ilVicenza - Maggio 2024

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Le facce del dado

L’ispettore Jack “Maynot” Barnaby

Antonio Di Lorenzo

CL

’ispettore capo Tom Barnaby abita e lavora a Midsomer nella contea di Causton, località inesistente nella realtà che serve solo a richiamare nella fiction tv il vero Somerset britannico, che dell’Inghilterra riassume molte idee così diffuse da diventare stereotipi: la piccola comunità immersa nel verde della campagna, i club, le signore che organizzano festicciole con vendita di torte, le gare di cavalli, di cricket, la filodrammatica, il curato e così via.

Naturalmente, in questo idilliaco ambiente, a ogni puntata della serie, che ormai dura da 24 anni, si verifica un omicidio che, appunto, l’ispettore Barnaby deve risolvere. Fatti i conti, i compaesani sono stati afflitti da 132 morti e da almeno altrettanti assassini: ovviamente, prima il simpatico John Nettles e quindi il più severo Neil Dudgeon, unico caso di due cugini che hanno lo stesso cognome e svolgono lo stesso lavoro, li hanno scoperti tutti.

Ma di questa concentrazione di criminalità, come degli infiniti morti a Cabot Cove della “Signora in giallo” Angela Landsbury oppure dei cadaveri di Pineta del Barlume, che scopre due assassini ogni estate, nessuno tiene conto. Giusto così, siamo nella fiction.

Perché ci interessa Barnaby?

Perché ha una sigla assai particolare, una musica tra il futuristico e l’inquietante eseguita grazie al theremin, strumento inventato

ome spesso accade in Italia, le elezioni diventano il termometro per valutare altre temperature politiche. Il primo interrogativo, citando Sordi e Manfredi, è secco: riusciranno i nostri eroi e ritrovare i voti misteriosamente scomparsi ai seggi? Siccome la partecipazione non è la libertà di Gaber, è facile che si fermi attorno alla metà degli aventi diritto. Comunque la risposta all’interrogativo di cui sopra farà sorridere soltanto pochi. Il partito di Giorgia, ormai la chiamiamo solo con il nome come vuole lei, ha solo il problema di capire di quanto salirà oltre il 30 per cento, visto che è già attorno al 32, e ha doppiato la Lega. Il risultato servirà a rinforzare con il peso dei numeri le ambizioni a guidare la Regione, visto che su un punto Giorgia ed Elly Schlein sono d’accordo: il terzo mandato ai governatori non arriverà. Se la Lega ha ormai la metà dei voti di Fratelli d’Italia, nonostante le polemiche e i distinguo di molti, perfino del presidente Zaia, è assai probabile che la candidatura del generale Vannacci porti comunque voti alla Lega. Del resto, il parà della Folgore esaspera concetti che circolano non solo nel Veneto. Il partito vive un’esplicita fronda da parte dei leghisti veneti, che finora hanno sopportato Salvini solo perché era vincente e ha portato il partito nazionale da un misero 4 per cento al 34 delle europee scorse. Ma la resa dei conti è giunta.

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MATTEO WARD SPIEGA LA MODA SOSTENIBILE AL NOBEL USA AL GORE

E A URSULA D’EUROPA

Il giovane imprenditore vicentino è ormai un personaggio internazionale. È il “Piccolo principe” della moda sostenibile: “Produciamo 150 miliardi di abiti, basta con il fast fashion”

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Liste d’attesa, sanità al bivio

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UELEZIONI EUROPEE, CI SIAMO: ECCO I CANDIDATI VENETI

Delicato test per tutti gli schieramenti, il centrodestra cerca conferme dal centrosinistra una nuova sfida

IL VENETO E L’AUTONOMIA PER L’EVOLUZIONE DIGITALE

L’assessore regionale Calzavara: “Sulla strada dell’innovazione maggiori servizi a portata di tutti i nostri concittadini”

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U n nostro lettore, commentando di recente alcuni servizi dedicati ad un importante forum sulla sanità, al quale hanno partecipato esperti da tutto il mondo, ci ha chiesto perché non dedicavamo più spazio all’annoso problema delle liste d’attesa per esami e visite specialistiche.

n nostro lettore, commentando di recente alcuni servizi dedicati ad un importante forum sulla sanità, al quale hanno partecipato esperti da tutto il mondo, ci ha chiesto perché non dedicavamo più spazio all’annoso problema delle liste d’attesa per esami e visite specialistiche. Perché dare conto dei progressi in campo medico e sul fronte della ricerca internazionale e non dare voce segue a pag 5

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Io e la città
all’interno del giornale Periodico d’informazione localeAnno IV n. 5 MAGGIO 2024
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PASQUALETTO

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CANDIDATO VENETO AL PARLAMENTO EUROPEO CIRCOSCRIZIONE NORD ORIENTALE SULLA

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• rivedere il Green Deal scrivendo in maniera precisa come finanzieremo gli obiettivi di transizione energetica.

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Olimpiche raffinatezze

Èuna stagione raffinata e sperimentale l’edizione numero 77 del ciclo di spettacoli classici all’Olimpico, che si svolgerà a Vicenza tra il 20 settembre e il 19 ottobre. Come ha spiegato Ermanna Montanari che assieme a Marco Martinelli, compagno di vita e di lavoro, l’ha curata, è stata organizzata in poco tempo “ma è stata la fatica più bella del mondo”.

Il cartellone prevede 11 spettacoli che si articolano in 15 date, con illustri artisti di livello internazionale, chiamate pubbliche e dibattiti.

Il filo conduttore, nonché titolo della rassegna, è Coro, che indica la volontà di entrare in relazione con la città e di coinvolgerla nel festival.

“I classici ci pregano in ginocchio di toglierli dalla polvere”, ha spiegato Montanari. E i due curatori accontentano la muta richiesta, spolverando per bene gli autori ma soprattutto puntando sulla ricerca. Ne risulta una stagione diversa rispetto a quelle un po’ pop (nel senso di comunicazione più diretta per un largo pubblico) di Giancarlo Marinelli. Siamo su due piani diversi, impossibile stabilire graduatorie. Per dare un’idea e tentare di spiegarlo con una metafora pittorica, se la “Venere di Milo” è stata trasformata da Eugène Delacroix nella sua “Libertà che guida il popolo” poi è arrivata la “Venere di Milo a cassetti” di Dalì, sicuramente significativa anche se meno semplice e immediata da cogliere.

È una stagione che punta su ricerca e sperimentazione quella di settembre con 11 titoli

Liste d’attesa, sanità al bivio

Nicola Stievano >direttore@givemotions.it<

ai cittadini alle prese con le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie pubbliche? Non è la prima volta che ci arriva questa sollecitazione e non è infrequente che a fronte di un intervento o una notizia di carattere sanitario appaia l’immancabile osservazione “sì, ma le liste d’attesa...”. Premesso che a questo argomento abbiamo dedicato decine di servizi in tutte le nostre edizioni e continueremo a farlo, il fatto che i cittadini continuino a richiedere attenzione su questo fronte è un segnale da non sottovalutare. Cerchiamo però di non cadere nella tentazione del luogo comune dei lunghi tempi di attesa della sanità: non è sempre così e non lo è per tutti i casi, in particolare per le prestazioni urgenti e indifferibili, pur con qualche eccezione che giustamente fa notizia. Ciò non toglie che ogni giorno migliaia di cittadini si trovino a fare i conti con tempi d’attesa ancora lunghi nella sanità pubblica. Una recente inchiesta di Altroconsumo rivela che su 1.100 italiani interpellati ben 950 hanno avuto difficoltà nel prenotare una visita o un esame nel corso dell’ultimo anno. Così molti si vedono costretti a rivolgersi ai privati, affrontando costi elevati, oppure a rinunciare a alle cure. Per molti, poi, è impossibile rispettare i tempi suggeriti dal medico e c’è chi è costretto a lunghi spostamenti pur di avere l’appuntamento. A farne le spese sono soprattutto i più deboli, chi ha meno disponibilità economiche, gli anziani. In Veneto si cerca di correre ai ripari. Anche di recente la Regione ha annunciato importanti stanziamenti, l’ultimo da 40 milioni per superare il problema delle liste d’attesa e ha reclutato specialisti per smaltire le agende. Ma si tratta di un aspetto strutturale che va affrontato alla radice, rafforzando proprio la sanità pubblica, pagata dai cittadini. continua da pag. 1

L’ispettore Jack “Maynot” Barnaby

Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it< dal fisico sovietico Lev Sergeevi� Termen nel 1919. La sua caratteristica è di funzionare in base a due oscillatori che lavorano in isofrequenza. In parole povere, è il più antico strumento (forse l’unico) che può essere suonato senza essere toccato, praticamente imponendo le mani e muovendole a distanza: una controlla il volume, l’altra l’ampiezza del suono. È una specie di magia di raro effetto. Di recente, è stato utilizzato nello show della Gialappa’s, ma in precedenza anche da musicisti assai conosciuti come Vinicio Capossela e i Led Zeppelin (“Whole lotta love”).

Trasferendo il discorso alla realtà vicentina, sarebbe davvero una fortuna che anche gli amministratori potessero avere una capacità identica: riuscire a cambiare musica semplicemente immaginando le soluzioni dei problemi della città e, appunto, potendo risolvere tutto solo imponendo le mani. Nessuno finora c’è riuscito, ma solo perché il mondo è pieno di complicazioni. Oppure, come sosteneva William Butler Yeats, perché il mondo è pieno di magìa ed è in attesa che i nostri sensi si acuiscano. Intanto, si può seguire il giallo alla tv e immaginare sulle note del luciferino theremin il sindaco al lavoro che impone le mani, quasi fosse il terzo ispettore risolvitutto, Giacomo detto Jack “Maynot” Barnaby.

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Tra gli artisti presenti a Vicenza ai classici Alessandro Serra, Evelina Rosselli, Serena Sinigaglia, Giovanni Lindo Ferretti, Francesco Giomi e in due seminari Marco Sciotto e Massimo Marino. Direzione, Amministrazione e Concessionaria di Pubblicità Locale:

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CENTRO STAMPA QUOTIDIANI S.p.A. Via dell'Industria, 52 - 25030 Erbusco (BS) Tel: +39.030.7725594 Periodico fondato nel 1994 da Giuseppe Bergantin Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199 È un periodico formato da 23 edizioni locali mensilmente recapitato a 506.187 famiglie del Veneto. Chiuso in redazione il 3 maggio 2024 PEFC/18-31-992 RiciclatoPEFC Questoprodottoè realizzatoconmateria primariciclata www.pefc.it è una testata giornalistica di proprietà di Srl
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Ermanna Montanari e Marco Martinelli, compagni di lavoro e nella vita, direttori della stagione dei classici all’Olimpico

Il personaggio. Giuliano Zoso analizza la situazione politica e i suoi protagonisti dal raggio nazionale a quello locale

Meloni, Schlein, Possamai: cosa succederà

“Se alle elezioni Fratelli d’Italia avrà il 30% inizierà la sua fase di consolidamento e l’elettorato resterà stabile. La Lega deve fare i conti con la fronda anti Salvini del Veneto: Vannacci comunque porterà voti. Zaia sul covid ha fatto meno bene che il Lazio di Zingaretti. Elly Schlein ha vinto un’Opa ostile sul Pd ma ha un futuro molto incerto: avrà il 18% alle elezioni. Conte ha sfilato i Cinque Stelle a Grillo ma gli è costato 300 mila euro. Possamai deve tenere insieme la squadra, perché si sente qualche schricchiolìo, ma è molto abile politicamente”

Ha una capacità di analisi profonda, una visione lucida della politica, da Roma a Vicenza, passando per Venezia. Del resto è sempre stato una delle menti pensanti anche ai tempi della Dc. Giuliano Zoso, 82 anni, sposato con Annamaria Peretti, due figli, tre nipoti, vive coltivando tre passioni: montagna, musica e teatro. Ma è come se non fosse mai uscito dalla vita politica, anche se quella parlamentare l’ha lasciata bruscamente nel 1994 (per un avviso di garanzia che oggi farebbe sorridere) dopo aver vissuto diciotto anni fra Camera, governo e Senato. I modi sono rimasti pacati, perché metà dice e metà lascia intendere, ma spesso è controcorrente ed è capace di lanciare frecciate velenose.

Chi vincerà le europee?

Forza Italia avrà un discreto successo, proprio perché non c’è più Berlusconi.

E la Lega? Il caso Vannacci spacca il partito.

In realtà è una fronda verso Salvini: finora i veneti l’hanno sopportato perché vinceva: del resto ha raccolto un partito al 4% e l’ha portato al 34. Adesso sento disaffezione anche tra i militanti.

Molti hanno annunciato che non voteranno il generale.

Invece secondo me porterà voti. Esaspera un sentire diffuso: Trump negli Usa è stato votato per gli stessi motivi.

Che ne pensa del Pd di Schlein?

Che era l’unico partito esistente. Tant’è che il 2 per mille lo davo al Pd… Lei?

Certo, gli altri non sono partiti. La Schlein è il risultato di un’Opa ostile nei confronti del Pd.

A vedere le cose da questo punto di vista, non è il solo caso.

Sicuramente. Salvini è il frutto di un’altra Opa ostile. Intanto s’è messo in tasca il futuro creando Italia sicura: se lo mandano via ha pronto il nuovo partito. Dal canto suo, Giuseppe Conte s’è preso in mano i Cinque Stelle sfilando il movimento a Grillo: è stato politicamente bravo, anche se gli è costato 300mila euro da pagare a Grillo per “progetti comunicativi”.

Tajani e Forza Italia?

Quella è una successione semidinastica, un po’ come gli ayatollah nell’Iran. Del resto la famiglia Berlusconi ha in mano un partito con 90 milioni di debiti…

Poi c’è il presunto Terzo Polo.

Calenda e Renzi sono start up che non andranno da nessuna parte.

E i Fratelli d’Italia?

Il voto in questi dieci anni è una onda che s’è esaurita a ogni legislatura. Tutti hanno raggiunto il 30%, Meloni solo il 27%. Se mantiene o addirittura superasse la soglia del 30%, si consoliderebbe e stabilizzerebbe l’andamento: scatterebbe l’inerzia.

Cioè starà al governo a lungo.

Lei ha due fronti aperti, è in mezzo a una tenaglia che però sta rovesciando a suo favore perché è abile. Salvini con il ponte sullo Stretto perderà il Nord, a cui del ponte non interessa niente, con l’autonomia invece perderà il Sud. Lei sta zitta e lascia fare.

Ma la Lega brinda all’autonomia: sbaglia?

La vera autonomia in Italia non si farà mai. Possiamo anche ridipingere quella parete, ma sempre un muro rimane.

E il rapporto Schlein –Meloni?

Sono d’accordo sul non concedere il terzo mandato ai governatori. Non è poco.

Il resto lo farà il Pd con la segretaria.

Vale a dire?

La farà fuori e lei tornerà in Europa. Basta guardare l’atteggiamento dell’unico esponente che non ha mai detto una parola su di lei: Franceschini. Ed è uno che ha vinto tutti i congressi, tranne quello dov’era candidato.

Quanto prenderà il Pd alle europee?

Meno del 20 per cento. Forse il 18. A Renzi questa percentuale costò il posto.

Per Zaia è chiusa la partita in Regione?

Se dipendesse da lui, no. Votare Zaia nel Veneto è diventata un’abitudine. Del resto, ha una grande capacità di comunicazione: è un conduttore tv messo a fare il governatore.

Che è stato lodato da tutti per la gestione del covid.

In realtà ha realizzato molto di più e molto meglio il Lazio di Zingaretti. Basta guardare i dati dei vaccini, della campagna e dei deceduti.

Allora, dopo Zaia il nuovo governatore sarà dei Fratelli? Il candidato indicato da tutti è De Carlo, uno che festeggia il compleanno di Mussolini.

Il fatto è che dopo Zaia i voti bisognerà andarseli a prendere e Meloni ha un serio problema di classe dirigente.

Questa non è una novità. Cosa intende?

Che lei deve cambiare natura al partito se vuole attrarre consensi e se vuole svolgere il ruolo che svolgeva la Dc, ossia essere il perno dell’alleanza a centrodestra. Adesso i Fratelli sono ancora nella fase revanscista dell’orgoglio: ci siamo noi nella stanza dei bottoni e vogliamo comandare.

Lo stanno dimostrando, sostiene Massimo Giannini,

con una “gioiosa ferocia” a occupare posti.

All’estero Meloni non ha questo problema di partito. Ed è vero che lei è spesso all’estero e che sta raccogliendo frutti. È anche misurata, non va in giro ad abbracciare tutti come faceva Berlusconi che imbarazzava i leader.

Parliamo di Vicenza. Come valuta la giunta Possamai?

Poareti , si danno da fare. Giovani di belle speranze. È ancora presto per dare una valutazione. A parte che i problemi glieli hanno risolti gli altri: dai soldi del Pnrr agli alpini a Vicenza.

E il sindaco come lo vede?

Politicamente assai capace, dimostra molti più anni di quelli che ha. Guardi il capolavoro della clausola antifascista: è riuscito a far sì che la destra sia diventata l’alibi nei confronti del problema che aveva a sinistra.

Però è passato un anno e qualche giudizio si ascolta a Vicenza da parte di chi si attendeva qualche risultato in più. Il sindaco è più politico o amministratore?

Il punto è questo. Io mi auguro che non si stanchi ad amministrare. Dieci anni sono tanti. Vicenza, poi, è una città difficile perché i vicentini sono complicati per natura: qui è difficile innovare. E poi fare il sindaco rischia di imprigionarti nei problemi. Io ho visto due grandi sindaci, come Giuseppe Berlato Sella a Schio e Pietro Fabris a Bassano: erano tutte e due prigionieri della città.

Invece il sindaco va spesso in giro per faccende politiche. Mica che sia una colpa…

Perché gli piace la politica. Il partito a Roma lo appoggia e lui conosce molti a Roma, anche questo non è un aspetto di poco conto. Lui dovrà tenere compatta la squadra, perché qualche scricchiolìo si avverte. Rucco non è riuscito in questa impresa.

E poi ci sono i cantieri dell’alta velocità.

Questo è un punto interrogativo, una questione aperta che bisogna governare politicamente con abilità. (a. d. l.)

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Politica e amministrazione
Giuliano Zoso, 82 anni, 18 da parlamentare, ha una visione lucida sulla politica

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I “vip” vicentini che corrono per l’Europa

Due gli esponenti di Fratelli d’Italia con ottime possibilità di successo: Elena Donazzan e Sergio Berlato. Per il Pd si ripresenta Alessandra Moretti. Il nome vicentino della Lega è Morena Martini. In lista anche Isabella Dotto per Forza Italia, Lara Bisin per “Azione” di Calenda, mentre Cristina Guarda è capolista per l’Alleanza Verdi Sinistra e Andrea Bardin corre per i Cinque Stelle

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Cinque anni fa gli elettori vicentini di centrosinistra avevano due candidati del capoluogo in lista per l’Europa: l’ex sindaco Achille Variati e la consigliera regionale Alessandra Moretti. Accadde poi che tra conquiste di seggio immediate (Moretti) e per subentro (Variati) tutti e due siano arrivati a Bruxelles. Quest’anno la sfida si ripropone a destra, nella lista di Fratelli d’Italia che presenta due vicentini, da un lato l’assessore regionale Elena Donazzan, dall’altro l’eurodeputato uscente Sergio Berlato. Come finirà? Non è azzardato ritenere che entrambi saranno eletti, viste le percentuali di voto di cui è accreditato il partito nel Veneto, attorno al 30 per cento. Sono almeno cinque i “vip”, termine che va inteso come personaggi noti del mondo politico e imprenditoriale del Vicentino, che scendono in campo per le europee di giugno. Oltre a Donazzan e Berlato (il quale è stato eurodeputato dal 1999 al 2014) e a Moretti, va aggiunto un alto nome conosciuto, ed è quello di Morena Martini, sindaca di Rossano Veneto e già assessore provinciale con Schneck fino al

2014, che è candidata a Bruxelles per la Lega. Il quinto nome è quello dell’industriale Lara Bisin, in corsa con “Azione” di Calenda. Bisin è stata vicepresidente di Confindustria dalla primavera 2021 ad aprile 2024, quando il suo nome è stato presentato ufficialmente come candidata. A lei la presidente Laura Dalla Vechia aveva affidato la delega al “capitale umano”, che comprende formazione ed education.

Tutti gli occhi, naturalmente, sono puntati su Fratelli d’Italia, che anche a Nordest presenta come capolista la premier Meloni. L’ordine che lei ha impartito ai suoi nel momento di elaborare le liste, è quello di puntare sui “cacciatori di voti”. Bisogna rovesciare l’idea, cioé, che i candidati sfruttino le vele gonfie del partito: devono impegnarsi, invece, a portare consensi personali. In questo senso, sia l’una che l’altro sono esperti in caccia grossa. Donazzan è stata eletta in consiglio regionale nel 2000 e sempre riconfermata, Berlato fu eletto in Regione addirittura nel 1990 con il movimento Caccia, pesca e ambiente ed è sempre stato una calamita di consensi.

Sul fronte del centrosinistra, la corsa di Alessandra Moretti con il Partito democratico appare più complicata per la presenza di altri grossi calibri. Dietro al capolista Bonaccini, al secondo posto Elly Schlein ha voluto Annalisa Corrado, ingegnera romana che fa parte della direzione nazionale e che contrasta il sindaco Gualtieri sul termovalorizzatore. In lista ci sono anche Elisabetta Gualmini, eurodeputata bolognese uscente e il padovano Alessandro Zan, che si candida anche a Nordovest. In casa Lega, la candidatura del generale Vannacci ha già fatto risuonare voci di dissenso. Molti parlamentari vicentini, da Erik Pretto a Erika Stefani, hanno già dichiarato che voteranno per altri candidati “del territorio”.

Se per Forza Italia si candida l’ex assessore di Vicenza Isabella Dotto (che ha lasciato Fratelli d’Italia per gli azzurri berlusconiani) per i Cinque Stelle il nome vicentino è quello di Andrea Bardin, che ha superato le selezioni interne. Infine Cristina Guarda, consigliera regionale, è la capolista per l’Alleanza Verdi Sinistra.

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Le candidature. Le forze politiche sono in piena campagna elettorale per le elezioni al parlamento di Strasburgo
Alessandra Moretti (Pd), Elena Donazzan e Sergio Berlato (Fratelli d’Italia), Lara Bisin (Azione)

Visite illustri. L’ex presidente del Consiglio boccia il premierato della Meloni. Il procuratore motiva gli studenti

Amato e Gratteri protagonisti a Vicenza

Il giurista ha ricordato Egidio Tosato a 40 anni dalla morte, mettendo in luce il suo “presidenzialismo”. Il procuratore ha parlato al “Quadri” e al Chiericati

Da Giuliano Amato, che a Vicenza ha ricordato la figura di Egidio Tosato nel quarantesimo della morte, è arrivata la bocciatura della riforma di Giorgia Meloni basata sul “premierato”. L’ex presidente del Consiglio e della Corte Costituzionale – radici socialiste, giusto 40 anni fa sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Craxi – ha parlato a palazzo Trissino, chiamato da Comune e Accademia Olimpica. La sua presenza a Vicenza s’è concretizzata grazie a Mario Serafin, autore assieme al sindaco Quaresimin nel 1998 della lapide che ricorda a San Lorenzo la casa natale di Tosato, che fu padre costituente, sottosegretario alla Giustizia con De Gasperi e per un mese con Fanfani ministro della Pubblica Istruzione. A Vicenza Tosato fu presidente dell’Accademia Olimpica dal 1949 al 1959. Serafin ha mantenuto saldi rapporti con la famiglia Tosato a Roma, in particolare con il figlio Domenico, anche lui professore universitario ma di economia.

Ignorata dai media vicentini, la conferenza di Amato ha presentato alcuni spunti interessanti, uno legato alla storia e l’altro all’attualità. Amato, 86 anni, ha conosciuto personalmente Tosato e ha dedicato lavori importanti al suo pensiero giuridico. A palazzo Trissino ha ricordato che nei lavori della Costituente emerge chiaramente la posizione del giurista vicentino a favore di un modello presidenziale di governo. Di suo, avrebbe voluto una repubblica presidenziale, ma non erano tempi per riuscire a far prevalere questa idea, che infatti nella Commissione dei 75 fu messa da parte.

Sul fronte dell’attualità, Amato ha “bocciato” l’idea del premierato, che andrebbe a indebolire radicalmente i poteri del Presidente della Repubblica e a sconquassare l’intero impianto costituzionale: “È come se – ha spiegato Amato – nei meccanismi di un orologio, perfettamente regolati e funzionanti, andassimo a inserire una rotella che non c’entra niente. Tutto s’inceppa”.

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Le mafie sono sempre più mimetizzate nella società

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Mafia, ‘ndrangheta e sacra corona unita sono sempre più mimetizzate nella società. Hanno subito una forte metamorfosi negli ultimi decenni, tanto che i confini tra legalità e illegalità sono diventati sempre più fluidi. È uno dei messaggi che il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, ha lanciato a Vicenza, dove ha incontrato gli studenti al liceo “Quadri” e quindi a palazzo Chiericati i cittadini: in tutto mezzo migliaio di persone, compreso il sindaco che ha portato ai relatori il saluto della città. Gratteri, infatti, negli incontri vicentini organizzati dalla Cgil, ha parlato assieme ad Antonio Nicaso, professore canadese di origini calabresi. Assieme hanno prodotto molti libri, l’ultimo dei quali è intitolato “Il grifone” ed è pubblicato da Mondadori. Il titolo non è casuale: come l’animale fantastico, anche le mafie sono diventate ibride per mascherarsi: all’omertà oramai si è sostituito l’anonimato, gli hardware e i software più sofisticati hanno preso il posto delle armi.

Il professor Nicaso ha illustrato ai ragazzi l’utilizzo dei social network da parte delle mafie per diffondere modelli sempre bassati sulla materialità e i soldi. E si è addentrato nello spiegare l’utilizzo delle nuove tecnologie del dark web e delle criptovalute. Tantissime le domande da parte dei ragazzi a Gratteri e a Nicaso. A palazzo Chiericati hanno approfondito i temi del riciclaggio, delle leggi bavaglio (anche per i giornalisti) e il procuratore Gratteri non ha lesinato critiche alle politiche nel campo della giustizia attuate dall’attuale Governo e dal ministro Nordio che stanno indebolendo gli strumenti in mano ai magistrati inquirenti in nome di presunti costi proibitivi ad esempio per le intercettazioni.

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L’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, un’immagine di Egidio Tosato e il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri

Le caricature di Scotolati. Nel suo calendario, il maestro ha ripreso anche i disegni umoristici di personaggi d’un tempo

Ecco Nicolai senior, Variati e Bulgarini

La “macchina del tempo” di Scotolati ci riporta indietro nella vita di Vicenza, quando sindaco era Achille Variati, che l’umorista dipinge assieme al suo vice, Jacopo Bulgarini d’Elci, assessore alla crescita della città e all’assessore allo sport, Umberto Nicolai, che era anche presidente del Coni

Nel suo ultimo calendario, il maestro Gabriele Scotolati, del quale si sono persi dati all’anagrafe, perché una delle tante alluvioni che hanno colpito la città ha causato la distruzione del suo atto di nascita, accanto alle caricature di personaggi attuali riprende anche disegni di un tempo di personaggi pubblici e conosciuti. Ne abbiamo scelto qualcuno: prima di tutto l’ex sindaco Achille Variati, che Scotolati mette vicino a Jacopo Bulgarini d’Elci, prima suo capo di Gabinetto e quindi vicesindaco e assessore alla crescita di Vicenza. Bulgarini, raffigurato di rosso, è presente anche in questa amministrazione, sia direttamente con l’incarico di occuparsi dei rappor-

ti con gli americani, sia indirettamente come promotore della mostra di Roberto Floreani sul “Pop & beat” in Basilica, nella sua veste di consulente di Silvana editoriale. Anche Variati, che sta per uscire di scena all’europarlamento, è impegnato in questa amministrazione: gli sta per essere affidato ufficialmente il delicato incarico di presidente delle Ipab.

L’altra caricatura di Scotolati riguarda l’assessore allo sport del decennio variatiano, ossia Umberto Nicolai, che era anche presidente del Coni provinciale. Scotolati lo immagina cantante a Sanremo con un motivo sullo stadio nuovo, eterna aspirazione mai realizzata da Vicenza.

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Il personaggio. Maurizio Dalla Libera, direttore della scuola di alpinismo, è il nuovo presidente del Cai di Vicenza

“Troppa leggerezza tra chi va in montagna”

La sezione è cresciuta con il presidente Vaccari di 405 soci in tre anni. Il nuovo insiste sul grande impegno educativo per aumentare la prevenzione: sulle montagne venete un migliaio di interventi del Soccorso alpino in un anno, gran parte dovuti a cadute o scivolate evitabili con allenamento e conoscenza. Attenzione, perché gli incidenti ai cercatori di funghi sono tre volte in percentuale quelli in montagna

L

uglio 1988: sei istruttori di scialpinismo vicentini, sfidando orsi e temperature oltre i 40 gradi sottozero, senza cani e gps, armati solo delle loro forze e guidati da una bussola e dalle stelle, hanno percorso in solitaria oltre 500 chilometri in un mese, su un mare di ghiaccio a volte alto anche 3 mila metri, per andare da una costa all’altra della Groenlandia. L’impresa ricalcava quella compiuta per la prima volta 100 anni prima dal norvegese Fridtjof Nansen, un mito dell’esplorazione delle aree polari.

Tra questi sei temerari, anche Maurizio Dalla Libera, fresco presidente del Cai di Vicenza, istruttore nazionale di alpinismo e scialpinismo, accademico del Gruppo italiano scrittori di montagna (Gism) e direttore della “Scuola di alpinismo, scialpinismo e arrampicata libera Umberto Conforto”.

I vicepresidenti del Cai di Vicenza sono Claudio Baccarin e Franco Pavan. Fanno parte del consiglio direttivo anche Emma Dal Pra, Alessandra Colla, Alberto Nicolin, Carlo Saccardo, Marilena Maistrello, Davide Buson, Danilo Franchini e Luca Corradin.

In pensione da insegnante da qualche mese, Dalla Libera eredita dal predecessore Giovanni Vaccari la sezione di Vicenza che, con il Gruppo di Camisano e la Sottosezione di Noventa, può vantare quasi tremila soci: sono cresciuti di 405 negli ultimi tre anni. E già

si sta guardando al prossimo anno quando si festeggeranno i 150 dalla fondazione del sodalizio berico, guidato dal suo nascere da Paolo Lioy.

La sezione vicentina è decisamente molto articolata e vivace per interessi, attività e per numero di iniziative.

Si parte con l’ambito della cultura: la specifica commissione organizza serate a tema, cura la comunicazione e gestisce la biblioteca con oltre tremila volumi. C’è poi l’area ambiente che propone approfondimenti e uscite, finalizzati ad apprezzare le bellezze che ci circondano, comprese le grotte.

Non manca il sociale: collaborando con il servizio sanitario, Dalla Libera sottolinea con soddisfazione l’efficacia della “montagnaterapia” che una trentina di persone sta seguendo per superare difficoltà personali. Misurarsi con le sfide e constatare che si riesce a superarle, restituisce fiducia e autostima preziosi per la vita quotidiana.

Sono in carico al Cai di Vicenza anche la cura e la gestione di sentieri e strutture, come il bivacco “Valdo” nel Bellunese, il rifugio “Città di Schio” sopra Campogrosso. Ma ci sono anche le falesie di Lumignano e di Gogna, che registrano un crescendo di interesse.

Come facilmente immaginabile, l’ambito più articolato e ricco è rappresentato dalla formazione e dall’educazione alla prevenzione degli incidenti e alla conoscenza della

montagna. Per tutte servono rispetto e amore. Molti i corsi, diretti ai giovanissimi come ai maturi, per coprire tutto la gamma di esperienze: l’alpinismo puro, lo scialpinismo e le discese in pista, l’arrampicata, fino al più recente snowboard alpinismo (quello con le due tavole che si uniscono). Ma c’è anche chi insegna come andare per torrenti, così come esistono corsi di speleologia e di ciclo escursionismo. Un’attività che è motivata dal fatto che risultano in crescita esponenziale, infatti, gli incidenti anche mortali di sconsiderati che scendono con le e-bike a velocità folle.

Ecco una priorità che il nuovo presidente ha annunciato al suo insediamento: continuare

la preziosa opera di prevenzione per ridurre gli incidenti in montagna, nelle grotte o nei torrenti. Lo scorso anno il Soccorso alpino nazionale è stato attivato per 12.349 missioni di emergenza, e nelle montagne venete ne sono stati effettuate circa un migliaio, metà per cadute o scivolate dovute alla leggerezza con cui si affronta la gita in montagna. Il 10 per cento sono pure dovuti ad incidenti causati da mountain bike. Curioso poi notare che gli incidenti capitati ai raccoglitori di funghi (il 3,1%) sono maggiori di quelli causati dallo scialpinismo o dallo sci alpino (entrambi al 2,2%). Lo scorso anno per tutte queste cause, in montagna hanno perso la vita 491 persone. È importante se-

gnalare che i tesserati Cai sono assicurati e possono contare sul rimborso delle spese mediche o a quelle dovute all’eventuale uscita dell’elicottero. “Noi vogliamo trasmettere a tutti gli amanti delle nostre meravigliose montagne - scandisce Dalla Libera – passione e competenze tecniche per aumentare la consapevolezza del giusto modo di rapportarsi con la natura, cercando quindi di ridurre gli incidenti. Con le nostre attività vogliamo proporre un modello educativo che porti al rispetto e alla salvaguardia dell’ambiente, all’assunzione di responsabilità per se stessi e per gli altri, al gusto di lavorare in gruppo per la tutela della montagna e dei paesaggi”.

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Silvio Scacco Maurizio Dalla Libera (a sinistra) assieme al past president Giovanni Vaccari

Il personaggio. Dario Sallustio ha rinforzato l’organico e in tre mesi sono stati consegnati 13mila documenti

La rivoluzione dei passaporti in questura

In media, vengono consegnati 145 passaporti al giorno, ma gli uffici di viale Mazzini sono attrezzati a rispondere alle emergenze. Venti agenti sono addetti all’ufficio passaporti: adesso arrivano anche dieci volontari dal Comune

F

unziona a Vicenza la “riforma Sallustio”. Il questore ha riorganizzato la macchina e adesso gli appuntamenti per ottenere il passaporto sono prenotabili. I risultati li espone lo stesso Sallustio: la questura di Vicenza ha rilasciato in tre mesi, da gennaio a marzo, 13 mila passaporti. Vale a dire 145 al giorno, ed è solo una media che tiene conto di tutti i giorni, domeniche e festivi compresi. In realtà sono anche di più. Grazie alla nuova organizzazione del questore, che ne ha fatto una sede all’avanguardia in Italia, oggi la questura è in grado di assicurare a tutti i richiedenti un appuntamento: non era così in passato. “Siamo in grado di gestire 200 appuntamenti al giorno”. L’esperimento pilota, come lo definisce, si può dire riuscito.

Intanto s’è aperto un altro fronte d’impegno: Comune e Questura hanno firmato una convenzione che consente alla polizia di pescare nell’albo dei volontari comunali fino a 10 persone, che andranno a lavorare negli uffici della questura, evidentemente dove possono. La convenzione è stata firmata dal questore Sallustio e dal sindaco Possamai, presente anche la dirigente dell’ufficio, vice questore Giulia Pretto. “Esiste già una convenzione simile tra Comune e uffici giudiziari”, ha ricordato Possamai.

Venti persone in tutto lavorano nel settore passaporti. Poter contare su altre dieci persone significa aumentare del 50 per cento il potenziale. “Possiamo gestire fino a 200 appuntamenti al giorno, ma l’agenda ha ancora posti liberi”, sottolinea il questore. Quanto tempo ci vuole ad avere il passaporto? Anche un giorno. Come precisa la dirigente Giulia Pretto, aver diviso in due l’agenda, con la parte ordinaria e le urgenze, oltre all’irrobustimen-

to dell’organico è stata una decisione operativa felice.

Se è provata l’urgenza della richiesta, che può essere magari di una settimana, di quindici giorni o anche uno solo, gli uffici possono organizzarsi e rispondere alle necessità dei cittadini.

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Aumentate del 60% le chiamate al “113”

Sono aumentate del 60% le chiamate dei cittadini al “113” passando nel 2023 da 40849 (quelle che sono arrivate nel 2022) a 66724. È uno dei dati forniti dal questore Sallustio nel bilancio dell’attività presentato alla festa della Polizia, svoltasi all’Olimpico, per il 172° di fondazione L’attività 2023 fa riferimento alla gestione del predecessore, Paolo Sartori, che ha lasciato Vicenza nel novembre dell’anno scorso. Sempre el 2023 i servizi di ordine pubblico sul territorio sono cresciuti di quasi il 20%, da 2023 a 2345. Gli ammonimenti del questore per stalking e maltrattamenti in famiglia sono raddoppiati, passando da 86 a 176.

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Nel bilancio, il questore ha sottolineato un aumento dei reati predatori, in particolare dei furti nelle abitazioni, dei furti con destrezza e delle truffe informatiche. Queste ultime sono aumentate di circa il 10 per cento.

I poliziotti della questura hanno inoltre arrestato 123 persone e ne hanno denunciate altre 1.057. Il questore ha inoltre firmato 33 Daspo, i divieti di assistere a manifestazioni sportive, e 18 Dacur, i divieti a frequentare determinate aree del capoluogo. Gli uffici amministrativi della questura hanno invece rilasciato 45.553 passaporti in un anno, 5.790 porti d’arma e 21.513 permessi di soggiorno. Sono poi state trattate 1.275 richieste di riconoscimento dello status di rifugiato. Infine, i provvedimenti di espulsione a carico di cittadini stranieri irregolari sono stati 75. Su 51 extracomunitari accompagnati nei Cpr, solamente 16 sono stati poi rimpatriati. La polizia strada ha ritirato 175 patenti, in aumento rispetto alle 166 dell’anno precedente. Le infrazioni al codice della strada sono state 7.763, anche queste in crescita rispetto alle 7.336 del 2022. La polizia stradale ha ritirato 175 patenti: erano state 166 l’anno prima. Le multe sono scattate per eccesso di velocità e uso del cellulare alla guida, mancato uso delle cinture e guida in stato di ebbrezza.

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Il questore Dario Sallustio e la dirigente Giulia Pretto

L’allarme. Tra i 20 e i 35 anni la metà di chi ha lasciato la città va all’estero o in altre regioni

Via da Vicenza 1.169 giovani in un anno

I dati dell’ufficio statistica del Comune, elaborati da Filippo Trivellin, sono eloquenti. Riaprono il dibattito sull’attrattività di Vicenza sollevato da una ricerca della Cisl: più della metà dei lavoratori consiglierebbe a un figlio o a un amico di cercare lavoro fuori da Vicenza. Il segretario Consiglio: “Fra neanche vent’anni, 1 vicentino su 3 avrà più di 65 anni e sarà in pensione”

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Oltre mille giovani se ne vanno da Vicenza. Molti vanno ad abitare nei Comuni della cintura ma quasi la metà se ne va all’estero e in altre regioni d’Italia. I dati sono chiarissimi. Li ha elaborati Filippo Trivellin dell’ufficio statistica comunale. Va precisato che tecnicamente per giovani s’itende la fascia che va dai 20 ai 35 anni): quelli che sono emigrati da Vicenza, altro termine tecnico, nel 2023 sono stati 1169.

Di questi: 176 sono andati all’estero e 308 in altre regioni d’Italia. Sono 149 quelli che si sono trasferiti in altre province del Veneto, mentre 311 sono andati in Comuni della cintura e 225 in altri Comuni della provincia.

Le destinazioni più frequenti riguardano nella cintura urbana Torri di Quartesolo (48) e Caldogno (39). In provincia Montecchio Maggiore (24), Grumolo delle Abbadesse e Isola Vicentina (entrambi con 16 giovani che si sono trasferiti).

Questi dati fanno riaprire il dibattito sull’attrattività di Vicenza, riflesione messa a fuoco da un recente studio dell’ufficio studi della Cisl, condotto da Stefano Dal Pra Caputo e da Francesco Peron.

La maggioranza dei lavoratori vicentini (oltre il 54%) consiglierebbe a un figlio o a un amico di trasferirsi all’estero per cercare lavoro, percentuale oltre tre volte e mezzo maggiore rispetto a chi consiglierebbe di restare qui, cioé il 14,42%, men-

tre i giudizi neutrali sono il 30,93%.

Il sondaggio è stato condotto su un campione di oltre 1.100 lavoratori vicentini. Interessante è osservare - sottolinea una nota della Cisl di Raffaele Consiglio - che la percentuale di favorevoli al trasferimento all’estero è sostanzialmente invariata rispetto all’età: oscilla tra il 55% degli under 35 e il 52% degli over 55.

Solo l’8,7% degli under 35 si dice apertamente contrario a questa opzione, contro un 19% degli over 55.

Viceversa, consiglierebbe di trasferirsi in provincia di Vicenza per cercare lavoro il 45% del campione. In questo caso, coerentemente con le risposte agli altri quesiti, i più giovani (15-24 anni) sono anche i più critici rispetto a questa possibilità: non consiglierebbe di trasferirsi a Vicenza per lavoro il 33,33% del campione, contro il 10,71% degli over 65, mentre i giudizi più favorevoli si hanno nella fascia di età tra i 35 e i 54 anni.

Annota il segretario Consi-

glio: “La demografia ci dice senza possibilità di errore che nel 2042, dunque tra meno di 20 anni, nel Vicentino la popolazione in età lavorativa si ridurrà al 54,7% e il 33,1%, dunque 1 vicentino su 3, avrà più di 65 anni. Abbiamo quindi bisogno di far sì che i lavoratori di altri territori tornino a scegliere di trasferirsi nella nostra provincia”.

Aggiunge Consiglio: “Bisogna lavorare tutti insieme perché la percezione dei vicentini stessi, giusta o sbagliata che sia, è quella di un territorio con una serie di punti deboli in molti ambiti fondamentali. In questa prospettiva occorre investire nei servizi ai cittadini e nelle opportunità culturali. Chiediamo dunque alle istituzioni locali di affrontare il tema dell’attrattività del territorio tenendo in considerazione che il nostro futuro dipende proprio dalla nostra capacità di essere attrattivi, per riuscire a trattenere i giovani vicentini e allo stesso tempo intercettare i lavoratori disposti a trasferirsi.

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Ascolta Lo statistico Filippo Trivellin e il ricercatore Stefano Dal Pra Caputo

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Il personaggio. Matteo Ward è il profeta di un nuovo corso dell’abbigliamento, ascoltato da Ursula von der Layen e da Al Gore

Il “Piccolo principe” della moda sostenibile

“La moda – sostiene – può cambiare abitudini e habitat”. Produciamo nel mondo 150 miliardi di vestiti, in gran parte sono buttati via senza essere indossati o venduti. Un costo ambientale e umano spaventoso. “Abolire il fast fashion”, sostiene. “Creatività e tecnologia pulita s’incastrano per definire nuovi percorsi per l’industria”. “La pelle è il primo abito da proteggere”

“L’essenziale è invisibile agli occhi. Non si vede bene se non con il cuore”. La celebre frase del Piccolo principe potrebbe essere il manifesto della vita di Matteo Ward, 38 anni, imprenditore vicentino. Lo chiamano “il pentito della moda”, ma rende l’idea a metà: i pentiti sono utili, sì, ma non sono mai simpatici perché marchiati dallo stigma del tradimento. Invece recupera l’essenza dei valori, questo si coglie subito. L’etichetta di pentito gliel’ha cucita addosso Olmo Parenti, regista di Junk – Armadi pieni, la docuserie di Sky di cui è protagonista proprio Matteo, che va in giro per il mondo a mostrare qual è il costo sociale della moda, quello che non si vede di solito con gli occhi, ma che fa male al cuore quando ti rendi conto della disperazione sociale che crea, degli sfruttati, soprattutto le donne e i bambini che ne sono vittime, quando si scopre il prezzo ambientale che la Terra paga in Ghana, Cile, Indonesia, India per produrre vestiti e gettarli nelle discariche. In quella di Accra ne arrivano 15 milioni alla settimana e sono soprattutto vestiti mai indossati né venduti, usciti dai magazzini. “Ne abbiamo gli armadi pieni del finto design: 150 miliardi di vestiti, 48 miliardi di scarpe. Bisogna reinventare la funzione della moda. Il cibo è fatto degli stessi ingredienti dei vestiti, pensa al lino. Ma il cibo non si butta, i vestiti sì”.

Ecco il punto: Matteo è ostinatamente convinto che un mondo migliore si possa costruire anche nell’industria dell’abbigliamento. Non denuncia soltanto ma è convinto che il cambiamento sia ancora possibile, che la sostenibilità sia una strada obbligata e vincente.

Alle spalle ha studi impegnativi: liceo al Pigafetta, una laurea alla Bocconi e un’altra a Cambridge, un lavoro di prestigio a New York per sei anni da Abercrombie & Fitch fino al 2013, quando il crollo del Rana Plaza a Dacca, una fabbrica tessile, con 1.153 vittime lo fa riflettere. Rivoluziona la sua vita e il suo lavoro. Trova i finanziatori, tra cui Susanna Martucci e Mara

Cavedon, e fonda una start up: la chiama Wråd, nome che fonde i termini americani raw (crudo) e rad (fighissimo) con la “w” che ricorda il suo cognome e con quel circoletto sopra la “a” che è un omaggio alle radici norvegesi del papà americano. Gli scappa detto: “Se potessi mostrare al papà quello che ho fatto…”. È il dolore di tanti figli che hanno perso giovani il padre. Lui, Mike Ward, che è stato un protagonista dell’alta finanza, di sicuro sarebbe orgoglioso del suo ragazzo: definito da Capital uno dei 40 giovani leader in grado di cambiare l’Italia, qualche settimana fa Matteo Ward ha parlato a Bruxelles al New european Bauhaus , invitato dal team di Ursula von der Layen. Lo apprezzano talmente che l’hanno messo perfino sotto contratto come consulente. Intanto mostra con un po’ di ritegno la mail che ha ricevuto da Al Gore, premio Nobel per l’ambiente e la sostenibilità: l’ha invitato a parlare a fine giugno a Roma. Matteo ha la mamma Grazia Fortuna che è artista e una sorella, Anna. E poi c’è il suo padrino di battesimo, Lino Dainese, che lo guarda da lontano e con poche parole lo approva: “Bravo el bocia”.

Ma cosa fa esattamente Matteo Ward? Nel 2015 aveva cominciato a produrre magliette sostenibili, poi s’è reso conto

Un’immagine di Matteo Ward e un’illustrazione de “Il piccolo principe”

che le aziende avevano bisogno soprattutto di idee. Gli hanno creduto Acqua di Parma, Ferragamo, Tom Hilfiger, Luxottica, tanto per citarne qualcuno. La sua azienda, che ha sede a Vicenza in piazza Biade, a Milano e a Londra (“ma è un ufficio piccolissimo”, precisa) non arriva al milione di euro di fatturato e ha dieci dipendenti: “Elaboriamo – spiega – progetti di design di prodotto e servizi, che si accompagnano alla co-progettazione di oggetti. Naturalmente il tessile è il primo settore”. Mostra orgoglioso una giacca confezionata con un tessuto che assorbe la luce e la emette di notte: “Si può essere eleganti, sostenibili e sicuri – conclude – senza le strisce fosforescenti addosso”.

L’uomo è indubbiamente affascinante per l’energia che trasmette; molto sorridente, diffonde una candida serenità come Il piccolo principe ma è sempre travolto in mille occupazioni, sia che legga di Alice Hamilton, la prima donna docente ad Harvard nel 1919, esperta di tossicologia industriale oppure Il vestito antineutrale di Marinetti, il manifesto contro il vestire “avvilito dal nero e soffocato da cinture” che era una rivoluzione cento anni fa.

Adesso la rivoluzione l’ha innescata lui e la credibilità di cui

s’è circondato conferma che sta seminando bene e trova orecchie attente a quello che spiega. Come in tutti i tempi, le voci solitarie nel deserto servono a poco. Ci vuole anche la fortuna (e l’intelligenza) di parlare di cose giuste al momento giusto. Matteo mostra il polso: “Mi ero ripromesso che se l’azienda avesse funzionato dopo cinque anni mi sarei tatuato il nome. Eccolo qui”. Certo che se va a letto alle nove di sera e si sveglia alle quattro e mezza la mattina, il nostro profeta della moda sostenibile mette in fila parecchie cose durante la giornata: “Non ho la soluzione in mano – spiega – Ma cerco di capire come siamo arrivati all’insostenibilità”. E promuove antidoti. Primo, non sprecare. Quando due anni fa s’è sposato a villa Valmarana ai Nani con Ludovico Crisi, nel biglietto d’invito c’era una raccomandazione: “Dress Code? Nah - Dress Freedom: vanno benissimo quel vestito, pantalone o camicia che già avete nell’armadio, che amate e che avreste messo per divertivi in libertà per una festa!”. Se il primo comandamento è la sobrietà, il secondo riguarda la sicurezza e la salute: “La pelle è l’abito più sostenibile – spiega – Ma il 65% delle malattie della pelle è trasmesso da quello che ci mettiamo addosso”. Da questo assioma derivano alcuni corollari. “Abolire il fast fashion”, per esempio. Oppure: “Non puoi sentirti sicuro se l’aria che respiri non è buona, se i vestiti che indossi sono pro-

dotti di violenza”. “Creatività e tecnologia pulita s’incastrano per definire nuovi percorsi per l’industria”. E soprattutto: “L’abito può cambiare l’habitat e le abitudini”. Una prova? “Non è sempre stato vero che esistono le stagioni della moda, primavera/estate e autunno/ inverno. Se l’inventò nel 1678 il Mercure Galante con Colbert ministro dell’economia di Luigi XIV”. Morale: se abiti e abitudini cambiarono allora, possono cambiare anche oggi. “Non rinnego il piatto in cui ho mangiato. Se non amassi la moda, non mi comporterei così: c’è bisogno di un cambiamento e noi spingiamo in questa direzione”. A Vicenza, naturalmente, vive pochi giorni al mese ma ha idee chiare anche sulla città: “Vicenza oggi mi fa quasi paura, la vedo stanca e appassita. Gliel’ho detto anche al sindaco. L’imprenditoria locale non investe sulla città e poi si lamenta. Ma se non investite voi chi lo dovrebbe fare? L’impresa è nata proprio per sopperire alle lacune pubbliche. Basti pensare a Valdagno, a Schio o a Biella”. Ultima curiosità. Luca Ward, il celebre doppiatore de Il gladiatore (“Mi chiamo Massimo Decimo Meridio…”) è solo un omonimo. “Qualche volta ne ho approfittato – ammette Matteo – e ho risposto che è di famiglia, stanco di tutte le volte che me l’hanno chiesto”. Ricordate Massimo Troisi che, disperato, ammette di essere un emigrato anche se non lo è? Stessa cosa. Antonio Di Lorenzo

www.ilvicenza.it 19 L’intervista
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La ricetta Draghi. Per finanziare la sfida sulla competitività si guarda alla ricchezza privata. Ma è ingiusto e sbagliato

Nuova Europa sì, ma senza i nostri risparmi

Bisogna invece prendere esempio dagli Usa: Biden finanzia con 750 milioni di euro la transizione verde e non pensa di pescare i fondi dai conti correnti dei suoi concittadini

N on bastava l’insana attrazione di molte forze politiche verso le cosiddette patrimoniali (ne abbiamo parlato nel numero di marzo scorso) ora anche l’ex premier Mario Draghi, chiamato a fornire ai vertici dell’Unione un rapporto sul futuro della competitività europea, scopre che i Paesi membri dispongono (e già qui il verbo risulta non corretto) di una vasta ricchezza privata che giace nei depositi bancari e che, guarda caso, è osservata da molti occhi famelici, compreso quello dell’ex governatore della Bce.

Infatti, nel cambiamento radicale che Draghi va prefigurando per l’Europa del futuro, un pilastro fondamentale riguarda gli ingenti investimenti che devono accompagnare gli obiettivi ambiziosi che sono stati inseriti nell’agenda comunitaria. Oggi, Green Deal, Fit

for 55, Re Power EU restano iniziative sostenute da efficientamenti della spesa esistente più che da investimenti veri e propri. E ciò è l’esatto contrario di quanto avviene negli Usa dove l’amministrazione Biden per sostenere lo sforzo di reindustrializzazione verde, ha messo sul piatto 780 milioni di Dollari (750 milioni di euro) di investimenti pubblici: una vera montagna di denaro che servirà a calmierare gli effetti devastanti delle politiche verdi per interi settori economici. Perché la transizione ecologica, lo si sappia, non sarà né felice, né a costo zero: da un punto di vista strettamente economico si tratta di stabilire semplicemente chi ne pagherà i costi. Incapace di far digerire ad alcuni Stati membri l’idea di un debito comune (emissione di obbligazioni europee) allo scopo, l’Euro-

pa, secondo Super Mario, dovrebbe fare massiccio ricorso alla ricchezza privata addossando ai privati gli spaventosi costi delle scelte politiche comunitarie. Tale ricorso, che può tradursi in un mancato sostegno alle opere imposte o in un prelievo straordinario, avrà un unico effetto: impoverire i cittadini.

Se a ciò si aggiunge la necessità, manifestata da Draghi, di fare presto e – in caso di impossibilità di ottenere l’unanimità tra gli Stati – di avanzare comunque, costituendo un plotone di Paesi volonterosi (un sotto-insieme dei Paesi Membri), è intuibile l’effetto distorsivo e depauperante che i cittadini europei subirebbero in caso di vittoria di tale prospettiva.

Per burocrati o tecnocrati (mai assoggettati al vaglio diretto dei cittadini) appare facile indicare soluzioni in-

curanti degli effetti sociali che ne possano derivare. La visione draghiana testimonia una volta ancora quanto i così detti tecnici esprimano insofferenza per la necessaria mediazione che, anche nelle vicende economiche, la politica deve seguire come metodo di lavoro.

Occorrono statisti che

abbiano sì una visione di lungo respiro, ma che al contempo difendano l’interesse dei cittadini senza apodittici tecnicismi che allarghino le diseguaglianze in un delirio nel quale domina una crazia dei migliori infastidita dalla presenza di un’entità ignorante chiamata demo (popolo).

Giuseppe de Concini

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Tecnologia e notizie

L’analisi. Un dibattito con Luigi Rancilio e Nunzia Vallini sulle difficoltà esistenti e l’avvento della

Sta arrivando un nuovo tornado informativo

La nuova versione di Chapt Gpt disponibile tra breve avvicinerà macchina e cervello umano.

Intanto il 36% delle persone evita le notizie, il 48% degli italiani non si fida dei media e solo il 34% si fida delle notizie. C’è bisogno di una informazione affidabile in un mondo pieno di fake news

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ta per arrivarci addosso un altro tornado informativo. Questione di pochi mesi e sarà attiva la nuova Chat GPT, la versione 5, che avrà un impatto perfino maggiore di quanto abbia avuto, in quest’ultimo anno e mezzo, la stessa Chat GPT, che pure ha portato una rivoluzione. Ma è ancora niente rispetto a quello che sta per arrivare. Detto in parole semplice, la versione 5 sarà determinante per passare dal concetto “semplice” di AI (Intelligenza artificiale) a quello di AGI (cioè intelligenza artificiale generale). L’AGI avrà una migliore capacità di comprensione, simile a quella del cervello umano. Potrà essere in grado di svolgere una serie di compiti che prevedano una capacità cognitiva più simile a quella umana. Insomma, la hiova Chat GPT 5 spinge sull’integrazione fra uomo e macchina; questa è un attesa di molti, tecnici dell’informazione e imprenditori, che sperano sempre di trasformare l’AI in un vantaggio per le aziende perché hanno minori costi.

L’allarme su un’altra rivoluzione in arrivo, peraltro inevitabile, l’ha fatta il giornalista Luigi “Gigio” Rancilio, responsabile dei social per il quotidiano “Avvenire”, in un incontro a Vicenza, condotto da Romina Gobbo e al quale ha partecipato anche Nunzia Vallini, direttrice de “Il Giornale di Brescia”. “Come difendersi dall’infodemia” era il titolo dell’incontro e, natu-

ralmente, il dibattito s’è incanalato su temi obbligati, quali l’invasione deii social e quella dell’intelligenza artificiale.

Proprio Vallini (ma anche Rancilio è stato d’accordo) ha dimostrato che l’AI può essere un aiuto per chi fa informazione: lei ha deciso di chiudere nel 2020 la pagina Facebook del giornale, al tempo delle polemiche sul covid, perché non riusciva a controllare accessi e commenti, i primi diventati un mare e i secondi spesso trasformati in insulti. “Proprio l’intelligenza artificiale ci ha aiutato a riaprire la pagina, perché siamo riusciti a filtrare i commenti e quindi a sapere quando e come un giornalista doveva intervenire”.

L’AI, quindi, non è come i Visistor della celebre serie televisiva degli anni Ottanta, per forza cattivi dentro. Concetto sul quale è d’accordo Rancilio, che però ha messo in fila una tale quantità e qualità di considerazioni sui social, diventati il sistema di informazione più coinvolgente (basta pensare che la guerra in Medio Oriente ha avuto 99 miliardi di visualizzazioni) che devono far riflettere.

Cosa sono i social? Da piattaforma di relazione si sono trasformarti a piattaforma di esibizione. Tutto è “auguri, mitico, belli, evviva”. Vale la regola: meno parole e più video. C’è sempre meno voglia di confrontarsi e sempre più spazio agli eccessi. C’è più narcisismo,

più aggressività, più ansia, più competitività: tutto è sempre più veloce, tutto deve essere risolto subito e facilmente. Gli altri sono un peso, dei nemici.

L’intelligenza artificiale può contribuire a falsare la realtà, come abbiamo visto con il piumino del Papa o con l’arresto di Trump. C’è da chiedersi: dov’è la verità, come possiamo difenderci? La strada tempo fa l’aveva indicata – ha sottolineato Rancilio – un libro di Rolf Dobell: “Smetti di leggere notizie”. Dobbiamo seguire quelle

indicazioni. Ha spiegato Rancilio, “perché dobbiamo liberarci delle informazioni usa e getta come dobbiamo liberarci del superfluo, liberarci da chi grida, liberiamoci dalla cattiva televisione e dai tuttologi. Dobbiamo liberarci persino da certi giornali: scegliamo il meglio, non chi fa prima, scegliamo chi ci rispetta”.

È necessario imboccare una strada di autorevolezza, perché – ha sempre ricordato Rancilio – il 48% degli italiani non si fida dei media e solo il 34% si fida

delle notizie. Il 36% delle persone evita le notizie perché sono troppo ripetitive, perché è un esercizio emotivamente stancante o non sono pertinenti con la mia vita.

Come spiega dice Sari Azout (“la mia missione è portare più umanità e creatività nella tecnologia e nel business”) ormai “in un mondo di informazioni infinite non è più sufficiente organizzare l’informazione mondiale. Diventa importante organizzare le informazioni affidabili a livello mondiale”.

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Nunzia Vallini, Luigi Rancilio, un’immagine simbolo di tecnologia e informazione e la celebre notizia falsa del piumino del papa

Storia e strade

Nomi del centro. C’era la contrà della Luna (oggi Orefice) quella della Pescaria e quella delle copparie (piazza Poste)

Piazzetta Palladio era la piazza del pesce

In piazzetta Palladio si commerciava il “pesse menudo”, cioè minuto. In contrà Pescherie Vecchie si svolgeva il mercato vero, poi spostato più vicino al fiume. Si chiamava anche “contrà del pollame morto”. Il nome di “contrà delle copparie” era dovuto ai macellai presenti

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e duecento anni fa vi foste trovati in piazza dei Signori, diciamo davanti a quello che è oggi lo spazio del bar Garibaldi (che allora non esisteva perché era occupato da abitazioni) e aveste chiesto informazioni per arrivare al duomo, vi avrebbero risposto così: “Vada avanti fino in quella piazzetta vicino alla Basilica, che si chiama piazza del pesse menudo, poi arriverà in contrà della Luna, giri a destra in un’altra contrà più larga, che è la contrà Pescaria ma la chiamano anche contrà del pollame morto, più avanti c’è contrà delle copparie e in fondo vede il duomo di Vicenza”. Serve la scienza e la passione per Vicenza di Adolfo Trevisan, già a capo del Servizio informativo territoriale del Comune, per ripescare nella memoria i vecchi nomi delle strade e piazza di Vicenza. Che sono curiosi per noi che li leggiamo adesso, ma hanno un significato e una storia precisa. Trevisan ha molti meriti in campo toponomastico, non ultimo quello di aver completato la trilogia dei libri sui nomi delle strade vicentine: dopo i due libri imprescindibili di Giambattista Giarolli, Trevisan ha pubblicato il terzo, nel 1989, dal titolo “Toponomastica ed ecografia a Vicenza” che aggiorna il quadro con gli studi sulle nuove strade a Vicenza arricchendo il tema anche con saggi in tema. Sono molte le curiosità. La

prima arriva direttamente dalla pianta Angelica, documento che risale al 1481 e riproduce il disegno di Vicenza del tempo. C’era già l’osteria della Malvasia ed è anche chiaramente indicata la piazza del pesse menudo, cioè il pesce piccolo. Era un pesce d’acqua dolce, diverso dal pesce più grosso il cui commercio avveniva, appunto in quella che era chiamata contrà Pescaria, che poi è diventata Pescherie Vecchie quando il commercio del pesce fu trasferito in contrà Pescherie che porta da piazza Erbe a ponte San Paolo, più vicina all’approdo dei fiumi. Contrà Pescaria era popolarmente conosciuta anche come contrà del pollame morto, che portava a contrà delle copparie , poi diventata contrà Garibaldi. L’uno e l’altro nome fanno riferimento all’esistenza nella zona di botteghe di macellai. Copparie sta per copare , cioè ammazzare, e il massimo della carne che si vendeva erano galline e polli. Ai macellai era legata anche contrà Muschieria, con botteghe in cui si confezionavano guanti, che erano ricavate dalle pelli preparate dai vicini macellai. Un tempo c’era l’abitudine di profumare i guanti, da cui l’uso del muschio e il nome.

Un tempo contrà Garibaldi era davvero una strada. Dopo che negli anni Trenta fu costruita la nuova sede della Poste, quella contrà divenne as-

Un’immagine della Pianta Angelica che nel 1481 riporta già il nome della “piazza del pesse menudo”. Adolfo Trevisan, grande esperto di toponomastica e contrà Garibaldi, in una foto di Vajenti, prima della costruzione delle Poste

sai più ampia, tanto è vero che comunemente è conosciuta come piazza delle Poste. Ma ufficialmente l’intitolazione a Garibaldi, decisa nel 1887, non è cambiata. In tempi più recenti, la presenza di molti commercianti di calzature hanno fatto ribattezzare popolarmente contrà Pescaria in piazzetta delle scarpe o dei sòcoli . Era chiamata contrà della Luna, invece, l’attuale contrà intitolata a Giacomo Orefice, illustre esponente della famiglia ebrea di orafi ( nomen omen ) che era proprietaria delle case in piazza accanto alla Loggia del Capitaniato fatte abbattere negli anni Trenta inseguendo vanamente l’obiettivo di completare con due nuove arcate la Loggia di Palladio. Giacomo Orefice si trasferì a Milano, città nella quale svolse la sua carriera di direttore del conservatorio e di compositore. Ebbe come allievo il piccolo Nino Rota, celebre fra l’altro per le musiche de “Il padrino”.

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Il personaggio. Donna incantevole e cantante sopraffina, la D’Urbino fu ammirata all’Eretenio e in molti altri Paesi

Voce d’Angela, a Vicenza come in Egitto

“Bella, alta e flessuosa come le attrici dannunziane, voce calda e potente”: così Remo Schiavo ricordava qualche anno fa Angela D’Urbino, cantante fra le più applaudite dai melomani vicentini negli anni fulgidi, ma ahimè lontani, in cui la lirica appassionava ancora il pubblico competente del glorioso Eretenio. Chi ebbe modo di udire dal vivo il suo canto, lo descrisse ricco di tutte le migliori doti naturali e di scuola, di una soavità che accarezza e affascina e insieme d’una potenza che scuote e trascina.

Savonese di nascita (nella città ligure era nata nel 1888) ma vicentina d’elezione, la D’Urbino, dopo gli studi e il diploma, aveva affrontato il debutto sulle scene liriche nell’aprile del 1910 al teatro Regio di Reggio Emilia nell’opera “Patria” di Guglielmo Mattioli, un lavoro senza grandi ambizioni ma che, qualche anno prima, aveva preso parte al celebre concorso Sonzogno, che tanta fortuna aveva portato a Mascagni e alla sua “Cavalleria rusticana”.

L’incoraggiante esordio sul palcoscenico emiliano fu la scintilla che avviò una brillante carriera che la vide calcare, oltre ad alcuni dei principali teatri italiani (il “Malibran” di Venezia, il “Dal Verme” e il “Lirico” di Milano, il “Della Pergola” di Firenze, solo per citare i più noti), anche quelli comunque popolari e competenti di Brasile, Argentina, Egitto, Spagna, Grecia, Austria e Olanda. Nel 1915, ad esempio, fu scritturata per una suggestiva “Aida” a Il Cairo: lo scenario, raccontano le cronache, fu per l’occasione predisposto ai piedi della piramide maggiore avendo “per sfondo il deserto da un lato ed i minareti della città dall’altro”. Il successo, naturalmente, fu pieno e indiscusso.

E proprio nei panni della schiava eroina etiope, uno dei suoi ruoli preferiti, il 4 maggio 1920 poté finalmente esibirsi al cospetto del pubblico vicentino: al fianco del già celebre Aureliano Pertile, che proprio allo stesso

Eretenio aveva mosso i suoi primi passi artistici, fu applaudita in 15 rappresentazioni. A dirigerla, un giovane e ambizioso compositore di casa, Gaetano Poloni, che la D’Urbino aveva conosciuto anni avanti e che sposerà di lì a poco, suggellando in tal modo un sodalizio che andava al di là di quello squisitamente artistico.

Ma nella città berica la cantante farà frequenti incursioni: a cominciare dalla prima esecuzione dell’opera del marito “Rolla” (1928) e, ancor prima, dall’allestimento di “Amica” di Mascagni che, in una delle repliche, fu diretta dallo stesso autore, in quei giorni di passaggio a Vicenza. Di quest’ultimo evento esiste una fotografia che ritrae gli artisti della compagnia di canto attorno al maestro toscano: l’unica donna presente, proprio al fianco di un Mascagni sornione e compiaciuto, è la D’Urbino che con la sua forte presenza scenica sembra quasi voler emergere dallo scatto. I due avevano felicemente collaborato assieme già nel 1921

Savonese di nascita, vicentina d’adozione, nata nel 1888 si sposò con il celebre maestro Gaetano Poloni. A 27 anni cantò “Aida” davanti alle piramidi. Nel 1920 cantò all’Eretenio applauditissima con il tenore Aureliano Pertile. In quello stesso teatro fu diretta dallo stesso Mascagni. Si ritirò ancora in forze e dedicò i suoi anni agli studenti del “Canneti”

quando al teatro “Adriano” di Roma la D’Urbino era stata chiamata a vestire i panni di Santuzza in una importante edizione di “Cavalleria rusticana” diretta proprio da Mascagni. Un altro fondamentale tassello nel percorso artistico della cantante. Una carriera, comunque, che l’artista volle interrompere da protagonista: ancora in possesso di doti canore di assoluto riguardo, nel 1940, infatti, decise di lasciare le scene e ritirarsi definitivamente a Vicenza dove, assieme al marito, mise la sua esperienza a disposizione dei giovani allievi del “Canneti”, istituto nel quale insegnò per un circa un ventennio. Di lei, oltre a qualche immagine, sopravvive ancor oggi – grazie ai prodigi della tecnica - una registrazione sonora effettuata nel lontano 1927 assieme a Benvenuto Franci e all’orchestra della “Scala” di Milano: testimonianza che può bastare a rendere onore a un’artista che il tempo ha inesorabilmente relegato a un colpevole oblio collettivo. Oreste Palmiero

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Ascolta Angela D’Urbino Poloni in una delle rare foto rintracciabili. Insegnò a lungo all’istituto “Canneti”

Trame, protagonisti e volti nuovi, anticipazioni e commenti

Torna il “Re”, prison drama con Zingaretti che convince L’Apocalisse di “Fallout” lascia spazio alla speranza

IlRe è nudo. Come la fiaba di Hans Christian Andersen, la seconda stagione del prison drama targato Sky girato a Torino riparte dall’incarcerazione di Bruno Testori, il monarca del “San Michele”, per raccontare il modo in cui il potere cambia e si adatta per restare sempre immutato.

“Bruno si ritrova a fare i conti con una realtà completamente diversa da quella a cui era abituato,” spiega il protagonista Luca Zingaretti: “Resta un personaggio pieno di risorse e troverà il modo per girare anche quella situazione a proprio favore”. Incastrato dalla pm Laura Lombardo, Testori è spogliato dei suoi privilegi, del suo titolo e dei suoi pretoriani che così alacremente lo proteggevano. “Il potere? A differenza del mio personaggio, è qualcosa che non mi è mai interessato,” afferma Zingaretti.

In soli otto giorni è diventata la seconda serie più vista nella storia di Prime Video. Si intitola Fallout ed è una serie tratta da un videogioco nato da 27 anni. Intuendo la potenzialità del racconto di conquistare un pubblico televisivo sempre più selettivo e difficile da catturare, Amazon ha trasformato il videogame in una serie tv con budget faraonico: 153 milioni di dollari per otto episodi, con una seconda stagione già in cantiere.

Tra coloro che sono rimasti scottati da Bruno, in passato c’è Sonia Massenti, la comandante del “San Michele” combattuta tra la lealtà verso il suo mentore e il compito che le è stato affidato. “Sonia deve capire da che parte stare, ma in tutto questo lei è soltanto una delle tante pedine mosse sulla scacchiera da Bruno,” racconta Isabella Ragonese, l’interprete, che aggiunge: “Uso il mestiere dell’attrice per sperimentare vite al di fuori della mia”.

Tra i volti nuovi della seconda stagione anche quello di Thomas Trabacchi nei panni di Vittorio Mancuso. Magistrato irreprensibile, Mancuso si ritrova improvvisamente accusato dell’omicidio di una dipendente Slimpetroil, rinomata e importante compagnia energetica di bandiera. Starà a Bruno stabilire la verità, avvicinandosi a Mancuso per venire a capo di quella vicenda. “Cosa mi fa sentire ingabbiato? La condizione umana è di per sé una gabbia, ma anche l’attuale classe dirigente non mi fa per niente stare tranquillo,” riflette Trabacchi.

“Ci interessava portare in scena declinazioni diverse di quel potere che abbiamo intravisto nella seconda stagione, e per questo motivo abbiamo voluto inserire dei nuovi elementi. Se ci siamo riusciti sarà il pubblico a deciderlo,” afferma Giuseppe Gagliardi, alla regia anche di questo secondo capitolo.

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Come in The Last of Us, anche qui ci troviamo davanti a un racconto post-apocalittico. Stavolta non c’entrano i funghi zombie bensì un’apocalisse nucleare che duecento anni prima ha devastato il nostro mondo. I ricchi si sono rifugiati nei Vault, bunker extra-lusso dove le loro esistenze hanno continuato per generazioni con l’idea di riemergere un giorno per riprendere in mano le sorti dell’umanità.

L’anno è il 2296 e in superficie ogni giorno è una lotta alla sopravvivenza. Quando Lucy, una discendente del Vault, decide di avventurarsi nel mondo lassù, la sua vita finirà in rotta di collisione con quella di Maximus, un militare abituato a non mettere in discussione gli ordini che riceve.

“Lucy ha vissuto una vita molto protetta, e quando sale in superficie si troverà a fare i conti con persone che non sono per niente ben intenzionate come lei,” sottolinea la sua interprete Ella Purnell, già vista nella serie Yellowjackets. “Nonostante si scontri con personaggi di dubbia moralità, Lucy non smetterà mai di credere che ogni persona che incontra abbia anche del buono in sé, e trovo che questa sia una qualità ammirevole,” afferma Purnell. Tutt’altro percorso ha tracciato Maximus, uno scudiero della Fratellanza d’Acciaio. Nell’universo di Fallout, la Fratellanza è un’organizzazione paramilitare che assume i tratti di una setta incaricata di proteggere e regolamentare la tecnologia avanzata. “Dentro di sé vive una guerra interiore: il senso di appartenenza alla Fratellanza è una forte attrattiva, ma il suo codice morale lo porta a farsi domande sulle scelte che ha compiuto”, commenta l’attore Aaron Moten.

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#Regione

L’analisi. Definite anche le ultime candidature ecco gli scenari in Veneto

Elezioni europee: una sfida tante sfide

Le elezioni europee in programma il prossimo 8 e 9 giugno, si sa, al momento non sembrano scaldare troppo l’opinione pubblica. Nonostante il ruolo sempre più predominante delle politiche comunitarie, infatti, il nostro Paese fatica a appassionarsi a questa competizione elettorale considerandola, certamente in modo improprio, come distante.

Eppure dall’Europa, mai come in questa fase storica, dipendono i destini di tutti gli Stati nazionali e il programma Next Generation EU, tradotto in Italia come PNRR, ha reso possibili moltissimi progetti che, fino a poco tempo fa, sembravano possibili solo come elenco da libro dei sogni. Come se non bastasse l’inflazione, sempre più galoppante, può essere contenuta soltanto attraverso una politica europea forte e autorevole.

Tant’è che nel nostro Paese più che alle politiche e ai programmi europei ci si appassiona ai derby elettorali e, anche su scala veneta, ce ne sono, da questo punto di vista, di assolutamente gustosi.

FRATELLI D’ITALIA CERCA

IL PRIMATO

Il primo, e certamente più interessante per gli osservatori politici, è da ricercare dentro Fratelli d’Italia. Che il partito della premier Meloni si confermi come primo anche in Veneto non è in dubbio, quello che sarà interessante osservare, per chi si interessa di politica e intende preconizzare scenari futuri, è quanto i meloniani siano in grado di confrontarsi con i grandi numeri. Mai nella giovane storia di questo partito, e neppure dalle formazioni politiche che hanno dato vita a FDI, la dirigenza politica si è mai dovuta misurare con un consenso tanto ampio. Sarà interessante capire come se la caveranno con il determinante, almeno per le Europee, gioco delle preferenze: da un lato c’è da capire se l’elettorato al quale si rivolgono sia sensibilizzato a scrivere la preferenza

oltre a barrare il simbolo e se tra i candidati ci saranno giochi di accoppiamento, o addirittura di terzine visto che in queste elezioni è possibile esprimere, pur con alternanza di genere, tre “preferiti”.

DERBY LEGA – FORZA ITALIA

Il secondo elemento di grande interesse soprattutto in salsa veneta è il derby tra la Lega, ancora a forte matrice salviniana, e Forza Italia di Tajani e Tosi. Non è un mistero, infatti, che la base del fu Carroccio è in grandissimo fermento e la candidatura del controverso generale Roberto Vannacci sembra aver ulteriormente esasperato gli animi, tanto che il suo nome nel collegio Nordest finisce al 14mo posto. Ai leghisti veneti questa mutazione genetica del proprio partito proprio non piace e la scelta di Salvini di candidare il cantore del “Mondo alla rovescia” costituisce l’ennesima frattura. A esprimere tutto il proprio malcontento ci hanno già pensato il presidente della Regione Friuli, Fedriga, per molti indicato come possibile leader proprio al posto del Capitano, il Sindaco di Treviso Mario Conte, che ormai non nasconde più le proprie ambizioni per il dopo Zaia e l’idolo della base e custode dell’ortodossia, l’assessore regionale Roberto Marcato. Come prevedibile, il Presidente Zaia non si è espresso pubblicamente, ma il suo pensiero è decisamente molto noto. Di tutto questo vorrebbe approfittare Forza Italia che sta cercando in ogni modo il sorpasso in modo da posizionarsi al meglio in vista delle prossime elezioni regionali. Già perché quello che interessa di più di queste Europee sembra proprio essere la “vista” sulle prossime regionali quando il Presidente Zaia, al quale non sembra arriverà dal Parlamento la sorpresa del terzo/quarto mandato, non potrà più ricandidarsi. La competizione per le Europee, dunque, indicherà la “griglia di partenza” per i tavoli di trattativa interni agli schieramenti: in caso di sorpasso di

Forza Italia sulla Lega, gli Azzurri potrebbero chiedere al socio di maggioranza delle coalizione, FDI, la presidenza. E per questo, già pronto a scattare dai blocchi di partenza, ci sarebbe proprio Flavio Tosi. Ecco perché il derby FI – Lega acquisisce un valore di prospettiva estremamente interessante.

AZIONE – ITALIA VIVA, CHI LA SPUNTERÀ?

Occhi puntati su Azione e Italia Viva – Stati Uniti D’Europa. Calenda e Renzi, come noto, dopo il tentativo di coalizione alle politiche del 2022, hanno rotto in modo estremamente fragoroso. Il primo ha accusato il secondo, di fatto, di averlo usato per superare il quorum e conquistare l’accesso al Parlamento, ma poi di averlo, di fatto, “fregato”. Calenda gustava già la “rivincita” in chiave europee correndo da solo: tutti i sondaggi lo davano sopra la soglia di sbarramento del 4%, mentre IV annaspava molto sotto con poche chances di avere una rappresentanza europea. Ma Renzi lo ha fatto ancora: attraverso un accordo con Emma Bonino, che per molti versi ha dell’incredibile, ha varato la lista “Stati Uniti d’Europa”; risultato? A leggere i sondaggi oggi Renzi sarebbe dentro e Calenda fuori. In Veneto dove proprio Calenda fu eletto, quella volta con il PD, a furor di popolo, sarà interessante vedere come si posizioneranno i due partiti.

IL PD VENETO PUNTA SULL’ALTERNATIVA

La quarta interessante sfida sarà rappresentata dalla misurazione dello “stato di salute” del Partito Democratico. Cinque anni fa i Dem elessero quattro rappresenti nel collegio, tra loro la veneta, Alessandra Moretti raggiunta in un secondo momento, dopo le dimissioni di Calenda, dall’altro vicentino, Achille Variati primo dei non eletti. Per riprovarci i Dem schiereranno come capolista il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini.

Parlando di sfide nelle sfide in casa democratica saranno interessanti da osservare due confronti a distanza: quello tra l’alfiere dei diritti civili, Alessan-

I CANDIDATI VENETI

Lega Nord

dro Zan e il generale Vannacci e quello tutto vicentino proprio tra Alessandra Moretti e l’assessore Regionale, Elena Donazzan, donna forte di Fratelli d’Italia.

Il vicesindaco di Treviso Alessandro Manera, gli eurodeputati uscenti Paolo Borchia e Rosanna Conte (Verona e Venezia), la deputata e sindaca di Pozzonovo Arianna Lazzarini, il sindaco di Porto Tolle Roberto Pizzoli e Morena Martini, prima cittadina a Rossano Veneto.

Partito Democratico

L’europarlamentare Alessandra Moretti, l’alfiere dei diritti civili, Alessandro Zan, il consigliere regionale noto nel mondo ambientalista, Andrea Zanoni e l’ex Segretario dello SPI – CGIL, Ivan Pedretti.

Fratelli D’Italia

A correre ci saranno l’assessore regionale Elena Donazzan, i consiglieri regionali Daniele Polato e Lucas Pavanetto, il veterano Sergio Berlato, già eurodeputato, la deputata veronese Maddalena Morgante, il sindaco di Villa del Conte nel padovano Antonella Argenti e la segretaria provinciale del partito a Rovigo, Valeria Mantovan.

Azione

Il nome forte in campo è quello di Carlo Pasqualetto, segretario regionale del Partito e consigliere comunale padovano eletto nella Lista Giordani. Carlo Calenda è capolista, tra i candidati il sindaco di Montegrotto Terme Riccardo Mortandello, insieme a Elena Bonetti, Laura Bisin, Carlo Pasqualetto e Silvia Fattore.

Forza Italia

Con il capolista Antonio Taiani i candidati veneti sono sei: Flavio Tosi di Verona, Isabella Dotto di Vicenza, Giampiero Avruscio di Padova, Arianna Corroppoli di Rovigo, Deborah Onisto di Venezia e Cristina Andretta di Treviso

Movimento 5 Stelle

Il vicentino Andrea Bardin, classe 1968, già candidato alle Europee nel 2019 e alle politiche del 2022 per il Senato, insieme a Maria Angela Ferri, trevigiana di Oderzo.

Verdi - Sinistra

Capolista è la consigliere regionale Cristina Guarda, insieme al trevigiano Stefano Dall’Agata e alla veneziana Alessandra Mion. Stati Uniti d’Europa (+Europa - Italia Viva)

Il veronese ed ex deputato Davide Bendinelli, la veneziana imprenditrice Gabriella Chiellino, il veronese Giorgio Pasetto, già candidato al Senato nel 2022, il veneziano Luigi Giordani, socialista.

Libertà

La lista di Cateno De Luca raccoglie le voci del dissenso e schiera i veneti Sara Cunial e Vito Comencini.

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Alessandra Moretti Alessandro Manera

Regione

L’intervista/1. Il parlamentare padovano del Pd

Zan corre per le europee:

“Democrazia, solidarietà e diritti”

Alessandro Zan, parlamentare del Partito Democratico, padovano, è candidato alle elezioni europee.

Come è arrivato alla decisione di scendere in campo in prima persona?

È stata una decisione per me importantissima, presa insieme alla segretaria Elly Schlein, che voglio ringraziare per la fiducia e il supporto. Ma non solo: ho ascoltato la richiesta di tanti militanti della mia comunità politica, il Partito Democratico, e di tanti esponenti della società civile che chiedono un impegno in più, in prima persona, per rendere l’Unione Europea sempre più democratica, solidale e baluardo di diritti. E soprattutto chiedono di arginare chi oggi minaccia il sogno europeo del manifesto di Ventotene, scritto da militanti antifascisti come Altiero Spinelli, Ursula Hirschmann, Eugenio Colorni.

Quale minaccia?

È evidente che c’è un tentativo di una ultadestra sovranista di mettere le mani sulle istituzioni europee, che dobbiamo scongiurare. Vediamo come sta andando in Italia, con il governo Meloni: occupano “manu militari” la TV pubblica (la Rai ormai è diventata Tele-Meloni), censurano giornalisti antifascisti come Antonio Scurati, attaccano i diritti delle donne, tagliandone le pensioni con l’eliminazione di Opzione Donna e di fatto smantellando la legge 194 sull’aborto, trascinano in tribunale le famiglie arcobaleno come fossero criminali, mettono in ginocchio la sanità pubblica in favore di quella privata. C’è una chiara deriva verso il modello Orbàn: l’Ungheria ormai è una “democratura”, una sorta di ibrido tra democrazia e dittatura. Per non parlare degli alleati di Meloni e Salvini in Europa: un gruppo di estremisti di destra che guardano all’Europa dei muri e degli egoismi nazionali, che sappiamo bene quali tragedie hanno prodotto nel passato.

E la vostra idea di Europa, invece?

Le enormi e difficili sfide globali che abbiamo davanti, come la guerra in Ucraina, la drammatica crisi in Medio

Oriente, la gestione dei flussi migratori, il contrasto al cambiamento climatico, sono tutte sfide che l’Italia può affrontare in un contesto europeo sempre più unito, solidale, democratico e sicuro. Davanti a player internazionali come USA, Cina, India, come possiamo competere come singoli stati nazionali europei? Al contrario della destra, noi vogliamo rafforzare le istituzioni europee, rendere l’Europa davvero sociale, giusta e promotrice di un Green Deal che tenga per mano tutte le persone nella sfida della transizione energetica. L’interesse italiano deve trovare spazio tra chi crede nella solidarietà europea: gli amici di Meloni e Salvini, come Orbàn, Zemmour e gli altri nazionalisti hanno già dimostrato di essere nemici dell’Italia, lasciandoci soli e votando contro un maggiore sostegno al nostro Paese, ad esempio sulla gestione dei flussi migratori.

Nel collegio del Nord-Est andrà in scena la sfida Zan-Vannacci, due visioni completamente all’opposto di valori, società, politica. Cosa pensa della sua candidatura?

Penso che annunciare la candidatura di Vannacci il giorno della Festa di Liberazione sia stato un ulteriore schiaffo ai valori antifascisti da parte di Salvini. Stiamo parlando di una persona che considera Mussolini uno statista, che vuole la segregazione nelle scuole per i bimbi con disabilità, che ritiene non normali le persone omosessuali e considera l’etnia come un elemento qualificante. Sono orgoglioso di rappresentare, in questa campagna elettorale, l’esatto opposto. (r.r.)

L’intervista/2. Il coordinatore veneto Tosi

“Forza Italia può crescere ancora, candidati espressione del territorio”

Il coordinatore regionale di Forza

Italia Flavio Tosi ha chiuso la partita delle candidature alle europee. Ci stiamo avvicinando ad un significativo appuntamento con il voto, anche dal punto di vista degli equilibri. Come si sta preparando Forza Italia in Veneto?

La nostra squadra è rappresentativa di tutto il Veneto, con sei candidati che provengono da sei province. Il collegio è molto grande, copre 23 province in tutto, e sui 15 posti disponibili siamo riusciti a rappresentare sei province venete. Il sottoscritto da Verona, Isabella Dotto da Vicenza, Giampiero Avruscio da Padova, Arianna Corroppoli da Rovigo, Deborah Onisto da Venezia e Cristina Andretta da Treviso. Mettiamo in campo professionisti, imprenditori, persone con esperienza nella pubblica amministrazione. Antonio Tajani è capolista in tutta Italia e sarà affiancato da candidati che sono espressione del territorio veneto. Non si tratta di candidature calate dall’alto, abbiamo chiesto ai direttivi delle varie province di affiancarci nella scelta delle persone, in modo da avere una squadra compatta e coesa, gradita dai nostri amministratori sul territorio. Ci siamo chiamati fuori da determinate logiche che hanno imperato in tempi non troppo lontani.

Qual è l’obiettivo mimino che vi siete posti?

In questo collegio contiamo di avere almeno due eurodeputati. Oggi Forza Italia viene data in crescita in tutti i sondaggi, e dopo la progressione alle politiche del 2022, quando avevamo quasi raddoppiato i consensi rispetto alle regionali del 2020, possiamo ragionevolmente contare di andare oltre il 1 0 per cento, quindi la prospettiva di esprimere due eletti è a portata di mano.

Secondo lei l’esito delle elezioni Europee in qualche modo potrebbe spostare gli equilibri anche a livello locale, a partire dalla Regione Veneto?

Ormai è certo che non ci sarà un terzo mandato per la presidenza della regione, su questo si è già espressa

la maggioranza del Parlamento, seppure con posizioni differenti. Quindi ci sarà un candidato governatore del centrodestra. Vorrà dire che Antonio Tajani, Giorgia Meloni e Matteo Salvini dovranno decidere chi candidare in Veneto come futuro governatore. Come lo faranno? L’anno prossimo andranno al voto nove regioni contemporaneamente e si dovrà decidere chi candidare. E’ chiaro che l’esito del voto per l’Europa darà anche il peso rispetto alle prossime regionali. Chi fa meglio nelle varie regioni, cha otterrà i risultati più significativi è anche più probabile che possa esprimere il prossimo candidato governatore. Se toccasse a noi di Forza Italia il candidato, come già proposto da Taiani, sarà Flavio Tosi e quindi il voto per il sottoscritto e per il nostro partito nella tornata elettorale delle europee ha anche questo significato, nella prospettiva delle prossime elezioni regionali.

In conclusione la domanda più scomoda. Ha dichiarato apertamente che la candidatura del generale Vannacci nelle file della Lega non le va giù. Perché?

Secondo me forse farà guadagnare qualche volto populista, estremista e oltranzista ma farà anche perdere parte dell’elettorato moderato che crede nei valori fondanti della Lega. Se poi devo dare una valutazione da cittadino, che vuole vedere rappresentata l’Italia in Europa dalla classe dirigente migliore possibile, io penso che una persona che ha fatto certe affermazioni non faccia bene al nostro Paese neanche come candidato”. (r.r.)

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Alessandro Zan Flavio Tosi

“L’autonomia permetterà al Veneto di essere interprete della trasformazione digitale”

“Quando si creano dei servizi efficienti i veneti li utilizzano per semplificare la loro vita”

Un Veneto al passo con i tempi, sempre più digitale, sempre più autonomo. È questo il ritratto della regione dipinto da Francesco Calzavara, assessore alla Programmazione e all’attuazione del programma, al Bilancio e al Patrimonio e all’Agenda digitale della Regione Veneto.

A proposito di agenda digitale, a che punto è lo sviluppo di un Veneto in dimensione smart?

“L’agenda digitale è un processo che la Regione del Veneto sta portando avanti con determinazione. L’obiettivo per il 2025 è rendere l’ente sempre più digitale e smart, nei servizi e nelle connettività. Per far questo riteniamo che, ad esempio, la Regione debba essere sempre più una piattaforma di raccolta dati che, una volta elaborati, possano essere restituiti alle amministrazioni e ai cit-

tadini. ‘Veneto data platform’, uno dei programmi che stiamo portando avanti all’interno dell’agenda digitale, diventa in questo senso l’elemento caratterizzante di questa legislatura. Sempre in materia di agenda digitale ricordo gli ‘Innovation lab’, i centri di facilitazione digitale dove i cittadini possono essere guidati nell’utilizzo di questi strumenti, facilitando il rapporto tra la pubblica amministrazione e cittadini”.

Assessore, l’autonomia in che modo può dare stimolo al processo di sviluppo digitale?

“L’agenda può trovare delle forme di accelerazione verso i processi a cui facevo riferimento prima e chiaramente avere più risorse ci permetterà anche di investire di più.

Per innovare il paese è necessario costruire piattaforme digitali che semplifichino la vita di cittadini e imprese e fa-

cilitino il rapporto con la pubblica amministrazione. Ecco, crediamo che in futuro, a parità di risorse stanziate, l’autonomia possa permettere al Veneto di essere interprete di questa trasformazione digitale e di affrontare quelle sfide che ci attendono, specialmente nel rapporto con l’intelligenza artificiale”.

Un altro tema molto caldo in Veneto è quello dello stop al

Superbonus 110%.

La regione ha attivato un progetto per sostenere le persone che sono state coinvolte, come?

“Abbiamo cercato di essere pragmatici, come è tipico dei veneti, offrendo la possibilità di utilizzare una nostra piattaforma – realizzata in collaborazione con la Camera di Commercio e con l’Ordine dei commercialisti del Veneto –per dare subito delle risposte, in particolar modo alle famiglie con un Isee inferiore ai 30mila euro. In sostanza stiamo cercando di far sì che la liquidità possa tornare nelle tasche dei veneti attraverso l’utilizzo di società che hanno le caratteristiche per poter scontare i crediti d’imposta”.

Alcuni mesi fa avete lanciato l’app “Vivi Veneto”. Come sta andando?

“Tecnicamente si definisce una ‘super app’, perché è la sommatoria di una serie di app che la Regione aveva già svi-

luppato, dal turismo alla sanità ai servizi legati alla mobilità. Abbiamo creato un contenitore che mettesse assieme tutti questi servizi, per dare l’idea della pluralità dei servizi digitali che la Regione ha messo in campo e che continua ad attivare. Qualche mese fa abbiamo inserito il tema del portafoglio per i celiaci (un budget di spesa a propria disposizione che viene automaticamente accreditato ogni mese, ndr) e ormai siamo pronti a inserire un altro servizio legato al contrasto alla violenza sulle donne. Aggiungo che il Veneto è il terzo ente in Italia e la prima Regione in Italia per i pagamenti digitali attraverso pagoPa, a dimostrazione che quando si creano dei servizi efficienti i veneti li utilizzano per semplificare la loro vita. Sono convinto che questa sia la vera funzione e vocazione dell’innovazione digitale, cioè cercare attraverso nuovi processi di semplificare il percorso quotidiano”. (r.r.)

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Regione
Francesco Calzavara

Economia. Il direttore generale Claudio Bertollo commenta il bilancio 2023

Banca del Veneto Centrale, vola l’utile netto

“Fusione con BRV Banca operazione strategica”

I l credito cooperativo ha solide radici e una lunga storia nella nostra regione. Risale al 1896 la nascita di Banca del Veneto Centrale, oggi operativa in quattro province venete, Vicenza, Padova, Treviso, Rovigo, oltre a Ferrara. Fa parte del Gruppo Cassa Centrale Banca e da oltre 125 anni è testimone e protagonista dello sviluppo economico del nostro territorio e del sistema cooperativo. Al direttore generale Claudio Bertollo chiediamo un commento sul bilancio d’esercizio 2023.

Direttore, quali sono i dati principali a bilancio?

Banca del Veneto Centrale ha chiuso con un utile netto di oltre 34 milioni di euro (il 69% in più rispetto all’anno precedente), un risultato molto importante se si considera l’approccio da sempre molto prudente della banca. Infatti i nostri crediti deteriorati sono coperti al 99 per cento. Anche lo scorso anno è continuata la strategia di riposizionamento

del nostro portafoglio titoli. In sostanza abbiamo venduto titoli a basso rendimento per acquistare gli stessi titoli o titoli equivalenti a rendimento maggiore. Questo per garantire flussi di rendita negli anni a seguire. E sempre nel 2023 abbiamo anche spesato un accantonamento importante a sostegno di nuove assunzioni. Due dati di bilancio per quanto riguarda le masse amministrate che sono oltre i 5 miliardi, di cui 3,5 miliardi di raccolta complessiva e un 1,6 miliardi di impieghi netti alla clientela. Per chiudere i fondi propri salgono a 234 milioni con l’indice Cet1 (ossia il capitale primario su attività di rischio ponderate) al 23,74%, nettamente al di sopra della media del sistema bancario italiano.

In occasione dell’approvazione del bilancio 2023 il presidente Gaetano Marangoni lo ricordiamo ha detto “siamo cresciuti e continueremo a crescere e vogliamo continuare a crescere a supporto delle

famiglie e delle imprese”. Quali saranno le direttrici di questa crescita?

Le direttrici come detto dal presidente, saranno rivolte sempre ai nostri territori di competenza, quindi alle famiglie, ai giovani che vogliono acquistare casa, accedere ad un mutuo ipotecario, alle im-

prese che vogliamo sostenere anche nel mondo impieghi e dare supporto anche alle nuove direttive magari 5.0 per sostenere gli investimenti delle piccole e medie imprese operanti nel territorio.

Nella prossima assemblea dei soci, oltre che del bilancio d’esercizio, si discuterà anche

del nuovo progetto di fusione tra Banca del Veneto Centrale e BVR (Banche Venete Riunite) Banca. Cosa rappresenta per voi questa operazione e cosa cambierà per i soci ed i clienti?

In effetti è un’operazione strategica che porta all’aggregazione tra due banche sane e ben strutturate sotto il profilo patrimoniale. L’obiettivo è quello di portare un efficientamento operativo e una crescita dimensionale, oltre che consentire benefici interni per nuove opportunità di carriera per i colleghi ma soprattutto per offrire servizi e consulenza maggiore ai nostri soci e clienti. Di fatto ci sarà la nascita di una “nuova” banca di assoluto rilievo e di primaria importanza, ancora più solida e innovativa, capace di incrementare la fiducia di soci e clienti, di supportare più efficacemente la crescita dei territori di competenza e soprattutto in grado di affrontare le sfide sempre più impegnative che ci atten-

dono”.

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Da sinistra il presidente Gaetano Marangoni e il direttore generale Claudio Bertollo La sede della Banca del Veneto Centrale

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legame tra Venezia e il mare, nella città che da sempre celebra lo sposalizio con le sue acque. La manifestazione – realizzata da Vela spa per conto del Comune di Venezia e in collaborazione con la Marina Militare Italiana per la straordinaria apertura dell’Arsenale – è appoggiata da Governo e Regione del Veneto, che l’ha riconosciuta come un evento di carattere internazionale.

5.000 mq.

Tra gli espositori si confermano Ferretti Group, Azimut Benetti, , Sanlorenzo ,So-

approfondimento tra convegni e talk show, la maggior parte dei quali dedicati al tema della sostenibilità, alla salute del mare e

dal 17 al 19 maggio, la Lagoon escapade, evento annuale che raccoglie i catamarani Lagoon prodotti dal gruppo Beneteau. SCARICA L’APP RADIO VENETO24

Nell’anno in cui vengono celebrati i 700 anni dalla morte di Marco Polo, che ha per primo esplorato il mercato “orientale”, ora bacino naturale di riferimento a cui si rivolge tale manifestazione, Venezia, anche con il suo Salone Nautico, conferma il suo ruolo di “capitale mondiale della sostenibilità”.

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