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Grazie ad un’efficace randomizzazione i due gruppi di pazienti, quelli trattati con il farmaco (n=261) e quelli trattati con placebo (n=131) erano assolutamente simili in termini di età media, sesso, aree geografiche di provenienza, istotipo di carcinoma tiroideo e distribuzione delle metastasi a distanza.

Per quanto riguarda gli effetti collaterali quelli che si sono dimostrati di gran lunga più frequenti sono l’incremento della pressione arteriosa (68%), seguito dalla diarrea (60%), dalla astenia/fatigue (59%), perdita di appetito (50%). Altri effetti collaterali da ricordare sono la nausea, la perdita di peso, la mucosite, la sindrome mano-piede e la proteinuria. La gestione degli effetti collaterali all’interno dello studio SELECT ha portato alla riduzione del dosaggio giornaliero di lenvatinib nel 67,8% dei casi con un dosaggio medio per giorno di 17,2 mg. La prima riduzione di dose si verificava mediamente dopo 3 mesi dall’inizio della terapia. Riteniamo che l’aumento della conoscenza di lenvatinib da parte dei clinici, derivata dalla sua diffusione sul territorio e dell’informazione sugli effetti collaterali (ad esempio, con brochure informative), possa migliorare la gestione degli effetti collaterali nella pratica clinica, consentendo addirittura di prevenirli laddove possibile. Tale conoscenza consentirà di mantenere i pazienti in terapia più a lungo, cercando di evitare il più possibile le interruzioni del trattamento e le riduzioni di dose, massimizzando l’efficacia di lenvatinib in assenza di altre valide alternative terapeutiche.

Al momento della prima analisi lo studio ha mostrato un prolungamento statisticamente significativo della PFS mediana con una differenza tra i due gruppi di 14,7 mesi (Fig. 2). Una successiva rivalutazione dei dati al 31 Agosto 2015, mostrava un ulteriore incremento della differenza della PFS (15,7 mesi) tra i pazienti trattati con il farmaco o con il placebo. La durata di risposta media risultava inoltre di 30 mesi (18,4-35,2 mesi) (Fig. 2). Tra gli obiettivi secondari i pazienti trattati con lenvatinib mostravano una OOR nel 65% dei casi rispetto ad un 2% di quelli trattati con placebo. La riduzione maggiore delle lesioni si osservava nei primi due mesi di trattamento e continuava fino a due anni dall’inizio della terapia, sebbene più lentamente. Da segnalare che 4 pazienti trattati con lenvatinib (2%) hanno mostrato una risposta completa al farmaco con scomparsa delle lesioni target. La OS non ha mostrato alcun miglioramento nei pazienti trattati con il farmaco ma occorre conside- rare che lo studio prevedeva la possibilità che i pazienti trattati con placebo, una volta in progressione, potessero iniziare la terapia farmacologica con lenvatinib (cross-over). Questa possibilità, certamente utile per i pazienti, ha avuto un impatto sul calcolo della OS tanto è vero che, dopo un aggiustamento statistico secondo un metodo in grado di tenere conto del cross-over (rank-preserving structural failure time [RPSFT]), la OS risultava significativamente aumentata nei pazienti trattati con lenvatinib.

Distinguendo i soggetti trattati in sottogruppi si sono potuti osservare alcuni dati importanti: a- soggetti di età superiore ai 65 anni presentavano una risposta alla terapia simile a quella dei soggetti più giovani in termini di PFS ma, al contrario di questi, presentavano un significativo incremento della OS (p=0,02). b- il sottogruppo di pazienti con istotipo follicolare presentava un significativo incremento della OS quando trattati con il lenvatinib rispetto al placebo (p<0,035). In entrambi i casi tale differenza statistica era ottenuta senza alcun aggiustamento per il cross-over. segue a pagina 3

Editoriale - Aprile 2020 - www.eisairealpractice.it

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