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ASTENIA

Cos'è

l termine “fatigue” o astenia, indica una condizione di debolezza e ridotta tolleranza allo sforzo che interessa un’elevata percentuale di pazienti in trattamento con farmaci inibitori delle tirosino-kinasi (TKI).

Pur essendo frequentemente associata alla terapia con TKI può essere pre-esistente ed essere considerata parte integrante della sintomatologia causata dal tumore. Tale condizione può incidere negativamente sulle attività quotidiane e la qualità di vita

Come si manifesta

Le persone che provano fatigue riferiscono una stanchezza non giustificata dalle attività svolte e trovano faticoso compiere semplici attività quotidiane. Tale disturbo è prevalentemente soggettivo ed è caratterizzato da un senso di debolezza che può incidere negativamente sullo stato psicologico dei pazienti

Interessa prevalentemente pazienti più anziani o in condizioni più debilitate

Perché si verifica

La fatigue può avere un'origine multifattoriale e manifestarsi sia come effetto collaterale della terapia che come sintomo dell’epatocarcinoma e/o della cirrosi sottostante

Può manifestarsi come conseguenza della malnutrizione causata da effetti collaterali quali diarrea, vomito (con perdita d'acqua e di elettroliti) e nausea

Può essere associata ad ipotiroidismo secondario ed accentuata da uno stato di anemizzazione

Altre potenziali cause: bassi livelli di testosterone negli uomini, dolore, disfunzione del sonno, stress emotivo e depressione

PREVENIRLA

Condurre uno stile di vita sano che comprenda una alimentazione equilibrata

CURARLA

Come?

Attività fisica quotidiana (ad es. camminate o esercizi con i pesi)

Dieta nutriente e corretta idratazione

Trattamento di altri eventi avversi come diarrea, vomito, nausea e perdita di peso

Assunzione di TKI di sera invece che di mattina per ridurre l'affaticamento diurno

Incrementare ove possibile, e comunque mantenere, l’attività fisica, che riduce l’insorgenza di fatigue e ne attenua l’intensità quando presente

Cosa posso assumere?

Come posso monitorarla?

Mantenere un adeguato ciclo sonno/veglia

Quando la considero conclusa?

È consigliata l’assunzione di caffeina

È importante monitorare l’insorgenza e l’andamento della fatigue attraverso la gestione di un diario che registri eventuali cambiamenti nelle attività quotidiane

Il medico nel corso della terapia valuterà il controllo dello stato di anemizzazione e un eventuale monitoraggio ulteriore per la funzione epatica, renale e tiroidea, oltre che per i livelli di cortisolo ematico

In relazione all’entità si potranno valutare riduzioni del dosaggio o sospensioni temporanee della terapia

La fatigue quando secondaria al trattamento perdura generalmente, con gradi diversi di gravità, per tutta la durata della terapia: ci sono tuttavia dei periodi in cui si riduce molto e non interferisce con le attività quotidiane

Fonti: Dott. Giuseppe Cabibbo, Azienda Ospedaliero Universitaria del Policlinico Giaccone, Palermo
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Come si manifesta?

Cos'è

La diarrea è un disturbo caratterizzato da un’evacuazione di quantità e frequenza superiore al normale di feci non formate.

È uno degli eventi avversi più comuni (fino al 60% dei pazienti) associato all’assunzione dei farmaci inibitori delle tirosino-kinasi (TKI).

Si osserva solitamente nei primi mesi di trattamento (mediamente a 12 settimane), ma potrebbe manifestarsi tardivamente

È per lo più accompagnata da crampi addominali, meteorismo intestinale e pirosi gastrica

Può essere associata ad altri eventi gastrointestinali quali nausea (44% dei pazienti) e vomito (34% )

Perché si verifica

Questi effetti indesiderati possono diventare gravi se provocano una perdita di liquidi ed elettroliti (con possibile conseguente insufficienza renale, ipocalcemia) e/o malnutrizione.

Compromettono la qualità della vita del paziente e portano spesso a riduzioni della dose e interruzioni del trattamento

PREVENIRLO

Il meccanismo patogenetico alla base della diarrea causata dai farmaci anti-angiogenici non è completamente noto, ma si ritiene che sia dovuto ad eventi infiammatori ed ischemici della mucosa intestinale (in particolare infiammazione del tratto gastrointestinale superiore e colite ischemica).

L’ipotesi principale è l’inibizione del segnale del recettore del fattore di crescita dell’epidermide (EGFR), regolatore della proliferazione degli enterociti, del trasporto di nutrienti ed elettroliti e della riparazione dell’epitelio intestinale. L'inibizione del segnale EGFR provocherebbe infatti un aumento della secrezione di acido cloridrico determinante diarrea secretoria.

Altri meccanismi potrebbero riguardare l’irritazione locale data dai metaboliti presenti nelle feci e dall’intolleranza transitoria al lattosio.

Prima di iniziare la terapia è utile raccogliere l’anamnesi intestinale basale del paziente e valutare l'assunzione di altri farmaci o di altre condizioni cliniche che potrebbero avere un potenziale impatto negativo.

Alimentazione

Evitare caffeina, alcol e cibi grassi, piccanti o ad alto contenuto di fibre

Riduzione del lattosio e assunzione di probiotici

BRAT diet: consumo di banane, riso, succo di mele, toast

Incremento di liquidi ed elettroliti, da monitorare costantemente (calcio, sodio, potassio)

DIARREA

Come lo monitoro

In base alla Common Terminology Criteria for Adverse Events (CTCAE), la diarrea viene classificata in gradi da 0 a 4:

grado 1

Aumento di evacuazioni rispetto al basale (<4 al giorno)

grado 2

Aumento rispetto al basale (4-6 al giorno)

grado 3

Aumento rispetto al basale (≥7 al giorno), indicazione all’ospedalizzazione

grado 4 effetti pericolosi e necessità di trattamento intensivo

I

Consigli dietetici generali

Educazione appropriata per minimizzare o gestire la diarrea

Indicazione a registrare su un diario abitudini alimentari, peso corporeo ed eventuali disturbi (numero episodi, durata e qualsiasi sintomo di accompagnamento quali astenia, parestesie, crampi, ipotensione, febbre)

Vanno valutati i segni di disidratazione (squilibri idro-elettrolitici, ipovolemia, ipocalcemia) e i sintomi associati (dolori addominali, ecc.). La maggior parte dei casi di diarrea si risolve rapidamente e può essere gestita tramite consultazione con il medico di riferimento. I pazienti devono informare il team medico se sviluppano diarrea di grado 1 o 2 che supera le 48h o se sviluppano febbre o altri sintomi.

CURARLO

Cosa posso assumere

La diarrea indotta da farmaci anti-angiogenetici è sintomatica e si basa in primo luogo sugli accorgimenti dietetici.

Il trattamento va individualizzato in base al grado dell’evento avverso:

grado 1-2 (< di 48 h)

Continuare terapia con TKI

Assumere loperamide alla dose di 4mg, più 2mg dopo ogni episodio, fino a un massimo di 16mg al giorno. Se inefficace o non tollerata assumere codeina fosfato (da 30 mg/gg e fino a 60 mg 4 volte al giorno)

1–1,5 l al giorno di soluzioni reidratanti orali, non più di 0,5 l di liquidi ipotonici (acqua, tè, succhi di frutta)

Integrazione elettrolitica secondo necessità

grado 3

o persistenza dei gradi 1-2 (> di 48h)

Sospendere terapia

Somministrare loperamide/ codeina (vedi gradi 1-2)

Il paziente deve essere visitato dallo specialista di riferimento o ricoverato se necessario

Reidratare con fluidi orali o idratazione endovenosa, eventuale integrazione di elettroliti

Richiedere consulenza gastroenterologica se la diarrea non migliora

Diarrea di grado 4

Sospendere la terapia in maniera definitiva Seguire stesse indicazioni per grado 3

Con episodi di grado 3 o 4 la terapia può essere ripresa alla stessa dose quando non si osservano più episodi o la tossicità si è ridotta al grado 1

Se la diarrea persiste o ricompare, il trattamento deve essere nuovamente interrotto

Fonti: Dott.ssa Gabriella Pellegriti e Dott.ssa Giulia Sapuppo - PO Garibaldi Nesima ARNAS Garibaldi, Catania
pazienti devono essere adeguatamente istruiti attraverso
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IPERTENSIONE ARTERIOSA

Cos'è Come si manifesta

L'ipertensione arteriosa è il rialzo dei valori della pressione arteriosa sistolica (la cosiddetta pressione massima) oltre i 140mmHg e/o della pressione diastolica (la cosiddetta pressione minima) oltre i 90mmHg

Questa condizione è legata all’aumento della resistenza dei vasi sanguigni a livello arterioso

Perché si verifica

Frequentemente asintomatica (il paziente non percepisce alcun disturbo)

Raramente sintomatica mal di testa, respiro corto sensazione di vertigini, ronzio nelle orecchie, alterazioni visive (puntini luminosi), accelerazione del battito, sanguinamento da naso (epistassi)

Il meccanismo patogenetico alla base dell’ipertensione causata dai farmaci anti-angiogenici non è completamente noto.

Questi farmaci svolgono la loro azione antitumorale inibendo il vascular endothelial growth factor receptor (VEGFR) e interrompendo la formazione dei vasi ematici tumorali, necessari per la crescita e l’espansione della neoplasia.

Anche i normali vasi sanguigni subiscono l’azione di questi farmaci e ciò può determinare l’insorgere di effetti collaterali, fra cui l’ipertensione.

PREVENIRLA

Adottare uno stile di vita sano

Alimentazione

Dieta ricca di: cereali integrali, frutta, verdura, pesce, grassi polinsaturi, latticini a basso contenuto di grassi e cibi ad alto contenuto di magnesio, calcio e potassio

Riduzione apporto di: sale, carne rossa, cibi ad alto contenuto di zucchero e grassi saturi

Moderato consumo di: caffè, tè verde e tè nero

Disassuefazione

dal fumo e dall’alcol

Mantenimento peso forma e attività fisica regolare

Riduzione dello stress

Fattori di rischio

Familiarità, avanzare dell’età (> 55 anni), obesità e sesso femminile si associano ad un maggior rischio di ipertensione. Anche l’uso eccessivo di liquirizia, spray nasali, sostanze stupefacenti o farmaci (pillola anticoncezionale e cortisone) può generare ipertensione

Prima di avviare un trattamento con farmaci anti-angiogenici, è importante conoscere i valori basali della propria pressione arteriosa. Sarebbe opportuno eseguire anche un elettrocardiogramma basale per escludere fattori che potrebbero interferire con la cura

Cos'è

L’ipotiroidismo definisce una produzione insufficiente di ormoni tiroidei circolanti, associata a ridotta o assente funzione della ghiandola tiroide. Alcuni farmaci (inibitori delle tirosino kinasi) determinano ipotiroidismo in circa 1/5 dei pazienti, con uno spettro che va dall’aumento isolato del TSH a una franca riduzione dei livelli nel sangue degli ormoni T3 e T4.

Le manifestazioni dell’ipotiroidismo associato a inibitori delle tirosino kinasi (TKI) non differiscono da quelle descritte per altre cause, benché siano meno facilmente riconoscibili a causa del mascheramento da parte di altri effetti avversi

L’ipotiroidismo associato a terapia con TKI può variare dalla forma lieve (subclinico) a quella franca. La gravità del deficit dipende principalmente dalla suscettibilità da parte del singolo paziente, ma risente anche del timing dell'osservazione clinica. Infatti, se misconosciuto, un ipotiroidismo subclinico può evolvere a deficit conclamato ed esser classificato come effetto avverso grave a causa di un ritardo diagnostico.

L’ipotiroidismo può manifestarsi in qualsiasi momento della terapia, spesso presto ma anche tardivamente (dopo oltre un anno). Per tale motivo, è importante un accurato e costante monitoraggio dei livelli nel sangue di TSH, FT3 e FT4 durante l’intera durata di trattamento

Perché si verifica

La patogenesi dell’ipotiroidismo indotto da TKI è ancora sconosciuta

Sembrano coinvolti diversi meccanismi che includono:

alterazione della vascolarizzazione tiroidea per danno capillare indotto dall’inibizione del pathway di VEGF

blocco della biosintesi ormonale attraverso un’inibizione non-competitiva della tireoperossidasi inibizione del trasporto transmembrana delle iodotironine induzione dell’attività enzimatica della desiodasi di tipo 3

Per tali motivi, la disfunzione si manifesta anche in paziente che non hanno più la tiroide e che sono in terapia con levo-tiroxina

PREVENIRLO

La patogenesi dell’ipotiroidismo in corso di terapia con TKI non consente di attuare misure di prevenzione. Pertanto, il precoce riconoscimento di malattia in fase subclinica è cruciale per evitare la comparsa di quadri sintomatici, e il periodico monitoraggio degli ormoni tiroidei appare come la migliore strategia nella prevenzione

Cosa posso assumere

Non esistono farmaci per prevenirne la comparsa. In caso di aumento del TSH è opportuno adeguare la dose di terapia sostitutiva in atto

IPOTIROIDISMO Come si manifesta?

Come lo monitoro

In base alla Common Terminology Criteria for Adverse Events (CTCAE), l’ipotiroidismo può essere classificato come:

grado 1 se asintomatico (i.e. subclinico) o se non necessita di intervento terapeutico grado 2 se sintomatico o se limita le attività quotidiane strumentali grado 3 se richiede ospedalizzazione o se limita le attività di self-care grado 4 se tale da mettere a rischio la vita del paziente e richiedere un intervento immediato

CURARLO

Come?

La terapia dell’ipotiroidismo associato a TKI si basa sull’adeguamento della terapia ormonale già in atto in risposta alle alterazioni riscontrate nel singolo paziente

Cosa posso assumere?

La maggior parte dei pazienti con ipotiroidismo di grado 1-2 richiede un aumento della levotiroxina di circa il 10-20% rispetto alla dose precedente, mentre in casi selezionati può essere utile la terapia combinata T4 + T3.

In assenza di controindicazioni specifiche, il target terapeutico del TSH dei pazienti in terapia con TKI è <0.1 mU/L

Il monitoraggio del paziente dipende dalla gravità dell’ipotiroidismo in essere:

ipotiroidismo subclinico o di grado 2 Può essere rivalutato dopo 30-40 giorni dalla correzione del dosaggio della terapia ormonale sostitutiva

ipotiroidismo di grado 3 e 4 Richiedono un follow-up stretto e indagini delle complicanze di malattia ulteriori

Come posso monitorarlo?

Dopo l’adeguamento del dosaggio di terapia sostitutiva, gli ormoni tiroidei vanno monitorati a 30-40gg e successivamente con cadenza mensile-trimestrale. Casi di malattia di grado 3-4 richiedono invece un monitoraggio stretto in regime ospedaliero e un’accurata valutazione di tutte le complicanze

Quando lo considero concluso?

La normalizzazione di FT3 e FT4 e l'ottenimento di un TSH a target definisce concluso l’evento avverso. Tuttavia, ciò non esime dal monitorare i livelli degli ormoni tiroidei con cadenza regolare. Infatti, variazioni nella concentrazione degli ormoni tiroidei possono comparire nuovamente in qualsiasi fase del corso della terapia, anche e soprattutto in relazione e come conseguenza di variazioni nel dosaggio del m TKI assunto

Fonti:
-
II
Prof. Domenico Salvatore
Università degli Studi di Napoli Federico
IT-LENA-21-00032

Cos'è

Il calo ponderale è una perdita di peso involontaria (>5%) del peso corporeo che si verifica nell’arco di circa 6 mesi. Se non si adottano misure adeguate, può subentrare la malnutrizione calorico-proteica, caratterizzata dalla perdita di massa muscolare con o senza perdita di grasso.

Rappresenta uno dei principali eventi avversi riscontrati e si osserva in circa il 50% dei pazienti in trattamento, sebbene sia solitamente di grado lieve o moderato

NB: è documentata una correlazione tra calo ponderale (in particolare perdita di massa muscolare) e sopravvivenza del paziente oncologico

Perché si verifica

La crescita del tumore induce alterazioni che non riguardano soltanto l’organo o il tessuto colpito, ma tutto l’organismo: infatti, il tumore è percepito dal nostro organismo come un corpo estraneo contro il quale scatena la risposta del sistema immunitario con la conseguente produzione di sostanze (citochine come IL-1, IL-6, TNFα, ecc) che determinano importanti cambiamenti nel metabolismo

Questo complesso di reazioni può causare anche una condizione di anoressia (riduzione dell'appetito), con conseguente perdita di peso

La terapia antitumorale causa una riduzione dell'appetito e può quindi essere responsabile di per sé del calo ponderale del paziente Altra causa associata alla perdita di peso è attribuibile al trattamento farmacologico con inibitori multi Tirosino kinasici

PREVENIRLO

La sorveglianza metaboliconutrizionale dovrebbe iniziare precocemente, possibilmente subito dopo la diagnosi

Il counseling nutrizionale è fondamentale per la valutazione dell’apporto nutrizionale del paziente mediante registrazione su diario dei cibi assunti per 3-7 giorni e l’elaborazione di un piano personalizzato

L’esercizio fisico nei pazienti oncologici, ove possibile, può essere efficace in quanto migliora l’insulino-resistenza, la sintesi proteica e l’attività anti-ossidante. Inoltre riduce la risposta anti-infiammatoria e migliora lo stato immunitario

CALO PONDERALE E MALNUTRIZIONE

Come la monitoro

Per avere un’idea si può fare ricorso all’indice di massa corporea (IMC), che viene calcolato secondo la formula:

IMC =

Peso corporeo (Kg) [Altezza (m)]²

NB: La perdita di peso non volontaria deve far comunque sospettare, anche in un soggetto obeso, una malnutrizione da accertare

IMC

Valori

<16

molto probabile la presenza di una malnutrizione grave

tra 16 e 16,9 malnutrizione moderata tra 17 e 18,4 malnutrizione lieve tra 18,5 e 24,9 normopeso tra 25 e 29,9 sovrappeso >30 obesità

È necessario infine effettuare test di laboratorio (valutazione dei mediatori dell’infiammazione e del catabolismo) e strumentali: questi ultimi sono finalizzati a definire la composizione corporea del paziente (Bioimpedenziometria o BIA; Dual Energy X-ray Absorptiometry o DEXA)

CURARLO

Come?

Come primo step sarà necessario stilare una dieta personalizzata e/o fornire informazioni nutrizionali al fine di garantire un adeguato intake caloricoproteico

Cosa posso assumere?

In commercio esistono numerosi Supplementi proteici in polvere, da consumare da soli o aggiunti ad alimenti naturali

Gli integratori che ottimizzano l’assunzione di vitamine e/o sali minerali, il cui fabbisogno può essere elevato in presenza di tumore

Farmaci come i derivati progestinici e i corticosteroidi, sono efficaci per aumentare l’appetito ma vanno assunti sotto stretto controllo medico

Nei casi di malnutrizione severa potrà essere necessaria la nutrizione artificiale sotto stretta sorveglianza medico-dietistica

Come posso monitorarlo?

Andranno monitorati il peso, lo stato nutrizionale, gli indici di infiammazione e la valutazione della composizione corporea

La valutazione dello stato nutrizionale deve essere ripetuta ad intervalli predefiniti, ogni 3 mesi o più frequentemente sulla base del decorso della malattia e dello stato del paziente

Quando lo considero concluso?

Il calo ponderale e la malnutrizione possono persistere per tutta la durata del trattamento con mTKI, ma una corretta gestione può limitarne la gravità permettendo il prosieguo delle cure e una buona qualità di vita al paziente

Fonti: Prof.ssa Maria Grazia Castagna - Azienda Ospedaliero Universitaria Senese, Siena
IT-LENA-21-00032

Come la monitoro

È importante compilare un diario con le misurazioni eseguite ogni giorno almeno 2 volte, possibilmente sempre alla stessa ora

Per una misurazione della pressione attendibile:

Utilizzare un misuratore pressorio automatico da braccio certificato

Effettuare la 1^ misurazione dopo 5 minuti di riposo e ripetere la 2^ dopo 1-2 min dalla precedente

Come?

Se i valori pressori domiciliari sono maggiori di 140/90 mmHg prima dell’avvio della terapia anti-angiogenica si consiglia di iniziare un trattamento giornaliero con un farmaco antipertensivo

Cosa posso assumere?

Il medico prescriverà un trattamento con farmaci appartenenti alle classi ACE-inibitori, sartani, calcio antagonisti, provvedendo ad incrementare la dose o ad associare farmaci di classi differenti se i valori si mantengono elevati

Successivamente può essere presa in considerazione l’aggiunta di diuretici tiazidici, b-bloccanti o antialdosteronici Alla persistenza di ipertensione si può valutare l’ulteriore associazione di farmaci donatori di ossido nitrico a lunga durata (sildenafil o nebivololo). Se nessuno di questi ha portato a una risoluzione si considera la riduzione di dose o la sospensione del farmaco antiangiogenico

La stanza deve essere silenziosa e tranquilla

Il paziente deve essere seduto con schiena e braccia appoggiati

La pressione arteriosa si misura in millimetri di mercurio (mmHg). È fisiologico avere una differenza di pressione fra le due braccia.

Come posso monitorarlo?

Il monitoraggio pressorio va proseguito durante tutto il periodo di cura. Dosaggio e tipologia dei farmaci anti-ipertensivi saranno monitorati (e se necessario adeguati)

nel corso del trattamento

Quando lo considero concluso?

Quando entrambi i valori pressori sono al di sotto di 140 e 90 mmHg

Fonti: Dott.ssa Laura D. Locati e Dott.ssa Francesca Caspani - Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano
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CURARLA

PROCEDURE CHIRURGICHE E ODONTOIATRICHE

Cos'è e come si manifesta

Uno degli effetti principali dei mTKI è il blocco della formazione dei vasi sanguigni. A livello del tumore questo fenomeno riduce l’apporto di sangue e di conseguenza la crescita delle cellule cancerose, e rappresenta il principale effetto anti-tumorale di questa classe di farmaci. Purtroppo l'effetto non si limita ai vasi del tumore, ma riguarda tutti i vasi dell’organismo, e nell’insieme determina fragilità della parete dei capillari, delle vene e delle arterie con rischio di rottura ed emorragia, alterazione della superficie interna dei vasi con la possibilità che si formino coaguli che bloccano la circolazione del sangue (trombi) e rallentamento dei processi di cicatrizzazione.

È pertanto fondamentale modulare la terapia in relazione alla possibilità che il soggetto debba sottoporsi a manovre mediche che incrementano il rischio di queste complicanze (vedi interventi chirurgici, radioterapia o estrazioni dentali):

Gli interventi chirurgici sono associati a rischio di emorragia, a problemi di cicatrizzazione o allo sviluppo di eventi trombotici, soprattutto a livello degli arti inferiori, che possono essere esacerbati dal farmaco

In modo simile, la radioterapia dei tumori si associa al rischio di emorragia all’interno delle lesioni irradiate e, anche in questo caso, la terapia può esacerbarne la frequenza

Gli mTKI sono stati associati infine allo sviluppo di osteonecrosi della mandibola Alcuni casi si sono sviluppati in soggetti in trattamento precedente o concomitante con bifosfonati o denosumab, farmaci utilizzati per il trattamento dell'osteoporosi o delle metastasi ossee. Un fattore di rischio per questa complicanza è rappresentato dalla esecuzione di procedure dentali invasive, quali estrazioni dentali o manovre che coinvolgono l’osso mandibolare

La stomatite è un processo infiammatorio a carico della cavità orale che può interessare l'interno delle guance, il palato, la lingua, le gengive e le labbra, rendendo difficoltose azioni come parlare, mangiare, bere o aprire la bocca. È un effetto collaterale relativamente comune (circa 1 individuo su 4) nei pazienti che assumono farmaci inibitori delle tirosin-chinasi.

I soggetti anziani, coloro che non hanno una buona igiene dentale o che usano la dentiera sono più a rischio di sviluppare questa complicanza Come

arrossamento e gonfiore della mucosa

dolore, che si intensifica mentre si mangia

Perché si verifica

ulcere orali sanguinamento, nei casi più gravi

Possono comparire inoltre gengiviti, cheiliti o glossiti. Se particolarmente estesa, può rendere problematica l'assunzione di cibo, portando a disidratazione e malnutrizione

Il meccanismo patogenetico alla base della stomatite causata dagli inibitori delle tirosin-chinasi non è completamente noto, ma si ritiene sia correlato all’effetto antiangiogenetico, legato all’inibizione del recettore del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (Vascular Endothelial Growht Factor Receptor, VEGFR)

L’inibizione del VEGFR potrebbe infatti avere un effetto sulla permeabilità vascolare e sulla proliferazione cellulare, che può risultare nella formazione di lesioni a livello della mucosa e sanguinamenti

STOMATITE
Cos'è
si manifesta
PUÒ COMPORTARE DIVERSI SINTOMI A CARICO DEL CAVO ORALE

PREVENIRLA

Programmare una visita dal dentista prima di iniziare la terapia con inibitori delle tirosin-chinasi e periodicamente dopo l’inizio del trattamento. L’obiettivo è di diagnosticare e gestire precocemente eventuali infezioni e mantenere una buona igiene orale. I soggetti portatori di protesi sono a maggior rischio di essere esposti a fattori irritativi fisici.

In questi casi è necessario che l’odontoiatra corregga eventuali politraumatismi ripetuti da protesi non correttamente impostate o applicate in maniera impropria

Avere una buona igiene orale Mantenere una adeguata idratazione lavarsi i denti dopo ogni pasto e prima di andare a dormire bere molta acqua

utilizzare un dentifricio a base di fluoro e uno spazzolino a setole morbide

utilizzare il filo interdentale

evitare dentifrici alla menta, con effetto sbiancante o che contengono laurilsolfato di sodio (SLS) e collutori a base di alcol

pulire giornalmente la dentiera

sciacquare la bocca 3-4 volte al giorno con acqua e bicarbonato (mezzo cucchiaino di bicarbonato in un bicchiere d’acqua)

Come la monitoro

idratare le labbra applicando del burrocacao

Evitare traumi, stimoli dolorosi o irritanti preferire cibi a temperatura ambiente, evitare cibi troppo caldi, acidi, troppo duri da masticare o croccanti, speziati

evitare bevande alcoliche

In base alla Common Terminology Criteria for Adverse Events (CTCAE), la stomatite viene classificata in 4 gradi

Grado 1

arrossamento della mucosa; sintomi minimi; alimentazione normale

Grado 2

ulcere della mucosa sintomatiche, ma sono ancora possibili l’alimentazione e la deglutizione

Grado 3

ulcere confluenti; sanguinamento con minimi traumi; limitazione dell’alimentazione

Grado 4

necrosi tissutale; significativo sanguinamento spontaneo

Il paziente andrebbe avvisato del rischio di ulcere orali e educato a riconoscere precocemente segni e sintomi e a contattare il proprio medico. Un riconoscimento precoce della stomatite è importante perché può minimizzare il numero e la severità delle ulcere e ridurre la possibilità di sospensione del farmaco

CURARLA

Grado 1-2

Incrementare la frequenza dei lavaggi, evitando di strofinare le gengive in maniera troppo aggressiva

Applicare spray o creme antiossidanti a base di vitamina E, 2-3 volte al giorno, preferibilmente dopo aver lavato i denti

Utilizzare l’olio essenziale di Melaleuca (Tea Tree Oil), applicando una goccia direttamente sulla lesione gengivale o facendo degli sciacqui di acqua e qualche goccia di olio essenziale

Applicare gel bio-aderenti protettivi a base di glicole propilenico

Intensificare il protocollo dei lavaggi a 8-12 risciacqui per giorno o ad ogni ora Utilizzare corticosteroidi topici (desametasone o clobetasolo) per favorire la guarigione delle lesioni e ridurre il dolore. Il paziente deve essere informato e monitorato rispetto al rischio di candidiasi Utilizzare creme a base di anestetici locali (lidocaina)

Per gli episodi di grado 3 e 4, il farmaco andrebbe sospeso fino a quando la stomatite non si riduce ad un grado 1 o non si risolve del tutto, e può essere ripreso a dose ridotta

Come
Fonti: Prof. Cosimo Durante - Università Sapienza, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I, Roma Continuare la terapia con inibitori di tirosin-chinasi Sospendere la terapia con inibitori di tirosin-chinasi Grado 3-4
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Al fine di prevenire le complicanze sopra riportate è importante considerare una temporanea sospensione della terapia con mTKI in caso di chirurgia maggiore o radioterapia

Nel caso dei problemi odontostomatologici è fondamentale eseguire un esame dentale e cure preventive prima di iniziare la terapia e sospenderla temporaneamente in caso di procedure invasive, che se possibile dovrebbero comunque essere evitate soprattutto nei pazienti che hanno assunto o assumono bifosfonati per via endovenosa per la cura della neoplasia

Non sono disponibili studi formali sugli effetti dei mTKI sulla cicatrizzazione; senza dubbio va sospeso 5-7 giorni prima di una chirurgia in elezione. Vi è invece maggiore incertezza circa il momento per iniziare di nuovo il trattamento, pertanto la decisione di riprenderlo dopo una procedura chirurgica maggiore deve basarsi sul giudizio clinico di una cicatrizzazione adeguata

In modo simile è prudente sospendere il farmaco 5-7 giorni prima dell’inizio di una radioterapia di lesioni tumorali e ricominciare il trattamento 5-7 giorni dopo il suo termine

Per quanto riguarda il rischio di osteonecrosi della mandibola in seguito a cure dentali invasive è fondamentale che il paziente raggiunga la migliore condizione di salute possibile prima di iniziare la terapia o il prima possibile dopo il suo inizio

Il paziente neoplastico ad alto rischio deve essere sottoposto ad una valutazione dentale completa e agli eventuali trattamenti curativi:

Va edotto circa la possibilità di ostenecrosi, assicurandolo che il rischio è basso per non scoraggiarlo nell’assumere il farmaco o a sottoporsi a trattamenti dentali necessari

Vanno forniti consigli per ottimizzare la salute orale che dovrebbero includere: dieta sana, igiene orale eccellente, utilizzo di dentifrici e lavande buccali al fluoro, astensione dal fumo, limitazione di alcolici, controlli odontoiatrici regolari. Sintomi quali esposizione ossea, mobilità dei denti, persistenza di lesioni o ulcere che non guariscono, pus, formicolio, intorpidimento, dolore o gonfiore vanno riferiti immediatamente

Vanno massimizzate le misure che possono ridurre traumi della mucosa o che possono aiutare ad evitare future estrazioni o chirurgia orale: radiografie, cure dentali, estrazione dei denti caratterizzati da cattiva prognosi, risoluzione delle malattie dentali o peridontali, aggiustamento o rimpiazzo di protesi

CURARLO

Eseguire routinariamente pulizie dentali, cura di carie, posizionamento o sostituzione di capsule, imaging radiologico se necessario e visite periodiche

In caso di estrazione dentale o di chirurgia orale che impatta sull’osso vanno esplorate tutte le possibili alternative (quali ad esempio il mantenimento delle radici in assenza di infezione)

Se l’estrazione è il trattamento più appropriato va eseguita Può essere prudente sospendere l'mTKI

3 giorni prima e riprenderlo

7 giorni dopo l’intervento

Non va prescritta profilassi antibiotica a meno che non richiesta per altre ragioni cliniche

Il paziente deve contattare l’ambulatorio se si sviluppano problemi quali dolore inaspettato, formicolio, intorpidimento, alterata sensazione o gonfiore nell’area dell’estrazione

La guarigione va seguita e il paziente va rimandato a un chirurgo maxillo-facciale se la cavità dell’estrazione non è guarita ad 8 settimane e si sospetta osteonecrosi della mandibola

Fonti: Prof. Efisio Puxeddu - Università degli Studi di Perugia
PREVENIRLO
IT-LENA-21-00032

Cos'è

La sindrome mano-piede, detta anche eritrodistesia palmo-plantare, è l’insieme delle lesioni più o meno gravi (arrossamento, flittene, bolle, piaghe) che compaiono a livello del palmo delle mani e/o della pianta dei piedi È uno degli eventi avversi associato all’assunzione dei farmaci inibitori delle tirosino-kinasi (TKI)

Come si manifesta

Esordisce con la comparsa di formicolio e bruciore sul palmo delle mani e alla pianta dei piedi seguiti da eritema e gonfiore

Successivamente compaiono vescicole o bolle e ulcerazioni, più frequenti a livello delle aree sottoposte a pressione. La desquamazione e l’eritema rendono le aree colpite simili a ustioni superficiali, associate a dolore e fastidio che interferiscono con le attività quotidiane e portano spesso alla riduzione di dose o all’interruzione del trattamento con TKI

Perché si verifica

Il meccanismo patogenetico alla base della sindrome mano-piede non è del tutto noto, ma è probabile che l’azione antiangiogenica esercitata dagli inibitori delle TKI sul recettore del fattore di crescita vascolare (VEGFR), impedendo la formazione di nuovi vasi sanguigni implicati in processi come la rigenerazione tissutale e la cicatrizzazione delle ferite, induca un deficit di irrorazione cutanea Ciò potrebbe essere alla base della sindrome mano-piede

PREVENIRLA

Trattare eventuali callosità e/o altre lesioni dei piedi e delle mani prima di iniziare la terapia

Utilizzare scarpe comode con suole imbottite per ridurre la pressione sui piedi

Effettuare una regolare pedicure (per i pazienti con callosità)

Evitare docce molto calde

Evitare lunghe passeggiate per ridurre il rischio di formazione di vesciche

Indossare guanti e calze di cotone per mantenere mani e piedi asciutti

Proteggere con appositi guanti le mani nel caso di lavori a contatto con sostanze irritanti

Iniziare un trattamento preventivo applicando giornalmente creme a base di urea sia alle mani che ai piedi

LA SINDROME MANO-PIEDE

Cos'è

La proteinuria è il più frequente effetto collaterale renale indotto dai farmaci anti-angiogenetici come il Lenvatinib. Normalmente, il rene è in grado di trattenere le proteine presenti nel sangue e limitarne la perdita con le urine riassorbendole quasi interamente; se questo sistema di filtrazione e riassorbimento è danneggiato si può rilevare la presenza di una quantità anomala di proteine nelle urine (>150 mg/24 ore).

Più raramente, si può arrivare a sviluppare insufficienza renale: il rene smette di svolgere la sua funzione di filtro e non è più in grado di eliminare nelle urine le sostanze tossiche prodotte dal nostro organismo.

Perché si verifica

Come si manifesta

Quando le alterazioni renali sono lievi, il paziente può non accorgersene, non percepisce alcun fastidio o sintomo ed è quindi asintomatico

Con il progredire del danno, la quantità di proteine perse nelle urine diventa importante e di conseguenza le proteine circolanti nel sangue si riducono. La principale conseguenza di questa alterazione è la comparsa dell’edema, ossia un gonfiore dovuto all’accumulo di liquidi, tipicamente agli arti inferiori.

I meccanismi alla base del danno renale non sono del tutto chiariti. I farmaci anti-angiogenetici contrastano la crescita tumorale ostacolando la formazione di nuovi vasi sanguigni (neoangiogenesi) e riducendo pertanto l’apporto di sostanze nutritive al tumore stesso. Questo effetto non si verifica solo nei confronti delle cellule tumorali ma può manifestarsi anche sulle arterie che portano il sangue al rene, causando un aumento della pressione a tale livello e inducendo un danno alla barriera di filtrazione renale. Il danno può essere maggiore in caso di ipertensione arteriosa preesistente non adeguatamente controllata.

PREVENIRLA

di una terapia con farmaci anti-angiogenetici, è necessario: età avanzata

ipertensione arteriosa, soprattutto quando non adeguatamente controllata dalla terapia antipertensiva diabete mellito, soprattutto se in scarso compenso metabolico

malattia renale pre-esistente

utilizzo passato o concomitante di farmaci/sostanze interferenti con la funzione renale

Prima

condividere con il medico la propria storia clinica descrivendo accuratamente le malattie passate e in corso oltre che i farmaci assunti conoscere i valori di pressione arteriosa prima dell’inizio della terapia con Lenvatinib e, auspicabilmente, misurare la pressione a domicilio con un misuratore automatico, riportando i valori ottenuti su un diario da portare in visita

conoscere i valori di glicemia e, se diabetici, i valori di emoglobina glicata e portare in visione il diario dell’autocontrollo glicemico. In tal modo sarà possibile da parte del medico avere informazioni adeguate sul controllo pressorio e glicemico e, in caso di anomalie, intervenire con consigli dietetici o indicazioni farmacologiche

effettuare una valutazione iniziale della funzione renale (mediante dosaggio della creatinina sierica e ricerca della proteinuria all’esame delle urine) con eventuale valutazione nefrologica specialistica in caso di significative alterazioni

TOSSICITÀ RENALE
Fattori di rischio dell’avvio

La funzionalità renale deve essere periodicamente valutata attraverso la misurazione dei livelli di creatinina nel sangue, stimando quindi il valore di filtrato glomerulare (eGFR).

Il monitoraggio della proteinuria può avvenire utilizzando un campione delle urine del mattino, oppure effettuando la raccolta delle urine delle 24 ore, per una valutazione più precisa dal punto di vista quantitativo.

I controlli sono più ravvicinati nei primi mesi di terapia quando è più probabile che il danno renale si manifesti; devono però essere proseguiti durante tutto il periodo di cura anche se con una cadenza meno intensa.

Ulteriori accertamenti (es. controllo nefrologico specialistico, ecografia reno-vescicale, biopsia renale) verranno richiesti in base al tipo, all’andamento e all’entità della proteinuria e alla severità del danno renale.

CURARLA

In caso di comparsa di proteinuria, il medico potrà prescrivere farmaci appartenenti alla classe degli ACE-inibitori o dei sartani, con l’obiettivo di proteggere il rene e di mantenere una pressione arteriosa al di sotto di 130/80 mmHg

È necessario mantenere un adeguato introito di liquidi che va aumentato in caso di incremento dei valori di creatinina sierica.

L’entità e l’andamento del danno renale dovranno essere seguiti con attenzione.

In caso di importante peggioramento dei parametri clinici e di laboratorio può rendersi necessaria una temporanea interruzione della terapia anti-tumorale con eventuale successivo riavvio a dosaggio ridotto

Se il danno renale non si risolve o ricompare in maniera grave si può rendere necessaria una definitiva sospensione del Lenvatinib.

In caso di danno renale, è bene prevenire l’effetto negativo del mezzo di contrasto iodato utilizzato in occasione degli esami di ristadiazione (Tac o Risonanza magnetica) per la malattia tumorale.

A tale scopo, il medico potrà suggerire un’adeguata preparazione prima di tali esami (mediante idratazione, bicarbonato di sodio e/o N-acetilcisteina) oltre alla eventuale transitoria sospensione di farmaci nefrotossici. Questo tipo di precauzione non è necessario quando viene eseguita la CT PET con 18 FDG.

Fonti: Dott. Alessandro Piovesan, Dr.ssa Alice Nervo e Dr.ssa Francesca Retta - Azienda
Come la monitoro
Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della Scienza Molinette, Torino
IT-LENA-21-00032

Come la monitoro

In base alla Common Terminology Criteria for Adverse Events (CTCAE), la sindrome mano-piede viene classificata in gradi da 1 a 3:

Grado 1

Minime alterazioni cutanee/dermatite (eritema, edema, ipercheratosi) senza dolore

Grado 2

Alterazioni cutanee (vesciche, sanguinamento, edema, ipercheratosi) con dolore e limitazione dell’attività quotidiana del paziente

Grado 3

Gravi alterazioni cutanee (vesciche, sanguinamento, edema, ipercheratosi) con dolore e limitazione della capacità di prendersi cura di se stesso (lavarsi, vestirsi, ecc.)

CURARLA

Come?

Grado 1-2

Utilizzare scarpe comode per ridurre la pressione sui piedi

Grado 3

Stesse misure indicate per i gradi 1-2 Sospensione dell’inibitore tirosino-kinasico

Massaggiare delicatamente i piedi con creme a base di cortisone o ricche di vitamina A e ad elevata percentuale di urea per mantenere la pelle morbida riducendo lo stato infiammatorio

Fonti: Prof.ssa Rossella Elisei e Dott.ssa Laura Valerio - Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Pisa
IT-LENA-21-00032

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