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8.9. La professionalità docente e la didattica digitale integrata

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Enrico Montaperto

Già con la Legge 107/2015 e l’istituzione del Piano Nazionale per la Scuola Digitale (PNSD), la didattica digitale si è configurata come uno strumento fondamentale non solo per superare la metodologia tradizionale fondata su centralità del docente e trasmissione frontale dei saperi, ma anche per favorire la centralità dell’alunno quale protagonista del processo di insegnamento/apprendimento. L’ausilio delle tecnologie digitali svolge, infatti, un ruolo decisivo nell’implementazione di moderne metodologie didattiche, permettendo un allargamento – anche in termini di inclusione – degli ambienti di apprendimento, non più confinati all’interno delle pareti dell’“aula”. Con l’emergenza epidemiologica gli stessi provvedimenti governativi che si sono susseguiti, pur nella varietà delle disposizioni in essi contenute, recano tutti in filigrana l’intenzione legislativa di ribadire come la Didattica a Distanza (DaD) non fosse da intendersi come risultato di un’improvvisazione emergenziale, bensì come insieme di azioni formative da agire a prescindere dalla presenza fisica nel medesimo luogo e con l’ausilio di tecnologie già conosciute nel mondo della scuola. Tuttavia, è innegabile che la Scuola abbia dovuto fronteggiare forti criticità nel riorganizzare rapidamente le proprie attività formative, anche predisponendo strumenti digitali – spesso insufficienti e/o inadeguati – per garantire la conclusione dell’anno scolastico in uno scenario inedito e imprevedibile. Le numerose indicazioni governative, del resto, evidenziano un quadro in divenire, frutto di correttivi e assestamenti. I docenti, d’altro canto, hanno sovente dovuto autoformarsi, colmando talvolta un gap tecnologico preesistente in tempi brevissimi e riprogettando azioni, tempi e strumenti in funzione della DaD.

È indubbio, infatti, nonostante intenzioni legislative e sforzi degli operatori della Scuola, come questa prima fase abbia connotato in senso emergenziale la DaD e che, in mancanza iniziale di linee guida specifiche e di una formazione ad hoc per docenti, l’azione didattica possa essere stata in alcuni casi meno incisiva. Solo con il decreto n. 39 del 26 giugno 2020 il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato le Linee Guida per la Didattica Digitale Integrata (DDI), in cui si richiede per tutti gli Istituti scolastici l’adozione di un Piano per l’a.s. 2020/21, che consenta di essere preparati “qualora si rendesse necessario sospendere nuovamente le attività didattiche in presenza a causa delle condizioni epidemiologiche contingenti”. Il disegno ministeriale pone, dunque, un tassello imprescindibile nel passaggio dalla DaD - di tipo emergenziale - alla DDI, intesa quale innovativa metodologia di insegnamento-apprendimento complementare e integrativa della scuola in presenza, nonché suppletiva in caso di sospensione dell’attività didattica in presenza a qualunque titolo. Una delle problematiche più cogenti che le scuole, e in particolar modo i docenti, si trovano a dover fronteggiare nell’erogazione della lezione a distanza è la partecipazione degli studenti. Non c’è dubbio che motivare i discenti sia fondamentale per ottenere risposte efficaci, coinvolgendoli nelle attività proposte e rendendoli protagonisti del loro apprendimento. Infatti, fin dall’inizio dell’emergenza epidemiologica la sospensione delle attività didattiche in presenza è stata spesso percepita, soprattutto dall’opinione pubblica, nei termini di assenza di partecipazione. Per quanto sia indubbia l’insostituibilità dell’interazione in presenza, al di là delle inevitabili criticità poste da una situazione emergenziale, il problema ha interessato nondimeno l’aspetto della comunicazione. Far comprendere all’esterno delle mura scolastiche - nella fattispecie virtuali - l’intenso sforzo di tutto il personale scolastico per garantire il conseguimento degli obiettivi formativi in un contesto nuovo, dall’oggi al domani, si è rivelato in molti casi decisamente complesso, al punto che non sono mancate illazioni sulle presunte “vacanze” in particolare

dei docenti impegnati nell’erogazione della DaD e sulle condizioni di privilegio dei dipendenti pubblici della scuola. Simili inaccettabili accuse, seppur marginali, nella loro infondatezza non meritano di essere in sé discusse, se non come indicazioni della difficoltà della scuola a mantenere viva ed efficace la comunicazione con il resto della societas. In altre parole, la sospensione delle attività didattiche in presenza è stata in alcuni casi intesa come interruzione delle attività didattiche tout court, quasi che – privata della presenza – la stessa funzione educativa della scuola, ridotta in molte retoriche pubbliche alla sola “socialità”, fosse venuta meno. Ciò induce a una riflessione prioritaria sul concetto di partecipazione. Nel momento in cui, grazie all’ausilio degli strumenti tecnologici, è possibile ad esempio gestire progetti internazionali collaborando a distanza, la scuola sembra invece vincolata a un orizzonte esclusivamente anacronistico, in cui tutto ciò che è considerato normale, possibile ed efficace in altri settori della conoscenza risulterebbe invece meno incisivo nell’ambito scolastico. Naturalmente non è qui posta in discussione la didattica in presenza come nucleo centrale della partecipazione nel “fare scuola”, ma è rilevante sottolineare come l’aggiornamento delle metodologie e il ricorso alla tecnologia, da tempo in uso nel contesto scolastico, non siano stati ancora pienamente recepiti dalla società, e talvolta – purtroppo – neppure dagli stessi docenti. È necessaria, in quest’ottica, un’assunzione di responsabilità di tutta la comunità educante.

Se è vero che la società nel suo complesso ha ben poca contezza delle innovazioni interne al mondo scolastico, è altrettanto vero che la scuola non ha saputo veicolare all’esterno i cambiamenti in atto, né tradurli – in altri casi – in opportuna prassi didattica: la visione anacronistica a cui la prospettiva comune ha ancorato la scuola, infatti, è talora condivisa dagli stessi soggetti che dovrebbero operare per rinnovarla. Ciò può imputarsi al mancato aggiornamento delle metodologie o a un ricorso alla tecnologia scevro da un uso consapevole, presupposti indispensabili affinché – attraverso il corpo docente in primis – la scuola possa trasmettere alle famiglie, e dunque all’esterno, il processo di innovazione digitale, tecnologica e metodologica che l’ha profondamente modernizzata, nello sforzo di adeguarla a un mondo fluido, interconnesso e in rapida evoluzione.

Infatti, nonostante da ormai diversi anni ci si muova nella direzione di un rinnovamento delle metodologie didattiche, anche grazie all’apporto delle tecnologie, è comune la difficoltà di spiegare tanto ad alcuni docenti quanto alle famiglie, spesso ancorate ai moduli della tradizionale lezione frontale e ai criteri di valutazione ad essa relativi – e talvolta anche agli studenti – i criteri della valutazione per competenze o l’adozione di metodologie radicalmente innovative rispetto alla didattica tradizionale. Il passaggio alla DDI, tuttavia, non comporta un mero trasferimento delle pratiche didattiche dalla classe in presenza all’aula virtuale, che risulterebbe poco efficace e poco indicato al medium utilizzato, ma richiede un’adeguata progettazione dell’ambiente di apprendimento e l’adozione strutturata e consapevole delle metodologie di volta in volta più indicate per le attività proposte. D’altra parte, la DDI si fonda su attività sincrone e asincrone. Per quel che concerne le attività sincrone sono proprio queste metodologie innovative fondate sulla costruzione attiva e partecipata del sapere da parte degli alunni – come la didattica breve, la classe capovolta, l’apprendimento cooperativo e il debate, suggerite peraltro esplicitamente dalle Linee guida per la DDI – a essere particolarmente indicate nell’ambito della didattica a distanza. La difficoltà di comunicare efficacemente modalità di svolgimento, obiettivi specifici e metodologie didattiche da utilizzare, di difficile gestione nella prima concitata fase emergenziale, dovrebbe essere stata superata durante questo nuovo anno scolastico anche attraverso le progettazioni disciplinari, che fin dall’inizio sono state strutturate secondo quanto previsto dalla DDI e condivise con studenti e famiglie. Più complesso rimane invece esplicitare le dinamiche collaborative sottese alle attività asincrone, volgarmente intese come poco partecipative, in quanto svolte al di fuori della consueta relazione docente-discente. 167

È, dunque, quanto mai importante riuscire a integrare tutti gli attori coinvolti, la cosiddetta “comunità educante”, nel processo di acquisizione di una nuova consapevolezza e coscienza rispetto a cosa sia la scuola oggi, lasciandosi finalmente alle spalle concezioni ormai superate. Anche per questo occorre operare sinergicamente, al fine di trasferire concetti e strumenti acquisiti da tempo, quali il Piano Nazionale per la Scuola Digitale, il Quadro delle competenze chiave europee e di cittadinanza nonché i principi della didattica inclusiva, nel discorso comune intorno alla scuola e nella comprensione delle dinamiche che la animano.

In tal senso l’attenzione pubblica sulla scuola, forse mai così al centro del dibattito quanto nel periodo difficile che stiamo vivendo – seppure soprattutto in merito alla polarizzazione scuole aperte/scuole chiuse, peraltro posta in termini scorretti - può costituire un’occasione importante per portare alla luce l’evoluzione che ha interessato le istituzioni scolastiche dal punto di vista del digitale e delle metodologie a esso connesse. Alla luce delle presenti osservazioni, frutto del percepito, una funzione decisiva – in questo processo di superamento delle concezioni anacronistiche e immobiliste della scuola – non può non essere assunta dalla DDI, che, cresciuta in un momento di criticità, offre una prospettiva strutturata della didattica odierna, sistematizzando in modo ufficiale e organico l’integrazione tra didattica digitale e didattica tradizionale. L’acquisizione di metodi e strumenti innovativi indotta dalla DDI dovrà necessariamente costituire una base consolidata sulla quale immaginare ed edificare la scuola di domani. È risaputo che i momenti di “crisi”, come indica l’etimo stesso del termine, siano al tempo stesso momenti di scelta, di valutazione e conseguentemente di cambiamento.

Le criticità che in Italia da marzo stanno attraversando il mondo della scuola hanno indotto, per certi aspetti, un’accelerazione dei processi di digitalizzazione, di organizzazione e di riflessione che ha costretto i soggetti coinvolti a trovare risposte celeri ed efficienti, superando – sotto la spinta dell’emergenza – le rigidità e la macchinosità che normalmente attanagliano le grandi istituzioni. In questo contesto la didattica digitale integrata rappresenta, senza dubbio, sia uno spartiacque di innovazione tra ieri e oggi sia un ponte con ciò che sarà, anche quale stimolo allo sviluppo professionale del docente che è una delle leve del cambiamento del mondo dell’Istruzione.

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