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fondamentali. Quali sfide per le generazioni future?

3.2. Ripensare l’economia secondo i principi dei diritti fondamentali. Quali sfide per le generazioni future?

Greta Balliu

Nell’ambito del tema proposto quest’anno al convegno, la mia introduzione riguarda il legame tra l’economia e i diritti umani. Sarebbe possibile introdurre un’economia dei diritti umani? Un’economia che avesse come base i principi dei diritti umani e le proponesse come delle libertà, e che le loro interconnessioni avessero un legame normativo intercorrendo la responsabilità uguale di ogni attore. Mi interrogo su questi argomenti da molto, ma il vissuto di un periodo pandemico, che ha influenzato diversi contesti, come quello sociale, culturale, ambientale e economico, ha permesso una riflessione su questo mal comune “senza frontiere” che non è l’unica, ma forse la più visibile e concreta. Come questa possiamo elencare altre, con un impatto meno visibile, come le crisi finanziarie, i cambiamenti climatici, le guerre ecc. Di fronte a questi fenomeni – che richiedono l’inclusione dei diversi saperi, diversi contesti e diversi attori – si pone la questione dell’approccio economico d’attuare. La proposta di quest’articolo è un approccio economico basato sui diritti umani come fonte di libertà, diritti e responsabilità, proponendo i principi dei diritti umani come principi cardine di un’economia che propone politiche economiche sostenibili e orientate verso un futuro delle generazioni.

La prima parte dell’articolo tratta l’introduzione dei principi dei diritti umani. La seconda parte introduce i diritti dell’uomo in economia e lo sviluppo della letteratura di questi ultimi anni. L’articolo termina con la responsabilità degli attori e l’importanza della fiducia nelle interazioni communi e altre riflessioni conclusive.

3.2.1. nuove sfide sociali, culturali, economici e ambientali

Negli ultimi anni ci stiamo confrontando con nuove sfide di natura culturale, naturale, economica e sanitaria.

Con la globalizzazione, la questione dei diritti culturali prende importanza, e le diversità delle opinioni, d’interazione, di modi e di comunicazione diventano parte della realtà delle interazioni globali. Grazie a questo processo, le comunità culturali che difendono i diritti come la parità di genere, i cambiamenti climatici – con il movimento di Greta Thunberg – e il forum di «The Economy of Francesco» per un’economia basata sul rispetto della Terra e degli esseri umani, si amplificano e oltrepassano le frontiere. Senza dimenticare la diversità del tessuto sociale delle nazioni e dei fenomeni migratori diversificati: la seconda generazione dei giovani con doppia o tripla cittadinanza, ragioni diversi di migrazione da quello legato alle guerre e alla povertà, saperi e modi di vita vari che modificano anche la nozione stessa della democrazia e la nozione di stato-nazione-responsabilità globale dei cittadini1 . Questi fenomeni esigono soprattutto un sistema educativo riformato.

L’emergenza ambientale, legata al riscaldamento climatico, comporta presumibilmente

1. Per identità e comunità culturali mi riferisco alla definizione della dichiarazione dei diritti culturali di Friburgo, art. 2 comma b e c: b. l’espressione «identità̀ culturale» è intesa come l’insieme dei riferimenti culturali con il quale una persona, sola o in comune, si definisce, si costituisce, comunica e intende essere riconosciuta nella sua dignità̀; c. per «comunità̀ culturale» si intende un gruppo di persone che condividono dei riferimenti costitutivi di un’identità̀ culturale comune che intendono preservare e sviluppare. 41

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un cambio di paradigma rispetto al modello di sviluppo basato sul combustibile fossile prevalente negli ultimi due secoli. L’investimento in nuove forme di energia e salvaguardare la biodiversità si rendono inevitabili.

Dal punto di vista economico, la scienza stessa subisce dei cambiamenti e certe teorie economiche corrispondono meno alla realtà di oggi. La rapida ascesa di nuove potenze sta diversificando le opportunità ed esercitando grandi pressioni sulle risorse disponibili, in un’epoca che in cui si cerca di liberarsi dalla dipendenza dei combustibili fossili. La crescente integrazione globale sta creando una stretta interdipendenza e reciproca vulnerabilità, rese evidenti dai ripetuti shock finanziari, ma anche dalla penuria alimentare ed energetica, dalle pandemie e dal circolo vizioso di conflitti e povertà. Dagli anni novanta altre discipline si sono avvicinate all’approccio economico per avanzare la concezione dell’homo oeconomicus all’homo sapiens e all’uomo e alla teoria economica che esige urgentemente la considerazione delle variabili ecologiche e del rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Nel 1998 in «Journal of Economic» Rabin propone un orientamento verso un relativismo insistente l’universalismo di homo oeconomicus razionale e della «ragione dell’equilibrio» sostituendola con le invocazioni di etica e di psicologia. Secondo l’autore, la presenza della psicologia, introdotta nella teoria economica, potrebbe aiutare il passaggio dall’homo eoconomicus all’uomo sapiens2. L’unione di etica ed economia ha reso indispensabile la ridefinizione dei concetti economici soprattutto dello sviluppo umano basato sul concetto di capacità finalizzato alla piena realizzazione di ciascun individuo e dei loro gruppi che sono chiamati a cooperare3 .

L’anno 2020 è stato un anno particolare. Le conseguenze della pandemia si fanno sentire non solo a livello sanitario, ma anche economico e sociale ossia culturali. La presenza della pandemia e la sua rapida espansione in tutto il mondo ci ricordano ancora una volta l’interconnessione dei paesi e le ripercussioni di tali fenomeni. Un male comune: una crisi finanziaria, una pandemia, le guerre e i cambiamenti climatici non hanno frontiere e necessitano un intervento globale ma soprattutto una responsabilità comune di tutti gli attori al livello nazionale, internazionale o transnazionale.

Nei prossimi anni, la portata delle sfide elencate si amplierà notevolmente, poiché dovranno essere affrontate prestando un occhio di riguardo alle minacce varie e che più d’ogni altra condizionano le prospettive future dell’umanità. Gli economisti hanno la responsabilità di reinventare dei principi economici che rispondono al meglio a queste sfide.

3.2.2. L’evoluzione dei diritti umani in economia

Lo scopo di questo intervento è di riflettere sull’economia che sostiene nelle sue azioni la realizzazione effettiva dei diritti fondamentali delle persone e il loro sviluppo in modo che sia inclusivo e sostenibile e rispetti le diversità delle persone e dei saperi.

Ritorniamo sulla crisi sanitaria e analizziamo la sua gestione attuale. Può essere valida la crisi ambientale o altri mali communi accennati nella prima parte, ma questa crisi ha un effetto intimo nelle persone e tocca ognuno di noi – povero o ricco, giovane o anziano, asiatico o europeo, migrante o no, medico o paziente. La prima difficoltà incontrata nella gestione della crisi è stata quella della chiusura, detta lockdown, e l’invenzione del lavoro agile. Trovandoci in era digitale, le nuove tecnologie e le reti sociali hanno espanso l’informazione quasi

2. Vedere Rabin, M. (1998), Psychology and Economic Theory, «Journal of Economic Literature», 36, pp. 11- 46. ed Elster, J. (1998), Emotions and Economic Theory, «Journal of Economic Literature», 36, pp 47-74. 3. Il termine capability indica una capacità che la società dà all’individuo (per distinguerlo dall’ability).

Lo sviluppo è libertà, sostiene Amartya Sen.

con velocità massima e i sistemi statistici dei paesi si sono mobilizzati per agire più veloce. Le imprese si sono fermate, l’economia si è rallentata e ci siamo trovati di fronte a un mal comune da gestire tutto insieme e tutti insieme. Se in altre situazioni i Paesi ricchi si mobilizzavano più facilmente, avendo più mezzi che gli altri, questa volta siamo tutti sulla stessa barca. Non avrebbe senso eradicare il Covid-19 solo in Israele oppure in Giappone o negli Stati Uniti!

Siamo di fronte a una situazione che richiede delle competenze interconnesse tra regioni diversi, saperi interdisciplinari dei medici, dei politici, degli economisti, fino agli scienziati, e soprattutto informazioni trasparenti per instaurare la fiducia in un periodo di paura. Dal punto di vista degli attori coinvolti, ci siamo resi conto, grazie a questa crisi, che ognuno di noi ha una responsabilità individuale e una responsabilità collettiva. Gli attori politici si trovano davanti a nuove regole di gioco, aggiungendo competenze locali a quelle internazionali e nazionali a quelle regionali e viceversa. Il principio di sussidiarietà diventa cardine e difficile da applicare solo verticalmente, altri attori interdisciplinari intervengono orizzontalmente4 . L’arrivo del vaccino ha d’altro canto portato confusione, ed è ancora un argomento di dibattito per ragioni di sicurezza. Di chi sarebbe la responsabilità del prodotto, della diffusione, degli effetti secondari dello stesso vaccino? Nella marea delle informazioni e delle fake news quale sarebbe la verità e quale fiducia attribuiremo agli attori pubblici, privati e civili? Questa crisi non è solo sanitaria, ma anche sociale, culturale ed economica. Davanti a questo vissuto, a quale sistema economico ci riferiamo: quello che sostiene le grandi imprese (farmaceutiche) e il loro scopo di massimizzare il profitto o quello che sostiene gli individui e la loro qualità di vita oggi e per le generazioni future? Quale sarebbe il ruolo delle politiche pubbliche?

Davanti a queste domande, alcuni tentativi per un sistema economico alternativo sono stati proposti da Amartya Sen – premio Nobel di economia in 1998 –, Martha Nussbaum, Abhijit V. Banerjee e Esther Dufflo, premio Nobel di economia in 2019. Negli anni 2000, col libro Lo sviluppo è libertà di Amartya Sen, si introduce l’approccio dei diritti umani sotto forma di libertà tramite due ruoli principali delle libertà, quello costitutivo che attiene all’importanza della libertà sostanziale comprendendo capacità elementari, come l’essere in grado di sfuggire a certe difficoltà come fame, denutrizione, malattie evitabili, morte prematura, o la libertà all’educazione, al diritto di partecipare alla vita politica e al diritto di prendere la parola. Il ruolo strumentale è legato alle libertà strumentali e Sen ne elenca cinque: le libertà politiche, le infrastrutture economiche, le occasioni sociali, le garanzie di trasparenza e la sicurezza protettiva. La messa in luce di queste due libertà e di questi diritti da raggiungere e da garantire permette a Sen di definire lo sviluppo come processo d’espansione delle libertà umane considerando i suoi nessi empirici che collegano tra di loro queste libertà rafforzandone l’importanza complessiva.

Nel saggio di Martha Nussbaum sulle Capabilities si rinforza l’importanza dei diritti fondamentali nello sviluppo. La nozione di capability sarebbe une forma di libertà sostanziale per raggiungere le diverse combinazioni di funzionamento (capabilità combinate). Questo concetto include intrinsecamente la libertà di scelta. Non sarebbero semplicemente le capacità innate e interne, come le definisce Nussbaum, ma delle possibilità e delle libertà create per combinare le capacità personali a un contesto politico, sociale, economico e culturale che permette la loro espansione. Le capabilities sono importanti poiché possono condurre le funzioni, e non avrebbero interesse se non sono attuate. Uno dei doveri delle società è promuovere le capabilities umane più importanti e di sostenere lo sviluppo delle

4. Su questo tema ho scritto in 2019 l’articolo Le principe de la subsidiarité d’une gouvernance inclusive. Le développement des capacités participatives, in I«nterdépendances des droits de l’homme au principe de toute gouvernance démocratique», Patrice Meyer-Bisch, Stefania Gandolfi, Greta Balliu, 2019. 43

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capacità interne, grazie alla formazione, alle risorse che migliorano la salute fisica e emozionale, ma anche un sistema educativo di qualità.

Nussbaum dà un’importanza centrale alla dignità umana relativa alla nozione di rispetto e che le istituzioni stesse dovrebbero chiarire il suo senso. Questa nozione è strettamente legata agli sforzi attivi, dunque molto simile alla nozione della capabilità di base: qualcosa di inerente alla persona e che necessita di essere sviluppata. L’idea centrale sarebbe che alcune condizioni offrono agli individui una vita degna e l’idea dell’uguaglianza davanti alla legge e alle istituzioni. Trattare le persone d’uguale dignità non sarebbe uguagliare le loro condizioni di vita, ma di avere un trattamento uguale per tutti e il ruolo dei governi sarebbe quello di garantire agli individui la capacità di proseguire una vita degna e appagante.

Per realizzarlo, Nussbaum elenca dieci capabilities che i governi dovrebbero rispettare e sviluppare:1. la vita, 2. la salute del corpo, 3. l’integrità del corpo, 4. i sensi, le immaginazioni e il pensiero, 5. le emozioni, 6. la ragione pratica, 7. l’affiliazione, 8. le altre specie, 9. il gioco, e infine, 10. il controllo sulla nostra situazione politica e materiale. Con quest’ultima s’intende essere capaci a partecipare in un modo efficace alle scelte politiche che governano la vita; avere il diritto della partecipazione politica, la protezione di discorso libero e della libera associazione. Quanto al controllo materiale, il diritto di cercare un impiego su una base paritaria con gli altri; essere capaci di lavorare come un essere umano, essere capaci di formare una riflessione critica della sua vita e di rientrare in relazioni di conoscenza reciproca con gli altri lavoratori.

Jonathan Wolff e Avner De Shalit, nel loro libro Disavantage, aggiungono all’approccio delle capacità come la sicurezza delle capabilities sostenendo che le politiche pubbliche non dovrebbero semplicemente offrire alle persone una capability, ma anche garantirla e assicurarla per il loro futuro e le generazioni che seguiranno. Altri due concetti introdotti dagli autori sono: il funzionamento fertile, che sarebbe un funzionamento che tende a promuovere e sviluppare altre capacità connesse tra di loro, e il disavvantaggio corrosivo che sarebbe una privazione delle capabilities.

La presenza di una soglia di capabilities sarebbe anche il punto di disaccordo tra Nussbaum e Sen, quest’ultimo vede un limite nella soglia e un’assenza di libertà dei governi a definire la loro lista di capabilities a sviluppare e dare la priorità. Mentre per Nussbaum sarebbe necessario e importante basarsi su una giustizia sociale che permette una soglia, come un minimo, a sviluppare le capabilities e preservarle. In questo senso quest’ultima riflette su una soluzione come l’approccio dei diritti fondamentali perché rispettino ambiti di vita cruciali e proteggano la dignità umana.

Quanto all’ambito dell’economia delle imprese, il Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU ha approvato i principi direttrici relativi alle imprese e i diritti dell’uomo imponendo il quadro di referenza «proteggere, rispettare e riparare» delle Nazioni Unite, elaborato dal Professore John Ruggie. Il suo lavoro è stato pubblicato nel 2008, approvato all’unanimità dal CDU, proponendo un quadro politico generale fondato su tre pilastri: - l’obbligo dello stato di proteggere quando terzi, comprese le imprese, violano i diritti umani, che richiede politiche, regole e meccanismi per la risoluzione dei conflitti; - la responsabilità delle aziende di rispettare i diritti umani, in altre parole di esercitare la dovuta diligenza per garantire che non violino i diritti degli altri; - l’accesso efficace ai rimedi, sia giudiziali che non, per le vittime di violazioni dei diritti umani5 .

Nelle nozioni d’impresa riconosciamo già quella del dovere di diligenza come mezzo che

5. Si veda il testo completo sul sito https://www.business-humanrights.org/fr/SpecialRepPortal/.

permette all’impresa d’identificare e prevenire i rischi dell’impresa nel caso di fusione e acquisizione. Usando la stessa esperienza ma introducendo il dovere di diligenza come mezzo che permette alle imprese di prevenire ogni violazione dei diritti umani. Perciò sarebbe necessario di valutare le incidenze reali o potenziali sui diritti umani, di prendere in conto le conclusioni delle valutazioni e di agire per assicurare le risposte e d’informare sulle misure prese. Le imprese non dovrebbero esaminare solo le loro operazioni ma anche quelle delle relazioni commerciali. In ogni caso, è importante aggiungere che i benefici o i rischi legati ai diritti umani possono facilmente trasformarsi ugualmente in benefici o rischi economici.

Le imprese che adottino questi principi e prendono in conto nelle loro politiche di profitto permettono una visibilità delle loro azioni. Ai giorni d’oggi, ricostruire una relazione di fiducia con i clienti e gli altri stakeholder è fondamentale. Rendere visibili e trasparenti le azioni delle imprese è il corollario naturale della responsabilità delle imprese. Un processo basato sul rispetto dei diritti umani esige la trasparenza delle azioni dell’impresa e dei suoi legami commerciali per mostrare ai suoi clienti, collaboratori, concorrenti, azionisti e consumatori che in essa regna il senso del valore umano, della dignità e del rispetto delle risorse naturali.

3.2.3. L’economia dei diritti umani nella gestione della crisi sanitaria

Ogni diritto umano rispettato e garantito permetterebbe uno sviluppo di libertà e di responsabilità. Quest’approccio economico ha per scopo di rendere tutti gli attori responsabili e non creare delle dicotomie tra lo Stato e gli individui o atri scenari. Tutti gli attori della scena umana dovrebbero considerare questi diritti e svilupparli secondo le loro priorità. Ciò non sarebbe un’egemonia globale, ma un livello di comprensione che rispetta il contesto delle persone e delle loro associazioni o istituzioni. Un’economia basata sui diritti umani include gli ambiti, le persone e i loro saperi rispettando la diversità di ognuno.

Nell’ambito economico, la nozione e la definizione del bene comune è molto discussa, al contrario del mal comune. Riprendiamo ancora l’esempio della crisi sanitaria e la sua gestione come un male comune che ci ha fatto riflettere in una maniera particolare. Tutti gli attori si sono mobilizzati per reagire e trovare delle soluzioni comuni per la lotta contro la crisi finanziaria. Una responsabilità comune è stata imposta che sia nazionale, internazionale e individuale.

Al contrario, con la crisi ambientale stiamo reagendo lentamente poiché l’impatto è meno diretto di quello di Covid-19. Tutte e due sono crisi “senza frontiere” richiedono una reazione comune della società, degli stati e degli individui. Ciò dimostra che, in qualche modo, i Paesi, soprattutto per la questione della globalizzazione sono sempre più interconnessi e che è inevitabile agire tutti insieme per il male comune. Sarebbe opportuno agire nella stessa maniera con le guerre, le crisi finanziarie e la povertà; non avrebbe senso di riflettere negli interessi dei singoli Stati e questo ormai è chiaro.

Un altro insegnamento della gestione della crisi sarebbero i saperi interdisciplinari. Ci siamo accorti che ogni sapere, ogni contesto, ogni disciplina ha dato il suo contributo però separatamente. Di conseguenza, la difficoltà di gestirla è stata quella di incrociare i saperi. Da molto si parla dell’interdisciplinarità, ma resta ancora una difficoltà a interagire al di là delle mura di una disciplina. Questa difficoltà si nota anche all’università. Collaborare tra i ricercatori e tra le istituzioni diverse sugli argomenti che sono comuni o sulle difficoltà che sono comuni è una necessità. Niente non toglie al sapere disciplinare quello interdisciplinare, solo lo arricchisce. Un’economia inclusiva ha per scopo includere il sapere interdisciplinare, quello dell’etica, della psicologia, del diritto e della salute.

Per rispettare e sviluppare saperi disciplinari abbiamo bisogno di un adeguamento del 45

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sistema di educazione, dove sono rispettate le diversità culturali di ognuno, un’infrastruttura che permetterebbe a tutti con le loro proprie diversità di salute mentale, fisica o altro sentirsi appagati e sostenuti nel loro percorso scolastico. Garantire il diritto dell’educazione sarebbe garantire le interconnessioni col diritto dell’informazione, di salute e del pensiero libero e via dicendo con gli altri diritti. Garantendo il diritto dell’educazione, non è solo questione di rispettare oggi la garanzia dell’accesso a scuola oppure di garantire l’educazione obbligatoria ma anche di andare oltre e sviluppare, nel sistema educativo, la creatività dei giovani in modo tale che si preparino al meglio alla globalizzazione e che rispondono con delle competenze diverse: interculturali, interdisciplinari e anche le competenze intergenerazionali, cioè la riflessione e la responsabilità verso le altre generazioni. L’argomento è tutto economico: una generazione preparata e capace a far fronte alle sfide del futuro, a rispondere alla diversificazione del mercato, creando nuovi posti di lavoro, e alle crisi sanitarie o ambientali è un puro interesse economico, anche se politico e culturale.

3.2.4. La responsabilità degli attori pubblici, privati, civili e la responsabilità intergenerazionale

Gli ultimi movimenti dei giovani e le loro azioni civili come parte responsabile degli avvenimenti al mondo, mi convincono che siano i primi da elencare in questa parte. A quelli che si preoccupano per i cambiamenti climatici, agli altri per la parità del genere ad altri ancora che si uniscono per un’economia sostenibile e inclusiva.

Le loro iniziative non sono sufficienti: è necessario la responsabilità degli attori pubblici e degli attori privati ossia di quelli civili. I diritti fondamentali che sono vettori di libertà, devono essere rispettati e soprattutto garantiti da parte degli Stati, pensando agli individui e alle loro istituzioni; che le imprese interagiscono e siano parte responsabile dello sviluppo umano e della vita delle generazioni future.

Nella teoria di Adam Smith si nota che la definizione della catena dei valori regge sul fatto che il maggior profitto è per il produttore del bene o servizio e un minor profitto per gli altri stakeholder. Oggi la catena di valore di un prodotto non rispetta più questa regola. È responsabilità delle imprese adeguare lo scambio equo e le relazioni economiche che sono sostenibili e nel rispetto della dignità e della natura. Per scambio intendo ossia il lavoro, un diritto minacciato in questi tempi, che necessità di essere garantito ossia per le generazioni future.

Il terzo attore responsabile, dopo lo Stato e le imprese, sarebbe la società civile o sono anche altri tipi di organizzazioni associative che intervengono e a volte hanno un ruolo decisivo per denunciare le violazioni dei diritti umani e sono fondamentali nelle relazioni di controllo e di responsabilità verso gli Stati et verso le imprese.

Aggiungo come quarto punto la responsabilità intergenerazionale. Esiste una interconnessione tra le diverse generazioni che può essere culturale, economico o sociale ma anche naturale. Ogni generazione ha il dovere di trasmettere e pensare alle generazioni future i saperi, rispettare il loro approccio con la terra e riflettere alle soluzioni del futuro. Sarebbe una responsabilità collettiva e individuale che potrebbe rallentare le minacce dei cambiamenti climatici per esempio. Ogni generazione dovrebbe essere capace a rendersi utile per quella antecedente o futura e rispettare il filo storico che le accomuna.

Conclusioni

Nonostante le iniziative dell’inclusione dei diritti umani e l’orientamento delle politiche di sviluppo e della responsabilità delle imprese in questo senso, resta ancora molto da fare. Il

processo di globalizzazione ha avuto il suo successo e le sue sconfitte. Perché un’economia sia globale, dovrebbe prima di tutto riflettere al bene comune globale e al male comune globale e agire in modo che la dignità umana come le risorse naturali siano rispettate. Questo esige un regolamento normativo degli scambi commerciali equabili e delle relazioni economici equi tra i paesi.

Quanto al mercato, visto come sistema determinato di produzione e scambi dei beni e servizi; esso mette in gioco tutte le libertà degli scambisti. Si presuppone che il mercato si fonda sull’effettività del diritto di proprietà, d’informazione e di lavoro con le loro libertà e responsabilità reciproche e di tutti gli altri diritti. In questo caso, il mercato è parte dello spazio pubblico democratico e un sistema determinato di produzione e di scambio d’informazione. Il suo dinamismo dovrebbe favorire l’ottimizzazione delle risorse e lo sviluppo di tutte le libertà per le persone.

Una base comune dei valori da proteggere, rispettare e riparare, può essere uno scenario economico possibile. La scelta dei valori fondamentali, come valori cardine di sviluppo, permetterebbe di costruire un futuro comune e può rispondere alle esigenze delle generazioni future. Come abbiamo visto prima ogni diritto dell’uomo può essere una libertà reale e garantita. Le libertà non hanno bisogno di un quadro legale, ma di un legame legale che permette e assicura la loro valorizzazione6. Le libertà si moltiplicano tra di loro, come i valori. Nel caso della pandemia, il diritto di salute non può realizzarsi se non si realizza il diritto d’informazione, il diritto dell’educazione e il diritto della vita stessa.

Inoltre, l’efficacia dei diritti umani in economia dipenderebbe dalla considerazione dei principi dei diritti umani accanto a quelli economici: il principio dell’universalità, dell’interdipendenza e dell’invisibilità7 .

Infine, per costruire un’economia che tiene conto il rispetto del principio della cittadinanza e che sia portatrice dei beni communi mondiali, sarebbe necessario un lavoro collettivo per ridefinire dei valori communi nello spazio pubblico e a livello internazionale.

Bibliografia

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W. W. Norton, New York 1963, pp. 358-373. Nussbaum, M., Creating Capabilities. The human development Approach, Harvard University Press, 2012. Rabin, M., Psychology and Economic Theory, in «Journal of Economic Literature», 36, pp. 11- 46, 1998. «Revue européenne des sciences sociales», T. 38, No. 119, La peur de l’impensable dans les sciences sociales: VIe Séminaire interdisciplinaire du Groupe d’Etudes “Raison et rationalités” et XVIIe Colloque annuel du Groupe d’Etude “Pratiques Sociales et Théories” (2000), pp. 45-64. Ruggie, J., «Principes directeurs relatifs aux entreprises et aux droits de l’Homme: mise en œuvre du cadre de référence “protéger, respecter et réparer” des Nations Unies», Rapport du RSSG chargé de la question des droits de l’homme et des sociétés transnationales et autres entreprises, Conseil des droits de l’Homme, 17e session, A/HRC/17/31, 2011. Sen, A., Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia?, Mondadori, Milano 2014. Wolff, J., De Shalit, A., Disavantage, Oxford University Press, 2010.

6. Patrice Meyer- Bisch, L’economie des droits de l’homme, Support de cours, 2016, p. 10. 7. Emmanuel Decaux, 2019. 47