ScriverEsistere Magazine n2 - 2022

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www.scriveresistere.it

Febbraio 2022 ANNO 3 - N° 2

La Meridiana Società Cooperativa Sociale Viale Cesare Battisti 86 20900, Monza (MB)

"il magazine di chi scrive con gli occhi"

Iscrizione Num. R.G. 24/2021 Tribunale Ordinario di Monza (MB)

LA MERIDIANA ABBRACCIA PAPA FRANCESCO

Vi ringrazio tutti perché siete un seme di speranza

Foto ©Vatican Media

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o scorso 4 febbraio, Roberto Mauri, Presidente della Cooperativa La Meridiana, Rita Liprino, responsabile raccolta fondi, e Luisa Sorrentino coordinatrice di Scriveresistere, si sono recati a Roma su invito del Presidente della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, Arnoldo Mosca Mondadori, per incontrare Papa Francesco. All’udienza privata hanno partecipato in prima fila persone in stato di povertà, disabilità, emarginazione sociale e detenzione coinvolte nelle iniziative che la Fondazione promuove in diversi paesi del mondo per restituire loro dignità e reinserimento attraverso il lavoro. Queste le prime parole pronunciate da Arnoldo Mosca Mondadori: “Grazie Santo Padre di averci accolto qui tutti insieme per i 10 anni di questa fondazione che si chiama “Casa dello Spirito e delle Arti”. I protagonisti e il cuore della fondazione sono le persone che provengono da situazioni di grande disagio, e vivono le esperienze del carcere, della guerra e condizioni di emarginazione.(…)” E dopo aver elencato i nomi dei diversi gruppi presenti provenienti dall’Italia e dall’estero, ha aggiunto: “Siamo contenti che con noi ci siano anche gli amici di La Meridiana con il loro Presidente Roberto Mauri. Loro aiutano tante persone malate di SLA, di Alzheimer, persone che stanno fra il confine della vita e della morte. La loro assistenza e cura conferisce dignità.”

Il Papa ha accolto gli amici della Fondazione con queste parole:

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti! Grazie di questa visita. Ringrazio il mio amico Arnoldo Mosca Mondadori per la sua presentazione. Grazie, Arnoldo. Saluto i detenuti delle carceri di San Vittore a Milano, di Opera e di Alba, con i Direttori e il personale. Mi congratulo per il vostro lavoro. Sono attività artigianali, e hanno anche un valore simbolico cristiano: preparare le ostie per la celebrazione eucaristica; costruire strumenti musicali con legno recuperato dalle barche dei migranti; la falegnameria, come San Giuseppe e Gesù; la produzione del vino, che è il simbolo della festa, ricordiamo le nozze di Cana!... Saluto le persone rifugiate, che fanno lavori di sartoria. Saluto le ragazze madri, con i loro bambini. Saluto le persone con disabilità, che pure collaborano a preparare le ostie e i violini. Saluto i musicisti dell’orchestra multietnica, con i direttori e il maestro Piovani che ha composto la musica per il “Violino del mare”.

Il bello delle alleanze

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ESISTERE... per costruire amicizia sociale Saluto le persone venute dalla Spagna, dal Brasile e dall’Argentina, così come i volontari e collaboratori. Vi ringrazio tutti perché siete un seme di speranza. Con il sostegno della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, voi date dei segnali che si oppongono alla cultura dello scarto, purtroppo diffusa. Invece voi cercate di costruire, con le “pietre scartate”, una casa dove si respiri un clima di amicizia sociale e di fraternità. Non tutto è facile – lo sappiamo - non sono tutte “rose e fiori”! Ognuno di noi ha i suoi limiti, i suoi sbagli e i suoi peccati. Tutti noi. Ma la misericordia di Dio è più grande, e se ci accogliamo come fratelli e sorelle Lui ci perdona e ci aiuta ad andare avanti.

Vi ringrazio ancora e vi incoraggio a continuare il cammino. La Madonna e San Giuseppe vi accompagnino. Che abbiate sempre tra di voi e nei vostri laboratori lo spirito della casa di Nazaret! Vi benedico con affetto.

Vi benedico con affetto. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie. Foto ©Vatican Media

IL PAPA SI FA VICINO A LA MERIDIANA E LA BENEDICE

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uelle del Papa, sono parole che lasciano il segno, come quelle pronunciate due giorni dopo, precisamente domenica 6 febbraio, nell’intervista con Fabio Fazio: “… forse qualcuno si scandalizzerà ma, se richiesto, tutti hanno diritto al perdono”. Parole, quelle dell’intervista su Rai3, che avrebbero bisogno di essere riascoltate, di essere oggetto di intensa meditazione.

La benedizione di Papa Francesco è una benedizione che si estende a tutte le persone che vivono situazioni di fragilità, di malattia, di emarginazione. “Quando mi sono avvicinato a Papa Francesco per donare alcune copie di Scriveresistere, del magazine “La Meridiana Oggi” e i libri scritti dai nostri ospiti di SLAncio, Pippo Musso e Luigi Picheca – racconta Roberto Mauri –mi sono sentito avvolgere da una forte emozione. In quel momento è come se fossi “sparito” e lì, con me, c’erano i nostri anziani, i nostri ammalati, i familiari, gli operatori, i medici, gli infermieri. C’era tutta la sofferenza, la fatica, il nostro coraggio, il desiderio di fare del bene e di farlo bene. Al Papa ho presentato brevemente il nostro lavoro, le nostre gioie, gli sforzi quotidiani nell’accudire ammalati e anziani. Il Papa mi ha incaricato – prosegue Mauri- di portare la sua vicinanza e la sua benedizione a tutti e di non dimenticare di pregare per lui. Ringraziamo di cuore Arnoldo Mosca Mondadori per l’amicizia e la condivisione di esperienze sempre importanti tra la sua Fondazione e la nostra Cooperativa.” “E’ stata una giornata di intensa emozione– aggiunge Rita Liprino – ho abbracciato il Papa con le lacrime agli occhi. Avrei voluto che ci fossero tutti gli amici di La Meridiana. Sono convinta che la bellezza di questa indimenticabile giornata sia giunta a tutti loro attraverso la forza dell’amore. Ho portato nel mio cuore e donato al Papa gli ospiti, gli ammalati, i lavoratori delle strutture di La Meridiana, i donatori, sentimenti e desideri di amici e conoscenti. “Questa occasione unica e straordinaria – dice Luisa Sorrentino – è frutto di un bellissimo e lungo rapporto tra La Meridiana e la Fondazione di Arnoldo Mosca Mondadori, entrambi spinti dalla stessa missione: prendersi cura della Persona. Anche in questo periodo si sta lavorando insieme su una iniziativa particolarmente speciale, il concorso letterario Premio SLAncio, promossa dalla redazione costituita da persone malate di SLA,

Roberto Mauri presenta la nostra Cooperativa e consegna a Papa Francesco scriveresistere, i libri di Pippo Musso e di Luigi Picheca e il periodico La Meridiana Oggi . che è stata capace di coinvolgere centinaia di persone in tutta Italia. Abbiamo dato a Papa Francesco due numeri del nostro magazine scritto con gli occhi Scriveresistere e sono certa che li sfoglierà perché scrivere è sperare oltre che esistere, è credere nella vita. Voglio aggiungere una piccola confessione personale sull'esperienza di incontrare il Papa di persona: succede qualcosa dentro che ha il potere di modificare la realtà. Mi spiego meglio. Finché non ho visto lo scatto fotografico che mi riprendeva mentre stringevo la mano al Papa avrei giurato di non averlo toccato perché non ho memoria di questo contatto. Ricordo invece che mi sono persa nei suoi occhi aperti verso di me, occhi che si donavano senza pudore, abbandonati a ciascuno di noi, uno per uno, unici. So che anche a Rita Liprino, che l’ha addirittura abbracciato, è successa una cosa simile e mi chiedo da psicologa se questa emozione sia quella che si chiama angoscia della bellezza.” “Forse non ci sarà occasione per abbracciare direttamente il Papa, - commenta Fulvio Sanvito, neo direttore de La Meridiana - ma sicuramente avremo la possibilità di affiancarlo e sostenerlo nella difficile battaglia della vita con la preghiera, per chi è credente, e con pensieri positivi per chi non lo è. Una “missione” che accogliamo con gioia e che sono convinto potremo condividere con gli ospiti, i familiari e gli operatori delle strutture de La Meridiana.” In questi video di Vatican News una sintesi dell’incontro con Papa Francesco https://www.youtube.com/watch?v=LPa8m-2Nmus&authuser=0 https://www.youtube.com/watch?v=pI5Lgn_3nEk&authuser=0 Ufficio Stampa Cooperativa La Meridiana Fabrizio Annaro - fabrizio.annaro@gmail.com – 334.656.0576


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SCRIVERE... l'amore per la vita

LO STUPORE SI PROVA VIVENDO In viaggio con la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti. di Luisa Sorrentino

Conosco Arnoldo Mosca Mondadori dal 1992, quindi, da trent’anni. L’ho visto crescere e, benché io abbia ben venticinque anni di più, sono cresciuta con lui. Sì, perché tutti e due ci siamo sempre buttati nelle braccia della vita, convinti che bisogna osare e soprattutto amare. Quindi durante il cammino di questi trent’anni ci siamo trovati sulla stessa strada mille volte e quando ho detto ad Arnoldo che volevo presentare la sua Fondazione su scriveresistere, lui mi ha detto “raccontala tu”. Ci provo, anche se non è facile quando i fatti sono molti, eccezionali e si mescolano con lo stupore.

In carcere c'è una luce accesa Non avrei mai immaginato di andare in carcere e fare un’esperienza tanto coinvolgente, come quella di trovare in mezzo ai quei lunghi corridoi grigi, i silenzi, i rumori metallici, le voci indistinte, una stanza piena di luce: il laboratorio di produzione di ostie per le celebrazioni eucaristiche. Un mondo nel mondo. Si chiama “Il senso del Pane” uno dei progetti più importanti della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti (www.casaspiritoarti.it), che ha preso vita nel carcere di Milano-Opera per diffondersi in sedici Paesi del mondo. Arte e spirito: sì, perché ci vuole arte per parlare attraverso la bellezza, e arte artigianale per fare un’ostia dopo l’altra, fare milioni di ostie, una ad una. E ci vuole amore per riparare ai propri errori, aprire l’anima alla speranza e al perdono. Persone dimenticate dietro le sbarre, colpevoli di gravi reati, con le stesse mani che hanno fatto del male, impastano la farina pensando che il prodotto del loro lavoro non troverà catenacci, né confini e sarà liberato per trasformarsi, con la consacrazione, nel Corpo di Cristo. Entrare nel laboratorio è una vera emozione perché si sente all’improvviso un sollievo, battere il cuore della vita, intuire un senso, brillare qualcosa di indefinibile. C’è cura dei particolari, pulizia accurata, ordine, rispetto di cose e persone: sembra una sorgente purificante. Le persone che vi lavorano hanno scelto di affrontare le proprie coscienze e giorno dopo giorno i loro sguardi si accendono di quella luce che restituisce la dignità smarrita. Le sbarre restano alle finestre, eppure si riesce a guardare oltre, a vedere il cielo. Qui è stato messo il primo seme del progetto e da qui sono fioriti gli altri laboratori nel mondo. Attraverso video lezioni , Cristiano, Mattia, Vincenzo … hanno insegnato a fare le ostie a detenuti, poveri, ex tossici, ex ragazzi di strada, ragazze madri, in Italia e tanti altri Paesi. Non è una cosa straordinaria, una notizia esplosiva che fa scoppiare il cuore di gioia? Il volto della speranza?

Ma non si finisce ancora di sperare. Infatti, nella Casa di Reclusione di Alba, zona dei grandi vigneti, è nato un progetto nuovo dal nome molto particolare: Ventisette. 27 è il numero dell’articolo della nostra costituzione che dice che i carcerati vanno riabilitati, l’articolo che afferma il diritto alla dignità. E ora, nelle campagne di Alba, alcuni detenuti della Casa di Reclusione imparano a lavorare la vigna fino alla produzione del vino, che poi viene donato alle parrocchie per le celebrazioni eucaristiche. Apprendimento e lavoro: gli errori che si riparano, la vita che riacquista senso, la dignità che viene ritrovata. C’era il sole quel giorno in cui ci siamo ritrovati per firmare un accordo tra il carcere, la cantina, la fondazione e la cooperativa Casa dello Spirito e delle Arti che mette in opera le attività, dà lavoro regolare. Arnoldo ha voluto me come presidente.

Certo, in tutto c’è la mano di Arnoldo Mosca Mondadori, un nome familiare e inconfondibile. È la vita che ci ha fatto incontrare e continua a farci camminare insieme.

Se devo dire chi è Arnoldo per me, dico solo che è un amico fuori dal normale, una forza della natura, un compagno di strada con cui si vivono solo esperienze stra-ordinarie e soprattutto spirituali. La Meridiana me l’ha fatta conoscere lui. Anzi, un giorno mi ha detto “devi venire assolutamente con me, perché ti devo presentare una persona” e mi portò a Monza per incontrare il mio ormai grandissimo amico Pippo Musso! E così nacque “Ci vediamo tra cent’anni” il libro che racconta come non basta la sla per spegnere la vita! E da allora per me Fondazione e La Meridiana sono una coppia inseparabile unita dall’amore per il prossimo, dal desiderio e la forza di fare il bene. Adesso siamo insieme per fare Premio SLAncio, una piccola grande impresa sotto la bandiera della speranza. Ma la vita non finisce mai di stupire.

E la musica rende fratelli tutti Da presidente del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, la prima cosa che fece Arnoldo fu andare a caccia degli emarginati talentuosi per portali a scuola, così ha fatto studiare i bambini e i ragazzi rom. Chiamammo il progetto “Sulla strada della musica” e fu davvero qualcosa di bello ed emozionante veder fiorire potenzialità straordinarie nascoste nelle periferie dimenticate, in chi viveva nei campi di roulottes e suonava nei metrò e per strada. Dalla strada al palcoscenico, dall’emarginazione al riconoscimento e l’esaltazione del talento frustrato dall’indifferenza. Illuminante vedere che chi conta è proprio chi sembra non esistere! Ricordo bene i volti sorridenti, le lunghe trecce scure che testimoniano l’orgoglio di appartenenza e la soddisfazione di essere accolti come parte integrante e valida della società. Ai rom si sono aggiunti tanti altri giovani di Paesi lontani fra loro, ma uniti da un progetto comune e dalla musica, capace di far entrare in armonia tutti. L’Orchestra dei Popoli ha riempito di note la zona Ticinese a Milano dove i ragazzi si riunivano per le prove. Anche se le lingue sono diverse, sembra che ce ne sia una sola e il mio stupore è cresciuto quando è nata “La rete delle piccole orchestre dei popoli”: un’orchestra di piccole orchestre fatte anche di bambini, ha suonato lo stesso brano in contemporanea da tante parti del mondo, e con strumenti tipici di ciascuna tradizione culturale; un brano diventato bandiera di fratellanza, mostrando al mondo che si può essere “Fratelli tutti” ( dedicato a Papa Francesco).

Dunque, al centro sempre i piccoli, i lontani, i poveri ma ricchi di talento e umanità da valorizzare. Capitava d’incontrare con loro Caterina Caselli o Lucio Dalla o Gianna Nannini o Battiato o altri noti personaggi, ma a spiccare erano sempre solo loro, i cosiddetti “ultimi”. Lo stupore si fa ancora più forte quando si entra nel dramma dei migranti.

L’armonia viene anche dal mare della migrazione Mentre cerco di raccontare la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti attraverso i miei occhi, mi rendo conto che mi perdo in un’infinità di immagini più che di informazioni, date, nomi eccetera. Penso che ciò che si fissa nella memoria siano gli stati d’animo impressi dalle varie esperienze durante gli anni. Per esempio, se pronuncio la parola “migrante” mi ritrovo nella Chiesa dell’Incoronata a Milano in cui ho sentito per la prima volta “La voce dei sommersi” un brano musicale scritto da Ennio Morricone in memoria dei migranti morti in mare. Vedo Papa Francesco gettare la corona di fiori mentre passa davanti alla Porta di Lampedusa - Porta d’Europa. Vedo la Croce di Lampedusa, simbolo dell’odissea dei migranti costruita con il legno di un barcone affondato, che viaggia ininterrottamente dal 2015 di chiesa in chiesa. Vedo la benedizione di pochi giorni fa di Papa Francesco alle cinque Croci che stanno partendo per un pellegrinaggio nei cinque continenti.

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GUARDARE... gli "altri"

Anche la musica entra attraverso il legno dei barconi.

In cella si lavora il dolore e si trasforma in messaggi di speranza Da anni la fondazione realizza in carcere alcuni laboratori artigianali e a Opera, oltre a quello di produzione di ostie, c’è la liuteria e la falegnameria. Qui si diventa veri e propri artigiani e si prepara la strada al reinserimento futuro. Ad insegnare a fare violini Stradivari sono i rinomati maestri liutai di Cremona e le persone detenute si dedicano con grande passione al difficile e lungo lavoro di costruzione del meraviglioso strumento. Lo costruiscono e lo donano. Il carcere diventa sempre più luogo di doni e di dignità umana. Ma le ultime novità dei laboratori sono state annunciate al Papa proprio in occasione della recente udienza: è nato il primo “Violino del Mare” realizzato con i legni dei barconi e nascerà l’”Orchestra del Mare” (violino, viola, violoncello) i cui strumenti saranno affidati di mano in mano a musicisti di tutto il mondo per divulgare la cultura dell’accoglienza e dell’integrazione. Non so cos’altro aggiungere se non augurarmi che si possano creare nuove alleanze, a cominciare dalla Casa Circondariale di Monza diretta da Maria Pitaniello, già molto vicina a La Meridiana. La strada è aperta. E su questa stessa via speriamo di convergere in tanti, sempre di più, alleati nell’impresa di restituire progetti di vita e di dignità, attraverso il prendersi cura della Persona.

I MILLE VOLTI DELLA DIGNITÀ

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Bastano poche cose per rendere una vita "degna".

ei giorni scorsi la televisione mi ha offerto diversi spunti per riflettere. Il 27 gennaio ricorreva il giorno della memoria; il 3 febbraio ho ascoltato il discorso del presidente della Repubblica Mattarella alle Camere, e il 6 febbraio l'intervista di papa Francesco, ospite di Fazio nella trasmissione "Che tempo che fa". Tre occasioni che, seppure in modi diversi, hanno dato nuovi stimoli ai miei pensieri, come parole che, gridate a bassa voce, hanno iniziato a farsi eco rincorrendosi, sovrapponendosi, intrecciandosi. E a un tratto si sono fuse: nella mia mente ho sentito riecheggiare una parola sola: dignità. Nei campi di sterminio, luoghi infernali in cui gli uomini sono stati privati di ogni caratteristica umana, sono state annientate l’identità e la dignità. Umiliazioni, fame, solitudine, paura, violenza. Ma ditemi voi se questo è un uomo, ci ha chiesto Primo Levi quando è uscito da quell'inferno. Questo è un tema che mi mette profondamente in crisi, perché se allora "gli altri", quelli che non erano ebrei, potevano giustificarsi nascondendosi dietro un non sapevamo, non potremo dire la stessa cosa noi, quando la storia ci chiederà perché non abbiamo fatto niente per impedire che nei campi profughi, uomini, donne, vecchi, bambini venissero trattati come se la loro vita non avesse valore, calpestando la loro dignità. Anche Papa Francesco ha toccato questo tema l'altra sera, facendo riferimento ai migranti e ai lager libici. È nostro dovere farci carico di loro, perché sono persone, e in quanto tali hanno una loro dignità, che non è inferiore alla nostra. Loro e noi siamo uguali. Il papa ha detto una frase molto semplice, che da allora è incisa nella mia testa. Guardare dall'alto in basso un uomo è lecito solo in un caso: quando lo si sta aiutando a rialzarsi. La dignità è un concetto che ha a cuore anche il nostro caro presidente Mattarella. Nel suo discorso alle camere, la parola dignità è stata ripetuta diciotto volte.

scriviconnoi

Alcuni passaggi del suo discorso mi hanno molto colpito: La nostra dignità è interrogata dalle migrazioni, soprattutto quando non siamo capaci di difendere il diritto alla vita, quando neghiamo nei fatti dignità umana agli altri. Dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti. Dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare, e capace di rimuovere gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita. Negli stessi giorni mia figlia Alice, per un esame di università, ha scelto di intervistare diverse persone sul significato del concetto di dignità. Il titolo è molto significativo e profondamente vero: "La dignità è negli occhi di chi guarda". Tra le persone intervistate c'era suo padre, Franco, e c'ero anch'io. Io penso, in sintesi, che spesso si misura il valore della persona in base a quello che fa, in base a quello che dà alla società, a ciò che produce. Ma la persona è un valore in sé. Per chi guarda senza aver provato, la SLA che impedisce di parlare, mangiare, correre, andare, fare, rende la vita senza senso. Ma chi come me ha avuto la sfiga di incontrarla, questa malattia, ha scoperto che bastano poche cose per rendere una vita "degna". Per me sono la capacità di pensare, e la possibilità di dare e ricevere amore. La SLA mi ha costretto a guardare con più attenzione, a vivere più intensamente, a dare immenso valore a ciò che prima forse non notavo più... È come se succhiassi una caramella per tanto tempo, per poi renderti conto che non l'avevi ancora scartata. Allora togli la carta e finalmente ne riesci a cogliere il vero sapore, e non puoi più fare a meno di quel gusto così intenso, anche se adesso sai che si consumerà in fretta... Gli altri, a volte, non capiscono perché non hanno provato.

Diventiamo un coro di voci che raccontano la vita

di Laura Tangorra

Scrivi un tuo pensiero-dono a scriveresistere@cooplameridiana.it


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SCOPRIRE... di non essere mai soli

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Lettera di ringraziamento al mio Angelo custode. cigolava e l’accesso era solo uno! Sicuramente sarà un Angelo, mi dicevo convinto. E sono stato fuori ad aspettare di vederlo uscire… ma non è più uscito! Hai capito, amico Angelo custode, che cosa mi è capitato? Adesso tocca a te rispondermi con un si o con un no! Ancora una domanda. Ti ricordi, mio caro Angelo, quando all'età di 13 /14 anni con i miei amici di gioco siamo andati tutti insieme in piscina senza che io sapessi nuotare? Era mattino presto ed eravamo i primi: quando vidi che tutti si buttavano in acqua restando a galla, pensai fosse una cosa facile e siccome mancavo solo io, senza pensarci troppo come Fantozzi feci un tonfo in acqua! Non l’avessi mai fatto! Sapendo che tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, mi chiedevo “ma che ho fatto! che ho fatto!”, intanto agitavo le braccia e rumoreggiando nell'acqua cercavo di attirare l'attenzione di qualcuno, perché i miei amici erano già lontani da me. Il cuore mi batteva a mille all’ora sapendo che da li a poco sarei morto per annegamento, nonostante l’acqua fosse alta soltanto due metri. In quel momento di panico assoluto ho visto scorrere davanti a me come in un film tutta la mia vita vedendo tutti i miei famigliari che piangevano per la mia scomparsa intorno al mio letto coperto di fiori. Ah! quanto male mi faceva vederli soffrire, mentre dicevo loro di non piangere, che io stavo meravigliosamente bene… Subito dopo, non so neppure come, sono rientrato nella realtà e mi resi conto che l'acqua si era impadronita di me e il mio corpo oramai scivolava via: non c’era più niente da fare, tanto valeva lasciarmi andare… E fu così che mi ritrovai seduto, appoggiato con la schiena alla parete della piscina. Come non lo so, ma so che ad un tratto, prima che chiudessi per sempre gli occhi, come per miracolo mi vidi avvolto con il mio corpo da un’enorme bolla d'aria e respirando pacificamente come stessi fuori dall'acqua. Provai una sensazione dolcissima di pace e pensai che se è così la morte, ben venga! Non ho mai saputo che diamine successe veramente: mi ritrovai incredulo disteso sul bordo della piscina, come se niente fosse mai accaduto. Caro Angelo mio, anche di questo voglio sapere! Credetemi amici, quello che ho detto, amo compreso le grazie ricevute, è tutto Ci vedni t’anni quanto vero come l'amore che porto per tra ce Dio. ni cent’an mo tra Ci vedia

Le domande che avevo programmato sono così tante che non posso fartele tutte insieme e ora purtroppo, caro Angelo mio, ti devo lasciare, ma sappi che quando meno te l’aspetti ti vedrai arrivare un grande pacco postale con dentro tutte quelle che ancora non ti ho fatto! do era po da quan e il tem oratore rag giung ioso, lav o felice, for te e gio oso, nonn i SO, uomo e orgogli cu dr US n pa M co e, ltà PIPPO sua mogli amma la di SL A. no l’umi rato di lo salva si li. inna mo più, ma nsione e gli Ange della pe n la vuole e rapporto con sognato olta e no ial a è strav suo spec a quando La sua vit intorno a sé e il olt av ello are la vita str ero è qu ere vv av sa guard e da po la felicità. per vivere arsi Pip o modo ò chiam ro che sta o lì dent di noi pu ogni ca so, l’unic è solta nt Ognuno in , perché spetta: ha l’a si se e meno vita ch dentro la di vivere

di Pippo Musso

PAUSA DI RIFLESSIONE

Musso

alattia. -mia-m he-della iice, -anc roprio-d sono-fel ì-p a,-s -m da hé -di-mer pace-neanche ,o-il-perc ni n-malattia i-non-s questa -lasciandomi-i -dei-miei-sog alto,…Ogg cy ss batteredi-com erseguita-non a-nella-priva are-di-sopra onitaFelicenz -mi-p pote obbalz -si-è-impadr he re i-s -c -p om di da oso ne mer cend acendo -permes ,-entrand io-sonno,- fa a-il-mio uoi-piaceri,-f di-notte m i-s ndo-ilche-senz disturba rutta-stronza- olo-schiavo-de -b nd ta de ques ,-ren -corpo del-mio ù-le-pare. o, pi ragazzin ciò-che-

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Pippo

aro Angelo custode, dopo tanti anni di convivenza , finalmente ho preso la decisione di scriverti. Eh, lo so, ce ne ho messo di tempo prima di prendere questa grande decisione, però non credere che sia facile scrivere a un Angelo che non ho mai visto né conosciuto! È un po’ come scrivere al nostro Santo Padre Francesco, non saprei neppure da che parte incominciare. . . Comunque, sai che ti dico? Bando alle chiacchiere e ti scrivo! Ti scrivo così non potrai dire che non ti penso mai! Eh, lo so che alle mie spalle stai controllando tutto quello che scrivo, magari col timore che mi scappi qualche parola di troppo sul tuo conto! Ma dai, non temere mio caro amico, o miei cari amici Angeli, il male che vi potrei fare è che vi voglio troppo bene! Dunque, Angioletto mio, ti scrivo questa lettera per ringraziarti delle tante cose che mi sono successe nella vita, cose difficili e emozionanti. Impossibile ricordarle tutte, perciò ti dico quelle che bene o male, come uno stampo, mi sono rimaste impresse. Dunque, cerco di partire dall’inizio, da quando mia madre mi ha messo al mondo e il buon Dio Padre ti ha dato il compito di vegliare su di me 24 ore su 24 ore, ogni giorno fino alla morte. Da bambino ho sempre pensato che il mio Angelo custode fosse mio nonno materno Giovanni, che non ho mai conosciuto perché purtroppo è morto in guerra. Crescendo e maturando ho pensato che fosse Padre Pio, adesso San Pio. In verità ho vissuto nel dubbio e pensato che non fosse né l’uno, né l’altro, ma fosse… San Michele Arcangelo! Ma come cavolo si fa a sapere di preciso il nome del proprio Angelo? Boh! Forse solo gli imbroglioni lo sanno… Una cosa è certa: qualunque sia il suo nome, con certezza assoluta sin da bambino ne sento la presenza. Una presenza che si manifesta in mille momenti e modi, persino sotto forma di un soffio di vento sul viso quando nulla si muove attorno a te, oppure, di piume leggere come l'aria che ti accarezzano i capelli. Sensazioni innaturali e indecifrabili. Pensate a quante e quante occasioni di incontrare un Angelo abbiamo avuto dalla vita, sicuramente sotto diverse spoglie… forse vestito da mendicante a cui magari abbiamo dato un soldo oppure un panino senza niente dentro, eppure, lui ci ha ringraziato con un sorriso grande come il cielo. E questo non si chiama forse amore? Le cose accadute con gli Angeli sono così tante che non si finirebbe mai di raccontarle... Cari amici, non so se mi basterebbe un'altra vita per ringraziarvi visto tutti gli aiuti e le grazie che ho chiesto e ricevuto da voi, soprattutto per le persone della Struttura, malati o non malati, di cui non posso fare i nomi, ma che solo il Signore e tutte le Anime del cielo e della terra, io compreso, sappiamo. Credeteci o no mi sono state esaudite tante richieste e con questo non voglio insinuare niente sul mio conto come se fossi una persona speciale, ma ho visto e capito una cosa: che le persone per cui ho chiesto una grazia, l’hanno davvero ricevuta. Per questo ho deciso di scrivere questa lettera di ringraziamento agli amici Angeli ma, ripeto, non ho alcun merito per ciò che è avvenuto, se non quello di pregare da anni e ringraziare il Signore. Pochi giorni fa un’amica della struttura, disperata, mi ha scritto una mail in cui mi diceva di aver smarrito le chiavi di casa che cercava da ore e ore e se per favore potevo chiedere ai miei Angeli di fargliele trovare, altrimenti non sapeva come ritornare a casa, tanto più che nel mazzo c'erano anche le chiavi della macchina! Neppure io so come possa essere successo, ma è certo che dopo aver invocato i miei Santi Angeli con una preghiera, mi arriva una altra mail che ringraziava me e i miei Angeli felice, anzi felicissima d'aver ritrovato le chiavi! Caro amico Angelo, come vorrei sapere chi fin da bambino mi ha sempre fatto trovare, allora, soldini e poi da grande “soldoni” per mantenere la mia famiglia: senz'altro sarai stato tu visto che sei il mio Angelo custode! Quanto vorrei parlarti a quattr’occhi, stringerti la mano saltarti addosso dalla contentezza di stare con te, di vederti, ringraziarti personalmente! Ma perché non mi scrivi il tuo nome così finalmente so con chi sto parlando e posso avere un colloquio più ampio, insomma, amico mio, io ti voglio parlare e vedere contemporaneamente, forse ti chiedo troppo? Non penso, perché so che voi Angeli ci tenete ancora più di noi a farvi riconoscere! Ma adesso, caro amico mio, bando alle ciance e parla tu, come se fossero gli ultimi minuti della mia vita rispondi alle mie semplici domande, anche solo con un sì o con un no… Voglio sapere se quella volta in quella chiesa deserta in cui ero solo con il mio nipotino e decisi di uscire perché faceva rumore giocando con le sedie, apparve dietro di me come per miracolo un giovanotto immobile che guardava l’altare, vestito elegantemente con giacca e cravatta. Il mio stupore nel vedere la sua presenza di spalle davanti a me fu tale che rimasi come pietrificato. Ma da dove è entrato, mi chiedevo, se il portone d’ingresso era li davanti a me? Certamente l’avrei sentito entrare visto che la porta della chiesa

usso Pippo LuMisa Sorrentino di a cura

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Per scrivere i propri intimi segreti, ci vuole coraggio prima di tutto con se stessi. Quando "esportiamo" fuori ciò che vive dentro di noi, di fatto, facciamo un grande atto di fiducia in noi, rafforziamo la nostra fede, ci ascoltiamo prima di qualsiasi altro, come un fedele amico a cui confidare i segreti. Quando ci si fida di sé, ci si fida anche degli altri. Pippo con questo racconto ci mostra il suo straordinario coraggio e ci fa il dono della fiducia.


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IL PENSIERO VA LIBERATO

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di Luigi Picheca

Anche quando la sorte ci volta le spalle

icordare è sempre importante. Il 2008 corrisponde al mio ricovero definitivo, ormai la SLA era entrata in pieno possesso del mio corpo e muovevo a malapena i piedi per suonare il campanello in caso avessi bisogno degli infermieri. Era decisamente una situazione che mi metteva in imbarazzo perché io, che ero l'Indipendente per antonomasia, quello abituato a cavarsela da solo da sempre e che raramente chiedeva aiuto, mi ero ridotto così e dovevo farmi portare anche in bagno. Di fianco a me c'era un altro ragazzo, un ex calciatore famoso che era già attaccato al ventilatore perché non respirava più con i suoi polmoni e che tenevo particolarmente d'occhio perché rappresentava il mio prossimo step. Stefano (Borgonovo) riceveva spesso visita da parte di personaggi del mondo del calcio e da suoi ex compagni di squadra e della Nazionale di Calcio, tutte brave persone che si commuovevano nel vederlo conciato così e a me luccicavano gli occhi e trattenevo a stento le lacrime per la proprietà transitiva degli elementi di uno stesso gruppo. Certo, perché se lui faceva pena ai suoi amici, allora anch'io facevo pena, e questo non mi piaceva. Però tra noi e il terzo "inquilino" della stanza, posto di fronte a noi, un ragazzo ancora più giovane di noi e amante della musica di nome Omar, si era instaurato un ottimo rapporto di collaborazione e di complicità che è tipico di chi si trova a navigare nella tempesta sulla stessa barca. Quindi si sono create le basi per una bella amicizia durata circa tre mesi durante i quali ci siamo conosciuti bene e abbiamo conosciuto le reciproche famiglie, con relativi commenti quando si restava soli. Non è facile essere capiti quando la sorte ci volta le spalle e si attraversa un momento così drammatico e senza via di scampo. I nostri parenti e amici comprendono solo in parte il nostro stato d'animo, la nostra disperazione e la nostra intima solitudine nella profonda incertezza di decidere il nostro futuro. Una situazione davvero ai confini della realtà perché consapevoli di dover presto fare una scelta che comunque sia sarà come imboccare una strada buia senza ritorno. Vivere o morire, e poi vivere come?! Lì al Centro Nemo, dentro l'ospedale di Niguarda, ho visto morire le prime persone malate di SLA, quelli forse più coraggiosi che non hanno avuto dubbi né tentennamenti. Sui siti internet, dove avevo chiesto di cercare

informazioni sulla SLA ad una amica, le notizie su questa patologia non davano speranze, anzi, descrivevano come scellerati quelli che osavano sfidare il destino scegliendo di vivere una vita grama e piena di difficoltà. Prima di tutto, dove andare? Stefano e Omar volevano tornare a casa, ma io? Stefano aveva una casa grande e ci poteva stare comodo, la casa di Omar non era grande ma era accessibile e poi lui aveva i suoi amici con cui fare musica e comporre quella canzone sulla SLA che voleva scrivere, e poi c'ero io che non potevo e non mi sentivo di poter tornare nella mia piccola casa su due piani. Inimmaginabile! Nel frattempo il dottor Mario Melazzini, ai tempi consulente scientifico del Centro Nemo ed anch'esso malato di SLA, che si occupava pure della raccolta fondi per il Centro, aveva proposto a Stefano di collaborare con lui in quel difficile compito e che gli avrebbe fatto fornire in tempi rapidi un formidabile computer per agevolare la sua ripresa dei contatti con il mondo del calcio. A un tratto, ho sentito Stefano dire una cosa che mi ha stupito e che mi ha fatto piacere perché non mi aspettavo che gli dicesse a bruciapelo: "sì, accetto solo se lei fa avere un computer anche a Luigi". Mi veniva da piangere per il generoso gesto di altruismo e di benevolenza di Stefano e mi veniva da ridere per il fantastico contropiede che aveva fatto con un guizzo repentino che mi ricordava i suoi tempi migliori. L'ho ringraziato appena il dottore ha lasciato la stanza soddisfatto e sorridente, contento di aver fatto un buon affare. Io biascicavo ancora qualche parola, o almeno così pensavo, comunque qualcosa si capiva e ci siamo scambiati uno sguardo d'intesa che era più espressivo di un discorso: si fa presto a imparare a parlare con le espressioni del viso quando la voce se ne va a farsi benedire insieme ai muscoli e non puoi nemmeno fare i segni. Più avanti il computer è arrivato e, superate le mie iniziali resistenze ad imparare, oggi è un mio indispensabile compagno di viaggio che mi dà voce, facendomi esistere agli occhi del mondo con la dignità del mio pensiero.

IL CUORE NON GIUDICA MAI

“È nella separazione che si sente e si capisce la forza con cui si ama” (F.Dostoesvkij)

S

tiamo lentamente cercando di tornare alla normalità dopo due anni scioccanti. Si iniziano finalmente a intravedere bagliori di luce e di vita normale. Ci si accorge di ciò ascoltando i mass media. Nonostante i contagi e le vittime da Covid rimangano ancora molto alti, le notizie vengono raccontate con meno enfasi e con più propensione all’ottimismo. Anche qui da noi in RSD, dopo la chiusura ai visitatori dovuta alla positività di qualche ospite e dopo diversi giorni con scarsità di personale sempre dovuto a diagnosi di covid, intravediamo l’uscita dal tunnel. I parenti dei nostri ospiti sono tornati a far visita ai loro cari, creando un clima sereno e disteso e i turni degli operatori sono tornati a regime. Amo tantissimo il rapporto che si è instaurato con molti familiari e, poterli nuovamente incontrare, mi fa davvero bene. Anche a me, dunque, piacerebbe farmi “contagiare” da questa nuova ventata di ottimismo. Purtroppo però il mio pensiero spesso si rivolge verso una situazione che mi rattrista. Due giovani donne che in questi anni hanno seguito e sostenuto i propri compagni, con costanza, intensità e un’amorevolezza ammirabile e che oggi non hanno più i requisiti per poter continuare ad essere presenti per questo compito. Le normative ideate con la speranza di contenere i contagi da covid sono infatti molto severe ed impediscono, a chi non è munito di green pass

rafforzato, di accedere a strutture sanitarie come la nostra. Queste due donne hanno deciso di non vaccinarsi e dunque non sono in possesso della certificazione verde. A questo punto probabilmente, il lettore avrà già aperto la finestra del giudizio e delle considerazioni personali. Io mi sforzo invece di astenermi da alcun giudizio e intendo solo far parlare il cuore. Vorrei semplicemente dire a queste persone che mi mancano tantissimo. Senza di loro non riesco ad abbandonarmi al sentimento della speranza perché mi sento incompleto. Per anni le ho viste lottare accanto ai propri compagni, gioire per i progressi fatti e versare lacrime per i problemi insorti o per aspettative disattese. Per anni mi hanno regalato tanta allegria e trasmesso una quantità smisurata di energia e di speranza. Posso dire di aver imparato da loro il significato dell’amore oblativo, quello per cui si ama qualcuno liberamente, senza aspettarsi nulla in cambio. Ora avete fatto una scelta e avete avuto il coraggio di assumervi la responsabilità delle conseguenze di essa. Sono convinto che le vostre motivazioni siano molto profonde, distanti da capricci di natura ideologica. Il vostro prezioso amore sospeso ne è la prova. E’ per questo che non solo mi astengo dal giudicarvi ma vi rispetto e vi voglio ancor più bene di prima. Sappiate che, quando si potrà tornare a fare…. Sarete le prime che cercherò per un lungo e caloroso abbraccio.

di Stefano Galbiati


Febbraio 2022

ALL’INIZIO APPARVE UN ENORME arcobaleno

Ad ogni tempo il suo tempo

Breve premessa: inizia un racconto a puntate di una storia vera, basata su testimonianza diretta. Per privacy i nomi non sono originali, solo qualche luogo corrisponde a realtà.

N

di Paolo Marchiori

el 1985 andai al laghetto di Bongi, un posto da fiaba, disperso nella val Sabbia, sopra i monti che confinano con la val Trompia. Ero stupito, incantato dalla visione del paesaggio, un silenzio di pace, un senso di libertà con un emozione straordinaria che non avevo mai provato. Ero coperto con telo di nylon, per ripararmi dalla pioggia che stava diminuendo d’intensità, e i raggi di sole penetravano nella fitta nebbia, illuminando scorci di lago e di bosco. All'improvviso apparve un arcobaleno talmente vicino che mi sembrava di farne parte, peccato non avessi niente per immortalare quel momento, unico ed irripetibile. Mentre pensavo alla sfortuna per non poter fotografare una cosa così bella, mi posi una domanda "ma che bisogno ho di far vedere ad altri un momento così bello?". Stavo vivendo un qualcosa di speciale e volevo goderlo fino alla fine, il mio cuore pulsava con una frequenza maggiore, il calore del corpo aumentava, sentivo dei brividi che partivano dal collo fino al tallone, ma un motivo c'era. Una forte sensazione di gioia, come il primo bacio che dai alla persona che per anni hai desiderato e le farfalle si muovono, mi sentivo come un innamorato, che bello! Mi sembrava un sogno, ma non lo era, girai lo sguardo a destra e vidi la pianta che cercavo con quattro grossi rami, ognuno ricoperto di foglie luminose irradiate dai raggi del sole, che riflettevano su tutto il mio corpo come una cascata di energia. La sua forma mi faceva pensare ad un quadrifoglio, un segno di fortuna, portando il mio stupore alle stelle! Ma perché mi trovavo in quel luogo tutto solo? Una risposta c'è e ve la racconterò, purtroppo ho imparato che ogni cosa non succede per caso, ma tocca a noi poi renderla reale. Come mai la mia frequenza cardiaca aumentava sempre più? Ero talmente emozionato che mi sembrava che le gambe non mi reggessero più e dovetti appoggiarmi ad un ramo e proprio in quell'istante riaffiorava il ricordo, come se fosse vero, reale. Davanti a me stesa sull'erba, la mia mente immaginava quella donna che incontrai, il suo sguardo sorridente, i suoi occhi lucenti e chiari, con i capelli lisci e mori, di una bellezza surreale. In realtà in quel luogo c'ero già stato, esattamente lo stesso giorno, il 12 agosto del 1984 , invitato da una coppia di amici che possedevano una casetta appena ristrutturata per trascorrere con loro il ferragosto. Andai in anticipo perché mi dissero "vieni che ci sono parecchi funghi, un'annata dove la loro crescita era prematura, rispetto alla normalità. Quindi partii presto alla mattina, e appena arrivato svuotai la macchina dalle provviste, fatte per più di una settimana, tra salumi, formaggi, pasta e qualche bottiglia di buon vino. Mi cambiai per andare a funghi, con scarponi piuttosto alti, (anti vipera); erano le sette di mattina, un po' tardi per uno che va per funghi, ma pur essendo agosto la zona da esplorare era a nord, quindi faceva un po' freschino, e con meno luce. Mi incamminai velocemente con cesto e zainetto, con dentro le provviste per il pranzo, subito vidi un bel porcino e lo raccolsi, con un coltellino lo pulii per lasciare le spore. Dopo neanche 10 minuti e trovare un fungo! La giornata prometteva bene, e mi incamminai per andare in direzione del laghetto, ma scelsi un percorso non segnato, e dopo un po' vidi un grande albero… non saprei dire che pianta fosse, ma sotto vidi un porcino coperto dell'erba e notai che il sole filtrava con più facilità tra i rami, da illuminare il terreno. Forse era per quel motivo che l'erba era più alta, quindi mi misi a cercare e fu una soddisfazione: raccolsi, più di 20 porcini e mentre li pulivo, sentii un fruscio come se ci fosse una persona nelle vicinanze. Ebbi

un po' di paura, perché pensai fosse la guardia forestale (non sapevo la quantità consentita) nel frattempo il sole cominciava a spuntare, e un po' disturbava la mia vista per vedere bene chi stesse arrivando. Ma ad un tratto sentii una voce che mi diceva "Good morning" e risposi anch'io usando le stesse parole… tirò fuori una cartina e incominciò a chiedere informazioni ma, pur sapendo un po' d'inglese, non riuscivo a concentrarmi perchè era troppo bella, le chiesi, il nome e la provenienza. Sì chiamava Inik, ed era olandese. Le indicai la strada, ma le chiesi se si voleva fermare per fare uno spuntino con me, che poi l’avrei accompagnata, le feci vedere il salame, e una formaggella e subito accettò. Le chiesi come mai, si trovasse in quel posto, mi rispose che era una amante della natura, e che era alloggiata nel camper dei genitori, presso il lago d'Idro. Mi raccontò un po' della sua vita, aveva 22 anni il prossimo 21 novembre, la stessa data mia, ma io con un anno in più, e pensai “che coincidenza strana”. La cosa si stava facendo interessante, ma siccome sono il solito timidone, le dissi andiamo che ci sono circa tre ore e mezza di cammino, mi rispose di aspettare un attimo e prese due foglie grandi dall'albero, vi scrisse sopra qualcosa, le arrotolò con dei fili d'erba e le mise nel suo zainetto: erano talmente lucenti che sembrava che all'interno ci fosse una lampadina accesa. Ci incamminammo sul percorso prestabilito, parlando di tutto, e ogni tanto si scherzava, e mi batteva la mano sulla spalla. Ma poi ci prendemmo per mano, e ci fu un attimo di silenzio, poi di scatto mi baciò.... che bello! non sapevo più che fare, quindi continuai con passione a baciarla. Quanto era bella… .ma quel bacio era molto strano, non mi era mai capitata una sensazione da brividi così, non sentivo il contatto ma solo un senso di piacere e gioia immessa. Purtroppo eravamo già arrivati al punto di arrivo della fermata del autobus, che arrivò proprio in quel momento, e pensai “quasi quasi lo prendo anch'io e poi mi faccio venire a prendere a Idro”, ma non ebbi il coraggio. Così si staccò da me e mi diede una foglia, dicendomi di non aprirla subito, ma dopo che fosse calato il sole, “è il nostro segreto e tale deve rimanere”, le dissi di si, e aggiunse ad ogni tempo il suo tempo. Questa frase in quel momento non mi disse niente, ma appena partito l'autobus, la curiosità era talmente tanta, che non le diedi retta tolsi, il filo d'erba, e la aprii subito e per un attimo rimasi più che stupito, quasi accecato: vidi uscire un bagliore di luce...... Rimasi per qualche minuto cieco, e ricordai le parole che mi disse Inik, quindi richiusi la foglia, e ripresi con qualche difficoltà la vista. La cosa mi spaventò, e ripresi la via del ritorno, erano esattamente le 12:30, cercai un posto all'ombra per mangiare qualcosa, ma il pensiero era sempre su quello che mi era successo, non era un sogno, ma verità. Mangiai qualcosa e avendo finito l'acqua da bere, perché l'avevo offerta a Inik, quindi bevvi un quarto di vino e mi addormentai, come la solita pennichella. Dopo circa 20 minuti mi svegliai di colpo, perché feci un sogno in cui l'autobus ebbe un incidente. Non gli diedi importanza e ripresi il cammino per ritornare dagli amici. Durante il percorso, però, la mia mente continuava a pensare a Inik, e alla foglia, e se da una parte sentivo il bisogno di raccontare tutto, dall'altra non ne ero convinto immaginando che mi avrebbero deriso Così all'arrivo decisi di aspettare finché non avessi aperto la foglia. (Continua sul prossimo numero)

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Febbraio 2022

INTORNO A ME ci sono persone da premiare!

I

di Pippo Musso

protagonisti di questo episodio sono io, come malato di SLA, e Loredana, una brava o meglio bravissima infermiera, volete sapere perché dico bravissima e non brava infermiera? Bene, seguite il racconto e lo capirete. Dunque, Loredana è una giovane e bella donna rumena, nonché mamma di una bellissima bambina, che lavora da anni in questa struttura, la San Pietro di Monza, che sa fare molto bene il suo mestiere di infermiera, rispettando bene anche i suoi colleghi. Come molto spesso accade, quando la cannula della respirazione si ottura per via delle dense secrezioni, in automatico comincia a suonare il campanello d'allarme della ventilazione, facendo accorrere subito il personale di turno. Così mi viene fatta l’aspirazione e si liberano le vie aeree dalle secrezioni e, grazie a Dio, ritorno a respirare. Purtroppo la scorsa settimana, mentre ero intento nella mia scrittura di tutti i giorni, improvvisamente, avverto che poco a poco mi viene a mancare il respiro per via delle troppe secrezioni dense e collose. Sentendo suonare il campanello d'allarme della ventilazione, come sempre, accorrono subito gli operatori che fanno del loro meglio per liberarmi da queste fastidiose e maledette secrezioni. Sentendo il mio respiro sempre più debole e affannato, perché a malapena passava un sottile filo d'aria, preso dall’agitazione per la mancanza d’aria, il mio cuore palpitava sempre più forte, cercando di chiedere aiuto. Sentendomi mancare, ho pensato che qualsiasi aiuto era ormai inutile e che era arrivato il mio momento, per cui stavo già raccomandando l’anima al Signore. Ah! Quant’è brutto morire soffocati, quando la mente è ancora in grado di capire e avverte l 'ora della fine… Presto! Presto! Chiamate Loredana! Chiamate Loredana, sentivo dire mentre la stanza poco per volta si riempiva di operatori e infermieri che mi prestavano aiuto, mentre io cominciavo a vedere il soffitto di tanti colori e capivo che oramai ero arrivato dove dovevo arrivare. In quel momento pensavo a mille cose, in particolar modo alla mia famiglia, a mia moglie, ai miei nipoti, ai miei figli che mi salutavano piangendo con il fazzoletto in mano… com’è brutto doversi lasciare così, senza neanche salutarsi…

Ma ecco che, come in un film, ormai senza più speranza, come un Angelo salvatore arriva lei. Era in un altro reparto e, allarmata dalle voci che la richiedevano, arriva di corsa Loredana che, vedendomi quasi cianotico , ha preso in mano le redini della situazione. Ricordo che le prime parole che ha detto sono state: oh Madonna mia, Pippo! Pippo! mi continuava a dire, mentre sempre più in fretta diceva alla sua equipe di collaboratori: presto! presto! prendi l’ambo, prendi l´ambo e comincia ad ambare mentre io prendo l’altro ventilatore! In realtà un po’ di aria nei polmoni arrivava, ma subito dopo smettendo di pompare, o se preferite di ambare, si ritornava al livello di prima , senza più aria ed eravamo punto a capo. E tornavo a peggiorare. Pippo! Pippo! mi sentivo dire e mentre aumentava l’ossigeno, mi sostituivano il ventilatore. Ti arriva l’aria? Pippo, Pippo, rispondi per l’amor del cielo! Ti arriva l’aria? Mancandomi le forze riuscivo solo ad aprire e chiudere le palpebre e decidevano loro il da farsi. Oh, Madonna mia, sentivo dire, neanche con l’altro respiratore riusciamo a intervenire! Intanto arriva il dottor M. che da ulteriori disposizioni. Non capivo più niente e Dio solo sa come il Dottor M., Loredana e tutta l’equipe mi hanno salvato. Mi rivolgo al Direttore e al Presidente. Dopo aver ascoltato questa drammatica esperienza, secondo me sarebbe giusto “premiare” - in un qualsiasi modo - coloro che hanno fatto di tutto e di più per salvarmi la vita! Salvare la vita non è una cosa che succede tutti i giorni , ma quando succede bisogna essere orgogliosi e gratificare le persone! Siete d’accordo? E voi cari lettori, siete d'accordo con me?

Le incredibili storie spaziali di Claudio

LUCE DI SALVATAGGIO NELLO SPAZIO

I

di Claudio A.F. Messa

l cosmonauta russo Pablicenco si trovava solo nella stazione internazionale. Solo da 89 giorni: era un nuovo record!

“La stazione è distrutta e io vago nello spazio! Mi serve urgentemente aiuto!”.

A lui piaceva stare lì, era come la sua seconda casa.

Mentre aspettava i soccorsi, vide avvicinarsi una luce. Certo non erano i soccorsi e mancavano solo 10 minuti all’esaurimento dell’ossigeno. Ecco che arrivò la luce: era un alieno.

Gli piaceva il ronzio che faceva la stazione e odiava come venivano trattati otto miliardi di uomini sulla Terra e non voleva più tornare dai quei bastardi di terrestri. Ma le radiazioni nel suo corpo erano più forti di quattro volte del limite massimo di sicurezza: 2000 Km al secondo. Nel cosmo improvvisamente suonò un allarme che annunciava un impatto con detriti spaziali che viaggiavano a 300.000 km al secondo!. Il cosmonauta si brigò a mettere la tuta spaziale e dopo quarantanove secondi la stazione internazionale fu colpita dai detriti e venne distrutta. Ma Pablicenco riuscì a sopravvivere miracolosamente e chiamò subito la NASA, a cui urlò:

Sigillò il casco a Palicenco e aprì un’enorme sacca di ossigeno che lo avvolse completamente e con gesti gli fece capire di togliersi i il casco e Pablicenco respirò senza problemi. L’alieno gli indicò la Terra e molto velocemente si diressero verso il pianeta azzurro. Atterrarono in una zona isolata, vicino all’India. L’alieno gli strinse la mano e partì subito. Venne in mente a Pablicenco come non raccontare tutto ciò che era successo perché nessuno gli avrebbe creduto. E decise di avere una amnesia.


9

Febbraio 2022

Preghiera per la XXX Giornata Mondiale del Malato Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36) Porsi accanto a chi soffre in un cammino di carità 11 febbraio 2022

Padre misericordioso, fonte della vita, custode della dignità di ogni persona, ricolmaci della tua misericordia e fa’ che, camminando insieme, possiamo testimoniare la tua predilezione per chi è rifiutato, sofferente e solo. Sostieni sempre medici, infermieri, sanitari e tutti i curanti. Signore Gesù, umiliato e crocifisso, custode dell’umana sofferenza, insegnaci a servire e amare ogni fratello e sorella. Tu che hai sperimentato il dolore e l’abbandono, accompagna tutti i malati e sofferenti nel corpo e nello spirito e insegnaci a scoprire il tuo volto in ognuno di loro. Spirito Santo, nostro paraclito, custode dell’umanità bisognosa di cura e di amore, soccorri la nostra debolezza e vulnerabilità, accogli le nostre quotidiane fatiche e sofferenze, donaci la speranza dell’incontro beato per l’eternità. Maria, testimone del dolore presso la croce, prega per noi.

Cara Redazione, sono rimasta letteralmente sconvolta quando ho appreso dai media la notizia dell’uccisione del piccolo Andrea Paitoni. Se avessi potuto, avrei dato la mia vita in cambio della sua! E mi chiedo: ma chi è questo giudice che ha accettato di firmare la richiesta di far trascorrere le festività natalizie al piccolo Andrea con un padre che ha un precedente di violenza alle spalle? E ancora: questo giudice avrebbe fatto lo stesso con un suo ipotetico nipote? Penso proprio di no! Probabilmente, queste persone che decidono della vita degli altri non hanno tratto esperienza da quanti piccoli sono stati uccisi durante i divorzi. Cara Redazione, io considero queste persone responsabili del martirio del piccolo Andrea e mi auguro che in futuro queste cose non accadano più. Purtroppo, io non posso fare niente se non far sentire la mia voce. E mi auguro che queste nefandezze davvero non accadano mai più. Cara Redazione, non ho mai preteso che vengano pubblicate le mie opinioni, ma vi supplico con il cuore di pubblicare questa. Grazie!

di Olivia Sbarsi

Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36) Porsi accanto a chi soffre in un cammino di carità 11 febbraio 2022 Immagine di G.P. Bardini, su gentile concessione dell’Autore

Cari operatori e dipendenti tutti, sono un malato di SLA di vecchia data e ormai mi sento uno di voi. La pandemia degli ultimi due anni ha messo in crisi tutti e anche la Meridiana ne ha sofferto. Diamo tutti una mano alla nostra struttura con il 5 x 1000 a La Meridiana! Non costa nulla, bisogna solo inserire i dati nel 730! Se aiutiamo la Meridiana aiutiamo anche noi stessi. Grazie! Luigi Picheca Sostieni i progetti de La Meridiana www.cooplameridiana.it IBAN: IT 87 N 05216 01630 000000003717 Per info: Rita Liprino. Telefono: 346 517 90 93 Indirizzo e-mail: rita.liprino@cooplameridiana.it


10

Febbraio 2022

La luce Premio letterario SLAncio 2022 ATTESTATO DI PARTECIPAZIONE

Grazie per aver partecipato al primo concorso letterario Premio SLAncio Roberto Mauri Presidente

Arnoldo Mosca Mondadori Presidente


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