Corriere primavera 2014

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il Corriere delle Donne PRIMAVERA 2014 | n. 86

Edizioni LARaffaella NEREIDE Mauceri

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TRIBUNALE DI SIRACUSA - REGISTRAZIONE N. 16 DEL 07/09/92 - P. IVA 00959430893 MARCHIO DEPOSITATO UFFICIO MINISTERIALE BREVETTI E MARCHI N° 0001075124 06/11/2007

Dai forza a questo giornale! Dai forza alle donne!

Sommario

Uomini, passate dalla nostra parte! . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Oggi l’otto. Anche domani. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Le femministe odiano gli uomini? Ah ah ah ah… . . . . . . . . . . . . . 7 L’archetipo della Grande Madre . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Le madri della costituzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 Inserto Rete Centri Antiviolenza Lettera aperta alla Rete Nazionale dei Centri Antiviolenza . . . . . . . . . 17 Risposta della Rete Nazionale dei Centri Antiviolenza . . . . . . . . . . 18 L’intervento all’ARS della Rete Antiviolenza di Siracusa. . . . . . . . . . 19 Quadro statistico della Rete anno 2013. . . . . . . . . . . . . . . 20 Secondo Corso base di Criminologia . . . . . . . . . . . . . . . . 21 La vera storia della legge regionale 3/12 . . . . . . . . . . . . . . . 22 Sono una psicologa “antiviolenza”. . . . . . . . . . . . . . . . . 23 “La legge è sovrana” disse il Sindaco Garozzo . . . . . . . . . . . . . 24 Flash dal mondo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 La lezione di Mujica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Concorso letterario “Inchiostro e anima” . . . . . . . . . . . . . . 29 Corso di formazione GLBT.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 Autismo, l’ASP in campo con salienti iniziative . . . . . . . . . . . . . 33 Morte agli atei in nome di dio . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 Prove scientifiche della superiorità femminile . . . . . . . . . . . . . 37 Italia: un paese ignorante e “maleducato”. . . . . . . . . . . . . . . 39

direttora responsabile

Raffaella MAUCERI

IN QUESTO NUMERO LE FIRME DI:

Giada BARUCCO Margherita CANNATA Agata DI GIORGIO Alfonso NICITA

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE

Via Acquaviva Platani, 12 - 96100 Siracusa Tel. 0931 492383 - Fax 0931 1846186 Cell. 347 7758401 E-mail: lanereide.edizioni@gmail.com Sito: www.lanereide-edizioni.it REalizzazione e stampa

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NEREIDE il Corriere delle Donne Edizioni LARaffaella Mauceri

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a t t ua l i t à | sc i e n z e | cu l t ura | o p i n i o n i È l’unica rivista femminile di questa provincia ed oltre. Una rivista lussuosa, colta e prestigiosa che: • • • •

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Mascali Via Maestranza, 20 Tel. 0931 65186 Servizi Sociali Comunali (C.D.Q.) Ortigia V. Minerva, 5 Tel. 0931 461583 - Fax 64425 S. Lucia Via Caltanissetta Tel. 0931 445654 Neapolis V. Garigliano, 16/A Tel./Fax. 0931 21131 Epipoli Via M. Lauro, 2 Tel. 0931 740217 - 711893 - Fax 711100 Grottasanta Via Barresi, 2 Tel./Fax 0931 783683 Tiche Via Italia, 30 Tel./Fax 0931 492218 Via Italia 105 Tel. 0931 781300 Fax 0931 783697 Cassibile Via Nazionale, 85 Tel./Fax 0931 718368 Akradina Viale Zecchino, 118 Tel. 0931 415428 Belvedere V. Papiro, 56 Tel./Fax 0931 711100 Tribunale di Siracusa Caserma Carabinieri Questura Polizia Municipale Farmacie diurne e notturne Angelo Custode via Custode, 6 Priolo Tel. 0931 769260 Arezzi via Giusti, 129 Floridia Tel. 0931 941466 Bongiovanni viale Teracati, 156 Tel. 0931 413884 Brunetto via Ariosto, 5 Floridia Tel. 093 941180 Caruso Salvatore via N. Grotticelle, 25/D Tel. 0931 414853 Cassaniti via D’Agostino, 44 Floridia Tel. 0931 544358 Cataldi viale Teocrito, 114 - Tel. 0931 60921

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Catania via Ariosto, 137 Floridia Tel. 0931 941421 Centrale via Maestranza, 42 - Tel. 0931 65320 Ciulla via Algeri, 65 - Tel. 0931 784086 Dei Comuni v.le dei Comuni, 7 - Tel. 0931 754811 Del Popolo via Archia, 32 - Tel. 0931 66164 Di Luca via Indipendenza, 22 Belvedere Tel. 0931 744955 Di Vincenzo via Palestro, 182 Priolo Tel. 0931 769250 Euripide piazza Euripide, 5 - Tel. 0931 60433 Favara v.le Scala Greca, 300 - Tel. 0931 757060 Fichera corso Gelone, 91 - Tel. 0931 66598 Fontane Bianche via dei Lidi, 513/C Tel. 0931 790266 Formica Magro Città Giardino Tel. 0931 745360 Gibiino via Roma, 81 - Tel. 0931 65760 Giuliano c. V. Emanuele, 306 Floridia Tel. 0931 941542 Grottasanta via Grottasanta, 69 Tel. 0931 30488 La Madonnina corso Gelone, 1 Tel. 0931 66428 Li Destri via Nazionale, 177 Cassibile Tel. 0931 718533 Lo Bello corso Regina Margherita, 16 Tel. 0931 65001 Lupo v.le Teocrito, 31 - Tel. 0931 67701/67700 Mangiafico c.so Matteotti, 53 - Tel. 0931 65643 Nigro v.le Scala Greca, 311 - Tel. 0931 754588 Pappalardo Epipoli, 180/B Belvedere Tel. 0931 740513 Paravizzini via Piave, 57 - Tel. 0931 69910 Piazza viale Tica, 56 - Tel. 0931 32880 Riggio via Cannizzo, 14 - Tel. 0931 705418 Rizzo viale S. Panagia, 204 - Tel. 0931 758044 Santa Panagia v.le S. Panagia, 92 Tel. 0931 750042 Tisia via Tisia, 56 Tel. 0931 33020 Turco via Monteforte, 11 - Tel. 0931 701933 Valvo largo XXV luglio, 6 - Tel. 0931 67670 Vitale via Mostringiano, 11 Priolo Tel. 0931 760755 Zecchino v.le Zecchino, 199 - Tel. 0931 783384 Ospedali, cliniche guardie mediche consultori


editoriale

Uomini, passate dalla nostra parte! DI RAFFAELLA MAUCERI DIRETTORA

Cara giovane amica, quando ero ancora una liceale pensavo anch’io, come te, che “ci sono donne orribili e uomini meravigliosi e viceversa”, alla pari, e che non c’era altro da aggiungere. Poi mi sono accorta che nella grammatica italiana, le donne sparivano dentro il maschile universale e non contavano nulla, che la storia che ci facevano studiare a scuola altro non era che un infinito susseguirsi di guerre e che queste guerre le scatenavano gli uomini: guerre convenzionali, guerre nucleari, guerre batteriologiche, guerre preventive (?) guerre umanitarie (?) tutte con il solito corollario di genocidi, deportazioni, torture, schiavitù, epurazioni e così via. E alle donne non restava altro che piangere i figli morti in queste guerre il cui unico scopo, ripugnante, era quello di far prevalere la paranoia di un uomo sulla paranoia di un altro uomo. Mi sono accorta che i vari Hitler, Stalin, Pol Pot, Saddam Hussein, ecc… non hanno corrispettivi femminili giacché in quasi tutti i paesi del mondo il governo politico/economico è in mano agli uomini e qualunque forma di governo essi abbiano pensato e sperimentato nei secoli è puntualmente fallita: dittatura, monarchia assoluta, monarchia costituzionale, democrazia, repubblica parlamentare, repubblica presidenziale, socialismo, comunismo… non c’è formula che riesca a garantire un governo onesto, equilibrato, intelligente, né un minimo di giustizia, di umanità, di pace e di benessere per tutti. Mi sono accorta che in ogni angolo del mondo a qualunque ora esci di casa e pure dentro casa, in qualunque modo ti vesti, qualunque età hai e qualsiasi corpo e faccia possiedi, è sufficiente che tu sia una donna per essere costantemente a rischio di aggressione, molestie e stupro; che dovunque gli uomini pretendono la prostituzione come un servizio sociale e che le prostitute vengono doppiamente sfruttate dai cosiddetti clienti che le usano come latrine e dai magnaccia che ci guadagnano sopra, per non parlare di quelle trafficate come schiave e carne da macello, uccise e gettate nelle discariche. Mi sono accorta con orrore, che (lo dicono le statistiche dell’Onu) il 60% delle donne nel mondo subisce maltrattamenti dagli uomini che amano e che ogni 8 minuti nel mondo muore una donna uccisa da un uomo. Mi sono accorta che le religioni istituzionalizzate sono tutte fondate e gestite dagli uomini e che spesso, lungi dall’essere luoghi di elevazione spirituale, sono luoghi di potere e portatrici di fanatismo, persecuzione, torture e guerre ovviamente “sante” (?), che vi si stuprano i bambini e che sono autentiche scuole di misoginia e sulla misoginia si ricompattano fraternamente tutte. Mi sono accorta che il gap nello status sociale delle popolazioni è così colossale che un terzo dell’umanità muore di stenti e un altro terzo, invece, deve mettersi a dieta. Mi sono accorta che a partire da Caino che uccide suo fratello Abele, il delitto è sempre stata una specialità dei maschi i quali non a caso hanno inventato infinite armi che non a caso (dalla clava, al pugnale, alla pistola e via via fino al missile nucleare) riproducono la forma fallica; che provocano il 99% degli incidenti stradali mortali, che si mettono alla guida ubriachi e drogati e fanno strage di innocenti, che hanno trasformato gli stadi in campi di battaglia, che maltrattano, sfruttano e torturano gli animali, che li uccidono anche per sport e per mero divertimento,

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compresi quelli a rischio di estinzione; che praticano l’incesto su vastissima scala, che in certi stati lo hanno addirittura legalizzato “sposando” (?!) bambine di sei, sette anni e stuprandole a morte. Mi sono accorta che con gli incendi, il disboscamento selvaggio, l’inquinamento generalizzato, lo spreco delle risorse, il nucleare, la radioattività (lo sapevate che l’oceano pacifico è tutto radioattivo?) e così via, gli uomini hanno provocato il buco nell’ozono, l’effetto serra e il conseguente scioglimento delle calotte polari che a sua volta provocherà l’inondazione di tutte le terre emerse. Mi sono accorta che il 96% della popolazione carceraria mondiale è di genere maschile e ho capito che c’è una parte sana di uomini i quali essi per primi non ne possono più della spaventosa violenza maschile, che stimano le donne, che si alleano con le donne e che (esclusa quella piccola parte di donne imbecilli che scopiazzano i maschi peggiori diventando orrende come loro) pregano e sperano che le redini di questo pianeta passino alle donne perché pensano che le donne siano l’ultima speranza di salvare dal baratro finale questa umanità ormai alla deriva. Non so se tutto questo possa bastare per credere che le donne sono moralmente superiori agli uomini e non mi interessa minimamente dimostrarlo. Mi limito a guardare la realtà e siccome sono una donna, cerco anch’io come tutte di non trovarmi mai in una situazione “a rischio”, stante che tutte sono costrette ad avere paura degli uomini. E dunque come si fa a non capire che è necessario essere solidali fra donne e, tutte insieme, difendersi dalla violenza strutturale e personale che viene inflitta al nostro genere? Adesso finalmente si è aperto un “varco” nel muro dell’omertà maschile e sono molti gli uomini che scelgono di stare dalla nostra parte e, con grande sensibilità e profondo rispetto, entrano in punta di piedi nei nostri spazi per aiutarci in questa battaglia epocale contro gli uomini-Caino. Auguriamoci dunque che diventino sempre più numerosi e, insieme a noi, dicano basta a questo inferno!


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La conferenza della Fiorensoli sarà preceduta da una breve presentazione della Presidente della Rete, Raffaella Mauceri, e dall’intervento della deputata nazionale On. Avv. Sofia Amoddio la quale, in qualità di avvocato e di parlamentare, illustrerà i provvedimenti che nel corso delle legislature parlamentari hanno garantito la tutela dei diritti delle donne e della famiglia, non ultima la legge sulla violenza di genere. Si ringraziano le illustri ospiti per avere accettato di celebrare l’8 marzo con la nostra Rete, celebrazione che vuole essere un momento di orgoglio femminile e che sarà allietata da alcuni brani musicali per la splendida voce di Lucia De Luca.

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femminismi

Le femministe odiano gli uomini? Ah ah ah ah… Il femminismo come movimento nasce all’inizio del ’900 come reazione a una società patriarcale, in cui sono considerati individui e cittadini solo gli uomini. L’obiettivo della parità equivaleva pertanto a porre le donne sullo stesso piano, in quanto a diritti, degli uomini. Il nome femminismo continua ad essere utilizzato per Scendi dal podio / 1 designare il movimento che vuole dare attuazione pratica al principio dell’antisessismo, sia per la continuità con le radici storiche dell’emancipazione femminile (le battaglie delle suffragette e quelle per i diritti civili negli anni ’70) sia perché, di fatto, Esistono donne che odiano le donne, la battaglia del femminismo contro il patriarcato non è ancora conclusa e le donne che hanno aderito alla mentalità sessista si trovano ancora ad essere fortemente discriminate dalla società. Il femminismo ha della cultura patriarcale, ma le femminicome obiettivo una società libera ed egualitaria in cui non solo siano garantiti pari diste non sono sessiste, e queste donne ritti e pari opportunità ad ogni persona, indipendentemente dal suo sesso e/o dal suo sessiste non renderanno noi femministe orientamento sessuale, ma ognuno abbia anche la possibilità di realizzarsi ed esprimeno femministe in alcun modo; anzi, mersi liberamente, senza essere confinato in stereotipi e condizionamenti in base al di fatto, ci spingono ad esserlo di più, sesso, mentre l’anti-femminismo consiste essenzialmente nel mettere l’uno contro perché le femministe combattono il l’altro i sessi. Le femministe perseguono la parità dei sessi. Le femministe non odiano sessismo, sia che provenga dagli uomini gli uomini. Le femministe odiano i violenti. che dalle donne. Il Ma il definirci, il riconoscerci come femministe oggi ci attira singolo fatto di più odio di ieri. Siti maschilisti e misogini compiono attacchi sisteessere donna non matici nei nostri confronti, clonando i blog e le pagine Facebook rende nessuna di più seguite per diffondere i loro messaggi di odio; molto spesso noi né migliore noi veniamo insultate in virtù del nostro genere, in virtù della né peggiore, di per causa per cui stiamo combattendo. Gli insulti che ci rivolgono sé. “Femminista ci attaccano come donne, non per le nostre idee: troia, racchia, sessista” è un osputtana, lesbica, zitella acida, cessa inchiavabile, e così via. Lo stesimoro. Solo perreotipo della femminista ci vede come donne sessualmente reché alcune donne presse, rese acide verso gli uomini perché ignorate o disprezzate che si definiscoda loro, che cercano di vendicarsi sottomettendoli. Le nostre no femministe si opinioni, spesso, sono ridicolizzate o ignorate: se protestiamo comportano in Alcune racchie femministe contro la mercificazione della donna, ci chiamano moraliste; se modo sessista, ciò vogliamo una sessualità libera, ci chiamano troie; se abortiamo, ci chiamano assassine; non significa che smetteremo di chiase vogliamo partecipare alla vita politica, siamo sommerse di battutine che insinuano marci femministe. Noi combattiamo le che il nostro posto è in cucina; quando facciamo notare le discriminazioni e le violenze donne sessiste, come facciamo con gli che le donne subiscono, stiamo facendo le vittime; se vogliamo lavorare, siamo delle uomini sessisti. L’unica differenza sta madri snaturate; se restiamo a casa in maternità, stiamo “facendo le furbe”. nelle ragioni per cui gli uomini e le donNoi sentiamo il bisogno di lottare contro questo stereotipo e questo odio, affinché ne sono sessisti: i primi per difendere lo la nostra voce sia ascoltata, affinché la società non possa semplicemente fare finta status quo, la loro posizione di superioche le discriminazioni, la violenza di genere, il femminicidio, l’omofobia, la mentalità rità e privilegio, le seconde perché hanmaschilista e misogina non esistano. E quando lo facciamo, quando reagiamo, quando no interiorizzato la cultura patriarcale non restiamo in silenzio, quelle persone che odiano il femminismo ne approfittano come “naturale” e “normale” e, pur per confermare il loro pregiudizio fuorviante secondo cui noi odiamotutti gli uomini. essendone relegate in posizione di infeGli stessi uomini che odiano il femminismo perché sono convinti che noi femministe riorità, percepiscono quel ruolo come odiamo gli uomini cercano con ogni mezzo di farci reagire con aggressività nei loro quello che spetta loro e non sentono il confronti per dimostrare di avere ragione. Ma ciò non significa, di nuovo, che noi bisogno di cambiare le cose. odiamo gli uomini che non si comportano in questo modo sessista e misogino, solo per il loro essere uomini. Il femminismo non riguarda solo le donne: gli uomini sono “Tutte le persone che non sono cieche limitati dai condizionamenti imposti dalla cultura patriarcale nella stessa misura, e in a causa di pregiudizi, sono femministe”. modo speculare, a come lo sono le donne (ne ho parlato in La battaglia del femminismo Adolfo Posada 1899 contro il patriarcato e Patriarcato e identità maschile). il Corriere delle Donne Edizioni La Nereide di Raffaella Mauceri Primavera 2014

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antropologia

L’archetipo della Grande Madre DI ALFONSO NICITA

Parlando di Archetipo non possiamo che riferirci ad Jung, iniziamo quindi con alcuni concetti generali che ci aiuteranno a comprendere: Jung da’ grande rilievo ai fondamenti filogenetici della personalità dell’individuo quale prodotto e sintesi della sua storia. Le esperienze delle generazioni passate hanno concorso a forgiare e modellare la forma attuale dell’uomo moderno. Rivediamo alcune definizioni Junghiane: INCONSCIO COLLETTIVO: è il deposito di tracce mnestiche latenti, provenienti dal passato ancestrale dell’uomo, è comprensivo della storia della razza umana, si tratta di predisposizioni che ci portano a reagire alle richieste del mondo quando è possibile proiettare determinanti particolari.

Scendi dal podio / 2

Inno a Iside

L’ANIMUS e l’ANIMA: sono, rispettivamente, la parte maschile della donna e la parte femminile dell’uomo. Tali archetipi sono la causa del manifestarsi di caratteristiche del sesso opposto e agiscono come immagini collettive che portano a reagire alle persone di sesso diverso in modo positivo Gli ARCHETIPI sono componenti strutturali dell’Inconscio Collettivo. L’ARCHETIPO è una forma universale del pensiero dotata di contenuto affettivo; è un’esperienza costantemente ripetuta nelle generazioni. L’Archetipo forse più importante è quello della Grande Madre. La simbologia della Grande Madre viene così descritta da Jung “L’archetipo della Grande Madre possiede una quantità pressoché infinita di aspetti. Citerò solo alcune delle sue forme più tipiche: la madre e la nonna personali, la matrigna e la suocera, qualsiasi donna con cui esiste un rapporto. In un senso più elevato, figurato: la dea, in particolare la madre di Dio, la vergine (…Demetra e Core Cibele-Attis); la meta dell’anelito di redenzione (paradiso, regno di Dio, Gerusalemme celeste). …In senso ancora più stretto: l’utero, ogni forma cava…”. La polivalenza simbolica che accompagna l’archetipo della Grande Madre ha fornito griglia interpretativa allo studio delle storia delle religioni, dell’etnologia e dell’archeologia, giungendo ad interpretare i simboli che permeano l’archetipo e che prendono forma nell’inconscio collettivo, sviluppandosi in motivi mitologici rituali. È infatti possibile rintracciare figure primordiali archetipiche in ogni tempo ed in innumerevoli popolazioni del mondo. Essi possono nascere spontaneamente ed inconsciamente anche nel singolo individuo ed in tempi moderni, dandoci la conferma che l’archetipo è “eternamente presente”. L’archetipo della madre possiede una quantità pressoché infinita di aspetti relativi alle possibilità di incontro tra “facultas preformandi”

Perché io sono colei che è prima e ultima Io sono colei che è venerata e disprezzata, Io sono colei che è prostituta e santa, Io sono sposa e vergine, Io sono madre e figlia, Io sono le braccia di mia madre, Io sono sterile, eppure sono numerosi i miei figli, Io sono donna sposata e nubile, Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito, Io sono colei che consola dei dolori del parto. Io sono sposa e sposo, e il mio uomo nutrì la mia fertilità, Io sono Madre di mio padre, Io sono sorella di mio marito, ed egli è il figlio che ho respinto. Rispettatemi sempre, poiché io sono colei che da’ Scandalo e colei che Santifica.

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Rinvenuto a Nag Hammadi, Egitto; risalente al III-IV secolo a.C.

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antropologia e esperienza individuale. Nell’esplorare le immagini archetipiche che risultano da questo incontro, Jung mette l’accento sulla doppia qualità del simbolo della madre individuando caratteristiche positive della “madre amorosa” come la saggezza, la benevolenza, la fecondità e aspetti negativi relativi alla morte, alla seduzione maligna, al senso di ineluttabilità, all’angoscia. Nel caso del figlio maschio, l’archetipo della madre è indissolubilmente legato ad aspetti relativi all’Anima. Nel figlio il complesso materno negativo può manifestarsi in un dongiovannismo sfrenato attraverso il quale l’uomo cercherà di ritrovare la madre in tutte le donne; oppure nell’omosessualità, vista da Jung come un blocco nella sfera sessuale che impone alla componente eterosessuale di rimanere legata indissolubilmente e in maniera inconscia alla madre reale. Tali aspetti, legati al prevalere del complesso materno negativo, possono acquisire valenza positive se il complesso viene integrato adeguatamente; all’omosessualità può corrispondere una sensibilità femminile che accresce le virtù pedagogiche e mette in luce uno spiccato senso del valore dell’amicizia. Allo stesso modo il complesso materno negativo può influenzare in modo determinante lo sviluppo della donna e condizionare il suo legame con la figura maschile. Il complesso materno genera un’ipertrofia del femminile o, all’opposto, una corrispondente atrofia. L’eccessivo sviluppo del femminile porta ad un rafforzamento di tutti gli istinti e dunque al prevalere dell’aspetto materno a discapito della sessualità, verso quella che Jung ha chiamato ipertrofia del materno: una donna il cui unico scopo è la procreazione e che vede nell’uomo solamente il proprio mezzo per ottenere il proprio obiettivo, una volta ottenuta la prole questa donna si identifica completamente nel ruolo materno aggrappandosi ai figli e trovando in questi l’unica ragione di vita. All’opposto un complesso materno negativo può culminare in un esagerato sviluppo dell’Eros, sviluppo che può condurre ad un’inconscia relazione con il padre. Si sviluppa in questo caso una gelosia verso la madre e il desiderio di soppiantarne la funzione. Una donna di questo tipo è attratta dagli uomini sposati ed è continuamente giocata dal proprio complesso materno negativo nel riattualizzare le dinamiche di relazione familiari vissute durante l’infanzia. Per l’uomo il cui Eros è inerte, aggiunge Jung, questo tipo di donna è la compagna ideale per le proiezioni dell’Anima. Se il complesso materno non suscita l’aumento dell’Eros nella figlia si produce una paralisi della femminilità: la donna si identificherà con la madre attraverso una proiezione della propria femminilità e istintività sessuale e verrà vissuta come perfetta ma allo stesso tempo invidiabile e deprivante. Queste donne appaiono vuote e risultano perfette per l’uomo che, non riconoscendo i propri difetti, tenda a proiettarli all’esterno. L’uomo, in questo caso, sembra avere unicamente il ruolo di conquistatore, sia pur soggiogato dalla figura della suocera attraverso l’identificazione della moglie. Jung accosta questa situazione a quella di Plutone il quale rapì Proserpina pur dovendo, per decreto degli dèi, restituirla alla madre all’inizio di ogni estate. È importante sottolineare come per Jung sia momento essenziale del divenire se stessi una maggiore consapevolezza del proprio mondo interiore tramite il rapporto con l’altro sesso e come prendere coscienza degli opposti sia il prerequisito per accedere alla costruzione del senso dell’esistenza, alla scoperta del significato profondo della vita, del valore simbolico dell’esperienza di unione con la donna (o uomo).

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Scendi dal podio / 3

Carl Gustav Jung (1875-1961)

Iside alata




Il senso del design

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Le madri della costituzione

Le 21 donne alla Costituente, “La Domenica del Corriere�, 4 agosto 1946

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L’amore secondo i bambini L’amore è quando esci a mangiare e dai un sacco di patatine fritte a qualcuno senza volere che l’altro le dia a te. (Gianluca, 6 anni) Quando nonna aveva l’artrite e non poteva mettersi più lo smalto, nonno lo faceva per lei anche se aveva l’artrite pure lui. Questo è l’amore. (Rebecca, 8 anni) L’amore è quando la ragazza si mette il profumo, il ragazzo il dopobarba, poi escono insieme per annusarsi. (Martina, 5 anni)

L’amore è quando qualcuno ti fa del male e tu sei molto arrabbiato, ma non strilli per non farlo piangere. (Susanna, 5 anni)

L’amore è quando mamma dà a papà il pezzo più buono del pollo. (Elena, 5 anni)

L’amore è quella cosa che ci fa sorridere quando siamo stanchi. (Tommaso, 4 anni)

L’amore è quando il mio cane mi lecca la faccia, anche se l’ho lasciato solo tutta la giornata. (Anna Maria, 4 anni)

L’amore è quando mamma fa il caffè per papà e lo assaggia prima per assicurarsi che sia buono. (Daniele, 7 anni)

Non bisogna mai dire “Ti amo” se non è vero. Ma se è vero bisogna dirlo tante volte. Le persone dimenticano. (Jessica, 8 anni)

L’amore è la prima cosa che si sente, prima che arrivi la cattiveria. (Carlo, 5 anni)

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Bollettino a cura di Giada Barucco

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LA PRESIDENTE RAFFAELLA MAUCERI

Rete Centri antiviolenza Siracusa c/o ASL 8 - Tel. 0931 492752 www.reteantiviolenza.siracusa.it LETTERA APERTA ALLA RETE NAZIONALE DEI CENTRI ANTIVIOLENZA Care colleghe di tutta Italia, vogliamo aprire il nuovo anno riproponendo una questione già da noi sollevata varie volte sin dal lontano 2003: l’apertura indiscriminata di sportelli e centri antiviolenza in cui operano donne prive di cultura femminista, di storia, esperienza, formazione e nei quali addirittura, in alcuni casi, oprano anche uomini (!) Non conosciamo la situazione delle altre regioni d’Italia ma noi della Rete Centri Antiviolenza di Siracusa possiamo assicurarvi che qui in Sicilia la questione è attuale più che mai. La Regione Sicilia ha varato la Legge R. n. 3 del gennaio 2012, che per l’appunto mira a regolamentare l’istituzione dei centri antiviolenza. Tale legge, com’è noto, è nata proprio per iniziativa della Rete Centri Antiviolenza di Raffaella Mauceri che, il 25 novembre del 2008, lanciò un appello alle forze politiche locali al fine di colmare questo grave vuoto normativo e contrastare il proliferare selvaggio dei centri. Sono passati due anni e ad oggi non ha per nulla sortito gli effetti sperati. Al contrario, centri e sportelli proliferano a iosa stimolati dalla possibilità di accedere ai finanziamenti previsti dalla legge medesima. Davanti a questo stato di cose ci chiediamo dunque quale sia la posizione della Rete Nazionale dei centri antiviolenza. Non ci risulta, infatti, che la Rete nazionale abbia mai fatto un distinguo fra i centri antiviolenza che hanno “cultura femminista, storia, esperienza e formazione” e quelli che non hanno nulla di tutto ciò e che ugualmente si definiscono centri antiviolenza, tanto vero è che entrano senza alcun problema nella nostra mailinglist nazionale e nel registro del 1522. Di contro assistiamo ad una situazione paradossale: il nostro coordinamento regionale (soggetto giuridico con tanto di statuto registrato nel 2008 che oggi aggrega 24 soggetti antiviolenza operativi su 81 presidi sparsi sull’isola) si fonda proprio sulla “cultura femminista”, ha già alle spalle 5 anni di “storia” nonché di “esperienza e formazione” eppure non viene formalmente “riconosciuto” dalla Rete Nazionale, tant’è che adesso come vent’anni fa, continua a dichiarare alla stampa che in Italia esistono soltanto un centinaio di centri antiviolenza. Non si comprende questa voluta omissione stante che l’autorevole sito nazionale Solidea indica l’esistenza di circa 180 centri antiviolenza e se vi fossero incluse anche le case rifugio (che per ovvi motivi di riservatezza ritiene di non pubblicizzare) si andrebbe ben oltre i 200! “I centri antiviolenza - scrive la nostra Presidente Raffaella Mauceri, femminista storica e fondatrice dei centri antiviolenza di Siracusa - sono una creazione del femminismo e sono nati come luoghi di identificazione fra donne, luoghi in cui si coltivano i saperi delle donne, l’autostima e la solidarietà fra donne al fine di scoprire/rafforzare l’appartenenza di genere e darsi sostegno e valore reciproco. Ecco perché i centri antiviolenza sono gestiti esclusivamente dalle donne e sono dedicati esclusivamente alle donne. La stessa legge regionale parla di “pratiche di accoglienza basate sulla relazione fra donne”. E le linee-guida della Rete Nazionale italiana parlano a chiare lettere di “Centri costituiti da donne che accolgono donne sole o con i loro figli”. Ne consegue che i centri in cui operano anche gli uomini e i centri che accolgono anche gli uomini sono un’aberrazione perché non soltanto tradiscono il fine per il quale le femministe abbiamo ideato e fondato i centri antiviolenza, ma perché ancora una volta mettono le donne al servizio dei bisogni (veri o presunti) dei maschi e, a torto o a ragione, le vedono schierate contro altre donne. Fatto salvo il diritto di chiunque di attivare centri antiviolenza dove lavorino uomini e donne e di centri antiviolenza che accolgono indifferentemente uomini e donne, ci aspettiamo però che non vengano riconosciuti come facenti parte della medesima cattedra e della medesima Rete nazionale né che possano avvalersi delle medesime leggi specificamente pensate e nate per difendere le donne”. Chiediamo pertanto un confronto sul punto, confronto che, dato lo stato delle cose, appare quanto mai urgente. E a tal fine rivolgiamo alla Rete Nazionale i seguenti quesiti: 1 - quali sono i criteri selettivi che consentono ai centri antiviolenza di accedere alla Rete nazionale? 2 - quali sono i criteri adottati dalla Rete nazionale per valutare se un centro è degno di questa definizione? 3 - quali sono le linee comuni da seguire al fine di distinguere i centri antiviolenza doc dai centri-pirata che danneggiano ulteriormente le vittime? 4 - qual è la posizione della Rete nazionale nei confronti dei Centri dove lavorano uomini e donne? 5 - qual è la posizione della Rete nazionale nei confronti dei Centri che accolgono anche uomini che si dicono vittime di violenza femminile? 6 - qual è la posizione della Rete nazionale nei confronti dei Centri il cui staff è privo di specifica formazione? 7 - qual è la posizione della Rete nazionale nei confronti dei Centri che operano su iniziativa e/o dentro le parrocchie? Con la speranza che questa richiesta di confronto abbia il più immediato e celere riscontro, cordialità a voi tutte Avvocata Daniela La Runa - vicepresidente pro-tempore

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All’Ars le deputate del PD riuniscono a convegno le associazioni antiviolenza siciliane

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L’intervento della Rete Antiviolenza di Siracusa Palermo 26 novembre 2013 - Firmato dall’avvocata Daniela La Runa, vicepresidente della Rete e letta dall’avvocata Tea Romano, ecco il testo dell’intervento: “Oggi noi del C.d.S intendiamo portare una lettura critica della legge 3 del 2012 sottolineando le lacune che la norma presenta ed auspicando che tali lacune possano o con modifiche alla norma o con buona prassi, essere colmate. Art. 7 - Secondo tale norma la Regione si impegna a riconoscere le realtà esistenti, mentre per i centri di nuova formazione si pone come garante per la loro promozione. La norma dispone ancora che la Regione in questa attività di garanzia si avvalga delle competenze delle associazioni di volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale e delle cooperative sociali che hanno come scopo la lotta e la prevenzione della violenza e l’assistenza alle donne vittime di violenza, che dimostrino di disporre di strutture e personale adeguato e che operino nel settore da almeno tre anni. E continua stabilendo che i centri antiviolenza possono essere promossi: a) da enti locali, singoli o associati, anche in convenzione con i soggetti di cui al comma 1; b) da associazioni femminili che operino nel settore da almeno tre anni, utilizzando pratiche di accoglienza basate sulla relazione fra donne. Dopodiché vengono fissati i componenti strutturali dei centri: essere dotati di una sede e disporre di personale e strutture con specifiche competenze professionali in grado di offrire assistenza alle diverse tipologie di violenza subita dalle donne. Ed ecco le criticità da noi rilevate: In primo luogo occorrerebbe capire in cosa debba consistere l’attività di garanzia della promozione dei centri antiviolenza sia nell’intenzione del legislatore sia dal punto di vista della stessa Regione visto che successivamente al momento della promozione dei centri, l’attività viene demandata agli enti ed alle associazioni femminili. Non si comprende poi perché la norma imponga soltanto alla Regione in questa fase di garanzia della promozione di avvalersi delle esperienze delle associazioni dotate di competenze specifiche e con esperienza triennale, escludendo poi questo requisito, che noi riteniamo imprescindibile, in fase di costituzione quando nell’attribuire agli enti il potere di promuovere i centri antiviolenza la norma non impone loro di avvalersi di tali esperienze e competenze per la formazione degli operatori ma si limita a dire che: gli enti da soli o in forma associata o eventualmente in convenzione con i soggetti di cui al primo comma possono promuovere i centri antiviolenza. Ci chiediamo: ma allora l’istituzione di un centro antiviolenza è rimessa all’arbitrio dell’ente che può anche decidere di non avvalersi di tali competenze? La Regione fissa poi gli elementi costitutivi dei centri antiviolenza. Al punto b leggiamo che requisito essenziale per la costituzione di un centro è la dotazione di personale e strutture con specifiche competenze professionali in grado di offrire assistenza alle diverse tipologie di violenza subita dalle donne. Il punto b è claudicante: il requisito delle “specifiche competenze” degli operatori è ambiguo. Dal tenore letterale della norma si intende che un centro per definirsi tale deve essere dotato di elementi idonei a svolgere le funzioni demandate dalla legge allo stesso: e quindi se il centro antiviolenza deve fornire assistenza legale o supporto psicologico sarà sufficiente che gli operatori ad es. avvocate o psicologhe siano munite delle loro abilitazioni. E la formazione specifica degli operatori dei centri antiviolenza storica improntate sui valori del femminismo dal quale furono ideati? E le esperienze acquisite sul campo dagli storici centri antiviolenza nelle ventennali battaglie che si sono intestate? E gli studi settoriali sulla violenza di genere? E le tecniche di approccio alle vittime della violenza di genere? Tutto questo rientra nel generico “competenze specifiche” richieste dalla norma? E ancora: chi vigila al momento della costituzione di un centro antiviolenza di nuova formazione? Nella legge il compito di vigilanza appare demandato all’Osservatorio ma all’Osservatorio viene riconosciuto solo il potere di vigilare sull’andamento ed il buon funzionamen-

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I to dei centri ma non viene attribuito allo N stesso, come invece era auspicabile, alcun potere all’atto della costituzione di un cen- S tro. Ciò presuppone che affinché l’Osser- E vatorio possa intervenire è necessario che R i centri prima sorgano e poi operino. E se operano male? E se non sono dotati del personale richiesto? Bisogna aspetta- T re il mal funzionamento prima di adottare O dei provvedimenti? E c’è dell’altro: se oggi esistessero (e ne esistono eccome!) centri

L’avv. Tea Romano legge l’intervento della Rete

non funzionanti o sprovvisti di personale competente, quali meccanismi si dovrebbero innescare? Se fosse stata fatta una mappatura delle realtà territoriali, l’Osservatorio potrebbe già pronunciarsi per l’esistente. E per il costituendo? Cosa occorre fare? Segnalare all’Osservatorio le anomalie ? E l’Osservatorio quale potere avrebbe ed in quanto tempo questo potere si potrebbe estrinsecare? La norma sul punto appare fortemente lacunosa. Ultima doverosa domanda: l’Osservatorio è stato costituito? Altro aspetto che richiama fortemente la nostra attenzione è l’aspetto economico. Superata l’iniquità con la quale il primo finanziamento del 2012 era stato destinato ai soli distretti di Palermo e di Catania e non a tutte e 9 le province siciliane come vuole la legge, poi corretta a seguito delle nostre vibrate proteste, resta il gravissimo problema della copertura finanziaria delle rette delle case rifugio. Tali rette oggi vengono sopportate dai Comuni che per situazioni di dissesti finanziari pagano male, pagano parzialmente, e spesso pagano soltanto le rette previste per i minori. Ne conseguono tanti, troppi disagi che non consentono a noi dei centri antiviolenza di poter garantire alle donne a rischio di letalità, la possibilità di salvarsi con un rifugio tempestivo in una casa a indirizzo riservato. Sul punto si chiede dunque alla Regione come intende affrontare la questione. Grazie.


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Quadro statistico (127) utenze della Rete anno 2013 A CURA DI Nadia Germano e Silvana Baracchi

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Il 14 e 15 marzo 2014 Secondo corso base di criminologia

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Il fascino del male Cresce intorno alla criminologia un interesse senza precedenti storici. Lo si evince dal successo dell’attività di formazione in ambito criminologico organizzata congiuntamente dalla nostra Rete e dall’associazione antiracket “S. Raiti” che puntualmente registra il tutto esaurito delle iscrizioni. “Ogni uomo ha istinti aggressivi e passioni primitive che lo portano allo stupro, all’incesto e all’omicidio e che sono tenute a freno, seppur in maniera imperfetta, dalle istituzioni sociali e dai sensi di colpa” così affermava il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, per delineare quel lato oscuro della psiche umana capace di trasformarci in pericolosi criminali. Ma che cos’è la psicologia criminale? “E’ quel ramo della psicologia – spiega la conduttrice dei seminari dott.ssa Sofia Milazzo, psicologa esperta in criminologia - che si occupa dello studio della personalità dell’autore di reato, dei concetti di criminalità e di devianza minorile. Ma non solo. Con l’introduzione della legge n. 397 del 7 dicembre 2000, la psicologia esce dall’ambito prettamente clinico per entrare a pieno titolo tra le scienze forensi, con poteri di tipo investigativo. E il compito principale della psicologia investigativa – aggiunge - che prende spunto dai modelli elaborati dall’FBI, è quello di contribuire alla costruzione di un profilo criminale (criminal profiling), attraverso l’analisi della scena del crimine e lo studio della vittima con l’obiettivo di assicurare un criminale alla giustizia nel minor tempo possibile”. Docenti al prossimo seminario, che avrà luogo a Villa Reimann il 14 e 15 marzo: il dottor Giovanni Mazzone, professoe di diritto penale, la dott.ssa Angela Gianì, già direttrice del carcere di Cavadonna, e il dott. Fulvio Giardina presidente dell’Ordine degli Psicologi di Sicilia. Collaborerà la polizia scientifica per una suggestiva ricostruzione della scena del crimine. Al presidente dell’associazione antiracket, Giuseppe Barreca, il compito di presentare, come di consueto, queste iniziative di così grande attualità, stante che nel nostro paese la criminalità è drammaticamente in crescita in ogni settore e direzione. Come sempre, per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine, il corso sarà erogato a titolo gratuito. Tutti i partecipanti riceveranno le dispense dei moduli in formato digitale e, al termine del corso, l’attestato di partecipazione.

Villa Reimann - Primo corso base di Psicologia Criminale 24-25 gennaio 2014

Per iscriversi: tel. 339.4737143. il Corriere delle Donne Edizioni La Nereide di Raffaella Mauceri Primavera 2014

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Rete News tivi a questa buona legge che però, alla prima applicazione, ha mostrato qualche “falla” nel senso che è stata fruita anche da soggetti estranei al settore o inidonei o inopportuni. Ben cinque le associazioni facenti parte del nostro Coordinamento regionale (soggetto giuridico da noi fondato nel lontano 2008) hanno partecipato e vinto anch’esse.

La vera storia della legge regionale 3/12 Ottanta pagine in cui il deputatoautore racconta il lungo e travagliato iter che ha portato all’attuale legge ideata e lanciata dalla presidente Raffaella Mauceri. Questa pubblicazione infatti nasce dalla legittima rivendicazione dei meriti che, vergognosamente, questa città ha sempre negato ad entrambi: alla Mauceri di averla lanciata e all’On. Vinciullo di averla portata in parlamento e di avere strenuamente lottato per farla diventare legge.

E dalla Sicilia i ringraziamenti Pioggia di ringraziamenti alla nostra Rete antiviolenza di Siracusa provenienti da tutta la Sicilia per il merito di aver lanciato, promosso e sostenuto una legge regionale sui centri antiviolenza e sulle case rifugio che oggi ci consente di accedere ai finanziamenti pubblici della Regione medesima. Migliaia di euro saranno così investiti per promuovere iniziative di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, per la prevenzione di maltrattamenti, abusi e femminicidi, per la formazione delle figure istituzionali e delle nuove leve, per incrementare la rete di relazioni e per il reinserimento lavorativo delle vittime. Tutte attività che noi della Rete copiosamente ed egregiamente svolgiamo da dodici anni autoassandoci, alfabetizzando il territorio e incessantemente lottando contro l’insensibilità diffusa proprio fra molte figure istituzionali e contro la stessa Regione che, iniquamente, aveva destinato i fondi del 2012 ai soli distretti di Catania e di Palermo. Anche in quel caso, infatti, ci siamo inteBiancavilla – Vinciullo illustra la legge state la lunga e vibrata protesta contro In particolare, la nostra Rete è fra le pol’ingiusta deliberazione, fino all’ottenimento di una provvidenziale “correzione” che ha chissime concorrenti ad avere avuto apdato luogo alla pubblicazione dei progetti per l’attribuzione dei fondi a tutte e nove le provati tutti e quattro i progetti ai quaprovince siciliane. Ed è già approvato anche il finanziamento per l’anno 2014 ad opera li si è candidata, ed è già al lavoro per dell’On. Vinciullo. Siamo dunque legittimamente orgogliose e fiere di avere dato a tutte un’attuazione degna del proprio lungo e le realtà associative siciliane che si battono contro la violenza alle donne, la possibilità prestigioso curriculum. concreta di lavorare in questo campo. Ovviamente occorrerà apportare i giusti corret-

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Sono una psicologa “antiviolenza” DI Margherita Cannata

La psicologa di un centro antiviolenza è una professionista con una preparazione specifica e profonda sulla violenza di genere; una professionista che conosce molto bene le dinamiche del ciclo della violenza e che aiuta la donna che ne è vittima ad uscire dal vissuto emotivo della sua storia attraverso un adeguato e competente sostegno psicologico. Questa la definizione tecnica. Che però dice poco, perché non si vede differenza alcuna rispetto alle altre colleghe che quotidianamente si spendono con professionalità e competenza nel loro lavoro. La psicologa “antiviolenza”, infatti, è, prima di tutto, una donna che ha fatto una scelta di campo, che consapevolmente deciso di offrire professionalità, tempo ed energie, in modo gratuito, volontario e solidale, a donne e minori vittime della violenza maschile. Una donna che sta dalla parte delle donne, sempre e comunque, facendo suo il principio e la pratica fondamentale dei centri antiviolenza: la sorellanza! Le donne che arrivano ai centri antiviolenza sono delle donne devastate nel fisico e nella psiche, da anni di violenza (fisica, psicologica, sessuale, economica) subite da mariti, fidanzati, compagni, ex mariti, ex fidanzati, ex compagni, insomma dall’uomo con cui avevano deciso di condividere il progetto più importante della loro vita: creare una famiglia amorevole e rassicurante dove garantire ai propri figli tranquillità e serenità, un luogo sicuro dove sentirsi protetti dalle vicende della vita. Queste donne, invece, portano al centro antiviolenza storie di vessazioni, maltrattamenti, violenze gravi e ripetute negli anni che hanno sopportato per amore del partner, dei figli….perché si ripetono fino allo sfinimento “Massì, prima o poi lui cambierà! Certo che cambierà!”. Lui, lo stesso lui che ha tradito il loro sogno d’amore! E anche se ad un certo punto si rendono conto che i falsi pentimenti e le false riappacificazioni rappresentano una breve e momentanea interruzione del ciclo della violenza e che di fatto niente cambia, tuttavia non riescono ad uscire! Sono donne che si sentono smarrite, vuote, confuse, perse nel vortice della violenza, un vortice che le indebolisce e le sfinisce al punto quasi di soccombere. Ed ecco: è proprio quel “quasi” che fa la differenza! Ad un certo punto, infatti, la paura, il terrore, la vergogna, il senso di colpa, pur sempre fortemente presenti, lasciano il posto alla volontà di riappropriarsi della propria dignità, di salvarsi la vita e, soprattutto, di salvare la vita dei figli. Perché nelle famiglie violente anche i figli sono, non avendolo scelto, vittime dirette e indirette della violenza, costretti a vivere in un clima di terrore e di bugie, dove non si può dire o fare quello che si vuole o si desidera poiché qualsiasi cosa potrebbe diventare causa di scenate, insulti, maltrattamenti da parte di un padre violento! un padre che tradisce anche il suo ruolo genitoriale: quello di tutelare, amare, sostenere i figli nella loro crescita. E così la psicologa “antiviolenza” si trova a dover “ricomporre” una donna, la cui psiche appare come un puzzle i cui tasselli sparsi ovunque devono essere assemblati con pazienza, costanza e determinazione affinché un nuova immagine, bella e luminosa,

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possa ricostituirsi. Insieme alla donna maltrattata, inizia a costruire le fondamenta di nuova vita senza violenza, favorendo l’emergere della rabbia, della sofferenza, dell’angoscia che, lentamente negli anni, le hanno compromesso l’autostima al punto da considerarsi una persona indegna, inutile e priva di valore, una pazza! Facendole notare, invece, la forza che la donna ha mostrato nel denunciare gli episodi di violenza subiti, e attraverso l’acquisizione di efficaci strategie di sopravvivenza, necessarie per affrontare emotivamente il lungo e faticoso iter processuale, la psicologa “antiviolenza” la accompagna nel suo percorso di emancipazione. E non è facile dire quanto grande e profonda è la soddisfazione quando ti arriva una telefonata e senti, dall’altro capo del telefono, una voce tranquilla e serena dirti: “Dottoressa, la volevo ringraziare!”. Invece siamo noi psicologhe “antiviolenza” a dover ringraziare queste donne che, con le loro storie e soprattutto con la loro grande forza, ci danno quella motivazione capace di spingerci ad andare avanti, lottando contro mille difficoltà, tenendo seminari, incontri, e dibattiti nelle scuole, con i più giovani, affinché una cultura della non violenza e del rispetto tra i generi; a scardinare gli infiniti stereotipi e i mostruosi pregiudizi che legittimano quella violenza di genere che massicciamente pervade la società intera. E mai ci stancheremo di ripetere che USCIRE DALLA VIOLENZA SI PUO’!

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Un’intervista al volo

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“La legge è sovrana” disse il sindaco Garozzo L’increscioso episodio del seminario di presentazione del “Codice rosa” promosso dall’Asp al quale, incredibilmente, non siamo state invitate a dare il nostro qualificato e competente contributo né come pure e semplici spettatrici, la dice lunga sulle scoordinate, distratte e sommarie modalità con cui in questa provincia si organizzano le iniziative sulla violenza alle donne. E pensare che noi siamo le pioniere assolute in questo campo, che siamo protocollate con l’Asp e da 12 lunghi anni operiamo in una struttura dell’Asp sviluppando un curriculum a far tremare le vene e i polsi. Ciò malgrado si continua a seguire la vecchia logica delle conoscenze personali, delle simpatie personali e dei criteri personali ignorando perfino la legge regionale n.3 del gennaio 2012 “Norme per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere”. La domanda, dunque, è d’obbligo: Quanto, dunque e quali sono gli organi istituzionali che ne sono a conoscenza e intendono rispettarla? “In verità no, non la conoscevo – dice il Sindaco – a me i giornalisti pongono domande sulla città non sulla normativa di cui non vedo il nesso con i compiti del Comune….” - I Comuni invece sono il primo dei soggetti elencati da questa legge là dove dice: “La Regione, al fine di garantire idonee azioni di prevenzione della violenza sulle donne, sostiene e incentiva l’istituzione di una rete di relazioni tra i comuni, le province, le aziende sanitarie provinciali, le aziende ospedaliere ed i policlinici universitari, gli uffici scolastici provinciali, le forze dell’ordine, l’autorità giudiziaria, le prefetture, le organizzazioni sindacali, gli enti datoriali, i centri antiviolenza presenti sul territorio e, su espressa richiesta, le associazioni culturali e di volontariato”. “Addirittura? Beh, i soggetti sono così numerosi che non so come potranno essere gestite le operazioni di contrasto…Ma, per carità, la legge è sovrana e io sono pronto a rispettarla. Per cui quando la Prefettura mi convocherà per firmare un protocollo, mi renderò assolutamente disponibile”. n Corso di formazione nell’agrigentino 18 corsiste provenienti da tutta la provincia decise ad inserirsi nei centri operativi del C.D.S. hanno chiesto e frequentato con grande passione un nostro corso di formazione di base e presto saranno pronte per il secondo livello. n 19 febbraio – Prefettura di Ragusa I centri antiviolenza di Vittoria “Donne a Sud”, Presidente l’avvocata Rossana Caudullo, di Ragusa “Centro servizi Donne” Presidente Romina Licciardi già consigliera di parità, e di Comiso “Donne di più”, Presidente la dott.ssa Daniela Lo Presti, incontrano il Prefetto dott. Annunziato Vardè al quale hanno espresso la volontà di essere inserite nella Rete di relazioni prevista dalla legge Vinciullo “Norme per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere” (art. 5 comma 1). Presente all’incontro Raffaella Mauceri, in veste di Presidente regionale del C.D.S. Coordinamento Donne Siciliane contro la violenza di genere, che da anni include i citati e attivissimi centri del ragusano. Squisita l’accoglienza del Prefetto che ha già predisposto l’inserimento richiesto complimentandosi per la professionalità e la generosità con cui le volontarie dei Centri si spendono per le vittime di violenza collaborando 24 H con le Forze dell’Ordine e gli enti locali presso cui godono fiducia e stima.

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- Il fenomeno è in crescita e sembra che non si riesca ad arginarlo. Qual è il suo pensiero nel merito? “C’è a mio avviso, un aspetto malato della società, una vecchia cultura secondo la quale la donna non è pari all’uomo, cultura che spesso nel contesto familiare sfocia nella violenza”. - E chiudiamo con una domanda sulla città. Quali differenze fra questa amministrazione e la precedente? “Tante. La dinamicità, l’innovazione, una

L’avv. Daniela La Runa racconta a Zeronovetv l’episodio della presentazione del “Codice Rosa”

Giunta giovane che sta a contatto con la gente. Non per niente abbiamo incrementato il bilancio delle politiche sociali che è passato da 20 a 24 milioni di euro proprio per sostenere e migliorare la qualità della vita delle fasce deboli”. Rientrerà dunque in questo incremento la voce “copertura dei costi” per il rifugio delle nostre donne a rischio di letalità con i loro bambini? Incrociamo le dita.


attualità

Flash dal mondo Fantastiche spagnole - Il nuovo regime spagnolo ha tolto alle donne il diritto all’interruzione di gravidanza. E per la serie che la fantasia è donna, loro, capitanate dall’artista e attivista madrilena Yolanda Domínguez, ideatrice dell’iniziativa, hanno voluto ribadire che ogni essere umano è padrone del proprio corpo andando a registrarlo come bene patrimoniale privato al registro delle proprietà. “Cosa deve registrare?” chiedevano gli impiegati sbalorditi e disorientati. Poi però hanno capito e si sono alleati alle donne. E così a Madrid, Bilbao, Barcelona, Pamplona, Siviglia e Pontevedra, donne di tutte le età hanno compilato gli appositi moduli e hanno registrato, con tanto di certificazione ufficiale, i loro corpi affermando che “il corpo delle donne non appartiene a nessun organo ecclesiastico, né di partito, in quanto la capacità di decisione spetta unicamente ed esclusivamente a noi: le donne”. Nel (co)gnome della madre – Il cognome della madre è un diritto, lo ha stabilito la Corte europea per i diritti umani che ha condannato l’Italia per non averlo ancora riconosciuto come tale. Ennesimo esempio di quanto il nostro arretrato paesello deve ancora fare in materia di diritti civili. E se non si sbriga a correre ai ripari, la sanzione per non avere una legge ad hoc, sarà di certo salatissima. Questo affondo della Cassazione a sostegno del cognome materno in sostituzione del patronimico, che la sentenza definisce “retaggio di una concezione patriarcale della famiglia non più in sintonia con l’evoluzione della società e le fonti di diritto soprannazionali”, era stato sollecitato dal ricorso di una coppia milanese dopo il no pronunciato dalla Corte d’appello di Milano alla loro richiesta di dare ai propri figli il cognome materno.

Scendi dal podio / 4

La sede della Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo

La suora incinta - Stupore e clamore: una suora di 32 anni, originaria di San Salvador, ha partorito un bimbo all’ospedale di Rieti, San Camillo De Lellis, al quale è stato dato il nome di Francesco Sandrino. La donna si è presentata al pronto soccorso dell’ospedale accompagnata da un’ambulanza del 118, accusando forti dolori di cui non sapeva spiegarsi la natura. Il personale paramedico che l’ha accompagnata al pronto soccorso con codice rosso, ha messo a verbale che la donna accusava “forti dolori addominali con sospetta colica renale”. Poi il medico che l’ha visitata e sottoposta ad ecografia non ha avuto dubbi nel certificarle lo stato di gravidanza. La suora terrà suo figlio, almeno così dicono in ospedale dove altre mamme ricoverate hanno fatto una colletta e raccolto indumenti per il suo bimbo. Bimbo fortunato che non finirà ucciso come tanti altri piccoli nati dai “peccati” che si consumano negli ambienti ecclesiastici, per evitare scandali… Sesso con la tonaca – Varsavia. L’arcivescovo Józef Wesolowski è accusato di aver costretto giovani domenicani ad avere rapporti di sesso orale con lui. 
Da mesi Wesolowski è rifugiato nella Città del Vaticano, per sfuggire agli occhi indiscreti Papa Francesco gli ha tolto l’incarico di nunzio apostolico della Repubblica Dominicana.
Wesolowski ha 65 anni e si aggiunge ad una lista molto lunga di uomini della Chiesa cattolica coinvolti in scandali sessuali, quasi sempre con minorenni. Negli ultimi anni, infatti, sono stati accusati di abusi su minori un numero impresil Corriere delle Donne Edizioni La Nereide di Raffaella Mauceri Primavera 2014

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attualità sionante, a dimostrazione della crescita vertiginosa di questo macabro fenomeno. Il 6 febbraio u.s. arriva l’ordine dell’Onu che intima al Vaticano di consegnare l’esercito dei suoi pedofili alla giustizia civile. Allucinante la risposta del Vaticano che esprime rincrescimento per il “tentativo dell’Onu di interferire nell’insegnamento della chiesa cattolica sulla dignità della persona umana e nell’esercizio della libertà religiosa”. Parolacce – “Quella è una putt…, una zoccola. Il padre rompe sempre, è un coglione”. Frasi pesantissime quelle pronunciate da due carabinieri che in una telefonata parlano del caso di Provvidenza Grassi, la ragazza messinese di 27 anni scomparsa a luglio e poi trovata morta a pochi passi dalla sua auto. La conversazione tra i due militari è stata registrata per caso e mandata in onda dalla trasmissione di Rai 3 “Chi l’ha visto?” I carabinieri, convinti di non essere ascoltati, si lasciano andare dimostrandosi infastiditi per le pressioni del padre della ragazza che spesso si presenta in caserma per chiedere di accelerare le indagini. Un fuorionda che mette in imbarazzo l’Arma. Domanda: Se soltanto potessimo distruggere i politici inetti e delinquenti registrando e pubblicando quello che dicono sulle donne, quanti ne resterebbero in carica? Italiani sessisti – Italiani sessiti eccome. A cominciare dal papa. Ce lo ha confermato lui personalmente da tutte le tv dove si affaccia ogni “santo” giorno a reti unificate, quando ha detto, rivolgendosi alle donne del Cif (storica e cattolicissima associazione femminile italiana) che le donne sono brave sul lavoro ma restano in-so-sti-tu-i-bi-li nella casa e nella famiglia. Insostituibili: un aggettivo strategico che produce una piacevole sensazione d’importanza alla quale le donne abboccano da secoli. A seguire, infatti, incredibile coincidenza, un servizio sull’attività domestica delle donne valutava in ben 7.000 euro questa famosa insostituibilità del celebre e intramontabile “angelo del focolare”. Visto? Ha ragione il papa: come fai a sostituire una donna che ti fa gratis un lavoro da 7000 euro al mese? La domanda torna in auge da un passato che non è mai veramente passato e cioè dagli anni 70 quando le femministe facevano gli stessi calcoli aritmetici in lire ma con la differenza che invece di trasmetterli su Rai uno, ci dicevano che eravamo le solite pazze, fanatiche, esaltate e così via. E continuano. Fantasia zero. Il papa ha ragione e dà ragione a chi, un italiano su due, ritiene che gli uomini siano meno “adatti” ad occuparsi delle faccende di casa e che i datori di lavoro debbano dare la precedenza ai maschi. Ecco qui: Questo è il ritratto del paese Italia intrappolato negli stereotipi di genere, un ritratto alla Dorian Grey presentato dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall’Istat che ha curato lo studio “Stereotipi, rinunce e discriminazioni di genere”. “Sebbene una parte cospicua della popolazione sembra aver superato queste vecchie convinzioni – dice l’Istat - continua ad esistere uno zoccolo duro che resiste al cambiamento”. Gli stereotipi contro le donne (più diffusi al Sud, tra gli anziani e nei ceti sociali meno istruiti) sono troppo cari agli uomini: il 60,3% è convinto che una madre lavoratrice non possa stabilire un buon rapporto con i figli come una madre casalinga. E, alla faccia dell’evidenza, quattro uomini su dieci dicono che non esiste nessuna discriminazione di genere nei confronti delle donne. Le donne invece sono assolutamente svantaggiate nel trovare una professione adeguata al loro titolo di studio, nel guadagnare quanto i colleghi maschi, nel fare carriera e conservare il posto di lavoro. E sono ben il 44,1% quelle che lasciano/perdono il lavoro perché devono occuparsi della famiglia e dei figli.

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“La politica non può intervenire proponendo una misura legislativa per cambiare l’immaginario degli italiani”, dice Maria Cecilia Guerra, viceministra al Welfare con delega alle Pari Opportunità. Occorre fare in modo che la società si faccia carico dei soggetti deboli come i bambini, gli anziani, i disabili liberando le donne da quel tradizionale lavoro di cura. Ecco, adesso sapete perché in Italia non cresce il numero degli asili nido (quelli comunali e non quelli privati cioè a – salato - pagamento) né i servizi di assistenza per i disabili e gli anziani: per scaricarli tutti quanti sul largo groppone delle donne. In-so-sti-tu-i-bi-li. Assolutamente insostituibili.

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“Ci vendono tutto, tranne quello che ci serve: la felicità”

politica

La lezione di Mujica Qua la mano! adesso siamo pari “Lo sviluppo non può andare contro la felicità: dev’essere a mio umile modo di favore della felicità umana, dell’amore sulla Terra, delle revedere, dico che il lazioni umane, della cura dei figli, dell’avere amici, del non privarsi problema è di tipo dell’indispensabile”. Comincia così il discorso di un piccolo uomo politico. I vecchi unico e straordinario: il presidente dell’Uruguay Jose Mujica propensatori – Epicuro, nunciato alla conferenza mondiale il 21 giugno 2012 a Rio de JaneiSeneca, gli Aymara ro. Hai visto mai che qualcuno dei nostri miseri politici abbia mai – dicevano: povedetto qualcosa del genere? Gli spettava uno stipendio di 9.000 euro ro non è colui che al mese. Lui ne ha tenuti solo 900, dice che gli bastano. Ed è rimasto ha poco, ma chi ha a casa sua, niente palazzi né auto di lusso. Il suo stile di vita non è indefinitamente bicambiato di una virgola. I nostri vergognosi politici sono i più pagati José Alberto “Pepe” Mujica Cordano è un poli- sogno di molto – e del mondo e, mentre la gente si suicida, loro non rinunciano a nulla. tico uruguaiano, conosciuto pubblicamente come desidera e desidera, “Come governanti – continua Mujica - esprimiamo la sincera volon- Pepe Mujica. sempre di più. Quetà di accompagnare tutti gli accordi che questa nostra povera umasta è una chiave di nità possa sottoscrivere. Tuttavia, poniamoci qualche domanda a voce alta. Per tutto il carattere culturale. Dobbiamo renderpomeriggio si è parlato di sviluppo sostenibile, per togliere masse immense dalla poverci conto che la crisi dell’acqua e la crità. A cosa ci riferiamo? Il modello di sviluppo e di consumo che abbiamo in mente è quelsi dell’aggressione all’ambiente non sono lo attuale delle società ricche? Un’altra domanda: cosa succederebbe, a questo pianeta, una causa: la causa è il modello di civiltà se gli indiani avessero la stessa proporzione di auto per famiglia che hanno i tedeschi? che abbiamo costruito. E ciò che dobbiaQuanto ossigeno ci rimarrebbe per respirare? In altre parole: il mondo possiede oggi mo rivedere è il nostro modo di vivere”. gli elementi materiali per fare in modo che 7-8.000 milioni di persone possano avere lo “Appartengo a un piccolo paese, ricco di stesso livello di consumo e di spreco delle più ricche società occidentali? Sarà possibile, risorse naturali per vivere. Il mio paese o dovremmo forse mettere la discussione su un altro piano? Perché abbiamo creato una ha poco più di tre milioni di abitanti, ma civiltà, quella in cui viviamo, figlia del mercato e della concorrenza, che ci ha portato ci sono 13 milioni di vacche tra le migliori un progresso materiale portentoso ed esplosivo. Ma ciò che è nato come “economia al mondo. Abbiamo 10 milioni di pecore di mercato” è diventato “società di mercato”. E ci ha portato questa globalizzazione, stupende. Il mio paese esporta cibo, latche significa doversi occupare di tutto il pianeta. La stiamo governando, la globalizzazioticini, carne. È un territorio pianeggiante, ne, o è la globalizzazione a governare noi? È possibile parlare di solidarietà e dire che utilizzabile quasi al 90%. I miei compagni siamo tutti uniti, in una economia basata sulla competizione spietata? Fino a che punto lavoratori hanno lottato molto per le 8 arriva la nostra fraternità? La sfida che abbiamo davanti è di una dimensione epocale. ore di lavoro, e adesso stanno ottenendo E la grande crisi non è ecologica: è politica. L’uomo, oggi, non governa le forze che ha le 6 ore. Ma chi lavora solo 6 ore si trocreato; sono queste ultime a governare l’uomo e la nostra vita. Non veniamo al mondo va un altro lavoro, e quindi lavora più di per svilupparci in termini generici; veniamo al mondo con il proposito di essere felici. prima. Perché? Perché deve pagare una Perché la vita è breve e ci sfugge tra le mani. E nessun bene vale quanto la vita, questo serie di rate, la bella moto, la bella macè elementare. Ma se la vita finisce per sfuggirmi, lavorando e lavorando per consumare china. E paga e paga, alla fine è un vecchio di più, la società del consumo è il motore di tutto questo. In definitiva, se si paralizza o reumatico come me, e la sua vita gli è si rallenta il consumo, si rallenta l’economia; e se rallenta l’economia, è il fantasma della sfuggita di mano. Domando: è questo il stagnazione per ciascuno di noi”. destino della vita umana? Lo sviluppo non “E dunque è proprio l’iperconsumo che sta aggredendo il pianeta. Ed è proprio l’iperconpuò andare contro la felicità: dev’essere sumo a generare cose che durano poco, perché bisogna vendere molto”. Una lampadina a favore della felicità umana, dell’amore elettrica non può durare più di mille ore. Ci sono lampadine che possono durare centosulla Terra, delle relazioni umane, della mila, duecentomila ore, ma non possono essere fabbricate, perché il problema è il mercura dei figli, dell’avere amici, del non cato, perché dobbiamo lavorare e dobbiamo avere una civiltà usa e getta. Siamo in un cirprivarsi dell’indispensabile. Proprio percolo vizioso: questi sono problemi di carattere politico, che ci portano a comprendere la ché questo è il tesoro più prezioso che necessità di lottare per un’altra cultura. Non si tratta di tornare all’uomo delle caverne, abbiamo, ricordiamocelo: quando lottiané di fare un monumento al regresso. E’ che non possiamo continuare indefinitamente mo per l’ambiente, il primo elemento ad essere governati dal mercato: dobbiamo governarlo noi, il mercato. Per questo, nel dell’ambiente si chiama: felicità umana.

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Concorso letterario “Inchiostro e anima”

cultura Le autrici e gli autori delle opere in concorso resteranno titolari dei diritti sulle loro opere, fatta salva la pubblicazione di cui sopra. La cerimonia di premiazione si svolgerà nella serata di sabato 27 Settembre 2014, in un locale pubblico della provincia di Siracusa che a suo tempo verrà reso noto.

Quando, attraverso la poesia, l’anima prende forma La cultura è vita. Dove la cultura arretra, dove viene ignorata, repressa, mistificata, l’umanità si abbrutisce e torna alla clava. La cultura è anima. E ben lo sanno le associazioni che promuovono i Premi di prosa, saggistica, arte, poesia e tutto ciò che valorizza e stimola l’intelletto e la creatività. Come l’Associazione culturale “La Carovana degli Artisti”, fondata da Pamela Li Manni, Giusy Cancemi Di Maria, Cetta Lentinello e Gianluca Pipitò che pubblicano la seconda edizione 2013/14 del Concorso Internazionale “INCHIOSTRO E ANIMA”, un concorso ideato dalla Cancemi Di Maria. Il concorso è dedicato alla straordinaria e coraggiosa Franca Viola, nata nel 1947 ad Alcamo, in provincia di Trapani, dove vive ancora oggi, che sfidò la mafia rifiutandosi di sposare l’uomo che l’aveva violentata e denunciandolo per stupro. Eravamo nel 1966 cioè alle porte della rivoluzione femminista che, sull’esempio di Franca Viola, condusse una battaglia di demolizione del cosiddetto “matrimonio riparatore”, ottimo escamotage per gli stupratori che sfuggivano alla pena carceraria e ulteriore violenza alle vittime costrette a sposare il loro violentatore. Il concorso prevede tre sezioni: - Poesia singola a tema libero - Poesia singola sul tema “Io donna, sono mia” - Testo narrativo a tema libero, oppure contro la violenza sulle donne. Possono concorrere autori/autrici di qualunque parte del mondo purché esclusivamente in lingua italiana. I testi devono giungere entro il 30 aprile e devono essere inediti. Si può partecipare anche a tutte le tre sezioni. Tutte le opere che hanno riscontrato il parere favorevole dei componenti della commissione di lettura, saranno raccolte in un’antologia a tiratura limitata. Per ognuna delle tre categorie sarà scelta una vincitrice o un vincitore cui sarà consegnata una targa ricordo del Premio aggiudicato alle prime tre opere classificate, unitamente alla copia dell’Antologia. In caso di particolare merito (a discrezione della giuria) non si escludono pergamenepremio alle opere non classificate fra le prime tre. La commissione è presieduta da Raffaella Mauceri, giornalista-editrice e Presidente regionale del Coordinamento Donne Siciliane contro la violenza, ed è composta da dieci persone di spicco nei vari settori culturali: giornalismo, poesia, letteratura, università. Agli Autori presenti nell’Antologia saranno dedicate almeno tre pagine, contenenti la pubblicazione di tutti i lavori inviati (le tre poesie, e/o testo narrativo) e una breve nota bibliografica.

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Larga pubblicità sarà data al concorso e alla sua serata conclusiva, aperta a tutti gli autori e anche al pubblico. Il concorso non prevede alcun fine di lucro. Infatti, tolte le spese organizzative e i costi di stampa per l’antologia, il ricavato sarà devoluto in beneficenza alla Rete Centri Antiviolenza di Raffaella Mauceri.

Per ulteriori informazioni scrivere su Facebook nella pagina della Carovana degli Artisti oppure all’indirizzo E-mail: lacarovanadegliartisti@gmail.com


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Colors of love: le identità GLBT Organizzato dall’associazione siracusana STONEWALL e finanziato dal Csve, il corso è un’occasione formativa per imparare a prevenire e contrastare l’omo e la trans fobia, il bullismo e rendere efficaci le relazioni d’aiuto. Particolarmente consigliata a psicologi, counselor, insegnanti di ogni ordine e grado, assistenti sociali, genitori, educatori e volontari di associazioni che operano in ambito sociale e /o formativo. Docente il dott. Claudio Cappotto, psicologo, sessuologo e psicoterapeuta, dottore di ricerca in Sociologia, cultore della materia presso l’Università di Palermo e assegnista di ricerca in Psicologia Clinica presso l’Università di Napoli Federico II. Tra i suoi temi di ricerca il bullismo omofobico, l’omofobia nei contesti educativi e la costruzione della maschilità legata alla violenza. Nell’area clinica espleta da tempo attività di counseling per la popolazione glbt presso l’Associazione GEnitori ed amici Di Omosessuali (AGEDO) di Palermo. Membro dell’Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere svolge attività consulenziali per persone transessuali FtoM ed MtoF in itinere per la riattribuzione del sesso presso enti pubblici e privati. Parlerà di identità gay, lesbica, bisessuale e transessuale; bullismo omo e trans

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Ciao Mimì

Ciao Mimi, il tuo cuoricino si è fermato... Hai passato i tuoi ultimi giorni di dolore accovacciata Mara Parisi sul mio letto, senza mai spostarti dalla mia stanza...facevi fatica a salutarmi, ma nonostante questo hai continuato a farmi le fusa ogni volta che ti accarezzavo. Hai avuto una vita bellissima fino a quando, quasi un anno fa, per un tumore sei diventata cieca. Non ti sei abituata alla tua nuova condizione (a 17 anni non è facile accettare un cambiamento così pesante!). Poi è stato tutto un calo. Hai iniziato a non toccare più cibo e a bere tanta acqua. La mattina mi svegliavo con la paura di trovarti morente. Stavi male, lo capivo dai tuoi miagolii, dalle unghie che erano sempre fuori, dalle tue zampette tese, dal fatto che non facevi più niente di quello che facevi prima. Sono rimasta con te, ti ho accarezzata finché l'anestesia ha fatto effetto sul tuo corpicino provato, poi ti ho affidato al veterinario. Volevo che avessi una morte dignitosa e serena. Avrei preso la stessa decisione per un familiare morente. Odio il dolore inutile. Odio la sofferenza se il finale sarà comunque la morte. Non ti ho voluto vedere morta. Ti voglio ricordare com'eri in vita. Spero che tu possa aver capito tutto l'amore che ti ho dato, un amore grande come quello che tu hai dato a me.

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sanità

Autismo, l’ASP in campo con salienti iniziative A CURA DEL CAPUFFICIO STAMPA ASP AGATA DI GIORGIO

La Direzione aziendale dell’Asp di Siracusa ha concluso le selezioni di tre operatori a contratto, due pedagogisti ed uno psicologo, da destinare alla Neuropsichiatria infantile afferente il Dipartimento Salute mentale diretto da Roberto Cafiso, che saranno dedicati agli interventi educativi e riabilitativi nell’ambito dei disturbi autistici. Sarà così possibile, unitamente al personale di ruolo, effettuare per ogni paziente un accurato inquadramento diagnostico, una valutazione multidisciplinare e piano di trattamento personalizzato ambulatoriale e domiciliare, parent training e follow up. Si tratta di un passo propedeutico all’avvio del Centro per diagnosi e trattamento intensivo precoce destinato ai bambini di età compresa tra 1 e 6 anni. Ad annunciarlo è il commissario straordinario Mario Zappia che conferma la particolare attenzione che l’Azienda sta ponendo nei confronti dei pazienti autistici con salienti iniziative dislocate in tutta la provincia di Siracusa. A Siracusa sarà inoltre creato un campus estivo nel quale i bambini autistici potranno svolgere attività sportive di vario genere, pensate e individualizzate secondo le competenze di ciascuno dei partecipanti. A tal fine l’Unità operativa di Neuropsichiatria infantile di Siracusa ha aderito al “Progetto Aita” che partirà la prossima estate. Obiettivo di questo progetto è quello di supportare le strutture specializzate di Neuropsichiatria Infantile e proporre iniziative ludico-sociali, per consentire di migliorare la qualità della vita dei bimbi e delle loro famiglie che vivono la quotidianità di tali problematiche. Siracusa pertanto si allinea ai campi estivi già promossi già da diversi anni dall’AITA organizzati a Catania, Roma e Milano. L’integrazione sarà coordinata da tutor psicologi, opportunamente formati e da neuropsichiatri infantili dell’Asp di Siracusa. Il patrocinio con l’Unità operativa di Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù”, offre una supervisione di eccellenza in merito. A Lentini inoltre operatori della NPIA hanno strutturato e condotto un gruppo di auto aiuto per genitori di minori con disturbo dello spettro autistico o con disturbi generalizzato dello sviluppo. Sempre nel distretto di Lentini l’Asp di Siracusa ha inoltre compartecipato al monitoraggio ed alla verifica del progetto destinato ad autistici nel comune di Francofonte con la cooperativa sociale “Corallo” di Lentini provvista di figure professionali assunte grazie ai fondi di bilancio dedicati messi a disposizione dall’Azienda. Il progetto ha avuto una durata di sei mesi ed hanno partecipato bambini individuati dalla Neuropsichiatria in collaborazione con l’associazione dei genitori “Un futuro per l’autismo” di Lentini.

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Il commissario dell’ASP Dott. Mario Zappia

Di recente infine l’Azienda ha avviato un progetto sperimentale che ha sottoposto al vaglio dell’Assessorato alla Salute che riguarda l’ossigenoterapia per migliorare il quadro clinico complessivo del disturbo autistico. Si tratta di una sperimentazione a rischio zero per i piccoli pazienti opportunamente assistiti, che ha tra l’altro lo scopo di evitare costosi viaggi della speranza nel nord Italia. È infine in via di sblocco un bando per la convenzione con una struttura semiresidenziale dotata dei requisiti previsti dalle normative attraverso la quale si potranno dare risposte più incisive alle famiglie portatrici di questo significativo disagio.



Condannati a morte o gettati in carcere

attualità Sebbene non ci sia alcuna norma che formalmente condanna l’ateismo in Bangladesh, le autorità stanno incriminando questi blogger con le accuse di offesa all’islam e al suo profeta. Secondo Roy, l’esecutivo ha fatto questa facile mossa per ingraziarsi una manciata di mullah del cui supporto ha bisogno per vincere

Morte agli atei in nome di dio “Afghanistan, Iran, Malesia, Maldive, Mauritania, Nigeria, Pakistan, Quatar, Arabia Saudita, Somalia, Sudan, Emirati Arabi. Yemen una vera e propria era glaciale. A Dhaka si sono svolte imponenti manifestazioni di giovani pro laicità e democrazia contro il partito islamista Jamaat-e-Islami, coinvolto nei crimini della guerra d’indipendenza nel 1971. La scrittrice Tasmila Nasreen ha appoggiato la mobilitazione paragonandola a quella egiziana di piazza Tahrir. Proprio lei: la donna colpita dalla fatwa per il suo romanzo Vergogna. Si sono fatti sentire però anche gli integralisti islamici, che hanno invocato la morte per i blogger militanti bollati come atei, accusati di blasfemia per le critiche alla religione, ed è morto a febbraio accoltellato dai fondamentalisti un noto blogger e attivista per i diritti, Ahmed Rajib Haider. Ma il governo della premier Sheikh Hasina, a capo del partito Lega Awami, invece di difendere gli aggrediti e garantire libertà di espressione, ha preferito tranquillizzare i fondamentalisti. Rivolgendosi ai partiti islamici che chiedono punizioni esemplari per i blogger atei, il primo ministro Hasina ha risposto: “Non avete bisogno di fare alcuna mobilitazione. In quanto islamica, ho la responsabilità di agire”. “Abbiamo già deciso i provvedimenti da prendere contro i responsabili che hanno ferito i sentimenti religiosi della gente”, ha aggiunto. Il governo ha quindi imposto la chiusura di siti giudicati antireligiosi e promesso che perseguirà chi offende la religione. Si è passati anche all’arresto di almeno tre blogger, che rischiano fino a 10 anni per blasfemia. Proprio il 6 aprile a Dhaka si è svolta una manifestazione organizzata dal gruppo integralista Hefajat-e-Islam con centinaia di migliaia di persone, in cui si chiedeva che i blogger “blasfemi” venissero impiccati. Il grave pericolo per i diritti umani è che un governo intimidito si pieghi alle imbeccate dei gruppi religiosi più facinorosi. In Bangladesh proprio gli islamisti hanno fornito alle autorità una lista nera di “blogger atei”, diversi dei quali sono stati arrestati, i loro sito chiusi o censurati. A rischiare il carcere e pene pesantissime potrebbero essere altre 84 persone, presenti nell’elenco degli islamisti. Come denuncia con una nota l’International Humanist and Ethical Union, l’organizzazione internazionale delle associazioni di non credenti di cui fa parte l’Uaar, questi arresti rappresentano il fallimento delle autorità di focalizzare l’attenzione sulle reali questioni di giustizia e mostrano come il governo stia finendo nella trappola tesa dai fondamentalisti. Sonia Eggerickx, presidente Iheu, ha aggiunto: “ancora una volta si dimostra come le leggi sulla blasfemia siano sempre una rovina per la libertà di religione e per l’espressione delle opinioni politiche”, perché vengono usate dai fondamentalisti contro gli oppositori. Il governo del Bangladesh si è impegnato a punire i criminali di guerra islamisti, “ma ora viene distratto da accuse calunniose proprio contro alcune delle persone che hanno fatto campagna per la giustizia”. Sono stati confermati gli arresti dei blogger Subrata Adhikari Shuvo, Mashiur Rahman Biplob, Rasel Parvez, nonché del più noto Asif Mohiuddin, già aggredito a gennaio. Tutti sono stati interrogati e sarebbero ancora in carcere. Avijit Roy, il fondatore del sito Mukto-Mona che riunisce razionalisti, atei, laici, filosofi, scienziati, attivisti per i diritti umani, denuncia come gli islamisti abbiano condotto una campagna di disinformazione per etichettare i blogger “atei” e “blasfemi”. E che il governo con questi arresti ora sta tentando di accontentare questi islamisti”.

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le imminenti elezioni. Ancora una volta, dunque, i leader religiosi integralisti esprimono il peggio di se stessi prendendosela con chi ha opinioni più libere e incitando il proprio gregge a fare altrettanto. Le autorità politiche si fanno a loro volta condizionare, preferendo seguire il volere della massa piuttosto che far rispettare i più elementari diritti umani. Rischiando di far naufragare le istituzioni fondate su principi di democrazia, diritti civili e laicità in un autoritarismo integralista su pressione delle organizzazioni religiose più combattive. Giovani innocenti finiscono in carcere colpevoli soltanto di essere atei. E di dirlo apertamente. Rischiano anche la morte, dentro e fuori dal carcere, come abbiamo già denunciato da tempo. Mentre le istituzioni nazionali e internazionali non rispondono adeguatamente temendo di indispettire gli integralisti religiosi, che invece di ridurre le proprie pretese si fanno sempre più baldanzosi. O peggio, fanno come il nostro ministro degli Esteri, Giulio Terzi, che si era schierato a favore delle normative liberticide che puniscono la critica alla religione. Terzi si era pure lasciato scappare una certa simpatia per le Costituzioni dei paesi islamici che valorizzano le “radici religiose”.



scienze

Prove scientifiche della superiorità femminile Londra - All’inizio fu la donna. Almeno secondo le ultime scoperte sul Dna dell’equipe del professor Peter Goodfellow dell’Imperial Cancer Reaserch Fund britannico che, in uno studio pubblicato in questi giorni, sostiene che il “maschio” è frutto dell’interferenza di un gene “repressore”. Anzi di un frammento di gene battezzato con la sigla di Sry, identificato nello stesso laboratorio già alcuni anni fa. In sintesi, Goodfellow sostiene che l’embrione sarebbe naturalmente portato a sviluppare caratteri sessuali femminili, se non fosse per l’interferenza, alla settima settimana di vita del feto, di questo “fattore” estraneo, ereditario, preordinato a scatenare nell’embrione la produzione del testosterone necessario a modificare la morfologia del nascituro.
Lo scienziato ama descrivere la sua ricostruzione genetica come un “incidente di percorso” per la femmina al momento del concepimento. Lo Sry è un frammento del Dna del cromosoma “y”, chiave della differenza tra sessi. Quando fu scoperto, gli scienziati si convinsero inizialmente che la donna fosse un “uomo difettoso”. Invece, secondo Goodfellow, non esiste una “passività” del genere femminile. La femminilità è il modo naturale di essere, e solo un “repressore” la trasforma in mascolinità. La superiorità naturale degli esponenti femminili in molte specie viventi è scientificamente provata, così come oramai è evidente la superiorità della Donna in tante attività umane, in famiglia, nella società, nel lavoro, negli studi, nel linguaggio ecc. ecc. E dunque sono sempre più sciocche e più pietose le vecchie resistenze maschiliste. Tanto è inutile perché prima o poi le Donne avranno la meglio sui maschi e quindi è opportuno che questi ultimi si consegnino il prima possibile nelle sapienti mani femminili con piena fiducia e devozione. Che non significa scaricare su di loro tutte le responsabilità ma aiutarle a gestirle insieme e lavorare affinché si possano portare a termine i loro meravigliosi progetti di vita. La filosofa Michela Marzano spiega questo concetto nel suo saggio del 2010 “Sii Bella e Stai Zitta“: “Essere dalla parte delle donne non significa sognare un mondo in cui i rapporti di dominio possano finalmente capovolgersi per far subire all’uomo ciò che la donna ha subito per secoli. Essere dalla parte delle donne vuol dire lottare per costruire una società egualitaria, in cui essere uomo o donna non abbia alcuna rilevanza. Non perché essere uomo o donna sia la stessa cosa, ma perché sia gli uomini sia le donne sono esseri umani che condividono il meglio e il peggio della condizione umana. L’obiettivo della donna non è quello di dominare l’uomo, dopo essere stata dominata per secoli, ma di lottare perché tutti e tutte escano progressivamente da questa logica di dominio, senza dimenticare che, nonostante tutto, l’essere umano è e resterà sempre profondamente ambivalente”. Le donne sono sublimi, meravigliose, fantastiche. La delizia dell’universo, del creato. Noi non vogliamo la parità tra uomini e donne. Le donne sono meglio. Sono più belle e più buone. Danno la vita, danno il latte, danno l’amore. Gli uomini non sono all’altezza di un compito che richiede tanta cura e lo hanno ampiamente dimostrato con diecimila anni di guerre. 
Questo libro vuole fare giustizia di tutte le sciocchezze che si sono dette sull’inferiorità della donna. È un tributo, un’ovazione a tutto quanto femmina. 
Regalatelo alla donna che amate inginocchiandovi ai suoi piedi e abbracciando i suoi ginocchi. Se invece conoscete un maschio che ancora non ha capito la stupenda superiorità della donna fateglielo comprare. E passando alla cassa chiedete

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che non gli venga fatto lo sconto... Donna è bello, anzi bellissimo. di Jacopo Fo, D. Triolo e M. Musicanti - Edizioni Demetra Gli uomini si credono molto più intelligenti di quanto non siano, le donne molto meno: l’analisi di una trentina di studi scientifici operata da Adrian Furnham, professore di Psicologia presso University College di Londra, non entra nel merito del dibattito su chi sia “più intelligente” tra uomini e donne, ma indaga la percezione soggettiva dell’intelligenza in base al genere. E a quanto pare “si pensa” che gli uomini siano più intelligenti, con tutte le conseguenze che ne derivano, prima fra tutti l’eccessiva imposizione dei punti di vista maschili nelle decisioni, specie nel lavoro e in politica. Dice Furnham: “nei maschi c’è sicuramente un ego più sviluppato; la percezione discende da ciò che noi chiamiamo hybris (dal greco: tracotanza o superbia) maschile, da un lato, e umiltà femminile dall’altro (…) Il risultato dello studio è sorprendente, considerato che le ragazze che hanno accesso agli studi, dimostrano statisticamente di ottenere risultati migliori dei maschi”. Lo studio dimostra in effetti che, mentre le donne sottovalutano il loro quoziente intellettivo di ben 5 punti, gli uomini tendono a sovrastimare il proprio. Ma mostra inoltre che - evidentemente a causa di retaggi duri a morire - anche le donne tendono a sopravvalutare l’intelligenza maschile, almeno degli uomini che le circondano in famiglia, e che entrambi i sessi tendono a sovrastimare l’intelligenza dei figli maschi rispetto a quella delle figlie femmine, influenzando così anche le loro percezioni. Un diffuso pregiudizio che ha notevole ricaduta sulla vita quotidiana, a partire dalla fiducia in sé stessi, che si consolida più facilmente negli uomini, mentre nelle donne si tende a enfatizzare la dipendenza e, dunque, l’insicurezza. Sovrastimarsi porta all’arroganza, ma anche sottostimarsi produce effetti nefasti… Serve ricordarlo?


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Educazione sessuale

costume

Italia: un paese ignorante e “maleducato” Alcuni dati. 135 donne uccise nel 2012 da uomini, violenze sessuali in numero abnorme e nemmeno più verificabile. Atti omofobi. Tre suicidi di adolescenti perché gay. Vado oltre e entro nel difficilissimo terreno del rapporto personale col sesso: 9 milioni di uomini italiani pagano per praticare sesso mercenario. Siamo il primo Paese per turismo sessuale pedofilo. Eppure il nostro Paese schizofrenico e un po’ cieco è rimasto sorpreso e ancora parla del recente caso di prostituzione giovanile ai Parioli. Cadiamo dal pero? Altri dati. In Italia si verificano ancora 9 mila maternità in ragazze di età inferiore ai 18 anni. 9 mila! E continuiamo a cadere dal pero. Nelle regioni del Sud crescono i casi di maternità sotto i 15 anni. Qualcuno ha parlato di problema di crollo dei valori, certo, ma è evidente che c’è soprattutto un problema di conoscenza (che è quella che crea la coscienza) sui temi che riguardano il sesso e la sessualità propria e altrui che andrebbe affrontato, in modo serio e maturo, sin dai primi anni di pubertà. Sulle modalità per dare avvio a tale campagna conoscitiva possiamo aprire un confronto, un discorso concreto sulle azioni, ma non continuare a ignorarlo o sottacerlo. In Italia non esiste l’educazione sessuale in famiglia, non esiste a scuola, non esiste un’ informazione sessuale adeguata nemmeno per gli adulti. Solo il 2% delle donne italiane usa la pillola regolarmente, contro il 41,5% delle francesi. Il mezzo di contraccezione più usato dagli italiani è il coito interrotto. Poche le coppie che usano il preservativo. L’Aids è ancora un’emergenza. Pillola del giorno dopo: il nostro Paese è l’unico al mondo, tra i 61 che hanno autorizzato la vendita del farmaco, a richiedere un test di gravidanza prima di concederne la prescrizione. E il test è disponibile solo nel 20% di consultori e dei pronto soccorso. Nelle Regioni meridionali c’è il vuoto assoluto: solo l’11% dei luoghi deputati alla prescrizione della contraccezione d’emergenza è in grado di effettuare i test di gravidanza rapidi. Così, al posto dell’ascolto, dell’accoglienza e della soluzione, le ragazze trovano rifiuti, porte chiuse, velati rimproveri e mille difficoltà disseminate lungo la strada. Legge 194 e problema obiezione di coscienza: tra i ginecologi è elevatissima, oltre due su tre si rifiutano di eseguire l’intervento. Infatti, a livello nazionale, si è passati dal 58,7% di ginecologi obiettori del 2005, al 69,3 nel 2010 e nel 2011, con punte massime nelle regioni del Sud (Sicilia, Basilicata, Campania).Un’inchiesta della Laiga (Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’Attuazione della legge 194) condotta sul Lazio documenta una situazione ben più grave, con il 91,3 per cento dei ginecologi ospedalieri obiettori di coscienza. No, non è il Ruanda, è l’Italia e noi ci stupiamo sempre nel leggerli come se vivessimo su Marte. a scuola, senza un esplicito permesso, che i genitori difficilmente concedono, non si possono trattare temi inerenti il sesso. Il rischio? Denuncia per abuso dei mezzi di correzione, reato penale. E dunque bocche cucite anche di fronte alle domande. Dati messi insieme in modo un po’ brutale, a saltare, perché in realtà la sorgente dei problemi è unica: l’ignoranza sessuale degli italiani e delle italiane. Ignoranza che però co-

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mincia ad avere “effetti collaterali” ormai insostenibili. Sia sul piano dei comportamenti patologici, problematici e violenti, sia per le ricadute di comportamenti in età sempre più basse, sia anche su quello economico. Identità sessuale, genere, sesso, rispetto di genere. Con quale conoscenza e consapevolezza si formano in chi cresce le raffigurazioni e le concezioni personali al riguardo? “Nessuna” sarebbe già una brutta risposta. E invece la risposta è ben peggiore: si formano con notizie vaghe, pessime, estemporanee, non guidate e non filtrate da educatori adulti o personale preposto (sessuologi, medici, psicologi) provenienti da: a) i media, b) il web, c) i coetanei. Un/a bambino/a, un/a adolescente sono adulti al quadrato, nel senso che vedono, ascoltano e metabolizzano tutto quello che vedono fare agli adulti, a maggior ragione se il canale di conoscenza è mediatico o digitale, amplificando e imitando ciò che vedono. Tutto quello che lasciamo vuoto in termini di educazione e indirizzo si moltiplica per imitazione. Cosa vedono, ascoltano e metabolizzano, da soli e senza filtri guidati, da media e web riguardo a temi sensibili come: il sesso, il corpo, il rapporto col proprio corpo, il rapporto con la propria e l’altrui sessualità, il giudizio e il rispetto riguardo questi temi? Di tutto di più, quello che vediamo noi vedono loro. E cosa vedono, ascoltano e metabolizzano a scuola su queste


costume tematiche? Zero assoluto. Fossero anche informazioni indispensabili dal punto di vista medico/sanitario in termini di prevenzione o pratiche sane. Zero assoluto anche come consapevolezza guidata all’identità di genere. Anzi, al riguardo altro segno negativo: i libri di testo scolastici, strumento principale di trasmissione di conoscenza e cultura nelle scuole, trasmettono stereotipi sessisti tali che se aprissimo un libro di fine ‘800 non troveremmo grandi differenze. Cosa pensano del sesso o della loro identità di genere gli adolescenti? Esiste ancora una sacralità del proprio e dell’altrui corpo? Esiste ancora l’idea di un unicum totale tra il corpo e la persona? Esiste una consapevolezza reale della sessualità? Ok, domande difficili, ma sono domande che devono porsi. Riguardo alle tematiche, ma anche riguardo i comportamenti relativi a sesso, sessualità e genere ci troviamo di fronte a un problema enorme in Italia. Eppure lo ignoriamo un po’ tutti. E il problema si somma all’assenza di una riflessione collettiva sulle consapevolezze di genere, sul rispetto di genere (anche verso se stessi) e sulla rimozione degli stereotipi, che anzi, sono cresciuti e sono sempre più radicati. Eppure i nodi sono quelli, qualunque sia poi la declinazione reale dei problemi: violenza, femminicidio, discriminazione, disparità, omofobia, prostituzione, sia adulta che giovanile, il bandolo della matassa è tutto là: mancata conoscenza e mancata consapevolezza al riguardo. Ne risulta che le nuove generazioni sono abbandonate a se stesse. Del resto anche gli adulti, come s’è visto sopra, non brillano per conoscenza, comportamenti e pratiche, e senza esclusione di ceto, formazione o luogo. Basta osservare l’immaturità e l’incultura con cui la stampa, anche accreditata e matura tratta certi temi e certe notizie. Attenzione: non è un tema moralistico, ma un argomento su cui è necessaria un’informazione sana e corretta, a scuola, o nei luoghi preposti, attraverso una formazione

Miracoli e Manicomi

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adeguata di tipo medico/sanitario, ma anche estesa a educatori e genitori, per trasmettere nuovi modelli e strumenti per la formazione di una sana identità di genere, come anche sessuale, nel segno del rispetto, dell’educazione alla libertà e dell’autodeterminazione. Un’informazione sana e corretta che riguardi anche gli adulti e inglobi il sistema informativo, così come indicato nella Convenzione di Instanbul recentemente ratificata nel nostro Paese. Si deve occupare con educazione, cultura e informazione uno spazio colpevolmente vuoto nella crescita dei ragazzi e nella crescita del Paese. Partiamo da zero. In modo laico, attento e maturo. Via dal falsante circo mediatico che seduce, coinvolge e stritola, senza nessuno scrupolo, lasciando però i ragazzi e le ragazze sempre là: lontani anni luce dagli adulti, ma in perenne osservazione e ingigantimento del comportamento degli adulti stessi. E non è un bel vedere. Mila Spicola




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