La Consolata III trimestre 2017

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v La parola del Rettore Carissimi amici e devoti della Consolata, la festa del 20 giugno anche quest’anno ha visto confluire nel Santuario una moltitudine di fedeli che hanno visibilmente apprezzato l’accoglienza loro riservata dalla Vergine: come era stato annunciato, il quadro è sceso loro incontro e si è potuta compiere una specie di “liturgia della soglia”. Di fatto si è trattato di un ritorno alle origini perché proprio l’aula di S. Andrea, prima dei vari ampliamenti che hanno reso il Santuario come lo vediamo noi oggi, era il luogo della sua primitiva collocazione. La realtà spirituale è stata ben compresa dai tanti fedeli che sono entrati in questa “casa di Maria”: il vedersi attesi e accolti dalla Madre a cui Gesù ci ha tutti affidati. Dalla soglia, Maria ha indicato Gesù e ha condotto i fedeli all’altare per partecipare all’Eucaristia, sorgente da cui attingere le energie necessarie per la vita quotidiana. La Messa presieduta dal nostro Arcivescovo Mons. Cesare Nosiglia è stata il momento culminante delle celebrazioni e la supplica rivolta alla Consolata davanti al quadro venerato -di cui è stata molto apprezzata la semplice presentazione, con la collocazione della “rosa d’oro” offerta da Papa Francesco- ha raccolto la preghiera di tutti, che si è poi nuovamente espressa in modo itinerante, la sera, nella tradizionale processione con la statua della Vergine attraverso le vie del centro storico torinese. Il giorno della festa non è un momento “unico”, nello scorrere dei mesi: mi piace pensarlo come una fontana a cui attingere per essere accompagnati quotidianamente da Maria nel portare Gesù anche nella ferialità, vivificati dal confronto con Lui e con la sua Parola, e così diventarne annunziatori attraverso la nostra vita buona. Devo esprimere un grazie speciale alle numerose volontarie ed ai volontari laici che nel silenzio e con grande generosità, con sacrificio e senza alcun

I mesi estivi vedono ogni anno il passaggio a Torino di molte persone che sostano in Santuario: pellegrini e turisti, provenienti non solo dall’Italia ma dai cinque Continenti. Lo sforzo pastorale di noi sacerdoti, insieme all’opera del personale volontario, offre l’occasione di vivere momenti preziosi di preghiera, alimentata dalla partecipazione all’Eucaristia e dalla possibilità di ricevere la Riconciliazione sacramentale. È consolante poter proporre occasioni per passare dalla visita alla preziosità e bellezza di questo luogo sacro alla scoperta e all’esperienza dell’incontro che Maria continua ogni giorno a rendere possibile: nel quadro dell’altare infatti la Consolata ci indica Gesù e davvero la presenza delicata di Maria a Lui orienta. È grande il numero dei devoti della Consolata che a partire dagli appelli dello scorso anno e dei mesi scorsi ci sono vicini con la loro simpatia e l’aiuto concreto, facilitandoci il compito di far fronte alle esigenze di non poco conto di cui il Santuario deve quotidianamente farsi carico. Di tutto rendo grazie a coloro che in molti modi stanno contribuendo generosamente. Alla mediazione materna della Vergine ConsolataConsolatrice chiedo di invocare le benedizioni di Dio su di voi e i vostri familiari, particolarmente sulle persone ammalate, sofferenti e sole, mentre a tutti rinnovo le espressioni di viva gratitudine mia e di quanti hanno a cuore la vitalità del nostro Santuario, centro spirituale dell’Arcidiocesi torinese.

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vantaggio personale, hanno reso possibile lo svolgersi ordinato della festa -quest’anno, per una parte, vissuta con modalità finora non sperimentate- perché la loro preziosa collaborazione ha consentito uno svolgimento ordinato dei vari momenti, con piena soddisfazione di tutti. Ho voluto esprimere pubblicamente la gratitudine mia e degli altri sacerdoti per il loro servizio quotidiano, mentre doverosamente ho ringraziato quanti a partire dagli appelli accorati e sofferti dello scorso anno han reso possibile la messa in sicurezza e il restauro dei cornicioni esterni del Santuario, insieme alle Istituzioni torinesi che rispettivamente hanno consentito il ritorno alla piena funzionalità del concerto delle campane del nostro millenario campanile e l’avvio dei lavori per l’indilazionabile revisione delle facciate interne del Convitto Ecclesiastico, che ospita i sacerdoti addetti al Santuario.

mons. Giacomo Maria Martinacci 3


v Abbiamo bisogno della Consolata per incontrarci

v Don Osvaldo Maddaleno umanità – sottolinea la Gaudium et spes – è a tutti gli effetti entrata in una fase inedita della sua storia. E la Chiesa è chiamata in quest’epoca nuova a riflettere sul suo volto, la luce di Cristo – come insegna la Lumen Gentium – per irradiarla con efficacia a favore di tutte le genti. La creatura più luminosa e trasparente è stata Maria. Il Card. Ratzinger diceva che i documenti del Vaticano II destinati a fare storia oggi sono in prospettiva soprattutto le due Dichiarazioni assai brevi, ma di enorme respiro, sulla libertà religiosa, Dignitatis humanae, e sul dialogo con le religioni, Nostra aetate, che offrono il lievito del Vangelo di sempre per fermentare nella luce e nell’amore le mutate e sfidanti situazioni del mondo di oggi. Il fenomeno dell’ateismo contemporaneo ha tra le cause anche la responsabilità di noi che ci professiamo credenti. Per il modo con cui si presentano le verità della fede, dice il Concilio, e per la poca coerenza della vita, il genuino volto di Dio e della religione ne vengono piuttosto nascosti che manifestati. Il che significa che noi cristiani possiamo essere addirittura di ostacolo, anziché di aiuto, per coloro che cercano Dio. Se vogliamo che non sia così, forse ci può essere di aiuto il riferirci, proprio per contrasto, al Magnificat di Maria.

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◗ Particolare della Visitazione (1528) di Jacopo Carrucci detto Pontormo.

Magnificare il Signore significa dire che Dio è grande e se pensiamo a Maria ci accorgiamo che con tutta la sua vita, prima ancora che con le sue parole, ha magnificato Dio. Tenendo conto del racconto evangelico, la possiamo immaginare nel suo viaggio per andare a trovare Elisabetta, confusa con altri viandanti nella carovana e sola col suo segreto non rivelato a nessuno; sola con il Verbo incarnato che in lei viveva. Fu solo quando Elisabetta scoprì qualcosa del suo segreto che Maria parlò e cantò il Magnificat. È questo che mi colpisce: questa sua vita che è tutta fedeltà a Dio, gloria di Dio. È questo che mi stimola, perché anche la mia vita, almeno un poco, dovrebbe essere così. Magnificare Dio può significare dunque per noi soprattutto vivere in modo tale che la nostra vita dia gloria a Dio. In concreto significa sforzarsi di possedere una grande coerenza e autenticità: dall’impegno sociale per l’attuazione del Vangelo nella convivenza umana fino al dialogo con tutti. Sforzandoci di vivere così, può succedere infine (è successo già anche a me e penso anche a voi) che qualcuno si accorga del nostro “segreto”: soltanto allora potremo parlare di quello che Dio, nonostante i nostri sbagli e le nostre infedeltà, ha operato in noi e tra noi. Allora le nostre piccole parole saranno un’eco di quelle di Maria. Lo stile dialogico di Maria, modello della Chiesa, deve guidare anche noi oggi, per esempio, nel


dialogo con le persone di altre religioni. Fin dal documento Nostra aetate, la Chiesa cattolica ha affermato con chiarezza la necessità di identità precise e coscienti per arrivare a un dialogo fruttuoso. «Come insegna l’esperienza, perché tale dialogo e incontro sia efficace, deve fondarsi su una presentazione piena e schietta delle nostre rispettive convinzioni. Certamente tale dialogo farà risaltare quanto siano diverse le nostre credenze, tradizioni e pratiche. E tuttavia, se siamo onesti nel presentare le nostre convinzioni, saremo in grado di vedere più chiaramente quanto abbiamo in comune» (Papa Francesco 13/01/2015). Il dialogo interreligioso favorisce la cultura dell’incontro. Ha colpito tutti il caloroso e lungo abbraccio tra il Papa e l’Iman al Cairo, che ha definito Francesco “grande ospite e caro fratello”. Il Papa ha tenuto un discorso ampio e di alto profilo, interrotto una decina di volte da applausi. Il discorso è stato centrato sull’importanza dell’altro, della sua diversità. Andando indietro nel tempo, ricordando la civiltà antichissima, Francesco non ha fatto appello né alle antiche radici cristiane né a quelle islamiche più recenti. Insomma, ha messo gli egiziani di oggi tutti insieme dalla stessa parte, tutti eredi di una grande civiltà. Ed è andato alle radici di questa civiltà, affermando che la vera sapienza nasce dall’apertura del cuore e della mente. Questo oggi può essere solamente frutto dell’educazione, che deve promuovere l’incontro tra religioni che illuminano questa terra. Non c’è alternativa: o “la civiltà dell’incontro” o “l’inciviltà dello scontro”. Il futuro va edificato insieme. Il compito della Chiesa non si riduce all’evangelizzazione e alla fondazione di comunità cristiane. Piuttosto arriva al punto di lievitare i valori evangelici che sono presenti nelle altre culture, di promuovere il Regno, che è, in qualche modo, già presente nella Chiesa e al di là dei suoi confini visibili. La Chiesa, infatti, è segno e sacramento del Regno, lo serve in quanto ha un ruolo rivolto a tutti gli esseri umani, candidati a farne parte (Cf. M. Zago, Assisi 1986). Questa prospettiva propone una comprensione della Chiesa come immagine di un popolo formato da uomini e donne non fossilizzati nella rispettiva appartenenza religiosa. Infatti essi sono figli dello stesso Padre e, quindi, hanno la stessa dignità (LG 16).

È una Chiesa passata da una dimensione esclusivista a un atteggiamento inclusivo di respiro universale, che non significa appiattimento delle differenze fra le diverse religioni, ma coscienza e certezza che ciascuna di esse porta le ricchezze della propria tradizione che possono essere offerte in dono agli altri. Dialogare significa essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alla sua opinione, alle sue proposte, senza cadere, ovviamente, nel relativismo. E per dialogare bisogna abbassare le difese e aprire le porte. Un giorno il maestro fece la seguente domanda ai suoi discepoli: «Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?». «Gridano perché perdono la calma» rispose uno di loro. «Ma perché gridare se la persona sta al tuo lato?» disse nuovamente il maestro. «Gridiamo perché desideriamo che l’altra persona ci ascolti» replicò un altro discepolo. E il maestro tornò a domandare: «Allora non è possibile parlargli a voce bassa?». Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il maestro. Allora egli esclamò: «Voi sapete perché si grida contro un’altra persona quando si è arrabbiati? Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare. D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro non gridano, parlano piano piano. E perché? Perché i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola. A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano. E quando l’amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I loro cuori si intendono. È questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano». Infine il maestro concluse dicendo: «Quando discutete non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più, perché arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno mai più la strada per tornare». La Parola di Dio ci dice: «Ama il prossimo tuo come te stesso». Viene prima l’amore per sé o l’amore per l’altro? Il paradosso del XXI secolo ci presenta una soluzione: l’apertura “come” identità. Perché l’apertura è identità. Amo l’altro se amo me stesso, amo me stesso se amo l’altro. ■ 5


L’Arcivescovo alla Festa della Consolata

v Mons. Cesare Nosiglia uesta ricorrenza, che ogni anno ci vede riuniti ai piedi di Maria come Chiesa di Torino, comunità cristiana e civile della città, è per tutti la festa della riconoscenza. Ricordiamo quanto Maria ha fatto per la nostra Città nel corso dei secoli, salvaguardandola da pericoli e distruzioni. La festa della Consolata per noi tutti, in questo tempo segnato da lutti e violenze nel mondo e anche nella nostra Città, motivo di tanta speranza nella fede. Nino Costa, il poeta torinese che anche Papa Francesco ha citato nella sua visita tra noi, dedicò molte poesie alla Consolata tra cui una che contiene un lungo elenco dei quartieri e dei borghi della Torino antica e storica: Borgo del Fumo, i Molassi, Borgo degli Stracci… «C’è tutta Torino che ti prega e che ti adora», dice il poeta rivolgendosi alla Vergine. Questo dettaglio dei borghi, dei nomi delle strade che invocano la Consolata da ogni parte della Città, ricorda che Maria ci conosce uno per uno e ci chiama per nome, con il nostro nome, perché dal giorno della nascita e del Battesimo, al giorno della morte, quel nome indica la vita, quella divina che mediante nostra Madre Maria abbiamo ricevuto, la vita vera e piena, che nessuno e niente, nemmeno il nostro peccato, potrà mai cancellare. Per questo con fiducia e gioia grande Le affidiamo il cammino della Diocesi e della Città, incentrato sull’impegno della comunione e dell’incontro sia sul piano ecclesiale che civile. La comunione è dono di Dio, ma esige uno sforzo continuo, per viverla nella propria famiglia, chiamata a testimoniare l’unità nell’amore; nella propria comunità

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parrocchiale, considerata una famiglia di famiglie; nella società, dove la comunione si traduce in solidarietà e convivenza aperta a tutti, promotrice di giustizia e di pace. Nessun cittadino deve sentirsi di serie B, scartato o considerato un peso perché va aiutato nelle sue necessità materiali, fisiche o morali. La dignità di ogni persona va salvaguardata e promossa e valorizzata in modo che possa dare il suo contributo per il progresso dell’intera comunità. Affidiamo a Maria Consolata i malati sempre prediletti dal suo cuore di Madre. Quest’anno ricorre il centesimo anno delle apparizioni di Fatima, dove la Madonna ha lanciato il suo messaggio di pace e di unità per l’intero genere umano. Questa circostanza non fa che esaltare anche il nostro santuario mariano, luogo di preghiera, di fede e di azione potente di Maria verso chi è nella sofferenza e nella prova e necessita di un particolare affetto, cura e prossimità, considerandolo un dono di grazia per tutta la Chiesa e per l’intera società. Affidiamo a Maria i nostri giovani, la loro sete di felicità e il loro diritto di sognare in grande il futuro, oggi sempre più spesso chiuso da muri che appaiono invalicabili. Chiediamo che accolgano l’invito che è emerso dalla recente Assemblea diocesana, che li ha visti protagonisti: quello di rendersi responsabili del rinnovamento spirituale, umano e sociale della Chiesa e del territorio. Una responsabilità, condivisa con i loro educatori in famiglia e nella comunità, che si misura a partire dal coraggio di testimoniare i valori religiosi e civili tra i coetanei, dedicando tempo ed impegno per gli altri in campo educativo, caritativo e missionario.


Affidiamo infine a Maria Consolata la nostra sorella Erika deceduta in seguito alle ferite riportate in piazza San Carlo e tutti gli altri feriti. Una morte che ci addolora profondamente e suscita nel cuore di tutti un grande vuoto che solo la preghiera e la certezza che Erika vive in Dio, vittima innocente di comportamenti irrazionali e inconcepibili, scatenati da chissà chi ma di fatto favoriti da un ambiente abbandonato a se stesso e caduto in balia di una bagarre di paura collettiva. Oggi ci scopriamo tutti più poveri e indifesi e abbiamo bisogno di ricuperare una coscienza collettiva che ci aiuti ad abitare la Città e i suoi

diversi momenti di incontro comunitario, con un forte senso del bene comune e del dovere di promuovere relazioni, basate sulla legalità e il rispetto degli altri. Madonna Consolata guarda i tuoi figli e figlie che a Te ricorrono con fiducia, affinché, con la tua potente intercessione, possano ricevere la benedizione del tuo Figlio e le grazie che Lui vorrà concedere a quanti a Te ricorrono, o Madre di Consolazione e sicura speranza e dolce Madre Maria. ■

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Le immagini della Festa della Consolata

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Fotografia 1: I fedeli all’inizio della Concelebrazione. Si nota l’assenza del quadro della Consolata che dal giorno della festa ha accolto tutti vicino all’ingresso del Santuario (A. Aloi). Fotografia 2: L’Arcivescovo Mons. Cesare Nosiglia durante l’omelia (A. Aloi).

Fotografia 3: Uno scorcio dei numerosi fedeli durante la Concelebrazione (A. Aloi). Fotografia 4: Un gruppo di Vescovi e di sacerdoti concelebranti, con i diaconi, al momento della Comunione (A. Aloi).

Fotografia 5: Un momento della Supplica alla Consolata, davanti al quadro che per il giorno della festa era stato collocato nella parte più antica del Santuario (A. Aloi). Fotografia 6: L’Arcivescovo e i numerosissimi fedeli durante la supplica alla Consolata (R. Bussio). 9


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Fotografia 7: La statua processionale della Consolata, collocata nella piazza del Santuario, circondata dai fedeli (M. Masone). Fotografia 8: I fedeli in attesa dell’inizio della processione serale (M. Masone). Fotografia 9: Momento iniziale della processione con un gruppo dei “Tramvieri della Consolata� (R. Bussio).

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La Consolata nei suoi tesori d’arte

v Daniele Bolognini

legname, il pittore che raffigurò pregevolmente la Vergine e chi fornì il velluto (il tappezziere ello sfogliare le guide commerciali della Griva) posto a bordo della cornice. La somma fu città di Torino – edite annualmente da Pa- offerta da vari benefattori nello stesso mese di ravia – qualcuno si sorprenderà che, an- giugno (il particolare del paliotto è in copertina cora a inizio ‘900, chi voleva far realizzare un di questo numero della rivista). paramento doveva Maurizio Griva era un cercare alla voce fornitore abituale del “ricamatori e ricasantuario e anche un matrici”. Era dun“miracolato”. Qualche que un mestiere anno prima aveva inanche maschile e fatti offerto un ex-voto proprio un uomo per una caduta dalrealizzò, nel 1846, l’altare maggiore del il paliotto che ansantuario: il 18 agosto cora oggi è espo- ◗ Il “paliotto”(Fotografia di A. Aloi) 1840, mentre toglieva sto in occasione gli apparati decorativi della festa del 20 giugno. Nel 1892 queste bot- per la festa dell’Assunta, fece un volo di circa 8 teghe erano oltre trenta, non poche ubicate nelle metri rimanendo illeso. Per molti anni il paliotto vicinanze del santuario della Consolata. Da no- è esposto il 20 giugno insieme ad un tappeto ritare che tra i ricamatori vi era un diverso grado camato nel 1844 da alcune dame torinesi. di specializzazione: raramente chi ricamava dise- Battistolo fu tra i ricamatori più rinomati di Tognava il paramento, vi era poi l’addetto all’uso rino – tra i suoi clienti anche re Carlo Alberto – dei fili d’oro che non sempre utilizzava la seta. in circa un quarantennio di attività. Nato nel Tra questi artigiani-artisti, nella seconda metà 1803 a Foresto Sesia (Vercelli), si trasferì abbadell’Ottocento, spicca il nome di Pietro Batti- stanza giovane a Torino dove apprese l’arte del stolo – con recapito in Via Doragrossa (Via Gari- lavoro ad ago che trasmise poi al figlio. Morì nel baldi n. 6) presso la chiesa della SS. Trinità, al 1874. terzo piano della casa di proprietà dell’omonima In numerose sacrestie, certamente, sono oggi Confraternita – che ricamò appunto il contraltare conservate le sue opere – note quelle delle Catdella festa “solenne” con al centro l’immagine tedrali di Alba e di Susa e al Museo Diocesano di della Patrona, dipinta ad olio su tela. Torino – si spera con la dovuta cura. Il ricamo, su teletta d’argento, presenta alcune ■ parti imbottite. I fiori, in argento, oro e ciniglia __________ policroma sono rose, viole e campanule. Dalla documentazione conosciamo il costo del paliotto BIBLIOGRAFIA: L. Borello, articolo in I tessili antichi e il loro uso: testimonianze sui centri di produzione in Italia, (complessivamente oltre 2.000 lire), diviso tra i lessici, ricerca documentaria e metodologica (1984); C. Desei artigiani che vi collaborarono. Si pagò il rica- biaggi, Pietro Battistolo ricamatore valsesiano dell’Ottomatore, chi scolpì la cornice, chi la indorò, il fa- cento a Torino, Centro Studi Piemontesi (1-2003).

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◗ Ex voto per grazia ricevuta dal Beato Cafasso (1932)

22 Giugno 1947

Cafasso proclamato Santo

v Lino Ferracin ra tutto uno splendore di fiori, luci e addobbi il Santuario della Consolata in quei tre giorni (17-18-19) di ottobre del 1947. Uno splendore di gioia per la canonizzazione di uno dei suoi figli più cari: Giuseppe Cafasso. Entrando nell’ovale guariniano il fedele veniva attirato da due grandi tele raffiguranti i due ultimi miracoli che avevano aperto la via alla canonizzazione; salendo poi i tre gradini e mettendo

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piede nell’esagono restava colpito da tre grandi tele sospese sopra gli archi: la prima verso l’altare maggiore raffigurava il santo Cafasso nel trionfo della gloria celeste, quella a destra il Santo mentre istruisce giovani sacerdoti del Convitto e l’ultima a sinistra il Santo in una cella che conforta un detenuto. Le pareti erano tutte ricoperte di drappi e stoffe cremisi. La proclamazione di santità da parte di Papa Pio XII era avvenuta a Roma il 22 giugno ma la festa a Torino si svolse ad ottobre perché vi era stata


la speranza di unire la gioia della canonizzazione alla riapertura del Convitto, da quattro anni vuoto, in ricostruzione e ristrutturazione dopo il tragico bombardamento del 13 agosto 1943, bombardamento che aveva in parte colpito anche la basilica. Difficoltà finanziarie e ritardi nei lavori avevano impedito il bel progetto ma la gioia di quei tre giorni e la partecipazione dei fedeli fu davvero grandissima. Tutto per un Santo che aveva fatto dell’umiltà una delle sue virtù distintive. Giuseppe Cafasso era nato a Castelnuovo d’Asti (oggi Castelnuovo Don Bosco) il 15 gennaio del 1811, terzo di quattro figli (la sorella Marianna sarà la mamma del Beato Giuseppe Allamano, Rettore della Consolata e fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata). Dopo i primi studi al paese fu mandato per la sua viva intelligenza a studiare al Collegio civico di Chieri e poi in Seminario. In una domenica di ottobre del 1827 incontrò a Morialdo, lui già in talare, il

ragazzino Giovanni Bosco che lo invitò a prendere parte alla festa del paese, ma lui gli rispose: «Gli spettacoli dei preti sono le funzioni di chiesa… Chi abbraccia lo stato ecclesiastico si vende al Signore… e tutto il resto non è più nulla per lui». Il 21 settembre 1833 fu ordinato sacerdote a Torino. Quattro mesi più tardi entrò nel Convitto Ecclesiastico annesso alla chiesa di San Francesco, a dirigerlo dal 1817 era don Luigi Guala, il fondatore di un’esperienza unica nell’Italia di allora: una scuola di tre anni per preparare nel modo più efficace alla vita pastorale e alla guida morale i nuovi sacerdoti. In quei piccoli locali addossati alla chiesa di San Francesco a Torino il Cafasso fu prima allievo e presto collaboratore del Guala che riconobbe in lui doti particolari nell’insegnamento e nella guida spirituale; alla sua morte, nel 1848, il Guala gli lasciò la guida del Convitto e il Cafasso ne divenne rettore fino alla fine della sua vita, nel 1860. Lì venne a studiare Don Bosco, il compaesano di Castelnuovo

◗ L’urna nell’altare dedicato al Santo, collocata a destra dell’ingresso del Santuario.

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d’Asti, e il Cafasso per quel giovane prete, di Un bel monumento, uno dei pochissimi dedicati solo cinque anni più giovane, fu sempre una si- ad un sacerdote, al Rondò della Forca lo ritrae cura guida e una protezione nei suoi primi anni umile, con il crocifisso in mano quasi attaccato di lavoro con i ragazzotti poveri e senza istru- all’anima del poveretto che accompagna e sozione di Torino. In quella chiesa dedicata a San stiene. Nella nostra Consolata restano di Lui le Francesco nel centro di Torino il Cafasso passò sue lettere autografe, il suo corpo nell’urna delinfinite ore al confessionale, ricercato da poveri l’altare a Lui dedicato. e ricchi, da analfabeti e dottori, da nobili e po- Le due definizioni sempre ripetute sul Cafasso “La polino. Il nostro Santo fu maestro per i perla del clero italiano” e “Il prete della forca” giovani sacerdoti nel confessare e nel messe l’una accanto all’altra sembrano stripredicare insegnando loro umiltà nella dere per il contrasto delle parole “perla e vita, semplicità e preparazione nella forca” ed invece sottolineano “nelparola, ascolto attento delle l’apparenza dimessa e quasi insianime alla ricerca di salvezza o gnificante della sua piccola e anche solo di serenità. Ma la gracile figura” la sintesi di una sua non fu solo una carità spivita sacerdotale vissuta fino alla rituale perché si mise a disposantità proprio nel suo essere sizione dei più poveri e dei più capace di mettersi veramente semplici del quartiere e della al servizio dei più poveri. città di Torino, capace di vi- ◗ Particolare del monumento a San Giuseppe Così lo presentò Papa Besitarli fin nelle stanze più mi- Cafasso raffigurato mentre porge la croce ad nedetto nel 2010: «Non fu sere, capace di domandare ai un condannato. L’opera in bronzo di Virgilio parroco come il curato ricchi per distribuire ai po- Audagna è collocata al rondò della Forca nel d’Ars, ma fu soprattutto forveri. Esemplare fu il suo rap- luogo dove venivano eseguite le impiccagioni. matore di parroci e preti porto con la Marchesa di diocesani, anzi di preti santi. Barolo che seguì nella sua intensa e continua be- Non fondò Istituti religiosi perché la sua fondaneficenza. La sua opera trovò il culmine della ca- zione fu la scuola di vita e di santità sacerdotale rità nell’assistenza ai carcerati che visitava il più che realizzò, con l’esempio e l’insegnamento, nel possibile sedendo accanto a loro sui pagliericci Convitto Ecclesiastico di San Francesco d’Assisi. ma soprattutto preparando e accompagnando al […] Vera luce sacerdotale nella storia della patibolo i condannati a morte, aspettando dalle Chiesa». parole e dagli sguardi dei più restii il più piccolo ■ segnale di pentimento e di ricerca di salvezza.

v Lasciti e donazioni Da tanti anni, affezionati devoti della Consolata esprimono la volontà di destinare al Santuario parte delle loro sostanze. Il Santuario Beata Vergine della Consolata con sede in Torino gode di personalità giuridica come ente ecclesiastico (decreto ministeriale del 18.6.1987) ed è iscritto nel Registro della Prefettura di Torino al 14

n. 463. Come tale può ricevere legati ed eredità. Per le formule da utilizzare nella stesura di un testamento – che è sempre modificabile e/o revocabile – può essere utile il consiglio di un notaio al fine di evitare spiacevoli errori o incomprensioni, che rischiano di inficiarne la validità. Solo con il generoso aiuto di tutti il Santuario può continuare ad

essere luogo accogliente e sicuro per svolgere il servizio pastorale che gli è proprio. Quanto potrà essere destinato al Santuario sarà un prezioso dono d’amore alla Vergine ConsolataConsolatrice. Per informazioni rivolgersi direttamente al rettore del Santuario.




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