Rivista Santuario della Consolata - ottobre/dicembre 2020

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IL Rivista fondata nel 1899

DELLA n. 4 OTTOBRE - DICEMBRE 2020


In copertina: «Adorazione dei pastori» (particolare) olio su tela (1655) di Bartolomé Esteban Murillo, Museo del Prado, Madrid - Spagna

Periodico religioso trimestrale Anno 122 - n. 4 Ottobre - Dicembre 2020 Poste italiane S.p.A. - Sped. in abb. postale «Regime R.O.C.» - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, NO/TORINO - Nuovo corso n. 4/2020 C.C. post. n. 264101 intestato a: Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino Tel. +39 011 483.61.11 Fax +39 011 483.61.99 E-mail: rivistasantuario@laconsolata.org Sito web: www.laconsolata.org

editoriale

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Impaginazione grafica rivista: Andrea Aloi Stampa: A4 servizi grafici di Serra Sergio Snc Via F.lli Meliga 5/D - Chivasso (TO) Tel. 011919.55.96 E-mail: info@a4servizigrafici.it Sito web: www.a4servizigrafici.it

rubriche

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Costruttori di fraternità con la profezia che cambia la storia Osvaldo Maddaleno

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L’ordinazione episcopale di padre Giorgio Marengo La redazione

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Ogni anno una Domenica dedicata alla Parola di Dio Giacomo Maria Martinacci

Direttore responsabile: Marco Bonatti Autorizzazione del Tribunale Civile di Torino n.379 del 22 febbraio 1949

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La parola del Rettore Giacomo Maria Martinacci

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Gli ex-voto e quel giugno del 1940 sulle Alpi occidentali Alberto Turinetti di Priero

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Un viaggio nella storia di Torino Daniele Bolognini

Redazione:

Collaboratori:

Andrea Aloi Daniele Bolognini Lino Ferracin Osvaldo Maddaleno Giacomo Maria Martinacci Giulia Poretti

Alberto Turinetti di Priero


editoriale

La parola del Rettore mons. Giacomo Maria Martinacci

Carissimi amici e devoti della Consolata, il perdurare della pandemia continua ad incidere sulla vita di tutti noi e anche il nostro Santuario, come tutte le altre chiese, deve affrontare conseguenze di cui al momento è difcile poter prevedere il termine. Il numero contingentato dei fedeli che è possibile ammettere alle celebrazioni e purtroppo anche l'assuefazione di non poche persone -specialmente, ma non solo, anziane- a vivere le Messe festive senza dover uscire di casa sono solo alcune delle motivazioni che incidono sulla partecipazione personale alla vita liturgica e ne causano un visibile diradamento. Con ducia e con la prudenza necessaria abbiamo ripreso le iniziative mensili di lectio divina e di cammino di fede, sospese nei mesi scorsi, che accompagnano positivamente ormai da anni la vita del Santuario. Non ci è invece dato di ipotizzare, per ora, quando sarà possibile riproporre i “lunedì della Consolata” che nello scorso anno avevano visto una partecipazione molto numerosa di persone.

hanno disposto la devoluzione al Santuario di parte dei loro beni, si è nora provveduto alle varie necessità. Mi chiedo però se gli amici del nostro Santuario, in occasione del rinnovo dell'abbonamento annuale alla nostra rivista, non potrebbero questa volta fare uno sforzo per aumentare nei limiti del possibile la loro offerta. So bene che stiamo vivendo un tempo difcile per molti, ma mi auguro che questo appello possa trovare la risposta generosa di tanti nostri affezionati lettori e ci consenta di affrontare il nuovo anno con maggiore serenità. Riconosco e tocco comunque con mano i segni della Provvidenza ed anche in questo periodo continuo nonostante tutto a condividere la ducia che il Beato Giuseppe Allamano sapeva coltivare negli anni dell'ampliamento e del rinnovamento totale del Santuario. Se pure la situazione economica del nostro Paese non appare tra le più oride, so che il poco offerto da molti consente di affrontare e superare anche le difcoltà più grandi.

Nota dolente, in particolar modo nei mesi della primavera scorsa ma che non è del tutto scomparsa nemmeno ora, è stata ed è il risvolto economico della pandemia anche nel nostro Santuario. A fronte delle spese correnti, che non potevano e non possono essere ignorate, è mancato e manca ancora il corrispettivo adeguato di entrate per farvi fronte. Grazie a una oculata gestione -con la revisione e il contenimento di alcuni servizi- e all'arrivo di alcuni provvidenziali lasciti testamentari di persone, che in morte

Ma le sorprese, come tutti sanno, si presentano quando meno te le aspetti: è di queste ultime settimane, infatti, il distacco di una parte di affresco nella volta della cappella delle Anime del Purgatorio (già danneggiata dal bombardamento aereo del 13 agosto 1943) che ci ha fatto scoprire anche la necessità di provvedere quanto prima alla revisione della copertura esterna di parte della cupola con la sostituzione del suo rivestimento in piombo. L’intervento completo di restauro richiederà tempi non brevi,

con relativa copertura nanziaria. Carissimi, non ci è dato di sapere che cosa ci riserva ancora l'evolversi della pandemia, con tutti i suoi risvolti, al momento però tutto ci porta a pensare che ci accompagnerà ancora -speriamo in modo meno pesante- almeno nella prima metà del prossimo anno, che ci obbliga a spostare ulteriormente il nostro pellegrinaggio in Terra Santa già previsto per il mese di marzo prossimo. Il rinnovarsi e l'estendersi delle restrizioni, a livello sia nazionale che locale, non deve però impedirci di coltivare la ducia di poter sperimentare mesi più sereni. La notizia, più volte rimbalzata, della preparazione di vaccini ad hoc è certamente motivo che conforta, ma comunque non possiamo eludere il ricorso alla preghiera: la storia del nostro Santuario è segnata dalla supplica dei Torinesi alla Consolata che, anche nelle calamità, non è mai mancata ma si è ulteriormente intensicata. Nel mese di dicembre ricorre la festa di San Valerico le cui reliquie, qui giunte con i monaci dell'abbazia di Novalesa nel X secolo, sono conservate in una delle cappelle del Santuario. Anche a lui, nei secoli passati, il popolo cristiano è ricorso con ducia sperimentando l'efcacia della sua intercessione. Afdo quindi tutti alla Vergine ed al Santo Abate nella preghiera che con ducia ogni giorno esprimo per ciascuno di voi ed invoco l'abbondanza delle benedizioni del Signore con l'augurio cordiale per le prossime festività.

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Costruttori di fraternità con la profezia che cambia la storia Svegliare il volto materno della Chiesa

Osvaldo Maddaleno

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bbiamo sperimentato in questi mesi la nostra fragilità, quella del nostro modello di società e anche di Chiesa. Vorremmo uscire al più presto da questa situazione, ma ciò non è nel potere né di parole né di buoni auspici. Occorrono fatti, attesi ardentemente: cure più efcienti, un vaccino che possa debellare il virus, sussidi economici, … Senza dubbio. Ma non basteranno. Per affrontare quello che ci attende, con tutte le incognite del caso, occorre, secondo una felice trovata, “l'anti-virus della fraternità”: di una nuova, più decisa, più reale fraternità. E non solo all'interno della propria cerchia e della propria Nazione, ma a livello mondiale. Giustamente. Ma ... forse non basta. È poco probabile che di colpo saremo e saranno tutti buoni. Anzi. Mi ha colpito l'omelia di Papa Francesco nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, in cui ha condiviso due parole-chiave: unità e profezia. Pietro e Paolo erano due persone molto differenti, ma si sentivano fratelli, come in una famiglia unita, dove spesso si discute, ma sempre ci si ama. Però la familiarità che li legava non veniva da inclinazioni naturali, ma dal Signore. Egli non ci ha comandato di piacerci, ma di amarci. È Lui che ci unisce, senza uniformarci. Ci unisce nelle differenze. L'Apostolo Giacomo era stato ucciso, ora Pietro viene arrestato, la comunità non si dà alla fuga, nessuno abbandona gli altri, ma tutti pregano insieme. L'unità è un principio che si attiva con la preghiera, perché la preghiera permette allo Spirito Santo di intervenire, di aprire alla speranza, di tenerci insieme nelle difcoltà. Il Papa dice che in quei frangenti drammatici nessuno si lamenta del male, delle persecuzioni, di Erode. È inutile che i cristiani sprechino tempo a lamentarsi del mondo, della società, di quello che non va. Le lamentele non cambiano nulla. Ricordiamoci che le lamentele sono la seconda porta chiusa allo Spirito Santo: la prima è il narcisismo (ti porta allo specchio, a guardarti continuamente), la seconda è lo scoraggiamento (ti porta alle lamentele), la terza è il pessimismo (ti porta al buio, all'oscurità). Quei cristiani non incolpavano, ma pregavano. In

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quella comunità nessuno diceva: «Se Pietro fosse stato più cauto, non saremmo in questa situazione». Nessuno. Pietro umanamente aveva motivi di essere criticato, ma nessuno lo criticava. Non sparlavano di lui, ma pregavano per lui. E noi oggi possiamo chiederci: «Custodiamo la nostra unità con la preghiera? Preghiamo gli uni per gli altri?». Un Santuario come la Consolata, aperto tutto il giorno, ci aiuti a valorizzare la preghiera per l'unità della Chiesa, e a far crescere la fraternità. Qui incontriamo Maria, che è madre, e ci aiuta a vivere da fratelli. Papa Francesco dopo l'unità ha parlato di una seconda parola: profezia. Pietro è stato provocato da Gesù: «Tu, chi dici che io sia?»; anche Paolo: «Perché mi perseguiti?». A queste provocazioni sono seguite le profezie: «Tu sei Pietro e su questa pietra edicherò la mia Chiesa», e di Paolo: «È lo strumento che ho scelto per me, afnché porti il mio nome dinanzi alle nazioni». Dunque la profezia nasce quando ci si lascia provocare da Dio, non quando si gestisce la propria tranquillità. Quando il Vangelo ribalta le certezze, scaturisce la profezia. Solo chi si apre alle sorprese di Dio diventa profeta. Oggi abbiamo bisogno di profezia, di testimonianze che il Vangelo è possibile. A me, dice il Papa, fa dolore quando sento proclamare: «Vogliamo una Chiesa profetica». Bene. Cosa fai, perché la Chiesa sia profetica? Servono vite che manifestano il miracolo dell'amore di Dio. Non potenza, ma coerenza. Non parole, ma preghiera. Non proclami, ma servizio. Tu vuoi una Chiesa profetica? Incomincia a servire: non teoria, ma testimonianza. Abbiamo bisogno della gioia per il mondo che verrà, non di quei progetti pastorali che sembrano avere in sé la propria efcienza, come se fossero dei sacramenti. Abbiamo bisogno di pastori che offrono la vita: di innamorati di Dio. Così Pietro e Paolo hanno annunciato Gesù, da innamorati. Questa è la profezia che cambia la storia. Il Papa termina dicendo che anche per noi c'è una profezia, si trova nell'ultimo libro della Bibbia, dove Gesù promette ai suoi testimoni fedeli “una pietruzza bianca, sulla quale sta scritto un nome nuovo”(Ap 2, 17). Come il Signore


▲ «L’Annunciazione del corridoio nord» (dettaglio), affresco del Beato Angelico (1440 ca.), Convento di S. Marco - Firenze

ha trasformato Simone in Pietro, così chiama ciascuno di noi, per farci pietre vive con cui costruire una Chiesa e una umanità rinnovate. C'è sempre chi distrugge l'unità e chi spegne la profezia, ma il Signore crede in noi e chiede a te: «Tu, vuoi essere costruttore di unità? Vuoi essere profeta del mio cielo sulla terra?». Lasciamoci provocare da Gesù e troviamo il coraggio di dirgli: «Sì, lo voglio!». Fra un mese sarà Natale. E la gura che maggiormente viene in rilievo in questo periodo di attesa è Maria, la madre di Gesù. C'è una nuova presa di coscienza nella Chiesa: sta nel rendersi conto che, in essa, attraverso i secoli, accanto al “principio petrino” riguardante –come indica il termine– la sua struttura gerarchica, non è stato assente un “principio mariano” e cioè una certa presenza di Maria. Maria ci richiama il “prolo mariano della Chiesa”. Che cos'è questo prolo mariano? Ne ha scritto a fondo Hans Urs von Balthasar, noto teologo svizzero. Il principio mariano fa ricordare che la Chiesa è edicata non solo sugli apostoli, ma anche sui profeti, e si manifesta nell'aspetto carismatico della Sposa di Cristo: nell'aspetto profetico, spirituale, di santità, che si è sempre riscontrato in essa. S. Giovanni Paolo II nel discorso alla Curia Romana il 22 dicembre 1987 ha detto: “La Chiesa vive di questo autentico prolo mariano, di questa dimensione mariana. Questo prolo mariano è altrettanto -se non lo è di piùfondamentale e caratterizzante per la Chiesa quanto il prolo apostolico e petrino, al quale è profondamente unito. La dimensione mariana della Chiesa antecede quella petrina, pur essendole strettamente unita e complementare. Maria, l'Immacolata, precede ogni altro, e, ovviamente, lo stesso Pietro e gli Apostoli». Anche Benedetto XVI ha sottolineato il principio mariano comme-

morando i 40 anni della conclusione del Concilio Vaticano II: «Questo principio petrino della Chiesa è incluso in quello mariano. In Maria, l'Immacolata, incontriamo l'essenza della Chiesa in modo non deformato. Da lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi anime ecclesiali» (8 dicembre 2005). In pratica cosa dobbiamo fare? Dobbiamo modellarci su Maria. Da dove cominciare? Forse c'è una parola nella quale possiamo intravedere un costante atteggiamento della sua vita. È il suo “sì” all'angelo al momento dell'incarnazione di Gesù, e ripetuto tutta la vita. S. Madre Teresa di Calcutta diceva che per raggiungere la santità occorre dire «voglio», e cioè «sì». Dire sempre voglio a quanto Dio vuole. Accendiamo questa luce in questo Natale: essere tessitori di fraternità. Gesù è venuto a insegnarci due cose: abbiamo un Padre solo e noi siamo tutti fratelli. «Incredibile, ma vero. Sono salito nella mia stanza per prendere la chiave dell'auto. Avevo tale fretta da non concedermi il tempo di accendere la luce. Muovendomi a mezza luce non ho trovato la chiave nel cassetto, spostandomi ho sbattuto la testa sullo spigolo sporgente, uscendo ho rovesciato il comodino con la sedia … “Come mai quel bernoccolo?!” mi domanda qualcuno. “Mi ricorda –rispondo– che prima di muovermi al buio è necessario accendere la luce”. Anche in convento può accadere che presi dai tanti progetti, dalle tante cose da fare, ci si dimentichi la cosa principale: cominciare la giornata con l'accendere un luminoso clima d'amore. Muoversi senza la luce in comunità è creare guai a sé e agli altri. Quando in famiglia brilla la luce della carità cristiana, ciascuno è sereno e sa come muoversi e che cosa fare» (A. Pamont).

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L’Ordinazione episcopale di padre Giorgio Marengo Un missionario della Consolata Vescovo in Mongolia

A cura della Redazione fotograe di Renzo Bussio

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evento religioso più signicativo di questo anno, che emerge come fatto rilevante nella vita del nostro Santuario, è stato certamente l'Ordinazione episcopale di Mons. Giorgio Marengo, dei Missionari della Consolata, cuneese di nascita (7 giugno 1974) ma cresciuto a Torino. Nominato il 2 aprile scorso da Papa Francesco nuovo Prefetto Apostolico della Mongolia, dove padre Giorgio n 2003 lavorava pastoralmente, è uno dei primi due missionari della Consolata entrati in quel lontano Paese. Dal 2016 aveva il compito di coordinare il gruppo dei missionari in Mongolia ed era membro del Consiglio del suo Istituto Missionario per la Regione Asia. La pandemia ancora in corso ha impedito di compiere l'Ordinazione episcopale in Mongolia ed ha fatto cadere la scelta sul nostro Santuario consentendo la presenza dei congiunti più stretti del nuovo Vescovo, tra cui la mamma Laura e la sorella Mariachiara. La solenne celebrazione, nella mattinata di sabato 8 agosto, è stata presieduta dal Cardinale Luis Antonio G. Tagle, attuale Prefetto della Congregazione Romana per l'Evangelizzazione dei Popoli, coadiuvato dal nostro Arcivescovo Mons. Cesare Nosiglia e dall'Arcivescovo emerito il Cardinale Severino Poletto, che il 26 maggio 2001 aveva ordinato presbi-

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tero padre Giorgio. A loro si sono uniti nella Concelebrazione Eucaristica ed hanno imposto le mani sull'Eletto, oltre a Mons. Giordano Caccia Nunzio Apostolico presso le Nazioni Unite a New York, i torinesi Mons. Marco Arnolfo Arcivescovo Metropolita di Vercelli, Mons. Pier Giorgio Micchiardi emerito di Acqui, Mons. Gabriele Mana emerito di Biella, Mons. Guido Fiandino già Ausiliare di Torino, Mons. Piero Delbosco di Cuneo e di Fossano, già rettore del nostro Santuario, e Mons. Marco Prastaro di Asti. Il rettore del Santuario, prima dell'i-

nizio della Liturgia, ha ricordato alcune particolarità legate alla celebrazione, evidenziando in particolare che il 23 ottobre 1909 proprio nella Basilica della Consolata l'Arcivescovo del tempo -il Cardinale Agostino Richelmy- aveva compiuto l'Ordinazione episcopale del primo dei Missionari della Consolata -fondati solo otto anni prima- Mons. Filippo Perlo, Vicario Apostolico del Kenya. Il rettore ha anche affermato: «Mi piace pensare alla presenza tra noi del Beato Giuseppe Allamano che, non dal coretto a lato dell'altare dove spesso sostava per dialogare con la Consolata ma dal Cielo, si unisce per rendere con noi grazie a Dio e per assicurare a padre Giorgio la sua preghiera per l'efcacia del ministero episcopale ora a lui afdato e per invocare su di lui l'effusione dei doni dello Spirito Santo». Il rito dell'Ordinazione è iniziato, dopo la proclamazione del Vangelo, con l'invocazione allo Spirito Santo e la richiesta di procedere fatta dal Superiore Generale dei Missionari della Consolata, padre Stefano Camerlengo, e la lettura del Documento Ponticio di nomina compiuta da padre Francesco Peyron, confratello dell'Eletto. Il Cardinale ordinante ha poi pronunciato l'omelia, nella quale dai brani biblici proposti per l'occasione ha richiamato le linee a cui deve costantemente attenersi un Ve-


scovo e ha concluso parlando del “dramma interiore” sperimentato dal Profeta Geremia e dagli Apostoli, affermando che anche il nuovo Vescovo avrebbe dovuto attendersi ogni giorno il “dramma invisibile” del suo episcopato e parlando della gioia di «vedere il gregge crescere nella conoscienza, nell'amore e nel servizio a Gesù, il suo vero Pastore» denendo “arte delicata” l'impegno del Vescovo a non fare ombra a Gesù per «irradiare la Sua luce» e d'altronde padre Giorgio ha scelto come suo motto episcopale: Respicite ad eum et illuminamini - Guardate a Lui e sarete raggianti (Sal 33 [34], 6). Concludendo la sua omelia, il Cardinale Tagle ha così esortato il nuovo Vescovo: «Come Maria, nostra Madre della Consolata, tieni Gesù nel tuo cuore, anche quando non sempre Lo comprendi, e lascia che la Sua consolazione dia forza agli altri. Lascia che il tuo cuore, i tuoi occhi, il tuo volto, i tuoi sorrisi, i tuoi canti ed i tuoi scritti sussurrino Gesù -la Buona Novella vivente- alla gente, ai poveri, ai sofferenti, alla steppa, ai umi, alle colline ed agli eterni cieli blu della Mongolia! Sussurra Gesù con la ducia e la convinzione del tuo cuore, nelle tue conversazioni, nei momenti di convivenza e nelle serate silenziose con i tuoi amici in Mongolia. Lo Spirito Santo porterà il tuo umile sussurro anche alle terre e ai cuori a te inaccessibili».

Si sono poi dipanati i vari passaggi del Rito: la proclamazione dei vari impegni dell'Eletto e l'invocazione dei Santi con il canto delle Litanie, durante le quali padre Giorgio si è prostrato davanti all'altare, hanno preceduto i gesti sacramentali dell'imposizione delle mani, compiuta singolarmente da ognuno dei Vescovi presenti, e della preghiera di Ordinazione, pronunciata mentre due diaconi tenevano aperto sopra l'Eletto il libro dei Vangeli. Sono seguiti i riti esplicativi: l'unzione con il Sacro Crisma sul capo del nuovo Vescovo, la consegna del libro dei Vangeli, dell'anello, della mitra e del bastone pastorale. L'insediamento al primo posto tra i concelebranti e l'abbraccio di pace scambiato con tutti i Vescovi presenti hanno concluso l'Ordinazione sacra. La Concelebrazione Eucaristica è poi proseguita normalmente. La conclusione di una Ordinazione episcopale, terminata la Liturgia eucaristica, prevede il canto del Te Deum di ringraziamento mentre il nuovo Vescovo percorre le navate della chiesa per benedire i fedeli presenti. Egli si è anche affacciato alla porta principale del Santuario come gesto cordiale verso i fedeli che non avevano potuto essere accolti all'interno a motivo delle limitazioni imposte dalla pandemia in corso.

parola all'assemblea che aveva partecipato al sacro Rito: prima in lingua italiana e successivamente in quella mongola, perché tutta la celebrazione è stata seguita in collegamento diretto anche dai fedeli in mezzo ai quali egli svolgerà il suo ministero episcopale. Nel suo intervento ha voluto ricordare il suo Predecessore Mons. Wenceslao Selga Padilla che, un giorno prima di morire improvvisamente, gli aveva detto al telefono: «Quando me ne sarò andato, prenditi cura della missione», e aggiungendo: «Solo lo Spirito sapeva che signicato potessero avere quelle parole». Ha poi detto: «Questo giorno luminoso è luce a cui dovrò sempre ricorrere nel seguire il Signore crocisso e risorto che mi manda in Mongolia, nella terra che ha pensato per me perché io mi ci converta e cammini umilmente nelle sue vie, al servizio di chi ancora non lo conosce o sta cominciando a seguirlo». Ai fedeli della Mongolia, nella loro lingua, ha rivolto questo messaggio: «Oggi qui ci siete anche voi! Il Signore ha voluto che la Mongolia diventasse la mia seconda Patria, il luogo benedetto dove crescere come discepolo e dove sperimentare la bellezza dell'annuncio del Suo Vangelo. E voi lo avete accolto e lo state accogliendo, insegnandomi con il vostro esempio cosa vuol dire essere cristiani veramente. Nella nostra amata Mongolia siamo un piccolo “gregge”, ma prediletto dal Signore e molto amato dal Successore di Pietro, il nostro caro Papa Francesco; lui mi chiede di essere discepolo del Signore insieme a voi e vostro Pastore. Aiutiamoci a vicenda in questo meraviglioso cammino di fede!».

Prima che il Cardinale Tagle impartisse la benedizione nale, il nuovo Prefetto Apostolico ha poi voluto rivolgere alla Vergine Consolata un canto in lingua mongola, noto anche in Italia, che ha potuto unire i fedeli presenti nella nostra Basilica e i fedeli mongoli al momento del ritornello.

Mons. Marengo ha poi rivolto la sua

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Ogni anno una Domenica dedicata alla Parola di Dio Una signicativa iniziativa di Papa Francesco

A cura di Giacomo Maria Martinacci

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assoluta priorità della Parola di Dio, che ha portato i Padri del Concilio Vaticano II a dedicarle una delle quattro Costituzioni conciliari (intitolata dalle prime parole: Dei Verbum), è stata sottolineata da Papa Francesco con una speciale Lettera Apostolica dal titolo “Aperuit illis” esattamente un anno fa iniziando le celebrazioni per il 1600° anniversario della morte di San Girolamo (30 settembre 420), celeberrimo cultore della Parola di Dio, ricordato e venerato a motivo proprio del suo «amore soave e vivo per la Sacra Scrittura», come leggiamo nel Messale Romano. Partendo da uno degli ultimi gesti compiuti verso i discepoli dal Signore risorto, prima della sua Ascensione («Aprì loro la mente per comprendere le Scritture»: Lc 24, 45), il Papa scrive che Gesù «a quegli uomini impauriti e delusi rivela il senso del mistero pasquale … e promette la Spirito Santo che darà loro la forza di essere testimoni di questo Mistero di salvezza» ed aggiunge che «giustamente San Girolamo poteva scrivere: “L'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”» (n. 1). «La Bibbia -nota Papa Francesco- non può essere solo patrimonio di alcuni e tanto meno una raccolta di libri per pochi privilegiati. Essa appartiene, anzitutto, al popolo convocato per ascoltarla e riconoscersi in quella Parola» (n. 4). «Poiché le Scritture parlano di Cristo, permettono di credere che la sua morte e risurrezione non appartengono alla mitologia, ma alla storia e si trovano al centro della fede dei suoi discepoli» (n. 7). Davanti a queste affermazioni fondamentali, il Papa sottolinea la forte esigenza di rendere accessibile la Scrittura come compito in primo luogo dei Pastori, i quali hanno appunto la responsabilità di spiegarla per rendere possibile a tutti di comprenderla ed evidenzia la funzione del tutto peculiare dell'omelia: «Far entrare in profondità nella Parola di Dio, con un linguaggio semplice

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e adatto a chi ascolta, permette al sacerdote di far scoprire la bellezza delle immagini che il Signore utilizzava per stimolare la pratica del bene. … Per molti fedeli, infatti, questa è l'unica occasione che possiedono per cogliere la bellezza della Parola di Dio e vederla riferita alla loro vita quotidiana» (n. 5). Richiamando l'affermazione del Concilio Vaticano II («I libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle consegnata nelle Sacre Scritture: Dei Verbum, 11)», il Papa scrive: «L'innegabile radicamento storico dei libri contenuti nel testo sacro non deve far dimenticare questa nalità primordiale: la nostra salvezza. Tutto è indirizzato a questa nalità inscritta nella natura stessa della Bibbia, che è composta come storia di salvezza in cui parla ed agisce per andare incontro a tutti gli uomini e salvarli dal male e dalla morte» (n. 9). Non è mistero per alcuno che il ruolo dello Spirito Santo nella Sacra Scrittura è fondamentale. Il Concilio ci ricorda che la Scrittura trasforma in Parola di Dio la parola degli uomini scritta in maniera umana (cfr. Dei Verbum, 12) e il Papa aggiunge che «lo Spirito Santo trasforma la Sacra Scrittura in Parola vivente di Dio, vissuta e trasmessa nella fede del suo popolo santo» (n. 9) operando in coloro che si pongono in ascolto di quella Parola. «Essa provoca dolcezza e amarezza» ricorda poi il Papa citando il Profeta Ezechiele (3, 3) e il libro dell'Apocalisse (10, 10). «La dolcezza della Parola di Dio ci spinge a parteciparla a quanti incontriamo nella nostra vita per esprimere la certezza della speranza che essa contiene -afferma ancora il Santo Padre- e l'amarezza è spesso offerta dal vericare quanto difcile diventi per noi doverla vivere con coerenza, o toccare con mano che essa viene riutata perché non ritenuta valida per dare senso alla vita» (n. 12). «Costantemente la Parola di Dio richiama all'amore misericordioso del Padre che chiede ai gli di vivere nella carità -aggiunge il Papa-. La vita di Gesù è l'espressione piena e perfetta di questo amore divino che non trattiene nulla per sé, ma a tutti offre se stesso senza riserve. … La Parola di Dio è in grado di aprire i nostri occhi per permetterci di uscire dall'individualismo che conduce all'asssia e alla sterilità mentre spalanca la strada della condivisione e della solidarietà» (n. 13). Ecco alcuni dei motivi fondamentali che a conclusione del Giubileo straordinario della misericordia avevano convinto Papa Francesco a chiedere di pensare a una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio, per comprendere l'inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo perché sia nel mondo annunciatore di questa inesauribile ricchezza. Ora il Papa, decidendo di celebrare in tutta la Chiesa in unità di intenti la Domenica della Parola

di Dio, ci propone un testo prezioso di un dottore della Chiesa, vissuto nel IV secolo, il diacono Sant'Efrem: «Chi è capace di comprendere, Signore, tutta la ricchezza di una sola delle tue parole? È molto di più ciò che sfugge di quanto riusciamo a comprendere. Siamo proprio come gli assetati che bevono a una fonte. La tua Parola offre aspetti diversi, come numerose sono le prospettive di quanti le studiano. Il Signore ha colorato la sua Parola di bellezze svariate, perché coloro che la scrutano possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella sua Parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una ricchezza in ciò che contempla» (n. 2). Come data di questa particolare sosta annuale di tutta la Chiesa per celebrare, riettere e divulgare la Parola di Dio, Papa Francesco ha stabilito la III Domenica del Tempo Ordinario, nel prossimo anno il 24 gennaio: saremo quindi invitati a vivere questa domenica come un giorno solenne e le singole comunità troveranno le modalità per loro più adatte per far emergere l'importanza di continuare nella vita quotidiana la lettura, l'approfondimento e la preghiera con la Sacra Scrittura, con un particolare riferimento alla lectio divina. Peraltro queste sono realtà che da anni anche il nostro Santuario propone con cadenza mensile a quanti intendono avvalersi di questi sostegni. La Domenica della Parola di Dio, secondo la precisa intenzione del Papa, viene così «a collocarsi in un momento opportuno di quel periodo dell'anno, quando siamo invitati a rafforzare i legami con gli ebrei e a pregare per l'unità dei cristiani». E aggiunge: «Non si tratta di una mera coincidenza temporale: celebrare la Domenica della Parola di Dio esprime una valenza ecumenica, perché la Sacra Scrittura indica a quanti si pongono in ascolto il cammino da perseguire per giungere a un'unità autentica e solida» (n. 3). La scelta di riprodurre nella pagina a anco l'ambone del nostro Santuario con le immagini dei quattro Evangelisti, preziosa scultura lignea collocatavi nel 1965 come dono personale del rettore del tempo (il can. Michele Maletto), vuole essere un modo per evidenziare il luogo della Parola di Dio, che da qualche settimana è anche illuminato -come già la porta del tabernacolo e l'altareanche fuori dalle celebrazioni liturgiche. Un tempo nelle chiese godeva di un particolare rilievo il pulpito, ed anche nel nostro Santuario il Beato Giuseppe Allamano lo volle bello e prezioso: proprio davanti a quello, ma più vicino all'assemblea dei fedeli, vi è ora questo ambone. Quasi a signicare che la Parola di Dio si deve rendere sempre più prossima ed accessibile a tutti.

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Gli Afdarsi ex-voto a Maria e quelnel giugno tempo del 194 della pandemia Cinque terribili giorni di guerra al gelo sul conne francese L’omelia dell’Arcivescovo nella Festa della Consolata

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a guerra alla Francia ed alla gno- fu completato il dispositivo di atGranNosiglia Bretagna fu dichiara- tacco sulle Alpi occidentali, dal MonMons. Cesare ta il 10 giugno 1940. La no- te Bianco a Ventimiglia. Mentre l'oftizia fu resa nota con il fa- fensiva tedesca si espandeva verso il moso discorso di Mussolini dal balco- centro della Francia, i Comandi italiane romano di piazza Venezia e venne ni ricevettero l'ordine di non intratrasmessa nelle piazze di tutta Italia prendere alcuna azione offensiva, tramite altoparlanti collegati dalla ra- no al 17 giugno quando i tedeschi dio. Nei giorni successivi, mentre ini- erano ormai a Parigi ed il Governo uesta Festa, che ogni anno ci vede riuniti ai ziavano i bombardamenti aerei italia- francese chiese un armistizio alla piedi di Maria Consolata come Chiesa di Toni su Malta, sulla Corsica e su varie Germania. Quel giorno, tra la sorprerino, comunità cristiana e civile della Città, è città francesi -cortesia restituitaci da- sa generale, arrivarono gli ordini inaper noi la Festa della riconoscenza. Riconogli aerei inglesi che bombardarono spettati di passare il conne, cancelsciamo quanto la Consolata ha fatto per Torino nel corso Torino nella notte fra l'11 e il 12 giu- lati nel giro di poche ore. A Roma, dei secoli, in particolare per la liberazione da pestilenze che si abbattevano frequentemente nella vita degli abitanti di Città e territorio. Il nostro Santuario è la prova e il segno di questa riconoscenza e dell’amore che i Torinesi hanno verso la loro Patrona e Madre celeste. Il Vangelo ci ha ricordato il momento supremo della vita di Cristo e di Maria, sua Madre: la morte in croce. Gesù, prima di morire, afda Maria al discepolo prediletto, Giovanni, e afda Giovanni a Maria. Il popolo cristiano, n dall’inizio della sua storia, ha accolto con gioia e fede questa consegna del Signore. Ha onorato la Madre di Dio e l’ha accolta nella sua vita e nella sua storia con una costante e crescente devozione, che esprime la propria gliolanza. Ha visto in lei la Madre di consolazione e di speranza per la propria storia e il proprio futuro. E a lei ricorre sempre, soprattutto nei momenti di difcoltà e di bisogno. Anche noi, al termine della Messa e questa sera, afderemo la Diocesi, la Città, i fedeli ed i cittadini di Torino all’intercessione potente di Maria Consolata per ottenere la sua protezione presso l'Altissimo.

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Afdiamo a Lei la nuova partenza, come si usa dire, dopo la tragica esperienza del coronavirus anche se l’epidemia non è del tutto cessata ed esige tutta l’attenzione necessaria per una vita di comunità serena e costruttiva. Questa fase ci sollecita a farci più visibili e presenti nel tessuto concreto della vita sociale con quel compito di testimonianza e di proposta dell'annuncio di Gesù Cristo, che solo può dare vigore e speranza di rendere sempre più umano, giusto e solidale, ogni ambiente di lavoro.

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presso gli Stati Maggiori delle forze armate regnavano dubbio e confusione, ma fu Mussolini in persona a decidere che il 21 giugno le truppe italiane avrebbero varcato i conni con la Francia in un'offensiva generale che coinvolse tutto il fronte. Quel 21 giugno 1940 le condizioni atmosferiche virarono senza pietà verso il cattivo tempo. Grandi nuvoloni invasero le Alpi, dal Monte Bianco, giù no a Mentone ed a Ventimiglia. Nel pomeriggio cominciò a piovere a catinelle, aumentò il vento e, malgrado


40 sulle Alpi occidentali Alberto Turinetti di Priero fotograe di Andrea Aloi

▲ Sopra: «Colle Rho - Punta Frejus», ex-voto del sergente Ala Pietro per grazia ricevuta del 10 - 25 giugno 1940 ◄ A lato: «Colle di Valle Stretta», ex-voto per grazia ricevuta di Beccaria Antonio del 21 giugno 1940

l'inizio dell'estate, in alto apparve la neve in un turbinio di bufere. Quel mattino i fanti di un battaglione della Divisione “Superga” salivano in lunga la la Valle Stretta, allora italiana. Alle Grange li guardò slare il comandante del Reggimento. Per rincuorarli disse loro di lucidare per bene gli elmetti, di curare l'uniforme perchè alla sera avrebbero cenato a Modane. Si era infatti sparsa la voce, proveniente dalla lontanissima Roma, che i francesi se ne stavano andando e che non avrebbero offerto resistenza perché dall'altra parte stavano arrivando i tedeschi. Quando la testa della colonna arrivò alla fonderia -dove inizia il tratto di sentiero che porta al Colle- co-

minciò a piovere e l'acqua iniziò a scorrere sugli elmetti inltrandosi nel collo dei soldati, mentre il sentiero si riempì ben presto di un rivolo scivoloso sempre più impetuoso. Non sapevano quei fanti che l'ordine era di raggiungere il Colle e quindi partire all'attacco alla mezza, scendendo decisi verso Charmaix e poi a Modane. Arrivarono in cima che erano già fradici, ma tutto taceva e dei francesi non c'erano tracce. Arrivò l'ordine di passare il conne e quando la compagnia di testa cominciò a scendere, improvvisamente si udì un rombo spaventoso amplicato dal cozzo con le montagne. Pochi secondi e le prime granate francesi caddero tra i fan-

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◄ Nella pagina a lato: ▪ ex-voto per grazia ricevuta di Pochettino Giuseppe, 24 giugno 1940 ▪ ex-voto per grazia ricevuta di Isaia Giuseppe, 26 giugno 1940

ti. Ci furono i primi caduti ed i primi feriti. Evidentemente i francesi non avevano nessuna intenzione di andarsene, anzi … Tutto il fronte si mosse, così al Piccolo San Bernardo, al Moncenisio, a Bardonecchia, al Monginevro, al Colle della Maddalena, no a Ventimiglia. La reazione francese fu furiosa: cannoni, obici e mortai riversarono sulle truppe italiane una valanga di granate e di schegge. Morti e feriti. Come se non bastasse, alle quote più alte la temperatura si abbassò di molto sotto lo zero. Per molti iniziarono tre giorni e tre notti passati all'addiaccio, senza potersi muovere, tra la neve e magari senza il pastrano lasciato nelle retrovie per fare più in fretta. Terribili le condizioni in cui vennero a trovarsi gli Alpini del battaglione “Val Dora” abbarbicati

in cima ad una montagna dal dolce nome di “Belle Plinier” dalla quale, nei pochi momenti in cui le nuvole venivano spazzate dal vento gelido, si vedevano laggiù in fondo le case di Modane. Nevicava, a tratti c'era tormenta e le cannonate francesi non terminavano mai. Tre giorni e tre notti con punte di 13 gradi sotto zero. Alcuni caduti, molti feriti e decine di congelati … Per fortuna durò poco perché fu sottoscritto un armistizio a decorrere dalle ore 1,25 del 25 giugno, ma tanto era bastato per contare 642 caduti (36 ufciali e 31 sottufciali), 2.631 feriti, 616 dispersi. Il numero dei congelati che dovettero ricorrere alle cure negli ospedali, secondo un dato dello Stato Maggiore, fu di ben 2.151, dei quali 1.230 nel solo sotto settore di Bardonecchia: un numero così alto dovuto alla mancanza di equipaggiamento adeguato, in particolare dei calzettoni di lana. Molti scamparono per un sofo alla scheggia assassina, ma in molti scamparono per miracolo alle mutilazioni conseguenti ai casi di congelamento agli arti inferiori. Così ci fu chi volle ringraziare la Madonna Consolata ed

oggi fra le migliaia di ex-voto vi sono anche quelli che ricordano quei giorni sulle Alpi occidentali. Alcuni eventi sono facilmente riconoscibili per il nome, la data e la località. Così la Valle Stretta ed il Colle omonimo, come il Colle della Rho e la Punta Fréjus sono ricordati da ufciali e fanti della Divisione “Superga”, grande unità dislocata in tempo di pace a Torino e a Venaria Reale, nel 1940 nel sotto settore di Bardonecchia. Altri non sono così facilmente identicabili, ma si riconoscono dal cappello con la piuma gli Alpini del 3° Reggimento, forse qualcuno proprio del “Val Dora”, e gli Artiglieri con le loro bocche da fuoco.

del Santuario di Torino La Compagnia della Consolata, istituita dal Beato Giuseppe Allamano, ha come scopo di favorire la devozione alla Vergine Maria, venerata come Consolata dai doni di Dio e, per questo, Consolatrice dei sofferenti e degli afflitti: modello e sorgente di speranza, Ella ci precede nel cammino della fede e ci sostiene nelle difficoltà della vita quotidiana. È vivamente raccomandata agli iscritti la partecipazione personale alle celebrazioni liturgiche del Santuario e, nel giorno della festa titolare (20 giugno), alla processione in onore della Consolata.

Tutti, anche i defunti, possono essere iscritti nella Compagnia. Per loro, in Santuario, ogni sabato viene celebrata una S. Messa alle ore 10,30. Per iscrizioni e maggiori informazioni rivolgersi alla sacrestia del Santuario o telefonare al n. 011/483.61.01.

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Un viaggio nella storia di Torino Sulle tracce di un antico Crocisso Daniele Bolognini

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alla Settimana Santa del 2019 chi entra nel nostro Santuario, può notare vicino al presbiterio la presenza di un Crocisso quattrocentesco il cui volto sofferente si accosta al dolce sguardo della Consolata. Un’acquisizione recente che impreziosisce notevolmente il patrimonio artistico del Santuario e la cui origine porta assai lontano nel tempo. Quest'opera, che ha oltre cinque secoli di storia, probabilmente in molti suscita numerose curiosità! Da dove arriva? In quale luogo è stata venerata? Quali vicende storiche ha attraversato? La sua origine è lontana nel tempo, ma non dai luoghi. Infatti il Crocisso appartenne al Monastero di Santa Croce in Rivoli delle Canonichesse Regolari di S. Agostino, un Ordine antico, oggi poco noto e purtroppo non più presente in Piemonte. È il ramo femminile dell'Ordine dei Canonici Regolari della Congregazione del Ss.mo Salvatore Lateranense, Ordine fondato attorno al 1000 da chierici detti appunto “canonici” i quali in passato furono anche presenti nella nostra Arcidiocesi e precisamente a Savigliano, nella chiesa di S. Andrea Apostolo. Scelsero di vivere in comunità adottando la Regola agostiniana e da qui la dicitura di “Regolari”. In seguito alla riforma gregoriana degli Ordini

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◄ Nelle pagine 14 e 15: Chiesa di Santa Croce in piazza Carlo Emanuele II ◄ A lato: Il quattrocentesco Crocifisso ligneo oggi nel Santuario della Consolata (fotografia di Andrea Aloi) ► Nella pagina seguente: Particolare dell’altare dedicato a S. Pietro dalle Canonichesse nella chiesa di Santa Croce in piazza Carlo Emanuele II (fotografia tratta dalla tesi di Francesca Romana Gaja, 2011-12)

monastici avviata dal Sinodo Lateranense, nel 1059 si aggiunse l'ulteriore dicitura “Lateranense” per il servizio prestato, n dalle origini, alla Basilica Papale di S. Giovanni in Laterano considerata la “Madre di tutte le Chiese”. Fu Papa Eugenio IV, nel 1446, a conferire anche alle monache il prestigioso titolo “Lateranensi”, così pure l'abito somigliante a quello dei prelati: mantella e rocchetto bianco.

Nuova; nel 1541 si trasferirono presso Porta Susina, dove oggi troviamo la chiesa della Misericordia. Il titolo di “Santa Croce” è menzionato per la prima volta in un atto notarile del 1° giugno 1543. Con un Breve di Papa Paolo III fu loro concessa il 30 agosto 1547 l'afliazione ai Canonici Regolari Lateranensi e nel 1552 iniziarono a costruire la chiesa, consacrata poi dall’Arcivescovo Carlo Broglia il 5 gennaio 1603.

In Piemonte abbiamo notizia di un monastero di Canonichesse a Vercelli già dall'XI secolo, dedicato alla Ss.ma Annunziata, monache dedite alla vita contemplativa e all'educazione delle ragazze nobili. A Torino giunsero nel 1534, per interessamento di Beatrice di Romagnano, e abitarono inizialmente in una casa presso l’allora Porta

Nel 1569, nell'ambito dei lavori di costruzione della Cittadella militare, si dovette demolire l’antico monastero benedettino femminile, già del 1000, dedicato a S. Pietro. Quelle religiose, per un breve periodo, si trasferirono in un edicio attiguo a quello delle Canonichesse, poi la comunità fu soppressa e le loro proprietà passarono alle Ca-

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nonichesse che, in ricordo di tale donazione, dedicarono a S. Pietro un altare nella loro chiesa, “in memoriam unionis eidem monasterio facte de monasterio Sancti Petri”, anche quando il monastero si trasferì in altra parte della Città. Dietro l'altare maggiore, secondo l'uso agostiniano, vi era il coro delle monache in cui probabilmente era venerato il Crocisso ora nel nostro Santuario. Nei decenni successivi il monastero prosperò, nonostante le travagliate vicende torinesi della peste del 1630 e della guerra civile del 1640. L'accrescersi della comunità, ma soprattutto il riassetto della piazza della Cittadella, resero necessaria una nuova sede per accogliere il numero sempre maggiore di educande. Nel medesimo luogo lasciato dalle monache subentrò la Confraternita di S. Giovanni Decollato, tuttora esistente. Da ricordare che padre spirituale di quelle monache fu pure il Beato Sebastiano Valfrè. Il nuovo sito fu trovato presso l'attuale piazza Carlo Emanuele II (detta comunemente piazza Carlina), ceduto dai Gesuiti non più interessati a un terreno in quella parte della Città per la fondazione di un loro collegio. È del 1684 l’autorizzazione per l'edicazione del nuovo monastero e già nel 1691, anno del trasferimento delle monache, si contavano 45 professe e 5 converse. La chiesa, successiva al monastero, fu progettata da Filippo Juvarra, ma la facciata fu compiuta solo nell’800. Tuttavia il declino era dietro l'angolo: da lì a poco a Torino si sarebbero fatti sentire i moti rivoluzionari francesi e, dopo la caduta del re Carlo Emanuele IV nel 1798, i napoleonici soppressero il mo-

nastero nel 1800. Piazza Carlina divenne luogo delle esecuzioni e qui fu istallata la ghigliottina che causò, in 14 anni, oltre quattrocento morti. Aiutate in quelle tristi vicende dal venerabile Pio Brunone Lanteri, col ritorno sul trono dei Savoia (1814) anche le Canonichesse riebbero il loro edicio. Il 13 settembre 1816 fu ristabilita la clausura e le monache poterono ricevere, il giorno seguente, la visita del re Carlo Felice. Tuttavia il declino era inarrestabile. Nel 1848 parte dell'edicio fu nuovamente requisito e trasformato in caserma a seguito delle politiche anticlericali e della soppressione degli Ordini religiosi. Nel 1854 vi fu l'espulsione denitiva delle religiose. Violata la clausura a picconate, vista la ritrosia delle monache a lasciare il monastero, ad assisterle fu il cuore generoso della marchesa Giulia di Barolo che le ospitò, per poco più di tre anni, presso il Casino Barolo tra Lucento e Altessano. Nel novembre 1857 la comunità traslocò a Chieri in palazzo Tana, dove in passato era stato ospite S. Luigi Gonzaga e la sua cameretta era stata trasformata in cappella. Il 26 agosto 1901 ci fu un nuovo trasferimento, questa volta a Rivoli, mentre il vecchio monastero di piazza Carlina era ormai da tempo adibito a usi profani (caserma, ospedale militare; oggi è sede di una Facoltà universitaria). Il monastero rivolese sorse in via Rombò, ma nella Seconda Guerra Mondiale un bombardamento lo distrusse e ci fu il denitivo trasferimento in una villa di via Querro, adattata alle regole della clausura. La chiesa del monastero rivolese, sopravvissuta ai danni bellici, fu poi demolita per consentire la costru-

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► A lato: «S. Agostino consegna la Regola alle Canonichesse», olio su tela di pittore anonimo, ex monastero S. Croce, Rivoli

zione della nuova chiesa parrocchiale di S. Maria della Stella. Nel 2018 le monache, ormai tutte di nazionalità lippina, lasciata Rivoli e l’Italia, si trasferirono in un nuovo monastero da loro costruito nelle Filippine, senza poter portare con sé l’antico e prezioso Crocisso. Nelle varie sedi in cui vissero le Canonichesse è assai probabile che abbiano portato con loro quanto di più caro potevano, e cos'altro le legava alla loro antica e gloriosa storia se non l'antico Crocisso, al quale innite volte avranno rivolto lo sguardo in cerca di consolazione? Allo stato attuale delle ricerche non è però possibile stabilire se il Crocisso oggi alla Consolata fosse già presente nei primi tempi della fondazione torinese oppure se sia giunto in epoche successive. Potrebbero averlo portato a Torino da Vercelli, oppure poteva far parte dei beni ereditati dalle Benedettine di S. Pietro. Dalla chiesa che era dove oggi sorge quella della Misericordia potrebbe aver seguito le monache in piazza Carlina, poi nel Casino Barolo, quindi a Chieri e inne a Rivoli. Ricerche di archivio non sono possibili perché quello della comunità perì con la distruzione bellica del monastero stesso. Potrebbe pure essere giunto da altre case piemontesi dell'Ordine poi soppresse, ad esempio il monastero della SS. Annunziata di Asti. Nelle guide della città di Torino, stampate già nel '700, in cui fu descritta la chiesa di Juvarra, il Crocisso non è citato, ma molto probabilmente era gelosamente custodito nel coro o forse nell’aula capitolare, in cui accedevano solo le religiose. Oggi è di fatto tra i più antichi Crocissi venerati in Torino e accompagna la preghiera dei fedeli nel cuore della Città.

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Bibliograa: SILVIO SOLERO, Le canonichesse Lateranensi di Santa Croce, frammenti di storia torinese (1960); MARIA PAOLA SOFFIANTINO, Notizie storiche, Progetto esecutivo del restauro della chiesa di Santa Croce, Città di Torino, Direzione Servizi Tecnici per l'Edilizia Pubblica (2016).


calendario liturgico del Santuario

Dicembre 2020 3. S. Francesco Saverio, presbitero (m.) a 6. c 2 DOMENICA DI AVVENTO S. Nicola, vescovo (m.) 7. S. Ambrogio, vescovo e dottore della Chiesa (m.) 8. IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA B. V. MARIA (s.) Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria

10. Beata Vergine Maria di Loreto (m. f.) Beato Marco Antonio Durando, presbitero (m. f.) 12. S. VALERICO, abate: le sue reliquie sono conservate nel nostro Santuario (f.) a 13. c 3 DOMENICA DI AVVENTO S. Lucia, vergine e martire (m.) 14. S. Giovanni della Croce, presbitero e dottore della Chiesa (m.) 16-24 Novena di Natale a 20. c 4 DOMENICA DI AVVENTO 25. c NATALE DEL SIGNORE (s.) 26. S. STEFANO, primo martire (f.) 27. c SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE (f.) S. GIOVANNI, apostolo ed evangelista (f.) 28. SANTI INNOCENTI, martiri (f.)

Febbraio 2021 1. Beata Anna Michelotti, vergine (m. f.) 2. PRESENTAZIONE DEL SIGNORE (f.) Giornata Mondiale della Vita Consacrata

5. S. Agata, vergine e martire (m.) 6. Santi Paolo Miki, presbitero, e Compagni, martiri (m.) 7. c 5a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Giornata Nazionale della Vita

8. Beata Giuseppina Gabriella Bonino, vergine (m. f.) 10. S. Scolastica, vergine (m.) 11. Beata Vergine Maria di Lourdes (m. f.) Giornata Mondiale del Malato

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16. 17. 19. 21. 22. 23. 26. 28.

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6 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO SANTI CIRILLO, monaco, E METODIO, vescovo, patroni d'Europa (f.) Beato Giuseppe Allamano, presbitero: per 46 anni rettore della Consolata (m. f.) MERCOLEDÌ DELLE CENERI (astinenza e digiuno) Venerdì dopo le Ceneri (astinenza) a c 1 DOMENICA DI QUARESIMA Beata Maria Enrichetta Dominici, vergine (m. f.) CATTEDRA DI S. PIETRO, apostolo (f.) S. Policarpo, vescovo e martire (m.) Venerdì (astinenza) a c 2 DOMENICA DI QUARESIMA

Gennaio 2021 1. MARIA SS. MADRE DI DIO (s.) Ottava di Natale Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria Giornata Mondiale della Pace

2. Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovi e dottori della Chiesa (m.) 3. c 2a DOMENICA DOPO NATALE SS.mo Nome di Gesù (m. f.) 6. c EPIFANIA DEL SIGNORE (s.) 10. c BATTESIMO DEL S IGNORE (f.) a 17. c 2 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. Antonio, abate (m.) Giornata Nazionale per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo religioso ebraico-cristiano

18-25 Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani 20. Santi Ottavio, Solutore e Avventore, protomartiri torinesi (m.) 21. S. Agnese, vergine e martire (m.) 24. c 3a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Domenica della Parola di Dio

Abbreviazioni: s. = solennità; f. = festa; m. = memoria; m. f. = memoria facoltativa

Orario delle celebrazioni in Santuario Sante Messe: Festive: ▪ Domenica e feste: 8,30 - 10 - 11,30 - 16 - 18 - 19,30 ▪ Sabato e prefestivi: 18

Feriali: 8 - 9 - 10,30 - 12 - 18 - 19 (sospesa nei prefestivi)

Confessioni: ▪ Giorni festivi: 7,45 - 12,15 / 15 - 20,15 ▪ Sabato e prefestivi: 7,45 - 12,15 / 15 - 18,30 ▪ Giorni feriali: 7,45 - 12,15 / 15 - 19,15

S. Francesco di Sales, vescovo e dottore della Chiesa: venne più volte in pellegrinaggio

(m.) CONVERSIONE DI S. PAOLO, apostolo (f.) Santi Timoteo e Tito, vescovi (m.) S. Tommaso d'Aquino, presbitero e dottore della Chiesa (m.) Beato Sebastiano Valfrè, presbitero (m. f.) a c 4 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. Giovanni Bosco, presbitero (m.) e sostò nel nostro Santuario

25. 26. 28. 30. 31.

Rosario: ▪ Ogni giorno: 17,30

Via Crucis: ▪ Venerdì di Quaresima: 17 La Liturgia delle Ore e l’Adorazione Eucaristica del sabato, a motivo delle vigenti disposizioni emanate dalle Autorità competenti per l’emergenza Covid-19, continuano ad essere sospese.


Il Ramo O.N.L.U.S. si dedica alla tutela, custodia, valorizzazione e promozione del Santuario B. V. della Consolata e dell'annesso Convitto Ecclesiastico e particolarmente delle opere d'arte in essi custodite, nonché della loro manutenzione sia ordinaria che straordinaria. Per sostenere le iniziative si può contribuire preferibilmente: ► tramite bonico su conto corrente bancario UNICREDITSPA: IBAN IT 91 A 02008 01046 000105031377 specicando la destinazione al “Santuario B. V. della Consolata - Ramo O.N.L.U.S.” (codice scale 97501670018) ► tramite versamento sullo specico conto corrente postale n. 1040900498 allegato ad ogni numero della rivista del Santuario.

DIO AMA CHI DONA CON GIOIA

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Dal 1 gennaio 2018 le erogazioni a favore delle ONLUS fatte da persone siche, da società o enti possono essere dedotte, nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato (art. 83 co.2 D.Lgs 117/2017). In alternativa, solo per le persone siche, le erogazioni liberali a favore di ONLUS per un importo complessivo di ciascun periodo d’imposta non superiore a 30.000 euro danno diritto a una detrazione di imposta pari al 30% dell’importo erogato (art. 83 co. 1 D.Lgs 117/2017).

Lasciti e donazioni Da tanti anni, affezionati devoti della Consolata esprimono la volontà di destinare al Santuario parte delle loro sostanze. Il Santuario B. V. della Consolata, con sede in Torino, gode di personalità giuridica come ente ecclesiastico (decreto ministeriale del 18.6.1987) ed è iscritto nel registro della Prefettura di Torino al n. 463. Come tale può ricevere legati ed eredità. Per le formule da utilizzare nella stesura di un testamento -che è sempre modicabile e/o revocabile- può essere utile il consiglio di un notaio al ne di evitare spiacevoli errori o incomprensioni, che rischiano di inciarne la validità. Solo con il generoso aiuto di tutti il Santuario può continuare ad essere un luogo accogliente e sicuro per svolgere il servizio pastorale che gli è proprio. Quanto potrà essere destinato al Santuario sarà un dono prezioso, segno di particolare amore alla Vergine Consolata-Consolatrice. Per informazioni rivolgersi direttamente al rettore del Santuario.

L’augurio che rivolgiamo ai nostri lettori e a tutti i devoti della Consolata lo attingiamo dalle parole del primo Vescovo di Torino S. Massimo: «In una festa così grande la parola umana non è sufciente a magnicare Dio. Ricorriamo a quelle degli angeli e facciamoci loro compagni nella devozione, esultiamo con le loro stesse parole: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Parole degne e giuste, che nella natività di Cristo rendono onore a Dio nei cieli e danno pace agli uomini sulla terra» (Sermone 97). Il rettore e i sacerdoti del Santuario

Attenzione: in caso di mancato recapito, rinviare all’Ufficio di Torino C.M.P. Nord per la restituzione al mittente, Rettore del Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino, che s’impegna a corrispondere la relativa tariffa.

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