QUINTA PARETE DAL COMFORT ALL’ENGAGEMENT
Il tema del coinvolgimento del pubblico nello spettacolo dal vivo, e in particolar modo nel circo e nel teatro di strada, rappresenta un orizzonte di sviluppo appena esplorato, se comparato alla ricerca messa in moto nel teatro già da alcuni anni. La figura del volontario invitato tra i presenti a guadagnare il centro della scena, o del cerchio, è ormai un clichè che sembra esaurire ed esaudire le aspettative di un pubblico (e dell’artista?) che generalmente ama essere intrattenuto e divertito, o emozionato, piuttosto che ingaggiato in una relazione più crea(t)tiva con gli artisti e la scena. Per stimolare percorsi di co-creazione, coinvolgimento e formazione del pubblico, apriamo una rubrica che presenti spettacoli, iniziative, esperienze, conferenze dove al pubblico è offerta la possibilità di uscire dalla comfort zone dello spettatore.
IL TEATRO DEI VENTI / MOBY DICK
intervista a Stefano Tè WWW.TEATRODEIVENTI.IT/MOBY-DICK regista e direttore artistico foto di Andrea Macchia Il Teatro dei Venti di Modena è un progetto articolato e complesso che si dispiega su diversi fronti, con l’obiettivo di rompere quella separazione che esiste ancora tra l’arte performativa, il teatro, le persone e i luoghi vissuti dalle persone. Il teatro non è più un luogo di incontro e confronto tra le persone, dove hai occasione di un contatto con lo “sconosciuto”. Rincorriamo quindi da alcuni anni il desiderio di creare un pretesto per questo contatto, per una relazione imprevista. Per questo portiamo il teatro in luoghi e contesti dove le persone si sentono costrette, dove il teatro può rappresentare un problema, e un’opportunità, come nelle carceri. Dove le persone si trovano a contatto una con l’altro in una situazione straordinaria e per loro imprevista. Oppure portiamo il teatro in piazza, non solo come intrattenimento ma come opportunità per creare socializzazione. E all’interno del progetto di teatro negli spazi urbani lavoriamo nella di-
rezione di coinvolgere persone, che potrebbero essere anche soltanto elementi del pubblico, e questo sarebbe già un grande risultato, coinvolgendole ancora di più. Nello specifico mi riferisco al nostro spettacolo
Moby Dick, che ha debuttato nell’estate 2018, dove il suono arcaico delle botti della tradizione di Macerata Campana, l’ambientazione marinaresca ed epica del romanzo di Melville, una fusione tra linguaggi da occidente a oriente, una riflessione filosofica
sull’ignoto, ne costituiscono la trama. È una produzione molto grande, con un numero di attori della compagnia, un suo sviluppo drammaturgico e una sua complessità scenica. Ma al suo interno potrà ospitare persone del territorio che invadono lo spazio dedicato agli attori, quindi lo spazio scenico, attraverso laboratori che non sono di formazione teatrale, ma laboratori di invasione, dove bambini, anziani, cantanti, musicisti, amatoriali e non, possono entrare in relazione con l’azione performativa costruita dal Teatro dei Venti. Perché stiamo elaborando nuove forme di partecipazione e di relazione? Il teatro lascia il segno dove passa, nelle piazze lascia appunto una traccia, indelebile, che può durare nel tempo se la persona è coinvolta realmente nel percorso. Non è un attore per un giorno, ma è qualcosa di più, perchè il teatro si prende cura per una settimana, dieci giorni, di queste persone e in qualche modo ne prende quella ingenuità, quella freschezza e inadeguatezza che fa diventare l’atto performativo unico, con quelle persone uniche, che non sono artisti professionisti, e quindi spontanee. Portiamo avanti questo percorso sulla relazione anche su altri piani, per citare il nostro festival Trasparenze, che curo artisticamente, e dove mi affianca un gruppo di giovani dai 16 ai 25 anni, ad oggi una ventina di ragazzi, chiamato la Konsulta, che segue con me tutte le fasi preliminari di costruzione del festival, scegliendo insieme le compagnie, discutendo tra noi delle linee artistiche e dei contenuti del festival. Non sono persone, ragazzi che vogliono diventare artisti o programmatori. Sono pubblico, e ho la fortuna di avere un confronto con un pubblico giovane, che prende le distanze dal fare teatro, ma che vuole instaurare con il teatro delle relazioni diverse. Non solo di passaggio per uno spettacolo, ma contribuire per costruire un teatro migliore.
J U G G L I N G M A G A Z I N E NUMERO8 0 S E T T E M B R E 2 0 1 8
| 27