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Imparare la convivenza dai bambini

La naturale predisposizione dei più piccoli alla socialità, se sapientemente guidata, può portare ad importanti risultati Il mondo d’oggi, si sa, sta andando sempre più frequentemente verso la costituzione di società multietniche. Ma è possibile la convivenza sullo stesso territorio tra individui diversi per razza, etnia o cultura, sotto una legge comune che assicuri a tutti gli stessi diritti di sopravvivere, di conservare e trasmettere il proprio patrimonio culturale, cioè la propria lingua, la propria fede, le proprie usanze? Lavorando da qualche mese in progetti per ragazzi sostenuti dall’Associazione, la chiave di risposta a questo spinoso quesito, su cui da decenni si scrivono tomi di teorie e che arrovella senza tregua la mente dei più eccelsi studiosi, mi è parsa improvvisamente semplice: I BAMBINI. Nulla è più puro ed elastico del pensiero di un bambino, nulla si dimostra così aperto come la curiosità disincantata e libera da qualsiasi pregiudizio o stereotipo di una giovane mente. La sete di sapere e conoscere, spinge il bambino ad un’apertura a 360 gradi verso il mondo, sé stesso e l’altro. L’altro appunto. Un altro che porta con sé, esperienze di vita, storie, bagagli culturali ed etnici diversi dal suo, che vanno compresi, e se non condivisi, per lo meno rispettati. Osservando i ragazzi al centro, la loro semplicità e capacità di considerarsi tutti alla pari tra di loro pur provenendo da diversi paesi del mondo, di scambiarsi esperienze e conoscenze su di loro e la loro cultura, stupisce giorno per giorno. Pakistan, Perù, Albania, Tunisia e Marocco, si rincorrono, si conoscono ed inventano insieme, dando vita ad un’educazione pienamente multiculturale: frasi che iniziano in italiano, proseguono in peruviano, finiscono in albanese … Ogni bambino, varcando la soglia, si porta dietro i colori e i profumi di casa, li mette a disposizione d’altri, aprendo strade di condivisione e rispetto. La quotidianità di queste scene mi dà la fiducia di credere che, se per gli adulti, a vincere sono, nella maggior parte dei casi, atteggiamenti di paura, sospetto e intolleranza, nei bambini una valorizzazione del principio di diversità sia ancora possibile. È da loro che dobbiamo partire per costruire quei percorsi di convivenza, che ancora oggi faticano a trovare un equilibrio, e per consegnare alle generazioni future un mondo di rispetto e apprezzamento della diversità, a cui ormai dobbiamo abituarci. Il mondo è un unico Paese. I bambini ci insegnano che è possibile abbracciarlo tutto. Certo, anche in essi il rispetto verso l’altro va stimolato, coltivato giorno

I n t e r n o s I n t e r n o s I n t e r n o s I n t e r n o s I n t e r n o s I n t e r n o s I n t e r n o s I n t e r n o s per giorno. Seppur predisposti al seme della solidarietà, anche per loro possono essere possibili dei confl itti culturali. È a questo punto che entra in gioco la valenza dei progetti sui ragazzi dell’Associazione. Con il loro aiuto e la loro competenza, gli operatori danno un contributo rilevante e innovativo alla formazione intellettuale e sociale dei ragazzi:

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favorendo un’integrazione della conoscenza della nostra cultura con quella di altre; favorendo lo sviluppo di atteggiamenti positivi verso l’apertura e l’interazione tra culture; sottoponendo a rifl essione gli atteggiamenti e i comportamenti confl ittuali che portano a uno • • •

scontro di civiltà; evitando le rigide categorizzazioni e le discriminazioni degli altri ragazzi in base alla loro provenienza culturale; e, perciò evitando un’ottusa concezione della propria identità culturale con le conseguenze presunzioni di superiorità. Progetti e iniziative di questo tipo vanno perciò protette e consolidate perché, con il loro contributo, aiutano a promuovere un’ educazione interculturale, in un mondo che ha sempre più bisogno di rispetto e tolleranza. E chi meglio di un bambino può dimostrare che ciò è possibile? • •

Giulia Marcantonio

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