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Convegno “Dalla Violenza al Dialogo
Il 28 Novembre scorso si è svolto presso la Libera Università di Bolzano il convegno intitolato “Dalla violenza al dialogo” organizzato dalla Rete per la prevenzione alla violenza in collaborazione con il Dipartimento sanità, famiglia e politiche sociali, la Ripartizione cultura tedesca, il Dipartimento cultura e formazione professionale in lingua italiana, le Intendenze scolastiche di lingua italiana e tedesca e la Libera Università di Bolzano.
L’ evento si è inserito all’ interno di un vasto programma di iniziative impegnate a trattare il tema della violenza in varie forme: attraverso proiezioni di film, mostre d’ arte, spettacoli teatrali e ancora con eventi formativi lungo tutto il mese di Novembre e parte di Dicembre con lo scopo, dichiarato dalla Rete per la Prevenzione stessa, di “portare anche al di fuori dei ristretti ambiti professionali degli addetti ai lavori l’at
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14 tenzione su questo tema invitando la popolazione ad un dialogo sull’argomento”. Il convegno in sé è durato una sola giornata, ma una giornata ricca di contenuti, con la partecipazione di sei relatori provenienti da Italia, Germania e anche Francia.
Tra gli interventi che ho seguito ne vorrei ricordare due in particolare. Innanzitutto l’intervento tenuto da Charles Rojzman, psicologo, con studi interdisciplinari in sociologia, pedagogia, antropologia e psicoterapia e fondatore dell’ Istituto C. Rojzman, un Istituto attraverso il quale opera nel settore del pubblico e del no profit per gruppi e organizzazioni nazionali e internazionali all’ interno di programmi di mediazione e di risoluzione di conflitti e di educazione sociale per quella che lui definisce “la promozione di sane democrazie multi-culturali e multi-etniche”. Una persona con alle spalle progetti delicatissimi che lo hanno visto impegnato in Paesi
segnati da guerre civili, conflitti interetnici, scontri politici e religiosi, come a Beslan, nel nord dell’ Ossetia (a seguito del drammatico sequestro avvenuto in una scuola da parte di fondamentalisti islamici e separatisti ceceni), in Ruanda, in Nord Africa, e poi in Paesi d’ Europa, come in Francia, e ancora in alcuni Paesi dell’ America latina. Un percorso professionale e sicuramente non solo professionale che si può dire lo ha reso oggi un vero esperto e figura di riferimento in materia di progetti teorici e pratici di intervento e prevenzione della violenza. In altre parole, direi, un interlocutore più che ideale per il tema di questo Convegno di cui ha ispirato infatti il titolo con il suo intervento: “Dalla violenza al dialogo (attraverso il conflitto)”. Diversi sono stati i messaggi che ha voluto lanciare. Il primo: per trovare violenza non occorre andare molto lontano, in altri Paesi o altre realtà. Essa infatti si trova facilmente anche da noi e anche da noi rappresenta il nucleo dei nostri rapporti quotidiani, seppure magari in forme più sottili, non sempre esplicite e palesi. La violenza non và intesa solo come una forma di abuso di ferita o minaccia, ma comprende anche altre tre forme: l’ abbandono, l’ umiliazione e l’ attribuzione di colpa. Per risolvere queste forme di violenza, secondo la proposta terapeutica di Rojzman, occorre necessariamente passare per il conflitto e ciò rimanda direttamente al suo secondo messaggio. Secondo Rojzman il conflitto và rigorosamente distinto dalla violenza. Se la seconda è indubbio sia negativa, la prima invece rappresenta una possibilità importante di risoluzione ed espressione. Il conflitto non và inteso nell’ accezione più comune di elemento da negare o impedire sul nascere, ma al contrario come un’ opportunità. Il presupposto è che “laddove viene a mancare lo spazio per il conflitto è allora che nasce inevitabile la violenza”. La sua proposta terapeutica è dunque proprio quello di educare al conflitto e di farlo attraverso un metodo da lui elaborato, ovvero il TST (Transformational Social Therapy) o in francese detta “Tèrapie social”. Il secondo intervento è quello di Andrea Felis, bolzanino, dottore di ricerca in Studi Umanistici, Discipline filosofiche, storiche e dei Beni Culturali che ha voluto discutere uno studio da lui condotto sulla realtà politica Altoatesina legata al mondo del nazi-fascismo. Uno studio molto interessante e dettagliato che ha intitolato: “Come sfatare il mito che basti “sapere” per capire e capire per comprendere” riferendosi alla neces