Bollettino parrocchiale, Losone, Centovalli e Onsernone

COMUNITÀ IN CAMMINO

BOLLETTINO PARROCCHIALE LOSONE - centovalli - onsernone No. 4 - dicembre 2018

Sommario la lettera del parroco

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comunità in rete

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sinodo dei vescovi

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catechesi 12 il tema 15 attualità 16 l’intervista 18 verso le periferie

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fede e arte 25 calendario liturgico 27 il consiglio parrocchiale informa

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Avvertenza Per ragioni di praticità questo bollettino viene distribuito a tutti i fuochi.

Ci scusiamo con coloro che non fossero interessati a riceverlo e confidiamo nella loro comprensione.

Coloro che volessero segnalare un lettore interessato, residente fuori parrocchia, indichino l’indirizzo al rispettivo consiglio parrocchiale.

copertina: Sergio Simona

la lettera del parroco

Un popolo in missione Inizio questa mia prima lettera del parroco, anche se non sono parroco, parlandovi di un tema oggi molto importante: “La Missione” che è la priorità della Chiesa e del cristiano d’oggi. Perché “Missione” è dare voce all’amore fedele di Dio, è annunciare che il Signore ci vuole bene e che non si stancherà mai di me, di te, di noi e di questo nostro mondo, del quale forse noi ci stanchiamo spesso. Missione è donare ciò che abbiamo ricevuto. Missione è compiere il mandato di Gesù che si legge nel Vangelo di Matteo e su cui vorrei soffermarmi con voi: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19). «Andate...». La missione chiede di partire. Ma nella vita è forte la tentazione di restare, di non correre rischi, di accontentarsi e di avere la situazione sotto controllo. È più facile rimanere a casa, circondati da chi ci vuol bene, ma non è la via di Gesù. Egli invia dicendo chiaramente e senza usare mezze misure: “Andate” e non lo dice solo ai suoi discepoli, ma a tutti! È una chiamata forte alla nostra vita quotidiana, è un invito ad essere pellegrini nel mondo alla ricerca di qualche fratello che ancora non conosce la gioia dell’amore di Dio. Mi chiedo: come si fa per andare in missione? La Bibbia lo insegna: quando Dio liberò il popolo eletto, lo fece andare nel deserto con un bagaglio e lo fece vagare per anni. Ecco questo è lo spirito della missione: vivere sempre pronti come se dovessimo andare ogni giorno in vacanza. Infatti in vacanza non ci portiamo tutta la casa, gli amici, i parenti, ma solo

il necessario perché la cosa più importante è andare, partire. Ed è per questo che mi ritrovo perfettamente nelle parole del papa Francesco quando dice: “Camminare insieme è un’arte da imparare sempre, ogni giorno. Occorre piuttosto accompagnare e attendere, ricordando che il cammino dell’altro non è identico al mio. Come nella vita nessuno ha il passo esattamente uguale a un altro, così anche nella fede e nella missione: si va avanti insieme, senza isolarsi e senza imporre il proprio senso di marcia; si va avanti uniti, come Chiesa, coi Pastori, con tutti i fratelli, senza fughe in avanti e senza lamentarsi di chi ha il passo più lento”. Vivere la missione è anche stare nel posto dove Dio ci ha messi: in famiglia, vicino ad una persona ammalata, amare, perché dietro c’è un disegno di Dio per salvarci. Per concludere questa mia lettera ci tengo sottolineare che dietro alla missione, c’è una sapienza enorme perché ci ritroviamo su questa terra come pellegrini, siamo di passaggio ed è per questo che la missione, il partire, il tenersi sempre pronti ci aiuta a vivere nella vigilanza per quando verrà veramente il momento di partire, di andare in cielo con il Signore nostro Gesù Cristo.

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comunità in rete

Le reti pastorali Non è la prima volta che parliamo di rete auspicando che prossimamente le nostre comunità siano in sinergia o “in rete” per quanto riguarda le attività pastorali. L’intento, riprendendo il testo del fascicolo consegnato ai preti nel mese di giugno, sarà: “L’obiettivo verso cui intendiamo camminare grazie alle reti pastorali è l’ecclesiologia di comunione, riscoperta dal Concilio Vaticano II, ma non ancora sufficientemente attuata.

L’ecclesiologia di comunione è un modo sinodale di pensare e essere Chiesa, che riprende la più autentica tradizione apostolica e prevede una più intensa corresponsabilità e unità tra i battezzati.

Per raggiungere l’obiettivo occorrerà percorrere le vie della cosiddetta pastorale d’assieme. In pratica si tratta di una Chiesa vista, vissuta e annunciata come varietà di carismi e ministeri. Questa Chiesa si esprime in collaborazione fraterna e corresponsabilità, per camminare insieme e discernere insieme.”

Don Davide Matassa, don Marco Nichetti e don Jean-Luc Farine.

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Le reti sono sempre da gettare Lettera del vescovo sulle reti pastorali in occasione della presentazione del fascicolo divulgativo sulla nuova proposta diocesana di organizzazione pastorale delle comunità parrocchiali.

“Figlioli, non avete nulla da mangiare?”

(Gv 21,4). La domanda, tra il tenero e il provocatorio, giunge ai discepoli dalla riva del lago di Tiberiade. Nessuno riconosce il Signore, ma la loro secca risposta negativa non sembra essere quella che si dà a qualcuno di completamente sconosciuto. Essa tradisce uno stato d’animo faticoso. Non si può parlare di una ribellione aperta o di un disegno esplicito di voler rinunciare alla missione, ma certo trapela una pesantezza e un senso di oppressione per il perdurare del tempo degli sforzi senza frutto. In questo contesto, arriva l’indicazione precisa e insieme misteriosa: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete” (Gv 21,6).

Certamente la rete di Simon Pietro non doveva avere nulla in sé di particolare.

Con ogni probabilità era stata usata ripetutamente, rassettata, lavata, rilanciata, sempre per la stessa operazione e con risultati alterni nel corso di anni. Eppure, sembra aver acquisito una qualità nuova e sorprendente a partire dall’iniziativa del Risorto. La rete, infatti, viene tirata a terra “piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò” (Gv 21,11). Che resistenza, viene da pensare! Eppure,

il materiale usato per fabbricarla lo si conosce: è comune corda intrecciata, esposta al logoramento e qualche volta agli strappi. Qualcosa di diverso giunge però ora a tenerla insieme: una Presenza, che spinge a sporgersi oltre l’orlo, apparentemente invalicabile, di quelle che crediamo essere abitualmente le nostre possibilità. L’evangelista Luca, che anticipa il medesimo episodio all’inizio del suo vangelo, ce lo fa intuire attraverso le parole totalmente sincere da Simone: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5). È proprio questo lo spirito che anima il libretto che qui presentiamo. Esso è frutto di un’intensa e lunga riflessione a più tappe, svoltasi in vari ambiti – parrocchiali, vicariali e diocesani – e ripresa recentemente dalla commissione voluta per portare avanti il progetto di un coordinamento pastorale, più organico e consapevole, tra parrocchie presenti su un territorio caratterizzato da aspetti geografici, storici, ecclesiali e sociali, convergenti.

Le avevamo all’inizio chiamate “zone pastorali”, per praticità o per cominciare ad abbozzare un discorso di una modalità di presenza ecclesiale sul territorio più consona all’evoluzione dei tempi e alla diminuzione delle risorse. Ci siamo però accorti della necessità di alimentare una consapevolezza più profonda della natura specifica dei cambiamenti a noi richiesti dall’aver ricevuto dal Signore

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la missione di dare testimonianza al suo Vangelo, nel nostro tempo e nel luogo da noi abitato. Così siamo arrivati alle “reti”, pure strutturate, ma più flessibili e adattabili alle varie componenti da raccogliere in un respiro di comunione.

E poi più vicine all’inesauribile inizio da cui tutto continua a partire: il campo del cuore sgombro da ogni illusione di possedere la chiave per risolvere tutti i problemi – “Abbiamo faticato tutta la notte…” – ma anche colmo di quell’affidamento senza il quale davvero non ha senso portare avanti l’impresa.

“Sulla tua parola getterò le reti”: un gesto di realismo e di coscienza dei propri limiti e delle proprie innegabili povertà, ma anche un gesto di libertà, di decisione, di scelta, da compiere ciascuno nel proprio cuore e contemporaneamente insieme, tenendo conto delle possibilità reali, ma senza nascondersi dietro il proprio disfattismo, la propria pigrizia, il pretesto dei numerosi tentativi andati a vuoto in precedenza.

Non troverete novità spettacolari o formule magiche in questo breve testo.

Solo proposte da valutare con serietà e animo disponibile. Alcune esperienze di parrocchie in rete sono già in atto o verranno presto inaugurate. Speriamo che siano in grado di fare presto “cenno ai compagni dell’altra barca” (Lc 5,7) e li contagino con la positività del loro vissuto. Intanto, mi auguro davvero che tutti si lascino almeno provocare dagli interrogativi che hanno spinto a cercare in questa direzione e li facciano propri, con benevolenza e fiducia. Già questo significa mettersi in cammino. Per il resto, non c’è nulla di chiuso e prefissato in questo progetto. Conosciamo il pun-

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to di partenza. Conosciamo l’approdo.

L’itinerario si disegnerà a poco a poco, crescendo nell’arte, non solo di gettare le reti, ma anche di sistemare in maniera coordinata le vele. Per captare insieme lo Spirito che non cessa di soffiare e arrivare più speditamente e felicemente alla meta.

Nel progetto di RETE pastorale, sono coinvolte le parrocchie di Brissago, Ronco s/A, Ascona, Arcegno, Losone, Pedemonte, delle Centovalli e della Valle Onsernone. Attualmente la zona è comprensiva di 21 parrocchie, vi svolgono il loro servizio 11 (!!) preti, per una popolazione complessiva di 18’900 abitanti (dati forniti dall’ufficio della statistica del cantone Ticino e non proprio aggiornati). Nel nostro cantone si calcola che la percentuale di cattolici si attesti al 66% della popolazione, che vorrebbe dire una stima di 13’000 cattolici nella nostra rete pastorale. Ogni sabato/domenica sono celebrate nella nostra RETE pastorale 26 messe festive.

Si tratta di un progetto essenzialmente pastorale e non tocca l’aspetto giuridico dell’ente parrocchiale.

Il Vangelo nelle piccole cose Incontro con don Davide Matassa, nuovo vicario per le valli È una strada che sembra casuale, ma – in fondo – ha un tracciato chiaro e un saggio disegnatore. Ha portato don Davide Matassa, 31 anni, dalla città di Torino alle tortuose vie dell’Onsernone e delle Centovalli. “Avevo le carte in regola per perdermi nel mondo – racconta lui stesso – e invece sono stato salvato. Il Signore sa sempre mandarti nei posti giusti. È un mistero che continuo a sperimentare quotidianamente”. Per lui, dallo scorso agosto, il posto giusto è la casa parrocchiale di Intragna, dove divide gli spazi (e la missione) con don Marco Nichetti, al quale il vescovo Valerio Lazzeri lo ha assegnato come vicario. Due giovani preti con molte sfide che li attendono, come quella di contribuire allo sviluppo della neonata rete pastorale, pensata per ravvivare lo spirito comunitario fra le parrocchie. Un concetto, quello di comunità, che accompagna don Davide fin dall’infanzia. “Sono nato – spiega – in una famiglia semplice. Figlio unico; mamma e papà lavoravano in Comune.

Mi hanno educato alla fede cristiana seguendo il Cammino neocatecumenale.

Per me, allora, è appunto stato importante far parte di una comunità coesa, composta da molte famiglie. Diverse, ma unite”.

Poi, però, arriva l’adolescenza e, come per molti giovani, gli anni difficili. “Ero spesso scontento di me, facevo fatica ad intessere relazioni, mi sembrava di passare da un fallimento all’altro. Mi ponevo mille domande sul senso della vita e

Don Davide Matassa.

sul mio posto nella società”. Fino a quel 2007, all’incontro fra i giovani e papa Benedetto a Loreto e al successivo incontro vocazionale, animato da Francisco Josè Gomez Argüello, conosciuto ai più come Kiko, iniziatore del Cammino. “A quel tempo tutto mi immaginavo – ricorda don Davide -, meno che di diventare prete. Mi vedevo piuttosto a metter su famiglia. Eppure – pensando che Cristo è morto per miei peccati e poi è risorto – mi sono reso improvvisamente conto che avrei potuto avere una nuova vita anch’io. Così mi sono fermato un attimo e ho chiesto al Signore di rendermi felice, ma a modo suo”. È così che Davide, a 18 anni, si alza e risponde all’appello di Kiko, quando Argüello chiede se fra i tantissimi giovani riuniti a Loreto vi sia qualcuno che senta la chiamata. “A quel punto si viene abbinati, per sorteggio, a un seminario fra 120 sparsi nel mondo.

A me è toccato Lugano”.

A Melano don Davide è rimasto, in totale, undici anni. “Dopo i primi cinque

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– racconta ancora – ne ho trascorsi tre di missione a Porto san Giorgio, nelle Marche, in un centro di accoglienza per i pellegrini in cammino verso Loreto.

Là ho svolto numerose attività pratiche: dalla raccolta delle olive alla vendemmia, dai lavori con il trattore a quelli da muratore”. D’estate, poi, si partiva in Albania, “dove ho sperimentato il senso di accoglienza, ho imparato l’apertura verso il prossimo, anche quando i problemi da affrontare sono tanti e grandi”.

Quindi il ritorno in seminario e poi la licenza in diritto canonico a Venezia, ottenuta mentre già aveva iniziato l’attività di diaconato a Paradiso.

Una data che rimarrà fondamentale nella vita di don Davide è quella dello scorso 2 giugno, quando è stato ordinato sacerdote nella cattedrale di Lugano. “Poi il vescovo ha deciso di mandarmi qui, ad aiutare don Marco”. Una missione

per la quale il giovane prete dice di sentirsi onorato, “perché nella mia vita ho ricevuto tanto e ora sono felice di restituire”. La piccolissima comunità a due è stata accolta con curiosità e anche con un po’ di stupore nelle valli. “C’è ancora chi si sorprende – sorride don Davide – che abbiamo scelto questo cammino. Poi, però, vedo che sono contenti. In fondo il nostro arrivo rappresenta una doppia straordinarietà: il Signore manda ancora operai nella sua vigna e li manda anche giovani… Mi piace sempre ricordare quanto mi disse una volta un prete: ‘Lasciati stupire da Dio’. Cerco di farlo ogni giorno”. Come ogni giorno don Davide si sforza per raggiungere il suo obiettivo. Semplice, all’apparenza, ma estremamente difficile: “Vivere il Vangelo anche, e soprattutto, nelle piccole cose”.

L’ordinazione di don Davide il 2 giugno 2018 a Lugano.

Don Davide e don Marco.

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bgl

Attività della rete pastorale Dopo scuola compiti a Losone Per gli allievi delle scuole elementari è offerto tutti i lunedì, secondo il calendario scolastico, un dopo scuola compiti. Manuela, Angela e Chica, docenti, sono a disposizione per aiutare chi avesse bisogno di sostegno nel fare i compiti. È organizzato il pedibus dalle scuole alle 16:15 Concerti vocali e strumentali Domenica 2 dicembre concerto natalizio del gruppo vocale “Cantadonna” diretto dalla maestra Chiara Pedrazzetti con la partecipazione del tenore Mauro Bonomi, in san Lorenzo a Losone, alle ore 16:30.

Sabato 8 dicembre tradizionale appuntamento di Natale offerto dal Comune di Losone con un concerto gospel nella chiesa di san Lorenzo alle ore 17.

Domenica 9 dicembre concerto misto gospel offerto dal Comune di Onsernone nella chiesa di san Remigio di Loco alle ore 16:30.

Domenica 16 dicembre alle ore 17 nella chiesa di san Lorenzo a Losone, la filarmonica offre un concerto natalizio.

Presepio vivente a Losone Venerdì 21 dicembre nel terreno della ex-caserma alle ore 19:30, animazione attorno al presepio vivente. Ritrovo direttamente sul piazzale di fronte.

Corso cresima per gli adulti gennaio-marzo 2019 Per gli adulti che desiderano essere padrini o madrine, per coloro che vogliono celebrare il matrimonio cristiano, per coloro che semplicemente desiderano ricevere il sacramento della cresima, è previsto un corso di preparazione di otto incontri a partire da mercoledì 16 gennaio 2019, ore 20 in casa parrocchiale.

Giornata del malato memoria di Maria di Lourdes lunedì 11 febbraio 2019 ore 15 in san Lorenzo a Losone e al san Donato a Intragna. giovedì 14 febbraio ore 10:30 al CSO di Loco venerdì 15 febbraio ore 10:30 al CSO di Russo Chi lo desidera può ricevere il sacramento dell’unzione.

Corso sulla fede Don Gabriele Diener-Rossetti terrà nove incontri sul tema della fede: * Ogni individuo è originale „Sei prezioso“ * Dio è „altro“ „Quando un altro cammina con te“ * Dimensione di un‘amicizia „Affinché la tua vita funzioni“ * Accompagnati nella santità „Lasciati amare“ * La festa del perdono „Ti sono rimessi i tuoi peccati“ * La dinamica dell’inizio „Ciò che potrà entusiasmarti“ * Uomini rinnovati „È necessario il tuo sì“ * L’amicizia nella fede „Sei stato inviato “ * Un colpo d’occhio in avanti „Il tuo cammino prosegue“ Gli incontri si svolgono a partire da giovedì 17 gennaio al centro La torre a Losone e per nove giovedì consecutivi.

Dalle ore 20 alle ore 21:30.

Tombola Tradizionale gioco della tombola al centro La torre di Losone sabato 26 gennaio 2019 a partire dalle ore 20. Ricchi premi.

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NATALE Nascerà in una stiva tra viaggiatori clandestini.

Lo scalderà il vapore della sala macchine.

Lo cullerà il rollio del mare di traverso.

Sua madre imbarcata per tentare uno scampo o una fortuna, suo padre l’angelo di un’ora, molte paternità bastano a questo.

In terraferma l’avrebbero deposto nel cassonetto di nettezza urbana.

Staccheranno coi denti la corda d’ombelico.

Lo getteranno al mare, alla misericordia.

Possiamo dargli solo i mesi di grembo, dicono le madri.

Lo possiamo aspettare, abbracciare no.

Nascere è solo un fiato d’aria guasta. Non c’è mondo per lui.

Niente della sua vita è una parabola.

Nessun martello di falegname gli batterà le ore dell’infanzia, poi i chiodi nella carne.

Io non mi chiamo Maria, ma questi figli miei che non hanno portato manco un vestito e un nome i marinai li chiamano Gesù.

Perché nascono in viaggio, senza arrivo.

Nasce nelle stive dei clandestini, resta meno di un’ora di dicembre.

Dura di più il percorso dei Magi e dei contrabbandieri.

Nasce in mezzo a una strage di bambini.

Nasce per tradizione, per necessità, con la stessa pazienza anniversaria.

Però non sopravvive più, non vuole.

Perché vivere ha già vissuto, e dire ha detto.

Non può togliere o aggiungere una spina ai rovi delle tempie.

Sta con quelli che vivono il tempo di nascere.

Va con quelli che durano un’ora.

Erri De Luca – Opera sull’acqua

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sinodo dei vescovi

Lettera dei padri sinodali ai giovani A voi, giovani del mondo, ci rivolgiamo noi padri sinodali, con una parola di speranza, di fiducia, di consolazione. In questi giorni ci siamo riuniti per ascoltare la voce di Gesù, «il Cristo eternamente giovane», e riconoscere in Lui le vostre molte voci, le vostre grida di esultanza, i lamenti, i silenzi.

Sappiamo delle vostre ricerche interiori, delle gioie e delle speranze, dei dolori e delle angosce che costituiscono la vostra inquietudine. Desideriamo che adesso ascoltiate una parola da noi: vogliamo essere collaboratori della vostra gioia affinché le vostre attese si trasformino in ideali. Siamo certi che sarete pronti a impegnarvi con la vostra voglia di vivere, perché i vostri sogni prendano corpo nella vostra esistenza e nella storia umana.

Le nostre debolezze non vi scoraggino, le fragilità e i peccati non siano ostacolo alla vostra fiducia. La Chiesa vi è madre, non vi abbandona, è pronta ad accompagnarvi su strade nuove, sui sentieri di altura ove il vento dello Spirito soffia più forte, spazzando via le nebbie dell’indifferenza, della superficialità, dello scoraggiamento.

Quando il mondo, che Dio ha tanto amato da donargli il suo Figlio Gesù, è ripiegato sulle cose, sul successo immediato, sul piacere e schiaccia i più deboli, voi aiutatelo a rialzarsi e a rivolgere lo sguardo verso l’amore, la bellezza, la verità, la giustizia.

Per un mese abbiamo camminato insieme con alcuni di voi e molti altri legati a noi con la preghiera e l’affetto. Desideriamo continuare ora il cammino in ogni parte della terra ove il Signore Gesù ci invia come discepoli missionari.

La Chiesa e il mondo hanno urgente bisogno del vostro entusiasmo. Fatevi compagni di strada dei più fragili, dei poveri, dei feriti dalla vita.

Siete il presente, siate il futuro più luminoso.

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catechesi

Affidare alla Chiesa le intenzioni di messa Riflessione teologica 1.- Dio desidera che ci avviciniamo a lui con tutto quello che siamo. E prioritariamente con quello che più abbiamo a cuore e quello che abbiamo di più caro. Ogni intenzione, anche la più materiale (la salute del nonno, la riuscita della maturità del nipote in vista dei suoi studi futuri, ecc) è quindi buona agli occhi di Dio, ad una condizione: che gliela presentiamo con un cuore “filiale”, quindi rimettendo la nostra fiducia alla sua bontà di Padre, e non con un cuore servile, come degli schiavi che vorrebbero manipolare il loro padrone o come degli irresponsabili che pensano che Dio farebbe tutto al nostro posto. L’aiuto di Dio non dispensa naturalmente il nipote di lavorare per preparare i suoi esami di maturità, come d’altronde la preghiera per la salute del nonno non dispensa dal preoccuparsi di lui (ancora di più e meglio).

3.- Secondo la tradizione biblica la preghiera è offerta a Dio come un “sacrificio spirituale”. È quindi una sorta di offerta di se stessi nello spirito santo, che ricorda il gesto di offerta dei sacrifici nel tempio di Gerusalemme. Ma ci sono altre forme concrete di sacrificio spirituale. I padri della Chiesa hanno riassunto attorno a tre termini questa tradizione: elemosina, preghiera e digiuno. Come elemosina bisogna includere tutto quanto è nell’ordine della condivisione (in soldi, in tempo, di persona) a beneficio di altri; come preghiera è da includere prioritariamente la messa, quanto al digiuno è da intendere nel senso di qualsiasi controllo di sé, principalmente nella consumazione di oggetti e alimenti.

2.- Queste intenzioni di preghiera, Dio ci invita ad affidarle attraverso una comunità di fratelli e sorelle, la Chiesa.

Non che la preghiera comunitaria sia più efficace di quella individuale fatta “nel fondo della tua camera” (Mt 6,5) ma semplicemente perché Dio ama vedere i suoi figli raccogliersi attorno a Lui: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” ha detto Gesù (Mt 18, 20). Questo per ricordarci che anche la preghiera personale non sarà propriamente cristia-

4.- In questa varietà la messa ha un valore particolare, perché assume in maniera diretta il sacrificio spirituale dei cristiani in quello del Cristo ed è fatto esplicitamente e visibilmente nella Chiesa. È importante ricordare sul piano pastorale, inoltre, che secondo la tradizione più antica ed attestata della Chiesa le intenzioni di messa si offrono sia per i vivi che per i defunti. Le intenzioni di messa non devono essere solo per i defunti. È bene ricordare e invitare tutti alla preghiera con la Chiesa, at-

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na se non è la preghiera di un membro di tutto il “corpo di Cristo”, che è la Chiesa.

traverso un’intenzione di messa, per le persone, le famiglie, i gruppi che vivono un evento gioioso: anniversario di matrimonio, riuscita professionale, salute ritrovata, riconciliazione nelle famiglie, gioia di una riscoperta personale di Dio, ecc. È tutto uno spirito che bisogna coltivare nelle parrocchie, nelle omelie, nei foglietti parrocchiali, nelle riunioni, nei contatti individuali.

Non c’è solo la domanda ma anche l’azione di grazie.

5.- L’affidare un’intenzione di preghiera alla Chiesa (azione di grazie o domanda per i vivi o per i morti) si accompagna con un dono in denaro. È chiaro che non si vuole comperare Dio con questo dono! Questo gesto è da vivere nel senso dell’elemosina, di cui si parlava prima, cioè come sacrificio spirituale. Si tratta di un gesto concreto di solidarietà e di condivisione in favore dei preti, per i quali è la principale fonte di guadagno. È una delle forme di diaconia di oggi. (ndr. vedi riquadro) Nella diocesi di Lugano i preti hanno un salario assicurato dalle parrocchie o dalla stessa diocesi. Il salario minimo indicato è di 44’000 franchi annui. A questa entrata il prete può aggiungere l’offerta di 10 franchi dell’intenzione nella messa quotidiana. Siccome in una messa le intenzioni possono essere anche molte, perché la misericordia di Dio è infinita e la grazia della messa non si esaurisce in una sola intenzione, il celebrante, pur compiendo con l’intenzione, non trattiene le offerte e le destina a quei preti che vivono delle offerte di messe.

6.- Per quanto concerne il senso teologico della preghiera dei vivi per i morti, san Tommaso lo spiega appoggiandosi su due principi: “una ragione del vincolo di carità e quella dell’intenzione a favore dei defunti.”

Il principio di carità che è il legame che unisce i membri della chiesa, va di pari passo con la nozione di comunione dei santi. Da questo principio decorrono tre cose. Da una parte l’eucaristia è il modo di suffragio più importante perché è “la sorgente o il vincolo di carità”, questo legame che ne fa “il sacramento dell’unità della Chiesa”. D’altra parte la carità rende comuni tutti i beni: non divide, e quello che è fatto per amore per qualcuno profitta anche agli altri.

Infine i defunti che vivono la prova della piena purificazione chiamata dal XII° secolo “il purgatorio”, beneficiano delle preghiere dei viventi, come l’aveva indicato sant’Agostino, “in misura del fatto che lo hanno loro stessi meritato sulla terra”. Fatto che è legato alla qualità della loro carità durante la loro vita terrena; tanto e così che le preghiere in favore di un defunto particolare valgono più per un altro nel quale la carità è stata più grande in questa terra. Questo ultimo aspetto manifesta che non esiste più efficacia “automatica” nell’aldilà di quanto ci sia sulla terra: la responsabilità di ciascuno, anche dopo la morte, è sempre presa in considerazione da Dio. È questa responsabilità che costituisce il secondo principio di san Tommaso. Si manifesta soprattutto nelle intenzioni dei viventi a favore dei

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defunti. Se la carità è indivisa, se per conseguenza il defunto per il quale si prega beneficia meno delle nostre preghiere di un altro che ha vissuto maggiormente nell’amore, questo vorrebbe dire che le nostre intenzioni sono inutili? Per niente dice san Tommaso: Dio prende sempre sul serio la nostra libertà. Ci accoglie come siamo in particolare con le aspirazioni che provengono dal nostro cuore quando siamo afflitti, e quindi con le intenzioni particolari che gli affidiamo. Solamente, queste intenzioni non possono essere dissociate dall’amore: Dio non saprebbe accettarle se noi rifiutassimo che la nostra preghiera valga solamente per un tale e non anche per altri. Questo secondo principio ha senso cristiano solo se è legato al primo.

Conseguenze pastorali

* “Non c’è solo la messa” Le intenzioni di messa dovrebbero essere comprese e vissute nel contesto più grande di un’azione di grazia e d’intercessione nel senso più ampio del termine: il mondo del sacrificio spirituale, che include tutte le forme di condivisione, di autocontrollo e di preghiera. * “Le intenzioni di messa non sono solo per i defunti” Conviene insistere su questo aspetto per riscoprire una sorta di riflesso nuovo che è andato perso a causa dell’importanza estrema data alle messe per defunti.

Si potrebbe annunciare le intenzioni all’inizio della liturgia eucaristica, dopo la presentazione dei doni. Si potrebbe dire per esempio: “questa eucaristia è offerta particolarmente come ringraziamento per …, e in fa-

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vore del defunto…” * Si farà tutto il possibile per evitare le intenzioni che nella nostra cultura occidentale rischiano di avere degli effetti negativi sulla fede delle persone, come per esempio “per l’anima più abbandonata del purgatorio” o “in onore di san Giorgio” o “per la pioggia”. In una società pre-scientifica, un’intenzione di messa per la pioggia o il bel tempo era concepibile e poteva essere vissuta in modo veramente cristiano. Nella cultura attuale rischia di minare la fede di molti, piuttosto che di fortificarla. La responsabilità pastorale non dovrebbe quindi porre attenzione? È necessario fare tutto perché le intenzioni di messa ritrovino, nello spirito e nel cuore dei cristiani, una credibilità.

L.M. Chauvet (nostra traduzione)

il tema

Gesti sportivi È stata un’estate di gesti sportivi che hanno fatto molto parlare. Nel frattempo è circolata la foto in basso scattata nel campionato dell’isola di Bali, con tre giocatori del Bali United che pregano dopo un gol segnato agli avversari del Borneo FC. Indovinate chi ha vinto!

Abbiamo chiesto a Paolo Duca, già capitano dell’Ambrì, un commento.

Il vostro parroco don Jean-Luc, che ho avuto la fortuna di avere come vicerettore quando frequentavo il Collegio Papio, mi ha chiesto cosa ne pensavo dei gesti religiosi degli sportivi e in particolare di questa fotografia. Caro don JeanLuc… ho quasi l’impressione di tornare sui banchi di scuola! Scherzi a parte, condivido volentieri alcune riflessioni con la comunità losonese, comune di origine della mia mamma e al quale sono molto legato.

Premetto che ognuno è libero di fare

come meglio crede e che è difficile commentare quando non si conoscono i dettagli della situazione o del vissuto delle persone. Tuttavia, per quanto mi riguarda, ho sempre considerato la fede una questione personale. Non sono mai stato un grande fan delle spettacolarizzazioni in generale e quindi nemmeno delle ostentazioni religiose nelle esultazioni sportive. Diciamo che personalmente preferisco mantenere separati i due argomenti. La fede, che ognuno vive in modo differente, concerne il senso della vita, riguarda la motivazione che gli esseri umani danno alla loro esistenza. Penso ci siano luoghi e momenti più adatti che non una partita di calcio per confrontarsi e per riflettere su questo tema. Tuttavia, come ho detto, non mi permetto di giudicare nessuno. È però vero che considero lo sport come una scuola di vita. L’attività sportiva insegna a spingersi oltre i propri limiti, a fare sacrifici e, soprattutto, a superare quotidianamente degli ostacoli e reagire alle difficoltà. Durante una competizione bisogna essere concentrati e mantenere alta l’attenzione. Tutti questi sono insegnamenti utilissimi anche nella vita di tutti i giorni. Ecco, se cerchiamo dei modelli in particolare per i nostri giovani, sono dell’opinione che gli sportivi possano dare un prezioso esempio. Soprattutto comportandosi in modo corretto, rispettando avversari e arbitri, così come le regole della disciplina in questione. Buon allenamento a tutti!

Paolo Duca

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attualità

Cos’è il razzismo … e come affrontarlo nella vita quotidiana Conoscete il significato della croce ardente? Era uno dei più orribili simboli del Ku Klux Klan, un’organizzazione clandestina, violenta e estremista che affermava la supremazia bianca nel contesto della guerra di secessione negli Stati Uniti. Queste storie e questi simboli ci sono ben noti da documentari, da film o da Internet. Possiamo consolarci con il fatto che organizzazioni come il Ku Klux Klan oggigiorno fortunatamente sono proibite, cadute in discredito, e che la guerra di secessione americana e la schiavitù “non hanno nulla a che fare” con noi qui in Svizzera. Ma il razzismo esiste anche dentro di noi, anche qui in Svizzera, e si manifesta, come lo dimostrano attuali studi, sondaggi e anche l’attività di consulenza, soprattutto nel confronto di persone di pelle scura. Chiaramente non parliamo di uccisioni sistematiche e del razzismo sanguinario sotto la croce ardente sopra menzionati, bensì di un fenomeno meno virulento che si esprime soprattutto in parole, gesti e azioni. In altri casi ancora si tratta di discriminazioni razziali al di fuori del quadro sanzionato dal nostro diritto penale. Però per le vittime queste situazioni sono dolorose, ingiustificabili, indignanti.

Il bollettino plurilingue TANGRAM della commissione federale contro il razzismo è gratuito e s’indirizza agli addetti ai lavori impegnati nell’attuazione delle misure contro il razzismo, ma anche ad altre organizzazioni e al vasto pubblico.

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Per l’abbonamento basta annunciarsi: https://www.ekr.admin.ch/documentazione/i548.html La prossima edizione del TANGRAM è prevista per metà dicembre 2018.

Scrivo il presente articolo come persona privata, come cittadina interessata, come cristiana, perché vorrei condividere la mia inquietudine concernente certi fenomeni di fondo che ci riguardano tutti oltre il nostro livello individuale. Si tratta di immagini, preconcetti, di una struttura mentale collettiva decisivamente sottovalutata che però ci tocca tutti come membri della nostra società e della nostra comunità. Da un punto di vista etico e anche religioso la discriminazione razziale non è mai tollerabile, perché in sostanza neghiamo al prossimo di avere una dignità umana.

Così facendo, la reclamiamo esclusivamente per noi. Respingendo una persona a causa del colore della sua pelle (o della sua religione o della sua provenienza) non la consideriamo come pari, non la riconosciamo come creatura umana. Le ideologie razziste, come ce lo ha dimostrato a varie riprese la storia moderna, presentano dei tratti comuni: viene costruita o accentuata una differenza (reale o immaginaria) tra il razzista e la sua vittima, poi la differenza viene valorizzata a vantaggio del razzista e ai danni della vittima. Segue poi una generalizzazione di queste differenze e la legittimazione di un’aggressione o di un privilegio.

Il razzismo contro le persone di pelle scura si manifesta come particolarmente problematico sotto diversi aspetti. Al contrario delle caratteristiche concernenti gli atteggiamenti e i comportamenti razzisti fondati sulla religione o la cultura di altre persone, le caratteristiche che scatenano il razzismo contro le persone di pelle scura sono “visibili” e “immutabili”. Le vittime non hanno via di scampo e si trovano stigmatizzate e esposte. Ovviamente nessuno di noi può cambiare il colore della pelle nel modo in cui ci cambiamo i vestiti…

A seconda gli individui sono considerati intelligenti o irrazionali, sobri o emotivi, laboriosi o pigri, razionali o istintivi, calmi o violenti “per natura”. Queste discriminazioni o questi pregiudizi sono in parte riconducibili a un immaginario o a diseguaglianze strutturali risalenti all’epoca coloniale. E bisogna dire che pur non avendo mai avuto colonie, anche il nostro Paese ha tratto dei considerevoli vantaggi soprattutto economici dalla colonizzazione dell’Africa e perfino dalla tratta transatlantica degli schiavi. Come mai il cioccolato svizzero è conosciuto in tutto il mondo…?

Rientrando in materia del nostro tema: non conta dunque se una persona è qui da generazioni o è appena arrivata, se è ben integrata o no. Si tratta di altri meccanismi arcaici che fanno sì che troppo spesso le persone di pelle scura non solo sono percepite come “diverse”, ma anche come “estranee” e spesso come “inferiori”. Certe volte si tratta di processi consapevoli, molte volte però essi sono inconsapevoli e in questo risiede la perfidia del fenomeno. E così avviene che ci si senta chiedere al collega di lavoro o alla vicina di casa (di pelle

scura) se i suoi figli non abbiano freddo in inverno, dato che in Africa non ci sono le stesse temperature delle nostre latitudini.

Indubbiamente la domanda la poniamo in buona fede, o vogliamo magari solo trovare un tema di conversazione generico.

Però dimentichiamo che i bambini del nostro collega di lavoro o della nostra vicina di casa sono nati e cresciuti qui, slittano, pattinano sul ghiaccio, e gettano palle di neve esattamente come i nostri figli… La domanda potrebbe forse essere meglio considerata valutando l’idoneità dei relativi berretti e guanti, delle scarpe invernali e delle giacche.

Mi sono permessa questo piccolo esempio per mostrare come certe parole o certe immagini veicolano e riproducono degli stereotipi e dei preconcetti. Ne volete degli altri? Cosa ne pensate del bimbo che con la crema “nivea” cerca di rendere la sua pelle visibilmente più chiara (bianca) per non essere più preso in giro a scuola?

O cosa pensate del ragazzo che si sente dire ripetutamente “che puzza sempre” e i cui compagni domandano ostentatamente “se ha l’ebola”? Aggiungo altri fatti gradualmente più accentuati di discriminazione razziale punibili nel senso della norma penale (art. 261bis Codice penale): cosa ne pensate se una persona davanti ad altri in pubblico vi grida addosso “torna in Africa a mangiare le banane”? Oppure se qualcuno, mirandovi, imita una scimmia di fronte a terzi?

Sono ovviamente delle situazioni intollerabili, non solo dal punto di vista giuridico.

Giulia Brogini

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l’intervista

Una valigia piena di tesori Aldo Poncioni racconta l’emigrazione onsernonese Una realtà lontana, testimoniata da sbiaditi dagherrotipi e da lettere ingiallite, tenere, un po’ sgrammaticate. Così appare ormai, ai più, l’emigrazione ticinese. Eppure c’è ancora chi quel distacco dalle radici lo ha vissuto sulla propria pelle. Chi ne ha sperimentato i benefici, ma anche il rovescio della medaglia, fatto di emarginazione e, talvolta, di discriminazione. Aldo Poncioni, 84 anni, da tempo residente a Losone, i ricordi della sua famiglia partita dall’Onsernone a inizio Novecento, li ha ritrovati in una valigia. “La valigia dei tesori – la chiama lui, con gli occhi lucidi -, ereditata dal mio papà. Erano decenni che non l’aprivo”. Da quello scrigno un po’ impolverato escono lettere, documenti, fotografie. A testimonianza del destino toccato a molti ticinesi. “Eppure – chiosa il nostro interlocutore – parecchi di noi sembrano aver dimenticato di essere discendenti di emigranti”. Lui - che i più conoscono come ex comandante della Polizia comunale di Locarno, del Consorzio di protezione civile, come già responsabile della colonna di soccorso del Club alpino – la storia di quelle partenze l’ha sempre ben presente. “Del resto – prosegue – dal 1900 circa, migliaia di ticinesi dovettero abbandonare certezze, affetti e proprietà andando altrove a cercarsi un posto di lavoro. Per sopravvivere loro stessi e per dare una vita migliore a chi era rimasto a casa. Si sparsero per l’Europa, andarono in California, in Australia, in Sud America. Tanti si lanciarono nella corsa

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Aldo Poncioni

all’oro, ma a chi non ne trovò toccò rimanere contadino”. Un esodo forzato di cui, ricorda il discendente onsernonese, si trova toccante testimonianza anche nelle nostre chiese. “Nei tanti ex voto, che raccontano la storia dell’emigrazione”. Poncioni, appassionato di statistica, ha fatto delle ricerche sul tema: “Fra il 1850 e il 1900 – chiarisce – furono ben 50 mila i ticinesi che partirono”.

Poi, inevitabilmente, lo sguardo torna alla sua valle, “dove vi fu una convergenza di elementi economici e sociali.

Con il progressivo decadimento della manifattura della paglia, che era la fonte preponderante di reddito, molti furono costretti ad emigrare. Basti dire che at-

Papà Modesto su un cantiere in Romandia con il suo datore di lavoro.

torno al 1900 vi fu un calo demografico di circa il 40 per cento, che toccò soprattutto uomini e ragazzi. A quei tempi – aggiunge scherzando, ma con una certa amarezza – si dice che tre fossero le meraviglie del Ticino: il campanile di Intragna, il ponte di Melide e… la povertà dell’Onsernone”. Una ristrettezza talmente grande da non permettere di partire lontano, limitando gli spostamenti al resto della Svizzera o, al massimo, alla Francia. “Perché per andare oltre Oceano servivano fra i 300 e i 500 franchi di allora, che corrispondevano alla paga di un anno…”. Un destino che toccò inevitabilmente anche alla famiglia Poncioni di Crana. “Mio nonno – ricorda ancora il nostro interlocutore – se ne andò nelle Centovalli per collaborare alla costruzione dei ponti in pietra, mentre mio padre Modesto partì come muratore verso il canton Neuchâtel. Fu là che conobbe mia madre, a sua volta figlia di emigranti toscani”.

Nella Svizzera romanda, dunque, nel 1934, nasce Aldo. Un bambino che parla francese e frequenta le scuole del posto, “ma anche educato da un padre che era rimasto estremamente legato alle proprie origini. Instillò in me il rispetto per la famiglia, per il prete, per il maestro, per le istituzioni e anche per il paese nel quale affondavano le sue radici. Quando si arrabbiava, mi sgridava in dialetto, magari mescolato con un po’ di francese e tedesco…”. Il legame con l’Onsernone, dunque, non viene mai meno. “Già prima di andare a scuola, con mia mamma tornavo in valle per due o tre mesi ogni anno. Successivamente si cominciò a rientrare anche per le feste (Pasqua e Natale, in particolare) o per eventi speciali, come battesimi, matrimoni o funerali.

Ricordo che quando si stava per partire, papà diceva sempre: ‘Nemm a cà’…”.

Ricordi piacevoli, offuscati però anche da qualche esperienza negativa legata

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ai pregiudizi in Romandia. “Durante la guerra, da adolescente, non era facile, a Vevey, portare un cognome che suonava italiano. La gente dimostrava comprensibilmente insofferenza verso l’Italia fascista e spesso ci guardavano con sospetto e diffidenza. Una situazione che mi faceva sentire a disagio”. Non solo.

Le differenze riguardavano anche la religione. “Eravamo cattolici in una città di protestanti. Già questo bastava per farti sentire un diverso. In più ci toccava andare a catechismo il sabato pomeriggio, quando gli altri erano liberi…”. Una costrizione che per Aldo Poncioni fu doppiamente negativa, “perché – e mi spia-

calore umano e affetto. Che riusciva a regalarmi un’energia difficile da spiegare.

Per venire a trovarli mettevamo tutte le monete da 50 centesimi in una bottiglia.

Era la nostra cassa di risparmio e avevamo calcolato che quando era piena si raggiungevano i mille franchi”. Durante la guerra, appena adolescente, Aldo affrontò più volte il viaggio da solo, “perché papà era mobilitato e mamma lavorava come donna delle pulizie negli uffici. Mi toccava fare un gran giro, perché non si poteva passare dal Sempione, dall’Italia. Alla stazione di Vevey mi mettevano al collo un cartellino con le tappe dell’itinerario e la destinazione finale. Controllori e autisti mi aiutavano e sono sempre arrivato sano e salvo a destinazione”.

I racconti delle vacanze ricordano i romanzi di Plinio Martini: valle diversa, ma stessa vita. “Durante l’estate salivamo all’alpe, dove l’esistenza era bella Da sinistra: Martino Carminati, la zia Irene, nonna Giuseppina, e intensa. Il nostro la zia Liberata, nonno Giuseppe, la zia Sabina e papà Modesto. compito era quelce dirlo – si trattava di un insegnamento lo di uscire la sera per portar fuori le meccanico e nozionistico, che non aveva capre, che poi tornavano all’alba. Noi nulla di spirituale e che, mi pareva allo- avevamo un letto di foglie sopra la stalra, nulla aveva a che fare con la fede”. la e venivamo svegliati dalle donne che Per ritrovare la serenità bastava tornare parlavano sommessamente con gli aniin Onsernone, fra i parenti: nonna Giu- mali mentre li mungevano”. È in quel seppina, zia Liberata, chiamata Biba, e mondo semplice che Aldo Ponconi dice tutti gli altri. “Gente in mezzo alla quale di aver conosciuto la vera fede. “Quelmi sentivo bene. Semplice, ma piena di la della gente povera, che pregava per

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ringraziare e non per chiedere. Spesso, durante le nostre vacanze, in Onsernone c’erano praticamente solo le donne, che la sera, al tramonto, si fermavano attorno alla fontana e recitavano il rosario. È stato lì che ho finalmente trovato la vera spiritualità; quella che mi era mancata durante le lezioni di catechismo. È stato lì che ho imparato la filosofia per affrontare la vita quotidiana con i ritmi giusti.

La ritrovo ogni volta che salgo in valle, che vado lassù al cimitero, che entro nella chiesa di Crana. Là c’è qualcosa che mi scalda il cuore e che mi fa rivedere la nonna e le zie. Le sento ancora cantare, mentre noi uomini le ascoltavamo dalla cantoria”.

E sulla strada verso l’Onsernone ha, per certi versi, incrociato quello che sarebbe stato il suo destino: “Mentre passavamo in postale accanto alla caserma di Losone, dissi più volte a mio padre che lì volevo fare la scuola reclute”. E così fu nel 1954. Seguì poi la scuola d’istruttore e il fatto di parlare la lingua italiana spinse i superiori a chiedergli di restare. Poncioni tornò quindi alle origini (o molto vicino, perlomeno), accompagnato poi da una moglie romanda, con la quale – l’anno prossimo – festeggerà i 60 anni di matrimonio. “Mi è capitato spesso di sentire qualche emigrante dire che avrebbe voluto rientrare a casa. Anche mio padre l’ha fatto, alla fine, ma io lo feci prima di lui”. In ogni caso l’esperienza della partenza lo ha reso sensibile all’attualità di oggi, agli esodi epocali fra il sud e il nord del mondo. “Gente con cui mi sento di condividere qualcosa. La solidarietà nasce spontanea, soprattutto se penso che i nostri padri sono partiti

per cercare di guadagnarsi una vita migliore, mentre molti di loro fuggono da tragedie ben peggiori”.

Per concludere torniamo all’Onsernone.

A quella di oggi, “tanto cambiata dai tempi della mia infanzia. Meno povera, certo, ma che ha anche perso forse qualcosa per altri aspetti. È chiaro, lo spopolamento avanza e forse è proprio l’anima della valle che è mutata, chissà…

Certo, oggi non ci si sente più fuori dal mondo come una volta, quando – per chi non partiva – anche solo Locarno appariva qualcosa di lontano e misterioso e per molti bambini il sogno era quello di diventare autista del postale. Lo chauffeur, lo chiamavano, perché lui era uno che il mondo lo andava a scoprire per davvero”.

Barbara Gianetti Lorenzetti

La nonna Giuseppina.

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verso le periferie

Telethon: insieme per fare la differenza Il periodo dell’Avvento è accompagnato da numerose iniziative benefiche.

Come ogni anno, nel mese di dicembre si rinnova in tutta la Svizzera l’appuntamento con la campagna di raccolta fondi promossa dalla Fondazione Telethon a favore delle persone affette da malattie genetiche rare e dei loro familiari. Attivo in prima linea dal 1995 è il losonese Benedetto Pedrazzini. Una presenza e un lavoro dietro le quinte il suo, quasi in “punta di piedi” come lui stesso lo definisce, nato dalla voglia di aiutare chi è meno fortunato. “Alla base di ogni impegno volontario c’è una comune filosofia di vita: quella di donare senza chiedere niente in cambio. Il donare non

deve forzatamente essere legato all’aspetto finanziario. Ognuno con il suo impegno, le sue relazioni e attraverso il lavoro di gruppo può aiutare e sostenere” racconta Benedetto Pedrazzini con la convinzione che solo insieme si può fare la differenza. Proprio con questo spirito su tutto il territorio nazionale vengono promossi centinaia di eventi e manifestazioni che coinvolgono migliaia di volontari a favore di Telethon. Ogni franco raccolto rappresenta un tassello di un importante mosaico che nella sua globalità contribuisce a sostenere concretamente le persone colpite da patologie genetiche rare e le loro famiglie.

Gruppo di amici con Mattia alla maratona di Locarno 2017

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Musica e solidarietà con i corni da Loson.

Le stime dicono che nel nostro Paese vivono circa 500 mila persone affette da una malattia genetica rara, oltre 600 nella sola Svizzera italiana, che si confrontano con patologie invalidanti di tipo cronico, progressivo e degenerativo. La totalità dei fondi raccolti da Telethon viene utilizzata in Svizzera per sostenere progetti di ricerca (50%) e progetti di aiuto sociale (50%). Per esempio, in Ticino Telethon ha sostenuto la realizzazione di due importanti iniziative: la creazione del Centro Myosuisse Ticino e la costituzione dell’Associazione malattie genetiche rare Svizzera italiana (MGR). Il Centro Myosuisse Ticino, con sede presso l’Ente ospedaliero cantonale, permette alle persone colpite da malattie neuromuscolari rare di origine genetica residenti nella Svizzera Italiana di accedere alla consultazione medica specializzata, offre loro una presa a carico uniforme e pluridisciplinare e segue nel tempo l’evolversi delle loro malattie. La MGR fornisce invece ai malati e ai loro familiari consulenza e sostegno, anche finanziario. Essa agisce in collaborazione con gli enti pubblici e con enti privati attivi nel campo dell’aiuto sociale

nonché con i medici e gli altri operatori del settore sanitario, in particolare con il team di medici specialisti e la coordinatrice del Centro Myosuisse Ticino.

“Chi guarda il bicchiere “mezzo vuoto” potrebbe affermare che a quasi trent’anni di distanza dalla prima campagna stiamo ancora lottando per dei diritti all’assistenza che per altre malattie sono giustamente riconosciuti. Dal nostro punto di vista, vogliamo però guardare il bicchiere “mezzo pieno” e proseguiamo il nostro lavoro di sensibilizzazione, sostegno e aiuto con i mezzi che raccogliamo grazie alla generosità che tante persone, aziende ed enti ci rinnovano

Aaron e Emilie con Tissot

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anno dopo anno. La popolazione ci riconosce come una Fondazione seria, che promuove un’informazione capillare ma mai invasiva su un tema delicato. Nel tempo la scelta di proporre delle iniziative sempre nello stesso periodo dell’anno è diventata una nostra peculiarità e ci rende familiari alle persone che tornano a rinnovarci la loro preziosa fiducia” considera Benedetto Pedrazzini sottolineando come il Ticino sia in assoluto il Cantone più solidale della Svizzera. Una generosità di cui c’è sempre bisogno.

Consultando il sito www.telethon.ch si possono ottenere tutte le informazioni aggiornate in tempo reale riguardo alla Fondazione e alle varie manifestazioni organizzate anche nella Svizzera Italiana.

Nathalie Ghiggi Imperatori

Con Daniele Raffa alla Maratona di Locarno 2016

Sostenere Telethon È possibile sostenere Telethon in diversi modi: • tramite una promessa di versamento sul sito www.telethon.ch • tramite versamento sul conto corrente postale: CCP 10-16-2 IBAN CH97 0900 0000 1000 0016 2 intestato a: Fondation Téléthon Action Suisse, Rue Galilée 15, 1400 Yverdon-les-Bains • inviando un SMS al numero al numero 339 scrivendo TELETHON SI + l’importo di vostra scelta • telefonando allo 0800 850 860 • acquistando un peluche dallo shop del sito www.telethon.ch • o in occasione di manifestazioni promosse a favore della Fondazione 24

fede e arte

Un gioiello da preservare Quarta fase di restauro a Palagnedra Anche le pietre più preziose possono, a volte, nascondersi in luoghi umili e discosti. Per trovarle ci vogliono allora costanza e pazienza, ma il risultato vale la fatica. E arrivare alla meta significa spesso farsi cogliere dalla sorpresa e dalla meraviglia, di fronte a splendori inattesi. È quanto accade a chi varca la modesta porta che immette nell’antico coro della chiesa parrocchiale di san Michele a Palagnedra, nelle Centovalli. Passare quella soglia vuol dire trovarsi immersi in uno spettacolo di figure e colori giunti a noi quasi intatti dal 1400. A dipingerli, nell’ultimo decennio del secolo (si stima un arco di tempo che va dal 1490 al 1510) Antonio da Tradate, artista con bottega a Locarno, che lasciò anche altre tracce del proprio passaggio in diversi edifici della regione. A Palagnedra però l’importante ciclo di affreschi presenta un eccezionale stato di conservazione, forse perché – con la costruzione della chiesa attuale, risalente agli inizi del XVII secolo, sorta sulle fondamenta di quella precedente – il coro originale venne trasformato in sacrestia, permettendo di preservare gli antichi dipinti. Un patrimonio prezioso e importante, riconosciuto a livello internazionale e che porta numerosi visitatori ogni anno nel villaggio centovallino.

Gli affreschi del da Tradate sono il cuore della chiesa seicentesca che le è stata realizzata accanto, decorata con altre opere pittoriche e scultoree. Non mancano marmi, lavori in scagliola e un soffitto ligneo a cassettoni risalente al 1914, anno

La chiesa di san Michele.

in cui fu pure acquistato l’organo che troneggia sulla cantoria. L’intero edificio sacro è monumento d’importanza cantonale e va quindi accuratamente preservato.

Proprio sulla scorta di tale considerazione – oltre che, ovviamente, per rispetto alla devozione di tutti coloro che hanno contribuito nei secoli alla sua realizzazione e al suo mantenimento – nel 1996 fu allestito un progetto di restauro, da realizzare a tappe. Le prime tre sono già state concretizzare e si spera di poter presto dare avvio alla quarta e ultima.

Quella che ridarà splendore ai decori interni e alle facciate esterne. Si tratta di un’operazione complessa e onerosa, per la quale il Consiglio parrocchiale ha già dato avvio alla ricerca di fondi, confidando nella generosità di tutti coloro che riconoscono il valore di fede, ma anche culturale e artistico, di san Michele e dei suoi affreschi.

A spiegarci quanto già realizzato finora è Carla Sciaroni-Mazzi, segretaria della

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Parrocchia, che si sta occupando di tirare le fila affinché l’ultima parte del progetto possa finalmente andare in porto.

“La prima fase dei lavori – chiarisce – si è svolta fra il 1999 e il 2001 e ha riguardato il risanamento completo della carpenteria del tetto, che si trovava in cattivo stato di conservazione, con una nuova copertura in piode”. La tappa successiva è stata avviata nel 2004 e, in particolare, ha toccato il sagrato e i camminamenti perimetrali, completamente restaurati.

Inoltre è stato necessario procedere ad un rifacimento completo del drenaggio e alla realizzazione di un nuovo sistema di smaltimento delle acque meteoriche.

Infine, nel 2008 si è provveduto alla creazione di una rampa esterna di accesso al sagrato, oltre che alla messa a norma dell’impianto elettrico principale.

Ora, dunque, si tratta di dare avvio alla quarta fase del progetto, per la quale si è già ottenuto l’avallo sia da parte dell’Ufficio cantonale dei beni culturali sia dalla Commissione di arte sacra della diocesi. All’interno della chiesa si intende intervenire su soffitto, pareti, finestre, altari, pavimento e, ovviamente, sulle opere pittoriche e sugli stucchi. Inoltre è previsto anche un potenziamento e ammodernamento del sistema di illuminazione. Pure da consolidare la struttura portante dell’organo. All’esterno si interverrà sulle facciate dell’edificio sacro, provvedendo anche ad un risanamento del suo campanile e alla pulizia dei drenaggi esistenti. Un profondo restauro, insomma, il cui costo è valutato attorno a 1 milione e 200 mila franchi. Fatto salvo che sarà possibile ottenere sostegni finanziari sia dal Cantone sia dalla Confederazione (gli importi sono in fase di

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elaborazione), è comunque necessario attivarsi perché la Parrocchia centovallina non potrà coprire la cifra residua solo con i propri mezzi.

“La raccolta di fondi è già stata avviata – chiarisce ancora Carla Sciaroni-Mazzi – e appena avremo a disposizione una cifra sufficiente, si potrà dare avvio ai lavori. La nostra speranza è quella di poter iniziare ancora nel corso del 2019”.

Ringraziando l’ingegner Angelo Pirrami e il restauratore Andrea Meregalli per l’impegno profuso finora, il Consiglio parrocchiale lancia un appello affinché tutti coloro che hanno a cuore il futuro di san Michele diano il proprio sostegno all’operazione. Eventuali versamenti possono essere effettuati sul contro con numero Iban CH91 8028 1000 0014 4586 8, presso la Banca Raiffeisen Centovalli Pedemonte e Onsernone di Verscio.

Confidando nella generosità di tutti, vi è poi un ulteriore sogno nel cassetto. In futuro, finanze permettendo, si vorrebbe infatti compire l’opera precedendo anche alla pulitura degli affreschi quattrocenteschi, il cui ultimo restauro risale al 1966, e alla revisione dell’organo. bgl

Un dettaglio degli affreschi.

calendario liturgico pastorale

Losone prima domenica di avvento sabato 1 dicembre ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 2 dicembre ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messe in san Giorgio Il gruppo mamme organizza un banco di arrangiamenti natalizi prima e dopo le messe parrocchiali in san Lorenzo. Il concerto natalizio del coro Cantadonna inizia alle 16:30 in san Lorenzo. La messa in san Giorgio è animata dai cresimandi, i quali a gruppi si ritrovano già alle ore 16 per la catechesi nella saletta.

terza domenica di avvento sabato 15 dicembre ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 16 dicembre ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio In chiesa san Lorenzo concerto natalizio della filarmonica di Losone alle ore 17.

festa dell’Immacolata sabato 8 dicembre ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio In san Lorenzo, alle ore 17, concerto gospel offerto dal comune di Losone.

confessioni di natale giovedì 20 dicembre ore 19:30 in san Lorenzo Celebrazione comunitaria del sacramento del perdono e confessione individuale in preparazione alle feste di Natale.

seconda domenica di avvento domenica 9 dicembre ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio I cresimandi si ritrovano alle ore 16 per una catechesi nella saletta a san Giorgio.

presepio vivente venerdì 21 dicembre Ritrovo alle ore 19:30 di fronte all’ex-caserma per un racconto natalizio che ci conduce verso il presepio vivente.

adorazione eucaristica martedì 11 dicembre ore 20 in san Giorgio

Triduo - novena in preparazione al Natale lunedì 17, martedì 18, mercoledì 19 dicembre alle ore 19:30 in san Lorenzo

quarta domenica di avvento sabato 22 dicembre ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 23 dicembre ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio

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Natale 2018 lunedì 24 dicembre ore 18 in san Giorgio messa natalizia con le famiglie animata dal Piccolo grande Coro ore 24 in san Lorenzo messa natalizia della notte martedì 25 dicembre ore 10 in san Lorenzo messa natalizia del giorno festa di santo Stefano mercoledì 26 dicembre ore 9:30 messa in casa Patrizia festa della santa Famiglia sabato 29 dicembre ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 30 dicembre ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio festa di Maria madre di Dio martedì 1° gennaio 2019 ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio festa dell’Epifania sabato 5 gennaio ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 6 gennaio ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio

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adorazione eucaristica martedì 8 gennaio ore 20 in san Giorgio festa del battesimo di Gesù sabato 12 gennaio ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 13 gennaio ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani dal 18 al 25 gennaio seconda domenica ordinaria sabato 19 gennaio ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 20 gennaio ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio La messa delle ore 10 è animata dal Piccolo grande coro con l’invito rivolto a tutte le famiglie. terza domenica ordinaria sabato 26 gennaio ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 27 gennaio ore 10:30 preghiera ecumenica nella chiesa evangelica di Ascona è sospesa la messa delle ore 10. ore 18 messa in san Giorgio quarta domenica ordinaria sabato 2 febbraio ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 3 febbraio ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio I cresimandi si ritrovano alle ore 16 per una catechesi nella saletta a san Giorgio.

quinta domenica ordinaria sabato 9 febbraio ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 10 febbraio ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio I cresimandi si ritrovano alle ore 16 per una catechesi nella saletta a san Giorgio.

ore 18 messa in san Giorgio settima domenica ordinaria sabato 23 febbraio ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 24 febbraio ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio

nostra signora di Lourdes lunedì 11 febbraio ore 15 messa in san Lorenzo, con la celebrazione dell’unzione dei malati a cui fa seguito un momento conviviale.

ottava domenica ordinaria sabato 2 marzo ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 3 marzo ore 10 messa in san Lorenzo ore 18 messa in san Giorgio

adorazione eucaristica martedì 12 febbraio ore 20 in san Giorgio

mercoledì delle ceneri mercoledì 6 marzo ore 18 messa in san Lorenzo

sesta domenica ordinaria sabato 16 febbraio ore 17:30 messa in san Lorenzo domenica 17 febbraio ore 10 messa in san Lorenzo

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Onsernone festa di cristo re sabato 24 novembre ore 16 Comologno ore 17:15 Mosogno domenica 25 novembre ore 9 Vergeletto ore 10:30 Auressio (mad. sponde) prima domenica avvento sabato 1 dicembre ore 16 Gresso ore 17:15 Mosogno domenica 2 dicembre ore 9 Crana ore 10:30 Loco Immacolata sabato 8 dicembre ore 9 Vergeletto ore 10:30 Berzona seconda domenica avvento domenica 9 dicembre ore 9 Comologno ore 10:30 Auressio terza domenica avvento sabato 15 dicembre ore 16 Gresso ore 17:15 Mosogno domenica 16 dicembre ore 9 Crana ore 10:30 Loco quarta domenica avvento sabato 22 dicembre ore 16 Comologno ore 17:15 Berzona

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domenica 23 dicembre ore 9 Vergeletto ore 10:30 Auressio novena di Natale a Loco in Casa Schira martedì 18 dicembre giovedì 20 dicembre dopo la scuola fino alle 17:30 Ad Auressio ritrovo “info point” domenica 23 dicembre ore 16:30 confessioni lunedì 24 dicembre ore 9-11:30 a Loco Natale lunedì 24 dicembre ore 18 Russo martedì 25 dicembre ore 9 Vergeletto ore 10:30 Loco santo Stefano mercoledì 26 dicembre ore 10:30 Comologno santa Famiglia sabato 29 dicembre ore 16 Gresso ore 17:15 Mosogno domenica 30 dicembre ore 9 Crana ore 10:30 Auressio

s.s. Madre di Dio lunedì 31 dicembre ore 17:15 Crana martedì 1 gennaio ore 9 Vergeletto ore 10:30 Berzona (san Defendente) Epifania sabato 5 gennaio ore 16 Gresso ore 17:15 Mosogno domenica 6 gennaio ore 9 Comologno ore 10:30 Auressio battesimo del Signore sabato 12 gennaio ore 16 Comologno ore 17:15 Berzona domenica 13 gennaio ore 9 Vergeletto ore 10:30 Loco seconda domenica ordinaria sabato 19 gennaio ore 16 Gresso ore 17:15 Mosogno domenica 20 gennaio ore 9 Crana ore 10:30 Auressio (sant’Antonio) terza domenica ordinaria sabato 26 gennaio ore 16 Comologno ore 17:15 Berzona domenica 27 gennaio ore 9 Vergeletto ore 10:30 Russo (CSO)

quarta domenica ordinaria sabato 2 febbraio ore 16 Gresso ore 17:15 Mosogno domenica 3 febbraio ore 9 Crana ore 10:30 Loco quinta domenica ordinaria sabato 9 febbaio ore 16 Comologno ore 17:15 Berzona domenica 10 febbraio ore 9 Vergeletto ore 10:30 Auressio (mad.sponde) sesta domenica ordinaria sabato 16 febbraio ore 16 Gresso ore 17:15 Mosogno domenica 17 febbraio ore 9 Crana ore 10:30 Loco settima domenica ordinaria sabato 23 febbraio ore 16 Comologno ore 17:15 Berzona domenica 24 febbraio ore 9 Vergeletto ore 10:30 Auressio ottava domenica ordinaria sabato 2 marzo ore 16 Gresso ore 17:15 Mosogno domenica 3 marzo ore 9 Crana ore 10:30 Loco ceneri mercoledì 6 marzo ore 18 Loco

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Centovalli

orari delle messe feriali vedere gli albi parrocchiali o il sito orari messa san Donato mart. - sab. ore 10:45 festivo ore 9:30

Cristo re dell’universo sabato 24 novembre ore 16 Verdasio domenica 25 novembre ore 9 Intragna ore 10:30 Rasa prima domenica di avvento sabato 1 dicembre ore 16 Moneto ore 17:30 Golino domenica 2 dicembre ore 9 Borgnone ore 10:30 Intragna Immacolata sabato 8 dicembre ore 9 Verdasio ore 10:30 Golino seconda domenica di avvento domenica 9 dicembre ore 9 Palagnedra ore 10:30 Intragna giovedì 13 dicembre ore 10 Costa s/Intragna ( santa Lucia) - in caso di neve viene sospesa terza domenica avvento sabato 15 dicembre ore 16 Rasa ore 17:30 Golino domenica 16 dicembre ore 9 Verdasio ore 10:30 Intragna

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quarta domenica di avvento sabato 22 dicembre ore 16 Borgnone ore 17:30 Golino domenica 23 dicembre ore 9 Intragna ore 10:30 Palagnedra confessioni ore 9-12 Intragna Natale lunedì 24 dicembre ore 16 san Donato ore 18 Intragna ore 21:30 Golino martedì 25 dicembre ore 9 Borgnone ore 9:30 san Donato ore 10:30 Palagnedra santo Stefano mercoledì 26 dicembre ore 10:30 Rasa santa Famiglia sabato 29 dicembre ore 16 Verdasio ore 17:30 Golino domenica 30 dicembre ore 9 Intragna ore 10:30 Moneto s.s. Madre di Dio lunedì 31 dicembre ore 17:30 Golino

martedĂŹ 1 gennaio ore 9 Palagnedra ore 10:30 Intragna

domenica 3 febbraio ore 9 Verdasio ore 10:30 Moneto

Epifania sabato 5 gennaio ore 16 Moneto ore 17:30 Golino domenica 6 gennaio ore 9 Borgnone ore 9:30 san Donato ore 10:30 Intragna

quinta domenica ordinaria sabato 9 febbaio ore 16 Costa s/Intragna (s. Apollonia) ore 17:30 Golino domenica 10 febbraio ore 9 Borgnone ore 10:30 Palagnedra

battesimo del Signore sabato 12 gennaio ore 16 Verdasio ore 17:30 Golino domenica 13 gennaio ore 9 Borgnone ore 10:30 Rasa seconda domenica ordinaria sabato 19 gennaio ore 16 Moneto ore 17:30 Golino domenica 20 gennaio ore 9 Intragna ore 10:30 Lionza (s. Antonio) ore 11 Golino (s. Antonio - benedizione degli animali) terza domenica ordinaria sabato 26 gennaio ore 16 Borgnone ore 17:30 Golino domenica 27 gennaio ore 9 Verdasio ore 10:30 Palagnedra quarta domenica ordinaria sabato 2 febbraio ore 17 Intragna (candelora)

lunedĂŹ 11 febbraio ore 15 san Donato (Madonna di Lourdes) unzione infermi sesta domenica ordinaria sabato 16 febbraio ore 16 Verdasio ore 17:30 Golino domenica 17 febbraio ore 9 Intragna ore 10:30 Rasa settima domenica ordinaria sabato 23 febbraio ore 16 Moneto ore 17:30 Golino domenica 24 febbraio ore 9 Palagnedra ore 10:30 Intragna ottava domenica ordinaria sabato 2 marzo ore 10 Camedo (Madonna del rosario) ore 17:30 Golino domenica 3 marzo ore 9 Borgnone ore 10:30 Verdasio ceneri mercoledĂŹ 6 marzo ore 17 Golino

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il consiglio parrocchiale informa

Mosogno Il quadro raffigurante san Michele Arcangelo è ritornato all’orartorio san Giacomo al Chiosso, dopo il restauro conservativo presso l’atelier della signora Sabrina Pedrocchi a Losone. La spesa del restauro è stata di 4’580 franchi. Inoltre, essendo diversi quadri dell’oratorio in precarie condizioni, si è previsto che la prossima tela da restaurare sia quella raffigurante un santo sorretto da angeli.

La spesa preventivata ammonta a 3’970 franchi. Il consiglio parrocchiale ringrazia tutti coloro che hanno assicurato il loro contributo e coloro che vorranno partecipare al prossimo intervento.

L’opera prima e dopo il restauro.

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L’oratorio del Chiosso.

Recapiti

Preti

Centro la Torre Alfredo Soldati 091 785 81 10 (ufficio), 079 352 76 74 alfredo.soldati@lgsa.ch

don Jean–Luc Farine casa parrocchiale via san Materno 7, 6616 Losone 076 442 41 15 - 091 791 41 15 farjluc@gmail.com

Gruppo animazione messe delle famiglie (GAMF) Eva Perissinotto 091 791 76 86 Daniela Monaco 091 791 36 50 Organisti Leslaw Skorski, titolare 076 247 56 42 Martino Milani 077 437 59 91 Gian Pietro Milani 091 745 38 02 Corale parrocchiale Unitas Candida Gnarini 091 791 58 32 Emilia Maggi 079 545 97 78 Piccolo grande coro (PGC) Chiara Metrico 076 573 93 83 Sezione scout la Torre Losone casella postale 618, 6616 Losone www.scout-latorre.ch

don Marco Nichetti casa parrocchiale 6655 Intragna 076 693 99 07 - 091 225 71 22 marcnic78@gmail.com don Davide Matassa casa parrocchiale 6655 Intragna 076 344 88 29 - 091 225 71 22 davide.matassa87@gmail.com don Tarcisio Brughelli casa parrocchiale 6655 Intragna 079 737 40 11 - 091 780 74 71

Gruppo mamme Emiliana Andreocchi 091 791 84 75 Gabriella Orru 091 792 14 80 Consiglio pastorale dell’Onsernone Edy Mancini, Berzona 091 797 15 28 Coro dell’Onsernone Isabella Dellamora 079 294 56 19

Comitato di redazione don Jean-Luc Farine, don Marco Nichetti, Nathalie Ghiggi Imperatori, Barbara Gianetti Lorenzetti, Paolo Storelli, don Davide Matassa 35

Pedrazzini Tipografia SA, Locarno