «poi capitò l’occasione nel 2011del Simposio a Brussels… L’incontro con specialissimi artisti… La simpatia… La naturale amicizia, sorta fra dieci scultori provenienti da paesi lontani e… L’entusiasmo non tardò a mettere in movimento i motori della “possibilità”. Poi, l’incontro con un luogo carico di fascino e storia millenaria, e ancora, le infinite conversazioni con gli amici che quel luogo lo vivono da sempre e che un bel

giorno si presentano all’appuntamento portando ognuno, non un fiore, ma una piuma, “una piuma”, dissero, per ridare nuove ali a quel sogno, perché possa volare alto sul mare viola della bellissima Donna Canfora». L’obiettivo e quello di riedificare il Tempio del Mito dando forma alla pietra. Ognuno di loro ci metterà la propria arte, il proprio estro, la propria cultura seguendo l’ispirazione di tutto questo mix di magia e territorio. Il Simposio è una manifestazione-laboratorio che, dal 1 al 15 Luglio, presso il Parco Archeologico dei Tauriani, vede impegnati sei artisti, provenienti da differenti paesi europei, nella realizzazione di opere scultoree all’aperto. MARMYTOS. Il riferimento implicito del titolo della manifestazione è al Marmo, al Mare e al Mito, durante queste due settimane sarà possibile osservare gli artisti al lavoro durante tutta la fase di creazione delle opere d’arte, dal blocco informe di marmo fino al compimento dell’opera, permettendo al pubblico si seguire la progressiva evoluzione delle creazioni

d’arte, nonché la comprensione delle tecniche di lavoro: un laboratorio sotto il sole di giorno e sotto l’influsso delle stelle la notte. L’iniziativa si propone di valorizzare la scultura contemporanea, il luogo che ospiterà l’evento, lo scambio artistico fra culture differenti, testimoniate dagli scultori invitati. Il tema della manifestazione è quello della Mitologia locale, legata alla leggenda di Donna Canfora, per la sua persistenza nella cultura e nella memoria e per le probabili radici del Mito stesso, nelle antiche pratiche culturali, legate alla divinità cui era dedicato il santuario della città romana. Gli artisti lavoreranno blocchi di marmo di dimensioni diverse, come da loro indicato, squadrati e generosamente offerti da Carlo Andrei, titolare di uno dei più antichi laboratori di lavorazione del marmo di Carrara (AMA Carrara). Le opere così realizzate rimarranno in dotazione al Parco e collocate nel modo più opportuno. Con questa prima edizione si avvia un progetto ambizioso che vedrà il Parco Archeologico as-

sumere un carattere dinamico di Museo all’aperto in evoluzione, quale magnifico terrazzo naturale sul quel mare, che fa da palcoscenico alle isole Eolie e al fumante Stromboli, con ampie quinte sul mare, Etna e Capo Vaticano. Maurizio chiude con una battuta: «Chiunque dovesse giungere nelle aree di lavoro per curiosare, o per godere semplicemente delle bellezze del Parco, non dovrà meravigliarsi se dovesse incontrare Canfora, la nobile e bella padrona di casa, con pesanti orci d’acqua fresca, trattenuti sui fianchi; infatti, s’è data lei il compito di portare refrigerio agli scultori. Stanchi, impolverati, concentrati e sorridenti a un sole che li ha condotti nell’oblio del grigio». Quasi tutti hanno partecipato al Simposio Internazionale di Scultura tenutosi a Bruxelles nel 2011 e tutti trovano in CARLO ANDREI un amico comune. Da sempre questi artisti si incontrano presso il suo storico laboratorio, “AMA- artistici marmi apuani” fondato dal nonno Carlo nel 1962 a Marina di Carrara.


7

Gli Artisti MAURIZIO CARNEVALI – Italia PATRICK CROMBE’– Belgio RAYMOND LOHR – Lussemburgo MARIT LYCKANDER – Norvegia LUCA MAROVINO – Italia MARIA RUCKER – Germania MAURIZIO CARNEVALI e RAYMOND LOHR - Lussemburgo

MARIT LYCKANDER - Norvegia

MAURIZIO CARNEVALI – Italia

MARIA RUCKER - Germania

LUCA MAROVINO Italia

PATRICK CROMBE - Belgio

Il cantiere artistico


8

FOTO - ILARIA MESSINA

FOTO - MARCO MISALE


9

FOTO - VINCENZO SAFFIOTI

FOTO - ROCCO MISALE


10

Come Càstore e Pollùce

assimo afferrò la cartella e M si precipitò verso l’uscio di casa, inseguito dalla voce impe-

riosa della madre: “Fila dritto a scuola e non tornare con le scarpe sporche, altrimenti saranno guai!” “Sta’ tranquilla mamma, non giocherò a pallone!” rispose di rimando il bambino, quando aveva già chiuso la porta alle sue spalle. Non appena vide da lontano Federico, accelerò il passo fin quasi a correre. Il compagno di banco l’aspettava, come al solito, davanti alla carrozzeria del padre, per percorrere insieme l’ultimo tratto di strada verso la scuola: raggiunsero l’ingresso del grande edificio dal vago stile liberty e si mescolarono alla frotta di scolari che si affrettavano ad entrare, dopo il trillo prolungato dell’ultima campana. “Vedrai” disse Massimo “il maestro Visalberghi sarà già sulla soglia dell’aula, pronto a chiudere la porta!” Il maestro, infatti, come ogni mattina attendeva i suoi scolari scrutando l’orologio, impaziente di cominciare la lezione. Era un uomo dall’aspetto burbero e un po’ all’antica: anche se con misurata diligenza osservava i regolamenti, non si dimostrava mai pedante, poiché in fondo amava e incoraggiava quei fanciulli ed era convinto che educare tutti quei “piccoli uomini” fosse una grande responsabilità. Quasi tutti i suoi scolari avevano già compiuto otto anni e frequentavano la terza elementare; appartenevano a svariati ceti sociali, ma tra loro i più erano figli di operai, come Massimo e Federico. “Siete come Castore e Polluce…” esclamò sorridendo il maestro, osservandoli entrare trafelati… “in ritardo, ma sempre insieme, come i due gemelli della mitologia”. Entrambi i fanciulli erano molto intelligenti, compagni inseparabili ma fondamentalmente diversi: come due poli opposti, inspiegabilmente si attraevano. Quanto Massimo era istintivo, estroverso, allegro e un po’ faccia tosta, tanto Federico era riflessivo, riservato e misurato nell’esternare i propri stati d’animo. Questa era, forse, la vera alchimia del loro legame: compensarsi a vicenda l’un l’altro, diversi come il dritto e il rovescio di una medaglia, ma indivisibili. Condividevano ogni esperienza, ogni passione, eccetto una, quella per il calcio. Massimo era attratto dal gioco del pallone e spesso per strada si fermava a giocare con altri bambini, mentre Federico rimaneva ad attenderlo e ne custodiva la cartella. Da due mesi a scuola frequentavano il turno pomeridiano e all’uscita, visto che con la primavera le giornate si erano allungate, capitava sempre più spesso che Massimo si fermasse a tirare quattro calci al pallone. A volte però, la partitella si prolungava e Federico, a cui il calcio non piaceva, dopo essersi letto un intero giornalino, si stufava e chiamava Massimo per dirgli che era ora di andare: la risposta dell’amico era sempre: “Sì, tra poco!”. Così un pomeriggio, dopo averlo chiamato ripetutamente e dopo aver ricevuto tanti illusori “sì, tra poco”, Federico se ne tornò a casa da solo. Quando Massimo si accorse

della sua assenza ci rimase male: era la prima volta che Federico lo abbandonava… raccattò la cartella e stanco e sudato si avviò verso casa. Passò davanti alla carrozzeria del padre di Federico e chiese del suo amico… il padre gli confermò di averlo visto rientrare poco prima. Venne l’indomani e i due fanciulli si incontrarono di nuovo per andare a scuola: camminarono fianco a fianco e si scambiarono forzatamente poche parole, senza guardarsi mai negli occhi; avvertivano di aver perso la gioia di raccontarsi le cose: Massimo appariva distratto e preoccupato, Federico lontano e ombroso… quel giorno, tra l’altro, dovevano consegnare al maestro una piccola ricerca di scienze, sul ciclo dell’acqua, e la cosa li preoccupava. Massimo, di solito molto loquace, avrebbe voluto chiedere scusa al compagno per quanto era avvenuto la sera precedente, ma non trovava il coraggio di cominciare, perché temeva il rimprovero dell’amico. Federico, dal canto suo, pur sentendosi colpevole per aver lasciato solo il compagno, sentiva il cuore gonfio di orgoglio e non voleva dargliela vinta. Massimo doveva capire da solo che l’amicizia veniva prima di uno stupido pallone! A scuola la giornata scivolò via come sempre: il maestro raccolse i fogli con le ricerche, poi spiegò molti altri argomenti, mentre i due compagni non si rivolsero neanche una parola. Seguì la domenica e nessuno dei due volle cercare l’altro. Il lunedì il maestro riconsegnò i fogli delle ricerche agli scolari, e rivolgendosi a Federico disse “Sei molto bravo, ti ho dato ottimo, la tua ricerca è perfetta!”, poi, porgendo il foglio a Massimo, disse: ”Mi dispiace, ti ho dato insufficiente, normalmente scrivi bene, ma questa volta non ti sei impegnato, hai fatto un pasticcio, ci sono persino errori di ortografia, guarda invece il lavoro di Federico come è corretto!” Non l’avesse mai detto! Stizzito e con gli occhi colmi di pianto, Massimo decise di far male all’amico - e a se stesso - in modo irreparabile, esclamando: “Lui ha copiato la ricerca dall’enciclopedia!”, scoppiando subito in un pianto disperato, perché sapeva di aver detto una bugia. Federico si sentì ferito, avrebbe voluto dire che non era vero, che si trattava di una calunnia, invece tacque e guardò a lungo il compagno… in quel momento, con fanciullesca crudeltà, decise che il torto subito era così grave che non gli avrebbe più rivolto la parola. Passarono i giorni, Massimo e Federico continuarono ad andare a scuola, ognuno, però, per conto proprio: sedevano allo stesso banco ma non si parlavano. Se ne accorsero i compagni, ma se ne accorse anche il maestro: i primi giorni lasciò correre, pensando si trattasse di capricci infantili… poi tentò senza successo di farli riappacificare. Finì quell’anno scolastico, durante l’estate i due bambini fecero di tutto per evitarsi e presto ricominciò la scuola: stranamente, Massimo e Federico, spontaneamente, si sedettero nuovamente insieme, pur continuando a non

parlarsi, nemmeno per sbaglio. Un giorno il maestro fece loro un lungo discorsetto: riferendosi all’accaduto, gli fece intendere di conoscere la verità e che la vicenda, secondo lui, non meritava così durevoli e spiacevoli conseguenze. Chiese a Federico perché non volesse più rivolgere la parola a Massimo e con impassibile freddezza il bambino gli rispose: “Non ho niente da dirgli, per questo non gli parlo!” Pose la stessa domanda a Massimo, che abbassò la testa e disse: ”Maestro, io ho sbagliato e lui non mi parlerà mai più, so com’é fatto!” Nessuno dei due bambini volle mai cambiare posto: dicevano di trovarsi bene in quel banco… in realtà soffrivano moltissimo tutti e due, vicini e lontanissimi allo stesso tempo. All’inizio del quinto anno il maestro Visalberghi, che non si voleva dare per vinto, ne parlò con il Direttore, che prontamente convocò i genitori di entrambi. Quelle brave famiglie avevano capito che le cose tra i due amici non erano più come prima, ma si meravigliarono alquanto di quella stupida quanto dolorosa prova di carattere dei loro figli. L’ulteriore tentativo di riconciliazione tentato dai genitori fallì e anche quell’anno volse al termine; finita la scuola, i due non si videro più, come accade a quasi tutti gli ex compagni di classe: scuole medie diverse, amici diversi, trasferimento in quartieri diversi o città diverse. Nessuno di loro due pensò più all’altro, o se lo pensò, preferì rimuoverne il ricordo per non soffrire. Trascorsero molti anni e Massimo, che si era laureato in medicina, ritornò nella sua città, per ricoprire l’incarico di primario al pronto soccorso; lui diceva di sentirsi “in trincea”, poiché era nell’intervento di primo soccorso che si giocava la partita per la salvaguardia della vita di altre persone. Una sera, sul tardi, avvertì l’urlo familiare delle sirene, che trasportavano in ospedale due uomini, coinvolti in un incidente stradale: ad un incrocio un camion aveva investito in pieno una macchina e i suoi occupanti avevano avuto la peggio. Le due vittime, un ragazzo, che era il più grave, e un uomo sui cinquant’anni, erano davvero malconci, con il volto coperto di sangue e in stato di incoscienza. Massimo intervenne con la solita determinazione, dando ordini veloci e precisi ai suoi assistenti: dovette intubare il ragazzo, il cui cuore si era già fermato una volta durante il trasporto in ambulanza, poi cominciò a suturargli una profonda ferita sulla gamba, quando il cuore si fermò di nuovo e dovette prontamente eseguire un massaggio cardiaco; quando la frequenza del cuore del ragazzo si stabilizzò, lo affidò ad un altro medico e potè finalmente occuparsi del secondo ferito. In quel momento entrò l’infermiera, con i dati personali dei pazienti, comunicati loro dalla polizia stradale, poichè servivano per la stesura dei referti. La donna cominciò a dire: “L’uomo si chiama Federico Lon-

goni, ingegnere, nato a Como il 20 gennaio 1948… il ragazzo si chiama Alessio Longoni nato a Milano il 12 marzo 1985: sicuramente sono padre e figlio.” Massimo deglutì, sentì il suo stomaco contrarsi, scrutò il volto tumefatto dell’uomo steso davanti a lui… si trattava proprio di quel Federico? Rivide, nella sua mente, il viso da bambino del vecchio compagno, quando lo guardava e non gli rivolgeva la parola… in un istante pensò alle loro vite estranee e ai loro lunghi e penosi silenzi sui banchi di scuola: riaffiorò all’improvviso la muta sofferenza del suo cuore di bambino. Ora, dopo quarantadue anni, in un pronto soccorso, i loro destini si incrociavano di nuovo. In quella lunga notte Federico fu operato, l’intervento andò bene e anche suo figlio si salvò. L’uomo migliorò più lentamente del figlio, ma infine giunse anche per lui il giorno delle dimissioni. In ospedale, durante quel mese di degenza, aveva appreso tutte le circostanze dell’incidente e le condizioni disperate in cui versava il figlio quando erano giunti i soccorsi. Apprese anche l’identità del medico che era intervenuto per primo, salvando la sua vita e quella di suo figlio. Con gioiosa trepidazione chiese di incontrare Massimo per salutarlo e ringraziarlo di ciò che aveva fatto per loro. I due vecchi compagni di banco, con gli occhi lucidi, stavano nuovamente uno di fronte all’altro. Avrebbero voluto dirsi molte cose, ma preferirono rimanere un po’ a guardarsi negli occhi, poi Massimo ruppe il silenzio: “Ricordi come ci chiamava il maestro Visalberghi?” Federico annuì con il capo e Massimo continuò: “Hai mai potuto perdonarmi per quella sciocca bugia?” Federico, abbassando gli occhi pieni di dolore, rispose: ”Anch’io ti ho fatto del male… molto male, quando ero bambino ragionavo da bambino, ma diventando adulto ho capito di aver peccato di superbia: non ho voluto parlarti più per dare ragione al mio orgoglio, anche se sapevo di aver sbagliato… rifiutando la tua amicizia ho vissuto momenti di insensata solitudine. Volevo cercarti, ma non sapevo se ce l’avevi ancora con me, se avevi voglia di vedermi…” Eccoli…. Castore e Polluce erano cresciuti: la sorte li aveva fatti ritrovare e riconciliare, dopo che entrambi avevano conosciuto il dolore e la fragilità della condizione umana, dopo aver imparato con umiltà la dura lezione della vita, in cui la vera amicizia è un dono prezioso che va coltivato e custodito, anche attraverso la comprensione ed il perdono.

Cassiopea


11


12

Lettera aperta

Al Signor Dirigente Scolastico dell’Istituto d’Istruzione Superiore “C. Alvaro” Agli Insegnati Curriculari Agli Alunni della classe V B/S

l termine di questo percorso di crescita sociale e umana, che ha visto favorevolmente coinvolta la nostra “piccola Giada”, ci corre l’obA bligo morale di ringraziare di cuore Voi tutti, insegnanti e alunni, per quanto vi siete spesi al fine di agevolare l’inserimento scolastico della predetta nostra figlia.

Egregio Dirigente nell’occasione vorremmo segnalare, sebbene crediamo, sia cosa a lei nota, le enormi capacità umane, la solidarietà, l’inesauribile bagaglio di valori che ogni alunno/a di questa classe, la V B/S, porta al seguito, certamente ben indirizzato dalle sapienti intuizioni dei suoi collaboratori curriculari. Ci vorremmo soffermare, con decisione, sulla sensibilità dimostrata dai componenti frequentanti la classe in argomento che, nel pur breve percorso di vita trascorso vicino alla nostra Giada, hanno fatto breccia nel tenero cuore di una dolce “bambina” che ha amato ed ama tutt’ora “ritornare a scuola” per ritrovare i suoi compagni ed i suoi professori. Per chi ben conosce Giada e le sue difficoltà, non è stato difficile notare la sua felicità nel frequentare quel pozzo di valori umani rappresentato da tutti questi giovani che l’hanno coccolata, amata, compresa, aiutata senza che lei se ne facesse un problema; anzi la grande capacità, forse la migliore, è stata quella, appunto, di averla fatta sentire uguale a loro, non facendo pesare gli ostacoli che la vita le ha posto davanti. Anche nelle giornate più buie di sofferenza affrontate da Giada, non mancava la presenza costante di questo gruppo di ragazzi non comuni che, assicuriamo, non avevano obblighi, ma si sono fatti carico, ben volentieri, del peso di portare Giada in questo percorso della vita e pensare solo a farla stare bene in tutte le situazioni che si sono presentate nel corso di questi 5 anni. Non è un luogo comune rappresentarle che al termine di questo passaggio ci mancherà qualcosa, ma siamo certi che l’arricchimento di cui ha giovato Giada, e noi con lei, non resterà nel dimenticatoio, certi che la reciprocità dei momenti importanti trascorsi insieme resteranno impressi nella memoria. Ciò che in queste poche righe stiamo cercando di esprimere, le garantiamo con tanta emozione, sono i nostri sentimenti più profondi di ringraziamento per ciò che abbiamo vissuto attraverso l’esperienza positivamente sperimentata all’interno del vostro Istituto. Non conosciamo le formalità burocratiche che regolano la vita scolastica, ma saremmo molto lieti se lei si facesse nostro interprete, nelle sedi opportune, delle grandi capacità che formano una classe, a nostro avviso irripetibile, e che ha saputo integrare, in modo fuori dal comune, una giovane che dalla vita ha avuto poco, ma che ha dispensato sorrisi al piccolo mondo scolastico che le stava intorno, palesando, indubbiamente, la felicità di chi si sente a proprio agio, come se si trovasse in un piccolo paradiso. Ciò per noi è motivo di compiacimento, ma siamo certi che per l’Istituto da lei diretto sia motivo di infinito orgoglio sapere che proprio una classe di questo istituto ha evidenziato, in modo inequivocabile, un bagaglio di valori inestimabili e difficilmente comparabile con altre analoghe esperienze. Certi che si farà partecipe del Nostro pensiero, nel ringraziarla, porgiamo distinti saluti. Maria Carmela Teme e Aurelio Scionti

UNA SCUOLA A MISURA DI PERSONA ella vita di tutti i giorni capita spesso di sentire, vedere, leggere parole come: DIVERSO, DIVERSITÁ, DIFFERENZE e sinonimi, tutti concerN nenti la differenziazione tra persone, cose e situazioni, non sempre pronunciati in senso positivo. Il Premio Nobel per la Pace del 1984, l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, ha detto: “Viviamo in un universo caratterizzato dalla diversità …Non esiste un’unica stella … c’è

un’infinità di specie... Il valore è in noi stessi, non dipende da qualcosa di esterno … Apparteniamo a un mondo la cui la sostanza è la DIVERSITÁ...”, facendo riferimento all’apartheid del Sudafrica. In realtà, l ’abbattimento definitivo di ogni barriera legata a un diverso aspetto o a una diversa cultura è senza dubbio nelle mani dei giovani, degli adolescenti e della scuola, che rappresenta un’occasione unica per mettere insieme a confronto, ma anche in collaborazione tutti i tipi di “diversità”. Gli alunni del nostro Istituto, il Liceo “ Corrado Alvaro” di Palmi, hanno abbattuto ogni barriera affrontando dei percorsi teatrali con i ragazzi diversamente abili del centro Presenza di Palmi, realizzando degli spettacoli che hanno riscontrato l’approvazione di tutti. Il contatto quotidiano, “l’abituarsi” all’altro e il conoscerlo sono mezzi formidabili per scoprire reciprocamente quanto siano più numerose le somiglianze che le diversità e quanto la lingua comune delle emozioni e dei sentimenti consenta ogni tipo di comunicazione. La nostra Scuola si è sempre posta in un’ottica di accoglienza, rispetto, attenzione, partecipazione e collaborazione verso la disabilità attuando progetti di integrazione mirati, equilibrati e soprattutto atti a mettere in sinergia il personale della scuola con la famiglia e gli operatori dell’ASL (psicologi, assistenti sociali,logopedisti,ecc.) e ha sempre offerto un contesto in cui, a partire dalla motivazione individuale (progetto vita), gli alunni possano completare ed arricchire il proprio patrimonio intellettivo (contenuti, linguaggi, processi cognitivi) ed esperienziale. Ciò che conta non è il fatto che una persona in situazione di disagio trovi una collocazione all’interno dell’istituzione scolastica, quanto che le persone che intervengono nella relazione educativa si sforzino di rispondere a quelli che si presume possano essere i bisogni specifici di questo alunno nel contesto in cui si trova. L’integrazione non è un processo che prevede l’adattamento di una parte al tutto, ma in cui ciascuno possa giovarsi del tutto per rispondere ai suoi bisogni, per migliorare il suo livello di relazione con la realtà circostante. E tutti e ciascuno, in prima persona e sempre, dobbiamo andare oltre l’apparente esteriore diversità e cogliere l’ enorme ricchezza che c’è dentro ogni essere umano. Dobbiamo imparare a vivere tutti insieme arricchendoci reciprocamente delle doti altrui. E’ sforzo quotidiano quello di concorrere per ottenere la crescita in autonomia degli alunni, di tutti gli alunni, lo sviluppo della loro personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle abilità fisiche e mentali, sino alle loro massime potenzialità, nell’ottica di un “progetto di vita” che va oltre il periodo scolastico e, se anche con la nostra tenerissima, insostituibile, Giada, abbiamo contribuito a lasciare una piccola traccia, siamo orgogliosi, fieri e riconoscenti per la possibilità che ci ha dato di diventare migliori. La piccola Giada, la nostra stella, per cinque anni ha tirato fuori le sue qualità interiori mostrando la sua eccezionalità e con un suo particolare alfabeto ci ha trasmesso amore per la vita e ci ha insegnato a sorridere. L’integrazione scolastica non è servita solo a Giada, ma è servita a tutti noi, ogni giorno, a sentirci più cittadini di questo mondo, di cui condividiamo il destino comune. Preziosa e indispensabile la collaborazione attiva e propositiva dei genitori durante tutto il processo formativo. Gratificanti per il Dirigente Scolastico e per noi docenti i sentimenti espressi dai genitori di Giada mediante una lettera che in questa sede vogliamo pubblicare e luminosa la testimonianza dei profondi sentimenti espressa dalle straordinarie parole di un’altra “stella” speciale, Chiara, la sorella di Giada. Grazie a tutti, quindi, a Giada, alla sua preziosa famiglia, ai nostri alunni della 5 BS e a tutti coloro che hanno contribuito a rendere migliore il nostro comune percorso.

Prof.ssa Rosa Maria Stillitano Prof.ssa Domenica Rositani


13

LA DISABILITA’ VISTA CON GLI OCCHI DEL CUORE..

Un ringraziamento va a : Al Dirigente Scolastico Prof. Francesco BAGALA’ Ai Professori: Rosamaria STILLITANO, Domenica ROSITANI, Bianca MALVASI, Caterina POSTERINO, Antonino MELISSARI, Domenico POSTERINO, Antonio MAIO, Manuela LENTINI, Letteria ORTUSO, Emanuele MARINO, Gabriella PANUCCI. E soprattutto alla V B/S: Antonella ANILE, Martina DE LEO, Mariaromana FALDUTI,Gabriella FERRARO, Ilenia GALLUCCIO, Francesca GELARDI, Ilaria LANIA, Florenzia LUCA’, Eva MATTIANI, Serena MILETO, Marina MUIA’, Stefania PAGLIA, Chiara PERNA, Samantha RIZZO, Valeria ROMEO, Giusy ROTOLO, Giada SCIONTI ,Andrea SCULLINO, Elena SYDRENKO, Elena SITA’, Sabrina TRIVERI, Michela TRENTINO, Rita VENTRE, Valeria VERSACE. ersino il mare sembra senza limiti, eppure canta solo quando li trova : infrangendosi sulla chiglia diventa schiuma, spezzandosi sugli P scogli diventa vapore, sfinendosi sulla spiaggia, risacca. La vera bellezza nasce dai limiti. Sempre!

La disabilità è un limite … a volte però, questo limite, viene compensato da eventi o persone che si impegnano ogni giorno ad alleviarne i pesi ed i dolori che questa realtà comporta. Ecco che oggi voglio raccontare di Giada, mia sorella … dolce, sorridente, solare … che nasconde dietro ai suoi occhi una forza di amore, di pace e di purezza indescrivibile. Lei è una ragazza disabile. A Giada la vita ha regalato tante cose belle … ma ha anche dato la sofferenza, con la quale combatte ogni giorno ed il suo handicap, che è il suo ostacolo . Ma lei l’ha fatto diventare il suo strumento migliore per avvicinarci ad un mondo dove risiede la bellezza della semplicità. A cadere nella sua “ dolce trappola d’amore”, sono stati 23 ragazzi della V B/S dell’Istituto Magistrale C. Alvaro di Palmi, guidati da un manipolo di insegnanti che, carichi del loro importante bagaglio d’esperienza, hanno saputo dare gli input giusti affinché si realizzasse qualcosa di unico e irripetibile. Questi giovani non hanno saputo resistere al sorriso di Giada, alle sue parole di dolcezza, alla sua persona così indifesa, fragile e nello stesso tempo, coraggiosa. Indifferenti a qualsiasi pregiudizio, l’hanno amata come potevano … con la naturalezza di chi ha solo voluto cogliere qualcosa nei suoi occhi … qualcosa che andava oltre la disabilità. La V B/S ha dato voce al silenzio di Giada integrandola e rendendola partecipe della vita scolastica e sociale; hanno fatto in modo che si sentisse normale nella sua diversità. Insieme, in questi 5 fantastici anni di liceo, sono cresciuti, hanno trascorso giorni sereni, attimi indimenticabili e tante emozioni. Sono tornati bambini, l’hanno coccolata, aiutata e protetta, rispettando le sue esigenze, valutando tutto ciò che era buono per lei, condividendo i suoi pensieri, le sue passioni, le sue aspettative; le hanno dato tanto amore e calore ... Giada tutto questo lo custodirà in un angolo del suo grande cuore. Il beneficio umano è stato reciproco: da una parte, la classe ha giovato della sua presenza, a volte anche “scomoda” perché fatta di tanta sofferenza, ma è stato proprio questo aspetto a fare apprezzare meglio l’importanza dei valori della vita, della salute, dell’altruismo, dei piccoli gesti fatti con affetto … e di questo, ne faranno tesoro per il loro futuro. Dall’altra parte, Giada, si è sentita amata , accettata e si è donata loro così com’è … perché lei va direttamente al cuore … e racconta attraverso i suoi occhi, l’innocenza del suo animo. Adesso questo ciclo scolastico della loro vita si è concluso … Giada non potrà più ritornare insieme ai suoi insostituibili compagni tra i banchi di scuola, dove è stata un’ alunna felice e dove ha amato scrivere ,colorare e “bacchettare”, amorevolmente, i suoi amici. Questa è una parte della vita vissuta da mia sorella, che ho voluto raccontare al fine di mettere in risalto la profonda sensibilità dei giovani e la grande capacità che hanno avuto, nel comprendere , che si può ricevere tanto ed essere anche felici, donando sorrisi e gioia a chi è stato meno fortunato di noi. Certamente per lei si apriranno altre vie da percorrere… perché il viaggio non è ancora finito …. E allora vai, piccola dolce Giada, continua il tuo instancabile cammino … perché STRADA FACENDO tanto, tanto AMORE ancora vedrai!! GRAZIE DI CUORE!

Chiara Scionti


14

GIOVANI E LAVORO

di Carmela Gentile roprio in questi giorni si P stanno svolgendo le ultime fasi degli esami di maturità.

Come ogni anno migliaia di ragazzi affrontano questa tappa cruciale della loro formazione con apprensione, speranze e sogni di realizzazione futura. Anche le famiglie vivono con ansia questa esperienza in cui si cimentano i loro ragazzi che sono già proiettati verso il futuro, perché dopo la maturità il giovane viene improvvisamente investito dalla domanda: “Cosa farò domani?”. Alcuni ragazzi che non si sentono portati verso lo studio decidono di non iscriversi all’Università e si mettono alla ricerca di un lavoro; altri (la maggior parte), si dedicano alla ricerca della Università e della facoltà a loro più consona. Il traguardo degli esami finali delle scuole superiori dunque, viene a ragione, vissuto come una tappa cruciale nella vita personale e nel percorso formativo del giovane. Questo traguardo viene atteso oggi sempre di più con timore a causa della grossa crisi economica che ha colpito il nostro Paese. I giovani infatti sono forse le vittime più numerose della crisi del mondo occidentale che li ha privati di molti sogni. Infatti la nostra economia, dal boom degli anni ’80, è passata ad essere il fanalino di coda dell’Europa. Sicuramente non l’ultimo e in buona compagnia,

ma è indubbio che ‘Italia si trovi ormai in recessione. Questo termine, dall’estate scorsa ad oggi lo abbiamo sentito forse migliaia di volte e per coloro i quali “la finanza” resta ancora un Corpo dello Stato, assume un significato oscuro e minaccioso, a ben ragione, aggiungo! La recessione è semplicemente la regressione della produttività del Paese espressa in PIL (prodotto interno lordo); quando questo indice assume un valore negativo, significa che la produttività diminuisce e quindi si recede. Questi sono i dati ufficiali. Ufficiosamente sappiamo comunque che il nostro Paese possiede ancora delle risorse, grazie al fatto che gli italiani sono delle formiche ed inoltre è indubbio che vi sia tutta un’economia sommersa che non appare nei dati statistici. Ciò premesso, tuttavia, la cosa che preoccupa maggiormente è l’alto tasso di disoccupazione giovanile e questa è la vera emergenza. I nostri giovani oggi pagano il prezzo più alto della crisi economica, tuttavia la colpa non è solo “della crisi”, termine generico dietro cui ci si può facilmente nascondere. La vera responsabilità dei nostri governanti è quella di non aver lavorato per i giovani e di non aver creato prospettive di crescita futura. E’ indubbio che le vecchie professioni stiano cedendo il passo al nuovo, tuttavia l’ottica miope del nostro Paese non è riuscita ad intravvedere i nuovi spiragli e ad investire su di essi. Il risultato è ben

noto: la ricerca è ferma da molti anni, il settore tecnologico – informatico è colonizzato da multinazionali e noi, che siamo patiti della tecnologia, acquistiamo tutti questi prodotti all’estero. In questo panorama desolante è davvero difficile indirizzare appropriatamente i giovani verso i lavori del futuro. Le nostre Università che ancora (per poco) riescono a mantenere un livello di preparazione competitivo in campo scientifico, sfornano continuamente, con gran sacrificio da parte delle famiglie, dei giovani studenti e anche dello stato, ingegneri, chimici, fisici, biologi, laureati in informatica. Tali branche scientifiche non trovano facilmente sbocchi professionali nel nostro Paese o li trovano in maniera ed in settori limitati e poco remunerativi. Il risultato è inevitabilmente, la fuga dei cervelli nei Paesi Europei che sono molto abili ad accaparrarsi i migliori. Questa semplice operazione (cioè quella di offrire lavoro ai laureati) è la più grande furbata, poiché la loro formazione è a costo zero. E’ pur vero che siamo cittadini europei e che bisogna preparare mentalmente i ragazzi ad allargare i loro orizzonti. Tuttavia, se le menti più brillanti vanno via, che futuro avrà un domani il nostro Paese? Un futuro di regresso indubbiamente. Un altro grande problema della formazione universitaria nel nostro Paese è la miriade di facoltà che sono proliferate alcuni anni fa, al solo scopo di consentire la

nascita di ambite cattedre accademiche. Molte di queste facoltà sono un autentico bluff in quanto non offrono alcuno sbocco professionale né nel nostro Paese né all’estero. A questo proposito il ministro Gelmini, almeno intenzionalmente, aveva tentato di mettere ordine a questo bailamme sopprimendo i vari “Scienze delle brioches” senza riuscirci appieno. In conclusione, il cammino dei nostri ragazzi che si apprestano ad uscire dalla Scuola Superiore è disseminato di ostacoli e di trappole. Forse, in quanto madre di tre ragazzi in età post adolescenziale, l’unico consiglio che mi sento di dare è quello che diede Steve Jobs nel famoso discorso tenuto agli studenti dell’Università di Stanford nel 2005: “Il vostro tempo è limitato …. Non buttatelo vivendo la vita di qualcun altro … Abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione … Tutto il resto è secondario”. Questo discorso è un vero è proprio atto di amore verso i giovani ed un inno alla vita in generale. Bisogna seguire le proprie aspirazioni ed i propri sogni anche a costo di rompere tutti i vecchi schemi. E’ questa l’eredità che Jobs ci ha lasciato, ma non solo! Egli, con il suo genio, ha aperto mondi futuri per i giovani e l’umanità, una pista da seguire per ritrovare sé stessi, per realizzare le proprie aspirazioni e per creare nuove prospettive future di lavoro e di vita.


15

Fabio Vincenzi un sogno diventato realtà di Rocco Cadile abio Vincenzi, quarantaquattro anni, palmese DOC, è uno dei tanti raF gazzi affermatisi nel mondo del lavoro che, rappresentano fuori dalla nostra città, l’orgoglio di Palmi. Ha iniziato il suo percorso con la Scuola

di teatro di Palmi, un’Accademia importante che organizzava corsi triennali per attori di prosa, registi e formazione professionale di scenografi, truccatori, fonici, costumisti. Fabio, in quel periodo, quando l’Accademia d’Arte Drammatica era considerata una scuola d’eccellenza, dove vi si sono formati, tra gli allievi, attori come Max Mazzotta, Giuseppe Zeno, Giovanni Muciaccia, Annalisa Insardà e il regista Francesco Saponaro, coordinava l’area didattica, era tutor degli studenti e responsabile dell’organizzazione di tutti gli eventi, lavorando a fianco del Maestro Alvaro Piccardi, uno dei più quotati insegnanti delle Scuole di Teatro Italiane, fondatore della Bottega di Gasman e del laboratorio di Proietti. Fabio che, riconosce in Francesco Zinnato, responsabile dell’Accademia di Palmi, la persona, la guida che gli diede l’opportunità di lavorare in un mondo di cultura e vita, dimostrò sin da subito la sua vivacità e brillantezza mentale, partecipando all’attività “aziendale” con amore e impegno, offrendo continuamente il suo contributo d’idee e soluzioni. Ma per Fabio, sicuro della sua formazione, riuscire a fare carriera e a migliorarsi era la sua aspirazione. Non esitò un attimo, quando si presentò l’occasione di lavorare per il Teatro Stabile di Calabria, chiamato dal Direttore, Geppy Gleijeses, definito dalla critica il migliore attore napoletano della sua generazione e anche erede di Edoardo De Filippo. Gleijeses, lo conosceva bene, sapeva di poter contare e investire su una persona capace e affidabile che non si tira mai indietro e che, quando c’è da “sferzare un colpo” non ha la mano tremante, eseguendo e guardando oltre i suoi compiti sempre con grande riuscita. E’ apprezzato per i suoi modi garbati e la cordialità, dai più grandi registi e attori, con i quali si trova spesso a contatto da quando ha assunto il prestigioso incarico di fare parte della direzione dello storico “Teatro Quirino-Gasman”, gestito da Geppy Gleijeses, che fu “casa” di Eduardo De Filippo, Carlo Giuffè, Carmelo Bene, Vittorio Gasman, Ettore Petrolini, Giorgio Strehler, Luca Ronconi e tanti altri, con la funzione di “Responsabile progetti e Coordinatore Didattico e ospitalità”. E’ proprio Fabio che nelle conferenze stampa, presenta gli eventi. Insegna anche presso l’UNICAL (Università della Calabria), delegato del Rettore per le attività teatrali. Ambizione, grinta, determinazione e soprattutto l’umiltà, sono gli ingredienti dell’uomo Fabio Vincenzi. Le sfide e i cambiamenti, sono gli stimoli che hanno da sempre caratterizzato la sua vita. E’ un’instancabile e scrupoloso lavoratore che non conosce orari. Chi gli sta vicino lo percepisce. Lui sa che il successo nel lavoro non arriva mai per caso e che ogni traguardo ha alle spalle anni d’impegno e sacrifici, facendo i conti con i momenti difficili accettando a volte anche le umiliazioni. Fabio è arrivato per la sua caparbietà, ma anche perché ha avuto alle spalle dei genitori, mamma Cettina e papà Gino che, gli hanno trasmesso sani principi, quelli che gli sono serviti a superare le difficoltà della vita e ad allontanare quella brutta bestia dell’ozio che spesso s’impossessa dei giovani e li rende inutili. Il suo è un lavoro che gli dà tanto, ma gli toglie anche qualcosa perché spesso lo porta a stare lontano dalla sua famiglia. Grazie anche alla moglie Lucia, conosciuta a Palmi quando frequentava l’accademia e che gli ha “regalato” due straordinari figli, Ludovica e Angelo, riescono a portare avanti i progetti condivisi insieme. La sorella Elena, con la quale aveva un legame speciale, anche lei giovane intraprendente e molto conosciuta a Palmi, (si era laureata con il massimo dei voti in odontoiatria) da lassù gioisce per la carriera del fratellone che incoraggiava sempre e lo incitava a non mollare mai. L’esempio di Fabio dovrebbe essere da monito per quei giovani demotivati che, spesso si sentono in balia della quotidianità, e smarriscono la speranza di un futuro migliore. “La storia di un sogno non conosce ostacoli e la storia di un successo è il risultato di una determinazione e una profonda convinzione”. Quel sogno che Fabio ha trasformato in realtà.


16

LA RAGNATELA MONDIALE DEL SISTEMA ECONOMICOFINANZIARIO

Schiavi della modernità. di Chiara Ortuso

“L

’uomo contemporaneo è schiavo della modernità: non vi è alcun progresso che non volga alla sua più completa schiavitù. L’agio ci incatena. La pubblicità, uno dei mali più grandi del nostro tempo, ferisce i nostri sguardi, falsifica gli aggettivi, rovina i paesaggi, corrompe ogni qualità e ogni critica, sfrutta l’albero, la roccia, il monumento e sulle pagine vomitate dai macchinari confonde l’assassino, la vittima, l’eroe, il centenario del giorno e il bambino martire”. Crediamo di essere liberi in un mondo che non lo consente più. Questo il senso del terribile quanto profetico passo di P. Valery, controverso e magnifico scrittore francese di inizio 900’, denunciatore delle aberrazioni moderne. Quando la libertà è stata da noi finalmente conquistata, con l’altissimo prezzo di spade e sangue, si è prodotta l’abitudine ad essere liberi’. In tal modo la libertà stessa ha perduto il suo valore e può capitare oggi che lo si tenga in poco conto. Lo stesso termine pare essere una di quelle parole che hanno più valore che significato, che, come sostiene Valery, “ invece di parlare canta, invece di rispondere domanda.” Ma cosa domanda la libertà? Forse essa chiede una riscoperta di se stessa, principio universale ormai svuotato da un senso che giustifichi la sua dilagante pervasività. Sembrerà dunque paradossale il dovere di denunciare una modernità che lottando per la conquista della stessa libertà ha finito per sacrificarla, per ridurla ad un grido senza eco, ad un’anima vuota mascherata da nobile ideale. Nell’antica Roma gli uomini liberi se nati da genitori altrettanto liberi venivano chiamati “ingenui”, se erano stati liberati li si diceva invece “libertini”: coloro che si sosteneva avessero liberato i loro pensieri; ben presto questo bel titolo fu riservato a quelli che non conoscevano freni nell’ordine dei costumi. Ecco cosa siamo diventati: libertini convinti di aver rivoluzionato le proprie idee, ma ignari di essere schiavi di noi stessi, incatenati sempre più ad un mondo che ci svuota, ci confonde, ci erge a padroni di ogni cosa fuorchè dell’ io. Siamo incapaci di riflettere, di controllare i nostri pensieri, manipolati dai vecchi e nuovi mezzi di comunicazione di massa. Siamo condotti verso strade impervie che terminano spesso in vicoli ciechi. Siamo abbandonati a noi stessi, soli e perennemente in cerca di “altro”, di qualcosa che neanche noi riusciamo a definire, ma che ci costringe ad esperienze alienanti che si concludono con l’ennesima delusione e insoddisfazione. La verità è che siamo frustrati, anche se non lo ammetteremmo mai, siamo diventati “poveri di idee”. “Chi pensa è immortale, chi non pensa muore” sosteneva Averroè e certamente dovremmo usare questa massima come punto di partenza per le nostre condotte quotidiane di vita. La nostra preoccupazione maggiore, infatti, è solo quella di ostentare un benessere costruito per ingannare gli altri e noi stessi. In questo indifferenza imperante, è fondamentale ridare un senso a quei valori universali che potrebbero aiutarci a rialzare il capo, a risvegliare le coscienze, a ricordare di essere dotati di una ragione che ci distingue da tutte le altre specie viventi. La libertà dovrebbe forse, per recuperare il suo senso più profondo, essere ricondotta ad un soffio che da’ respiro, un nutrimento che delizia, una forza che possiede, una voce che parla, uno sguardo che sorride a bambini che si rincorrono in un parco, a padri e madri che affrontano la loro battaglia quotidiana sui posti di lavoro. È solo in questi luoghi, oserei dire in questi ‘non luoghi’ del genere umano, rubando l’espressione al filosofo contemporaneo Marc Augè, che forse potremmo incontrare, oggi come ieri, gli ultimi esemplari di uomini liberi, coloro che non si lasciano schiacciare dal vortice della modernità, ma che si sforzano di alimentare un’umanità che trasuda libertà, quella vera.

di Graecanicus n avvenimento silenzioso, U quasi invisibile e foriero di esiti devastanti, cresce e si svi-

luppa davanti ai nostri occhi: le culture, le civiltà, le nazioni vengono progressivamente inglobate in una struttura amorfa che trascende le divisioni destrasinistra, est-ovest, nord-sud. Bisogna prendere amaramente atto che sul destino dell’umanità grava come un incubo un fenomeno terrificante - dilatatosi a tal punto come una gigantesca piovra - che viene correntemente definita globalizzazione. Questa struttura è il Sistema planetario che assorbe le distinzioni ideologiche e politiche, che appiattisce le geografie e pietrifica la storia dei popoli. Esso appare come la metamorfosi mostruosa della civilizzazione occidentale in un gigantesco meccanismo tecnoeconomico. Non ha nulla di un impero mondiale, perché non proviene da una potenza politica, ma dal cancro della società dei consumi che si espande ovunque. Non ha altro sovrano che un individuo astratto, l’homo universalis nato dall’incontro dell’ideologia del diritto naturale e dell’Illuminismo. Non ha altro governo che una convergenza di reti economiche e burocratiche transnazionali, che relegano le sovranità politiche e le volontà dei popoli nel magazzino delle cose inutili. La crescita del Sistema è tanto più temibile, in quanto l’alchimia del suo sviluppo tentacolare si compone sempre degli stessi ingredienti: l’impero delle multinazionali, l’ideologia universalista ed egualitaria, la sottocultura mondiale di massa veicolata dalla ragnatela delle reti televisive e da quel sottoprodotto dei mass-media che si è soliti chiamare “opinione pubblica”. In questo universo mentale unico, la Terra si è così trasformata in un deserto di cavallette impazzite. Senza la padronanza del proprio spazio, i popoli non controllano più la loro geopolitica, che resta cancellata nei fatti di fronte alla divisione in zone commerciali e amministrative del Sistema. Non siamo più abitanti dei nostri luoghi, ma semplici residenti. Il Sistema, formalmente, non ha distrutto le patrie: si è limitato a fossilizzarle sovrapponendosi. Esso non vive,

ma funziona, sottraendo ai popoli il loro tempo storico. Fondato sul consumismo, su mode estemporanee e su flussi economici, si iscrive puramente nella cronaca. Un popolo, viceversa, viene da qualche parte e va da qualche parte. Per il Sistema la coscienza storica è sovversiva perché essa non forma buoni clienti, né buoni telespettatori. Se la caratteristica propria alla Storia è quella di modificare il senso delle cose, il Sistema non ha che un solo progetto: quello di mantenere ad aeternum lo status quo. Messo da parte il mondo dei popoli - quello dei grandi disegni politici e delle strategie continentali - lascia il posto ai piccoli programmi di vita individuale. In queste condizioni, essendo senza memoria, il Sistema non lascerà tracce di civiltà. Le stesse tradizioni dei popoli sono sempre più incorporate e asservite al sistema economico. Nei musei celebriamo il nostro passato senza viverlo. Un vero popolo interiorizza il suo passato e lo trasforma in modernità, mentre il Sistema lo ha degradato ad un vuoto ornamento nel vortice del turismo di massa. Il suo progresso non è che la continuazione e il perfezionamento della sua espansione. In questo desolante paesaggio umano le opinioni si spoliticizzano e le ideologie politiche diventano ornamentali. Il Sistema non ha più bisogno di una legittimazione politica: le multinazionali americane, le banche inglesi, le burocrazie francesi e germaniche, i politicanti italiani vedono le loro strategie convergere spontaneamente grazie al cemento dello stesso programma che le accomuna tutte: consolidare la società mercantilistica mondiale, inglobando progressivamente in questo insano progetto i popoli più accondiscendenti del Terzo Mondo. Attenzione, però: la schizofrenia di questo mostruoso disegno ha un che di luciferino che condurrà i popoli, schiavizzati dal Sistema, presto o tardi a ribellarsi. Destino di un popolo è, infatti, quello di lasciare la sua impronta nella storia, nello spazio e nel tempo, che è anche quello dello spirito. In conclusione, l’Uomo non può più continuare a vivere come una macchina impazzita, lanciata nel vuoto di una cosmopoli senza gioia e senza futuro.


17


18

RUMORI D’ESTATE

di Daniele Gagliardo a luce del sole mi spia dalle L fessure dell’avvolgibile, cercando in tutti i modi di destarmi

dal mio dormiveglia. L’odore di ragù è giunto fino alla mia stanza da letto, assieme all’assordante rumore proveniente dalla strada adiacente casa mia. I passi inconfondibili di mamma, raggiante nei suoi anni giovanili, mi fanno presagire quello che non vorrei si verificasse. Lei indossa la sua lunga veste a fiori senza maniche e, spalancando prepotentemente la porta della mia stanza da letto, pronuncia la stessa frase di sempre: “Alzati, che è tardi!!”. Tardi? Ma come,mi chiedo, se sono in vacanza dopo una meritatissima promozione e la scuola è finita da un pezzo! Devo abbandonare a malincuore il mio soffice nascondiglio. Nessuna scusante, nessuna giustificazione: gli ordini sono ordini e vanno eseguiti sen-

za fiatare. Mi alzo ancora intontito e raggiungo per principio di inerzia la cucina, quasi confuso dagli intensi odori che evaporano dalle pentole poste sui fornelli. Vestendomi in tutta fretta e addentando una brioche al volo, mi sporgo dall’uscio di casa. Uno stuolo di bambini festanti, come fossero impazziti, seguono in file disordinate i multietnici Mata e Grifone, giganti di cartapesta dall’enorme capo e dai vestiti signorili che danzando si sfiorano, si urtano, si scontrano in un frenetico ballo di corteggiamento. Ad accompagnare le lusinghe di questi due titani una banda di percussionisti vestiti interamente di bianco, grondanti di sudore da ogni poro della loro abbronzantissima epidermide. Sono bambini invecchiati precocemente ed energumeni dalle braccia muscolose e dai folti baffi, senza un’età ben definita, che sembrino voler prolungare la loro fanciullezza ormai trascorsa da tanto tempo.

La pelle stirata dei loro tamburi, di tutte le forme e grandezze, viene percossa violentemente da bacchette di ogni forma e grandezza. Producono un ritmo incalzante che aumenta progressivamente, tanto da stordire la foltissima schiera degli ascoltatori. I più piccoli, al seguito di questi novelli Pifferai di Hamelin, si tappano le orecchie con il palmo delle mani e, tra mille smorfie, incrociano lesti i loro sguardi compiacenti. Sembra di essere presenti a quelle danze tribali mandati in onda in tivù, nei documentari intitolati Avventura con la sigla iniziale She came in through the bathroom window cantata da Joe Cocker, rigorosamente in bianco e nero e registrati nei villaggi più disparati del continente africano. Trasmessi dalla monopolizzante RAI e condotti da un giovanissimo Bruno Modugno, stregoni rapiti da chissà quali spiriti, danzano come dei forsennati al ritmo di tamtam im-

pazziti. Anch’io quasi posseduto da qualche essere soprannaturale sono attratto, inevitabilmente, da questa scena; batto con il piede seguendo il ritmo fino ad andare fuori sincronia. I giganti sono a brevissima distanza da me e quasi sfioro le loro vesti suntuose che si alzano al vento mentre continuano a girare su loro stessi in interminabili piroette. Tra di loro un cavalluccio, anch’esso di cartapesta e dalla folta criniera ricavata dalla parrucca di qualche vecchia signora, si interseca tra i due quasi a dividerli, quasi ad unirli, suggellando una cornice di grande festa. Un uomo dal passo claudicante lo cavalca con destrezza, mascherando le proprie gambe da un lungo panno di raso ed ingannando i più piccini che lo ammirano esterrefatti. C’è, tra di loro, chi ha ricevuto in dono un tamburo di plastica, acquistato in una delle tante bancarelle presenti in città; chi, invece, orgogliosissimo, mostra con fierezza un palloncino, dalla forma stravagante, sospeso in aria e legato ad un filo tenuto stretto tra le dita, tanto da farle diventare cianotiche. Guardo il cielo e faccio una considerazione: il sole caldo dell’estate, senza chiedere nulla in cambio, rende tutti uguali e liberi, brillando allo stesso modo sul giovane e sull’anziano, sul povero e sul ricco. Amo l’estate per i suoi colori così accesi e brillanti, per gli odori tipici della festa cittadina e per i suoni delle voci degli ambulanti che ti invogliano ad acquistare le loro prelibatezze. Dopo una breve sosta i giganti, con al seguito l’inseparabile destriero, si allontanano a vista d’occhio proseguendo il loro cammino per le vie della città, seguiti da grandi e piccini che sulle spalle dei loro genitori, sentendosi anch’essi degli invincibili titani, imitano nelle movenze i due amanti al ritmo dei tamburi. La voce di mamma distoglie la mia riflessione e mi invita ad entrare in casa per il pranzo. Tutto adesso tace. Il caos è improvvisamente scomparso. I raggi del sole brillano oggi sempre allo stesso modo. Li intravedo a malapena ed il mio ultimo pensiero è quello di alzarmi dal letto. La radiosveglia è attiva da chissà quale ora. E’ in onda, da una radio locale, un vecchio brano malinconico degli anni ’60 di Bruno Martino, dal titolo Odio l’estate. E’ uno di quei brani che mi fa venire il nodo in gola e per questo lo odio. Avverto un rumore assordante e mi affaccio dal balcone di casa. I giganti, fieri e vanitosi come pavoni, danno sfoggio del loro splendore assieme al fido cavallo. Girano su loro stessi come darvisci turchi, in un ballo frenetico e trascinante, seguendo il ritmo di una banda di percussionisti vestita interamente di bianco. Le mie figlie mi raggiungono immediatamente, richiamate dal forte suono e sporgendosi restano affascinate dallo spettacolo visto dall’alto. Le guardo e, colto da un improvviso déjà vu, sorrido mentre la voce della loro mamma le invita ad entrare in cucina: il pranzo è pronto!


19

NON TROVO LE PAROLE

on trovo le parole … per esprimere profonda gratitudine verso questi lavoratori meravigliosi che, in un momento di crisi economica senza N precedenti, lavorano senza sosta per dare un proprio contributo ad una nobile causa; Non trovo le parole … per manifestare il mio sentimento di ammirazione verso questi splendidi operai che, sotto il sole rovente di questi

giorni, non hanno pausa continuando a dare il massimo in termini di fatica e sudore per rispettare i tempi di consegna dei lavori; Non trovo le parole … di fronte a questa vera e propria gara di solidarietà scatenatasi tra le imprese artigiane e commerciali che forniscono o prestano la loro opera senza ricevere in cambio alcun compenso; Non trovo le parole … nei confronti di Giuseppe, Pasquale, Francesco, Vincenzo, Paolo e Nino, volontari per caso e divenuti indispensabili e fedeli collaboratori; Non trovo le parole…per il gesto di generosità del Circolo tennis palmi, attualmente inattivo per cause di forza maggiore- mancanza di strutture-, che ha voluto donare una cospicua somma esistente nelle proprie casse sociali; Non trovo le parole … per ringraziare le oltre 1200 persone che hanno donato una somma, piccola o grande che sia, con il 5 x1000 o con le sottoscrizioni volontarie all’associazione; Non trovo le parole … riguardo i tanti bambini che hanno aperto i propri salvadanai donando i loro piccoli risparmi in cambio di uno spazio di giochi tutto per loro (che poi sarebbe un loro diritto); Non trovo le parole … e rimango attonito quando ogni mese, alcuni pensionati mi affidano un rateo della propria già modesta pensione onde contribuire alla costruzione del parco giochi che potrebbe far felice i loro nipotini; Non trovo le parole … per tutte le persone (TANTISSIME) che ci vogliono bene e che ci hanno sempre fatto sentire il loro appoggio morale soprattutto nei momenti difficili; Non trovo le parole … per esprimere sincera gratitudine per i “ miei amici dell’associazione”, che con la loro presenza, competente, puntuale ed appassionata mi danno la carica giusta per andare avanti verso sempre nuovi e nobili obiettivi; Non trovo le parole … per “i nuovi arrivati” che si sono avvicinati alla nostra organizzazione e che già parlano - con lo spirito da “PROMETEUS”- di obiettivi nuovi, di opere da fare, con un entusiasmo senza pari; Non trovo le parole … per lo spirito di appartenenza al proprio paese e la comune determinazione, che PROMETEUS è riuscita a trasmettere a tutti coloro che sudano, lottano, faticano, prestando la loro opera ogni giorno, per un comune obiettivo, con l’ orgoglio di essere PALMESI ; Infine, non trovo le parole … per tutti coloro i quali avrebbero la possibilità, per il ruolo che svolgono e i mezzi di cui dispongono, di promuovere, incentivare, sostenere con entusiasmo e partecipazione questa splendida gente di Palmi, quest’altra faccia positiva del nostro paese, ma non lo fanno …! Non trovando le parole giuste, quindi, mi affido ai numeri, che forse esprimono meglio di qualsiasi altra parola, questa bellissima ed ennesima iniziativa: -1200 sottoscrittori e donatori; -38 imprese impegnate nella realizzazione del parco; -60 volontari che prestano la loro opera; -oltre 80.000,00 euro tra prestazioni e forniture offerti gratuitamente. Onorato di conoscervi e di esservi accanto in questa magnifica avventura,

GRAZIE! Saverio Petitto

Presidente associazione di volontariato “PROMETEUS”

COME AIUTARCI C/C N. 000094156981 INTESTATO AD ASSOCIAZIONE CULTURALE PROMETEUS CON CAUSALE: ”PARCO GIOCHI”; BONIFICO CODICE IBAN:

IT39P0760116300000094156981

-­ POSTE ITALIANE PALMI CENTRO -­ ASSOCIAZIONE CULTURALE PROMETEUS. OPPURE RITIRA L’ATTESTATO DI PARTECIPAZIONE, DIRETTAMENTE DAI VOLONTARI DELLE ASSOCIAZIONI COINVOLTE E NEI CENTRI AUTORIZZATI.

LA DONAZIONE E’ DETRAIBILE DALLE TASSE CONSERVANDO LA COPIA DEL BONIFICO o dell’assegno.


20


21


22

Ecco chi ha donato… BELLOMO ANTONIA ABRAMO TERESA AGENZIA VIAGGI “VUELTA VACANZE” ALAMPI PAOLO ALIBERTI GIUSEPPE ALIMENTARI TEDESCO ALONGI FAUSTO ALONGI GIORGIA AMBESI CELESTINO AMBROGIO CATERINA AMEDEO SANTINA AMMENDOLEA FRANCESCO AMOROSO DANILO ANANIA ANTONELLA ANDIDERO GIUSEPPE ANEDDA ANNUNZIATA ANEDDA ANTONELLA ANGALO’ ROBERTO ANGEMI ELENA ANGI’ CARMELA ANGI’ CETTINA ARCURI ANTONELLO ARCURI ANTONIO ARCURI SANTO ARENA CARMELO ARENA FRANCESCA ARREDAMENTI SERR. ARCURI ASS.SPORTIVA KOLBE AUDDINO VINCENZO BAGALA’ PIETRO BAGALA’ ANTONIETTA BAGALA’ FRANCESCA BAGALA’ PIETRO BARBARO GIUSEPPE BARBARO IMMOBILIARE BARBARO SALVATORE BARBERA GIUSEPPE BARBERA MARCO BARBERA NINO BARBERA SARA BARBERA VINCENZA BARBIERI GROUP (Altomonte) BARONE ANDREA BARONE ANTONIO BARONE CONCETTA BARONE GIOVANNI BARONE GIUSEPPE BARONE MARIA BELLAFIORE PAOLA MARIA BENDINI ROBERTO BENFATTO ANNA MARIA BERNARDINI MARIA LUISA BONACCORSO ANTONIO BONACCORSO GABRIELE BONACCORSO GIAMPIERO BONACCORSO GIOVANNI BONACCORSO LIBERTO BONASERA ANTONIO BONGIOVANNI LUCA BORRELLO ANGELA BOVA ALESSANDRO BOVI CRISTOFORO MARIA BRACCO GIUSEPPE BRANDO GIUSEPPE BRANDO GIUSEPPE BRANDO ROBERTO BRIZZI MARILENA BRUZZESE MATTIA CAIA CARMELA CALABRIA GIOVANNI

CALABRO’ DANIELA CALI’ MARIO CALI’ MASSIMO CALOGERO DANIELA CALOGERO SALVATORE CALOGERO SALVATORE CAMBARERI PINO CAMERA ANTONIO CAMERA FRANCESCO CAMMARERI MARIA TERESA CANNISTRA’ SAVERIO CANTINE ZAGARI CARATOZZOLO FRANCESCO R. CARBONE RAFFAELANGELO (DELIANUOVA) CARDONE VERA CARIDDI PINA CARMELITANO MATTEO CARNEVALE RODOLFO CARONE DOMENICO CARONE TINA CARPANO SALVATORE CASADONTE SERGIO CASEIFICIO “IL GRANATORE” CATALANO MARIA ROSARIA CAVALLO IVAN CELI ALESSANDRO CELI ANNA CELI ERIKA CHINE.TER. CHOTEAU PASCALE CICCONE CARMELO CILONA GIUSEPPE CIPRI FRANCA CIPRI FRANCESCO COFANO ACHILLE COGLIANDRO CARMINE COLLURA ELENA COLLURA LUCIA COLLURA SABRINA COLOSI CARMELO COLOSI FRANCESCO COMMISSO ELVIRA COSENZA FRANCESCO COSTA MARIA CONCETTA COSTANTINO DARIO COSTANTINO SALVATORE COVELLO CARLO PIO COVELLO FRANCESCO PIO COVELLO MATTEO CREA CARMELA CREA EUGENIO CRICRI’ ALBERTO CRICRI’ AURORA CRICRI’ CLAUDIO CRICRI’ FILIBERTO CRICRI’ FILIBERTO junior CRICRI’ GIUSEPPE CRICRI’ GIUSEPPE junior CRICRI’ WALTER CROCITTA MAURIZIO CRUCITTI JULIA CRUCITTI PAOLO D’AGOSTINO A. CONCETTA D’AGOSTINO DOMENICO D’AGOSTINO FRANCESCO D’ELIA TERESA DAVI’ GIUSEPPE DE FRANCIA SALVATORE DE FRANCIA VINCENZO DE GIORGIO TIZIANA

...per una città da amare DE LEONARDIS MARIA ROSA DE LUCA SALVATORE DE MARCO ROCCO DE MARIA ELISABETTA DE NICOLA Agenzia Viaggi DE SALVO PAOLA DE SANTIS MARTA DE SANTIS MATTEO DE SANTIS NOEMI DE VINCENZO MAURIZIO DE VIVO BIAGIO DELLA SPINA LOREDANA DELLO IACOVO CAMILLO DI LORENZO GIOVANNI DOMINICI CARMELA DONATO GIUSEPPE DONATO GIUSEPPE DORIA GIUSEPPE EPIFANIO FRANCESCO ESPOSITO MARCO ESPOSITO NATALE ESPOSITO PIERO FARMACIA SAFFIOTI FAVAZZO CARLO FEBBO GIUSEPPE FERRARO ANTONIO FERRARO CARMINE FERRARO DOMENICO FERRARO MARGHERITA FILIPPONE ANGELA FILIPPONE CARMELA FILIPPONE CARMELO FILIPPONE DANIELA FILIPPONE GIUSEPPE FILIPPONE ROBERTO FIORAMONTE CINZIA FIORILLO MARINA FIORILLO MONICA FIORINO ANGELA FIORINO ANTONINO FIORINO CARMELA FIORINO GRAZIELLA FISIOFIT FIUMARA SAVERIO FORTUGNO CARLA FORTUGNO GAETANO FORTUGNO GIUSEPPE FORTUGNO SAMUELE FORTUGNO SANTO FOTIA ANTONELLO FOTIA CARMELO FRANCONIERI PASQUALE FRANCONIERI PASQUALE FRISINA ANTONIA FRISINA MARIA FRISINA MATTIA FRISINA PASQUALE FURFARO FAUSTO FURFARO GABRIELLA FUSARO FRANCESCO FUSARO NICLA GAGLIARDO ALICE GAGLIARDO GIORGIA GAGLIARDO ILARIA GAGLIOSTRO ANTONINO GAGLIOSTRO CONCETTA GAGLIOTI FRANCO GALLETTA ENZO GALLETTA GUIDO GALLETTA GUIDO GALLETTA VINCENZO GALLICO CATERINA GALLO GIORGIA

GANGEMI PINO GARGANO ERNESTO GAUDIOSO ROCCO GENTILE GIUSEPPE GENTILE ROSARIO GENUA NICO GEROCARNI ROSA GIOE’ FILIPPO GIORDANO NICOLA GRASSO DAVIDE GRASSO EMANUELA GRASSO LINA GRASSO LUIGIA GRASSO MARIA TERESA GRILLEA GIOVANNI GRILLO PATRIZIA GRUPPO ZULULANDIA GUARNACCIA ANTONIO PIO GUARNACCIA CATERINA GUERRERA CRISTIAN GUERRERA GIUSEPPE GUERRERA MANUELA GUGLIELMO FABIANA GULLO ANTONELLA GULLO DOMENICO ANTONIO IANNELLI ERIKA IANNELLI FRANCESCO IANNELLI GIUSEPPE IANNELLI LILLO IANNELLI VINCENZO IANNELLO MICHELE IANNINO DARIO IANNINO FRANCESCO IMPIOMBATO MANUELA INFANTINO VINCENZO IR IMPIANTI ELETTRICI DI IANNELLI R. ISOLA BERNADETTE CARLA ISOLA PEPPINO ISOLA ROCCO ISOLA VINCENZO LA FACE DOMENICO LAGANA’ LUCIANA LAGANA’ MARIA LAGANA’ CONSUELO LAGANA’ STEFANO LAMBERTI GIUSEPPE LAMBERTI PIETRO LANDOLFO CARMINE LANGONE MICHELE LANZA GIULIA LENTINO MICHELE V. LENTINO ROSA LEONARDIS ANNA M. LEONARDIS FRANCESCO LEONARDIS GIULIA LEONARDIS SANTINA LEONARDIS VINCENZO LEONELLO ANGELA LO BARTOLO GIUSEPPE LO PREVITE STEFANO LUPPINO DOMENICO LUPPINO ROCCO LUPPINO SIMONE LUVERO CESARE MACE CETTA MACE GIUSEPPE MACE PASQUALE MAGAZZU’ ANTONINO MAGAZZU’ ANTONIO MAGAZZU’ GIUSEPPE MAGAZZU’ MARCO MAGAZZU’ MICHELANGELO

MAGLIANO RENATO MAISANO GIORGIA MALGERI ANTONIO MAMBRINO VINCENZO MAMMOLITI DOMENICO MANAGO’ BIANCA MANAGO’ FRANCESCO MANAGO’ VINCENZO MANUCRA FRANCESCO MANUCRA SINA MARIANO CAMELA MATARESE GIOVANNI MATINA FRANCO MAURO SILVANA MAZZA ANTONIETTA MAZZAFERRO SANTINA MELISSARI LORENZO MELISSARI MINO MELISSARI SERENA MICARI ROCCO ANTONIO MILIDONO CONCETTA MILITANO ANNA MILITANO CONCETTA MILITANO GIUSEPPE MISALE CHIARA MISALE SALVATORE MONTEBIANCO LILIANA MONTELEONE SILVANA MONTEROSSO ANTONIO MORGANTE ANTONIO MURATORE LUIGI MURATORE NUCCIO MURATORE PIERLUIGI MUSICO’ ANTONINO NASTRI CARMINE NIZZARI MICHELA NOTO VINCENZO OLIVA CARLO OLIVERI DOMENICO OLIVERIO FRANCESCO OLIVERIO ROBERTO ORLANDO DOMENICO ORLANDO MARIA ORLANDO TONINO OTTOBRE ANTONINO PACILE VINCENZO PALERMO PIETRO PAPALIA MARCELLO PARDEO FRANCESCO PARDEO GAETANO PARDEO ROCCO PARISI NINO PARISI VINCENZO PARRELLO ANNUNZIATO PARRELLO AURELIO PARRELLO CARMELA PARRELLO LUCIANO PARRELLO NICOLA E IDA PARRELLO NUNZIATINA PASSALACQUA TERESA PASSARELLI MAURO PATAMIA CARLOTTA PATAMIA LORENZO PATTI ANTONELLA PEDULLA’ LUCIA PELLEGRINO EMILIO PELLEGRINO PASQUALE(VARAPODIO) PERNA ENZO (Tessano) PERNA IGNAZIO PETITTO ANTONIO PETITTO ROSA PETITTO SAVERIO

PICCOLO GIOVANNI PICCOLO GIOVANNI PICCOLO MARIA PIPINO GIUSEPPE PIPINO ROBERTO PIRROTTINA ANTONIO PISANO ROBERTO PITERA’ GRETA PITITTO LUIGI PITTI PIETRO PIZZUTO SABINA(TAURIANOVA) POLIMENI GIULIA POZZOLINI WALTER PRINCI ROCCO PUCCI FRANCO PUGLIESE AURELIO PUGLIESE CARMELINA PUGLIESE GIORGIA PUGLIESE MARTA PUNTO VERDE PUTRINO GIANCARLO PUTRINO GIULIANA RAMONDINO ENZO RANDAZZO ALDO Pres. CT RANDAZZO ANTONIO RANIERI ENZA REPACI ADOLFO RESIDENCE “LA MARINELLA” RICCIARDI MARCO RIGITANO PALMERINO EUGENIO RIOLO GERARDINA RIOTTO ROBERTO RIOTTO ROCCO RISO ANDREA RIZZITANO ALESSANDRO RIZZITANO FILIPPO ROMANO DOMENICO ROMANO’ CATERINA PAOLA ROMEO ANASTASIA ROMEO ANNUNZIATA ROMEO FRANCO ROMEO MEME’ ROMEO ROBERTO(MAROPATI) ROMEO TINA ROMEO VINCENZO ROMOLA GIOVANNI RONDANINI ENZO ROSACE GIUSEPPE ROSITANI DOMENICA ROTOLO ANTONELLA RUOPPOLO ANTONIO RUSSO GIUSEPPE S.S.P.A. “G.SERGI” SACCA’ NATALE SACCA’ NATALE SAFFIOTI ANTONINO SAFFIOTI AURORA SAFFIOTI ETTORE SAFFIOTI GIUSEPPE SAFFIOTI ING.GIUSEPPE SAFFIOTI MARIA SAFFIOTI ROBERTO SALERNO ANTONIO SALERNO CARMELO SALVO FRANCESCO SALVO MARIA SALVO ROSA SANTORO ANNUNZIATO SANTORO GIUSEPPE SANTORO MARIA TERESA SANTORO SERGIO SCAGLIOLA ANTONELLA SCARCELLA ALICE E NICOLA SCARCELLA MIRELLA

SCARCELLA TIZIANA SCARFONE DAVIDE SCHIPILLITI ANTONINO SCHIPILLITI CARMELO SCHIPILLITI NINI’ SCIGLIATNO GIANLUCA SCOPELLITI ANTONELLA SCOPELLITI CARLA SCOPELLITI LAURA SEMINARA DOMENICO SEMINARA EUGENIO SEMINARA GIANNI E LILLA SEMINARA GIOVANNI SEMINARA GIROLAMO SIRIGATTI SILVANO SIRIO MARIA TERESA SOBRIO DESIREE (S.Eufemia) SOLANO FRANCESCO SOLANO ROSA SOLLEVANTE SNC SPERANZA NATALINA SPRIZZI DINA SPRIZZI FRANCESCA SPRIZZI MARIO SURACE DEMETRIO SURACE GIORGIA SURACE MARTINA SURACE RENATO SURACE ROCCO SURACE VITTORIA SURACI ENZO SURIANO ANNA TABACCHERIA RIC.EDIC. TEDESCO TEDESCO ALESSANDRO TEDESCO ANDREA TEDESCO CHRISTIAN TEDESCO FRANCESCANTONIO TEDESCO GIOVANNA TEDESCO ROSARIO TEDESCO SARINO TEDESCO VINCENZO TEGANO FLAVIO TEGANO GIANLUCA TILOTTA GIOVANNI TOPOLINIA TORCHIA FRANCESCO TRENTINELLA MARTINA TRIPODI ANTONINO TRIPODI COSIMO TRIPODI GABRIELE TRIPODI GIUSEPPE TRIPODINA CLAUDIA UNIVERSITA’ TEL. CALABR. VENTRICE ALBERTO VENTRICE LOREDANA VENTRICE MANUEL VENTRICE PAOLO VERSI’ VINCENZO VILLIVA’ ANTONINO VIOLA NUCCIO ZACCURI STEFANIA ZAGARI VINCENZO ZAPPATORE NICOLA ZAPPONE ANTONIO ZAPPONE VINCENZO ZAPPONE VINCENZO ZAVAGLIA DOMENICO ZIMBELLO ANNA ZIRINO PASQUALE ZOCCALI ANTONIO ZOCCALI CARMELO ZOCCALI DOMENICO ZOCCALI MELISSA

-HOME DESIGNER DI Giuseppe Magazzù, progetto e direzione; -GAETANO FORTUGNO, agronomo, allestimento del verde; -BO.GE.CO SRL, apporto tecnico e movimento terra; - FRANCESCO FICARRA, Autodemolizioni; -CRUCITTI GROUP SRL-PADRE & FIGLI , fornitura cemento, e apporto tecnico sulla sistemazione dei singoli giochi; -GAGLIOTI ,CERAMICHE ED ARREDI di BARRITTERI, fornitura gratuita materiale per i bagni e spogliatoi; - L’ARTE DEL FALEGNAME SRL, di Massimiliano Arcuri e Oreste Pace ,fornitura gratuita della zona sosta in legno lamellare; -FRANCESCO CIPRI, sistemazione panchine in ferro battuto esistenti nel parco; - EDIL DECORO di Santo Fortugno ,Enzo Saffioti e Nino Porcino, Fornitura gratuitae costruzione bagno per disabili; -IMPRESA EDILE di Domenico Cannistrà, fornitura gratuita e costruzione bagni per disabili; -3L PARQUET di Lello Leuzzi , , fornitura gratuita infissi per i bagni dei disabili; -EDIL CERAMICHE PALMI di Antonio Schipilliti , fornitura sanitari accessori e rivestimenti per i bagni dei disabili; -SUD GRONDA di Giusepp e Russo –TAURIANOVA, fornitura materiale per i bagni dei disabili; -ALLEANZA TORO SPA Agenzia Generale di Palmi ( donazione del campetto di basket, canesti e tabelloni); -IMPRESA EDILE di Saffioti Carmelo, messa in opera pavimentazione zona sosta; -COSTRUEDIL di Gagliostro & c. impresa di costruzioni, sistemazione e ripristino zona aiuole e pavimentazione; -DAVIDE GRASSO, Irrigazione parco, impianto Fontanella con fornitura gratuita del materiale; -PASQUALE FONTANA in collaborazione con GEBERIT s.a.: realizzazione Impianti idraulici bagni e spogliatoi, bagno Diversamente Abili con fornitura gratuita del materiale e ATTILIA CORVO di Antonio Mollica - Gioia Tauro -; -BRUNO CRUCITTI, fornitura gratuita parte del cemento; -ARREDAMENTI & SERRAMENTI SAS di Lello Arcuri, montaggio giochi, con fornitura al prezzo di costo di tutto il parco giochi; -RA.DI. SRL, servizi gratuiti vari; -COLORIFICIO GUIDO GALLETTA e GIUSEPPE NASO AGENTE OIKOS , fornitura gratuita del materiale per la pitturazione dell’intero parco; -TOP DECORATIVE LINE di Giuseppe Barbaro, pitturazione delle ringhiere e delle sedute in ferro; -IMPRESA EDILE di Pino Iannelli, lavori edili bagni e spogliatoi; -IMPRESA EDILE di Franco Pardeo, lavori edili bagni e spogliatoi; -IMPRESA EDILE CO.GI.MI. srl Costruzioni Generali: Scavo, Preparazione fondo e fornitura ghiaia per area giochi, ecc.; -ROCCO TRIMBOLI, rifinitura e sistemazione alcune opere edili; -ENZO ARDUCA, movimento terra; -PASQUALE FOTI, trivellazioni e perforazioni ; -VINCENZO MORABITO, fornitura gratuita sabbia; -FILIPPO SPERANZA Catramista; -ROCCO SAFFIOTI E MARTINO MAISANO livellamento Campo da Basket; -IMPRESA EDILE Carmine Scarcella, ripristini; -IMEX P-TRADE SRL DI ENZO SCIGLITANO, via Giordano Bruno, 4 - fornitura Torba; -AZIENDA AGRICOLA TORNESE VINCENZA - Produzione funghi c.da Marotta di Rizziconi, fornitura Terriccio; ARCHIECOSTUDIO DI ARCH. IANNINO VINCENZO - Supporto tecnico; -IMPRESA EDILE Giuseppe Cilona , sabbiatura vecchia fontana e fornitura terriccio; EUROELETTRA di Nicolosi Franco e Saffioti Carmelo; IMPRESA EDILE SCHIPILLITI VINCENZO E FIGLIO - Ripristini pavimentazioni e varie.


POWERED

THE DICTATOR

LA SATIRA

di Saverio Petitto

23


“ Terramòtu cù sterzu “ 24

I terremoti non si possono prevedere, né si possono “DIMENTICARE!”

Due immagini di Piazza I° Maggio (ang. Palazzo Alessio), scattate a distanza di oltre 100 anni tra loro di Antonio Tedesco cì volarrìa ù terramòtu “N cù sterzu“ è questo uno dei detti dialettali che spesso ri-

echeggia nel nostro mondo quotidiano, per lo più della provincia di Reggio Calabria, una di quelle frasi intramontabili, come del resto, non lo è stato mai, la sismicità di questo lembo d’Italia. La zona rossa più pericolosa della nostra nazione e tra quelle più a rischio al mondo, inoltre, per la possibile formazione di onde di Tsunami o, che lo si chiami: maremoto che, in passato, non ha risparmiato le nostre coste, annientando paesaggi e vite umane. Laddove non seppe creare morte la terra in movimento, ci pensò l’acqua del mare con spaventose ondate di maremoto, come avvenne nel terribile sisma del 5 febbraio 1783,il “Flagello”, dove solo a Scilla, perirono circa 5000 persone che per salvarsi dai crolli delle loro abitazioni durante le scosse telluriche, ebbero il fatale istinto di accamparsi giù in spiaggia, dove, nel buio della notte invernale, non vedendo che il mare si era ritirato per alcune decine di metri dalla battigia, furono travolti dopo pochi istanti, da due ondate micidiali, che scaricò su di essi tutto il suo peso distruttivo. Dal latino “Tèrrae mòtus”, movimento della terra, temibile solo a pronunciarla o, come lo chiamavano i greci “seismòs” ovvero scossa, da cui deriva il termine sisma, e per rifarci ai romani ecco scossa tellurica: da Tellus, la divinità femminile della terra, protettrice della fecondità e dei morti in essa custoditi, e dei terremoti che dalla terra stessa scaturiscono, oppure tellus che deriva forse dal greco telloùsa, pariticipio del verbo tèllo: nascere, sorgere ed ancora tala (suolo) o telia (pianura) in ogni caso tutti termini riconducibili alla terra. Il terremoto quindi, è entrato con caparbietà nella storia e nella vita di noi gente di Calabria, soprattutto di quelli della provincia di Reggio, che più di

altri, ha pagato un prezzo molto caro in termini di vite umane e sconvolgimenti talvolta di interi paesaggi naturali, e Palmi, non si è purtroppo risparmiata a questi sacrifici: anno 1783 (4.200 circa vittime), 1894 (circa 10 vittime), 1908 (circa 700 vittime). Noi sappiamo che il terremoto vive sotto i nostri piedi ed anche se, non lo percepiamo durante la quotidianità, la terra da sempre continua a tremare e lo farà ancora ma, siamo consapevoli che prima o poi però si farà sentire con vigore, cogliendoci come nel passato, ancora di sorpresa. Si farà forse sentire con lo stesso impeto e suono penetrante di una batteria di tamburi rullanti e grancassa dei nostri giganti di cartapesta “Mata e Grifone”, danzanti per le vie di Palmi, baraonda musicale che attrae e tormenta allo stesso modo, che ci carica e ci ipnotizza quasi all’estasi. Questa è la natura della Calabria e non possiamo farci nulla, ma non dobbiamo essere impreparati. Le paure, le angosce che esso ha suscitato in passato è come se non li avessimo mai dimenticati, chi di noi non ricorda almeno un terremoto? Scene di un copione scritto dalla natura che sa recitare bene la sua parte e che sin dai tempi antichi, è stato scritto sull’essere meridionale come una sorta di iconografia quasi sacra, per questo motivo, da queste esperienze vissute dai nostri avi, dobbiamo cercare di trarre maggiori risorse, per una maggiore convivenza con questo evento naturale che sin dall’antichità, a differenza di altri fenomeni naturali “normali”, ci appare giustamente, come una brutta bestia da cui scappare e salvarsi o, un castigo di Dio, quand’Egli si sdegna della nostra condotta. Pensiamo soprattutto a quest’ultima riflessione quando ricordiamo che la maggior parte di Palmi fu salvata miracolosamente dal furioso sisma del 16 novembre 1894, allorquando la statua della Madonna del Carmine dette i suoi ultimi segni premonitori per il terribile sisma che

si stava abbattendo da lì a poco sulla nostra città. La Sacra Bibbia cita molte volte il terremoto, il primo, nel Vecchio Testamento riguarda le vicende del Profeta Elia, un sisma causato da Dio per manifestarsi sul monte Oreb : “Gli fu detto: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore. Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento forte e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. E, dopo il fuoco, un suono dolce e sommesso»” (I Re 19:11-12). Nel Nuovo Testamento lo troviamo alla morte di Cristo sulla croce: “Si fece buio su tutta la terra, ci fu un grande terremoto, il velo del tempio si squarciò ed il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!»” (Matteo 27:45-53-54). E poi, subito dopo la Resurrezione: “Maria di Magdala giunta per prima nei pressi del sepolcro, avverte un breve e violento terremoto, quasi come quello del venerdì trascorso ma da un boato armonico, ma non vede la grande pietra saltare che cadendo con fragore dà uno scuotio breve e violento che atterra e tramortisce le guardie a custodia. Ella non ricollega il terremoto con la Resurrezione” …(dai quaderni di Maria Valtorta). Il terremoto quindi, è stato testimone della storia umana e religiosa: dall’ebraismo più antico, al cristianesimo più recente ed i fatti di Palmi del miracolo Mariano del 1894 lo confermano. Esso fa parte del nostro dialetto, lo abbiamo utilizzato e lo continuiamo ad utilizzarlo forse senza troppo accorgimento, a volte per esorcizzare anche con ironia, quella stessa paura impressa ormai nel nostro DNA ma che ci lega e ci forgia al terremoto stesso: “fazzu nu fracèllu” (fare

un flagello), creare distruzione, usato soprattutto nei momenti di rabbia, alludendo ad una strage, a reagire rovinosamente contro qualcuno o qualcosa. Può darsi anche che si riferisca al verbo (sfracellàre): distruggere, rompere,spaccare, fracassare, poi inteso nel tempo come (flagellare) e legato al terribile terremoto del 1783, passato alla storia come appunto, il Flagello, per via della enorme distruzione recata alla Calabria e parte della Sicilia, con sconvolgimenti di interi paesaggi e oltre 30.000 morti, pertanto fracèllu e flagello sono sinonimi di distruzione di massa. Da qui poi nasce probabilmente la variante: “fazzu u pezzìu!” (fare tutto a pezzi), distruzione, rovina. “Tu si nu terramòtu!“ riferito a volte simpaticamente ai nostri figli o nipoti intenti di creare disordine e magari qualche danno più o meno grave nei nostri salotti, subbuglio per tutta la casa “ e chi vinni u terramòtu?”, oppure in circostanze minacciose “fàzzu mi veni u terramòtu!” per dare un chiaro segnale di reazione e/o rappresaglia, con tono minaccioso per un tolto subito ed ancora: ”terramòtu mi ti leva!”, che il terremoto ti porti via, ti faccia sparire, anatema o meglio finta o leggera maledizione, pronunciata spesse volte con ironia conclusione di una discussione in cui non si viene a capo delle proprie ragioni; più originali e assai meno ironiche sono le seguenti versioni che molti anziani ricordano: “terramòtu mi ti subbìssa!”, rafforzato nella pronuncia con doppia consonante (b), che il terremoto ti subissasse adesso, ti faccia sprofondare ora, inabissare nelle sue viscere della terra oppure che ti ricopra di macerie; più eloquènte è quest’altra variante: “terramòtu mi ti scuncàssa!” o “… squòncàssa!”, con la lettera (q) ben suonante nella pronuncia, che il terremoto ti sconquassi, ti rovini, ti distrugga. Avremmo udito anche le versioni complete: “chì mi veni u terramòtu”, o più rafforzato “è chì mi (è chìmmi) veni u terra-


25

mòtu!”,….(ti leva, ti scuncàssa, ti subbìssa) ed ancora senza il (chì mi): “è terramòtu mi ti subbìssa”, …(ti leva,ti scuncàssa) e poi, con la diversa coniugazione del verbo: “è terramòtu mi ti subbissàva”, “è terramòtu mi ti levàva”, “è terramòtu mi ti scuncàssàva”; in entrambi i casi non cambiava certamente l’esito finale del malaugurio, soprattutto anche quando alla fine della frase si aggiungeva: ”nà vota pè sempri” (una volta per sempre o per tutte). “Ncì volarrìa u terramòtu cù sterzu“, o “avia è veniri u terramòtu cù sterzu”, un terremoto con lo sterzo, come il volante di un veicolo, capace di aggirare gli ostacoli e colpire con precisione chirurgica le cose, le persone, i cattivi valori che nella nostra società meridionale da sempre, attanagliano la nostra vita. E’ questa la frase sicuramente più nota nel nostro dialetto, pronunciata magari dopo aver ascoltato una cattiva notizia al telegiornale per fatti di ndrangheta, di politici corrotti, oppure dinnanzi a tragici eventi di cronaca nera. Un terremoto augurale questo che ci liberi dal male fatto dagli uomini cattivi e dalle loro cose, un sisma intelligente che sappia riconoscere questi uomini ed i loro falsi valori, per abbatterli ed a trasformarli in perenni macerie. “E se nu terramòtu durava tantu?!” (e se un terremoto durasse tanto?!), sempre attuale, si usa dire molto spesso quando una persona è in ritardo ad un nostro appuntamento e o nel disbrigo di una certa azione nei nostri confronti, in questo caso se il terremoto impiegasse lo stesso tempo del nostro interlocutore, sarebbe davvero un guaio, poiché avrebbe un tempo per l’azione distruttiva, lungo quanto la nostra interminabile attesa; la frase completa terminava così: “ndì levava tutti quanti!”, ossia (ci portava via tutti quanti), distruggeva tutti noi. “Megghiu nu terramòtu fari e no nu mortu nominari”: meglio essere colpiti dal terremoto che pronunciare il nome di un defunto, si dice in qualche località della Calabria, oppure ancora nel Reggino: ”Chì terremoti, cà guerra e cà paci, stà festa si fici, stà festa si faci” soprattutto riferito alle feste religiose patronali, a confermare la fede, la volontà, la determinazione della comunità dinnanzi allo scoramento provocato dal sisma o da altri eventi per lo più di natura economica e sociale a non rinunciare nemmeno di festeggiare il Santo patrono, a tutto si può rinunciare ma non alla speranza cercata nella fede. Nella provincia di Crotone e soprattutto nella zona di Mesoraca, si usa dire così: “U chiuritu du culu è chiù forti du terriemotu”, dove chiuritu sta per prurito che in questo caso sta ad indicare (vizio,capriccio,desiderio), pertanto possiamo dedurre che: ci sono capricci che è difficile fermare, Il desiderio è più forte del terremoto. Dal Dizionario dei dialetti della Calabria Meridionale (G. A. Alvaro e E. Martino) apprendiamo che nella parte Jonica della nostra provincia, il terremoto era così chiamato: Trematò (brivido, tremito, tremore etc.), tremitò, tramuòtu, trantulu … ed anche Cotulagghjànda da scotulagghjiana (ghianda, frutto della quercia) è chiaro il nesso al terremoto che scuote gli alberi per far cadere le ghiande. Il poeta Carmelo Gullì di Palmi, nella sua poesia Carricu supra carricu di li vrigogni -Doppu lu terramotu a Parmi scrive: …Casu funestu e di tremenda data, d’orribili memoria a tutti nota,quando cumpariu ddhù nnaca-nnaca e Palmi rovesciò come una ruota…, nnaca-nnaca è il terremoto del 1908, nnaca da naca (culla,) annacari (cullare, dondolare), annaca u figghjolu (cullare, dondolare il bambino nella sua culla per farlo addormentare). Altri sinonimi: n’tìsi nu tremulìu, n’cì fu nu tremulìu, sentu nu tremulìu… oppure trematrema, è tutto riferito al terremoto. Il sig. Surace Rocco classe 1926 di Palmi, ricorda e ci suggerisce una frase se vogliamo, inquietante: “Cuntra u terramòtu non vali a pena mi fui, pecchì non c’è aundi mi ti mmùcci e mi ti rripari” (contro il terremoto è inutile scappare,poiché non c’è luogo dove nascondersi e ripararsi). I terremoti non si possono prevedere, né si possono dimenticare, soprattutto se fanno parte anche della nostra lingua dialettale. Il recente sisma in Emilia Romagna, che ci ha colti tutti di sorpresa, sembrerebbe mettere un po’in discussione quelle che per l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sono considerate zone a bassissimo rischio sismico. Ma allora cosa sta realmente accadendo in Italia? Zone ad alto rischio sismico che vivono un apparente silenzio e, zone non classificate sismiche o a bassa sismicità, che invece vengono colpite duramente da forti scosse telluriche. Cosa sta cambiando sotto i nostri piedi? Da questi eventi nel nord Italia, è stato divulgato soprattutto sui social networks da parte di buontemponi irresponsabili, un allarmismo ingiustificato circa l’imminente terremoto che colpirà la Calabria, con eruzioni vulcaniche sottomarine e maremoti, tutto questo si è fatto strada, soprattutto, tra i creduloni della profezia Maya del 2012. L’infondato allarme può confermarlo la nostra palmese DOC: Dottoressa Concetta Nostro, uno dei massimi esperti italiani di terremoti e coordinatrice dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) con sede a Roma. I nostri terremoti del passato non vanno dimenticati, sia nella nostra lingua, che per quello che hanno causato nella storia calabrese e soprattutto di Palmi. Forse, sarebbe opportuno realizzare, un monumento o una targa marmorea in piazza Primo Maggio (già piazza Vittorio Emanuele e prima ancora piazza San Ferdinando) all’epoca dei tragici eventi tellurici, luogo di raduno dei nostri morti e campo straordinario dei primi soccorsi giunti da ogni parte d’Italia. Un simbolo per non dimenticare quello che è accaduto e che tramandi il ricordo alle generazioni future che proprio in questa piazza, luogo di incontro e di crescita di quelle del passato e del presente, continueranno a vivere e a crescere; una memoria che contribuisca anche a preservare e a far nascere, nuovi, sani valori sociali nella nostra città. Anche ironicamente, nessun terremoto è prevedibile, tanto meno augurabile, a meno che le cose in Italia e, a cominciare dalla nostra Palmi, non comincino seriamente ad andare per il verso giusto, solo allora saremmo costretti ad invocare unanime e quindi a predire: “nu terramòtu cù sterzu” …e qualcuno aggiungerebbe “e mu cumandu jeu!”

TERREMOTU... SENZA STERZU di Felice Badolati erdonami, Mariuzzu, mio indimenticabile P Amico, compagno di avventure campestri e Compare, se ho alterato il titolo della

tua Poesia, ma a sentire quanto sta succedendo su in Emilia, mi pari c’o sterzu no teni nuddhu. La nostra è “terra ballerina” come dicevano gli antichi. Solo che i nostri ingegneri - allora non c’erano tanti architetti, solo l’Architetto Bagalà, buonanima – e i nostri geometri sapevano come progettare le case. E i capimastri – vapigghjia, va, don Giovannino Repaci, Pagalamano, Santoro, ecc… - sapevano come costruirle. Una sera d’estate – forse proprio quella che ti ha ispirata la poesia – verso le undici, mentre eravamo tutti sul corso a prendere il fresco del terrano, si sentì un rombo, come se tutte le saracinesche del corso venissero aperte contemporaneamente; poi i cciappi du stratuni si misaru m’abballanu e – noi eravamo proprio lì, all’angolo di casa mia – il lampione che pendeva sull’incrocio si abbassò quasi fino a terra perché le case di Alessio e quella di fronte (ora è di La Face) alle quali il filo era legato, si inchinarono, quasi a salutarsi. Ma non cadde nemmeno una tegola. Certo questo è un complimento ai nostri tecnici o il tremuoto (che bella parola!!) forse non era stato tanto forte. Ma se è vero quello che si legge sui giornali, non sarebbe male se i tecnici ed i politici di oggi si dessero una mossa, prima mi veni na bbona scutulata. Ne abbiamo parlato, ricordi?, una ventina di anni fà, quando in Sicilia, nel Belice, ci fu quel tremendo terremoto. Volevamo partire volontari per dare aiuto, insieme ai tanti VERI Italiani che, lì, diedero il meglio di quello che un UOMO può dare. Fu in quella occasione che il Rotary di Palmi mi diede incarico di stendere un protocollo nel quale prevedere, per quanto possibile,cosa bisogna preparare per essere pronti ad un simile evento. Così stesi tutto un programma prevedendo la costituzione di un corpo di volontari con medici, vigili, operatori ecc. di pronto intervento; una serie di itinerari preferenziali da lasciare sgombri per le ambulanze e i pompieri, eccetera. Questo lavoro venne regalato al Comune – Sindaco Baietta, mi pare - ma non so se ne venne dato un seguito. Certo oggi, dopo tanto tempo, molte cose sono cambiate, tante strade nuove, tante nuove costruzioni (non sempre in regola con la normativa…), tantissime automobili (tutti gli imbecilli d’Italia vengono a girare in macchina per corso e via Roma: hannu sordi p’a benzina). Forse non sarebbe male rispolverare quel lavoro, rimodernarlo rendendolo aderente alla realtà attuale. Solo, chi vuoi che lo dica o ne parli! Ci vuole poco a diventare iettatori e portatori d’occhjiu ‘i siccia! Ddeu mi ‘ndi libbara! Alla mia età sarebbe disdicevole. Allora pensaci Tu, da lassù, seduto fra le nostre stelle luminose e splendenti, magari comparendogli in sonno, ricorda a qualcuno la tua Poesia/canzone. Tanto a te nessuno può più rimproverare qualcosa. Anzi, avremmo la prova che ami sempre la nostra terra e, allegramente, sorridendo come hai sempre fatto, ci spingerai ad amarla anche noi, sempre di più. Tuo, Felice


26

Viaggiatori al richiamo del

di Rocco Liberti uel 3 febbraio 1783 era arQ rivato in Calabria, precisamente a Tropea, proveniente da

Napoli un importante religioso spagnolo, che finirà per diventare cardinale, Antonio Despuig y Dameto. Avendo tentato d’imbarcarsi per raggiungere la Sicilia, n’è stato impedito dalle cattive condizioni del mare. Vi si trovava ancora il giorno 5, quando ha dovuto assistere esterrefatto al terribile sisma conosciuto poi come “il grande flagello”. Il 13, dopo aver collaborato a lenire le ambasce della popolazione, ha deciso di avviarsi verso le zone maggiormente colpite, fino a giungere a Palmi. Ecco il suo crudo rapporto di prima mano: «La ricca e industriosa città di Palmi offrì ai miei occhi la scena più orribile; la funerea espressione di quegli infelici, preda da tanti giorni delle lacrime e della fame, insieme al terrore che suscitava la vista di tanti cadaveri sfigurati estratti da sotto le macerie, resero quel giorno il più doloroso della mia vita». Da Palmi ha inizio il viaggio di ritorno, che si concluderà a Capo Bonifati il 13

a

Palmi

nel secolo

XVIII

grande flagello

marzo. Tre giorni dopo, il 16, il Vespuig sarà a Napoli. Col Vespuig avrà inizio tutta una serie di visitatori, i quali o per loro professione o per amore di conoscenza scenderanno a frotte in Calabria a fine di rendersi conto di quanto tristemente accaduto. Il primo, naturalmente, è il più grosso funzionario statale preposto alla bisogna. Si tratta di Francesco Pignatelli nominato vicario generale delle Calabrie. Partita tra 16 e 17 febbraio da Napoli, la colonna con lui a capo, è pervenuta il 22 a Monteleone. Da questa sede il Pignatelli, ch’era regolarmente avvertito di quanto accaduto, è venuto a dare di tempo in tempo le disposizioni necessarie. Di seguito quanto accertato per Palmi ed i provvedimenti immediatamente presi: «È quasi incredibile lo Stato lacrimevole di questa Città, ch’era una delle più provvide e commercianti della provincia; non scorgendosi ora che un confuso ammasso di pietre e di legni frantumati. Si perderono sotto le rovine gli olj e il vino, che formava il gran traffico de’ cittadini, i quali erano anche

addetti a i lavori della seta. Di quattromila novecento Abitanti ne morirono 993, cioè 241 Uomini, 345 Donne e 407 Ragazzi, oltre a 6 Monaci Osservanti. La rimasta popolazione non basta per la coltura de’ campi e specialmente per la raccolta degli Ulivi, di cui abonda il territorio. Per dar riparo in parte a i sofferti danni, ed ovviare agli imminenti fu da me colà destinato un Uffiziale che, oltre al provvedere al bruciamento de’ cadaveri ed al bisogno de’ Feriti e de’ Poveri, ha fatto sbarazzare le strade maestre della città, in vigilando che i rispettivi Padroni togliessero i rottami delle distrutte loro Case; onde poi si fosse nello stato di collocare ne’ siti primieri le novelle abitazioni». Dal 10 aprile e fino al 6 giugno si è trovata in Calabria tutta una commissione formata da soci dell’Accademia Reale delle Scienze e Belle Lettere di Napoli e il suo segretario perpetuo, Michele Sarconi, ha provveduto l’anno dopo a pubblicare una corposa relazione di quanto era stato avvistato sui luoghi così tragicamente colpiti dal sisma. È la “Istoria de’ fenomeni del

tremoto”. Il 6 maggio è stata la volta di Sir William Hamilton, diplomatico ed archeologo inglese. Di tutto quanto accertato ha egli inviato alla Società Reale di Londra una sua “Relazione dell’ultimo terremoto della Calabria e della Sicilia”, mandata alle stampe nello stesso anno. L’Hamilton, che, a fronte di Seminara, ha notato Palmi in una «situazione più bassa e più vicina al mare, ed in cui 1400 persone hanno perduta la vita», è rimasto parecchio colpito da quanto ha potuto vedere. Ancora i cadaveri non erano stati tutti dissotterrati e dati alle fiamme e lui stesso si è trovato spettatore del lavoro che in merito si andava facendo. Palmi, città nella quale si svolgeva «un gran commercio di olio» e che al momento del disastro denunciava la presenza di più di 4.ooo botti, stava in un bell’impiccio. I vasi che contenevano il prezioso prodotto erano andati in malora e la sua fuoriuscita era venuta a formare addirittura un fiume, finito conseguentemente in mare. L’olio peraltro, mescolatosi con i grani contenuti nei magazzini e la corruzione dei cadaveri hanno cagionato una «sensibilissima


27 alterazione dell’aria». I palmesi all’epoca vivevano «in baracche vicino alla loro subbissata città» e colui che faceva da guida all’illustre personaggio aveva passato anche lui un brutto momento. Seppellito da una prima scossa, alla seconda si era ritrovato sospeso su una trave a circa 15 metri di altezza. Nel racconto, di certo, non manca un pizzico di esagerazione dovuto a racconti non sempre facilmente accertabili. Segue il francese Deodat De Dolomieu, anche lui presente in Calabria nel 1783 ed autore di “Memoria sopra i tremuoti della Calabria nell’anno 1783” pubblicata l’anno dopo. L’illustre geologo, che nella sua estesa opera si dilunga parecchio a trattare del territorio della Piana, per Palmi ha uno scarno «ville pouplèe et commerçante ne presente qu’un monceau de ruines», vale a dire ch’egli si è limitato ad osservare il mucchio delle rovine accumulatesi in seguito alle terribile scosse. Accenna peraltro ad un golfo di Palma. Nei mesi immediatamente precedenti il novembre 1783 si è portato in Calabria per una particolare indagine l’abate padovano e mi-

neralogista Alberto Fortis, che farà conoscere l’anno dopo a Napoli con la pubblicazione di “Lettere geografico-fisiche sopra la Calabria, e la Puglia”. Queste le impressioni registrate per Palmi: «La deliziosa città di Palmi, di cui dopo l’orribile catastrofe, non esistono più che miserabili ruine, era cinque miglia lontana da Gioia. L’indole argillosa e aggregata del suolo, comune ad essa, a Seminara e a Bagnara, dalle quali la separava un tratto di paese elevato, composto di argilla e di schisto micaceo, fu fatale a tutte e tre». È di casa ancora in Calabria nell’ottobre del 1786 il tedesco Johann Heinrich Bartels, uomo politico e intellettuale. Anche lui non ha potuto fare a meno di fissare il suo interesse sulle distruzioni apportate dal sisma. Ecco quanto velocemente ha appuntato su Palmi nel suo “Lettera dalla Calabria e dalla Sicilia” edito tra 1787 e 1791: «Attraversammo di corsa Palmi ridotta ad un piccolo cumulo di rovine. Tutti gli opifici di lana e di seta, coi quali il Principe di Cariati aveva cercato di promuovere il benessere della sua regione, erano andati distrutti».

In quello stesso anno è pervenuto in Calabria il massone danese di estrazione germanica Federico Münter, che, pur essendo stato in Calabria, nella sua opera “Viaggio in Sicilia” pubblicata nel 1823 ha riferito esclusivamente sulle peregrinazioni isolane. Così in merito al suo viaggio nella nostra regione ed al rammarico di non poter portarsi quindi in Puglia e proseguire: «Fui costretto però di renunziare a questo disegno e di contentarmi esaminare le contrade della Calabrie dall’ultimo tremuoto devastate, e distrutte». Ch’egli abbia almeno perlustrato, se non il territorio della Piana, almeno il vicino litorale, ne è prova il passo in cui raffronta i danni accaduti a Messina con quelli visti in Calabria: «Non sono i medesimi in verun conto paragonaboli con le ruine de’ distrutti paesi della Calabria, dove le case non solo rese si sono inutili, e pienamente inabitabili, ma son così a terra uguagliati, che da qui a pochi anni, dopo esservi l’erbe cresciute, non saranno, che con difficoltà rinvenute tracce, le quali manifestino, che in quelle contrade umane abitazioni siano state costruite».


28


29


30

Illustrazione del Popolo del 17 marzo 1929 - Un

branco di lupi discesi dall’Aspromonte terrorizzavano la popolazione della borgata di Ceramida. Alcuni contadini si misero in agguato e, quando il branco si avvicinò alle case, lo assalirono uccidendo a colpi di fucile e di scure due lupi.

di Giuseppe Cricrì ’ululato del Lupo evoca ataviche paure, da epoche immemorabili, L l’uomo, nella storia, lo vede a se contrapposto, lo considera come un suo competitore che, col favore delle tenebre, semina la morte fra

gli armenti, glieli sottrae e minaccia la sua vita. La Calabria è da sempre terra di lupi, fra mito e leggenda ne abbiamo notizia sin dai tempi del periodo Magnogreco, allorquando si narra che la loro vittima più celebre sia stata il grande atleta Milone di Crotone, fortissimo lottatore. Secondo i geografi, scrittori Strabone e Pausania, Milone stava attraversando un bosco, quando s’imbatté in un ulivo secolare, sacro alla dea Hera Lacinia. Il lottatore per saggiare la sua forza inserì le mani in una fenditura del tronco per spezzarlo in due, ma vi rimase incastrato e divenne preda di un branco di lupi famelici che lo sbranarono. Anche la tradizione, così come avvenne in tutto il mondo, in Calabria non fu mai generosa con il lupo. Leggende silane raccontano che sulla Sila crotonese, agli inizi del ‘900, una mamma lasciò per poco tempo la figlioletta da sola ai bordi di un fiume, era presa da faccende di casa, al ritorno non vide più la piccola che fu ritrovata sbranata alcuni giorni dopo, si racconta che iniziò una caccia spietata, perché colpevole di quella sventura non poteva che essere lui, il lupo anche se non essendo stati trovati nessun testimone, nessuna traccia, nessun segno tangibile, qualcuno pensò addirittura che il colpevole potesse essere stato un licantropo.(dial. lupu minariu, dal lat. lupus hominarius; lupo mannaro-) Di questi casi, oggi considerati leggende metropolitane, quasi ogni paese ne racconta una versione. Nel passato, in alcuni paesi della Sila i bambini che nascevano la notte tra il 24 e il 25 Dicembre, venivano sottoposti ad uno speciale esorcismo, perchè si pensava, che altrimenti sarebbero diventati lupi mannari. Il Lupo della Sila è persino stato reso celebre dal film omonimo, girato in Calabria nel 1949, diretto dal regista Duilio

Coletti, con Silvana Mangano, Amedeo Nazzari e Vittorio Gassman. Il lupo, predatore di eccellenza, appartiene all’ordine dei carnivori e alla famiglia dei canidi, ha un peso che da adulto che puo’ raggiungere i 40 kg. Il colore del suo manto varia a seconda dell’eta’, del suo habitat e delle stagioni; in Calabria assume un colore bruno, con qualche sfumatura scura. Lo ritroviamo nel Pollino, in Sila ed in Aspromonte. Può raggiungere i 15 anni di età e vive, prediligendo l’habitat montano, tra i boschi, nutrendosi di piccoli animali, arrivando ad attaccare anche grossi mammiferi, come cervidi e cinghiali. Fino alla fine del XIX secolo, questo mammifero era ampiamente diffuso sui monti ed in pianura. Dagli inizi del ‘900 iniziarono le persecuzioni con armi sempre più sofisticate, con trappole e veleni. In un breve arco di tempo, la popolazione diminuì drasticamente. Lo straordinario reportage fotografico e l’articolo di cronaca, scritto nel 1913 a Radicena, (oggi Taurianova) dal giornalista Francesco Sofia Moretti, inserito a corredo di queste pagine, è un’ eloquente testimonianza di come la questione “lupo” venisse affrontata a quei tempi, anche nel nostro territorio. Fino al dopoguerra il “luparo” era una figura nota e quasi venerata, quest’uomo andava a caccia di lupi, quando ne prendeva uno si faceva festa, un corteo per le vie delle cittadine con il lupo morto, in bella mostra, esaltava il “fiero” gesto ricambiato con tanti doni e regali da parte della gente comune. Dopo la seconda guerra mondiale la situazione divenne sempre più grave, e il numero dei lupi appenninici si ridusse fino a toccare il minimo storico documentato negli anni ‘70. Nel 1972 Luigi Boitani ed Erik Zimen furono incaricati di eseguire la prima indagine italiana sulla situazione del lupo appenninico, svolta con una metodologia sistematica: prendendo come riferimento un’area che si estendeva dai Monti Sibillini (a nord) fino alla Sila (a sud), essi stimarono il numero complessivo degli esemplari in 100-110 al massimo. Tuttavia, oggi possiamo affermare che le uniche regioni d’Italia dalle quali il lupo non è mai scomparso sono Campania, Basilicata, Calabria ed Abruzzo. Nella nostra regione, all’interno dei


31

A Radicena/Taurianova, nel 1913 i lupari sopprimevano gli ultimi esemplari di lupo presenti nella

Piana.

La questua del lupo Costumanze calabresi

Da La Tribuna Illustrata 13-20 aprile 1913 del Dott. Francesco Sofia Moretti. a così detta questua del lupo, avviene dopo l’uccisione di un L lupo. Nel Napoletano infatti sono permesse ancora queste questue per tutte le mandrie, dette volgarmente masserie.

Il lupo in Calabria, ieri e oggi boschi del Pollino e della Sila, data la vastità del territorio forestale non antropizzato, questo predatore ha potuto proseguire la sua vita in relativa serenità ed isolamento. In Calabria una legge regionale fino a poco tempo fa consentiva il risarcimento dei capi di bestiame persi a causa del lupo, ma a seguito di evidenti brogli perpetrati ai danni dall’amministrazione forestale,(incongruenza fra il reale numero di lupi residenti e il numero di denunce per attacchi subiti) oggi quella legge non risarcisce più. Nel 1982 a Ginevra, una convenzione europea dichiara il Canis-lupus “specie gravemente minacciata”. In questi ultimi trent’’anni, lentamente (anche perché non sono cessate del tutto le uccisioni), la specie ha ripreso vigore e poco alla volta ha colonizzato nuovi territori, risalendo lungo la dorsale appenninica fino alle Alpi piemontesi. Nonostante l’espansione geografica e demografica, il lupo italiano continua a essere una specie minacciata per almeno due ragioni: la prima è l’alto numero di esemplari abbattuti illegalmente in Italia (15-20% della popolazione totale), la seconda è la forma dell’areale di distribuzione che è allungato sulla catena appenninica e frammentato da aree di qualità molto diversa tra loro. Il bracconaggio resta il principale fattore di controllo della popolazione, con tempi e modi che spesso pongono seri problemi di conservazione delle piccole popolazioni locali. In particolare risulta estremamente dannoso l’uso di bocconi avvelenati. La sopravvivenza del lupo non è legata alla carenza di fonti alimentari adeguate che in Italia ed in particolare in Calabria non mancano, sia nella forma di ungulati selvatici che di bestiame domestico o rifiuti (a seconda delle aree), tanto meno dipende dalla disponibilità di aree di rifugio sufficienti a offrire spazi al riparo dal disturbo umano. E’ per questo motivo che ci auguriamo che questo splendido animale possa tornare a popolare i nostri boschi e che possa orgogliosamente rappresentare fra la nostra fauna selvatica un emblema immortale di forza, di bellezza e libertà.

E ciò è giusto perché molti municipii, poco curanti delle rovine prodotte da questa razza di bestiacce, hanno tolto i premii accordati dalle antiche leggi forestali napolitane, fra le quali quelle di Murat. Allora il taglione per un lupo consisteva in ducati cinque, circa; di sei per una lupa, e di trenta carlini per un lupo cagnastro. Ciò premesso, oggidì, i cacciatori calabresi, dopo l’uccisione di un lupo, scorticano la bestia lasciando intatti i piedi e la testa che, con un’ estroflessione della pelle intiera fino alla punta del naso, spolpano delle grosse masse muscolari, supplendole con cotone e stoppa. Poi tornano a tirar su il cuoio, previa polverizzazione di sale e borace; lo addossano esattamente all’imbottitura del capo, ne riempiono il resto di paglia, lo cuciono; e con tale sorta di zimbello si pongono in giro per le masserie, a far la questua. Essa riesce pingue, perché ogni proprietario campagniuolo ed ogni massaro pagano la loro tassa, o meglio offerta, volentieri, se non pure con entusiasmo. Infatti, nessun tributo fu mai pagato così spontaneamente, con moneta, formaggi, ricotte, agnelli ecc. come in questa circostanza. Niente viene rifiutato dal questuante, che insacca tutto, nella bisaccia affidata ad un contadino, cacciando avanti a se gli agnelli e ogni altro ricavato vivo. L’istantanea nella quale l’obbiettivo ha sorpreso i cacciatori di una grossa lupa; uccisa la settimana scorsa a Radicena di Calabria, dal giovane Benvenuto Sofia Moretti (quello che sta in mezzo alle figure fotografate) riproduce una di queste questue, nelle quali avvengono curiose scenette. Un massaro per esempio chiede il favore di addentare il muso del lupo, che gli ha scannati cinque montoni in una notte. Un altro, di cui la mandria è stata presa addirittura di mira dalla bestia, (che per quella gente rappresenta la salma di un gran brigante ucciso) esclama rivolto al lupo: - Fra Cola mio, mi ài impoverito!(Fra Cola sarebbe il nomignolo solito del lupo che, questa volta essendo femmina, risponderebbe, invece a Colina). -Vorrei darti un bacio- le dice il massaro, con accento amaramente ironico, e le addenta un orecchio. Ma un altro al quale la bestia scannò dodici agnelli, in una notte, e due capre, per giunta; le asporta l’orecchio col coltello, e lo inchioda alla porta della capanna. Le giovani contadinotte poi, pur esagerando il ribrezzo che provano, alla vista del lupo morto, non cessano di sorriderne maliziosamente, e rivolte al fortunato ammazzatore, specie se questi è giovane, prendono a rivolgergli una filza di domande, di cui la leziosaggine sparisce sotto l’ingenuo sorriso e lo sguardo sentimentale delle bionde meridionali. Tutte le dimande per lo più sono biblicamente precedute dalla e. Come per esempio: -E siete stato voi proprio ad ucciderlo?... -Ed eravate solo?... -E se vi faceva faccia?... -E che ora era?... -E dite un po’: gli lucevano gli occhi, no? -Pace e bene! …Che bocca!... Per lui non era malannata, per procurarsi la carne migliore. - A Pasquale Gambozza- soggiunge una timida, che si è incoraggiata a parlare- scannò una capra e poi se la divorò, svuotandola come un otre. E’ pur dolce, dico io, il trovarsi qualche ora, nella fortunata questua lupina, fra questa gente buona, primitiva, curiosa, ingenuamente maliziosa, che il progresso non giunse a guastare e per cui, ancora, ogni bene sta nella mandria, esposta alle insidie del cielo e della terra. La questua del lupo,(quando è ben fatta) frutta sempre le trecento lire e più. Si potrebbe forse trovare in essa, alle volte, una risorsa.; infilar la porta di un buon affare e diventare…miliardario? Fra i cacciatori sarà forse per questo che esiste l’augurio: In bocca al lupo! Attuale distribuzione del lupo in Calabria (Maiorano 2007)


32

“HO SCOMMESSO SUI MIEI RAGAZZI!” I RAGAZZI DELLA “Pizi Dream Orchestra” PREMIATI AL CONCORSO “Giovani in Musica”

La “Pizi dream Orchestra” durante l’esecuzione nella Chiesa del Crocefisso in Palmi

di Angelica Larocca o scommesso sui ragazzi della “Pizi Dream Orchestra”!» dice orgo«H gliosa la Prof.ssa Maria Corica, Dirigente dell’Istituto d’Istruzione “Nicola Pizi”, ritirando il premio ottenuto al concorso “Giovani in Musica” nella

magnifica atmosfera del teatro Francesco Cilea di Reggio Calabria, gremito di visi entusiasti. Successo ancora più sentito dopo il precedente a Mirto (ME), alla XVIII edizione del Concorso Nazionale “Salvuccio Percacciolo”. Due primi posti in quattro giorni, con punteggi: 97/100 (Mirto) e 96/100 (RC). Il poeta latino Livio, in uno dei suoi scritti, da per scontato che ogni esordio sia naturalmente modesto e incerto. Noi ragazzi siamo, invece, molto soddisfatti per i grandi riconoscimenti ottenuti in queste prime uscite. Sono state esperienze educative, musicalmente parlando, che hanno rappresentato un grande esercìzio per la disciplina di noi ragazzi; ancora più bello è stato riuscire a fare gruppo con giovani musicisti di formazioni musicali diverse e creare un’armonia - prima di tutto tra i ragazzi stessi - che deve essere alla base di un gruppo che spera di suonare bene. Straordinario è stato il lavoro del Maestro Maurizio Managò, il quale in pochissimi mesi è riuscito a guidarci per quella strada che, anche se ancora alle origini, ci ha già portati fin qui. Infine - non per importanza - un grande ringraziamento va alla Prof.ssa Carla Coccoli, fondamentale per l’organizzazione di prove e concerti del gruppo, sempre pronta a far fronte agli impegni con grande professionalità. L’augurio è quello che questo sia il primo di molti anni, per questo gruppo nascente, perchè possa crescere con grande determinazione e incessante entusiasmo. perché ormai è un dogma: la musica rende i ragazzi migliori!

Elenco dei ragazzi della Band -

Arceri Angelo Arceri Joannes Buonamico Domenico Buonamore Ausilia De Pasquale Alessandra Falleti M.Luisa Galante Francesco Gangemi Martina Garzo Rosita Gaudino Alessandra Grasso Giovanni Ianni Jusi Italiano Arianna Lamanna Jessica Lamanna Maria

-

Lamanna Maria Lamanna Rosella Larocca Angelica Larocca Irene Ligato Melania Marino Alessandro Marino Amanda C. Nicolaci Marta Pellegrino Concetta Perri Matteo Prossomariti Samanta Staltari Domenico Tedesco Christian Tramontana Laura Trapasso Giorgia.


33


34

Finale Nazionale Giochi Sportivi Studenteschi Policoro 21/24 Maggio 2012 a squadra femminile di Tiro con l’arco, composta dalle alunne Barbaro Federica, Grisafi Julia e Recordare Alessandra, dell’Istituto SuL periore “N.Pizi”di Palmi, ha centrato la vittoria alla Finale Nazionale dei Giochi Sportivi Studenteschi, svoltasi a Policoro dal 21 al 24 maggio 2012. Risultato che non ha eguali nelle precedenti manifestazioni nazionali, da parte di Istituti della provincia di Reggio Calabria e della Regione Calabria. Le tre ragazze, risultate le più piccole tra le finaliste, hanno sbaragliato il campo, contro avversarie più grandi, esperte ed agguerrite, classificandosi al 1°, 4°, 8° posto, con un punteggio complessivo di squadra di 13 punti, lasciando la seconda squadra a 25 punti….vittoria schiacciante!! Classifica :

Squadra I.S.”Nicola Pizi” Palmi

Atlete Grisafi Julia Barbaro Fedrica Recordare Alessandra

Punteggio 1° (306) 4° (280) 8° (270)

Totale 13 (856)

Le giovani atlete palmesi hanno tirato centrando il bersaglio in maniera impeccabile, sfidando anche il cattivo tempo, tirando sotto la pioggia, riuscendo a mantenere la calma, mostrando grande freddezza e carattere da vendere! Da sottolineare la vittoria, anche a livello individuale, di Julia Grisafi che ha totalizzato 306 punti su 360. Questo risultato ha premiato il lavoro e l’impegno profuso dalle ragazze, che hanno letteralmente bruciato le tappe, considerato che hanno iniziato a tirare quest’anno a scuola, partecipando alle attività pomeridiane del “Centro Sportivo Scolastico”, seguite dalla docente Prof.ssa Schiano Matilde. Da sottolineare che hanno si vinto le ragazze, sul campo di gara, ma ha vinto anche la strategia, la scelta di orientare l’attività del centro sportivo scolastico verso discipline poco diffuse sul territorio, centrando l’obiettivo di coinvolgere i ragazzi in attività nuove, ma di grande valenza educativa. Perciò un grazie sentito va al Dirigente Scolastico Preside Maria Corica, che ha creduto nel progettoww, contribuendo al regolare svolgimento delle attività, garantendo l’idonea attrezzatura tecnica necessaria.


35

pubblicita


36

QUEL RAMO DEL LAGO DI COMO... I PROMESSI SPOSI DEGLI ALUNNI DELLA SCUOLA “R. DE ZERBI”

SCUOLA DELL’INFANZIA E PRIMARIA 1° CIRCOLO “R. DE ZERBI” Corso Garibaldi n° 2 - 89015 – PALMI (RC) Distretto Scolastico n° 34 – C.F. 82000540805 Cod. Mec. RCEE067009 – Tel. Segr. 0966/22601 – Tel. Dir. 0966/263583 - fax 0966/263582 E-mail : rcee067009 @ istruzione.it

di Mirella Niutta uel ramo del lago di Como “Q che volge a mezzogiorno” così comincia il celebre romanzo “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, reinterpretato in chiave moderna dagli alunni del 1°Circolo Didattico “Rocco De Zerbi”, coordinato dal Prof. Annunziato Santoro. Le quinte classi delle sezioni A, B e D della Scuola Primaria, nel pomeriggio di lunedì 11 giugno presso il “Salone Pio X “, hanno messo in scena lo spettacolo “I Promessi Sposi” in forma di parodia dialettale dell’illustre romanzo coinvolgendo, grazie alla loro bravura e simpatia, una folla

di genitori orgogliosi di vedere i piccoli attori recitare, cantare e ballare. I costumi, la scenografia, le musiche e i canti hanno entusiasmato i numerosi spettatori presenti. Tutti gli alunni in scena hanno recitato con sorprendente padronanza di sé, dimostrando di essere veri attori. Appassionandosi subito sia alla storia che ai personaggi, i ragazzi hanno dimostrato particolare abilità nella perfetta capacità di immedesimarsi in ogni ruolo assegnato. La rappresentazione è stata particolarmente ricca in quanto ha previsto, oltre ai momenti di recitazione, anche tempi coreografici e musicali.

La bellissima parodia ha suscitato ilarità e ha allietato gli animi degli spettatori. Bravi ragazzi! Ottimo lavoro e, come si suol dire, “Buona la prima!”. È stato davvero difficile, a fine spettacolo, trovare l’aggettivo più consono per definire i termini del largo successo ottenuto dalla piacevolissima rappresentazione di fine anno scolastico che gli alunni e le insegnanti della scuola primaria Nunzia Bartuccio, Anna Caristi, Antonietta Maceri, Mirella Niutta ed Elena Trimboli hanno messo in scena grazie anche all’appoggio e alla disponibilità offerto dalla vicaria Giovanna Morabito. In ogni caso il successo lo ha de-

cretato un pubblico che ha stentato a contenere ed esprimere il suo entusiastico giudizio fin dalle battute iniziali, quando sono subito emerse le qualità recitative degli scolari. Tutto questo è stato frutto di un lungo e impegnativo lavoro preparatorio svolto dalle insegnanti grazie anche all’amore che ognuno dei tanti protagonisti ha messo in campo per poter comporre il magnifico mosaico narrativo che ha permesso al pubblico, guidato dalla voce delle tre narratrici, di conoscere Don Abbondio, Don Rodrigo, Renzo, Lucia, i Bravi, l’Innominato e tutti i personaggi del romanzo manzoniano.


37

Borsa di Studio “Maria Giovanna OLIVERI” SCUOLA DELL’INFANZIA E PRIMARIA “R. DE ZERBI”

2° edizione

nche quest’anno, il ConsiA glio di Circolo della scuola elementare Rocco De Zerbi, ha

organizzato la 2° edizione della Borsa di Studio “Maria Giovanna OLIVERI”, intitolata alla maestra prematuramente scomparsa lo scorso anno. La Borsa di Studio, riservata agli alunni delle classi quinte, ha visto impegnati, oltre ai bambini della scuola De Zerbi, anche gli alunni delle scuole S. Francesco, Trodio, Taureana, Barritteri e Seminara (luogo di nascita della maestra a cui è dedicata la borsa di studio). Il concorso nasce come giocostudio, nell’intento di stimolare i bambini ad approfondire lo studio delle materie scolastiche, spronandoli ad una “sana competizione”. Il gioco, svoltosi il 19 Maggio presso la scuola De Zerbi, verteva in domande a risposta multipla riguardanti sia le materie scolastiche che quelle di cultura generale e sportiva. L’iniziativa è stata accolta con forte entusiasmo da insegnanti e alunni, dimostrato dalle numerosissime presenze (177 alunni) accompagnati dai rispettivi insegnanti ai quali va un grande ringraziamento da parte nostra per la collaborazione e l’impegno profuso. Ma la manifestazione è stata possibile solo grazie agli sponsor (….ditta Gaglioti ceramiche e arredi – ditta PM2 tecnocenter – Conf-Lavoratori di Bonaccorso Giovanni) che con la loro disinteressata generosità hanno permesso l’effettiva realizzazione della borsa di studio. I premi consistenti in denaro sono stati così distribuiti: 1°classificato SALMERI DANIEL classe 5a D San Francesco € 400,00 2°classigicato CALABRO’ LILIANA classe 5a B De Zerbi € 300,00 3°classificato D’ELIA MICHELE classe 5a B De Zerbi € 200,00 La premiazione, svoltasi nella palestra della scuola organizzatrice il giorno 5-6-2012, ha visto presenti oltre agli insegnanti delle 5° classi, i quali accompagnati da un rappresentante di classe hanno ricevuto una pergamena – attestato di partecipazione – e un simpatico gadget personalizzato per ciascun alunno, ed oltre la direzione della scuola De Zerbi che ringraziamo per l’aiuto, il sostegno e la collaborazione che ci hanno dimostrato in entrambe le edizioni, anche il Prof. Giovanni Costa sostenitore insieme al Consiglio d’Istituto lo scorso anno. Ma soprattutto è stata importante la presenza della famiglia della maestra M. Giovanna Oliveri che nella figura della figlia Rossana ha voluto ricordare con parole forti ed emozionanti la maestra stessa, così come anche i singoli interventi degli organizzatori che hanno messo in luce il carattere forte, sempre sorridente, l’amore e la gioia per il proprio lavoro ma soprattutto per i bambini di Giovanna. Giunga così il nostro saluto a tutti i bambini che sono stati bravissimi…e buone vacanze a tutti. Michela, Mariella, Carla


38

FOTO - Zoccali Carmelo Pio

Palmi: “Palla al centro per la legalità

di Rocco Cadile olta attenzione ha suscitaM to, il quadrangolare di calcio dal titolo “Palla al centro per

la legalità”, tenutosi sabato 30 giugno, presso il campo sportivo S.Giorgio di Palmi, tra la Nazionale Sindaci d’Italia, MagistratiForze dell’Ordine, Polizia Stato e Vecchie Glorie Palmesi. Le squadre che sono scese in campo, hanno voluto mandare un messaggio chiaro, in un periodo di crisi dei valori, su un tema molto sentito, che è quello della legalità e della solidarietà, per indurre a una riflessione, specialmente i giovani

L’avvocato Luigi Cardone da il calcio d’inizio assieme al sindaco di Palmi Gianni Barone

e i bambini presenti, a coltivare le loro menti su importanti ideali della vita. E’ stato un momento di grande interesse, dove le parti coinvolte che hanno scelto appunto il calcio quale canale più vicino per parlare al cuore dei giovani, si sono affrontate con grande spirito amicale, ma anche con impegno, non deludendo le attese e regalando alla città una giornata indimenticabile. La manifestazione itinerante che si svolge nelle più grandi città italiane, fortemente voluta dalla Provincia di Reggio Calabria e dall’AICCRE (Associazione Consigli dei Comuni e delle Regioni d’Europa) rappresentata dal segretario Emilio

Verrengia, in collaborazione con la NIS (Nazionale Italiana Sindaci) che avevano preso l’impegno con il sindaco di Palmi Giovanni Barone e l’assessore Giuseppe Saletta, ha un significato sociale molto forte per i fini benefici e umanitari che si propone. Il ricavato sarà devoluto alle popolazioni emiliane colpite dal sisma. Tanti sono stati i testimonial e gli ospiti importanti, tra questi oltre ai promotori dell’iniziativa erano presenti, il consigliere regionale F.I.G.C. Domenico Luppino, il presidente ANPS (Polizia di Stato) Vincenzo D’Accunto, il presidente del Consiglio Provinciale Antonio Eroi, i ragazzi dell’associazione

“MANITESE” con il referente Giuseppe Stanganello e l’avvocato Luigi Cardone (Presidentissimo della Palmese degli anni novanta) che, ha dato il calcio d’inizio e che così si è espresso: “Queste sono manifestazioni d’impegno sociale e, un ringraziamento va a tutte quelle persone che si adoperano in questa direzione, perché aprono un varco alla riflessione sulla vita, oltre che al divertimento. Quello che si vuole dire, è che si sente il bisogno di cambiare, di crescere, per diventare persone migliori cercando sempre di stare dalla parte del bene. Bisogna far capire ai giovani che ciò che ci accade non di-


39

à e la solidarietà” pende dalla buona o dalla cattiva sorte, ma è il risultato di quello che nella vita si da. Trasmettere ai ragazzi questi esempi, è un investimento per un futuro più legale e solidale”. L’amministrazione Barone, ricca di giovani, molto attiva da quando si è insediata (la manifestazione di livello nazionale ne è testimonianza), è partita col piede giusto, mostrando lungimiranza e obiettivi, per fare uscire il paese dal torpore cui era caduto. L’intento è anche quello di invertire il modo di fare politica, favorendo l’emersione e la visibilità dei palmesi laboriosi e capaci, di chi potenzialmente potrebbe dare un contributo d’idee e operatività. Gli orientamenti del Sindaco sono proprio questi: “La Presenza del cittadino, visto sempre come un nemico dagli amministratori e messo da parte nella vita sociale e pubblica, è un passo indispensabile per la crescita della nostra città, perché ci sono le energie umane e culturali per migliorarsi”. La manifestazione presentata magistralmente da Antonio Malgeri, una persona speciale che non si tira mai indietro, quando si tratta d’impegnarsi per l’immagine della nostra città, ha avuto il suo picco più alto, quando il complesso bandistico ”Orchestra Sinfonica della Piana”, diretto dal Maestro Angelo Avati, ha suonato l’Inno di Mameli. Il pomeriggio sportivo è stato vivacizzato, da un incontro che ha anticipato l’inizio del torneo, tra i pulcini delle scuole di calcio locali, guidati abilmente da Franco Solano e Vincenzo Mambrino. Grazie al dinamico avv. Antonio Papalia, consigliere comunale che ha curato l’organizzazione, all’ingegnere Antonello Scarfone, funzionario del comune di Palmi, a Rocco Surace con delega alle strutture sportive e a Davide Scarfone cha ha collaborato con gli amministratori, si è riusciti per l’occasione ad avere un impianto quasi “accettabile”. Su questo argomento qualche considerazione è doverosa farla. Non è possibile che nel 2012, Palmi, la seconda città del litorale tirrenico dopo Reggio, non abbia una struttura all’altezza della sua

fama sportiva. Questo è un segno di regresso. Cronaca: Il quadrangolare ha avuto il suo esordio con l’incontro tra la Nazionale dei Sindaci e le Vecchie Glorie, vinto dai “ragazzi” palmesi per due a uno, con la doppietta di Claudio Militano, il “Pelè bianco”, come amorevolmente i tifosi palmesi usavano chiamarlo e gol di Mazzotta che ha accorciato le distanze. I sindaci, reduci del terzo posto ottenuto agli Europei disputati a maggio, non pensavano di trovare la squadra palmese così organizzata. Oltre alla prestazione superba dei calciatori, è stato determinante l’assetto tattico messo in atto da quella “volpe” di Enzo De Francia, allenatore delle Vecchie Glorie che, ha imbrigliato gli Amministratori. Nella seconda partita che ha visto contrapposti una rappresentanza di Magistrati-Forze dell’Odine e Polizia di Stato, l’ha spuntata la Polizia con il risultato secco di due a zero, con gol di Tavano e Ruperti. La finale tra l’A.N.P.S. e le Vecchie Glorie ha dato ragione agli esperti calciatori palmesi che hanno prevalso con un sonoro due a zero, con la doppia realizzazione di Fiorino. Indipendentemente dai risultati in campo, possiamo certamente dire che la partita più bella, è stata quella in favore della solidarietà.

Nazionale Sindaci d’Italia

Vecchie Glorie Palmesi

A.N.P.S. - Polizia di Stato

Vecchie Glorie - Sindaci 2-1 Militano, Militano, Mazzotta A.N.P.S - Magistrati/Avv 2-0 Tavano, Ruperti Vecchie Glorie - A.N.P.S. 2-0 Fiorino, Fiorino

Magistrati / Avvocati



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.