BUSSERO in VIVAVOCE 12-2018

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a cura di Sinistra

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Dicembre 2018

Il cambiamento?

in questo governo quel che c’è è peggio di quel che manca

Istruirsi, un diritto esigibile

il Piano del Diritto allo Studio del Comune di Bussero

Contro la violenza sulle donne in occasione della giornata mondiale del 25 novembre

50 anni fa... il ‘68

la stagione del cambiamento e dell’emancipazione e ...

Populorum Progressio

l’attualità di un’enciclica vecchia di 50 anni

Bussero... città aperta

una riflessione e un augurio da Curzio Rusnati

Viaggi disperati di donne, uomini e bambini in fuga dall’inferno. UNITED 4 MED è un’alleanza tra il progetto MEDITERRANEA con l’Ong tedesca SEA WATCH e l’Ong spagnola OPEN ARMS, unite nel Mediterraneo quando c’è chi vuole desertificarlo. Una flotta solidale europea per la cultura e la civiltà, contro la criminalizzazione dell’atto umanitario.


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Mentre scriviamo la legge di bilancio, che rappresenta l’insieme delle misure che saranno messe in campo dal Governo nel 2019, è ancora in itinere nei rami del Parlamento e comunque, ancorché approvata fosse, rimarrebbe ancora indeterminata nei numeri che saranno definitivi alla fine del percorso con l’Unione Europea. Per capirci 2,4 o 2% di sforamento del Pil o una crescita reale dello 0,9 anziché 1,5 % prevista cambierebbe completamente l’insieme delle cose scritte.

DOV’È IL CAMBIAMENTO? Al di là delle promesse elettorali su reddito di cittadinanza, flat tax e quota 100 sulle pensioni che vengono rimodellate ad ogni istante, ad ogni annuncio, una cosa balza agli occhi, ed è la completa assenza di una visione del futuro sviluppo, di lavoro concreto che dia speranza e risposte ai temi della disoccupazione, della povertà, del futuro dello stato sociale e di una generazione di giovani alla ricerca di un domani. Senza visione di uno sviluppo possibile non c’è risposta all’insieme di questi temi, anzi li si rende ancor più aleatori, precari ed in crescita. Non c’è in campo un’idea di energia per il futuro, centrale per ogni piano di sviluppo, non c’è un piano della formazione, della ricerca in campo che chiami tutta la nazione, dall’università, alle parti sociali, sindacati, imprese a misurarsi sul come ed in che modo produrre “lavoro”. Lavoro nell’era del digitale, che toglierà altri posti esistenti, oggi, nell’era del cambiamento climatico, che sarà l’incrocio ESSENZIALE di ogni politica di sviluppo, nell’era della globalizzazione spinta. Altro che sovranismo produttore di dazi ed affossatore dell’impresa Italia, notoriamente grande manifattura (la seconda in Europa) di prodotti da esportare. Non è un terreno facile, certo è più facile la propaganda e cercare nemici altrove, dai migranti, all’Europa maligna, ma cos’è il CAMBIAMENTO se non ci si misura con questo tema, che ripeto, riguarda il nostro futuro da vicino. Parole vuote, riempite da promesse che parlano alla pancia di ognuno di noi, ma che producono disastri nel futuro prossimo. Vedete si può combattere per una Europa più sociale, più dei popoli, ma intanto bisogna farlo con quelli che in questa Europa, nel suo futuro credono. Non con gli Orban ungheresi, gli Austriaci, i Polacchi, le Marine Le Pen, peraltro i primi

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a bocciare l’Italia nella sua manovra economica (alla faccia degli amici). Provare a farlo con quel fronte complicato che cerca di rompere la storica politica dell’austerità, messa in discussione ormai anche da parte delle cosiddette tecnocrazie, magari lavorando a svuotarlo di significato. Per noi, per capirci il tema non è il 2,4% di sfondamento del deficit, ma è sul come si costruisce questo sforamento. Rivendicare LAVORO, politiche per il lavoro, piani per il lavoro giovanile, interventi per la manutenzione dei territori, formazione, rilancio della ricerca, della scuola a tutti i livelli come centrale per costruire futuro, questi sono i terreni sui quali CI STA una richiesta di sforamento. Perché QUESTI TEMI parlano dello sviluppo possibile e del futuro di un paese moderno, quale noi siamo. Tutto l’opposto di quel che ogni giorno Lega e 5Stelle praticano. Guardate che tutto passa dalla nostra capacità di fare quelle scelte. Che nessuno pensi che sia la Flat Tax (la tassa dei poveri che danno ai ricchi) o quota 100 o il reddito di cittadinanza i temi che cambieranno la VITA ed il Futuro della nostra Italia. Se la piramide Lavoro/Pensioni, Lavoro/Stato Sociale non ha alla base l’estensione di Lavoro, TUTTO è in bilico, incerto. Difficile dire queste cose in una società che vive alla giornata, sempre più rancorosa, perché insicura, non lo fa la Politica Governativa, Lega e 5Stelle, paurosa di dire verità ai suoi cittadini, sempre in campagna elettorale permanente e quindi bisognosa di aumentare l’insicurezza. Non lo fa il PD perso nei suoi riti ed alla ricerca di senso, fa fatica a farlo la sinistra dispersa in mille rivoli nella quale anche Noi crediamo. Da qua si passa. E avremo bisogno di pazienza, generosità, personalità, di spirito di servizio, di capacità di tessere e riconciliare questa nostra società impaurita, di nuova linfa e voglia di futuro, di fame di futuro. Sono in campo le forze per fare ciò? Io credo di sì. Recentemente ho partecipato a diversi congressi della Cgil, lì tra mille difficoltà derivate dalla crisi, risposte si tentano, il piano del Lavoro, la Carta dei Diritti, lo stare in campo in ogni campanile a cucire coesione sociale, lì ho trovato risorse per il cambiamento. Le ho viste nelle vicende quotidiane delle donne e degli uomini dI Legambiente, le ho viste agli Stati Generali del Terzo Settore della Martesana, le vedo nella generosità quotidiana di chi sta facendo Politica, Amministrazione pubblica, Cultura, costruisce reti associative, spendendosi in prima persona verso giovani, anziani, disabili e mille altre cose. Solo unendo le forze, rispettando le storie e rappresentanze di ognuno, anzi ricostruendole penso potremo farcela. Per quanto ci riguarda Noi, Sinistra per Bussero siamo in campo, coscienti che le risposte NON possono attendere all’infinito. Marchesi Valerio


ISTRUIRSI Un diritto esigibile

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Piano di Diritto allo Studio Anno scolastico 2018/2019

Tabella riassuntiva conto economico Ogni anno l’Amministrazione comunale, in accordo con l’Istituzione scolastica, redige il Piano per il Diritto allo Studio, che rappresenta l’incontro e l’assunzione reciproca di responsabilità rispetto all’accoglienza e alla formazione dei nuovi cittadini. Il Piano annuale per il Diritto allo Studio è lo strumento operativo dell’Amministrazione Comunale, finalizzato a promuovere interventi per rendere effettivo il diritto allo studio, rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e socioculturale che limitano la frequenza e l’assolvimento dell’obbligo scolastico. Il Piano contribuisce, in particolare, al raggiungimento dei seguenti obiettivi: - Favorire l’accessibilità alle strutture scolastiche - Garantire un ambiente scolastico idoneo allo svolgimento dell’attività didattica (attrezzature, materiale igienicosanitario) - Fornire i libri di testo alle famiglie degli studenti delle scuole primarie - Contribuire all’acquisto del materiale didattico e di segreteria - Garantire il diritto di accesso all’istruzione obbligatoria tramite prestazione di servizi a domanda individuale (integrazione buoni pasto e pre e post scuola) - Garantire il diritto di accesso all’istruzione obbligatoria agli studenti diversamente abili - Contribuire all’ampliamento dell’offerta formativa e didattica, sostenendo i progetti previsti dal PTOF - Favorire le innovazioni educative, didattiche e tecnologiche - Garantire servizi atti a creare un clima educativo favorevole all’apprendimento (servizio di psicologia scolastica, progetto prevenzione “La coda del lupo”) - Fornire un adeguato supporto per l’orientamento scolastico e per le scelte degli indirizzi dopo la scuola secondaria di primo grado - Favorire il sostegno di progetti significativi per il loro valore educativo, sociale e culturale - Promuovere la collaborazione con le scuole e le realtà associative del territorio - Promuovere iniziative finalizzate a educare al rispetto reciproco, alla convivenza pacifica e ad accrescere la consapevolezza

della Civica convivenza e tolleranza. Accompagnare nella crescita le nuove generazioni significa assumersi il compito di condividere i loro bisogni, di far proprie le loro esigenze e necessità e trovare sia le risorse economiche sia le capacità di trasformarle in progettualità e crescita all’interno di un percorso educativo che sappia cogliere la profondità del passato, la complessità del presente per un progetto possibile di vita futura individuale e collettiva. In riferimento all’anno scolastico 2018/2019, si ritiene opportuno evidenziare due ambiti di intervento finalizzati a garantire un ambiente idoneo e accogliente e a migliorare la relazione all’interno della comunità scolastica. SCUOLA PRIMARIA - Rifacimento dell’ambiente mensa considerata l’importanza del luogo quale primo elemento di accoglienza volto allo star bene insieme. SCUOLA SECONDARIA - Progetti che affrontano le problematiche dei preadolescenti e che mirano a creare gruppi classe coesi e attivi, intervenendo attraverso attività sulle relazioni interpersonali, sulle dinamiche che nascono dalle difficoltà dei rapporti e delle scelte dei preadolescenti. - Progetti rivolti agli adulti che sono coinvolti direttamente dai percorsi di crescita dei preadolescenti. - Interventi condivisi con i docenti per la risoluzione di problemi didattici e relazionali al fine di garantire una sempre migliore inclusione di tutti gli allievi. Il compito dell’Amministrazione comunale è pertanto quello di programmare la gestione delle proprie risorse economiche per garantire e migliorare qualitativamente i servizi offerti alle scuole, ma anche quello di proporre interventi e attività, nel rispetto delle reciproche competenze, per una continua collaborazione e condivisione con l’istituzione scolastica. (dal Piano Diritto allo Studio 2018-19 presentato in Consiglio comunale dalla consigliera delegata Ornella Ponzellini)

Entrate previste REFEZIONE SCOLASTICA

40.000,00 €

SERVIZIO PRE-SCUOLA E POST-SCUOLA

25.221,00 € Totale

65.221,00

Uscite previste CONTRIBUTO E SPESE SCUOLE DELL’INFANZIA PARITARIA

14.000,00 €

MATERIALE DIDATTICO, CANCELLERIA STAMPATI

11.000,00 €

FORNITURA GRATUITA LIBRI ALUNNI SCUOLA PRIMARIA

11.700,00 €

SERVIZIO PRE E POST SCUOLA

28.478,00 €

SERVIZIO DI REFEZIONE SCOLASTICA

47.378,00 €

ATTIVITÀ SPORTIVE

500,00 €

CONTRIBUTI PER AMPLIAMENTO E MIGLIORAMENTO OFFERTA FORMATIVA

23.000,00 €

PROGETTI DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE: sostegno educativo scolastico ad personam

102.504,00 €

servizio di trasporto scolastico per alunni disabili frequentanti le scuole second. superiori

13.500,00 €

progetto star bene a scuola

3.989,00 €

progetto scuola “crescere sicuri”

1.120,00 €

progetto di prevenzione “la coda del lupo”

3.660,00 €

Progetto “Genitori in rete”

2.440,00 €

progetto orientamento scolastico “quo vadis”

2.500,00 €

proiezione del film “My name is Adil” a cura dell’ANPI ACQUISTO ARREDI SCOLASTICI

5.000,00 €

SPESE PER IL PERSONALE COMUNALE

23.500,00 €

SPESE PER TELEFONO, ACQUA, GAS ED ELETTRICITÀ

148.904,00 € Totale

Dicembre 2018

350,00 €

445.973,00


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Estratti dall’indagine ISTAT: VIOLENZA SULLE DONNE (anni dal 2006 al 2014) - https://www.istat.it/it/violenza-sulle-donne

Violenza fisica

25 Novembre - Giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Ha subìto violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,6% delle donne (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2% (855 mila) dal partner attuale e il 18,9% (2 milioni 44 mila) dall’ex partner. La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in passato lo hanno lasciato proprio a causa delle violenza subita (68,6%). In particolare, per il 41,7% è stata la causa principale per interrompere la relazione, per il 26,8% è stato un elemento importante della decisione. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. Anche le violenze fisiche (come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera dei partner o ex. Gli sconosciuti sono autori soprattutto di molestie sessuali (76,8% fra tutte le violenze commesse da sconosciuti). Le donne subiscono minacce (12,3%), sono spintonate o strattonate (11,5%), sono oggetto di schiaffi, calci, pugni e morsi (7,3%). Altre volte sono colpite con oggetti che possono fare male (6,1%). Meno frequenti le forme più gravi come il tentato strangolamento, l’ustione, il soffocamento e la minaccia o l’uso di armi. Tra le donne che hanno subìto violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, cioè l’essere toccate o abbracciate o baciate contro la propria volontà (15,6%), i rapporti indesiderati vissuti come violenze (4,7%), gli stupri (3%) e i tentati stupri (3,5%).

Il 17 dicembre 1999 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 Novembre come Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Anche a Bussero si è ricordata questa giornata con un evento organizzato dal Circolo Familiare A. Barzago e dall’associazione Trame e Intrecci. Nello spazio antistante la sede del Circolo si sono dati appuntamento donne e uomini per leggere e ricordare i nomi delle vittime di femminicidio nel 2018 in Italia: oltre 70 le donne uccise in meno di 11 mesi (e si tratta degli omicidi conclamati, perche’ a questo numero andrebbero aggiunte altre morti riconducibili a “incidenti” domestici, ai suicidi, alle conseguenza di violenze perpetrate negli anni...). L’evento si è svolto con la partecipazione di uomini che hanno dato voce ai nomi delle vittime e, contemporaneamente, di donne che apponevano sagome di farfalle a significare le singole donne uccise. La data del 25 Novembre fu scelta nel 1981 a Bogotà da un gruppo di donne attiviste. In questa data, nella Repubblica Dominicana, ricorre l’anniversario dell’assassinio delle tre sorelle Mirabal: donne impegnate a contrastare il regime del dittatore Rafael Leonidas Trujillo. Il 25 Novembre 1960 le tre sorelle, recatesi in prigione a far visita ai loro mariti detenuti per ragioni politiche, furono bloccate da agenti del servizio di informazione militare. Le tre sorelle furono torturate, uccise e gettate con la loro auto in un precipizio per simulare un incidente. La vicenda delle sorelle Mirabal è nota ai molti come la storia delle “Sorelle Mariposas” (Sorelle Farfalle).

Elisabetta Gilardelli

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Le donne separate o divorziate hanno subìto violenze fisiche o sessuali in maggiore misura rispetto alle altre (51,4% contro il 31,5% della media italiana). Incidenze maggiori si riscontrano anche per le donne che hanno tra i 25 e i 44 anni, tra le più istruite (con laurea o diploma), tra quelle che lavorano in posizioni professionali più elevate o che sono in cerca di occupazione. Le donne straniere hanno subìto violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita (31,3% e 31,5%). La violenza fisica è più frequente fra le straniere (25,7% contro 19,6%), mentre quella sessuale più tra le italiane (21,5% contro 16,2%). Le straniere sono molto più soggette a stupri e tentati stupri (7,7% contro 5,1%). Le donne moldave (37,3%), rumene (33,9%) e ucraine (33,2%) subiscono più violenze.

La violenza psicologica ed economica

Oltre alla violenza fisica o sessuale le donne con un partner subiscono anche violenza psicologica ed economica, cioè comportamenti di umiliazione, svalorizzazione, controllo ed intimidazione, nonché di privazione o limitazione nell’accesso alle proprie disponibilità economiche o della famiglia. Nel 2014 sono il 26,4% le donne che hanno subito volenza psicologica od economica dal partner attuale e il 46,1% da parte di un ex partner.

Lo Stalking

Una percentuale non trascurabile di donne ha subito anche atti persecutori (stalking). Si stima che il 21,5% delle donne fra i 16 e i 70 anni (pari a 2 milioni 151 mila) abbia subito comportamenti persecutori da parte di un ex partner nell’arco della propria vita. Se si considerano le donne che hanno subito più volte gli atti persecutori queste sono il 15,3%. Complessivamente, sono circa 3 milioni 466 mila le donne che hanno subìto stalking da parte di un qualsiasi autore, pari al 16,1% delle donne.


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Sono passati 50 anni da quel lontano 1968, quando un’intera generazione di giovani si sollevò rivendicando un ruolo, uno spazio, un avvenire diverso da quello delle generazioni precedenti. Fu un moto inarrestabile che coinvolse famiglie, relazioni, università, scuole di ogni genere e grado, fabbriche, un fiume in piena che frantumò certezze, attraversò le istituzioni, squassò i partiti, le chiese e gli equilibri fino ad allora esistenti. I giovani rivendicavano futuro, protagonismo e partecipazione, libertà d’ogni genere, diritti sociali, contestavano la neutralità della scienza, il classismo nelle scuole e università, la famiglia come mero luogo della riproduzione ed il ruolo delle donne in essa. Insomma una rivoluzione culturale che attraversò tutto l’Occidente e non solo e segnò il futuro della nostra società, tutt’ora lo segna. Nonostante gli arretramenti sui diritti sociali che abbiamo visto in questi anni, rimangono fieramente in piedi una scuola pubblica non più di censo, una sanità pubblica universale, tra le prime al mondo, nonostante il tentativo continuo di svuotarla a favore del privato (allora c’erano le mutue per ogni categoria, non c’era l’assistenza sanitaria estesa a tutti e tutte, universale), rimangono i diritti personali frutti di quella stagione, la libertà di scelta delle donne in caso d’aborto ed il diritto a farlo in strutture pubbliche (non clandestinamente a migliaia come avveniva allora per non dimenticare), il divorzio e tante altre conquiste,oggi scontate, ma che allora erano miraggi.

Il 68 contaminò il movimento operaio, dando vita ad una grande stagione di riscossa operaia, che portò allo statuto dei lavoratori con l’art.18, quello che tutti a destra vogliono abrogare e non solo a destra. Fu passione pura che coinvolse milioni di giovani che per la prima volta presero in mano i destini della loro vita. Non tutto fu idilliaco, bello, come lo slogan d’allora “la fantasia al potere”, le derive furono gravi, la violenza attraversò il movimento e diede vita a quel terrorismo rosso che tanto danno fece al movimento stesso, fino ad ucciderlo ed anche alla classe operaia ed alla sinistra tutta. Ma chi visse quei momenti, la tensione collettiva che si percepiva, l’empatia giovanile, la voglia di protagonismo che si esplicitava in mille modi, dalla cultura, alla scuola, alla fabbrica con la nascita di organismi consiliari e di partecipazione, ebbene chi visse quei momenti non può non ripensarli come “storici”, anche alla luce delle vergogne dell’oggi. Noi ne fummo partecipi, attraversati nei luoghi dove vivevamo, fosse la scuola, la fabbrica, l’oratorio, i partiti di allora, il nostro paese. Da allora per la gran parte di Noi la vita fu segnata, la parte che scegliemmo è quella per cui ci battiamo ancora adesso. I nostri fari erano Don

50 anni fa... ...il “68” Lorenzo Milani con la sua “lettera ad una professoressa”, l’internazionalismo del Che Guevara o di Camilo Cienfuegos, una lettura complessa della società capitalista, mai semplificata, un’idea di cambiamento collettivo guidato dal popolo, non in nome del popolo, noi non ci siamo mai sentiti “educatori del popolo”, anzi abbiamo sempre coltivato “l’arte del dubbio”. Fummo anche saccenti, qualche volta, come lo sono spesso i giovani. Un caro amico e compagno in quei anni scrisse di noi sui muri definendoci “chierichetti della rivoluzione” e con il senno di poi un po’ lo eravamo, ma sempre abbiamo cercato, almeno nella nostra esperienza locale, l’incontro in primo

vamo e vediamo impegnato per la propria comunità e guardate, sembrerà strano, ma questo è sempre stato a prescindere dalla collocazione politica. Oggi, a distanza di 50 anni sembra un racconto di preistoria, pieno di nostalgia, oggi nell’era dei social il 68 appare come una pellicola in bianco e nero. Allora, però, erano “i corpi” che si muovevano, il collettivo, lo stare insieme fianco a fianco, fossero i cordoni della manifestazione, i picchetti alle fabbriche e scuole, fossero le infinite riunioni ammassati in luoghi incredibili o le cantate collettive. Il Corpo era sempre presente a dare senso all’animo, al cuore profondo di ognuno

luogo con quelli che sentivamo allora più vicini a noi, perché impegnati a difendere “gli ultimi”, allora erano i comunisti, i cattolici impegnati nella ricerca di una Chiesa nuova. Sempre abbiamo portato stima a chi vede-

di noi. Oggi un like non si nega a nessuno e ci si sente “opinione”. E’ tempo forse che quel momento torni. Valerio Marchesi

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Il 14 ottobre 2018 Paolo VI è stato proclamato santo. Questo papa, oltre che portare a compimento il Concilio Vaticano II ci ha lasciato alcuni testi che, dopo 50 anni, si rivelano più che attuali: uno di questi testi è l’enciclica “Populorum progressio” (Lo sviluppo dei popoli) pubblicata nel 1967 per proiettare la luce del Vangelo sui problemi sociali del suo tempo che, a onor del vero, non erano diversi da quelli di oggi. Nell’incipit dell’Enciclica

risorse disponibili. I Paesi sviluppati hanno conosciuto una forte crescita economica, ma nel medesimo tempo, si sono estese le aree di povertà, tanto più là dove la guerra ha colpito e colpisce. L’accentuata disparità tra popoli ricchi e popoli poveri,– tra nord e sud del mondo,- costituiva già ai tempi di Paolo VI una situazione intollerabile, dalle potenzialità esplosive che il testo denunciava in nome della solidarietà universale e della giustizia.

del sottosviluppo, con la scelta degli obiettivi da raggiungere e con l’individuazione delle strategie da applicare, ma adesso sembra che tutto questo lavoro sia ancora da fare. Lo sviluppo è l’idea portante dell’Enciclica, ne assicura l’unità; numerosi aggettivi cercano di precisarne il contenuto, perché lo sviluppo deve essere vero, plenario, integrale, solidale; non basta, per quanto necessaria, la sola crescita economica. La “Populorum progressio” è strutturata in due parti: «Per uno sviluppo integrale dell’uomo» è il titolo della I parte, e «Verso lo sviluppo solidale dell’umanità» è il titolo della Il parte. Prima della conclusione il papa segnala un altro tema e scrive: “Lo sviluppo è il nuovo nome della Pace”, perché “Le disuguaglianze economiche, sociali e culturali troppo grandi tra popolo e popolo provocano tensioni e discordie, e mettono in pericolo la pace.” Seguendo il filo logico dell’enciclica per lo sviluppo dell’uomo e dei popoli bisogna partire dalla lotta contro la fame per passare a livelli successivi di benessere quali salute, lavoro, educazione, ecc.; solo allora si può passare alla promozione sociale, politica e culturale nel rispetto delle caratteristiche di ogni popolo e da ultimo si può puntare anche a trovare un’ intesa sui valori morali.

“Populorum progressio” L’attualità di una enciclica vecchia di 50 anni leggiamo: “Oggi, il fatto di maggior rilievo, del quale ognuno deve prendere coscienza, è che la questione sociale ha acquistato dimensione mondiale” e trovare un “oggi” in un testo vecchio di 50 anni, che ci invita a considerare la dimensione mondiale dei problemi sociali ci stupisce, perchè - nonostante la globalizzazione- ci sono forze “sovraniste” che pensano che ogni stato possa badare a sé stesso come se il resto del mondo non esistesse. L’Enciclica risale al tempo della decolonizzazione quando, divenute indipendenti molte nuove nazioni, erano aumentati i membri dell’ONU e i nuovi stati, pur su piani di disparità, cominciavano a incontrare le grandi potenze. Per Paolo VI l’indipendenza politica richiede un minimo di autonomia economica, ma per molti stati non era allora e non è facile raggiungerla neppure ai nostri giorni. Dopo 50 anni non è stato ancora risolto il problema di come gli stati possano vivere nella giustizia, nella solidarietà, nel rispetto reciproco e di come le relazioni internazionali possano favorire lo sviluppo di tutti i popoli e garantire a tutti gli uomini un equo accesso alle

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Ai nostri giorni le potenzialità esplosive sono sotto gli occhi di tutti, o almeno di quelli di chi le vuole vedere; i cambiamenti climatici e le migrazioni forzate di migliaia di persone, le guerre endemiche ne sono la più evidente testimonianza. L’Enciclica era stata accolta in maniera positiva dai responsabili politici ed economici, dalle organizzazioni private e dall’opinione pubblica del tempo, ma ora non sappiamo quanto di concreto sia stato messo in atto per seguire le indicazioni del papa. Il testo avrebbe dovuto concretizzarsi, dopo una analisi della diversità delle situazioni e delle cause


IL POPULISMO CHE FREGA IL POPOLO Nel quadro delle relazioni internazionali, Paolo VI auspica che la cooperazione internazionale giunga a costituire un ordine giuridico universalmente riconosciuto e solo in questa prospettiva lo sviluppo sarà a servizio della pace. Per attuare queste aspettative Paolo VI voleva che si superassero i dibattiti ideologici sulle strutture sociali che ogni Paese si sceglie; dopo 50 anni certi muri sono caduti, ma ne sono stati innalzati altri e altri sembrano doversi innalzare ogni giorno. L’enciclica affronta molti problemi umani: la demografia, l’alfabetizzazione, i lavoratori migranti, la pianificazione, l’accoglienza degli studenti, l’equità nelle relazioni commerciali internazionali e molti altri ancora. Questi temi sono nelle cronache di tutti i giorni, ma sembra che l’umanità abbia fatto passi indietro rispetto alla situazione del tempo della “Populorum Progressio”. Non ci resta che riprendere l’invito di Paolo VI che in chiusura dell’Enciclica così si esprime: “Infine, ci volgiamo verso tutti gli uomini di buona volontà consapevoli che il cammino della pace passa attraverso lo sviluppo. Delegati presso le istituzioni internazionali, uomini di Stato, pubblicisti, educatori, tutti, ciascuno al vostro posto, voi siete i costruttori di un mondo nuovo Supplichiamo Dio onnipotente di illuminare la vostra intelligenza e di fortificare il vostro coraggio nel risvegliare l’opinione pubblica e trascinare i popoli. Educatori, tocca a voi di suscitare sino dall’infanzia l’amore per i popoli in preda all’abbandono. Pubblicisti, vostro è il compito di mettere sotto i nostri occhi gli sforzi compiuti per promuovere il reciproco aiuto tra i popoli, così come lo spettacolo delle miserie che gli uomini hanno tendenza a dimenticare per tranquillizzare la loro coscienza: che i ricchi sappiano almeno che i poveri sono alla loro porta e fanno la posta agli avanzi dei loro festini.”

Marco Vergani

Tanto le assurde norme rigoriste del Fiscal Compact e dei Trattati, quanto la politica di promesse elettorali, fatte da Lega e M5S, invece di risollevare il paese e le condizioni dei suoi abitanti, ci stanno conducendo ad uno scontro senza soluzioni positive di uscita. L’Italia è sotto scacco in Europa. I conti non tornano, come era evidente sin dal principio, ma il tempo delle chiacchiere adesso sta per finire. Il governo stima la crescita del prodotto interno 2019 all’1,5, realisticamente le migliori previsioni si attestano attorno allo 0,9, il che equivale a circa 10 miliardi di ulteriore deficit; le dismissioni per 18 miliardi nel 2019, uno dei pilastri previsti dal Governo per sostenere la manovra sono pura fantasia, basta confrontare le precedenti privatizzazioni realizzate: il rapporto è di 2/10 (quindi circa 3,6 mld effettivi). Andiamo con ordine sui punti strombazzati in campagna elettorale. - Il sussidio di cittadinanza sarebbe dovuto andare, in origine, a 17 milioni di cittadini, ridotti poi nel contratto a 9 milioni. Il governo ora parla di una platea di 5-6 milioni di beneficiari. I conti, però, non tornano lo stesso. Dei 9 miliardi previsti, circa 7 dovrebbero servire al vero e proprio «reddito di cittadinanza», anche prendendo a riferimento solo le famiglie in povertà assoluta (sono 1,8 milioni) andrebbero dai 400 ai 500 euro al mese per famiglia, non per persona. La coperta era già corta e venivano individuati condizioni e paletti per ridurre ulteriormente la platea dei beneficiari, ma ora i cittadini possibili percettori saranno ancora meno dopo la trattativa con l’UE per contenere il deficit. - Al reddito di cittadinanza, si aggiunse la pensione di cittadinanza per tutti i pensionati poveri, il cui assegno sarebbe stato appunto integrato fino a 780 euro, prevedendo uno stanziamento di 900 milioni alla «pensione di cittadinanza». Per integrare le entrate degli oltre sette milioni che denunciano al fisco redditi fino a 500 euro al mese, si stima cautamente un fabbisogno di più di 25 miliardi l’anno. Una cifra enorme rispetto ai 900 milioni stanziati. - Pensioni: superare la legge Fornero (cosa non vera) con la «Quota 100» che dovrebbe essere realizzata con un’unica combinazione di età anagrafica e anni di contributi versati. Saranno richiesti minimo 62 anni di età e 38 anni di anzianità contributiva, con un taglio, nei casi peggiori, del 20-25% dell’assegno pensionistico. Quota 100 rimane una variabile a crescere perché senza i 38 anni di contributi a 62 anni non si esce dal lavoro e quindi occorre lavorare fino al raggiungimento di tale limite contributivo e poi aspettare la finestra di uscita. Questo provvedimento per ora somiglia più a una singola finestra che permette il pensionamento anticipato a potenziali 380 mila lavoratori nel 2019, di cui circa 150 mila dipendenti pubblici. Il fatto che il governo stanzi 6,7 miliardi il primo anno del programma, poi 7 in ciascuno dei due anni seguenti, significa una cosa sola: ci sono soldi solo per chi si ritira nel 2019 e continuerà a pesare sul sistema previdenziale nei due anni seguenti. Questa è una finestra che si apre e poi si chiude, non una revisione permanente. Per non parlare degli almeno sette miliardi che può costare fino al 2021 la liquidazione dei dipendenti statali. - Flat Tax, la riforma ipotizzata prevede un’aliquota unica al 15%, l’eliminazione di tutte le detrazioni, deduzioni su base familiare di €3.000 per componente nel caso di reddito del nucleo familiare inferiore a €35.000 e per i soli familiari a carico per nuclei con reddito familiare tra i €35.000 e €55.000. Questa riforma è fortemente discriminatoria nei suoi effetti. Il 10% delle famiglie più ricche otterrebbe un dimezzamento dell’imposta media. Tale risparmio d’imposta risulta decrescente al decrescere del reddito e sostanzialmente nullo per le famiglie nella metà inferiore della distribuzione del reddito. Milioni di italiani, che sperano nei progetti del governo, resteranno molto delusi quando se ne vedranno i dettagli e le ricadute reali: è facilmente immaginabile chi pagherà maggiormente il costo di un aumento del deficit senza sviluppo. A.G.

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BUSSERO...

città aperta Approfitto dell’ospitalità di Bussero in VivaVoce per condividere qualche riflessione con Voi alla fine di un altro anno ricco e impegnativo. La prima considerazione è che questa Comunità non smette mai di stupirmi per la capacità di rinnovarsi continuamente, di mettersi sempre in gioco, pur tenendo ben saldo quel filo rosso che si dipana solido e imperterrito da più di 40 anni. E, guardate, non è un filo politico, ma è il filo dell’equilibrio, della concretezza, della sobrietà nelle parole e nelle azioni, il filo delle presenze continue. E’ lo stesso filo che cuce insieme la grande coperta di Bussero, i tanti e diversi dello street food, gli oltre 500 busseresi di origine straniera che vivono tra noi e con noi, i ragazzi dell’oratorio, il controllo di vicinato. E’ il filo che segna chi sta al merito delle cose ed evita la polemica sterile. Il filo sicuro e resistente della qualità delle persone e delle scelte responsabili. Ho poi capito che una Comunità ti parla in molti modi, con un sussurro, una battuta al bar, un urlo di protesta, a volte con un complimento altre con un assordante silenzio. Il nostro compito è saper ascoltare, interpretare e poi agire, il nostro compito è allenarla a prendersi cura di se stessa e costruire e tenere aperti i luoghi dell’incontro. Perché sia pronta a fare quel cambio di passo più che mai necessario ora che le partite del passato si stanno chiudendo, ora che percorsi faticosi si avviano a compimento: l’auditorium con il palazzetto, la stazione metropolitana, la riqualificazione energetica ed una ciclabilità diffusa. Ora è necessario un nuovo progetto per Bussero, che sia innanzitutto occasione di nuove relazioni, nuovi protagonisti, nuove energie, visioni e sfide. Dobbiamo innovare e includere, andare senza timori oltre il giardino di casa, promuovere l’emancipazione civica e le persone con il loro sano individualismo, perché la vera battaglia è contro le nuove forme dell’egoismo, è contro la nuova paura dei poveri, non dei diversi, dei poveri! Contro chi ci propone la ritirata dal futuro. E allora, come diceva sempre Giuseppe Barlassina: “sempre avanti, mai paura!” e facciamolo insieme con la passione e lo stile di Bussero e dei Busseresi. Auguro a Tutti Voi un sereno periodo festivo ed un buon futuro. Il Vostro Sindaco

Curzio Aimo Rusnati

SINISTRA per BUSSERO

SILVIA UNA RAGAZZA NORMALE IN UN MONDO (A)NORMALE Silvia Romano l’ho conosciuta due mesi fa, in una birreria del milanese, per via di amicizie in comune, Silvia è una ragazza normale, con molte passioni tra cui una in particolare, quella di aiutare gli altri. Finita la Laurea ha deciso di andare in Kenya ad aiutare quelle popolazioni, soprattutto i bambini. Silvia non è un’eroina, Silvia è una ragazza normale come tante, che però ha preso in mano la sua vita e ha deciso di aiutare gli altri, ha deciso di fare qualcosa in cui credeva fortemente per cambiare questo mondo. Un mondo impazzito: in cui tutti giudicano, tutti si sentono migliori di altri, un mondo che vomita bile, spesso senza ragione alcuna, un mondo in cui ormai anche se fai del bene: “lo potevi fare meglio”, “potevi aiutare qua in Italia”, perché prima gli Italiani, prima noi. Questo “prima” che esclude, che non di certo include e che continuando a mettere sempre prima qualcuno di qualcun altro arriva all’apologia dell’individualismo, al prima io! In un mondo svuotato di umanità, senza un minimo di empatia, un mondo senza rispetto per le vite umane, un mondo che divide al posto di unire, io voglio continuare a pensare e sperare che Silvia rappresenti la normalità e che sia il mondo ad essere anormale. Viviamo in un periodo pieno di difficoltà per noi giovani, un periodo in cui fatichiamo ad immaginarci un futuro, in cui manca il lavoro, le tutele, in cui farsi una famiglia e avere una casa è considerato un lusso e non la normalità. Un periodo in cui ormai ci siamo abituati a “subire” questa realtà dei fatti che inevitabilmente spinge e vuole spingere sempre più ad essere egoisti, a pensare solo al proprio benessere, a pensare esclusivamente a se. In un periodo del genere, voglio fermamente credere che Silvia rappresenti la normalità, la normalità di vivere non solo per se stessi, di vivere per gli altri, la normalità di sentirsi appartenenti all’umanità intera, di sentirsi tutti responsabili del mondo in cui viviamo, la normalità di sentire il bisogno di fare del bene, anche nel proprio piccolo, per dare senso alla nostra vita, per tentare di migliorarlo questo mondo così cupo, riempiendolo di vita. Perché proprio come scrive Silvia in un suo post: “Si sopravvive di ciò che si riceve, ma si vive di ciò che si dona.” Thomas Livraghi

- Via Croce 20 - 20060 Bussero (MI)


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