LA Jonio VOCE Anno LXI- N. 1
Domenica, 28 gennaio 2018
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99 anni fa l’Appello
Popolarismo sturziano un esercizio di dignità Il 18 gennaio 1919 veniva redatto a Caltagirone il celebre Appello ai liberi e forti, che ha restituito dignità e vigore all’impegno politico dei cattolici italiani, fino ad allora esclusi dalla vita del Paese a motivo del non expedit di Papa Pio IX. L’Appello, che rappresentava il manifesto fondativo del popolarismo e del Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo, si connota per elementi di impressionante attualità ancora oggi, a 99 anni dalla sua stesura. Quello di Sturzo, prete e politico, sottile pensatore e teorico di un liberalismo che sapeva coniugarsi con la dignità della persona e le ragioni sociali alternative al materialismo, era un partito innovativo e innovatore in quanto prendeva anzitutto le mosse da un programma concreto articolato per punti e svincolato da qualsiasi narrazione ideologica affascinante, ma sprovvista di umanità. Il prete calatino aveva teorizzato un partito di ispirazione cristiana, sebbene tuttavia laico, indipendente dalle gerarchie ecclesiastiche e altro dalla Chiesa, politico – di parte, appunto –, radicato nella società e nella storia italiane, però con un afflato fin da subito internazionalistico. Sturzo e i suoi amici si preoccupavano di un mondo diviso dalla guerra, di ricercare un equilibrio stabile tra gli interessi nazionali e la pace, che passasse dal rifiuto dell’imperialismo, dal disarmo universale, dalla trasparenza dei trattati, dal riconoscimento della dignità e dei diritti dei lavoratori, dalla legislazione sociale e dalla tutela delle libertà, a cominciare da quella di culto. L’Appello ai liberi e forti rivendica il primato della persona su qualsiasi altra sovrastruttura, a essa naturalmente sussidiaria, il rispetto delle autonomie locali, della famiglia e dell’iniziativa privata, una democrazia parlamentare proporzionale, il voto alle donne, il Senato elettivo, la semplificazione normativa e della burocrazia. La libertà di Sturzo non è libertinaggio, né entropia, né mano invisibile dell’economia; è ordinata, propedeutica a un’organizzazione sociale inclusiva, nell’ambito della quale affermare diritto del lavoro e protezione sociale non è lotta di classe, ma esercizio di dignità, umanità, progresso per tutti, tanto quanto riconoscere il ruolo dell’iniziativa individuale affrancata dai lacci di legislazione e amministrazione asfittiche. In questo punto di equilibrio tra diritti e doveri, libertà e responsabilità, laicità dello Stato e dimensione spirituale trova fondamento il popolarismo sturziano. Il Partito Popolare Italiano era infatti un partito programma, non il depositario di una qualche verità filosofica, ideologica o religiosa e perciò, nel senso più proprio e profondo del termine, è stato un partito laico. Vale la pena di ricordarlo, in quei principi e persino in buona parte di quel programma possiamo ancora trovare ispirazione. Elia Torrisi
dell’
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SANTA VENERINA Il complicato caso della struttura di solidarierà che avrebbe dovuto essere realizzata dalla Caritas italiana dopo il terremoto del 2002
Quell’”Opera - Segno” che forse non nascerà mai Dal 2002, subito dopo l’ultimo terremoto, a oggi tiene banco a Santa Venerina la questione “Opera-Segno”, una struttura di solidarietà che avrebbe dovuto sorgere per iniziativa della Caritas. In realtà la sua genesi trova appiglio proprio nella Caritas italiana, il suo corso ha interpellato sia il contesto ecclesiale e quello civile e ha coinvolto diversi addetti ai lavori. Accanto alle scelte della Curia ci sono quelle dei consigli comunali che si sono susseguiti e delle parrocchie di Santa Venerina. Diamo qualche accenno. Individuato il terreno la Caritas italiana e quella di Acireale sconsigliarono il suo acquisto soprattutto per la sua distanza rispetto al centro urbano. Le parrocchie non diedero ascolto ai tecnici e concordarono per quel terreno. Appena il
tempo di costruirvi delle mura perimetrali e i lavori si bloccarono per problemi di natura tecnica interni alla Curia. Cambiano i vescovi (da mons. Pio Vigo a mons. Raspanti), i parroci, i consigli comunali e si passa a una fase nuova. Il terreno e un altro bene vengono messi in vendita e il Comune è uno dei possibili acquirenti. A questa operazione si contrappongo le perplessità di chi sostiene, con numeri alla mano, che il Comune non è ancoro uscito dal dissesto. Questo è quanto emerso. Oggi siamo in grado di raccontare le pagine più salienti di questa storia. Il nostro giornale, oltre a ricostruirla, vuole restituirle un briciolo di dignità portando a galla le diverse versioni dei fatti. Abbiamo raccolto e riportato la voce
della Caritas diocesana, quella della politica comunale di Santa Venerina e abbiamo cercato di spiegare quando nascono e a cosa servono le “Opere-Segno”. Non occorre focalizzarsi troppo su queste due paroline. Però dietro ad esse scopriremo quel movimento centro-periferia che interpella le comunità sia ecclesiali che civili a prendersi carico concretamente delle situazioni di bisogno. In fine dei conti, quella che vi raccontiamo è una’ “irrealizzata”: un progetto sorto nel momento giusto ma forse nel posto sbagliato. Oggi, inoltre, il terreno che doveva servire per realizzarvi un centro di incontro e aggregazione, subito dopo il sisma 2002 diventa un possibile campo di scontro alle porte delle elezioni amministrative del paese che si terranno nel
giugno prossimo. Attualmente il terreno è in vendita e con i proventi le parrocchie vogliono acquistare l’ex collegio delle Canossiane posto al centro del paese e farvi un presidio per le attività pastorali e caritatevoli. C’è ancora tempo per lasciare un segno. Questa volta positivo. Domenico Strano (Speciale a pag. 8)