Rivista Santuario della Consolata - luglio/settembre 2020

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IL Rivista fondata nel 1899

DELLA n. 3 LUGLIO - SETTEMBRE 2020


Periodico religioso trimestrale Anno 122 - n. 3 Luglio - Settembre 2020 Poste italiane S.p.A. - Sped. in abb. postale «Regime R.O.C.» - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, NO/TORINO - Nuovo corso n. 3/2020 C.C. post. n. 264101 intestato a: Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino

In copertina: «B. V. Maria Consolata» icona ex-voto offerta dall’Arcivescovo Mons. Cesare Nosiglia al Santuario della Consolata in occasione della Festa del 20 giugno 2020, realizzata presso il Ser.Mi.G di Torino (fotografia di Andrea Aloi)

Tel. +39 011 483.61.11 Fax +39 011 483.61.99 E-mail: rivistasantuario@laconsolata.org Sito web: www.laconsolata.org Impaginazione grafica rivista: Andrea Aloi Stampa: A4 servizi grafici di Serra Sergio Snc Via F.lli Meliga 5/D - Chivasso (TO) Tel. 011919.55.96 E-mail: info@a4servizigrafici.it Sito web: www.a4servizigrafici.it

editoriale

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rubriche

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Ripartire dall’essenziale, dalle relazioni Osvaldo Maddaleno

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Giugno 1940. Torino sotto le bombe Lino Ferracin

Direttore responsabile: Marco Bonatti Autorizzazione del Tribunale Civile di Torino n.379 del 22 febbraio 1949

Informiamo i lettori che i loro dati personali sono utilizzati esclusivamente per l’invio della nostra rivista. Tali dati sono trattati con la massima riservatezza e non vengono ceduti per nessun motivo a terzi. In ogni momento si potrà richiedere la consultazione, l’aggiornamento, la cancellazione.

La parola del Rettore Giacomo Maria Martinacci

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Affidarsi a Maria nel tempo della pandemia Mons. Cesare Nosiglia

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La fede al tempo di Covid-19 Daniele Libanori

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Beato Giuseppe Allamano Daniele Bolognini Redazione:

Collaboratori:

Andrea Aloi Daniele Bolognini Lino Ferracin Osvaldo Maddaleno Giacomo Maria Martinacci Giulia Poretti

Daniele Libanori


editoriale

La parola del Rettore mons. Giacomo Maria Martinacci

Carissimi amici e devoti della Consolata, abbiamo voluto collocare in copertina la riproduzione del particolarissimo ex-voto presentato a Maria, Consolata-Consolatrice, dal nostro Arcivescovo all'inizio del Rosario che ha concluso la giornata della nostra Festa patronale. Egli ha voluto esprimere attraverso questo “segno” la riconoscenza sua e dell'intera comunità ecclesiale e civile per quanto ricevuto dall'intercessione materna di Maria durante l'infuriare della recente pandemia. Questo ex-voto è l'immagine della Consolata nella forma artistica dell'icona, secondo la secolare tradizione dell'Oriente cristiano. L'Arcivescovo ha anche voluto che nel retro del suo dono risultasse questa scritta: “Alla Vergine Consolata, patrona e protettrice, la nostra liale riconoscenza”, con la sua rma e l'indicazione: “Torino, primavera 2020”. L'opera rimarrà nel tempo a testimoniare la ducia dei Torinesi nella presenza buona di Maria tra loro. Attraversando la nostra grande sacrestia, ora si può vedere ed ammirare nello spazio esistente in uno dei grandi armadi settecenteschi una nicchia con l'ex-voto del nostro Arcivescovo insieme alla “rosa d'oro” che Papa Francesco ha donato alla Consolata durante la sua Visita Apostolica a Torino di cinque anni fa. Formulo l'auspicio che quanti sosteranno davanti a questa immagine sappiano andare … “oltre”: la gura sacra, che vedi, ti conduce all'incontro con Colei che in essa è rafgurata. Quest'anno la Festa del 20 giugno ha dovuto subire i contraccolpi del coro-

navirus con tutte le limitazioni che le autorità pubbliche hanno previsto per contenere il diffondersi della pandemia. Non è stato possibile effettuare la tradizionale processione; la stessa statua processionale siamo stati autorizzati a collocarla all'esterno solo nel pomeriggio; l'accesso alle varie celebrazioni dentro il Santuario è stato necessariamente contingentato, con l'esecuzione dei prescritti interventi di sanicazione tra l'una e l'altra di esse. Il Rosario serale, in sostituzione della processione, e la supplica di afdamento a Maria che l'Arcivescovo ha pronunciato davanti alla statua processionale, con la presenza delle Autorità cittadine e la preghiera di un rappresentante delle Chiese non cattoliche, hanno lasciato certamente un segno in coloro che erano presenti o seguivano l'evento attraverso il canale televisivo che ha consentito una diffusione a più largo raggio. Il ricordo dei mesi trascorsi non può non lasciare in noi degli stimoli di rinnovamento interiore che dovranno incidere positivamente nella nostra vita. Nessuno potrà dimenticare quanto Papa Francesco ha compiuto offrendo messaggi importanti quali il porsi da solo davanti al Crocisso, in una Piazza San Pietro terribilmente vuota e colmata unicamente dalla pioggia insistente, come intercessore per tutti presso Dio. Se da un lato non sono stati pochi i falsi profeti, che si sono arrogati il diritto di condannare tutto e tutti, pronti a leggere nel virus un angelo sterminatore inviato da Dio per castigare i peccati del nostro tem-

po, il Papa non ha mancato di ricordarci in tanti modi che Dio è onnipotente nell'amore ed è accanto a noi con la forza del suo Spirito, per aiutarci ad attraversare la malattia e la morte. Spetta a noi lottare contro il virus e la morte, assumendo responsabilmente la cura degli altri, tra i quali in particolare i più poveri ed i più fragili. I cristiani sanno che non è serio pretendere che Dio faccia il “tappabuchi”, ma lo sentono come una presenza invisibile eppure efcace che dà loro forza, senso, vita, capacità di amare. È vero che senza di noi Dio non fa nulla mentre abitiamo questa terra, ma è altrettanto vero che ogni grido –anche inarticolato, generato dal dolore, dalla sofferenza insita nella natura o creata dagli uomini– raggiunge Dio: e Dio lo ascolta. Carissimi, è certamente grande la nostra riconoscenza alla Consolata che ci è stata particolarmente vicina anche nei mesi scorsi, tanto difcili e colmi di incognite. La secolare tradizione dei Torinesi, che sempre hanno saputo cercare nella sua intercessione materna la sorgente della loro speranza, ancora una volta è stata vincente e lo sarà anche in futuro: Maria è fedele perché è Madre. Questo è il motivo dell'afdamento di tutti voi che ogni giorno si rinnova nel nostro Santuario, questa è la preghiera incessante che diventa implorazione di abbondanza di consolazioni su ognuno di voi che invoco dal cuore della Vergine.

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Ripartire dall'essenziale, dalle relazioni «Le sde esistono per essere superate» (Evangelii gaudium, n.109)

Un tempo propizio che Dio ci dona

Osvaldo Maddaleno

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i riette molto sugli effetti politici, sociali, economici della pandemia, su come cambierà il mondo della scuola, del lavoro, dello sport, … Ma dovremmo riettere anche sulle conseguenze ecclesiologiche, sulla missione, sul nostro stile di vita cristiano. I Vescovi e i teologi ci aiuteranno a cogliere in modo sapienziale i segni del nostro tempo, per capire quello che Dio sta dicendo a noi e all'umanità. Certamente è un'occasione per ripartire dall'essenziale. La rivoluzione francese non operò forse, come oggi la pandemia, un drammatico cambio di paradigma? Tanti allora non ascoltarono il grido della Chiesa e continuarono a vivere come prima, insensibili ai nuovi bisogni. Noi aspettiamo che tutto torni come prima, per rivedere nalmente le nostre chiese piene? Forse ci siamo adagiati troppo sui Sacramenti, essenziali, indispensabili per la vita cristiana, ma la missione domanda di più. Forse è l'occasione per pensare ad altri modelli di apostolato? Papa Francesco il 27 marzo (benedizione Urbi et Orbi) ha detto: «Ci chiami, Signore, a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che

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è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di te e verso gli altri». Io accenno a tre cose. La prima attraverso un racconto. Paolo Coelho in un suo libro parla di un arciere forestiero che, dopo anni di perfezionamento, voleva mostrare la sua abilità a Tetsuya, leggendario maestro del tiro con l'arco che si era ritirato a vita privata. Tetsuya, infastidito, alla ne acconsentì a patto di essere poi lasciato in pace, anzi, dimenticato. Il forestiero impugnò allora il suo arco e riuscì ad inlzare una ciliegia a quaranta metri di distanza. Il Maestro non disse una parola, si fece imprestare arco e freccia e s'incamminò, seguito dal forestiero verso un ponte spaventosamente traballante sopra a una gola vertiginosa. Lì, oscillando paurosamente sul vuoto, scoccò il suo dardo, centrando una pesca a venti metri di distanza. «Tu hai fatto molto meglio di me –disse Tetsuya– rifallo qui, ora». Il forestiero, bianco di paura, non riuscì neppure a centrare l'albero. «Sei un ottimo tiratore quando le circostanze sono favorevoli, ma l'arciere non può scegliere il proprio campo di tiro. Ti consiglio di perseverare nei tuoi allenamenti e di prepararti anche per le situazioni sfavorevoli». Troppo chiaro


l'insegnamento: è facile essere cristiani quando tutto è semplice, alleniamoci perché i tempi difcili non sono niti. In questo nessuno è più esperto della Vergine Maria. Afdiamoci con ducia alla Consolata, una splendida Maestra. La seconda è questa: mi sembra che l'attuale pandemia ci ha aiutato a riscoprire la realtà della Chiesa domestica. La chiusura delle chiese ci ha aperto gli occhi e ci ha fatto sperare un nuovo modo di essere Chiesa, fatto non soltanto di liturgia e di preghiera, ma di vissuto quotidiano, no a che tutta la vita diventi preghiera e la preghiera vita. Una delle vignette che circolavano riportava un dialogo tra il diavolo e Dio. «Vedi che ti ho chiuso tutte le chiese?», dice il diavolo. E Dio risponde: «Al contrario, si è aperta una chiesa in ogni casa». Era quanto aveva sognato il Concilio Vaticano II quando chiamava la famiglia “santuario domestico della Chiesa”, che diventa tale «mediante il mutuo affetto dei membri e la preghiera elevata a Dio in comune» (Apostolicam actuositatem, 11). La Lumen gentium (n.11) afferma che nella famiglia «che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro gli i primi catechisti della fede». Bene il catechismo in parrocchia, ma questi giorni di chiusura forzata ci hanno ricordato che forse la prima catechesi va fatta proprio in casa, da genitori, nonni, zii. C'è la preghiera dell'Eucaristia, ma c'è anche la preghiera del mattino, della sera, quella prima dei pasti, il rosario, … Perché, ad esempio, non insegnare a prendere sul serio la liturgia della Parola? Il Concilio Vaticano II ha voluto mettere in mano ai laici la Sacra Scrittura. Questo è il tempo propizio per accelerare questo rapporto con la Parola di Dio. Potremo ripetere ai nostri cristiani le parole che Giovanni Crisostomo rivolgeva ai padri di famiglia: «Quando ritornate a casa dovreste prendere la Scrittura e con vostra moglie, coi vostri gli rileggere e ripetere insieme la parola ascoltata in chiesa». «Ritornate a casa –continuava– e preparate due tavole, una coi piatti del cibo, l'altra coi piatti della Scrittura; il marito ripete ciò che è stato letto in chiesa … Fate della vostra casa una chiesa». Questo è dunque il momento per prendere coscienza e far prendere coscienza ai laici del sacerdozio comune. Il valore della testimonianza come riscoperta del Vangelo, come messaggio di vita, da vivere fuori dalla chiesa, così come inizialmente è stato presentato da Gesù e vissuto dai primi cristiani. Speriamo di tornare in chiesa più numerosi di prima e di riscoprire la bellezza e la preziosità dell'Eucaristia, della comunità cristiana, del servizio dei preti, … ma speriamo che nel frattempo avremo scoperto la straordinaria vocazione sacerdotale dei laici, un sacerdozio regale esercitato con una creatività mai sperimentata prima d'ora, capace di aprire nuove strade alla missione e alla nascita di tante chiese domestiche, di vicinato, di quartiere … Abbiamo riscoperto l'essenziale, abbiamo scoperto anche la Chiesa fuori della chiesa, in fondo la Chiesa non sono le mura, sono le persone, la

comunione fra queste persone. Ecco la Chiesa che è in uscita. Anche in questo certamente Maria è Maestra. Una terza piccola considerazione. Le attività sono venute meno. Cosa rimane? I rapporti. L'essenziale sono i rapporti. Dobbiamo approttare di questa esperienza per crescere nei rapporti, nel prendersi cura gli uni degli altri. La Chiesa è il risultato dei nostri rapporti. Ce ne ricorderemo una volta passata la pandemia? Dopo mesi di separazione e di difdenza verso l'altro, che spesso è considerato come un possibile portatore di contagio, non sarà facile tornare ad avere relazioni fraterne e generose. Eppure la nostra vocazione è creare rapporti sempre più informati dalla carità sia all'interno della famiglia che negli ambienti nei quali viviamo e operiamo. Il 25 marzo il Papa ha fatto una liturgia insolita. Ha saputo creare qualcosa di nuovo. Pur essendo solo davanti a una piazza San Pietro vuota, ci ha fatto sentire tutti un unico popolo di Dio. Ci ha fatto dire: «Siamo tutti qui». Non dovremmo anche noi inventare qualcosa di nuovo? Lo sguardo deve allargarsi ulteriormente, oltre alla stessa comunità ecclesiale. La Chiesa non vive per se stessa, né da sola. È chiamata a vivere in comunione con le altre Chiese, con le persone di altre religioni, con la società civile, … L'esperienza della fragilità, che la pandemia ci ha fatto vivere, mostra quanto è assurda la tentazione dell'autosufcienza dettata dalla tecnica e dalla scienza, quanto è articiale il benessere che abbiamo creato. Perché tutto non torni come prima, occorre non pensare più soltanto a noi stessi, ma farci carico dei problemi degli altri. Accorgersi nalmente che siamo tutti delle creature dipendenti, che muoiono allo stesso modo, nel Primo come nel Terzo Mondo, forse ci aiuta a capire l'unità fondamentale del genere umano. Sapremo tenere conto di questa lezione nella nostra vita e nella nostra missione? Ne uscirà una Chiesa più aperta, in sincero dialogo, consapevole che non può vivere se non in comunione con tutta l'umanità? La pandemia ci ha aiutato a riscoprire il bisogno di relazione che c'è in tutti gli uomini, perché come c'è in noi c'è negli altri. Questo bisogno di relazione è un bisogno dell'uomo e quindi è la cosa più preziosa di cui c'è necessità oggi. Nella foresta scoppiò un terribile incendio. Le amme divoravano alberi con voracità inarrestabile. Tutti gli animali si lanciarono in una fuga disperata. Solo un colibrì volava in senso contrario con una goccia d'acqua nel becco. «Cosa credi di fare?», gli chiese il leone. «Vado a spegnere l'incendio!», rispose il piccolo volatile. «Con una goccia d'acqua …?». «Io faccio la mia parte!», rispose il colibrì. Per cambiare il mondo basterebbe che qualcuno, anche piccolo, avesse il coraggio di incominciare. Aiutaci, Madre Consolata, a cogliere le sde di oggi.

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Giugno 1940 Torino sotto le bombe

Lino Ferracin fotograe di Andrea Aloi

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on si era ancora spenta l'eco delle grida esaltate della folla romana sotto il balcone di Palazzo Venezia in quel 10 giugno 1940 all'annuncio, alle ore 18, del duce Mussolini che la dichiarazione di guerra era stata presentata agli ambasciatori di Francia e Inghilterra che, all’ 1,30 del 12 giugno, i primi aerei inglesi, nove in tutto, si presentarono su una Torino tutta illuminata, ancora silenziosa e non allarmata, e sganciarono le prime bombe. Si accesero subito le sirene dell'allarme e si spensero le luci delle vie, dei corsi, delle case. Improvviso, inatteso e tragico fu il risveglio in quella notte; risveglio e prima presa di coscienza che la guerra esaltata e invocata era arrivata senza tenere conto della “bontà” degli italiani e nemmeno dei destini fatali che aspettavano l'Italia e il suo impero. I torinesi si ritrovarono sorpresi e impreparati, anche se già dal 1931 erano cominciate le prime esercitazioni anche notturne sulla guerra aerea e nel 1934 era stato istituito l'UNPA, l'Unione Nazionale Protezione Antiaerea, con i compiti di istruire la popolazione ai comportamenti adeguati durante la guerra aerea ed educare alla sicurezza; soccorrere i civili in caso di attacchi, gestire i rifugi aerei e organizzare squadre di lavoro per la rimozione delle macerie, il soccorso dei feriti e l'identicazione delle vittime. Nel 1936 era stata ancora disposta la realizzazione di ricoveri antiaerei per gli edici di


nuova costruzione e dal giugno 1940 la costruzione per la popolazione civile di «ricoveri di fortuna sotto il piano stradale con due uscite, il softto puntellato, e la capienza calcolata in ragione di un metro quadrato per due persone; attrezzare detti ricoveri con medicamenti di pronto soccorso, lampade a pila, panche sse, latrine di fortuna, secchi d'acqua, attrezzi di sterro»1. Fino al giorno del primo attacco però poco o nulla si era fatto e addirittura nel mese di luglio si erano sospesi i lavori vista l'assenza di attacchi dopo il 12 giugno. Così al ritorno degli aerei inglesi alla metà di agosto, su un totale di 700.000 residenti poco più del 10% dei torinesi poterono trovare ricovero nei rifugi pubblici o in quelli privati. Più oculate si erano dimostrate le grandi industrie, nel caso di Miraori ad esempio al momento della costruzione dello stabilimento

nel 1936 era stata realizzata una rete di gallerie sotterranee. «Alla ne del 1944 i rifugi pubblici in città risultavano essere 137 (per un totale di 46.402 persone), sommati a 955 ricoveri “casalinghi - normali” (41.222 persone), cui potevano aggiungersi altri 15.076 posti di accoglienza in caso di evenienza eccezionale. […] L'accoglienza dei ricoveri quindi poteva soddisfare solamente il 15% della popolazione, malgrado fosse un sistema diffuso su tutto il territorio urbano. La maggior parte dei civili ricorreva a rifugi privati ricavati nelle cantine delle abitazioni, sebbene non fossero idonei a garantire un'adeguata sicurezza, non essendo questi in grado di reggere all'urto delle bombe»2. Il bombardamento nella notte tra il 10 e l'11 giugno durò 45 minuti e 44 furono le bombe sganciate che colpirono soprattutto obiettivi ferroviari e

industriali. Le conseguenze umane di quell'inatteso attacco furono di 17 morti e 40 feriti. La popolazione fu particolarmente colpita da quel tragico risveglio alla realtà della guerra e la prima risposta dell'Amministrazione Comunale fu di unire nel lutto la cittadinanza organizzando un funerale solenne e disponendo che le bare fossero tumulate in un'area riservata nel Cimitero Generale. In quel tragico momento fu spontaneo per i fedeli di Torino rivolgersi alla Consolata per ricevere aiuto e protezione: negli ingressi di molti edici furono poste a protezione immagini della Consolata e n dal primo mese arrivarono ex-voto nella Basilica. Sono un'ottantina gli ex-voto che ricordano i bombardamenti durante tutta la guerra. Tutti gli anni di guerra sono ricordati ma l'anno con più ex-voto è proprio il primo, il 1940, con 18 quadri e di questi 13 ricorda-

▲ «Bombardamento di via Priocca - coniugi Demo», ex-voto del 12 giugno 1940

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▲ «Bombardamento a Parigi», ex-voto del giugno 1940 realizzato da E. Bosio

no la prima notte: forse lo sgomento e la paura furono particolarmente eccitati dalla sorpresa e dalla novità di una violenza mai no ad allora sperimentata. È da sottolineare però che nessun ex-voto ha come oggetto episodi legati ai rifugi, che ritroviamo invece negli ultimi anni di guerra, conseguenza forse della sorpresa dell'attacco, della sua brevità e del ritardo dell'allarme, ma anche della mancanza di una istintiva corsa verso un rifugio. Un ex-voto ci suggerisce queste considerazioni, il solo che ritrae un ambiente privato, una camera da letto nella quale entra dirompente una ammata da una nestra con le imposte chiuse e al centro della stanza marito e moglie in camicioni da notte che fuggono terrorizzati (cfr. foto a pag.7). Immediata è la partecipazione al dolore della cittadinanza da parte del Cardinale Maurilio Fossati, che già il mattino seguente all'attacco notturno «alle 8 si reca all'Ospedale delle

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Molinette per confortare con la sua paterna benedizione i feriti del bombardamento aereo avvenuto nella notte»3 e nella lettera rivolta al Clero della Diocesi, in occasione della festa della Consolata, celebrata senza la tradizionale processione “date le condizioni eccezionali di guerra”, così si esprimeva il Cardinale: «Quale il nostro dovere in quest'ora? Condare in Dio: dare alle Autorità tutta la nostra cooperazione: aiutare in tutti i modi le popolazioni nostre. [...] Stamane attorno all'altare della Consolata ho visto un succedersi di folle oranti, perché Torino ha la prova secolare che mai le sue suppliche si sono rivolte invano alla sua celeste Protettrice. […] Né dimentichiamo nelle nostre preghiere i poveri morti. Anche Torino, come altre città d'Italia, ha avuto le sue vittime innocenti dei nuovi metodi di guerra. Preghiamo pace per loro, e per tutti quelli senza numero che sui campi di battaglia o nelle rovine delle case hanno

lasciato la vita. […] Diamo alle Autorità tutta la nostra cooperazione. La voce dei Sacerdoti e specialmente dei Parroci ha ancora una salutare inuenza sul popolo: quindi dobbiamo prestarci a far conoscere e attuare le disposizioni che l'Autorità Governativa e Militare credono necessarie dare in tempi così anormali. […] In particolare: 1) si insista per l'oscurità completa di notte anche nelle case di campagna. [...] 2) Tutte le funzioni in chiesa, adunanze, ecc., debbono terminare mezz'ora prima di notte. [...] 3) Fino a nuovo avviso restano sospese le processioni esterne. […] In campagna nell'imminenza del taglio del grano bisognerà, nell'interesse della pubblica e privata economia, che si solleciti la carità di tutti, perché si aiutino vicendevolmente, onde nulla del pros4 simo raccolto vada perduto» . Ed ancora: «In Torino spalancò le porte dei vasti sotterranei dell'Arcivescovado, diventati un rifugio im-


provvisato, a quanti nei dintorni se ne volevano servire … per quanto martellato dalle insistenti raccomandazioni dei familiari e dei parenti, non accettò mai di sfollare da Torino … “Dove ci sono i poveri, ci deve pure stare l'Arcivescovo; se c'è pericolo per me, esiste purtroppo e anche più grave per i poveri, che non hanno possibilità di sfollare»5. Una delle prime reazioni da parte di migliaia di torinesi era stata infatti quella di lasciare la Città per trasferirsi in zone meno a rischio di attacchi dal cielo. Famiglie intere si spostarono nelle campagne o nelle case di villeggiatura e si iniziò un andirivieni quotidiano di persone in uscita alla sera e in rientro al mattino. I danni materiali di quel primo bombardamento non furono particolarmente rilevanti per il piccolo numero di aerei coinvolti, dei 36 partiti dalle basi inglesi solo nove parteciparono all'attacco, 23 tornarono anticipatamente indietro a causa del cattivo tempo, uno precipitò in territorio francese e tre si diressero su Genova, e per l'imprecisione del tiro dovuto al fatto che i bombardieri inglesi arrivavano su Torino con il carburante appena sufciente per un ritorno in sicurezza e pertanto non sorvolavano la Città prima del vero e proprio attacco. Diversa sarà la situazione dopo l'ingresso in guerra degli americani i cui aerei erano dotati di maggiore autonomia e più performanti e soprattutto potevano partire dalle basi tunisine, attraver-

sare in sicurezza il Tirreno e arrivare su Torino senza l'ostacolo delle Alpi: il 20 novembre 1942 arriveranno 232 bombardieri e 250 il 13 luglio del 1943. Seguirono in quel 1940 altri 8 bombardamenti con 20 morti e 65 feriti; nell'anno seguente soli 3 bombardamenti e 20 vittime; nel 1942 9 bombardamenti con 589 morti e 570 feriti. Terribile il 1943 con 1157 vittime in 8 attacchi e 1605 feriti (il 13 agosto di quell'anno fu colpita la Basilica della Consolata). Nel '44 seguirono 9 bombardamenti con 287 vittime e 241 feriti ed inne nel '45 soli 2 attacchi ma con 70 morti e 128 feriti. Queste inne le statistiche di tutti gli anni di guerra: «dal 12 giugno 1940 al 24 aprile 1945, i torinesi hanno vissuto per 829 ore sotto preallarme, per 298 in condizioni di allarme e per 25 sotto bombardamenti, durante i quali una forza complessiva di almeno 2154 velivoli (dei quali solo 15 abbattuti) ha scagliato sulla città un totale di oltre 7000 bombe dirompenti ad alto potenziale e circa 300.000 mezzi incendiari. I morti sono stati 2069 e i feriti 2695. […] Il 37,7 per cento delle abitazioni denitivamente o temporaneamente inutilizzabili»6. «Oltre alle abitazioni civili erano state distrutte o sinistrate 29 chiese e 335 delle 530 convivenze (caserme, alberghi, locande, collegi, case di cura, ecc.) esistenti, […] il 38,85% degli ufci e studi professionali e il 35,93% dei negozi.

Delle attività industriali cittadine 223 erano indicate come totalmente distrutte, tra cui la Viberti e la Westinghouse, 315 come parzialmente distrutte e 480 come sinistrate »7 . Era stata la follia della guerra. È la guerra. Ieri come oggi. Una nota curiosa emerge riguardando i nostri ex-voto, quella di un quadretto dedicato alla Consolata, rmato Grazia ricevuta Parigi, giugno 1940. È un invito a ricordare che il 3 giugno 1940, tre settimane dopo l'inizio dell'offensiva tedesca contro l'Olanda, il Belgio, il Lussemburgo e la Francia, Parigi venne bombardata dall'aviazione tedesca, la Lufttwaffe, con una operazione denominata “Paula” che vide l'impiego di cinque stormi per un totale di 1.100 aerei tedeschi. L'obiettivo dei tedeschi non fu quello di attaccare la popolazione civile della capitale quanto piuttosto di distruggere le basi aeree presenti nell'Ile-de-France, il ministero dell'aviazione e le fabbriche Citroen lungo la Senna a tre chilometri dalla Tour Eiffel. L'attacco si scatenò nel primo pomeriggio: i danni materiali non furono importanti mentre si contarono 254 morti e 652 feriti. Molto probabilmente il fedele che commissionò il quadro (cfr. foto a pag. 8) era un nostro emigrato operaio alla Citroën bombardata oppure cameriere in qualche bistrot. Chissà! Sono solo congetture ma è certo il legame di fede con la Consolata lontana.

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LUCIANO BOCCALATTE, GIOVANNI DE LUNA, BRUNO MAIDA (a cura di), Torino in Guerra 1940-1945. Catalogo della mostra, Gribaudo editore, Torino 1995, pag. 22. 2 FRANCESCA ROMANA PAGLIANO, Dall'ombra alla luce. Studi per la valorizzazione e rifunzionalizzazione dei ricoveri di protezione antiaerea nel caso torinese. Tesi di laurea magistrale, pag. 115. 3 Rivista Diocesana Torinese, anno XV n. 6, giugno 1940-XVIII, pag. 107. 4 Rivista Diocesana Torinese, anno XV n. 6, giugno 1940-XVIII, pagg. 99-100. 5 Porpore fulgenti. Il cardinale Maurilio Fossati Arcivescovo di Torino e la guerra di liberazione, Marietti, Torino 1970, pagg. 28-29. 6 PIER LUIGI BASSIGNANA, Torino sotto le bombe nei rapporti inediti dell'aviazione alleata, Edizioni del Capricorno, Torino, 2003, pag. 170. 7 RENATA ALLIO, Torino 1945-1946. Uomini e fabbriche dopo i bombardamenti, in «Bollettino storico-bibliograco subalpino», A. CI, n. 1, 2003, Torino, pag. 293.

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Afdarsi a Maria nel tempo della pandemia L’omelia dell’Arcivescovo nella Festa della Consolata

Mons. Cesare Nosiglia

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uesta Festa, che ogni anno ci vede riuniti ai piedi di Maria Consolata come Chiesa di Torino, comunità cristiana e civile della Città, è per noi la Festa della riconoscenza. Riconosciamo quanto la Consolata ha fatto per Torino nel corso dei secoli, in particolare per la liberazione da pestilenze che si abbattevano frequentemente nella vita degli abitanti di Città e territorio. Il nostro Santuario è la prova e il segno di questa riconoscenza e dell’amore che i Torinesi hanno verso la loro Patrona e Madre celeste. Il Vangelo ci ha ricordato il momento supremo della vita di Cristo e di Maria, sua Madre: la morte in croce. Gesù, prima di morire, afda Maria al discepolo prediletto, Giovanni, e afda Giovanni a Maria. Il popolo cristiano, n dall’inizio della sua storia, ha accolto con gioia e fede questa consegna del Signore. Ha onorato la Madre di Dio e l’ha accolta nella sua vita e nella sua storia con una costante e crescente devozione, che esprime la propria gliolanza. Ha visto in lei la Madre di consolazione e di speranza per la propria storia e il proprio futuro. E a lei ricorre sempre, soprattutto nei momenti di difcoltà e di bisogno. Anche noi, al termine della Messa e questa sera, afderemo la Diocesi, la Città, i fedeli ed i cittadini di Torino all’intercessione potente di Maria Consolata per ottenere la sua protezione presso l'Altissimo. Afdiamo a Lei la nuova partenza, come si usa dire, dopo la tragica esperienza del coronavirus anche se l’epidemia non è del tutto cessata ed esige tutta l’attenzione necessaria per una vita di comunità serena e costruttiva. Questa fase ci sollecita a farci più visibili e presenti nel tessuto concreto della vita sociale con quel compito di testimonianza e di proposta dell'annuncio di Gesù Cristo, che solo può dare vigore e speranza di rendere sempre più umano, giusto e solidale, ogni ambiente di lavoro.

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Afdiamo a Maria i giovani con le loro attese e speranze circa il futuro sia sul piano del lavoro che della impostazione di vita. C'è la necessità di accogliere il messaggio centrale che il Papa ha rivolto ai giovani: quello di rendersi responsabili del rinnovamento spirituale, umano e sociale della Chiesa e del mondo. Una responsabilità, che si misura a partire dal coraggio di testimoniare la propria fede in mezzo ai coetanei, facendo scelte coerenti sul piano della vocazione a cui il Signore chiama, dedicando tempo e impegno per gli altri in campo educativo, caritativo e missionario. Afdiamo a Maria il cammino pastorale della Diocesi incentrato sull'impegno della comunione e dell'incontro, da far crescere in ogni comunità con l'apporto responsabile di tutti i membri della Chiesa: sacer-

doti, diaconi, religiosi e religiose, laici singoli o associati. La comunione è dono di Dio, ma esige uno sforzo continuo, da parte di ciascun battezzato, per edicarla. Impegna la vita della nostra famiglia, chiamata a testimoniare l'unità nell'amore e nella fede; quella della comunità parrocchiale, considerata una famiglia di famiglie in cui ogni cristiano è parte viva e corresponsabile nei servizi e nella partecipazione; nelle unità pastorali dove deve crescere l'attiva e concorde presenza di tutti i membri della Chiesa per assicurare un cammino fecondo di frutti spirituali e comunitari; e inne la stessa società, dove la comunione si traduce in solidarietà e convivenza aperta a tutti e promotrice di giustizia e di pace. Il nostro, come ogni Santuario mariano, è luogo di preghiera, di fede e di azione potente di Maria verso chi è nel bisogno e nella prova. Afdiamo a Maria Conso-

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lata tanti nostri fratelli e sorelle, sofferenti negli ospedali e nelle realtà di accoglienza, con particolare affetto, cura e prossimità verso gli anziani, considerandoli un dono di grazia per tutta la Chiesa e per l'intera società. Afdiamo a Maria quanti si adoperano per affrontare e risolvere i problemi sociali e ambientali che assillano la Città e il territorio e che, a volte, rappresentano un motivo di divisione, suscitano preoccupazione e timori per il futuro e rischiano di tarpare le ali ai progetti per una Città più vivibile, solidale, pacica. I cittadini cristiani, a partire dai laici, che per vocazione sono chiamati ad animare ed orientare le realtà temporali con la verità di Cristo, non sono estranei o indifferenti a questo impegno, che tocca concretamente la loro testimonianza nel tessuto della storia e del mondo per aprirlo al Vangelo e alla carità. Afdiamo, inne, a Maria l'impegno di quanti si prodigano per salvaguardare sempre l'accoglienza e il rispetto di ogni persona, senza discriminare alcuno per ragioni di nazionalità, cultura, sesso, etnia o religione, e di quanti operano per ridare ordine e sicurezza alla nostra Città e territorio. L'educazione alla legalità, a un corretto uso del denaro e alla prevenzione da ogni forma di dipendenza sia del gioco d'azzardo, come delle droghe anche cosiddette leggere e dell'alcol, in specie per i minori, sono condizioni essenziali e decisive per una vita sociale serena e costruttiva per tutti. La dignità di ogni persona e la salvaguardia dei valori morali e civili dei propri comportamenti rappresentano il criterio essenziale di riferimento anche di ogni norma legislativa in materia. A te, Madonna Consolata, che ci sorridi dal tuo trono e guardi i tuoi gli e glie che a te ricorrono con ducia, rivolgiamo la nostra preghiera, afnché, con la tua potente intercessione, possa sempre effondere su questa Città, sulla Diocesi e sul territorio torinese la benedizione del tuo Figlio e le grazie che lui vorrà concedere a quanti a te ricorrono, o avvocata di misericordia e dolce Madre Maria.

◄ A pagina 11: l’Arcivescovo pronuncia l’omelia durante la S. Messa nella Festa della Consolata (Foto di A. Pellegrini) ► Nella pagina seguente:

▪ i fedeli, necessariamente distanziati, durante l’omelia dell’Arcivescovo (Foto di A. Pellegrini)

▪ l’affidamento alla B. V. Maria passa anche attraverso l’accensione di un lumino (Foto di A. Pellegrini)

▪ la Supplica serale con la presenza delle Autorità cittadine (Foto di R. Bussio)

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AFFIDAMENTO ALLA CONSOLATA LA SERA DEL 20 GIUGNO 2020 «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio». Da secoli, o Vergine Consolata, i Torinesi sperimentano la tua delicata, discreta e sempre efcace presenza materna, nelle gioie e nei dolori, nella fatica della vita quotidiana e nell'oscurità del dubbio che sembra impedire ogni prospettiva. Nell'insorgere di eventi imprevisti ed imprevedibili tu ci sei vicina e ci ottieni da Dio la forza per non lasciarci travolgere dagli avvenimenti. Oggi desideriamo esprimerti la nostra viva riconoscenza perché anche nella recente pandemìa abbiamo potuto sperimentare l'efcacia della preghiera di intercessione: a te ci eravamo afdati e tu non ci hai abbandonati. Madre di misericordia, infondi ducia in tutti noi e aiutaci a superare quella paura ed ansia per il futuro che ci assilla. Gesù non ci ha promesso di annullare i nostri problemi, ma ci ha assicurato la sua costante ed efcace presenza. Come alle nozze di Cana, anche ora sappiamo che la tua vicinanza ci aiuterà ad affrontare i diversi problemi che ci attendono. Abbiamo bisogno, Madre Santissima, che la convivenza umana non perda la capacità di costruire insieme un presente e un futuro validi per tutti all'interno delle famiglie e dei luoghi di lavoro, ma anche dove si prendono le decisioni politiche e sociali e dove matura la formazione delle nuove generazioni. Abbiamo bisogno di rispetto vicendevole per poter superare ogni contrapposizione, favorendo la stima reciproca pur nella diversità di opinioni e di orientamenti, perché la costruzione della casa comune possa esprimere la molteplicità nella concordia fraterna e solidale così da farsi carico di tante situazioni di povertà e miseria presenti tra noi. La nostra Città ha bisogno di ritrovare iniziative imprenditoriali, ducia nelle capacità umane e lavorative, stima del diverso e dell'immigrato, accoglienza dell'emarginato e del disabile, vicinanza con chi è senza lavoro o senza un tetto. O Maria, Consolatrice degli afitti, Gesù ci ha afdati a te: abbraccia e sostieni tutti i tuoi gli tribolati, accogli ed esaudisci le preghiere che per tutta la società torinese ti rivolgiamo. Noi ci afdiamo a te, che risplendi sul nostro cammino come segno di salvezza e di speranza, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. Amen.


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La fede al tempo di Covid-19 «Ecco, io faccio una cosa nuova: non ve ne accorgete? Aprirò una strada nel deserto» (Is 43,19)

Daniele Libanori, S.I. Vescovo Ausiliare di Roma

I

l testo di Isaia [citato nel sottotitolo] mi sembra la chiave vitale, benché non facile, per parlare con Parole di Dio. Sono persuaso che quello che accade, e ad alcuni appare come l'avanzare della rovina, sia invece l'inizio di un nuovo esodo: niente sarà come prima! Abbiamo bandito dalla nostra cultura il dolore e la morte Tutti noi, cresciuti in una cultura che ha bandito il dolore e la morte, oggi ci troviamo confrontati all'improvviso con la fragilità e l'impotenza dinanzi al dramma che ognuno dovrà interpretare da protagonista. Il Signore ci ha riportati davanti alla morte, l'evento che solamente la prospettiva della Pasqua consente di affrontare. La paura della morte è all'origine del male che avvelena la vita. La fede in una vita che continua oltre la soglia fatale è il fondamento della speranza, del coraggio, del perdono; la vita

che sarà data e sarà piena è la meta da raggiungere, il tesoro prezioso per il quale si trova la capacità di sopportare tutto: la fede nella risurrezione è la forza creatrice che dà vita a una società nuova e più giusta. È per questa fede che Paolo può ripetere le parole di sda usate già dai Profeti: «La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria?» (1 Cor 15, 54-55). Oggi parlare di risurrezione e di vita eterna può creare imbarazzo. Eppure bisogna tornare a parlarne senza timori, anche se vi sarà, come ad Atene, chi riguardo a questo se ne andrà scuotendo il capo (cfr. At 17, 32).

ripetere instancabilmente a chi, frastornato da quello che accade, cerca la buona ragione per vivere e per morire che la può trovare solo nella morte e risurrezione di Gesù. La fedeltà del Signore spesso sfugge all'occhio dell'uomo, ma “appare” allo sguardo della fede: la morte può rattristare, ma non ha il potere di far disperare chi conda in Dio. Offrire al mondo questa Sapienza è misericordia che solleva dalla polvere e disseta l'arsura dell'anima: Dio abita il deserto.

Nella prova si svelano i pensieri dei cuori Il vivere in luoghi stretti, concepiti La folle sapienza per dormire più che per viverci, metIl mondo si aspetta dalla Chiesa delle te a nudo i sentimenti dei cuori, moragioni che aiutino ad accettare e vi- strando, tra l'altro, se la famiglia è vere con maturità quello che sta suc- solamente una società di mutuo soccedendo, ha urgente necessità di corso o se invece è un luogo unico in motivi seri per sperare, ha bisogno di cui ciascuno può sentirsi accolto e qualcuno capace di aprirgli gli oriz- amato per quello che è. Ognuno, se zonti diversi e veri. La Chiesa deve vuole vivere sereno, deve decidere di

La pandemia, che nei mesi scorsi ha imperversato nel nostro Paese e non solo, è stata occasione di molti interventi, di varia portata e valore, con l'offerta di proposte di riessione anche molto signicative. Lo storico periodico quindicinale dei Gesuiti –La Civiltà Cattolica– ha colto l'occasione per pubblicare alcuni studi tra cui emerge quello che uno dei Vescovi Ausiliari di Roma, il gesuita Mons. Daniele Libanori, ha offerto ai parroci del Settore Centro, a lui afdato. Il testo è del 19 marzo scorso ed è comparso sulla rivista citata nel n. 4076 (18 apr. / 2 mag. 2020). È signicativo notare la visione del Covid-19 che egli sa presentare e che può essere utile offrire anche ai nostri lettori, proponendo alcuni tra i passi più rilevanti della sue “Riessioni ecclesiali e pastorali”, come vengono denite nel sottotitolo. Il Rettore

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▲ Papa Francesco nella Piazza San Pietro vuota, la sera di venerdì 27 marzo 2020, per il momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia

farsi prossimo, fratello, compagno nella medesima sorte ed amico, perché sono le fatiche vissute insieme che fanno nascere ed alimentano le amicizie. Si scopre che i buoni sentimenti non vengono sempre spontanei e non durano a lungo con la medesima intensità, ma hanno bisogno di essere alimentati di continuo, altrimenti muoiono.

fa comprendere che vi sono degli aspetti importanti da mettere a fuoco. Nella richiesta troppo insistente dell'Eucaristia non di rado c'è una fede non matura. Si è concentrati più sul proprio grido che sul volto di Colui che si china per ascoltarlo. Occorre ricordare che il Signore è realmente presente con il suo Spirito tra coloro che sono riuniti nel suo Nome; è presente nella Parola e continua realmente a “nutrire” chi la La prova purica la fede Il ripetersi che tutto andrà bene –co- legge e la medita; il Signore vivo si fa me si fa con i bambini spaventati– è prossimo nel povero e nei bisognosi. divenuto un rito per esorcizzare il ti- Il Signore è nel desiderio stesso dei more che invece possa andare tutto Sacramenti. Ma soprattutto ha la sua male! … Un timore che, alla ne, de- dimora in colui che osserva i suoi conuncia una sducia radicale che col- mandamenti e condivide i suoi senpisce anche Dio. Ma la realtà ci sta timenti, senza i quali neppure la Comettendo davanti al Dio vero, che a- munione frequente può portare frutscolta il grido di Israele e fa udire la ti di vita eterna. sua voce a Mosè; spinge il popolo a mettersi in cammino e apre il mare Una chiave per capire: “conal suo passaggio. Ma in fondo questo dannati” alla stessa pena Dio non piace, perché costringe chi L'Evangelista Luca narra di Gesù in vuole conoscerlo davvero ad andare croce con a anco i due malfattori nel deserto dove, affrontando la pro- crocissi con Lui e di come uno di esva, egli diventerà adulto. si, disperato, rinfacci a Gesù la sua inerzia dicendo: «Non sei tu il Cristo? Il digiuno eucaristico Salva te stesso e noi!». Gesù tace, ma Il digiuno eucaristico per noi ha co- è l'altro compagno di sventura che stituito una novità, mentre è pur- interviene, con un'espressione che otroppo una triste necessità in tante gnuno può fare sua: «“Non hai alcun regioni del mondo in cui mancano i timore di Dio, tu che sei condannato sacerdoti. Abbiamo assistito a una alla stessa pena? Noi, giustamente, “domanda di Eucaristia” che può es- perché riceviamo quello che abbiamo serci di conforto. Ma l'atteggiamento meritato per le nostre azioni; egli di alcuni, senz'altro in buona fede, ci invece non ha fatto nulla di male”. E

disse: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”» (Lc 23, 3942). Davanti al mistero del dolore e della morte non consola granché pensare che ognuno ha un poco di responsabilità nella propria sorte. Conforta invece rendersi conto che quello che si sta vivendo, qualunque cosa sia, è condiviso da Gesù, il quale «non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente no alla morte e a una morte di croce» (Fil 2, 6-8). Dio, mandando il Figlio ad assumere la condizione umana e vivendola senza sconti, ha manifestato la sua prossimità amorosa per la creatura. In quest'ottica anche il dolore e la morte sono grazia, perché alla luce della Parola di Dio non solamente comprendiamo di non essere stati lasciati soli, ma anzi siamo stati chiamati a entrare con la nostra carne nel mistero che sgurando trasgura. Beato chi ha ricevuto dallo Spirito la capacità di accogliere e di vivere in pace questa comunione di vita e di sorte con il Figlio di Dio! Costui, nel mezzo del tumulto del mondo, sentirà nel suo cuore la risposta alla sua preghiera: «Oggi sarai con me …» (Lc 23, 43).

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Beato Giuseppe Allamano 30° della Beaticazione del fondatore di Famiglie missionarie, che per 46 anni fu rettore della Consolata

Daniele Bolognini

R

icorre quest'anno, il 7 ottobre, il 30° anniversario della Beaticazione del Canonico Giuseppe Allamano che, insieme a quella del siciliano Annibale Maria Di Francia (1851-1927), fu celebrata in Piazza San Pietro da San Giovanni Paolo II. L'assemblea radunata quel giorno rappresentò la Chiesa che accoglie: “gente di ogni popolo, lingua e nazione”. Giuseppe Allamano fu rettore del nostro Santuario dal 1880 al 1926, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata e ideatore di questa rivista nel 1899. Orfano di padre all'età di soli tre anni, fu alunno di Don Bosco presso il suo Oratorio di Valdocco per quattro anni a partire dal 1862, nché entrò nel Seminario diocesano. Si distinse da subito per la sua intensa attività pastorale come formatore nel Seminario diocesano, con uno spirito non circoscritto ai soli conni della Chiesa locale. Nel Decreto sulle sue virtù eroiche (13 maggio

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1989) leggiamo a questo proposito: «Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell'Ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima missione di salvezza, no agli ultimi conni della terra (cfr. At 1, 8)». Dell'8 settembre 1990 è la Lettera pastorale dei Vescovi del Kenya, pubblicata in vista della Beaticazione, in cui è percepibile la portata storica dell'annuncio: «Cari fratelli e sorelle in Cristo, ad appropriato compimento delle celebrazioni per il primo centenario dell'evangelizzazione cattolica in Kenya tutta la Chiesa e, in modo speciale le nostre Chiese locali, saranno presto chiamate a vivere un evento particolarmente signicativo quando il Papa Giovanni Paolo II, il 7 ottobre, durante il Sinodo dei Vescovi sulla formazione sacerdotale, proclamerà BEATO il sacerdote Giuseppe Allamano. […] Giuseppe Allamano può ben considerarsi il nostro Grande Antenato nella fede, il capostipite da cui le nostre comunità hanno ricevuto la stessa fede. Egli è nostro patrono e il modello su cui dobbiamo plasmare la nostra identità cristiana». La cronaca romana della Beaticazione e delle celebrazioni successive, a Torino e a Castelnuovo Don Bosco, fu descritta da padre Giuseppe Inverardi, nella Circolare n. 54 del 21 ottobre, da cui attingiamo per le note seguenti. La Beaticazione ebbe la sua gioiosa anticipazione con il raduno dei pellegrini, giunti da varie parti del mondo, nella chiesa di S. Andrea della Valle. Poi, nalmente tutti furono accolti e abbracciati dal colonnato del Bernini di Piazza San Pietro. «Erano le 10,14. Dalle logge della facciata della Basilica i fedeli presenti potevano ammirare nella gloria le immagini dei due nuovi Beati. Il lungo applauso dell'assemblea orante sigillava un forte e signicativo momento di gioia ecclesiale» (L'Osservatore Romano, 8-9 ottobre 1990). Ancora dalla cronaca: «Fin

Il nostro vivo desiderio di poter venerare come «Santo» il Beato Giuseppe Allamano deve essere accompagnato dalla invocazione nella preghiera perché, attraverso la sua intercessione, si verichi un evento straordinario (ad esempio una guarigione istantanea che vada oltre le leggi della scienza medica) come «segno» della sua santità davanti a Dio. Proponiamo il testo di una preghiera da rivolgere al Signore per ottenere un intervento dall’Alto a conferma della santità del nostro Beato. Invitiamo coloro che sono in grado di documentare una speciale «grazia» a rivolgersi direttamente a: Postulazione dell’Istituto Missioni Consolata Viale Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA E-mail: postulazione@consolata. http://giuseppeallamano.consolata.org

oltre le nove piove. C'è in tutti la convinzione che la pioggia cesserà. Così fu. Il Signore ci ha voluto bene anche nel donarci un tempo sereno già prima dell'inizio della celebrazione, favorendone la partecipazione devota e attenta. La solennità della "Cappella Papale" è nota. La precisione, i canti, la musica, la presenza di molte autorità ecclesiastiche e civili, la numerosa partecipazione dei pellegrini, rende tutto molto bello. Ne viviamo la solennità e la bellezza con profondità di sentimenti. È il nostro Padre che viene Beaticato! Non siamo spettatori, ma celebranti. […] Il novello Beato rifulge in una rappresentazione sintetica della sua vita: la Consolata, i suoi missionari, il mondo, i popoli. Lo si ammira con commozione di gioia. Anche le lacrime esprimono estasi!». Incredibile pensare che quella gioia la provò lo stesso Allamano, il 3 maggio 1925, nello splendore della Basilica Vaticana, quando venne proclamato Beato il fratello di sua mamma Marianna, lo zio don Giuseppe Cafasso. Giovanni Paolo II nell'omelia disse: «Rifulgano i nuovi Beati quali modelli di santità sacerdotale! Li addita come tali la Chiesa, mentre è in pieno svolgimento l'VIII Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, chiamata ad esaminare l'importante questione della formazione dei sacerdoti nel nostro tempo. Come non sottolineare questa provvidenziale circostanza? Mentre, infatti, i padri sinodali ricercano le soluzioni più opportune per un problema così vitale, i nostri Beati indicano con chiarezza la direzione verso cui procedere. La loro esistenza, le loro esemplari esperienze apostoliche offrono luce alla ricerca sinodale. Essi ripetono che il mondo, adesso come allora, ha bisogno di sacerdoti santi, capaci di parlare al cuore dell'uomo moderno, perché si apra al mistero di Dio vivente. Ha bisogno di apostoli generosi, pronti a lavorare con gioia nella vigna del Signore». Lunedì 8 ottobre, l'inno di grazie continuò nella Basilica

PREGHIERA Dio nostro Padre, ti ringraziamo di aver annoverato Giuseppe Allamano tra i Beati della Chiesa. Egli ha fatto risplendere tra di noi la tenerezza della tua paternità; ha onorato Maria Consolata come Madre piena d’amore e ispiratrice della Missione tra i popoli. Ti chiediamo ora di donare alla Chiesa la gioia di venerarlo tra i Santi come testimone esemplare dell’annuncio di Gesù e del suo Vangelo. Umilmente ti supplichiamo di esaudire per sua intercessione quanto il nostro cuore, con ducia, ti chiede. Per Cristo nostro Signore. Amen.

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di S. Maria Maggiore con una celebrazione presieduta dal Card. Maurice Michael Otunga, Arcivescovo di Nairobi, concelebrata da molti Vescovi e tantissimi sacerdoti. Disse il primo Cardinale kenyota della storia: «È pure signicativo che questa prima Messa in onore del Beato Giuseppe Allamano venga celebrata in questa Basilica mariana, la prima e più antica di Roma. Infatti, la sua ascesa alla santità come le sue opere furono tutte e sempre compiute insieme a Maria. Nel nome e sotto la protezione della Consolata ha inviato i suoi missionari e missionarie. Egli ha visto in lei la Madre misericordiosa, tutta tenerezza verso i suoi gli, pronta ad ascoltare ogni loro necessità e sofferenza, a sollevare le loro pene e asciugare le loro lacrime. […] La presenza viva della Consolata nelle nostre comunità è testimoniata non soltanto dalle chiese in cui è venerata, ma soprattutto perché essa ha messo nel cuore dei nostri fratelli nativi dell'Africa e dell'America il desiderio di vivere il carisma del Beato Giuseppe Allamano».

A Torino le celebrazioni sono proseguite nella Casa Madre dei Missionari della Consolata, dove riposano le spoglie mortali del novello Beato, e nel Santuario della Consolata con una celebrazione presieduta dall'Arcivescovo di Torino Mons. Giovanni Saldarini che dell'Allamano sottolineò l'attitudine formativa, la capacità di "consolare" mediante il ministero sacramentale e la direzione spirituale, la sua "diocesanità". Quella di Maria è una maternità universale. Ecco allora delinearsi sempre più e sempre meglio, nell'obbedienza ecclesiale, i piani di fondazione dell'Istituto, di cui il Santuario è culla, la Consolata è Madre. Da qui, il carisma mariano della Famiglia missionaria: con l'amore di sempre, e con le esplicitazioni che l’affettuosa riessione ha fatto negli anni, per cui la Consolata non solo è devozione e amore, ma è stile di evangelizzazione. La Consolata qualica i missionari come mansueti e buoni, vicini alla gente e alle sue necessità, interessati nei loro cammini di liberazione e dignità.

I pellegrini giunti a Roma per le due Beaticazioni furono inoltre ricevuti nell'Aula Paolo VI dal Santo Padre che in quell'occasione ricordò un motto dell'Allamano: "Prima santi e poi missionari". Disse ancora: «La santità è la perfezione dell'amore e fu proprio questo amore a fare di lui un apostolo e un maestro di vita spirituale. Egli fece suoi l'ansia di San Paolo Apostolo e l'ardore di San Francesco Saverio, che passarono da una Nazione all'altra per annunciare il Cristo Salvatore. […] Ed aggiungeva che occorre proclamare il Vangelo ed essere vicini ai fratelli in ogni loro necessità, anche a costo di compromettere la salute e di accorciare la vita: "Noi missionari siamo votati a dare la vita" ».

Non poteva mancare Castelnuovo Don Bosco. Ci si radunò presso la casa natale del Beato insieme al Vescovo di Asti, Mons. Poletto, che sarà poi Arcivescovo di Torino e Cardinale. In processione si salì alla chiesa parrocchiale, retta dai Salesiani, in cui l'Allamano fu battezzato, per la celebrazione della Messa solenne, preparata con un triduo e varie iniziative a carattere missionario. Annotò padre Inverardi: «Ogni casa espone un poster del Beato. Questo è il suo paese, è la sua terra. Spiritualmente, è anche nostra. Da qui l'Allamano trasse qualità e virtù che sono passate dalla sua personalità a noi».

del Santuario di Torino La Compagnia della Consolata, voluta dal Beato Giuseppe Allamano, ha come scopo di favorire la devozione alla Vergine Maria, venerata come Consolata dai doni di Dio e, per questo, Consolatrice dei sofferenti e degli afflitti: modello e sorgente di speranza, Ella ci precede nel cammino della fede e ci sostiene nelle difficoltà della vita quotidiana. È vivamente raccomandata agli iscritti la partecipazione personale alle celebrazioni liturgiche del Santuario e, nel giorno della festa titolare (20 giugno), alla processione in onore della Consolata.

Tutti, anche i defunti, possono essere iscritti nella Compagnia. Per loro, in Santuario, ogni sabato viene celebrata una S. Messa alle ore 10,30. Per iscrizioni e maggiori informazioni rivolgersi alla sacrestia del Santuario o telefonare al n. 011/483.61.01.

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calendario liturgico del Santuario

Settembre 2020

2. COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria per i defunti

1. Giornata Nazionale per la custodia del creato Giornata Mondiale di preghiera per la cura del creato

3. 6. 7. 8. 12. 13.

S. Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa (m.) a c 23 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. Grato, vescovo (m. f.) NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA (f.) SS. Nome di Maria (m. f.) a c 24 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. Giovanni Crisostomo, vescovo e dottore della Chiesa (m.) Giornata Mondiale per le opere della Terra Santa

14. ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE (f.) Anniversario dell'Ordinazione episcopale del nostro Arcivescovo Mons. Cesare Nosiglia (1991)

15. 16. 18. 19. 20.

21. 22. 23. 25. 27.

Beata Vergine Maria Addolorata (m.) Santi Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo, martiri (m.) Beato Francesco Paleari, sacerdote (m. f.) Beato Clemente Marchisio, sacerdote (m. f.) a c 25 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Santi Andrea Kim Taegǒn, sacerdote, e Paolo Chǒng Hasang e Compagni, martiri (m.) S. MATTEO, apostolo ed evangelista (f.) DEDICAZIONE DELLA BASILICA CATTEDRALE DI TORINO [1505] (f.) S. Pio da Pietrelcina, sacerdote (m.) S. Ignazio da Santhià, sacerdote (m.) a c 2 6 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. Vincenzo de' Paoli, sacerdote (m.) Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato

28. Beato Federico Albert, sacerdote (m. f.) 29. SANTI MICHELE, GABRIELE E RAFFAELE, Arcangeli (f.) 30. S. Girolamo, sacerdote e dottore della Chiesa (m.)

Ottobre 2020 1. S. Teresa di Gesù Bambino, vergine e dottore della Chiesa (m.) 2. Santi Angeli Custodi (m.) 4. c 27a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. FRANCESCO D'ASSISI, patrono d'Italia (f.) Giornata Mondiale per la carità del Papa

5. S. Faustina Kowalska, vergine (m. f.) 7. Beata Vergine Maria del Rosario (m.) 11. c 28a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. Giovanni XXIII, papa (m. f.) 15. S. Teresa di Gesù, vergine e dottore della Chiesa (m.) 17. S. Ignazio di Antiochia, vescovo e martire (m.) 18. c 29a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. LUCA, evangelista (f.) Giornata Missionaria Mondiale

19. 22. 25. 28. 29.

S. Paolo della Croce, sacerdote (m. f.) S. Giovanni Paolo II, papa (m. f.) a c 30 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO SANTI SIMONE E GIUDA, apostoli (f.) Beato Michele Rua, sacerdote (m. f.)

Novembre 2020

4. S. Carlo Borromeo, vescovo (m.) 8. c 32a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Giornata Nazionale del Ringraziamento

9. 10. 11. 12. 13. 15.

DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE (f.) S. Leone Magno, papa e dottore della Chiesa (m.) S. Martino di Tours, vescovo (m.) S. Giosafat, vescovo e martire (m.) S. Callisto Caravario, sacerdote e martire (m.) a c 33 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Giornata Mondiale dei Poveri

17. S. Elisabetta di Ungheria, religiosa (m.) 18. Dedicazione delle Basiliche dei Santi Pietro e Paolo, apostoli (m. f.) 20. Beato Giovanni Maria Boccardo, sacerdote (m. f.) 21. Presentazione della Beata Vergine Maria (m.) Giornata Mondiale per le Claustrali

22.

c

34a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL'UNIVERSO (s.) S. Cecilia, vergine e martire (m.) Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento del Clero

24. Santi Andrea Dung-Lac, sacerdote, e Compagni, martiri (m.) 25. S. Caterina di Alessandria, vergine e martire (m. f.) 29. c 1a DOMENICA DI AVVENTO 30. S. ANDREA, apostolo (f.) Abbreviazioni: s. = solennità; f. = festa; m. = memoria; m. f. = memoria facoltativa

Orario delle celebrazioni in Santuario Sante Messe: Festive: ▪ Domenica e feste: 8,30 - 10 - 11,30 - 16 - 18 - 19,30 ▪ Sabato e prefestivi: 18

Feriali: 8 - 9 - 10,30 - 12 - 18 - 19 (sospesa nei prefestivi)

*Liturgia delle Ore: ▪ Lodi mattutine: 8 (lun./ven. feriali) ▪ Vespri: 17 (sab./dom.) - 18 (lun./ven. feriali)

* Adorazione Eucaristica: ▪ Sabato (feriale): 12,30 - 17,30

Confessioni: ▪ Giorni festivi: 8 - 12,15 / 15 - 20,15 ▪ Sabato e prefestivi: 8 - 12,15 / 15 - 18,30 ▪ Giorni feriali: 8 - 12,15 / 15 - 19,15

Rosario: ▪ Ogni giorno: 17,30

1.

c

TUTTI I SANTI (s.)

Giornata Mondiale della santificazione universale

* = momentaneamente sospese


Il Ramo O.N.L.U.S. si dedica alla tutela, custodia, valorizzazione e promozione del Santuario B. V. della Consolata e dell'annesso Convitto Ecclesiastico e particolarmente delle opere d'arte in essi custodite, nonché della loro manutenzione sia ordinaria che straordinaria. Per sostenere le iniziative si può contribuire preferibilmente: ► tramite bonico su conto corrente bancario UNICREDITSPA: IBAN IT 91 A 02008 01046 000105031377 specicando la destinazione al “Santuario B. V. della Consolata - Ramo O.N.L.U.S.” (codice scale 97501670018) ► tramite versamento sullo specico conto corrente postale n. 1040900498 allegato ad ogni numero della rivista del Santuario. Attraverso queste operazioni le somme versate potranno godere dei beneci scali nell’annuale denuncia dei redditi.

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