Corriere Autunno 2014

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il Corriere delle Donne AUTUNNO 2014 | n. 88

Edizioni LARaffaella NEREIDE Mauceri

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TRIBUNALE DI SIRACUSA - REGISTRAZIONE N. 16 DEL 07/09/92 - P. IVA 00959430893 MARCHIO DEPOSITATO UFFICIO MINISTERIALE BREVETTI E MARCHI N° 0001075124 06/11/2007

Dai forza a questo giornale! Dai forza alle donne! Sommario Il centro antiviolenza si fonda sulla relazione tra donne . . . . . . . . . . 3 “Yes woman No violence” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 La mia amica Asmara. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 Femminicidio e stalking nell’antica Roma . . . . . . . . . . . . . . . 9 Se non il femminismo, cosa?. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 I mondi contrapposti di Emilio e Sofia. . . . . . . . . . . . . . . . 13 Nessuna evoluzione dove c’è sessismo . . . . . . . . . . . . . . . 15 ASP: Campus per gli autistici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 Parola d’ordine: spending review . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 Cervicalgia un dolore invalidante . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

direttora responsabile

Raffaella MAUCERI IN QUESTO NUMERO LE FIRME DI:

Agata DI GIORGIO Paolo FANTAUZZI Guendalina GIUSTO Lucia Mangiafico Giusy VALVO REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE

Via Acquaviva Platani, 12 96100 Siracusa Tel. 0931 492383 Fax 0931 1846186 Cell. 347 7758401 E-mail: lanereide.edizioni@gmail.com Sito: www.lanereide-edizioni.it REalizzazione e stampa

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Di Luca via Indipendenza, 22 Belvedere Tel. 0931 744955 Di Vincenzo via Palestro, 182 Priolo Tel. 0931 769250 Euripide piazza Euripide, 5 - Tel. 0931 60433 Favara v.le Scala Greca, 300 - Tel. 0931 757060 Fichera corso Gelone, 91 - Tel. 0931 66598 Fontane Bianche via dei Lidi, 513/C Tel. 0931 790266 Formica Magro Città Giardino Tel. 0931 745360 Gibiino via Roma, 81 - Tel. 0931 65760 Grottasanta via Grottasanta, 69 Tel. 0931 30488 La Madonnina corso Gelone, 1 Tel. 0931 66428 Li Destri via Nazionale, 177 Cassibile Tel. 0931 718533 Lo Bello corso Regina Margherita, 16 Tel. 0931 65001 Lupo v.le Teocrito, 31 - Tel. 0931 67701/67700 Mangiafico c.so Matteotti, 53 - Tel. 0931 65643 Nigro v.le Scala Greca, 311 - Tel. 0931 754588 Pappalardo Epipoli, 180/B Belvedere Tel. 0931 740513 Paravizzini via Piave, 57 - Tel. 0931 69910 Piazza viale Tica, 56 - Tel. 0931 32880 Riggio via Cannizzo, 14 - Tel. 0931 705418 Rizzo viale S. Panagia, 204 - Tel. 0931 758044 Santa Panagia v.le S. Panagia, 92 Tel. 0931 750042 Tisia via Tisia, 56 Tel. 0931 33020 Turco via Monteforte, 11 - Tel. 0931 701933 Valvo largo XXV luglio, 6 - Tel. 0931 67670 Vitale via Mostringiano, 11 Priolo Tel. 0931 760755 Zecchino v.le Zecchino, 199 - Tel. 0931 783384 Ospedali, cliniche, consultori guardie mediche

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“Il Corriere delle Donne” è l’unica rivista femminile edita in questa provincia ed oltre. Una rivista elegante, colta e prestigiosa che tira migliaia di copie (+ la versione online www.lanereide-edizioni.it) capillarmente diffusa nel territorio attraverso i suoi numerosi punti di diffusione sopra elencati. Nata nel 1992, questa testata non ha mai saltato un’edizione e conta centinaia di collezionisti che da anni e anni la prenotano presso la farmacia o l’edicola di fiducia e la leggono con passione copiosamente complimentandosi per la serietà, il coraggio, la professionalità che ci contraddistinguono. “Il Corriere delle Donne”, non è un’impresa commerciale ma un’iniziativa di volontariato sociale perché sostiene i Centri antiviolenza per donne e minori, fondati e diretti dall’editrice Raffaella Mauceri e pratica bassissime tariffe pubblicitarie a mera copertura dei costi di stampa. “Il Corriere delle Donne” dunque vive grazie alla vostra straordinaria sensibilità, care inserzioniste e cari inserzionisti che insieme a questa rivista offrite solidarietà alle donne ai bambini vittime maltrattamenti, privazioni abusi.2014 Grazie! il Corriere delleeDonne Edizioni La di Nereide di Raffaella Mauceri eEstate

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GRAZIE A VOI!

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editoriale Guenda Giusto intervista Raffaella Mauceri

Il centro antiviolenza si fonda sulla relazione tra donne

I centri antiviolenza sono una “creazione” del femminismo storico. I primi centri antiviolenza, infatti, in Italia come dovunque nel mondo, sono stati fondati dalle femministe e costituiscono la versione concreta e militante dell’ideologia del Movimento di Liberazione delle Donne che si incardina sul fare fronte comune contro l’organizzazione maschiocentrica della società e la sottomissione e l’inferiorizzazione delle donne che la caratterizzano. Anche qui a Siracusa il primo sperimentale sportello antiviolenza fu fondato, come tutti sanno, dalla femminista storica per antonomasia, Raffaella Mauceri. Nacque nel 1990, si chiamava “Telefono Rosa Arcidonna” e in capo ad un paio di mesi riuscì ad aggregare ben 90 socie! Successivamente, nel 1996, ancora la Mauceri fondò l’associazione di promozione femminile “La Nereide” al cui interno, nel 2001, attivò il centro d’ascolto “Telefono Donna La Nereide” dove si trasferiva nella pratica il suo primo manuale per operatrici “antiviolenza” frutto delle sue annose conoscenze nel campo. Manuale che di fatto costituì il materiale didattico dei suoi primi seminari di formazione erogati alle socie del “Telefono Donna La Nereide”. Queste informazioni sono fondamentali per chi vuole capire che cos’è un centro antiviolenza, concetto sul quale regna ancora molta confusione. Tanto più che in questi ultimi anni, a fondare sportelli e centri antiviolenza sono anche donne che si dicono non-femministe e che, di fatto, sul femminismo hanno poche idee confuse, sbagliate, stereotipe, mistificate, fuorvianti, assurde, e in una parola: ignoranti. Esempio: invocano le pari opportunità e ignorano che il femminismo ha esordito proprio con la battaglia per le pari opportunità, e precisamente con il suffragismo laddove le donne rivendicavano lo stesso diritto degli uomini di votare ed essere votate. “Fu proprio per arginare questo scempio che nel 2008, il nostro C.D.S. Coordinamento Donne Siciliane contro la violenza, – dice la Presidente regionale Raffaella Mauceri appena nato esordì lanciando un disegno di legge che mettesse a norma la nascita dei Centri e ne definisse la mission, i contenuti e le modalità di intervento. “Il ddl è diventato legge a gennaio del 2012, ma siamo ancora ben lontani da una corretta e completa applicazione e da una regolamentazione di questo travagliato settore. Basti dire che alcuni centri insieme alle donne accolgono anche gli uomini, e magari anche gli anziani, gli immigrati, gli handicappati e qualsiasi persona socialmente svantaggiata! E non si rendono conto che così non soltanto snaturano l’essenza del centro antiviolenza ma trasgrediscono anche la legge. Ne consegue che questi centri, privi di fondamento ideologico e culturale, non funzionano e, in più, danneggiano ulteriormente le donne vittime di violenza che subiscono così la classica vittimizzazione secondaria”. - Il che non significa che le altre categorie non abbiano diritto ad essere assistite. “Certo, ci mancherebbe altro! In un paese civile, tutte le persone svantaggiate hanno il diritto di essere assistite e tutelate! Ma bisogna trattarle ognuna secondo il problema specifico e la categoria sociale di appartenenza e gli operatori devono avere una specifica preparazione sul fenomeno sociale che colpisce i soggetti trattati. O maltrattati. Le donne subiscono dagli uomini una “violenza di genere” a causa di un profondo gap di contrattualità sociale che gli uomini posseggono e le donne no. Viceversa, gli uomini che subiscono violenza dalle donne, rappresentano un’anomalia rispetto al fenomeno opposto che è storicamente e infinitamente più esteso e più grave. E lo provano i femminicidi”.

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- Ma perché gli uomini che dicono di subire violenza dalle donne vogliono assistenza dai centri antiviolenza gestiti dalle donne? Come mai non fondano i loro centri per uomini gestiti da volontari uomini? “Perché la donna è la “mamma” e quindi anche questo servizio lo pretendono dalla “mamma”. Nello stesso tempo però la donna è pur sempre una donna… e così in alcuni centri dove si accolgono indiscriminatamente uomini e donne, fra utenti e operatrici nascono “complicazioni sentimentali e/o sessuali. “Paradossalmente – prosegue la Mauceri – qualcuno è portato a credere che questi centri siano condotti da signore più democratiche di quelle che, nel pieno rispetto dello standard internazionale dei centri antiviolenza, si occupano solo di donne e dei loro bambini. Niente di più sciocco. Si tratta invece di signore che delle due l’una: o non hanno capito che la nostra società è segnata da una gravissima patologia: il profondo squilibrio fra i generi che si traduce in una vasta, quotidiana, efferata violenza degli uomini sulle donne. Oppure queste signore sono ben contente di offrire un ennesimo servizio ai maschi”. Ed ecco due brevi passaggi tratti dalla legge n. 3 / gennaio 2012 “Norme per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere” lanciata dal C.D.S. e firmata Vinciullo, dove si definiscono due fondamentali concetti: che cosa significa “violenza di genere” e chi si deve occupare di chi. Art. 1 comma 2 - … ai fini della presente legge, per violenza di genere si intende qualsiasi forma di violenza rivolta contro le donne in ragione della loro identità di genere… Art. 7 comma 1 - La Regione riconosce la rilevanza dell’attività svolta dagli operatori socio-sanitari e dai centri antiviolenza … che hanno come scopo la lotta, la prevenzione e l’assistenza delle donne vittime di violenza… da associazioni femminili che operino nel settore da almeno tre anni, utilizzando pratiche di accoglienza basate sulla relazione fra donne. “In nessun rigo – commenta Raffaella Mauceri - si legge che nei centri antivio-


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editoriale lenza nati dalle donne per le donne, possano operare gli uomini o possano essere accolti gli uomini. E mai, una legge lanciata proprio da me e dalla mia Rete avrebbe potuto contenere una simile aberrazione. Né saremmo qui a chiederne la piena e corretta applicazione. Per cui, bene hanno fatto quei due o tre centri a gestione mista, nati in Italia per accogliere gli uomini e solo gli uomini, ad operare separatamente dai nostri. Ognuno ha diritto di fare le proprie scelte. Noi siamo perfettamente in linea con lo standard internazionale e intendiamo restarci”. - L’On. Vinciullo ha diramato un comunicato stampa dove annuncia che ha fatto finanziare la legge di parecchie migliaia di euro dimodoché assicuri la pubblicazione dei progetti finanziati, appunto. Una buona notizia, no? “Mica tanto. Perché purtroppo a questi progetti finanziati accederanno anche molti centri antiviolenza che invece andrebbero semplicemente chiusi perché non hanno personale competente e specificamente formato, perché si occupano di tutto e di tutti

indiscriminatamente, perché hanno curriculum “truccati”, perché esistono proprio e soltanto per accedere ai progetti in questione, sottraendo fondi ai centri seri, credibili e qualificati che hanno alle spalle anni e anni di duro volontariato, di studi, di gavetta, di autotassazione, di successi giudiziari, di dignità recuperate e di vite letteralmente strappate alla morte. E se non si mette mano ad un controllo serio, rigoroso e a tappeto, le cose continueranno ad andare avanti così, alla carlona”.

“Yes woman No violence” DI guenda giusto

Organizzata dalla Consulta giovanile, si è svolta lo scorso sabato 30 agosto a Rosolini, snodandosi da piazza Europa a piazza Garibaldi, la manifestazione “Notte Rosa 2014 eventi al femminile” che ha trovato il picco di pubblico e d’interesse nell’iniziativa “Yes woman No violence”, ideata e diretta dalla brillante e infaticabile Sandra Caschetto. La serata si articolava in varie performance di canto, di ballo e di lettura recitativa a cura di giovani donne che numerosissime hanno sostenuto la Causa contro la violenza di genere, non soltanto con le loro esibizioni artistiche e un concorso fotografico, ma anche diffondendo materiale informativo su come funzionano i centri antiviolenza, e come si combatte la violenza di genere schierandosi dalla parte delle vittime e imparando a condividerne il dolore e la “resurrezione”.

La foto di Valentina Melilli esposta al concorso

“Una foto per dire NO alla violenza”

Preceduto dal saluto di due ospiti illustri, la dott.ssa Francesca Petrassi del Ministero della Salute, e il dott. Peppe Pantano, addetto al Ministero degli Esteri, ha poi avuto luogo l’intervento della protagonista della serata, Raffaella Mauceri, fondatrice e presidente della Rete Centri Antiviolenza di Siracusa e del Coordinamento Donne Siciliane che aggrega 26 Associazioni sparse sul territorio regionale tutte impegnate sul fronte del contrasto alla violenza su donne e minori. Un intervento durissimo quello della Mauceri che ha puntato il dito contro le istituzioni di questo paese incapaci di proteggere le sue donne e i suoi bambini. “Noi dei centri antiviolenza siamo l’unico baluardo che funziona - ha detto – Le istituzioni dovrebbero imparare da noi e fruire del nostro eccellente servizio a costo zero. Invece legiferano senza consultarci e sono ancora tanti i comuni che non ci affidano le vittime, non ci danno sedi operative adeguate e non ci consentono di rifugiare le vittime in pericolo di vita. Politiche di governo incompetenti e dissennate hanno trovato espressione perfino negli spot contro la violenza con cui per anni e anni hanno esortato le vittime a denunciare senza indirizzarle ai centri e lasciandole esposte ad ulteriore violenza. Dopo una, due, tre e più denunce, infatti, centinaia di donne sono cadute sotto i colpi dei loro carnefici: morti insopportabilmente gratuite, efferate, annunciate che vanno imputate ad un governo irresponsabile e impunito. L’ultimo spot governativo, poi, lasciandoci indignate e sbigottite, ci mostra addirittura una giovane vittima di stalking che apre la porta al suo assassino”. “E con simili premesse – ha concluso la Mauceri – ci aspettiamo che questo paese sia capace di mettere la parola fine alla la violenza di genere?”.

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“Giornalista, scrittrice, editrice e femminista storica, Raffaella Mauceri è, in questo lembo del profondo sud, la donna-simbolo delle battaglie per i diritti, la dignità, l’intelligenza e i sogni delle donne. Attraverso il C.D.S. Coordinamento Donne Siciliane contro la violenza di genere, che ha fondato e che presiede, trasmette instancabilmente a centinaia di donne la forza e la bellezza della solidarietà femminile”.


Sicilia - Toscana: “Tra arte e storia” La mia amica Asmara A CURA DELLA PROF.SSA LUCIA MANGIAFICO

Si è appena terminato l’eco sul corso di Bandera, con cui il Piemonte e la sua arte sul ricamo sono entrati in Sicilia, superando quella puzza sotto il naso presente in entrambi i rapporti e un po’ di risentimento per i noti fatti storici, che la Toscana, più sorella e meno superba, si è offerta, nella sua creatività, nella persona di Asmara Mannocci per farci conoscere la cromatura dei fili di seta così cari a chi assomiglia il ricamo alla pittura. Infatti dal 6 all’11 ottobre l’Associazione Mani d’Oro onlus propone un corso speciale, così come sono divenuti da tre anni a questa parte tutti i corsi, che si svolgono a carattere nazionale, nei mesi di maggio ed ottobre. Ovviamente sono frequentati da chi è già iniziata alle tecniche del ricamo ed ha una vocazione particolare verso le Arti Applicate tradizionalmente femminili. Asmara è una dolce signora che sembra apparire con la sua figura snella, avanti negli anni, come quelle donne che hanno caratterizzato il periodo a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale: ricamatrici dall’atteggiamento signorile e dalle mani affusolate, anche pronte ad appoggiarsi sulla tastiera di un pianoforte; perché l’Arte rende “aristocratiche”, “differenti” come diceva Sibilla Aleramo nel suo capolavoro “Una Donna”. Asmara per realizzare “il canto del gallo cedrone” andava per boschi attorno a Cascina (Pisa) ad osservarlo affinché le piume si alzassero con l’ago ed i fili sulla tela come a sentirlo nel suo canto gorgogliante. Se solamente Daniela Del Moro, critica d’arte, è riuscita a capire l’arte nascosta del Ricamo, questo è da attribuirsi alla sensibilità propria della donna, che del piccolo ago di acciaio ha saputo fare il pennello, che dipinge sulla tela e sulla seta, leggero come una carezza di piuma. Alcune signore osservavano che la creazione di Asmara appare sempre speciale…! È Arte, mie care, solo Arte!

Come Leonardo nel ‘500, Asmara non usa mai il nero, ma mescola fili bruni con la terra bruciata e altri toni, ottenendo il cosiddetto nero pittorico capace di creare profondità, lasciando inalterata la luminosità. Ne è un magnifico esempio questo gallo cedrone con le piume scure, irte sulla muscolatura.

Info: Prof.ssa Lucia Mangiafico Presidente Ass. Mani d’Oro Onlus Via Machiavelli, 11 96010 Solarino Tel. 333 4515982 (SR) onlusmanidoro@hotmail.it www.onlusmanidoro.it il Corriere delle Donne Edizioni La Nereide di Raffaella Mauceri Autunno 2014

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Femminicidio e stalking nell’antica Roma DI PAOLO FANTAUZZI

Quando la scorsa primavera fu uccisa dall’ex fidanzato, che dopo averla accoltellata le diede fuoco mentre era ancora in vita, Fabiana Luzzi non aveva ancora 17 anni. Proprio come Prima Florenzia, gettata nel Tevere da suo marito Orfeo. Un tragico destino che accomuna due adolescenti che si erano appena affacciate alla vita ma separate fra loro da quasi duemila anni. Di Prima Florenzia, vissuta al tempo della Roma imperiale, non si sa praticamente nulla. Non c’è modo di capire cosa possa aver spinto il consorte a ucciderla e se fu poi condannato per l’orrendo delitto. L’unica cosa rimasta della sua triste sorte sono le poche righe fatte incidere dalla famiglia in una iscrizione funeraria ritrovata nella necropoli di Isola Sacra, a Fiumicino, dove abitava: “Restuto Piscinese e Prima Restuta posero a Prima Florenzia, figlia carissima, che fu gettata nel Tevere dal marito Orfeo. Il cognato Dicembre pose. Ella visse sedici anni e mezzo”. A riportare alla luce questa storia è uno studio condotto da Anna Pasqualini, docente di Antichità romane per oltre 40 anni tra l’università dell’Aquila e quella di Tor Vergata. Analizzando lo sterminato corpus di epigrafi latine ritrovate nei territori in cui si estendeva l’impero (in tutto circa 180 mila), l’archeologa ha ricostruito una serie di casi di femminicidio dell’antica Roma. Un’indagine che mostra come la nostra società - in tema di violenza sulle donne - non sia poi così cambiata nel corso del tempo. A conferma di un retaggio culturale difficile da sradicare e che nonostante le campagne di sensibilizzazione Non pare attenuarsi, visto che con le 177 donne uccise nel 2013 (erano 159 nel 2012) ormai in Italia si conta quasi un assassinio ogni due giorni. Dall’oblio dei secoli è riemersa anche la vicenda di Giulia Maiana, che viveva nell’odierna Lione. “Donna specchiatissima uccisa dalla mano di un marito crudelissimo”, la definisce l’epitaffio commissionato dal fratello Giulio Maggiore e da suo figlio Ingenuinio Gennaro. Anche di lei si sa poco, se non che fu sposata per 28 anni ed ebbe due figli che, quando fu ammazzata, avevano 18 e 19 anni. Una lunga casistica che contempla anche casi di rapine finite nel sangue, come la piccola e “sfortunatissima Giulia Restuta, uccisa a dieci anni a causa dei gioielli” che indossava. «Si tratta di tutte donne della classe media, le cui famiglie potevano permettersi almeno una piccola epigrafe» spiega Pasqualini. «Possiamo presumere tuttavia che nelle fasce più povere della società la situazione fosse ancora peggiore, visto che storicamente i comportamenti degli strati superiori si riflettono sempre all’ennesima potenza in quelli inferiori». Non mancano nemmeno casi di femminicidio che vedono protagonisti personaggi celebri o donne ricche, tanto da essere citati perfino dagli autori classici. E se nelle sue Confessioni Agostino di Ippona riferisce delle numerose donne che addosso “portavano segni di percosse che ne sfiguravano addirittura l’aspetto”, lo storico Tacito racconta negli Annali la storia di Ponzia Postumina, vissuta al tempo di Nerone, indotta “con ricchi doni all’adulterio” dal tribuno della plebe Ottavio Sagitta e poi ammazzata al termine di una notte di passione trascorsa fra “litigi, preghiere, rimproveri, scuse ed effusioni”. Riconosciuto col-

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pevole, Sagitta fu condannato per omicidio all’esilio su un’isola e dopo 13 anni - nel 70 dopo Cristo - poté rientrare a Roma grazie alla revoca del bando emesso nei suoi confronti. Chi invece scampò del tutto alla condanna - probabilmente grazie agli agganci politici - fu il retore Erode Attico (la vicenda è raccontata da Filostrato nelle Vite dei sofisti), che fece picchiare dal proprio liberto Alcimedonte la moglie Annia Regilla, colpevole

ai suoi occhi di chissà quale mancanza. La donna, all’ottavo mese di gravidanza, morì a causa di parto prematuro indotto dalle percosse ma Erode, portato in giudizio dal cognato Badua, fu assolto per insufficienza di prove. Una storia che ricorda da vicino quella di Poppea, moglie di Nerone, anche lei morta durante la

gravidanza a causa di un calcio in ventre sferratole dall’imperatore, che peraltro aveva già fatto uccidere la madre Agrippina e la prima moglie Ottavia. Continua a pag. 20


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donne

Se non il femminismo, cosa? Mia nonna è nata nel 1907 e morta nel 1998. Era una donna straordinaria, ma nei ricordi d’infanzia dei suoi figli era sempre cupa, severa, nervosa. Come darle torto? si è sposata a 19 anni, e in ventidue anni, mia nonna ha partorito undici bambini. Per fortuna c’era cibo sufficiente per sfamare tutti ma quando ha smesso di fare figli non è stato per sua volontà, ma perché giunta a 42 anni non era più così fertile. Una storia come questa a molti oggi potrebbe suonare folkloristica. Eppure, nel sud, in un paesino di campagna, dove le prime macchine sono arrivate negli anni ’60, dove nessuna donna si sarebbe mai sognata di indossare pantaloni, o di tagliarsi i capelli, dove si andava in chiesa rigorosamente con il velo in testa, una storia del genere era la norma. Mia nonna ha votato una volta sola in vita sua, giusto per dare il voto a mio nonno che si era candidato alle comunali del paesino dove vivevano. Sì perché prima del 1948 mia nonna non aveva il diritto di voto. Lei, come tante donne della sua generazione, non poteva viaggiare da sola se non con l’approvazione del marito. Se avesse tradito mio nonno, lui si sarebbe potuto vendicare uccidendola e cavandosela con un paio d’anni di carcere grazie al “delitto d’onore” che è stato in vigore in Italia fino al 5 agosto del 1981. Cos’è cambiato da allora ad oggi? Cosa ha permesso a milioni e milioni di donne di poter studiare, di poter lavorare, di poter far carriera, di poter decidere se e quando rimanere incinte? Cosa ci ha permesso di arrivare a parlare pubblicamente di sesso senza doverci vergognare? di discutere di contraccezione, di autodeterminazione, e anche di orientamento sessuale? La risposta è semplice: il femminismo. Con tutti i suoi limiti, i suoi errori, il femminismo ha cambiato questo paese, ha cambiato le donne, ma ha cambiato anche gli uomini. I miei nonni non permisero alle figlie femmine di studiare. Era la mentalità, era il contesto sociale. Ma a distanza di anni, mio nonno gioiva per i successi scolastici delle nipoti, e quando andavo a trovare mia nonna, ogni volta, mi chiedeva quando avrei fatto il prossimo esame all’università, perché avrebbe detto il rosario per me. Era il suo modo per sostenermi, e per chiedere scusa dell’errore commesso in passato. Eppure oggi, sembra che il femminismo sia diventato un ingombro del quale liberarsi, sembra ci si riferisca ad un movimento di donne incazzate col mondo, incazzate con gli uomini, e ossessionate dal fallocentrismo e dalla società patriarcale. E circolano frasi fatte tipo: “Non ho bisogno del femminismo perché non sono una vittima”, “Non mi serve il femminismo perché rispetto gli uomini”, “Non mi serve il femminismo perché mette le donne contro gli uomini”, “Non mi serve il femminismo perché se un uomo mi fa un complimento non lo considero un insulto”. “Il femminismo è quel pensiero che insegna a odiare gli uomini, farsi crescere i peli o darla al primo che capita”. Queste sono alcune delle motivazioni riprese da una certa Costanza Miriano autrice del libro “Sposati e sii sottomessa”. Bell’affare! Il vero problema, però, non è tanto se abbiamo ancora bisogno di femminismo. E’ l’ignoranza. Essere femministe, infatti, non vuol dire avercela con gli uomini, né mancar loro di rispetto, ancor meno professare la superiorità delle donne rispetto agli uomini. Forse non dovremmo più chiamarlo femminismo, perché l’epoca storica in cui è nato, in cui le donne sono scese in piazza e hanno urlato “l’utero è mio e me lo gestisco io”, è finita. Ma di sicuro, la parità tra i sessi è ben lontana dall’essere raggiunta. Sulla carta, uomini e donne hanno gli stessi diritti e degli stessi doveri ma noi donne continuiamo a gua-

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dagnare meno degli uomini. Nei Consigli di amministrazione la presenza femminile è solo del 15%. Un uomo può andare in giro per strada ad ogni ora del giorno e della notte senza troppi problemi, una donna, invece, deve sempre guardarsi le spalle. E il femminicidio fa strage. E allora, se non vogliamo più chiamarlo femminismo, di cosa abbiamo bisogno noi donne per raggiungere la tanto agognata parità? “Care donne che dite di non avere più bisogno del femminismo, la maggior parte di voi mi sembra essere giovane, bianca, mediamente attraente e normodotata. Ciò significa che ci sono aspetti dell’esperienza politica di essere donne che non avete ancora fatto, esperienze che potreste non fare mai”. Così scrive Laurie Penny, collaboratrice del New Statesman, in una lettera aperta che sta facendo il giro del web. “Avete interiorizzato il sessismo maschile - continua la giornalista inglese – e continuate a gettare fango sulle altre donne che stanno cercando di costruire un mondo più giusto e più libero per tutte noi. Rivediamoci tra 10 anni, io vi racconterò come va la lotta femminista e voi mi farete sapere che cosa il vostro anti-femminismo ha fatto per voi”. Laurie Penny ha solo 28 anni. È dunque alle sue coetanee che parla. Tra coetanee ci si può confrontare, capire, e non necessariamente andare d’accordo, senza che questo rappresenti un fallimento per l’una o l’altra parte. Perciò ha ragione Laurie Penny a premettere nel suo dialogo immaginario con le giovani donne che dicono di non avere bisogno del femminismo, che loro sono – ovviamente – del tutto libere di rifiutare il femminismo. E a sottolineare che questa bella libertà di essere anche pro o contro il femminismo è una conquista molto recente per le donne nella società occidentale che ha storicamente punito le donne per la loro “insolenza” e ancora lo fa. E questo è un merito del femminismo, anzi un “successo del femminismo” come scrive Monica Lanfranco sul suo blog. Continua a pag. 18


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(Mala)educazione e scuola

pedagogia

I mondi contrapposti di Emilio e Sofia Jean Jaque Rousseau li separò dedicando loro due libri ben distinti: “Emilio” e “Sofia” al preciso scopo di dare dignità pedagogica alla più antica e profonda ingiustizia sociale: il principio secondo il quale maschi e femmine devono ricevere un’educazione non semplicemente diversa ma contrapposta dimodochè l’esistenza stessa delle bambine sia subordinata e funzionale alla vita e al dominio dei maschi. E infatti, cari genitori e cari docenti, rispondete: perché se una bambina picchia è un “maschiaccio”? e perché se un bambino piange è una “femminuccia”? Perché le ragazze possono camminare mano nella mano e i ragazzi no? Perché si studia Gabriele D’Annunzio (un campione di maschilismo) e non Sibilla Aleramo (una vittima del maschilismo)? Perché se la mamma non ha un lavoro retribuito è normale ma se non ha un lavoro il papà, è una vergogna? Perché non si introduce nelle scuole l’educazione alla parità fra i generi? Parlare di femminicidio come atto estremo e conclusivo del fenomeno del sessismo, non può bastare a capire che cos’è il sessismo. E non basta invocare la prevenzione, tanto contro la violenza sulle donne quanto sul bullismo e l’omofobia: la prevenzione bisogna costruirla insegnando un’altra educazione civica. Perché gli stereotipi di genere sono la radice da cui ramifica la violenza sulle donne. E di stereotipi di genere sono zeppi i libri di testo destinati alla scuola di base. Lo dimostrano i numeri di una ricerca. Seguiteci. Protagonisti delle storie: 16 maschi ogni 10 femmine; professioni attribuite: 50 ai maschi e 15 alle femmine, aggettivi riferiti ai maschi qualificanti, aggettivi riferiti alle femmine squalificanti. Persino la collocazione spaziale dei personaggi è fortemente discriminatoria: i maschi viaggiano per mari isole boschi e deserti, le femmine al massimo si affacciano sul terrazzo o nel giardino di casa. Come dire che i testi scolastici non registrano nemmeno i cambiamenti sociali dei ruoli di genere per quanto lacunosi, timidi e insufficienti. E i pochi anti-stereotipi presenti sono perlopiù messi in luce negativa (la mamma che lavora e cucina solo surgelati…). Il più nocivo in assoluto, poi, risulta il sessismo linguistico del quale si occupò per prima, molti anni fa suggerendo l’introduzione di un profondo cambiamento nella lingua quotidiana, secondo le regole sistematizzate, la grande Alma Sabatini. Sessismo linguistico che, nel frattempo è stato ripreso e mostruosamente ampliato dalla tv. Le giovani hanno bisogno di modelli alternativi positivi. La stessa Convenzione di Istanbul ha chiesto agli Stati di introdurre l’educazione all’affettività negli ordinamenti scolastici. Dovunque in Europa è una realtà, in Italia ne siamo ancora ben lontani. Benché esistano esempi di autonomi progetti scolastici sul tema, è importante che ci sia una legge che faccia dei progetti un virtuoso modello nazionale. A scuola. Non sfugge a nessuno che l’emotività ricopra una parte consistente nello sviluppo della persona, soprattutto nella fase adolescenziale, quando si forma il carattere e si iniziano a fissare i comportamenti sociali. Conoscere le proprie emozioni, comprenderle e saperle affrontare consente inoltre un aumento delle capacità di comunicare e il potenziamento dell’apprendimento cognitivo. La petizione nazionale “Unoradamore” va attuata nelle

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scuole perché oggi gli stereotipi maschili e femminili invadono il quotidiano sia in ambito pubblico che privato e la scuola ha la possibilità di fornire gli strumenti per una lettura paritaria, per ristabilire un equilibrio delle immagini fornite dai mass media, massicciamente schiacciate sulla mercificazione del corpo femminile. Ne consegue che ragazzi e ragazze si abituano a una visione inflessibile dei ruoli sessuali, un’impostazione così assoluta da sfociare anche in forme di bullismo nei confronti di chi non rientra in questo

schema. Noi oggi abbiamo una grande possibilità, quella di fornire gli strumenti per un nuovo modello di cittadinanza. Sì, proprio oggi, che nella crisi e nell’esasperazione della precarietà avviene una decostruzione dei ruoli classici, familiari e sociali: le donne sono state sempre abituate a forme di precarietà, gli uomini no. E per la prima volta vivono una condizione che li avvicina. Da questo tragico corso della storia possiamo costruire nuove storie, dove la dignità e la parità costituiscono l’inizio di una nuova educazione civica. Chiediamo che la proposta sia discussa al più presto e che diventi quanto prima legge dello Stato. La violenza maschile sulle donne, l’omofobia, il bullismo e gli stereotipi di genere si combattono con l’educazione e la formazione sin da piccoli. Prima che sia troppo tardi. Il testo della proposta di legge: http://bit.ly/educazione-sentimentale


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Intervista al dott. Fulvio Giardina neo eletto presidente nazionale del Consiglio dell’Ordine degli Psicologi d’Italia

psicologia

alla base della crescita e dello sviluppo sociale. Bisogna dire alle donne, sin da quando sono ragazzine: “Al primo schiaffo, lascialo!”. Quando le donne impareranno a farlo, i femminicidi caleranno vertiginosamente. Bisogna assolutamente introdurre nelle scuole un’educazione DI Raffaella Mauceri in tal senso”. - Certo, e questo è particolarmente imUna voglia di potere che da millenni accompagna l’uomo e non accenna ad estinportante detto dal Presidente non più guersi. Una voglia di uccidere che sembra non finire mai. Una qualità della vita che dell’Ordine degli psicologi di Sicilia ma non cresce perché assolutamente nulla conta il progresso tecnologico se Caino continua dell’Ordine nazionale. Com’è accaduto? ad odiare Abele e soprattutto le donne e i bambini. Ultimo episodio, il femminicidio di “Sono stato candidato e poi votato da Canicattini dove ha perso la vita una mamma di soli 36 anni. E la tragedia continua… 14 su 22 grandi elettori, cioè i presidenti “L’assassinio di una donna corrisponde alla punta di un iceberg – dice il dott. Fulvio Giarregionali dell’Ordine che rappresentano dina, noto psicologo-psicoterapeuta – perché nasconde centinaia di episodi di percosse complessivamente poco meno di centoe di sottomissione violenta. Il problema è soprattutto culturale. mila professioniIn una società decisamente evoluta uomo e donna debbono consti nel settore. E’ vivere al di là della normale conflittualità. Invece si moltiplicano stato per me un gli episodi di sopraffazione e i bulli espongono su fb gli “scalpi” grande onore e un delle loro vittime. Purtroppo nel nostro paese, nelle nostre scuoprivilegio che mi le non c’è alcuna attività didattica mirata alla reale educazione alla ha molto emozioconvivenza e contro ogni tipo di violenza, non vi sono percorsi nato”. formativi per i genitori e per i docenti. - Un onore merita- E la regola è sempre la stessa: il più forte aggredisce il più detissimo e un onore bole. In più, paradossalmente, l’aggressore invece di riconoscersi anche per una città per quello che è, un emerito vigliacco, si ritiene coraggioso. del profondo sud “Le fasce più colpite infatti sono donne e bambini ma anche i dicome la nostra che sabili, per non parlare del razzismo. Sono problemi antichi e che adesso può vantaresistono nel tempo. E come se ci fossimo abituati al clima della re un presidente violenza: Accettiamo, e subiamo, le manifestazioni con tafferugli, nazionale…e scumorti, feriti e interventi della polizia; le manifestazioni sportive sate se è poco. Ma che degenerano nella violenza fra i tifosi delle due fazioni. Allo è vero che esiste stesso modo la conflittualità di coppia sfocia nella sopraffazione un abusivismo andel più forte che a livello muscolare, economico e sociale è l’uoche nella profesIl Dott. Fulvio Giardina mo”. sione dello psico- Insomma, c’è una violenza ad ampio spettro che investe tutte le categorie sociali e logo? E per cosa si spacciano gli abusivi? il sessismo è una delle tante espressioni violente della nostra società. Già, ma perché “Si spacciano per “esperti in psicologia” regrediamo? Come si spiega questa involuzione nella gestione delle relazioni umane? che non significa nulla. In altre parole, “Perché la nostra società tende non alla condivisione dei problemi e della loro solunon esistono, ad esempio, gli esperti in zione ma alla privatizzazione di ogni e qualsiasi cosa. In altre parole ognuno tende a medicina, ma i medici, e non esistono preoccuparsi del suo piccolo, del suo privato, del suo tornaconto. Ed è chiuso agli altri. gli esperti in ingegneria, ma gli ingegneMentre invece l’evoluzione si fonda sulla condivisione e sulla cooperazione per il bene ri. Certo, l’abusivismo esiste anche nel collettivo”. nostro settore, ma viene prontamente - Beh, basti pensare alla massa enorme ed informe dei nostri politici ladri e corrotti. denunciato. E comunque non è l’abusiviBasti pensare alla devastazione ambientale dell’intero pianeta. Basti pensare alle donne smo che impedisce alle istituzioni di dare che muoiono assassinate dopo sette denunce... incarichi agli psicologi. C’è una disin“ Le donne muoiono assassinate perché a volte non hanno credibilità presso le istituformazione che spinge a considerare lo zioni, non hanno cioè quel potere contrattuale che generalmente caratterizza l’uomo.” psicologo come un lettore della mente, - Un sessismo particolarmente pronunciato in Italia, dove due dati paralleli dovrebbero e a temerlo. In realtà la presenza degli far riflettere: gli uomini sono ai vertici di tutte le istituzioni e il nostro paese detiene il psicologi in Italia ha contribuito, diretprimato europeo dei femminicidi. tamente e indirettamente, ad elevare la “ Infatti questo denota la mentalità “provinciale” che caratterizza il nostro paese. La qualità della vita e a migliorare gli stili di stessa nostra lingua che è parlata solo in Italia, è un ostacolo alla nostra crescita cultuvita”. Ed è ora che una società civile ne rale, in quanto non si attiva quel necessario confronto con gli altri paesi europei che è sia consapevole.

Nessuna evoluzione dove c’è sessismo

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sanità

Campus estivo per ragazzi autistici A CURA DEL CAPUFFICIO STAMPA ASP Dott.ssa AGATA DI GIORGIO

Lo scorso 30 giugno per dieci minori con disturbo autistico dai 6 ai 17 anni è partito il Summer Camp Aita, ospitato gratuitamente nella struttura sportiva Sun Club di Siracusa. I ragazzi sono affiancati da operatori specializzati in un rapporto di 1 a 2. Il team interamente composto da professionisti della psicopatologia dell’età evolutiva, è supervisionato dal dirigente medico Rio Bianchini, neuropsichiatra del Servizio di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Asp 8, il quale, con il supporto della psicologa Corrada Di Rosa, coordinatrice del programma, segue l’andamento del campus. “Sono entusiasta – afferma il direttore generale dell’Asp di Siracusa Salvatore Brugaletta – per questa iniziativa lodevole che ha permesso ai piccoli pazienti di divertirsi relazionandosi con i coetanei, presupposto indispensabile per un iter di cure sia sanitarie che socio-riabilitative. Diverse le attività nelle quali sono stati impegnati giornalmente i ragazzi, dal calcio al nuoto al gioco libero e strutturato, ognuna delle quali diventa sempre più un’occasione organizzata ma allo stesso tempo dinamica, per interagire e socializzare, per bambini e ragazzi che, proprio a causa della patologia autistica, sperimentano difficoltà specificamente nell’area della comunicazione e della relazione”. Le prime tre settimane di attività – dichiara Roberto Cafiso coordinatore del Dipartimento Salute Mentale - hanno permesso di sperimentare diverse occasioni di condivisione dando origine a nuove relazioni. Il successo dell’iniziativa è testimoniato dalla soddisfazione dei genitori e dalla costante partecipazione dei minori che si trovano ogni giorno a vivere esperienze certamente nuove e costruttive, non solo per i ragazzi con disturbo dello spettro autistico, ma anche per i bambini e i ragazzi a sviluppo tipico per i quali giocare e interagire con coetanei che vivono una situazione di disagio rappresenta un’importante occasione per comprendere quanto possa essere possibile e del tutto naturale stare insieme oltre le diversità. L’idea del campus estivo e dell’integrazione, sdogana il concetto di ineluttabilità ed isolamento di certe condizioni psichiche tipiche dell’infanzia”. Progetto Aita è un’associazione onlus che dal 2001 si occupa di favorire l’integrazione tra i bambini affetti da patologia neuro-comportamentale e bambini a sviluppo atipico attraverso lo sport e le attività ludiche effettuando, inoltre, un’opera di sensibilizzazione sul territorio affinché la visibilità e una migliore conoscenza della psicopatologia dell’età evolutiva vincano i pregiudizi ad essa purtroppo ancora legati. Per questa ragione Aita organizza ogni anno campi estivi rivolti a bambini con disturbi comportamentali in varie città italiane, fra le quali Catania, Roma, Milano, Napoli, Bari e, da quest’anno, grazie all’intervento del servizio di Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza dell’Asp 8 diretto da Paola Iacono, anche a Siracusa. il Corriere delle Donne Edizioni La Nereide di Raffaella Mauceri Autunno 2014

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Intervista a Rosaria Favatella A.U. Belli e Sorridenti “Ecco come facciamo risparmiare i pazienti”

sanità

Parola d’ordine: spending review DI RAFFAELLA MAUCERI

Lo avete sentito? Gli italiani non hanno più i soldi nemmeno per curarsi. E rinunciano alle cure. Perfino a quelle più importanti e necessarie, soprattutto se hanno costi proibitivi, come quelle di certi odiosi dentisti che sembrano fatti apposta per scuoiare vivi i malcapitati pazienti. E fossero bravi, almeno! Invece no, alcuni sono degli emeriti asini che li rovinano sia a livello di bocca che a livello di tasca. Ma dove sono in Italia le cliniche dentali del Servizio Sanitario Nazionale? La mutua offre ben poco in questo settore della sanità: qualche otturazione (ancora col mercurio!), qualche estrazione e la dentiera mobile di quelle che la sera le metti sul comodino come ai bei tempi antichi. Ed è così che ci si vede costretti a rivolgersi al privato… con tutto quel che segue stante che il tariffario nazionale non è mai riuscito ad infrenare la cupidigia di certi dentisti senza scrupoli e alzi la mano chi non ne ha conosciuto almeno uno. “Ecco perché ad un certo punto abbiamo capito che era giunta l’ora di fare cambiamenti radicali: perché non potevamo perdere la fiducia dei pazienti che ormai ci vedevano come delle perfette sanguisughe”. Testuali parole di Massimo e Rosaria, lui direttore e lei amministratore unico della clinica dentale “Belli e sorridenti” che, in controtendenza con lo svuotamento progressivo di tanti studi odontoiatrici, registra quotidianamente il tutto esaurito. Come fa? Ecco la strategia in tre punti-chiave: Punto primo. “Se un dentista vuole lavorare bene non deve risparmiare sulla qualità dei materiali e sulla professionalità dell’équipe, ma sui tempi morti. Proprio per questo noi abbiamo investito nell’odontoiatria digitale 3D che permette di accelerare moltissimo i tempi alzando anche il livello della qualità. Inoltre se devo fare sei cure-carie, non faccio venire il paziente sei volte con grande spreco di tempo lavorativo, disinfezione, sterilizzazione, anestesia e quant’altro. Le accorpo in un’unica seduta perché so che, al netto, la cura di ogni singola carie richiede 5-10 minuti. Il risparmio complessivo è enorme. Aggiungo che noi siamo in grado di eseguire anche una terapia riabilitativa di tutta la bocca con la tecnica “Implantologia Computer Guidata 3D” con la quale, se ci sono le condizioni, in 24 ore il paziente esce con una protesi fissa in bocca”. Ed è così che sono entrati in declino i viaggi di comitiva per la Romania dove il “trucco” delle cure-carie accorpate a cinque-sei-dieci per volta, e la tecnica “in 24 ore” lo hanno scoperto assai prima di noi. Punto secondo. “Usare strategie di marketing per avere dalle aziende sconti particolari e metodi di pagamento vantaggiosi. Per gli impianti, per esempio, che sono gli interventi odontoiatrici più costosi, noi abbiamo scelto l’americana BioHorizons, che dà al paziente il certificato di garanzia a vita nel senso che, essendo presente in ogni paese del mondo può dargli assistenza praticamente ovunque, e inoltre, se l’impianto non dovesse andar bene, si impegna a cambiarlo interamente. La serietà di quest’azienda ci ha convinti a stipulare una convenzione grazie alla quale la BioHorizons ci pratica costi ridotti ed in più la nostra clinica è diventata sede di numerosi corsi e congressi internazionali di chirurgia implantologica. - A proposito, ma perché vi chiamate clinica e non studio o ambulatorio? “La differenza è questa: la clinica ha un’équipe completa. Noi ci avvaliamo della collaborazione di molti specialisti: l’implantologo, l’endodontista, il protesista, l’ortodontista, il chirurgo, l’odontotecnico, l’odontotecnico digitale, l’igienista, lo gnatologo, l’anestesista, il chirurgo plastico ed estetico. In più abbiamo una receptionist, una segretaria, una direttrice e le assistenti dentali. Punto terzo. E qui viene il bello. “Il dentista deve cambiare stile di vita, deve rinunciare al superfluo e ridurre le tariffe. Non solo perché i pazienti che possono permettersi di pagare prezzi stellari sono sempre di meno ma soprattutto perché è più corretto, più umano, più etico nei confronti di chi a stento riesce a sbarcare il lunario o addirittura non

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ci riesce più. Anch’io una volta avevo la Porsche, avevo la villa e avevo la barca… Altri tempi. Adesso tutti quanti siamo tenuti ad adeguarci alle attuali condizioni di diffusa difficoltà economica. E i dentisti non dobbiamo fare eccezione”. “Contrariamente a quel che può sembrare, la bocca è una parte molto intima della persona – dice la signora Rosaria con sensibilità tutta femminile – Spalancarla ad uno sconosciuto e lasciare che vi entri con le mani e con diversi strumenti, per molte persone e soprattutto per le donne è una sofferenza a prescindere”. - E che dire della paura storica del dentista che un tempo ti faceva ululare di dolore? “Infatti, la prima cosa che devono imparare le nostre collaboratrici (sono quasi tutte donne) è che questa è una clinica “no stress”, che il paziente è come un bambino spaventato e deve essere rassicurato e coccolato per esorcizzare la paura, dimenticarla e affidarsi a noi”. Questa puntata finisce qui. Nella prossima parleremo di prevenzione e ortodonzia. Perciò diamo appuntamento ai bambini ai quali la clinica dentale Belli e Sorridenti riserva una giornata tutta per loro: “La giornata della fatina”. In che cosa consiste? Lo scoprirete a dicembre insieme a Babbo Natale. Preparate le campanelle!


Continua da pag. 11 - Se non il femminismo, cosa?

donne

C’è però un discorso nella lettera di Laurie Penny che non convince. Quello che si può riassumere con il messaggio alle giovani: se solo vi guardaste intorno vedreste quanta violenza e quanta discriminazione subiscono ancora le donne, e voi stesse in futuro – quando sarete vecchie e non più attraenti, o se mai sarete violentate o se vorrete abortire – vi accorgerete che del femminismo c’è bisogno eccome, e ne avrete bisogno anche voi. Il femminismo è dunque una faccenda di donne anziane o brutte, molestate o picchiate, discriminate sul lavoro o trattate come oggetti? Non ha niente da dire a chi non vive – o non sente di vivere – sulla propria pelle né la discriminazione né la violenza? A chi dice «non ho bisogno del femminismo perché mi sento sufficientemente forte da sola»? Non c’è dubbio che il perdurare dell’oppressione delle donne, in forme anche brutali, in larga parte del globo terrestre sia una motivazione per continuare a lottare. E tuttavia questa ricerca, questa postura verso di sé e nella relazione con l’altro e l’altra – non un modo d’essere ma un divenire – questo che è per me l’essere femminista, ha anche radici più profonde nel vivere. Riguarda il divenire se stesse – divenire soggetto – nel rapporto con istituzioni sociali, forme culturali, sistemi di rappresentazioni plasmate nei secoli senza di noi, dal potere maschile, verso cui esercitare la propria autodeterminazione. E in quanto tale riguarda tutte. Nel suo ultimo saggio su Carla Lonzi (Con Carla Lonzi, Ediesse 2014), Maria Luisa Boccia ricorda come per il gruppo Rivolta Femminile, negli anni ’70, non si trattasse di proporre modelli di vita da adottare, non di confutare ideologicamente le concrete scelte di vita, e ancor meno di sottovalutare le motivazioni e persino l’imperativo sociale all’emancipazione. Il problema, per dirla con le parole della stessa Lonzi, è “riconoscersi come esseri umani completi, non più bisognosi di approvazione da parte dell’uomo”. Il senso profondo dell’essere femministe è questo. E se c’è bisogno di reinventare un linguaggio perché si possa uscire dallo stereotipo e riscoprire un femminismo capace di parlare a tutte, reinventiamolo. (tratto da un blog).

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fisioterapia

sanità

Cervicalgia un dolore invalidante DI Giusy VALVO giusyvalvo@hotmail.it

Il termine cervicalgia definisce un generico dolore al collo di durata ed intensità variabile. Può presentarsi improvvisamente in maniera acuta o insorgere lentamente. In entrambi i casi condiziona molto i movimenti del collo provocando anche nausee, vertigini, ronzii auricolari, formicolio, dolore e debolezza al braccio e alla mano. Le principali cause di cervicalgia sono: posture scorrette (specie durante il sonno o il lavoro), sbalzi di temperature, sedentarietà e somatizzazione dell’ ansia e dello stress. La cervicalgia acuta è causata invece da colpi di frusta, ernie cervicali, scoliosi e spondilolisi. Il dolore da cervicale avviene perchè nella zona interessata vi è tensione muscolare, questa rende la parte dolente facendo aumentare la contrazione muscolare, creando così un circolo vizioso “dolore-tensione-dolore” che si autoalimenta. Questa eccessiva contrazione muscolare è causata dalla scarsa ossigenazione, poiché l’ossigeno arriva al muscolo attraverso il sangue solo se esso effettua un’azione di pompaggio quindi contraendosi e rilasciandosi. Se il rilasciamento non avviene i capillari si chiudono riducendo l’ ossigenazione e favorendo così la comparsa del dolore. Le terapie adatte al dolore cervicale sono prevalentemente fisioterapiche e devono

favorire i rilasciamento. Fra queste molto efficace è il massaggio, lo stretching e la ginnastica posturale. Efficace è anche la laser-terapia, tecar, e le correnti antalgiche. Nei casi più dolorosi

vengono usati anche antidolorifici e miorilassanti. Importanti è capire quale sia la causa del dolore cervicale per arrivare a raggiungere un buono stile di vita.

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continua da pag. 9 - Femminicidio e stalking nell’antica Roma

donne

Su alcuni aspetti, però, la società romana era assai più avanzata della nostra. E se la Repubblica italiana ha dovuto attendere fino al 1970 per vedere l’introduzione del divorzio, nell’antica Roma bastava che uno dei due coniugi dichiarasse conclusa la “affectio maritalis” (la volontà di essere sposati) perché il matrimonio venisse sciolto. Circostanza ricorrente nelle classi agiate, come mostrano i casi di molte donne cantate da poeti - dalla Lesbia di Catullo alla Cinzia di Properzio - che cambiavano marito a ogni piè sospinto ed erano molto libere. Anche sessualmente, come mostra il caso di Eppia, moglie di un senatore dell’età di Nerone che - racconta Giovenale - lasciò la famiglia e fuggì con un gladiatore di cui si era innamorata. Le donne ricche infatti non avevano peso politico né diritto di voto ma dal punto di vista economico erano abbastanza privilegiate: potevano ricevere eredità proprio come gli uomini e possedere beni in proprio, anche se avevano bisogno di un tutore maschio. Sebbene, con vari escamotage, riuscissero ad avere una quasi completa libertà d’azione. E se in epoca repubblicana l’ideale muliebre prevedeva che la donna si limitasse a badare alla casa, ad allevare i figli e a dedicarsi al lavoro della lana, in età imperiale acquisirono margini di autonomia abbastanza ampi, tanto che durante il principato di Augusto c’erano anche quelle che esercitavano l’attività di avvocato. Insomma, una società in cui la violenza era incomparabile rispetto ai nostri standard ma anche così evoluta da prevedere - a partire dal II secolo avanti Cristo - una legge per perseguire il corteggiamento troppo insistente: si chiamava edictum de adtemptata pudicitia e a suo modo può essere considerato l’antenato dello stalking. Un reato meno grave, però, se la vittima era una schiava, vestiva come tale o come una prostituta (a

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prescindere se lo fosse effettivamente). Segno, osserva Pasqualini, che già in epoca romana la presunta provocazione femminile dovuta all’abbigliamento costituiva per l’uomo quella discolpa che ancora oggi viene invocata (e a volte riconosciuta) nei tribunali. D’altronde di che meravigliarsi, se fino al 1981 il codice penale in Italia ancora riconosceva delle attenuanti al delitto d’onore?

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