Alla scoperta del mondo 4. Discipline. Storia - NUOVA EDIZIONE 2025

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STORIA ` INCONTRARE LE PRIME CIVILTA

LE PRIME CIVILTÀ

I VILLAGGI SUL FIUME

Alla fine del Paleolitico, l’agricoltura e l’allevamento sono ormai diffusi in molte regioni del mondo. Alcuni territori sono più fertili di altri. Sono i territori attraversati dai grandi fiumi.

L’acqua è un elemento necessario alla vita: rende il terreno più adatto all’agricoltura e all’allevamento del bestiame e il clima più mite.

Così proprio vicino ai fiumi, dove l’acqua permette la coltivazione dei campi, troviamo i primi insediamenti stabili. I fiumi offrivano una riserva d’acqua dolce inesauribile e l’acqua serviva alla vita quotidiana.

I fiumi erano anche un’importante via di comunicazione: sull’acqua, infatti, ci si spostava con minor fatica e più velocemente che via terra e si potevano trasportare carichi molto pesanti.

L'acqua, però, sa anche distruggere e devastare, quando esce dagli argini.

Nilo
Eufrate
Tigri

Gli abitanti dei villaggi vicini iniziarono a collaborare per affrontare i lavori utili a tutti, come costruire gli argini, le dighe e i canali per governare le acque. Gli uomini che abitavano territori vicini sullo stesso fiume si unirono insieme, mettendo in comune la lingua, gli usi e le leggi. Si formarono i primi popoli.

Le prime civiltà dunque sorsero e si svilupparono lungo il corso dei fiumi: nelle valli del Tigri, dell’ e ufrate, del Nilo, dell’Indo e del Fiume Giallo.

Tigri
Nilo
Indo
Fiume Giallo
Eufrate
Fiume Giallo
Indo

DAI VILLAGGI ALLE PRIME CITTÀ

La vita degli uomini divenne migliore e per questo motivo le popolazioni si fecero sempre più numerose.

I villaggi si ingrandirono e si trasformarono lentamente in piccole città, circondate da mura, con templi e palazzi dalle facciate decorate, case e botteghe dove lavoravano gli artigiani (fabbri, tessitori, vasai).

m olti abitanti delle città continuarono a occuparsi della produzione, cioè di agricoltura, allevamento e artigianato. Alcuni invece divennero mercanti , mentre altri si dedicarono solo alle attività militari.

Pochi uomini dirigevano la vita collettiva: i sacerdoti , i capi guerrieri e il re , che governava su tutti con l’aiuto di funzionari fedeli.

Gli uomini delle città diedero vita alle prime grandi civiltà .

I POPOLI DELLA MESOPOTAMIA

Le prime civiltà si svilupparono nella Mesopotamia .

Questa terra fu chiamata così dagli antichi Greci, il suo nome significa “ terra tra i fiumi ” perché bagnata dal Tigri e dall' e ufrate che scorrono quasi paralleli per un lungo tratto.

Il Tigri e l’ e ufrate sono, però, fiumi imprevedibili: il loro livello aumenta all’improvviso e inonda i villaggi.

Le popolazioni impararono a raccogliere e a incanalare l’acqua dei fiumi per irrigare i campi.

Scavarono grandi canali che partivano dal Tigri e dall’ e ufrate; costruirono un sistema di dighe e canaletti per bagnare tutti i campi; scavarono pozzi per conservare l’acqua.

Iniziarono a coltivare nuove specie di piante alimentari: il grano, l’orzo e la palma.

Costruirono magazzini per conservare i raccolti e le sementi.

La particolarità di questa civiltà è di essere costituita dalla fusione di più popoli.

Ogni popolo che conquistava questa terra godeva dei lavori e dell’esperienza del popolo precedente e la arricchiva con le proprie scoperte e capacità.

I SUMERI

Mesopotamia

Qualche giorno fa Nashamur ha stabilito il contratto di matrimonio fra sua figlia e lo sposo e lo scriba lo ha registrato.

Oggi sono tutti riuniti nel tempio consacrato a Ishtar, dea dell’amore e della vita.

Un sacerdote legge ad alta voce il contratto di matrimonio su una tavoletta che uno schiavo gli porge.

Apil-Ishtar è al suo fianco e tiene un calamo nella mano destra. v icino a lui uno schiavo porta una tavoletta di argilla umida.

Quando il sacerdote termina la lettura, fa un cenno allo scriba.

Questi si avvicina, prende la tavoletta e con un gesto abile la chiude nella tavoletta umida come in una busta.

Sull’argilla fresca traccia qualche segno e successivamente i t estimoni imprimono a loro volta il proprio sigillo.

Con questa cerimonia viene sancita la validità del contratto tra le due famiglie degli sposi.

Ora deve recarsi ai magazzini del palazzo reale per fare l’inventario dei sacchi di grano.

La giornata di Apil-Ishtar, scriba del re, è appena agli inizi.

R e N é PONTHUS, FRANÇOIS TICH e Y , I mestieri nell’antichità , Jaca Book

Ur Uruk
Lagash
Mar Mediterraneo
Golfo
Persico
Tigri Eufrate

DOVE? QUANDO?

Intorno al 4000 a.C. alcuni uomini si stabilirono in una zona fertile della m esopotamia chiamata Sumer: questi uomini erano i Sumeri

I primi semplici villaggi sumeri si trasformarono ben presto in città: le più importanti furono Ur, Uruk e Lagash. Una città in particolare era veramente grande: Ur ospitava 50.000 abitanti.

Ogni città era circondata da mura e aveva case, edifici pubblici, il tempio per venerare gli dèi e grandi magazzini per conservare i raccolti abbondanti.

Ogni città era guidata da un proprio re ed era come un piccolo stato, una città-stato appunto.

Spesso le diverse città-stato si scontravano per conquistare nuove terre, più fertili da coltivare o più vicine all’argine dei fiumi.

Il fiume Eufrate

COME ERANO ORGANIZZATI?

Le città dei Sumeri erano governate da un re .

Il re era capo dei guerrieri e dei sacerdoti; supervisionava i lavori comuni e uno dei suoi doveri più importanti era la costruzione e il restauro dei templi. Inoltre doveva giudicare ciò che accadeva, pacificare le liti e far rispettare le leggi. v enivano poi i sacerdoti che, insieme al re, erano gli unici che sapevano capire e spiegare a tutti il volere degli dèi, osservando gli astri e i fenomeni naturali. I funzionari e gli scribi (coloro che sapevano scrivere) erano al servizio del re e dei sacerdoti per aiutarli nel governo della città.

Importanti erano poi i guerrieri , che dovevano difendere la città-stato, sempre minacciata dalle tribù nomadi delle montagne e del deserto e, talvolta, da altre città.

Tutti questi uomini, insieme agli artigiani, ai mercanti, ai contadini e ai pastori, erano uomini liberi

Gli schiavi , invece, erano considerati come oggetti la cui vita non aveva valore. Spesso erano prigionieri di guerra.

IN COSA CREDEVANO?

La religione

I Sumeri, come tutti i popoli della m esopotamia, veneravano le forze della natura. e rano politeisti , cioè credevano in molti dèi.

Gli dèi dei Sumeri avevano aspetto e sentimenti umani, avevano famiglia, amavano e odiavano, si alleavano e combattevano tra loro. e rano dèi antropomorfi (dal greco anthropos = uomo, morphé = forma).

Sigillo con il dio delle acque, Enki

I cinque dèi principali erano Anu , dio del cielo; Enlil , dio del vento, buono quando portava la pioggia, terribile quando scatenava le tempeste; Enki , signore delle acque che rendeva fertili i campi; Ki , dea della terra; Ishtar , dea della maternità e della vita..

Contadini e pastori

Mercanti

La ziggurat

I Sumeri credevano che le divinità abitassero i cieli e, perciò, per essere più vicini a loro, costruirono particolari, altissimi, edifici: le ziggurat .

La ziggurat era un luogo sacro, posto al centro della città. e ra costruito con mattoni di argilla seccati al sole e aveva una struttura a gradoni: grosse e larghe torri si stratificavano una sull’altra in immense terrazze sovrapposte, con grandi mura di sostegno e lunghissime scale strette e ripide. In cima c’era il tempio dedicato al dio protettore della città, con all’interno l’altare dei sacrifici. Il tempio era considerato la casa del dio e vi potevano accedere solo i sacerdoti. All’interno della ziggurat si trovavano anche i magazzini dove venivano conservate le scorte di cibo della città.

La ziggurat serviva anche a proteggere la città dalle invasioni e dalle inondazioni, grazie a un guardiano che sorvegliava il territorio circostante dalla sua cima e segnalava i pericoli.

Re
Sacerdoti
Scribi Schiavi
Artigiani
Funzionari
Guerrieri

QUALI ATTIVITÀ SVOLGEVANO?

Le attività in campagna

Cosa inventarono?

I sistemi di irrigazione

I Sumeri erano bravi agricoltori e osservavano sempre ciò che accadeva alla terra.

Scoprirono ben presto che quando la pianura era bagnata dalle acque del fiume Tigri e del fiume e ufrate diventava fertile e dava raccolti abbondanti.

Capirono così che potevano modificare il terreno per sfruttarlo al meglio.

Prima di tutto alzarono gli argini per evitare che le piene distruggessero i raccolti; poi scavarono canali e cisterne per portare e conservare l’acqua nei campi più lontani dal fiume.

Inoltre costruirono un ingegnoso sistema di dighe e chiuse per poter mandare nei campi la quantità di acqua che era necessaria, né troppa, né troppo poca.

Cosa inventarono?

I sistemi di irrigazione

Smuovere la terra e seminarei semi in grandi campi era un lavoro faticoso e lungo. I contadini sumeri allora inventarono l’ aratro

Questo attrezzo era trainato da buoi accoppiati e aveva un timone a due manici che permetteva al contadino di guidarlo.

L’aratro aveva una robusta punta di legno o pietra, il vomere, che affondava nella terra e creava un solco.

Il solco veniva poi riempito di semi e ricoperto di terra.

I semi così andavano subito in profondità e venivano protetti dagli uccelli.

Il lungo e faticoso lavoro della semina divenne così più veloce e fruttuoso.

Il lavoro nelle città

I contadini e i pastori che vivevano nelle campagne fornivano il cibo per tutti. Così gli uomini che non dovevano più preoccuparsi ogni giorno di procurarsi il cibo poterono dedicarsi a un lavoro diverso.

Nelle città ognuno aveva il suo compito. I fabbri lavoravano i metalli Usando il fuoco, si accorsero che alcune pietre scaldate ad alta temperatura fondevano e potevano essere modellate e trasformate in oggetti diversi.

All’inizio lavorarono oro, argento e rame, che hanno bisogno di minor calore per diventare malleabili. v erso il 3000 a.C. incominciarono a produrre anche oggetti di bronzo.

Questo è importante perché il bronzo è un metallo che si ottiene mischiando rame e stagno, due minerali che insieme creano una lega molto robusta. e cco che con questo nuovo metallo i fabbri sumeri poterono fabbricare armi più resistenti e rinforzare i carri e le barche.

Nelle città c’erano anche gli artigiani , uomini e donne che si occupavano di creare oggetti che potessero servire a tutti nella vita quotidiana:

vasi, piatti in ceramica, strumenti di lavoro, gioielli, tessuti e abiti.

Oggetti sumeri in metallo

Alcuni uomini si occupavano di fabbricare i mattoni, che poi sarebbero serviti ai costruttori per erigere case, edifici pubblici e templi.

Il terreno pianeggiante offriva ai Sumeri argilla, roccia tenera e arbusti, non offriva però metalli, pietre dure e legno resistente, necessari per costruire utensili e armi.

Queste materie prime si trovavano in zone montuose, lontane dalle città. Allora alcuni uomini, i mercanti , iniziarono a scambiare i prodotti dell’agricoltura e i manufatti che abbondavano con prodotti che mancavano.

Nascevano le prime forme di commercio, basate sul baratto, cioè sullo scambio.

Cosa inventarono? I mattoni e la ruota

La m esopotamia era povera di legname resistente, pietra e metalli, ma era ricca di argilla e bitume. I costruttori scoprirono che l'argilla asciugata al sole diventava dura e resistente, si ingegnarono allora mettendola in stampi rettangolari per ottenere mattoni con cui costruire tutti i loro grandi edifici.

Su un meraviglioso pannello di legno decorato, lo Stendardo di Ur, possiamo ammirare scene particolari della vita sumera. e d è proprio lì che, più di una volta, troviamo la raffigurazione di carri con le ruote. La ruota fu una delle più importanti invenzioni dei Sumeri perché venne usata nei carri da trasporto e da guerra. Grazie ad essa i mercanti poterono spostare carichi pesanti e velocizzare i commerci.

L'invenzione della ruota rese anche possibile la nascita di altri utili strumenti; i vasai per esempio inventarono un nuovo strumento di lavoro: usarono la ruota come base e costruirono il tornio a pedale. Con esso poterono lavorare più facilmente l’argilla e ottenere vasi tutti uguali e con forme complesse.

LO STENDARDO DI UR

Lo Stendardo di Ur è stato ritrovato in una tomba della necropoli reale di Ur, risalente al 2500 a.C. circa. Oggi è conservato al British m useum di Londra.

È composto di pannelli di legno ricoperti e decorati con pietre di lapislazzuli e madreperla. Su entrambe le facce principali le figure sono disposte su tre livelli separati da fasce orizzontali ornamentali.

Il Pannello della pace rappresenta un banchetto e una processione alla presenza del re .

Il re è riconoscibile per le maggiori dimensioni con cui è raffigurato.

La raffigurazione sul lato opposto, detto Pannello della guerra, mostra l’esercito, con soldati , carri e cavalli .

Questo stendardo è importante perché ci permette di conoscere la vita dei Sumeri nel tempo di pace dediti al lavoro e alla vita di corte, nel tempo di guerra dediti alle armi, dai comandanti agli schiavi.

LA NASCITA DELLA SCRITTURA

Nelle ziggurat si trovavano anche i magazzini: qui ogni famiglia di contadini o pastori doveva portare una parte dei suoi prodotti. I prodotti venivano conservati e ridistribuiti a tutti gli abitanti della città.

Un gruppo di funzionari-sacerdoti era incaricato di contare quanto veniva portato al tempio e quello che veniva distribuito: quanto grano, quanti fagioli, quanta lana entravano al tempio (le entrate) e quanti poi ne uscivano (le uscite). Non potevano però ricordare tutto a memoria, quindi escogitarono un modo per tenere il conto: ecco perché nacque la scrittura

All’inizio gli scribi inserivano in appositi vasi dei gettoni di argilla, uno per ogni prodotto conservato; su di essi poi disegnavano il tipo di prodotto.

In un secondo momento iniziarono ad annotare sulle tavolette di argilla tipo e quantità dei prodotti, tracciando disegni che raffiguravano le merci stesse.

Con questo sistema, però, si potevano scrivere solo i nomi degli oggetti, non le azioni o le parole astratte. Il problema fu risolto utilizzando il disegno per rappresentare sia un oggetto, sia l’azione corrispondente: il disegno della spiga significa “spiga”, ma anche “mangiare”.

Questa soluzione però presentava un problema: occorrevano tanti segni quante erano le parole.

A poco a poco gli scribi cominciarono a sostituire i disegni con segni sempre più semplici, che non ricordavano più l’oggetto rappresentato, ma corrispondevano a un suono. e ra nata la prima forma di scrittura.

Bere
Acqua
Montagna
Andare
Orzo Toro
Pesce Terra

Quando gli archeologi hanno iniziato a studiare il popolo sumero e hanno scavato per ritrovare resti e oggetti di questo popolo, hanno trovato delle pietre rotonde che servivano da impronta per i sigilli e tavolette di argilla con iscrizioni. Sopra c’era una scrittura molto difficile da decifrare. Non era costituita da disegni, ma era formata da singoli segni di forma appuntita, che sembrano triangolini o cunei. È stata perciò chiamata cuneiforme .

I Sumeri non scrivevano sui papiri, ma tracciavano i loro segni con un bastoncino a punta sull’argilla fresca che poi veniva cotta in forno e così si induriva.

La scrittura era dunque nata per registrare merci, ma poteva essere usata anche per narrare, comunicare ordini, scrivere preghiere, poesie, racconti. Tra questi il più importante è l' e popea di Gilgamesh, un re-eroe, sovrano di Uruk, che spese la vita alla ricerca dell’immortalità e superò tremende prove nel suo viaggio verso la conoscenza.

La scuola

La scrittura cuneiforme era formata da più di 600 segni diversi ed era perciò molto difficile da imparare. Gli scribi erano i soli a saper scrivere e per questo erano persone privilegiate e molto importanti. e ssi insegnavano ai bambini destinati a diventare scribi a loro volta. I bambini futuri scribi dovevano frequentare la scuola e qui erano sottoposti a una disciplina molto dura e a un metodo di insegnamento molto monotono: si recitavano di continuo i testi, per impararli a memoria. Con queste cantilene, ripetute insieme dagli allievi sotto la guida del maestro, gli apprendisti scribi iniziavano a leggere e scrivere, cioè a riconoscere i segni che corrispondevano a ciascuna parola.

Gilgamesh

Oltre alla scrittura e alla lettura, imparavano i numeri e le forme geometriche, studiavano le piante e il loro funzionamento, gli animali e il loro comportamento, il cielo e gli astri.

I SISTEMI DI MISURA

m entre costruivano dighe e canali, i Sumeri si accorsero che non potevano misurare le grandezze come avevano

sempre fatto, paragonandole alle parti del corpo umano (braccio, cubito, pollice), perché le grandi opere di costruzione richiedevano più precisione, misure comprensibili e condivisibili da tutti. Pensarono perciò di costruire un oggetto modello, la riga campione , da usare come misura ufficiale per tutte le misurazioni.

Unità di misura lineare in bronzo che i Sumeri utilizzavano per controllare le loro misurazioni. Possiamo confrontarla con un righello del nostro astuccio.
Carta delle stelle

L’ASTRONOMIA

Per anni, anzi per secoli, nelle notti limpide e calde, i Sumeri osservarono il corso delle stelle. e siccome erano osservatori acuti e intelligenti, si accorsero che le stelle ruotavano con una certa regolarità. Impararono a riconoscere quelle che sembravano fisse e apparivano ogni notte nello stesso punto. m a di più si interessarono a quelle che si muovevano nel firmamento: non capivano proprio come ciò potesse accadere! Oggi sappiamo che sono corpi celesti che girano insieme alla Terra attorno al Sole, ma gli antichi Sumeri non potevano saperlo e quindi è naturale che abbiano pensato che dietro si nascondesse qualche misteriosa magia. e rano convinti che le stelle fossero esseri potenti e che la loro posizione influisse sul destino degli uomini. Perciò iniziarono a studiare e osservare le stelle, i pianeti e i loro movimenti e ad assegnare loro nomi che sono in uso ancora oggi, come le costellazioni del Toro, del Leone e dello Scorpione.

LA LENTA FINE DEL POPOLO SUMERO

Dopo oltre un millennio di ricchezza e prosperità, intorno al 2350 a.C. per i Sumeri iniziò un lungo periodo che portò alla fine del loro ingegnoso popolo. Un popolo di nomadi del deserto invase la m esopotamia: per un primo periodo i due popoli riuscirono a vivere insieme, ma poi i Sumeri furono sconfitti in maniera definitiva.

I Sumeri erano però stati un popolo talmente innovatore, intelligente e attento alla realtà che li circondava che molte delle loro scoperte furono utilizzate dagli altri popoli che in seguito abitarono la m esopotamia.

Rappresentazioni degli astri e degli dèi

I BABILONESI

Mesopotamia

Di uno dei primi re babilonesi che regnarono su tutto il paese conosciamo una lunga iscrizione scolpita nella pietra. Si tratta di una delle raccolte di leggi più antiche del mondo: il Codice di Hammurabi. Anche se il nome di quel re sembra uscito da un libro di favole, le leggi erano invece molto serie, severe e giuste. Perciò vale la pena che tu tenga a mente quando visse Hammurabi, ovvero attorno al 1700 prima di Cristo, cioè 3.700 anni fa.

ERNST H. GOMBRICH, Breve storia del mondo , Salani

Nabucodonosor aveva fatto costruire nel palazzo reale dei giardini pensili , una delle sette meraviglie del mondo

La porta di Ishtar era la più famosa fra le otto porte della città

Ur Uruk Lagash
Mar Mediterraneo
Golfo
Persico
Tigri Eufrate
Babilonia

DOVE? QUANDO?

Le terre fertili della m esopotamia avevano attirato da sempre le popolazioni nomadi che vivevano nei deserti circostanti.

Dopo il 2000 a.C. alcune tribù guerriere arrivarono in m esopotamia: presero il potere e conquistarono le città dei Sumeri, dando vita a un nuovo popolo. La città di Babilonia, sulle sponde dell’ e ufrate, divenne la loro capitale.

QUALI ATTIVITÀ SVOLGEVANO?

In poco tempo i Babilonesi appresero tutto ciò che i Sumeri avevano scoperto: ereditarono la religione, la scrittura, le conoscenze scientifiche e tecniche. I Babilonesi si dedicavano all’agricoltura e alla pastorizia; impararono a costruire canali, dighe, chiuse e cisterne imitando i loro predecessori, e a utilizzare gli strumenti di misura per la divisione dei campi; commerciavano con paesi anche molto lontani.

Nell’attività artigianale i Babilonesi erano abili nella lavorazione dei metalli, delle stoffe, che avevano imparato a tingere, nella preparazione di cosmetici e di profumi.

La cinta muraria circondava tutta la città. Le mura erano così spesse che vi sarebbero potuti transitare sopra anche i carri

La ziggurat , dedicata al dio Marduk, era altissima

Il fiume Eufrate attraversava la città da nord a sud, dividendola in due parti

In campo medico praticavano la chirurgia: sapevano curare le infezioni e sistemare le ossa fratturate; erano inoltre capaci di preparare farmaci e medicine. Osservando con attenzione il cielo, riuscirono a disegnare una carta molto precisa della volta celeste e delle stelle; con l’osservazione della luna e delle sue fasi, divisero l’anno in 360 giorni e in 12 mesi.

Nelle loro città costruirono grandi palazzi e templi meravigliosi. A Babilonia abitavano probabilmente quasi un milione di persone: era una città grandissima! Anche Babilonia aveva una maestosa e altissima ziggurat, dedicata al dio m arduk: era alta sette piani, costruita in mattoni e decorata di piastrelle e smalto azzurro.

COME ERANO ORGANIZZATI?

La società

Il re era il capo della città e anche il sommo sacerdote. Il suo compito principale era garantire il benessere dei suoi sudditi: controllava i lavori, amministrava la giustizia, organizzava l’esercito.

La società si fondava su tre gruppi di uomini: c’erano gli uomini liberi più importanti (sacerdoti, funzionari, scribi, ufficiali dell’esercito), gli uomini liberi meno importanti (contadini, artigiani, mercanti, operai) e gli schiavi. m olti schiavi erano prigionieri di guerra, ma tra loro si potevano trovare anche cittadini babilonesi che erano diventati schiavi come punizione per colpe particolarmente gravi commesse o per debiti e povertà.

Un grande re: Hammurabi

Il più grande sovrano dei Babilonesi fu Hammurabi (regnò dal 1792 al 1750 a.C.). Hammurabi fu un uomo molto coraggioso: diede ordine al regno e organizzò un esercito forte e temuto dai popoli vicini. m a Hammurabi è ricordato soprattutto perché per primo fece incidere su una stele (lastra di pietra) alta più di 2 metri le leggi che regolavano la vita degli abitanti delle città babilonesi. Prima di allora, tutte le leggi e le norme si tramandavano oralmente: a volte venivano modificate o addirittura dimenticate. Ora invece, con il Codice di Hammurabi , il sovrano era sicuro che ciascuno conoscesse le leggi e che nessuno le potesse interpretare o modificare secondo il proprio interesse, perché erano scritte e visibili a tutti. Il Codice raccoglieva 282 regole che riguardavano tutti gli aspetti della vita.

Prevedeva per molti reati la condanna a morte e applicava la “legge del taglione”: occhio per occhio, dente per dente. Significa che per ogni colpa si subiva una pena uguale. m a poiché presso i Babilonesi gli individui non erano tutti uguali tra loro, la legge veniva applicata in modo diverso a seconda di chi

La stele di Hammurabi

La stele è alta 2,25 metri; venne trovata dagli archeologi nell’antica citta di Susa, dove giunse dopo essere stata sottratta da Babilonia.

Oggi è esposta al museo del Louvre a Parigi.

Nella parte superiore della stele c’è un bassorilievo che rappresenta il re, in piedi, che riceve da Shamash, il dio del sole e della giustizia, l’anello e il bastone, simboli del potere regale. Hammurabi riceve le leggi direttamente dagli dèi.

Nella parte inferiore della stele sono incise, a caratteri cuneiformi, le leggi. Essendo in buono stato di conservazione, lo scritto è completamente noto. Il testo è composto da circa 8000 parole scritte in 51 colonne, ciascuna con circa 80 righe.

GLI ASSIRI

Nel mio diciottesimo anno di regno attraversai l' ufrate per la sedicesima volta. Azael re di Damasco fiducioso nella forza del suo esercito radunò un gran numero di soldati… Combattendo contro di lui, gli inflissi una disfatta: con le mie armi sconfissi i 16.000 soldati del suo esercito, presi 1.121 carri, 470 cavalieri… Per salvarsi egli fuggì, ma io lo inseguii, lo rinchiusi in Damasco, sua città reale, distrussi i suoi giardini e proseguii la mia conquista fino… Distrussi innumerevoli città devastandole e bruciandole e presi tanto bottino… Dagli Annali di SALMANASSAR III , re d’Assiria

Mesopotamia
Ur Uruk
Lagash
Mar Mediterraneo
Golfo
Persico
Tigri
Eufrate
Babilonia
Ninive
Assur

DOVE? QUANDO?

Nel 1350 a.C. un popolo guerriero, gli Assiri, conquistò tutta la m esopotamia, sconfiggendo i Babilonesi. Questo popolo si era insediato ad Assur , una città che sorgeva sulla sponda occidentale del fiume Tigri.

COME ERANO ORGANIZZATI?

Un popolo di guerrieri

Gli Assiri erano un popolo guerriero, molto abile in battaglia. Avevano sfruttato e migliorato alcune delle invenzioni dei popoli loro vicini, ed erano considerati quasi invincibili. Nel loro esercito c’erano soldati a piedi e a cavallo, arcieri sui carri e persone specializzate nel costruire macchine da guerra: torri mobili in legno per dare l’assalto alle mura delle città nemiche e grosse travi di legno con la punta in metallo, gli arieti, per abbattere le porte. Il loro punto di forza erano i carri leggeri , trainati da cavalli, e le armi di ferro , resistenti e robuste.

Gli Assiri furono abilissimi costruttori e superarono perfino i famosi Babilonesi: costruirono palazzi e templi di dimensioni grandiose, ricchi di sculture imponenti e bassorilievi finemente eseguiti. In essi raffigurarono tutte le vittorie dei sovrani, che amavano vedere rappresentate le imprese più gloriose dei loro eserciti.

Guerrieri impegnati nella caccia al leone

Tanti sovrani assiri sono però diventati famosi anche per la loro crudeltà. e ssi dominarono con la forza e il terrore, saccheggiando e devastando vasti territori, incendiando villaggi e città, facendo strage della popolazione indifesa. Con questi sistemi spietati i sovrani assiri volevano scoraggiare le rivolte e intimorire i nemici che, al semplice annuncio dell’arrivo dell’esercito assiro, si sottomettevano senza combattere.

Gli Assiri conobbero il loro massimo splendore con il re Assurbanipal e gli trasferì la capitale da Assur a Ninive e ordinò che tutto il materiale scritto fino ad allora in m esopotamia fosse raccolto e conservato nel suo palazzo: nacque così la prima ricchissima e grandissima biblioteca della storia, che conteneva più di 25.000 tavolette di argilla incise con caratteri cuneiformi: tutto il sapere del tempo.

Antiche mura di Ninive

LA FINE DEL REGNO ASSIRO E IL RITORNO DEI BABILONESI

Nel 612 a.C. i Babilonesi, comandati dal loro re Nabucodonosor , distrussero la città di Ninive e l’impero assiro crollò definitivamente.

I Babilonesi ripresero il potere e il nuovo impero risultò ancora più grande e forte di quello di Hammurabi. Durante il suo regno, Nabucodonosor conquistò anche la Palestina e deportò a Babilonia come schiavi gran parte degli e brei. Con Nabucodonosor Babilonia divenne una città ancor più splendida di prima.

I giardini pensili che facevano parte del suo palazzo erano considerati una delle sette meraviglie del mondo: erano sistemati su terrazze coperte di terra e sorrette da volte di pietra. Un ingegnoso sistema d’irrigazione garantiva l’acqua necessaria alla crescita di alberi di grandi dimensioni.

METTITI ALLA PROVA

1. Rispondi alle domande.

Quale popolo «inventò» la scrittura? Quando?

Quali esigenze pratiche favorirono la nascita della scrittura?

Come si chiamava l’antica scrittura mesopotamica?

Perché si chiamava così?

Come si chiamavano coloro che conoscevano la scrittura?

Nell’antichità erano molti coloro che sapevano leggere e scrivere?

Perché?

La scrittura era utilizzata per

2. Ora immagina di essere uno scriba chiamato a corte da un sovrano babilonese. Descrivi il suo palazzo, le sue abitudine e la sua religione.

3. Osserva questa immagine:

Rappresenta un assiro. Cosa ricordi di questo popolo?

GLI EGIZI

Giza Menfi Mar Rosso

BASSO EGITTO ALTO EGITTO

Luxor Tebe

m arco, lo scorso Natale, mentre era in vacanza nel m ar Rosso, ha visitato la v alle dei Re, un luogo archeologico di grande interesse dove si trovano le tombe dei faraoni.

Le tombe erano ricche di immensi tesori e, anche se quasi tutti sono stati saccheggiati secoli fa, per molto tempo gli archeologi hanno sperato che qualche nascondiglio esistesse ancora e potesse essere scoperto.

Questo viaggio affascinante ha portato m arco a camminare lungo interminabili corridoi finché, entrando in una camera funeraria, è rimasto a bocca spalancata di fronte a una scena coloratissima: la parete di una tomba che si dice sia stata dipinta da Sennedjem, uno degli architetti del grande faraone Ramses II.

Si racconta che questo architetto, dopo aver finito di lavorare alla costruzione della tomba del faraone, rientrasse al villaggio per riposarsi. In questi momenti di pausa si dedicò allo scavo e alla decorazione della sua tomba, a dieci metri dalla casa in cui abitava. e ra il 1290 a.C. circa. Dipinse sulle pareti scene vivaci della vita di tutti i giorni. m arco ha capito dai disegni nelle tombe che gli e gizi avevano grande speranza di continuare a vivere oltre la morte facendo gli stessi lavori svolti nella vita terrena. Così ha cominciato a scoprire le abitudini di vita di un popolo molto attivo, di cui sono rimaste fonti visive straordinarie!

m arco ha fatto ritorno a casa con la mente carica di ricordi e immagini meravigliose, ma anche con tante domande che desiderava sottoporre alla sua maestra.

DOVE? QUANDO?

L’ e gitto si trova in Africa, è bagnato a nord dal m ar m editerraneo e a est dal m ar Rosso.

L’ e gitto si affaccia sul mare m editerraneo ed è circondato da deserti.

È una regione in cui piove poco e il calore del sole è intenso.

Il suo territorio è fertile e abitabile solo nella valle bagnata dal fiume Nilo. Il fiume Nilo scorre da sud a nord e sfocia con un ampia foce a delta nel m ar m editerraneo.

L’importanza del Nilo

La ricchezza e l’esistenza stessa dell’ e gitto dipendevano dal Nilo.

Per questo gli antichi scrivevano che l’ e gitto è dono del Nilo, poiché senza quel fiume la vita sarebbe stata impossibile.

Ogni anno, all’inizio dell’estate, cadevano abbondanti piogge nelle regioni montuose alla sorgente del Nilo.

Il fiume si ingrossava, trascinava terra fertile e allagava i terreni circostanti. Quando, alla fine dell’estate, le acque si ritiravano, sul terreno rimaneva un fango fertile e nero chiamato limo, che arricchisce il terreno e permette alle coltivazioni di crescere rigogliose.

A questo punto iniziava il lavoro dei contadini che cominciavano a seminare i campi mentre il terreno era ancora umido.

Il Nilo donava agli e gizi anche abbondante pesce. Inoltre qui vivevano numerose specie di animali selvatici come gli ippopotami, i coccodrilli, gli ibis e i falchi, che divennero nel tempo figure importanti per la civiltà egizia.

Il fiume Nilo

Lungo le sue sponde cresceva il papiro . Con questa pianta flessibile si costruivano corde, ceste, sandali e soprattutto un materiale su cui era facile scrivere e che assomigliava ai nostri attuali fogli. Le popolazioni che si stabilirono lungo le rive del Nilo, intorno al 3500 a.C. , si dedicarono all’agricoltura ottenendo abbondanti raccolti di frumento (da cui si ricavava il pane), orzo (con cui si produceva la birra), fichi e datteri

Egiziani in riva al Nilo, frammento di papiro

Costruirono numerosi villaggi che si unirono per compiere opere di interesse comune: dighe, argini, canali di irrigazione, per contenere meglio le acque del fiume ed evitare distruzioni. Poi gli uomini si divisero il lavoro: si scelsero dei capi e si organizzarono, ma ben presto cominciarono a farsi guerra tra di loro. Sorsero così due regni: il Basso Egitto , che comprendeva i villaggi nella zona del delta del Nilo, e l’ Alto Egitto , che si estendeva nella valle più a sud. Solo attorno al 3000 a.C. i due regni si unificarono. Li governava un unico re, m enes, chiamato faraone , che pose la capitale a m enfi.

Da quel momento gli storici dividono la storia egiziana in tre periodi:

z Regno Antico , in cui la capitale era m enfi.

In questo periodo furono costruite le piramidi; z Regno Medio , in cui la capitale fu spostata a Tebe; z Regno Nuovo , il più glorioso, in cui l’ e gitto divenne un grande impero.

In questo periodo regnarono Tutankhamon e Ramses II . Nel primo millennio a.C. iniziò la lenta decadenza dell’ e gitto. Nel 30 a.C. l’ e gitto divenne parte dell’Impero Romano.

Tavolette di Narmer Il personaggio al centro della prima tavoletta è Narmer, identificato con Menes, il primo faraone. Indossa la corona dell’Alto Egitto e impugna una mazza con cui sta per colpire un prigioniero. Davanti a lui il dio Horus, in sembianze di falco, artiglia una foglia di papiro simbolo del Basso Egitto sconfitto.

COME ERANO ORGANIZZATI?

L’Egitto, regno del faraone

A partire dal 3000 a.C. circa, l’ e gitto fu un unico , grande , regno posto sotto il controllo di un re, chiamato faraone

Il faraone era considerato un dio, il figlio del dio Sole : davanti a lui ogni uomo doveva inginocchiarsi con il volto a terra. Il potere del faraone era immenso: egli era il padrone di tutte le terre e di tutte le ricchezze dell’ e gitto e a lui spettavano tutte le decisioni. Aveva moltissimi compiti. Innanzitutto era il capo dell’esercito, poi doveva mantenere l’ordine e la pace nell’ e gitto e difendere il Paese dai nemici. Inoltre svolgeva la funzione di sacerdote e tra i suoi compiti aveva quello di compiere cerimonie per ringraziare il Nilo. Organizzava il lavoro agricolo, cioè decideva la costruzione di canali e bacini per ampliare le zone da coltivare. Doveva poi stabilire i tributi e organizzare la conservazione di grandi scorte di cibo nei magazzini per i periodi di carestia.

L’ e gitto era una monarchia , parola che significa “governo di una sola persona”. La monarchia egizia era ereditaria: alla morte di un faraone il trono passava a suo figlio o a un parente stretto.

Una successione di più re che si tramandano il potere per discendenza

LA MASCHERA DI TUTANKHAMON

Sulla fronte del faraone ci sono l’ureo, simbolo di potere del Basso Egitto, e l’avvoltoio, animale che rappresentava l’Alto Egitto.

Il nemes d’oro è interrotto da strisce trasversali fatte con pasta vitrea tinta di azzurro.

Anche per le sopracciglia è stata usata pasta vitrea.

Per gli occhi, tratti a parte, sono stati utilizzati ossidiana e quarzo.

Il corpo del faraone doveva essere d’oro e brillare come il sole, per assicurarsi la protezione divina.

La collana ha dodici fili concentrici, composti da frammenti di turchese, lapislazzuli, cornalina e amazzonite.

Una società “a piramide”

L’organizzazione della società

dell’antico e gitto era piramidale : più si scendeva nella scala sociale, più diminuiva il benessere e maggiore diventava il numero delle persone che ne facevano parte.

Gli scribi avevano il difficile compito di registrare tutti i documenti

Gli artigiani producevano armi, oggetti e strumenti; mercanti e battellieri trasportavano e commerciavano le merci

I contadini , quando non erano impegnati nell’agricoltura, lavoravano per le grandi opere pubbliche

Il faraone , re assoluto

Gli alti funzionari , primo tra tutti il visir , mediante i quali il faraone organizzava e dirigeva lo stato

I sacerdoti potentissima, interpretavano il volere degli dèi e celebravano i riti sacri I militari , al comando del faraone, combattevano per difendere il regno o per conquistare nuovi territori

Gli schiavi , prigionieri di guerra, erano costretti a svolgere i lavori più umili

IN CHE COSA CREDEVANO?

La religione

Gli antichi e gizi erano politeisti , cioè adoravano molti dèi. e rano un popolo molto religioso, la religione infatti era presente in tutti gli aspetti della loro vita. Per questo costruirono templi grandiosi in onore degli dèi. Potevano entrare solo il faraone e i sacerdoti mentre il popolo non poteva vedere la statua del dio e doveva pregare restando fuori. Le divinità venivano rappresentate con il corpo umano e la testa di un animale che ricordava l’ambiente in cui il dio viveva; ad esempio Anubi era rappresentato come uno sciacallo che viveva nel deserto, dove venivano seppelliti i morti.

Tra le divinità più importanti vi era Osiride , il dio degli Inferi.

Gli e gizi credevano che, dopo la morte, sarebbero stati interrogati dal tribunale degli dèi, composto da quarantadue giudici. Il giudice supremo, Osiride, presiedeva alla pesatura del cuore su una bilancia. Se il cuore risultava più leggero di una piuma, posta sull’altro piatto della bilancia, il defunto aveva detto la verità e avrebbe avuto la tranquillità eterna.

Tra le numerose divinità fu adorato in modo particolare Ra , il dio-sole. Tutti gli uomini si sentivano legati a lui, perché il calore, la luce e gli abbondanti raccolti dipendevano dal sole. Una caratteristica di Ra era quella di assumere vari aspetti: falco, ariete, uomo, scarabeo e perfino piramide.

Thot , protettore degli scribi
Horus , dio del Sole nascente
Osiride , giudice dei morti
Ra-Aton , dio del Sole
Amon , padre degli dèi
Anubi , dio dei morti

Vivere oltre la morte

Gli e gizi credevano che la vita continuasse anche dopo la morte e che l’anima restasse nel corpo con cui avrebbe cominciato in cielo una nuova vita, simile a quella vissuta sulla terra. Occorreva quindi mantenere intatto il corpo dei defunti, più a lungo possibile.

Per conservare i corpi gli e gizi inventarono la tecnica dell’ imbalsamazione .

e ra un procedimento molto complesso, riservato ai faraoni e alle persone più ricche, che durava settanta giorni. I corpi venivano svuotati delle viscere, cosparsi di oli profumati e avvolti in bende.

Così diventavano mummie

Queste erano poi collocate in sarcofagi , casse di forma umana dipinte a colori vivaci, che a loro volta venivano deposti nelle tombe.

Pesatura del cuore, dal Libro dei Morti

Qui venivano sistemati anche gli oggetti cari al defunto e tutto quello che poteva servire nell’aldilà: cibo, abiti, mobili. v enivano poste anche delle statuine che rappresentavano i servi del defunto pronti a risvegliarsi nell’aldilà, a obbedire agli ordini e a eseguire qualsiasi compito. I faraoni si facevano costruire tombe molto ricche e maestose, come le piramidi , o scavate nelle rocce. Le salme dei cittadini meno ricchi, invece, venivano fatte seccare per conservarle, poi erano avvolte nella tela e deposte in fosse scavate nel terreno o in caverne.

Riti di purificazione e preparazione per la sepoltura dei morti
Sarcofago di donna

Le piramidi

Le piramidi sono le maestose tombe che molti Faraoni si fecero costruire per dimostrare la loro superiorità rispetto al popolo. Le più note, e oggi meglio conservate, sono le piramidi di Giza e quelle dei faraoni Cheope , Chefren e Micerino . Per la loro costruzione gli e gizi usarono grandi blocchi di pietra che venivano trasportati lungo il Nilo con grandi chiatte e poi messe una sopra l’altra da migliaia di uomini. Completare una piramide poteva richiedere anche vent’anni di lavoro.

All’interno le piramidi nascondevano una serie di cunicoli, scale, stanze, ripostigli e magazzini; al centro c’era la tomba vera e propria, dove si deponevano il sarcofago del faraone, tutti i suoi tesori e gli oggetti a lui cari. In molti casi, però, tutte queste ricchezze sono andate perdute: i ladri ne hanno saccheggiate tantissime. Per questo vennero emesse leggi speciali che prevedevano pene tremende per chi fosse stato sorpreso a rubare nelle tombe.

A Giza si trova anche la grande sfinge. Ha la testa di uomo, simbolo dell’intelletto, e il corpo di leone, simbolo della forza. Il volto della sfinge

ormai è sfigurato, ma si pensa che rappresenti quello del faraone Chefren. Col passare del tempo, i faraoni non costruirono più le piramidi, troppo riconoscibili e di facile accesso. Scelsero allora una valle, nascosta nel deserto, difficile da raggiungere e ben sorvegliata dai soldati: la valle dei Re Qui le grandi e magnifiche tombe vennero scavate nella roccia e gli operai che vi lavoravano furono obbligati al segreto, pena la morte. Per questo alcune hanno custodito i loro tesori per migliaia di anni prima di essere scoperte dagli archeologi. Il ritrovamento più eccezionale fu quello della tomba del faraone Tutankhamon , nel 1922. È stato ritrovato il più ricco corredo funebre della storia: un tesoro composto da più di duemila pezzi, gran parte in oro.

Le piramidi e la Sfinge di Giza

A CHE COSA SI DEDICAVANO?

Esperti agricoltori

Grazie al Nilo l’agricoltura era l’attività principale. Gli e gizi coltivavano cereali e ortaggi . Non mancavano i vigneti per la produzione del vino, ma la bevanda più diffusa era la birra , ottenuta facendo macerare nell’acqua grano e pane e lasciandoli fermentare. Coltivavano anche il lino , che veniva usato per fabbricare tessuti per gli abiti.

Rappresentazione ritrovata nella tomba di Sennedjem

Le barche erano costruite con fasci di papiro strettamente legati e avevano la forma di una mezzaluna

I sarcofagi che dovevano contenere le mummie di persone di una certa importanza venivano dipinti da abili artisti

Le spighe di grano venivano tagliate con falci di legno dal manico corto

Si coltivava anche il lino che era usato per la tessitura; la raccolta si faceva strappando le piante prima che ingiallisse il gambo I contadini sceglievano con attenzione il momento della semina dei cereali e usavano l’aratro tirato dai buoi

Esperti navigatori

Il Nilo era per gli e gizi anche un’importante via di comunicazione e di commercio. e ssi divennero infatti molto esperti nel costruire imbarcazioni, sia quelle basse e larghe per trasportare gli enormi massi di marmo e pietre per la costruzione di edifici, sia quelle piccole utilizzate per la pesca.

COSA INVENTARONO?

I geroglifici

Gli e gizi inventarono un nuovo tipo di scrittura chiamata geroglifico (segni sacri) che utilizza migliaia di disegni per comunicare singole parole o azioni. I testi geroglifici venivano scolpiti o dipinti su monumenti o scritti su fogli di papiro, la pianta che cresce lungo il Nilo; si leggevano come i rebus perché rappresentavano idee. In seguito indicarono anche sillabe, lettere e frasi. Scrivere documenti con i geroglifici richiedeva lunghi anni di studio. Gli esperti della scrittura erano gli scribi , che all’interno della piramide sociale erano molto rispettati. Nella società egizia i documenti scritti erano importantissimi, quindi gli scribi non erano mai senza lavoro.

Modello di imbarcazione trovato in una tomba egizia

e ssi erano molto invidiati (non dovevano faticare sotto il sole) e godevano di grande rispetto. Per molti secoli la scrittura geroglifica rimase un mistero, finché nel 1799 venne ritrovata a Rosetta , nella zona del delta del Nilo, una stele . È una lastra di pietra su cui è inciso uno stesso testo sia in caratteri geroglifici sia nella scrittura greca, che si conosceva bene.

Fu lo studioso francese Champollion a tradurre la misteriosa scrittura egizia. Così è stato possibile leggere le numerosissime iscrizioni su tombe, monumenti e papiri che il clima asciutto del deserto ha conservato.

Scriba al lavoro
La stele di Rosetta
Abu Simbel, tempio di Ramses II

LE SCIENZE

I medici egizi erano famosi in tutto il mondo antico. Nei papiri sono descritte pratiche mediche molto avanzate: i tagli profondi erano cuciti, le fratture venivano immobilizzate e certe operazioni venivano praticate dopo la somministrazione di calmanti. Gli e gizi comprendevano l’importanza dell’igiene e della pulizia per prevenire le malattie. Svilupparono anche la matematica e la geometria , indispensabili per ristabilire le linee di proprietà dei campi dopo le piene del Nilo e per costruire edifici; studiarono inoltre l’ astronomia , che serviva per il calcolo del tempo.

ARTIGIANI E ARCHITETTI

Fra la popolazione egizia c’erano anche abili artigiani che lavoravano i marmi pregiati, l’ oro e le pietre dure . Creavano splendidi gioielli e oggetti preziosi. C’erano anche ingegnosi architetti che costruivano templi per gli dèi, palazzi per i faraoni e i loro funzionari, grandi tombe e monumenti

Calendario stellare

METTITI ALLA PROVA

1. Perchè la terra intorno al Nilo era fertile?

2. Quali sono i “doni del Nilo”? e lencane alcuni, poi scegline uno e parlane.

3. Chi c’era al vertice della società egizia? Riporta nella piramide le diverse e principali classi sociali.

4. Osserva l’immagine e racconta.

5. Completa.

Orizzontali

3. L’ e gitto è un dono del…

7. Pianta tipica del Nilo utilizzata in diversi modi

8. Nome dei simboli della scrittura sacra

10. Pesava il cuore su una bilancia

11. Dio dei morti

14. Gli e gizi credevano in tanti dèi, erano…

Verticali

1. v i si deponevano le mummie

2. m onumentali tombe faraoniche

4. Scienza antica che studia le stelle

5. Stele di… grazie alla quale è stata decifrata la scrittura egizia

6. Pianta utilizzata per estrarne materiale tessile

9. Tecnica per conservare il corpo dei defunti

12. I conoscitori della scrittura

13. Il primo tra i funzionari che aiutavano il faraone

15. Rende fertile la terra

GLI EBREI

⬛ la terra di Canaan

⬛ il viaggio di Abramo

⬛ verso l'Egitto

⬛ uscita dal paese d’Egitto

Il Signore disse ad Abramo: « v attene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra».

GENESI 12,1-3

DOVE? QUANDO?

Gli e brei erano in origine un gruppo di famiglie nomadi e vivevano in m esopotamia. Intorno al 1800 a.C. partirono dalla città di Ur; erano guidati da Abramo, il loro patriarca, che era a capo di tutte le famiglie riunite. Attraversarono il deserto e raggiunsero la Palestina, la terra che Dio aveva loro promesso.

Mar Mediterraneo
Ur
Harran
Gerusalemme
Monte Sinai
Egitto

UN POPOLO UNICO NELLA STORIA

Gli e brei non furono un popolo molto numeroso, non furono mai nemmeno potenti, non fondarono grandi imperi e non li ricordiamo per particolari scoperte o invenzioni.

Questo piccolo popolo, però, per un aspetto era unico nel mondo antico: mentre gli altri popoli erano politeisti, gli e brei credevano in un solo Dio. e rano pertanto monoteisti (dal greco monos = uno solo, unico e theos = dio). e ssi si rifiutavano di rendere onore a qualunque uomo o divinità che non fosse Jahvè , il Dio unico, creatore del cielo e della terra, che si era fatto conoscere da Abramo e con lui aveva stretto alleanza. La storia del popolo ebraico è dunque la storia dell’alleanza di Dio con l’uomo nel tempo.

L’ANTICO TESTAMENTO: LIBRO SACRO E FONTE STORICA

La nostra principale fonte per conoscere le vicende del popolo ebraico è l’Antico Testamento, una raccolta di quarantasei scritti che raccontano in modo diverso ciò che accadde agli e brei dall’inizio dei tempi fino alla nascita di Gesù.

Si tratta di libri allo stesso tempo sacri e storici, perché le vicende che narrano sono molto utili per ricostruire con esattezza la storia degli e brei, ma raccontano allo stesso tempo la prima rivelazione di Dio all’uomo.

Il Monte Sinai
Antico rotolo

L’INIZIO DELLA STORIA

DEGLI EBREI

L’ Antico Testamento racconta che Abramo , pastore a Ur, dopo una lunga migrazione si stabilì con la sua e molte altre famiglie nella terra di Canaan, intorno al fiume Giordano. e ra una terra fertile, dove gli e brei poterono vivere di allevamento e agricoltura. Abramo riunì le famiglie nomadi e ne costituì un popolo. Suo nipote, Giacobbe , chiamato anche Israele (che significa “forza di Dio”), ebbe poi dodici figli, ciascuno dei quali diede origine a una tribù . Da qui nacquero le dodici tribù che, da allora in avanti, costituirono il popolo di Israele.

Mosè guida gli Ebrei attraverso il Mar Rosso

Quando la terra di Canaan fu colpita da una grave carestia, Giacobbe e le altre famiglie emigrarono in e gitto, dove c’era cibo in abbondanza. In un primo tempo la convivenza fu pacifica, ma quando gli e brei divennero troppo numerosi, il faraone li rese schiavi. Gli e brei dovettero svolgere i lavori più umili e faticosi, sia nei campi sia nei cantieri per la costruzione dei grandi monumenti egizi. m a Jahvè non li aveva dimenticati e mandò un uomo, Mosè (che in egiziano significa “salvato dalle acque”), per farli uscire dal paese d’ e gitto. Dopo molti anni di spostamenti nei territori desertici tra e gitto e Palestina, finalmente gli e brei riuscirono a tornare a Canaan. Durante questo lungo viaggio, mai Jahvè abbandonò il suo popolo.

Sul monte Sinai m osè ricevette da Dio i Dieci Comandamenti, scritti su tavole di pietra, che da quel giorno divennero le leggi scritte per tutto il popolo ebraico.

I RE D’ISRAELE

Giunti a Canaan intorno al 1020 a.C., gli e brei scelsero un re che li guidasse in battaglia contro i Filistei che occupavano la loro terra. Il primo re fu Saul, dopo di lui Davide , che sconfisse i nemici e riunì le dodici tribù in un unico regno. La capitale fu posta a Gerusalemme. Con il re successivo, Salomone, Gerusalemme divenne una città bella e ricca. e gli fu un re saggio, e la sua sapienza attirava alla sua corte chi desiderava consigli e aiuto.

Durante il suo regno fece costruire un grandissimo tempio per custodire il segno dell’alleanza di Jahvè col popolo ebraico: l’ Arca dell’Alleanza ,

Gerusalemme nel I secolo d.C. Il Tempio domina la città

che conteneva le Tavole dei Dieci Comandamenti . e ssa era custodita in un luogo accessibile solo ai sacerdoti, illuminato perennemente da un candelabro d’oro a sette bracci, la menorah. Secondo la tradizione, essa simboleggia i sette giorni della Creazione.

LA DIVISIONE DEL REGNO

Alla morte di Salomone, il regno fu diviso in due parti e venne conquistato prima dagli Assiri, poi dai Babilonesi. Nel 587 a.C. il re Nabucodonosor si impadronì di Gerusalemme, distrusse il Tempio di Salomone e deportò gli e brei a Babilonia, dove vissero in schiavitù. Quando i Persiani espugnarono Babilonia, il loro re, Ciro , permise agli e brei di tornare in patria; essi ricostruirono Gerusalemme e il Tempio. Da allora, la storia del popolo ebraico è sempre stata legata a quella dei popoli che, di volta in volta, lo sconfissero e lo conquistarono: dopo i Persiani, il greco Alessandro m agno e poi i Romani. Anche se sottomessi ad altri popoli, però, gli e brei non vennero mai meno alla loro storia e alla loro tradizione: la fede in Jahvè e l’attesa del suo regno li tennero e li tengono uniti ancora oggi.

La

menorah, candelabro a sette bracci

METTITI ALLA PROVA

1. Cerchia la terra in cui si trasferì Abramo e scrivi il nome: ;

Scrivi il nome del fiume che vi scorre:

Sottolinea la capitale del regno.

2. Scrivi il nome di una fonte storica utilizzata dagli studiosi per ricostruire la storia degli e brei.

Mar Mediterraneo
Ur
Harran
Gerusalemme
Monte Sinai
Egitto

3. Scrivi il nome dei seguenti oggetti e qualche informazione su di loro.

4. La religione

Spiega perché gli e brei nella religione sono diversi da tutti gli altri popoli conosciuti quest’anno.

UN NUOVO SPAZIO GEOGRAFICO: IL MEDITERRANEO

Finora hai studiato civiltà che si sono sviluppate nella m ezzaluna Fertile grazie alla presenza di fiumi che rendevano fertile il terreno e permettevano un’abbondante produzione di cibo.

Dai loro villaggi gli uomini fondarono città, coltivarono la campagna, si organizzarono e diedero vita alle prime civiltà.

Ora il nostro sguardo si sposta più a ovest, sulle rive del m ar m editerraneo.

Qui il territorio forniva all’uomo risorse diverse per vivere. Il terreno era più aspro, meno fertile; non c’erano grandi fiumi, le pianure erano molto ridotte. L’agricoltura era poco sviluppata. Si potevano allevare gli animali, ma non quelli

Cnosso
Micene GRECIA
CRETA
ITALIA
Mar Mediterraneo

che avevano bisogno di molto foraggio: quindi era meglio allevare gli ovini che i bovini! In questi luoghi la vita potrebbe sembrare più difficile, ma c’era una grande risorsa naturale che gli altri popoli non avevano: il mare.

Dal mare si poteva estrarre il sale; nel mare si poteva pescare, ma soprattutto viaggiare, incontrare altri popoli e scambiare le proprie merci. Inoltre il clima era più favorevole. Tutte le civiltà che nacquero sulle rive del m editerraneo sfruttarono quindi la grande risorsa dell’azzurro mare per vivere sempre meglio. Tra tutte le popolazioni che incontrerai quest’anno, daremo molto spazio ai Greci, perché la loro civiltà è alla base del nostro modo di vivere.

Gerusalemme
Biblo CIPRO
FENICIA
PALESTINA
EGITTO
Sidone
Tiro
Giordano
Nilo
Tigri

I FENICI

Una scoperta eccezionale

2700 anni fa, al largo della costa spagnola. Un temporale estivo, forse una tempesta, affonda una nave fenicia che è salpata da poco dal vicino emporio per tornare verso la madrepatria.

È carica di lingotti di ossido di piombo, che i minatori hanno preparato per i commercianti fenici. Chissà cosa hanno portato dalla loro terra per barattare quel metallo prezioso!

2700 anni dopo, nel 1991, un subacqueo si immerge in quelle acque cristalline e, osservando bene il fondale, scopre il relitto. Si susseguono gli scavi archeologici, che permettono di salvare la nave e il suo carico.

Nel mese di novembre del 2024 il relitto m azarròn II viene recuperato e sarà preparato per essere esposto a tutti coloro che vorranno vederlo in un nuovo museo, proprio a m azarròn.

La scoperta è stata importantissima, perché permette di capire meglio come i Fenici costruivano le loro navi. La chiglia era in legno di cipresso, l’intelaiatura in legno di fico, entrambi molto robusti. Lo scafo era in legno di pino, più elastico, e le parti più piccole che servivano per le manovre in legno di olivo. La muoveva una grande vela, issata su un albero di cui resta l’incastro sul fondo della nave.

Anche il carico è molto interessante: i lingotti di ossido di piombo ci fanno capire che i Fenici cercavano soprattutto metalli, che scarseggiavano nella loro terra.

CIPRO
FENICIA
Biblo
Sidone
Tiro
Giordano
Nilo

DOVE? QUANDO?

Veduta della costa di Beirut, in Libano

La Fenicia era una striscia di terra lunga e stretta, chiusa tra le montagne del Libano e il m ar m editerraneo. Sulle montagne c’erano boschi di cedri e di pini marittimi. In alcuni punti le montagne giungevano fino al mare, diventando alte scogliere; tra le montagne si estendevano valli fertili e strette, attraversate da numerosi fiumi e coltivate da abili agricoltori che qui si erano stabiliti intorno al 1200 a.C.

CHI?

La parola “Fenici” deriva dal nome con cui i Greci chiamavano questo popolo. Foinix significa “rosso” e probabilmente indica la porpora, un prezioso colorante che i Fenici producevano e commerciavano.

COME ERANO ORGANIZZATI?

I Fenici fondarono importanti città come Sidone , Tiro e Biblo , tutte affacciate sul mare. Il territorio fenicio, però, era prevalentemente montuoso e per questo le città erano isolate e autonome. Anche per loro usiamo il termine “città-stato”, come per i popoli della m esopotamia. Ogni città era amministrata da un re o un governatore, chiamato sufeta .

I Fenici non riuscirono mai a creare uno stato unitario.

QUALI ATTIVITÀ SVOLGEVANO?

Navigatori e commercianti

I Fenici possedevano una grande ricchezza: il legname dei loro boschi, soprattutto il legno dei cedri del Libano e ra un legno prezioso, robusto e profumato, e tanti popoli desideravano comprarlo per utilizzarlo nei loro edifici. Per il suo profumo era utilizzato soprattutto nei templi: anche re Salomone lo

usò per costruire il primo tempio di Yahvè. I Fenici inoltre erano capaci di coltivare viti, grano e palme da dattero. Quando la popolazione aumentò, dovettero però rivolgersi ad altri popoli per acquistare cibo sufficiente. Allora i Fenici iniziarono a costruire con il loro legname navi grandi e robuste che potessero affrontare lunghi viaggi e trasportare carichi pesanti. Nella parte anteriore della nave i Fenici dipingevano due grandi occhi in segno di buon auspicio: era come se la nave fosse un essere vivente e riuscisse ad avvistare i pericoli e quindi a evitarli. Le navi da trasporto erano più larghe, mentre quelle da guerra erano strette e veloci, con due file di remi, una a destra e una a sinistra. Per questo erano chiamate biremi.

Una delle merci che i Fenici commerciavano maggiormente era il sale . Il sale era molto importante nell’antichità, perché permetteva di conservare a lungo i cibi che diversamente rischiavano di marcire, come la carne o il pesce. I Fenici avevano dunque costruito saline in tutto il m editerraneo.

Le colonie

Ecco un cedro del Libano. È un albero molto alto, robusto, che cresce sulle montagne della Fenicia

Per i loro commerci i Fenici ben presto iniziarono a intraprendere lunghi viaggi, durante i quali avevano bisogno di rifornirsi di cibo e acqua. Costruirono allora lungo le loro rotte dei piccoli scali commerciali, dei porti e dei magazzini. Qui sostavano durante la navigazione, si rifornivano del cibo e dell'acqua necessari e allo stesso tempo commerciavano con i popoli indigeni. Col passare del tempo, intorno a questi porti crebbero delle città, dove andarono a vivere famiglie fenicie. Questi nuovi insediamenti furono chiamati colonie . In queste città si parlava la lingua dei Fenici, le abitudini e le tradizioni erano quelle della città di provenienza. I Fenici fondarono colonie in Sicilia, in Sardegna, sulle coste dell’Africa Settentrionale e in Spagna. Alcune di esse sono poi diventate grandi città, come Palermo, Cagliari, Cartagine (oggi Tunisi), Cadice. Ogni colonia ha avuto una storia diversa, perché i Fenici mescolarono le loro tradizioni e i loro usi a quelli delle popolazioni che già abitavano in quei luoghi. Salina in Sicilia

Il mare era tanto importante per i Fenici da raffigurarlo sulle monete: puoi vedere una nave e un mostro marino

Esploratori

Nei loro viaggi commerciali alla ricerca di cibo e metalli, i Fenici cominciarono a navigare per tutto il m ar m editerraneo.

Così divennero esperti marinai, tanto esperti che per primi superarono lo Stretto di Gibilterra e circumnavigarono l’Africa.

Navigavano soprattutto di giorno seguendo la costa; di notte si orientavano con le stelle dell’Orsa m inore. Si accorsero che c’era una stella che era sempre situata a nord ed era visibile in ogni stagione dell’anno: era la Stella Polare Con essa ci si poteva orientare anche di notte: i Fenici furono quindi i primi uomini a solcare il mare anche al buio.

Le rotte commerciali dei Fenici nel Mediterraneo

Artigiani

Mar Mediterraneo

Tiro

EGITTO

I Fenici erano abili nel produrre piccoli oggetti di terracotta, metallo e avorio, facili da trasportare per essere scambiati o venduti.

Impastavano le fini sabbie delle loro spiagge e producevano collane di vetro colorato, con caratteristici pendenti a forma di testa umana: credevano fossero amuleti per tenere lontani gli spiriti malvagi.

Soprattutto i Fenici erano famosi nell’antichità per la produzione della porpora. La porpora è un colorante che veniva ricavato da un mollusco, il murice , abbondante nel mare della Fenicia. e ra utilizzato per tingere i tessuti: aumentando o diminuendo la quantità si ottenevano varie tonalità di colore, dal rosa pallido al rosso intenso, al viola.

La porpora era un colorante per stoffe molto pregiato e ricercato, veniva richiesto persino dai re di Assiria. Per ottenere un solo grammo di questo colorante occorrono più di duemila conchiglie!

Biblo
CIPRO
Sidone
FENICIA

In questo disegno puoi vedere le fasi di lavorazione della porpora Prima si rompevano i molluschi e li si immergeva in grandi vasche di acqua salata; poi si bolliva il tutto in contenitori di piombo. I tessuti immersi nel colorante venivano infine stesi al sole ad asciugare

L’alfabeto fenicio

I mercanti fenici, che commerciavano per tutto il m editerraneo, avevano bisogno di tener nota dei prezzi e della quantità di oggetti venduti. Li annotavano su tavolette d’argilla e su fogli di papiro. La scrittura cuneiforme e quella geroglifica però erano molto complicate, perché erano formate da centinaia di segni. Inoltre solo gli scribi sapevano scrivere. I Fenici allora cominciarono a utilizzare e diffondere una scrittura molto più semplice, che utilizzava solo 22 segni. Ogni segno (lettera) identificava un suono della voce umana. Con quei 22 segni si poteva scrivere ogni parola pronunciata dall’uomo. Si tratta del primo alfabeto fonetico (dal greco phonè : voce), che sostituì poco alla volta pittogrammi e ideogrammi.

I Fenici scelsero i segni pensando alle parole che iniziavano con quel suono. Così la lettera aleph prese come segno una testa di toro stilizzata, perché aleph in Fenicio significava “toro”; beth significava “casa”, e scelsero un segno che ricordasse una casa, e così per tutti gli altri segni. È come se nella lingua italiana un albero identificasse il suono “A” perché con quel suono inizia la parola “albero”.

IN CHE COSA CREDEVANO?

Ogni città fenicia aveva divinità, feste e culti diversi. Alcuni degli dèi più importanti e comuni all’intero popolo fenicio erano El , il dio supremo, creatore di tutte le creature; Baal , dio guerriero del vento e della pioggia; Anat , dio della violenza e della guerra; Astarte , dea della bellezza. I luoghi di culto erano recinti all’aperto, con al centro una piccola cappella e l’altare per i sacrifici.

aleph beth gimel daleth he waw zayin heth A B C, G D e F, U z H

teth yod kaph lamed mem nun samekh ayin T

METTITI ALLA PROVA . FENICI

1. Dopo aver letto la storia dei Fenici, prova a rispondere sul quaderno a queste domande:

z Quali risorse naturali avevano a disposizione i Fenici?

z A quali attività si dedicarono maggiormente?

z Perché fondarono colonie lontano dalla loro patria?

z Quali attività svolgevano?

z Perché il loro sistema di scrittura è così speciale?

2. Leggi e rispondi alle domande. Libro I v. «La Libia [l’Africa] risulta che sia circondata dal mare, tranne che per il tratto in cui confina con l’Asia: il primo a dimostrarlo, a nostra conoscenza, fu Neco, re dell’ e gitto, il quale fece partire dei Fenici su delle navi, ordinando loro di passare, sulla rotta del ritorno, attraverso le colonne d’ e racle fino a giungere nel mare settentrionale e così in e gitto. I Fenici quindi, partiti dal m are e ritreo [ m ar Rosso], navigavano nel mare meridionale [Oceano Indiano]: quando veniva l’autunno, sbarcavano e seminavano la terra in quel punto della Libia dove, di volta in volta, erano arrivati nel corso della navigazione, e attendevano il tempo della mietitura; dopo il raccolto, riprendevano il mare, cosicché, trascorsi due anni, durante il terzo doppiarono le colonne d’ e racle e approdarono in e gitto. e raccontavano – cosa che per qualcun altro può essere credibile, ma non per me – che mentre circumnavigavano la Libia avevano il sole a destra. Così si seppe per la prima volta com’è fatta la Libia.

«Quando i Fenici si recano presso di loro, scaricano le proprie mercanzie, le dispongono in ordine lungo la spiaggia e, tornati sulle navi, innalzano un segnale di fumo: allora gli abitanti del luogo, vedendo il fumo, accorrono al mare, depongono dell’oro in cambio delle merci e poi si ritirano, lasciando lì le merci stesse. I Fenici sbarcano, esaminano l’oro e, se appare loro adeguato al valore delle merci, lo prendono e se ne vanno; altrimenti risalgono sulle navi e aspettano: gli indigeni si avvicinano e aggiungono altro oro, finché non li hanno accontentati. Non cercano di imbrogliarsi a vicenda: né gli uni toccano l’oro prima che abbia raggiunto a loro avviso un valore equivalente a quello delle merci, né gli altri toccano le merci prima che i Cartaginesi abbiano preso l’oro».

Dal racconto dello storico greco ERODOTO

z I Fenici sono considerati i migliori navigatori dell’antichità. Leggendo i due testi, secondo te perché navigavano?

z Quali caratteristiche dei navigatori fenici si possono dedurre dai due testi?

METTITI ALLA PROVA . PRIME CIVILTÀ

1. Le civiltà che hai studiato l’anno scorso e queste prime civiltà del m editerraneo si sono sviluppate tra il quarto e il primo millennio a.C.

Hai imparato che un millennio comprende anni, cioè secoli.

2. Prova a inserire le date corrette contando il tempo all’indietro:

z Il primo millennio comprende gli anni dal 1000 all’1 a.C.

z Il secondo millennio comprende gli anni dal al a.C.

z Il terzo millennio comprende gli anni dal al a.C.

z Il quarto millennio comprende gli anni dal al a.C.

3. Ora prova a rispondere:

z Biblo si cinge di mura nel 1300 a.C. Siamo nel m illennio.

z 3150 a.C. Ur è un grande città dei Sumeri. Siamo nel m illennio.

z I Fenici fondano la colonia di Cartagine nell’814 a.C. Siamo nel m illennio.

Ti svelo un trucco : per individuare subito il millennio corretto, guarda la cifra delle migliaia e aggiungi 1!

3750 a.C. 3 migliaia 4° m illennio

Allo stesso modo funziona per i secoli, basta considerare la cifra delle centinaia:

814 a.C. 8 centinaia 9° secolo.

I CRETESI (O MINOICI)

Mar Egeo

Micene

RODI

ISOLE CICLADI

Cnosso

Festo CRETA

Mar Mediterraneo

C’era una volta, sull’isola di Creta, un re, m inosse, che aveva tentato di ingannare il dio Poseidone. Poseidone, infuriato, aveva deciso di punirlo in modo terribile facendo innamorare la moglie del re, Pasifae, di un gigantesco toro bianco. Dai due era nato un figlio mostruoso, una creatura il cui nome era m inotauro, che camminava su due zampe, ma aveva gambe e braccia coperte di pelo, una coda e una gigantesca testa da toro. Il re m inosse non poteva certo tenerlo con lui a palazzo: lo nascose in un labirinto sotterraneo costruito dall’inventore Dedalo. In quell’epoca la città di Atene era sottomessa a Creta ed era costretta a inviare ogni anno sette fanciulli e sette fanciulle affinché il m inotauro potesse nutrirsi di carne umana. Teseo, giovane e audace figlio del re di Atene e geo, si recò a Creta per sconfiggere il m inotauro e spezzare questa infinita catena di sacrifici umani. Si imbarcò e giunse a Creta con i giovani da sacrificare. Arianna, figlia del re m inosse, si innamorò di lui e insieme escogitarono un modo per liberare Atene dal m inotauro. In cambio Teseo promise alla dolce Arianna che l’avrebbe sposata. Teseo si legò al polso un filo, penetrò nel labirinto, sconfisse il m inotauro e lo uccise. Seguendo il filo a ritroso, poi, uscì dal labirinto. Una volta salvo, però, Teseo non poté mantenere la promessa perché aveva già una moglie. Abbandonò Arianna sull’isola di Nasso dove il re Dioniso la trovò e la prese in sposa. Gli dèi punirono Teseo per il suo inganno. Partendo da Atene Teseo aveva promesso a suo padre e geo che avrebbe issato sulla nave vele bianche se fosse tornato vincitore; le vele sarebbero state invece nere in segno di lutto se non ce l’avesse fatta. m antenne la promessa ma una tempesta furiosa lo colse d'improvviso e un fulmine strappò le vele bianche. Il giovane fu costretto perciò a mettere le vele nere per tornare a casa. Suo padre, avvistando la nave da lontano, credette che il figlio non fosse riuscito nell’impresa e disperato si gettò dalla scogliera affogando nel mare che da allora fu chiamato con il suo nome: m ar e geo!

SILVIA BENNA ROLANDI , Dei ed eroi dell'Olimpo , Dami

DOVE? QUANDO?

L’ isola di Creta è un’isola prevalentemente montuosa e ricca di foreste, posta al centro del m editerraneo orientale, al largo delle coste della Grecia. Ha molte insenature e golfi, adatti a proteggere le navi durante la navigazione. Sull’isola di Creta tra il 2500 e il 1450 a.C. si sviluppò la prima civiltà europea, la civiltà cretese . Gli storici la chiamano anche minoica , dal nome di m inosse, mitico re di Creta. La sua storia è narrata in tanti miti greci.

Creta ha un bellissimo mare, ma ha coste abbastanza brulle e con vegetazione scarsa

COME ERANO ORGANIZZATI?

Il popolo cretese viveva in città autonome, prive di mura, poiché la posizione naturale dell’isola permetteva alle navi cretesi di controllare le coste dal mare. Ogni città era governata da un re, che era responsabile della vita religiosa e della giustizia.

Le città più importanti erano Cnosso e Festo, dove gli archeologi hanno ritrovato imponenti resti di splendidi palazzi.

Questa è la sala del trono di Cnosso. Si possono vedere il trono del re in pietra, delle panche per la corte e sulle pareti affreschi con animali e vegetazione

Le case sorgevano intorno al palazzo del re, che con le sue bellissime decorazioni mostrava a tutti la ricchezza del suo proprietario. Il più grande di tutti era il palazzo di Cnosso, costituito da oltre 1.500 stanze collegate per mezzo di passaggi molto complicati. Nel palazzo c’era un grande cortile centrale su cui si aprivano diversi ambienti, distribuiti su vari piani: oltre alla sala del trono e agli appartamenti reali, riccamente decorati con affreschi meravigliosi, vi erano santuari, uffici, laboratori, granai, magazzini, nei quali arrivavano merci di ogni tipo, sia dalla campagna che da oltre mare.

La bellezza delle decorazioni sulle pareti del palazzo è straordinaria. Sono raffigurate scene di danza, paesaggi, piante, animali, scene di pesca e di gare sportive.

Una ricostruzione del palazzo di Cnosso, con le sue moltissime stanze in edifici a più piani intorno a un grande cortile

sala del trono

magazzini

cortile centrale

ingresso meridionale

terrazza panoramica appartamenti reali

QUALI ATTIVITÀ SVOLGEVANO?

Marinai

La posizione di Creta, al centro del m editerraneo, favoriva soprattutto le attività marinare. Nell’antichità, quando si viaggiava per mare, si costeggiava quasi sempre la riva; non ci si avventurava volentieri in mare aperto. Se era possibile, alla sera si sbarcava a terra; i marinai lanciavano l’ancora oppure tiravano la nave in secca sulla spiaggia e all’alba ripartivano. Inoltre si navigava solo nella bella stagione.

I Cretesi invece dominavano l’intero bacino mediterraneo. Le loro navi si spingevano tra le isole dell’ e geo e verso le coste della Fenicia e della Palestina, toccavano i porti egiziani e arrivavano fino all’Italia meridionale. e ra un grande impero marittimo, fondato sui commerci. I Cretesi commerciavano ciò che producevano nella loro terra, olio e vino. Soprattutto però trasportavano sulle loro navi i prodotti di altri popoli, come le spezie, il grano, i metalli, e li scambiavano con le diverse popolazioni.

Una nave cretese su un affresco dell’isola di Thera. Come vedi i marinai utilizzano sia la vela, sia i remi

Artigiani e agricoltori

I Cretesi erano veri maestri della ceramica

Gli artigiani davano forma a vasi di dimensioni e forme diverse, dalle pareti sottilissime, decorati con pitture o a rilievo, con motivi vegetali e animali. Sceglievano figure ispirate al mare, com’era naturale per un popolo che aveva fondato sul mare la vita e la fortuna.

La terra dell’isola di Creta era ricca, perciò venivano coltivati olivo e vite. Olio e vino venivano poi venduti in abbondanza.

IN CHE COSA CREDEVANO?

I Cretesi hanno decorato questo grande vaso con un animale marino, una specie di piovra. Il loro legame con il mare era davvero forte!

Presso i Cretesi la principale divinità era la Grande Dea Madre , signora della terra, del mare e dell’oltretomba, protettrice degli uomini e della fecondità dei campi. e ssa era raffigurata con due serpenti in mano e per questo chiamata “Dea dei Serpenti”; spesso le era rappresentato accanto un dio maschile con l’aspetto di toro. Il toro per i Cretesi era l’animale sacro per eccellenza. Alcuni affreschi descrivono il rito di passaggio al quale dovevano sottoporsi i giovani cretesi per dimostrare di essere diventati adulti: durante una cerimonia religiosa, dovevano compiere evoluzioni affrontando un toro selvaggio, dimostrando abilità, destrezza e sangue freddo.

Su questo affresco cretese è raffigurata l’evoluzione di un ragazzo sopra la schiena di un toro, per dimostrare il suo coraggio. Nota ancora il colore della pelle: nell’arte antica le donne hanno sempre la carnagione chiara, i maschi scura

COSA INVENTARONO?

I ritrovamenti archeologici testimoniano che i Cretesi utilizzarono due diversi metodi di scrittura. Inizialmente

scrivevano con una scrittura geroglifica: il famoso disco di Festo, ad esempio, riporta una serie di disegni impressi sulla superficie di terracotta. Poi iniziarono a usare una scrittura più semplice, chiamata dagli storici

Lineare A . Questa scrittura non è stata ancora decifrata, né si conosce la lingua dei Cretesi. Il disco di Festo

LA FINE DEL POPOLO CRETESE

Per più di mille anni i Cretesi vissero ricchi e tranquilli nella loro isola e nei porti con cui commerciavano. Improvvisamente, dalla metà del II millennio a.C., le loro città divennero più deboli, finché la loro civiltà scomparve.

Dedalo e Icaro

C’era sull’isola di Creta una sola persona capace di costruire il palazzo in cui doveva essere rinchiuso il m inotauro: Dedalo, il costruttore. Per questo, quando il suo lavoro fu finito, il re m inosse decise di rinchiuderlo con suo figlio Icaro: doveva evitare che Dedalo raccontasse a qualcuno come fosse fatto il labirinto. m a quell'uomo ingegnoso non si perse d'animo: costruì delle ali resistenti per sé e per il figlio Icaro, per volare via dall'isola di Creta. Le costruì con penne di uccelli intrecciate e legate con la cera. Poi inserì cinghie di cuoio per adattarle alle spalle e al petto.

Prima di spiccare il volo, diede istruzioni al figlio: «Icaro, figlio mio, mi raccomando: ora voleremo via da qui, ma devi stare attento. Segui la mia rotta. Se volerai troppo in alto il sole scioglierà la cera. Se planerai troppo in basso l’umido del mare appesantirà le piume!».

Un bel mattino padre e figlio si lanciarono dalla scogliera a picco sulle onde. m eraviglia! Le ali battevano l’aria e i due solcavano il cielo. I pescatori nelle barche caddero in ginocchio: li avevano scambiati per divinità. Dedalo guidava il volo in direzione dell’Occidente. Per un po’ Icaro obbedì ai comandi; poi si sentì pronto al grande balzo: « v oglio conoscere il segreto del sole!» gridò. m a la sua voce si perse nel vento; Dedalo non la udì.

A lungo gli storici si sono chiesti cosa fosse successo. Poi gli studiosi hanno capito che la causa iniziale di questa decadenza era stata una grande catastrofe naturale. Sull’isola di Thera (oggi Santorini) un grande vulcano era esploso, causando una serie di terremoti e di maremoti che avevano sconvolto le coste di Creta con onde alte fino a 50 metri.

Le città cretesi avevano subìto distruzione e morte, la terra era rimasta improduttiva a lungo, la popolazione doveva pensare alla sopravvivenza e smise di navigare e commerciare.

Probabilmente giunsero dal mare altre popolazioni che conquistarono l’isola, già molto indebolita, e presero il posto dei Cretesi nel controllo del mare e delle rotte commerciali.

MINO MILANI , La storia di Dedalo e Icaro , Einaudi Ragazzi

METTITI ALLA PROVA . LAVORIAMO SULLE PAROLE

1. Come sai, ogni mito nasconde una parte di verità storica, delle informazioni importanti che si sono tramandate nel tempo, e vi aggiunge poi degli elementi fantastici.

Rileggi il brano su Teseo e il m inotauro: secondo te, quali elementi della civiltà cretese sono reali e cosa è stato aggiunto nel racconto?

2. Secondo il mito del m inotauro, il “labirinto” era un palazzo con tante stanze, corridoi ciechi, scale, talmente intricati che ogni giovane ateniese si perdeva e diventava preda del mostruoso figlio di m inosse. Anche oggi questa parola, “labirinto”, si usa per indicare un edificio tanto grande che è facile perdersi.

Prova a comporre una bella frase che utilizzi “labirinto” secondo questo significato.

A volte la stessa parola viene usata in modo figurato, per indicare una situazione complicata da cui non si riesce ad uscire.

Prova a comporre una bella frase che utilizzi “labirinto” secondo questo significato.

Il Labirinto di Creta, secondo il mito, fu costruito dall’architetto Dedalo. In Italiano, la parola “dedalo” viene usata a volte con lo stesso significato di “labirinto”.

Prova a comporre una bella frase che utilizzi “dedalo” secondo questo significato.

I MICENEI

«Da grande farò…». Chi di noi, da piccolo, non ha detto questa frase almeno una volta? Un giorno il papà di Heinrich gli raccontò le storie degli antichi m icenei, le storie della Guerra di Troia, e lui disse: «Quando sarò grande andrò in Grecia a cercare Troia e le città dei m icenei». Heinrich Schliemann aspettò molti anni, durante i quali lavorò duramente. Imparò molte lingue e divenne molto ricco.

Divenne tanto ricco che, a 46 anni, smise di lavorare e si dedicò al suo sogno: partire per la Grecia alla ricerca delle città dei m icenei descritte nell’ Iliade e nell’ Odissea . Dovette impegnare molte ricchezze, molta fatica e tempo, ma seguendo le descrizioni dei due libri scoprì le rovine dell’antica Troia. e ra convinto che i fatti raccontati in quelle pagine non fossero fantasie, ma che fossero accaduti davvero. e aveva ragione!

Poi si mise alla ricerca della tomba del re Agamennone a m icene. La grande città era già stata portata alla luce da altri archeologi, ma nessuno aveva ancora trovato le tombe reali. Schliemann anche questa volta spese una fortuna per ingaggiare molti operai e individuò delle grandi sepolture. All’interno, nel buio illuminato solo da una fioca luce che proveniva dalla sua lampada, vide brillare un volto. Brillava di una luce intensa, quasi abbagliante. Schliemann scoprì che i re di m icene erano stati sepolti con indosso una maschera funebre, tutta d’oro. Sopra erano incisi i lineamenti dei loro volti. Quando inviò un telegramma all’Imperatore di Germania per comunicargli la sua scoperta scrisse: «Oggi ho visto in faccia il re Agamennone»!

Questa maschera d’oro, nota come la maschera di Agamennone, è stata trovata nelle tombe reali di Micene. Veniva posta sul viso del defunto e ne prendeva l’aspetto. In questo modo oggi possiamo vedere il volto di un miceneo, come in una fotografia

Mar Mediterraneo
Mar Egeo
Micene
Pilo
Tirinto
Sparta
Troia

DOVE? QUANDO?

Intorno al 2000 a.C. un popolo che proveniva da Oriente, gli Achei , giunse in Grecia. Si stabilì nella penisola del Peloponneso , nella regione dell’Argolide. Qui gli Achei crearono numerosi regni e diedero vita a una civiltà che viene chiamata micenea , dal nome della più importante città: m icene.

I m icenei appresero molte conoscenze dai Cretesi, e in breve tempo crebbero in potenza e importanza.

v erso il 1450 a.C. conquistarono Creta e divennero padroni del commercio marittimo del m editerraneo.

COME ERANO ORGANIZZATI?

I m icenei vivevano in piccole città-fortezze. Ciascuna di esse era un regno indipendente e costituiva un piccolo stato.

Le città micenee erano circondate da possenti mura: secondo il mito le avevano costruite i giganti Ciclopi. e sse dovevano difendere la popolazione in caso di assalto dei nemici. Al centro della città si trovava sempre una collina, in cima alla quale si edificava il palazzo del re. Fuori delle mura vivevano contadini e allevatori.

In questa visione aerea puoi vedere il sito archeologico dell’antica città di Micene. Dentro le mura, la città bassa e la città alta, col palazzo del re

Vita a palazzo

Il re, chiamato wanax , era il capo supremo. v iveva in un palazzo con molte stanze che serviva da quartier generale militare, da dove amministrava il suo popolo. Il palazzo si sviluppava attorno a una sala centrale ( mégaron ) con il focolare , che comunicava con vari ambienti destinati agli usi più diversi. Nei magazzini erano conservati viveri, manufatti, armi: provenivano dal commercio, dal lavoro delle popolazioni del luogo o dai bottini di guerra. Infatti la guerra era un elemento importante nella vita dei m icenei: per questo, diversamente che a Creta, i palazzi erano fortificati.

Soldati micenei su un vaso cretese. I Micenei sconfissero i Cretesi e occuparono la loro isola e le altre colonie

QUALI ATTIVITÀ SVOLGEVANO?

Agricoltori e pastori

I m icenei impararono dai Cretesi a coltivare la vite e l’ olivo . Il loro territorio era quasi completamente collinare e montuoso, quindi poche erano le pianure dove coltivare il grano. e ra un territorio brullo, con vegetazione di tipo mediterraneo, adatto all'allevamento degli ovini. I re e i nobili erano molto ricchi: possedevano numerosi capi di bestiame e vaste terre che facevano lavorare dagli schiavi, generalmente prigionieri di guerra. I contadini e i pastori vivevano fuori dalla città, ma in caso di attacco da parte dei popoli nemici venivano accolti dentro la cerchia delle mura.

Artigiani

Gli artigiani compivano tutti i lavori utili alla comunità: macinavano il grano, cardavano la lana, creavano abiti, costruivano carri da guerra e navi. e rano abilissimi a lavorare la ceramica . Impararono dai Cretesi l’arte della lavorazione dei metalli e furono considerati i migliori fabbri e orafi del tempo: lavorano il bronzo , l’ oro e l’ argento

Nelle tombe reali di m icene è stata trovata una gran quantità di oggetti d’oro e belle armi di bronzo, spade con impugnature finemente cesellate, elmi, corazze: oggetti che rivelano non solo uno spirito guerriero ma anche una grande ricchezza.

Marinai e mercanti

I m icenei, oltre ad essere guerrieri, divennero bravi marinai. Con le loro navi cariche di tessuti, olio e vasi approdavano lungo le coste del m editerraneo per vendere e acquistare merci. I m icenei commerciavano in particolare lo stagno. Questo metallo, molto raro, era fondamentale per produrre il bronzo.

I m icenei lo trasportavano dalle miniere presso tutti i popoli del m editerraneo orientale, scambiandolo molto probabilmente con il grano, che nel loro territorio era scarso.

IN COSA CREDEVANO?

I m icenei erano politeisti: raffiguravano gli dèi con sembianze umane e credevano che provassero sentimenti e si interessassero alle vicende umane.

Tra le divinità c’erano Zeus (padre degli dèi), Era (sua moglie), Poseidone (dio del mare e della navigazione), Demetra (dea del grano): sono gli stessi dèi che conosceremo come dèi dell’Olimpo tra i Greci..

Il culto dei morti aveva grande importanza: i defunti venivano deposti all’interno di tombe curate e quando erano re o guerrieri i loro volti venivano coperti da maschere d’oro.

Gli archeologi subacquei hanno scoperto al largo della Turchia una nave carica di lingotti di rame e stagno, metalli che i Micenei commerciavano presso tutti gli altri popoli del Mediterraneo

Entrata del “Tesoro di Atreo”, noto anche come “Tomba di Agamennone”, una delle più grandi e ben conservate rinvenute a Micene

LA SCRITTURA

Durante gli scavi archeologici nelle città micenee sono state trovate molte tavolette d’argilla incise con una scrittura simile a quella cretese, che gli storici chiamano Lineare B Nel 1953 questa scrittura è stata decifrata, e si è scoperto che i m icenei parlavano una lingua da cui probabilmente derivò poi il greco antico.

Una tavoletta di terracotta incisa con scrittura Lineare B. Alcune lettere sono uguali a quelle del greco antico

UN EVENTO IMPORTANTE: LA GUERRA DI TROIA

I m icenei nel periodo più ricco della loro civiltà, iniziarono a espandersi verso l’Asia m inore. Qui però sorgeva la potente città di Troia, che controllava il passaggio attraverso lo Stretto dei Dardanelli. Probabilmente gli abitanti di Troia iniziarono a ostacolare le navi micenee che andavano ad acquistare il grano nelle pianure intorno al m ar Nero. Per combattere questa città e liberarsi del suo controllo, i regni achei si allearono e mossero guerra a Troia. Secondo la tradizione quella guerra durò dieci anni; sicuramente fu lunga e mise a dura prova i m icenei. Alla fine, però, la città di Troia fu distrutta e incendiata. Questo fatto accadde intorno al 1200 a.C.

L’ Iliade e l’Odissea

Gli avvenimenti della guerra contro Troia furono a lungo raccontati nelle feste e nei banchetti dagli aedi . Questi poeti cantori giravano per le città e per i palazzi della Grecia narrando le imprese degli eroi, accompagnandosi con la musica.

Nell’ v III secolo a.C. il grande poeta Omero mise per iscritto le vicende di questa guerra: scrisse l’ Iliade e l’ Odissea .

L’ Iliade racconta la vicenda della guerra di Troia. Paride, principe troiano, rapisce e lena, moglie di m enelao, re di Sparta. m enelao e i re achei con i loro eserciti assediano la città di Troia. Dopo dieci anni di combattimenti, la città resiste ancora all’assedio. Allora Ulisse, principe miceneo, ha un’idea: fa costruire un gigantesco cavallo di legno in cui si nascondono alcuni soldati e finge di abbandonare l’assedio. I soldati troiani cadono nel tranello e portano il cavallo dentro le mura della città, pensando che sia un dono per gli dèi. La notte i soldati escono dal nascondiglio e aprono le porte: l’esercito acheo entra nella città e Troia viene distrutta.

L’ Odissea narra il ritorno di Ulisse alla sua patria, l’isola di Itaca, dopo la vittoria dei Greci sui Troiani. m a il viaggio è lungo e pieno di imprevisti; la dea Atena lo protegge ma Poseidone gli è contrario e continua ad allontanarlo da casa. Dopo dieci anni Ulisse finalmente raggiunge Itaca, ma è solo perché ha perso tutti i compagni nel viaggio. Tornato a casa deve combattere contro i Proci, che si sono insediati nel suo palazzo. Sconfitti gli avversari, riesce finalmente a riunirsi con la sua famiglia e regnare sulla sua isola. Questi due testi diventarono importantissimi presso i Greci: attraverso il loro studio i ragazzi imparavano cosa fossero il coraggio, l’amicizia, il valore, l’onore.

LA FINE DEL MONDO MICENEO

Dopo la Guerra di Troia, le narrazioni epiche dei Greci raccontano di gravi scontri tra città micenee, di rivolte, assassinii, povertà. Forse il lungo scontro aveva impoverito i m icenei, forse i re, lontani da casa, avevano perso parte della loro influenza. Si aggiunse un lungo periodo di carestia, che ridusse la produzione agricola.

Gli studiosi hanno a lungo spiegato la fine del potere miceneo anche con l’invasione del popolo dei Dori . I Dori erano popoli nomadi provenienti dalle steppe del Caucaso a nord-est, che scesero attraverso la Grecia e occuparono il Peloponneso.

METTITI ALLA PROVA

Inserisci nel brano le parole corrette tra queste: colline, mura, metalli, wanax, allevatori, palazzo reale, Ciclopi, ulivo e vite, città-stato.

I m icenei erano organizzati in indipendenti, ciascuna governata da un

Le città erano costruite su ed erano cinte da così possenti che si diceva le avessero costruite i giganteschi

Sulla collina più alta si trovava il , mentre nella città bassa viveva la popolazione.

I m icenei erano soprattutto di ovini, praticavano anche l’agricoltura e coltivavano specialmente

e rano anche abili artigiani: eccellevano nella lavorazione dei

LA PRIMA COLONIZZAZIONE

In seguito all’invasione dei Dori, molte famiglie che vivevano nella penisola greca partirono e fondarono nuove città nelle isole dell’ e geo e sulle sponde dell’Asia m inore.

Questi gruppi emigravano spontaneamente, si stabilivano in una terra diversa da quella d’origine e cercavano terreni fertili da coltivare e nuovi luoghi in cui vivere. Si mescolavano alle popolazioni che già vivevano in quelle zone, alle quali insegnavano quello che conoscevano. Allo stesso tempo quelle popolazioni locali comunicavano ai nuovi arrivati le loro usanze e le loro abitudini.

Le nuove colonie avevano dunque alcune caratteristiche dei Greci, altre indigene: ciascuno imparava dall’altro quanto poteva essere utile.

Queste città divennero in breve tempo ricche e fiorenti.

Nella penisola greca, invece, l’arrivo dei Dori aveva cambiato profondamente l’organizzazione sociale e la cultura della popolazione. Per molto tempo non è chiaro cosa accadde e come gli uomini si organizzarono e vissero.

Dori

Eoli

Ioni

I GRECI

Delfi

Tebe

Efeso

Il giovane Teseo, dopo aver compiuto grandi imprese e aver liberato Creta dal terribile m inotauro, decise di impegnarsi in un piano grandioso e ammirevole: radunare in un’unica città tutte le genti sparse per l’Attica e fare una sola comunità di un popolo fin allora disunito e sordo a ogni chiamata quando si trattava di interessi comuni, anzi, spesso litigioso e in guerra. Allora visitò distretto per distretto, famiglia per famiglia, casa per casa, per convincere tutti. La gente comune e povera aderì prontamente al suo invito; i ricchi e i potenti invece erano sospettosi e pieni di dubbi, temendo di perdere importanza. Allora Teseo promise un governo speciale, in cui egli sarebbe stato solo comandante supremo dell’esercito e custode delle leggi, mentre per il resto tutti avrebbero goduto di uguali diritti e avrebbero partecipato alle decisioni comuni. Fu quindi costituita una sola sede per il governo, dove ora si erge la cittadella; la città fu denominata Atene e venne istituita una festa dell’unità, la festa delle Panatenee, che si celebra ancora oggi.

PLUTARCO , Vita di Teseo

DOVE? QUANDO?

Per conoscere ciò che accadde nei secoli che seguirono la fine della civiltà micenea, storici e archeologi non hanno a disposizione fonti certe. Non riescono ancora a capire bene come cambiò la vita degli uomini che vivevano in Grecia . Questo periodo è chiamato “epoca dei secoli bui”, proprio per questa assenza di fonti storiche. Quando tornano a disposizione fonti scritte o materiali, i Greci hanno dato vita a una nuova forma sociale: la polis .

Mar Mediterraneo
Mar Egeo
Olimpia
Argo
Rodi
Micene
Corinto
Smirne
CRETA Atene Delo

COME ERANO ORGANIZZATI?

All’inizio dell’ v III secolo a.C. la Grecia era divisa in numerosi piccoli stati, raccolti intorno a una città. Ciascuna città aveva il suo territorio: la sua campagna, boschi, colline e il suo sbocco al mare.

Le città si erano formate dall’unione di più villaggi: era conveniente per gli uomini unirsi ad altri e condividere le attività e le fatiche. Come i m icenei, per la costruzione delle città avevano scelto terreni intorno a un’altura fortificata, dove rifugiarsi in caso di pericolo.

Ciascuna di queste città costituì un piccolo stato autonomo: gli abitanti si diedero leggi comuni e una particolare forma di governo e scelsero una divinità cui affidare la loro protezione. Parlavano un’unica lingua, il greco, anche se c’erano poi diversi dialetti locali. Questo tipo di organizzazione statale fu chiamato dai Greci polis , città-stato.

UN UNIVERSO COMPLETO E AUTOSUFFICIENTE

Nella polis si distinguono tre zone: l'acropoli, la città bassa e la chora . Il cuore della città era l’ acropoli (1) , l’altura scoscesa che solitamente si trovava al centro. Sull’acropoli non era più posto il palazzo del re, ma c’erano i templi (2) , in particolare quello della divinità che proteggeva la città. e ra la zona sacra, cinta da mura e di difficile accesso in caso di pericolo qui i cittadini trovavano riparo e protezione.

L’Acropoli di Atene si erge rocciosa sopra la città bassa. Al centro il grande tempio della dea Atena, protettrice della città

C’era poi la città bassa, dove si trovavano le abitazioni private (3) e l’ agorà (4) , la grande piazza cittadina.

In questo luogo gli abitanti della città si incontravano e facevano affari vendendo e comprando prodotti, ma potevano anche parlare, scambiarsi idee, discutere, esprimere le proprie valutazioni riguardo ai problemi comuni: potevano cioè fare politica , occuparsi della vita della città. Intorno alla piazza si trovavano anche gli edifici della vita pubblica come palestre , scuole , i tribunali e i teatri (5) , dove venivano rappresentate le tragedie e le commedie.

Ogni anno tutta la popolazione si ritrovava nell’agorà anche per assistere a gare di poesia e ai giochi tenuti in onore degli dèi.

L’agorà era dunque il centro pulsante della vita della polis.

In alcune città un quartiere era dedicato alle botteghe degli artigiani (6) ; si trovava ai margini dell’abitato per i cattivi odori che alcune di queste botteghe producevano.

Fuori dalla cinta delle mura si estendeva la chora (7) , il territorio della campagna e dei boschi, fino ai confini con le polis circostanti.

Se la città si trovava vicina al mare, veniva costruito anche un porto (8) per gli scambi commerciali.

La polis, per i Greci, era soprattutto una comunità di uomini liberi che si riconoscevano in leggi comuni , liberamente scelte, e in una religione comune .

IN CHE COSA CREDEVANO?

I Greci erano politeisti: adoravano molti dèi.

Immaginavano gli dèi simili all’uomo, sia per l’aspetto esteriore sia per le qualità intellettuali o morali.

Gli dèi erano superiori agli uomini per forza, per grandezza e per bellezza, ma avevano le loro stesse necessità di sonno e di cibo.

Si nutrivano esclusivamente di nettare e ambrosia , la bevanda dell’immortalità, non invecchiavano e il loro aspetto rimaneva sempre giovane. Non erano, però, onnipotenti: esisteva una forza, alla quale tutti erano sottomessi: il Fato o Destino.

Gli dèi abitavano sulla vetta del monte Olimpo, la più alta montagna della Grecia, sempre immersa tra le nuvole e considerata inaccessibile.

Monte Olimpo

Il luogo per adorare gli dèi: il tempio

Dall’ v III secolo a.C. a queste divinità furono dedicati i primi templi, edifici dove eseguire i sacrifici in loro onore e pregare. Il tempio era costruito in pietra calcarea o marmo con i il tetto e il soffitto di legno. Le tegole erano di terracotta o di pietra.

Nella stanza centrale, chiamata naos o cella, si trovava la statua del dio: davanti ad essa potevano accedere solo i sacerdoti. e ra fatta di oro e avorio, i due materiali più preziosi dell'epoca. Il tempio era circondato da un porticato su alte colonne, ed era decorato con scene scolpite a bassorilievo, che rappresentavano episodi raccontati nel mito o nelle storie epiche.

Fuori dal tempio si trovava l’altare per i sacrifici.

naos o cella
statua del dio porticato

Zeus

padre di tutti gli dèi, governava con ordine l’Universo

Atena nata dalla testa di Zeus, dea della saggezza

Ares dio della guerra

Ermes messaggero degli dèi, protettore dei ladri e dei mercanti

Efesto dio del fuoco e protettore dei fabbri

Era moglie di Zeus, proteggeva matrimoni e nascite

Afrodite nata dalla schiuma del mare, dea dell’amore e della bellezza

Poseidone dio del mare e di tutte le acque

Apollo dio del Sole e dell’armonia, protettore delle arti e dei viaggiatori

Estia dea del focolare domestico e civico

Demetra dea delle messi e della fertilità

Artemide protettrice della caccia e dea della Luna

In alcuni luoghi particolari, dove la forza della natura si mostrava in modo sorprendente, sorsero anche i santuari : all’interno di recinti molto grandi delimitati da mura, si trovavano templi, altari, palestre, tempietti. In essi il dio manifestava la sua presenza e qui gli uomini potevano interrogarlo e ascoltare le sue profezie attraverso la voce di alcune sacerdotesse.

A Delfi, ad esempio, la sacerdotessa di Apollo, chiamata Pizia , comunicava ai fedeli il volere del dio: i Greci correvano a interrogarla per ogni necessità, personale o comune.

Si andava dalla Pizia per conoscere come sarebbe andato un viaggio, ma anche per sapere dove fondare una colonia o che esito avrebbe avuto una guerra.

Alcuni di questi santuari divennero così importanti da assumere un carattere panellenico , cioè divennero centri religiosi comuni a tutta la Grecia.

Panellenico

è un aggettivo che deriva da due parole greche: pan , che significa “tutto”, ed ellenikos , che significa “greco”.

Panellenico si dice, dunque, di qualcosa che è importante per tutti i Greci.

Delfi si trova in mezzo a montagne impervie; è un luogo nascosto, dove il dio Apollo parlava agli uomini tramite la sua sacerdotessa

I tre stili dell’architettura greca

I templi greci furono costruiti seguendo tre stili differenti.

Lo stile dorico è il più antico.

I templi hanno colonne con un basso basamento, si restringono verso l’alto e hanno un capitello semplice su cui poggia l’architrave. La decorazione dell’architrave è distinta in più pannelli

Lo stile ionico ha un basamento più alto e articolato e capitello “a corna di bue”. L’architrave ha un fregio continuo.

Lo stile corinzio , infine, ha un capitello scolpito con foglie di acanto, una pianta spinosa molto decorativa.

In tutti e tre gli stili le colonne sono scanalate, per alleggerire la vista. Dorico          Ionico Corinzio

Teatro di Delfi

I GIOCHI

Una delle forme con cui i Greci onoravano gli dèi era lo svolgimento dei Giochi. I più famosi erano le Olimpiadi , i giochi in onore di z eus a Olimpia, ma ne venivano celebrati anche molti altri in tutti i santuari principali della Grecia. In tutte queste occasioni si sospendeva ogni rivalità, cessavano le guerre e tutte le polis potevano competere per la palma del vincitore. Non era previsto un premio finale, solo una semplice corona di alloro o di mirto: i premi più grandi per il vincitore e la sua polis erano la benevolenza del dio e la gloria tra gli uomini.

Le Olimpiadi

All’interno di questa coppa greca è raffigurato un lanciatore di disco. Gli atleti gareggiavano nudi: la nudità, infatti, li rendeva simili agli dèi. Inoltre era più comoda per il movimento!

Secondo la tradizione, le prime Olimpiadi risalgono al 776 a.C. Ogni quattro anni tutti i giovani greci partecipavano ai giochi di Olimpia, compresi quelli delle colonie. Si compivano lunghi viaggi per assistere ai giochi, e in queste occasioni tutti sentivano di appartenere davvero a un unico grande popolo.

I giochi si svolgevano vicino al santuario di z eus, in una lunga pista chiamata stadion (un giro di pista corrispondeva infatti a uno stadion , che a Olimpia misurava 192 metri circa). Intorno allo stadion tutto il popolo assisteva alle gare, che si svolgevano per tutto il giorno.

Lo stadion di Olimpia

Le specialità olimpiche

Alcune fra le principali discipline

che si praticavano erano:

1.  la corsa a piedi

2.  la corsa con i carri

3.  il lancio del giavellotto

4.  il lancio del disco

5.  la lotta

6.  il pugilato

7.  la maratona.

La specialità più prestigiosa era una corsa di 192 metri; chi la vinceva dava il proprio nome all’Olimpiade.

Poiché in Grecia la corsa era nata per allenarsi alle guerre, successivamente venne introdotta la corsa in armatura : i partecipanti correvano indossando elmo e scudo, ma per il resto erano nudi.

La lotta veniva praticata stando in piedi e gli atleti dovevano cercare di gettare a terra l’avversario. Gli atleti si cospargevano il corpo di olio, per rendere le membra più snodabili, poi di polvere, per assicurarsi una presa migliore. Nel pugilato , invece, avvolgevano le mani con cinghie di cuoio, simili a guantoni. Il pentathlon era una combinazione di cinque specialità: lancio del disco , salto in lungo , lancio del giavellotto , corsa veloce e lotta .

Nel salto in lungo l’atleta teneva in mano i pesi speciali che proiettava in avanti per darsi un maggiore slancio. Una gara spesso pericolosa era la corsa coi carri , a due o quattro cavalli. La maratona , infine, era una gara di corsa di resistenza.

I vincitori venivano premiati con corone di mirto e di alloro . Ad Atene i vincitori venivano ricompensati anche con vasi d’olio, che da una parte recavano l’immagine della dea Atena, dall’altro un momento dell’incontro.

Rappresentazioni di specialità olimpiche nell’arte greca

L’IMPORTANZA DEL TEATRO: LA TRAGEDIA E LA COMMEDIA

Anche le rappresentazioni teatrali servivano per onorare gli dèi durante particolari feste. Si svolgevano in alcune città, come ad Atene, oppure nei santuari, come a Delfi o a e pidauro. Anche in questo caso si trattava di gare: al termine delle varie rappresentazioni una giuria sceglieva la migliore, che veniva premiata.

Le rappresentazioni si dividevano in due tipi.

Le tragedie mettevano in scena un atto violento contro la legge degli uomini o degli dèi. e sso veniva alla fine sempre punito.

Le commedie , invece, trattavano argomenti della vita quotidiana, conservando sempre un insegnamento morale per il pubblico.

Le tragedie suscitavano pietà e terrore, permettevano agli spettatori di immedesimarsi nelle vicende e di paragonare la propria vita a quella dei protagonisti. La punizione finale suonava come un monito: ricordava quali conseguenze avevano i comportamenti sbagliati, contrari alla volontà degli dèi. Il teatro era dunque una scuola per il popolo: per questo tutti assistevano alle rappresentazioni, compresi coloro che non avevano i soldi per pagare il biglietto! A volte addirittura gli spettatori venivano pagati per assistere agli spettacoli, che duravano giornate intere.

Tutti i ruoli erano interpretati da attori maschi, anche quelli femminili: gli attori indossavano una maschera di terracotta, sia per caratterizzare il personaggio, sia per amplificare la voce.

Li accompagnava un coro, che commentava gli avvenimenti rivolgendosi al pubblico.

Le rappresentazioni si svolgevano al ritmo della musica e delle danze.

Maschere teatrali greche in terracotta

Per questi spettacoli i Greci idearono un edificio apposito, il teatro Il teatro veniva edificato mantenendo sempre il legame con la natura. v eniva scelta di solito una collina (1) da cui si potesse innanzitutto godere una vista spettacolare (2) , come sfondo dell’azione. Le gradinate dove sedevano gli spettatori costituivano un semicerchio, detto cavea (3) . C’era poi l’ orchestra (4) , la parte circolare ai piedi delle gradinate, dove stava il coro, si svolgevano le danze e si esibivano gli attori. Alle spalle dell’orchestra vi era la scena (5) , che raffigurava la facciata di un edificio. Questa disposizione permetteva a tutti di sentire e di vedere in modo ottimale.

Antico teatro greco di Taormina, in Sicilia

L’ARTE, LA SCIENZA E LA FILOSOFIA

L’uomo greco veniva educato fin da piccolo a cercare nella natura tutto ciò che era bello. Per questo cercava le forme perfette, l’armonia e l’ordine nella realtà del mondo, e provò sempre a raffigurarli. I Greci furono dunque grandi artisti , pittori , scultori e ceramografi ; usarono con cura la parola, furono poeti , storici , commediografi , teorici del pensiero matematico e geometrico ; studiarono le scienze e l’ astronomia

Degli artisti greci conosciamo soprattutto le statue, a tutto tondo, ad alto o a bassorilievo; le pitture, infatti, sono andate perdute. Le sculture raffiguravano dèi o eroi, erano sia in pietra, soprattutto in marmo, sia in bronzo o in altri metalli. Le più preziose erano le statue dei grandi templi e santuari, costruite in oro e avorio, i due materiali più preziosi. In queste figure gli artisti cercavano di catturare tutti gli aspetti dell’uomo: i loro fisici erano perfetti, proporzionati; allo stesso tempo, però, si tentavano di esprimere nei volti e nelle espressioni i sentimenti che la scena richiedeva.

I ceramografi tentavano di ottenere lo stesso risultato anche nelle pitture sui vasi: si rappresentavano scene mitologiche o epiche, oppure scene di culto degli dèi. Dapprima le figure erano dipinte in nero, così da risaltare sul vaso di terracotta; più tardi utilizzarono una tecnica più complicata per ottenere figure del colore della terracotta su vasi completamente rivestiti di colore nero. Quella del ceramista era una professione importante e ben retribuita.

Un artigiano viene incoronato da Atena mentre sta ultimando un vaso. Probabilmente si tratta di un bronzista, per lo strumento che sta usando

Statua del Doriforo, secolo V a.C.

Fin dai secoli più antichi della civiltà greca, gli uomini avevano iniziato anche a porsi molte domande sull’origine dei fenomeni naturali. I Greci furono grandi matematici (studierete nei prossimi anni i teoremi di Pitagora e di Talete!),

astronomi e geografi ; per primi trovarono un modo per misurare la circonferenza della terra, e non sbagliarono nemmeno di molto! Si interessarono di medicina, di botanica, di fisica: su questi argomenti scrissero molti trattati. Poiché desideravano trasmettere le loro conoscenze, fondarono scuole e luoghi di studio.

Soprattutto, però, furono i primi a interrogarsi sull’origine e il senso della vita: da dove veniamo? Di cosa è fatta tutta la realtà? Chi è l’uomo all’interno del creato? Queste e tante altre domande erano spunto di discussione, di confronto, di dialogo. Nacque così la filosofia , che fa dei Greci i fondatori della civiltà occidentale: da allora l’uomo continua a porsi queste domande, perché desidera conoscere chi è e Chi lo ha voluto.

METTITI ALLA PROVA

1. Rispondi alle domande sul tuo quaderno:

z Quali erano gli dèi più importanti per i Greci?

z Dove venivano venerati?

z Chi era la Pizia e qual era il suo compito?

Filosofia deriva da due parole greche: filìa , che significa “amore”, e sofia , che significa “saggezza”.

Filosofia è dunque l’amore per la saggezza, ogni tentativo dell’uomo di spiegare quello che ha intorno e sé stesso.

z Oltre che con preghiere e sacrifici, in quali altri modi i Greci onoravano gli dèi?

2. v ero o Falso?

I Giochi si svolgevano solo a Olimpia

Durante i giochi si interrompevano le guerre

⬜ v ero

⬜ Falso

⬜ v ero

⬜ Falso

Tutti potevano partecipare ai Giochi, anche chi non era greco ⬜ v ero

Le donne gareggiavano nella corsa

⬜ Falso

⬜ v ero

⬜ Falso

I vincitori delle Olimpiadi venivano premiati con molto denaro ⬜ v ero

⬜ Falso

3. e lenca sul tuo quaderno in quali campi delle arti e delle scienze i Greci furono grandi maestri.

LA SECONDA COLONIZZAZIONE

DOVE? QUANDO?

CELTI

Hemeroscopium

CARTAGINESI

ETRUSCHI

Mar Mediterraneo Mar

⬛ Zone di influenza greca ⬛ Rotte commerciali greche

Tra l’ v III e il v I secolo a.C., man mano che le diverse polis si organizzavano, alcune di esse iniziarono a inviare gruppi di cittadini a fondare nuove città lontano dalla Grecia. Le città erano simili alle città d’origine e presero il nome di colonie

La Magna Grecia

I coloni si diressero in gran numero verso le fertili coste della Sicilia e dell’Italia meridionale, dove furono fondate molte città, come Sibari , Crotone , Taranto , Siracusa , Agrigento , Gela , Catania e molte altre.

Queste città divennero così fiorenti e ricche che all’intera regione

SALENTO

CAMPANIA
CALABRIA

fu dato il nome di m agna Grecia, la “Grande Grecia”.

La colonizzazione si estese anche sulle coste dell’Africa e della Francia, così che tutte le sponde del m editerraneo risultarono popolate da città greche. m olte colonie svilupparono agricoltura e commercio fra loro, con la madrepatria e con le popolazioni indigene.

Questi scambi furono facilitati anche dalla diffusione dell’uso della moneta.

Madrepatria significa “città d’origine”. Per i coloni era la città da cui partivano per fondarne una nuova.

Noterai nella parola “madre” il forte legame e il grande affetto che legava i coloni alle città che lasciavano.

Tempio di Paestum. Segni di questa grandezza sono ancora oggi i meravigliosi templi di Paestum , in Campania, o quelli di Agrigento e di Segesta, in Sicilia

COME ERANO ORGANIZZATI?

Le colonie erano indipendenti dalla madrepatria: ciascuna aveva le sue leggi. Tuttavia conservavano con le città d’origine legami di amicizia, osservavano la stessa religione, mandavano propri rappresentanti alle feste e qualche volta anche aiuti in tempo di guerra.

Prima di fondare una nuova colonia era usanza consultare un oracolo, come quello di Delfi. Si trattava di santuari dove una sacerdotessa comunicava ai fedeli il volere di un dio.

I coloni ricevevano indicazioni utili sul luogo in cui fondare la loro città e partivano confidando nella benevolenza degli dèi. In Grecia quindi la fondazione di una nuova colonia aveva un carattere sacro.

Le popolazioni greche, sparse nel bacino del m editerraneo si sentivano sempre fortemente legate fra loro: le univano l’origine comune, la lingua, la religione.

Si sentivano un popolo unico, diverso da tutte le genti non greche, alle quali davano il nome di “barbari”.

Il porto era il cuore della colonia: qui giungevano merci e passeggeri da tutto il Mediterraneo, da qui si esportavano i prodotti locali

METTITI ALLA PROVA

1. Leggi questa descrizione di Agrigento, ad opera di Diodoro Siculo, uno scrittore vissuto nel I secolo a.C.

Al tempo del suo massimo splendore, la colonia greca di Agrigento aveva grande prosperità. In nessuna zona della Sicilia vi erano vigneti e uliveti paragonabili a quelli di Agrigento.

Gli Agrigentini erano dediti anche al commercio: esportavano i prodotti del suolo e i manufatti dei loro artigiani in cambio di argento e oro... In quegli anni sorsero ad Agrigento grandiosi monumenti. Il tempio di Giove è il più grande di tutta la Sicilia... C’è pure il maestoso edificio di Giove Olimpio, circondato da enormi colonne... Gli Agrigentini davano grande importanza alle gare e ai giochi olimpici. Quando e sento, cittadino di Agrigento, vinse le Olimpiadi, fu condotto in città sopra un carro trionfale trainato da splendidi cavalli.

2. Rileggi il testo e sottolinea tutti gli elementi che la colonia di Agrigento aveva in comune con le città greche.

SPARTA E ATENE, DUE MODI DI VIVERE

A CONFRONTO

Tra tutte le polis della Grecia antica, Sparta e Atene ebbero la maggior influenza sulle altre città. Furono diverse nell’organizzazione sociale, nell’educazione, nella cultura, ma soprattutto nella forma di governo.

Confrontandole, capiremo come i Greci decisero di vivere nelle loro polis, perché da Sparta o Atene tutte le altre città derivarono la loro organizzazione.

SPARTA

Due guerrieri che duellano (530-520 a.C. circa)

Mediterraneo

Gli Spartani sono così: quando combattono singolarmente non sono inferiori a nessuno al mondo; uniti poi sono i più valorosi di tutti gli uomini. Poiché se è vero che sono liberi, non sono poi liberi in tutto: domina su di loro un padrone, la legge, di cui hanno timoroso rispetto […] e fanno tutto quello che essa comanda ed essa sempre la stessa cosa comanda: di non fuggire dal campo di battaglia qualunque sia la caterva dei nemici e, rimanendo saldi al proprio posto, vincere o morire.

ERODOTO , Storie , VII, 104

DOVE? QUANDO?

Sparta era un’antica città micenea; il suo re più importante fu Menelao . Si trovava nel Peloponneso, nella regione della Laconia, al centro di una piccola pianura attraversata dal fiume e urota e piuttosto lontana dal mare.

Nel XII secolo a.C. fu occupata dai Dori, che vi si stabilirono sottomettendo la popolazione micenea.

I Dori erano una piccola minoranza rispetto alla massa degli sconfitti. Organizzarono allora la vita della polis con leggi molto rigide, che non cambiarono per molti secoli. In questo modo mantennero saldo il loro potere. Più volte infatti i discendenti dei m icenei tentarono di ribellarsi agli invasori, ma l’esercito dei Dori era sempre pronto a intervenire e ogni volta soffocò i loro tentativi.

CHI?

La popolazione spartana

Nell’ v III secolo a.C. gli Spartani scrissero una costituzione , un insieme di leggi che governava la polis. Queste leggi prevedevano che la popolazione fosse divisa rigidamente in tre gruppi: z gli Spartiati , discendenti dei Dori. e ssi avevano nelle loro mani tutto il potere; vivevano in città ed erano grandi proprietari di terre, che non potevano essere vendute né divise tra gli eredi, ma venivano date al primogenito maschio. I maschi costituivano l’esercito della polis. Seguivano una severa regola di vita che garantiva loro la forza per dominare sulle genti vinte; z i Perieci , discendenti degli abitanti che non si erano ribellati ai Dori. e rano uomini liberi, in gran parte artigiani e mercanti. Non potevano partecipare alla vita politica e durante le guerre servivano l’esercito senza combattere: trasportavano merci e armi, cucinavano, servivano i guerrieri;

z gli Iloti , discendenti di coloro che erano stati sottomessi dai Dori. e rano gli schiavi pubblici che coltivavano le terre degli Spartiati, ai quali dovevano dare la parte migliore del prodotto; erano trattati duramente.

COME ERANO ORGANIZZATI?

Le leggi di Sparta, scritte da Licurgo , affidavano tutto il potere solo ed esclusivamente agli Spartiati.

A guidare lo Stato c’erano due re , che comandavano l’esercito. e ssi, insieme all’ assemblea degli anziani , proponevano le leggi. Tutti gli Spartiati maschi di età superiore ai vent’anni partecipavano a un’assemblea, che doveva approvare o respingere le leggi.

Ogni anno venivano eletti cinque magistrati incaricati di mantenere la giustizia e di controllare la condotta di tutti i cittadini, persino dei re.

A Sparta dunque, un piccolo gruppo di uomini teneva saldamente in mano tutto il potere. e rano gli Spartiati. Questa forma di controllo dello Stato si definisce oligarchia

Educazione e cultura a Sparta

L’educazione degli Spartiati era molto rigida; essi si dedicavano completamente al mestiere delle armi, fin da quando nascevano.

Appena nato, ogni bambino veniva esaminato da una commissione nominata dallo Stato: se era deforme o gracile e non prometteva di diventare un buon soldato, veniva abbandonato sul monte Taigeto perché non fosse di peso alla comunità. Per tutti i maschi, a sette anni cominciava il percorso di educazione e di formazione militare , che durava complessivamente tredici anni.

Ogni bambino veniva allontanato dalla famiglia e affidato a un maestro scelto dagli Spartiati. v iveva in un edificio comune, dove si allenava insieme con altri bambini con esercizi ginnici

Statuetta in bronzo di oplita spartano. Nota l’elmo, gli schinieri, l’armatura che copre il torace e il grande scudo. In mano doveva avere una lancia

Oligarchia deriva da due parole greche: oligoi , che significa “pochi”, e archéo , che significa “governare”.

Oligarchia è dunque la forma di governo in cui una minoranza (pochi) decide per tutti.

molto faticosi, che lo preparavano al combattimento e alla guerra.

Doveva vivere con un abito rozzo, unico per l’inverno e per l’estate, dormiva su un letto di foglie, mangiava cibo cattivo e scarso. Poco tempo veniva dedicato allo studio; si insegnavano solamente la musica e la poesia , considerate come strumenti per ispirare slancio ed entusiasmo in battaglia.

A vent’anni il giovane entrava nell’esercito, otteneva tutti i diritti politici per partecipare all’assemblea ed eleggere i magistrati.

Continuava a far parte dell’esercito fino a sessant’anni.

Anche le ragazze spartane si esercitavano molto nella ginnastica e nello sport

Questo allenamento le irrobustiva nel corpo e nello spirito, perché fossero madri di figli vigorosi e forti. È un caso unico nel mondo antico.

METTITI ALLA PROVA

Immagina la giornata di un bambino spartano durante il suo addestramento: la sveglia all’alba, il cibo scarso e cattivo, i vestiti rozzi e scomodi, gli esercizi duri e stancanti sotto il sole, le prove cui era sottoposto, i castighi del suo maestro, e finalmente il letto per riposare dalla stanchezza.

Prova a scrivere il diario di una sua giornata…

Rovine dell’antica Sparta

ATENE

Atene era diventata una città ricca, e gli dèi dell’Olimpo facevano a gara per essere scelti come suoi dèi protettori. Due in particolare, Atena e Poseidone, se la contendevano. Allora gli Ateniesi suggerirono una gara: chi dei due avesse portato il dono più bello e utile alla città, quello sarebbe divenuto il prediletto del popolo e suo protettore. Poseidone si presentò agli Ateniesi e colpì con forza la terra: si aprì una voragine, da cui uscì un animale mai visto prima: il cavallo. e ra un animale imponente, focoso, nobile e forte, utile all’uomo nel lavoro e nella guerra.

Atena, invece, portò agli Ateniesi un seme, da cui nacque una piccola pianta dalle foglie verde argentato. Sui suoi rami crebbero piccoli frutti, prima verdi, poi neri e maturi. Quando li si spremeva, ne usciva un liquido oleoso, dorato.

Gli Ateniesi si riunirono in consiglio e, dopo aver considerato tutti i pro e i contro dei due doni, scelsero il dono di Atena: l’ulivo. Ritennero che sarebbe stato più utile e avrebbe arricchito la loro città. Così Atena divenne la dea protettrice della città, che da lei prese il suo nome: Atene.

DOVE? QUANDO?

Atene sorge nella regione dell’Attica. Nei tempi più antichi gli abitanti dell’Attica vivevano sparsi in piccoli villaggi. Secondo la tradizione, il re Teseo li unì in un’unica città. Nel v secolo a.C. Atene divenne la più popolosa città greca. e ra edificata intorno a un’alta acropoli, a poca distanza dal mare. Per questo gli Ateniesi svilupparono soprattutto le attività commerciali.

Mar Mediterraneo Atene
PELOPONNESO

CHI?

La popolazione ateniese

Tutti gli uomini e le donne nate ad Atene da genitori liberi erano cittadini ateniesi m antenevano i loro diritti per tutta la vita, a meno che perdessero la libertà a causa di debiti che non potevano pagare.

Gli stranieri che vivevano in città erano chiamati meteci : erano liberi di muoversi, fare affari, vivere in città, ma non avevano diritto a partecipare alla vita politica.

C’erano poi gli schiavi , che dovevano obbedienza ai loro proprietari.

COME ERANO ORGANIZZATI?

Nei primi secoli ad Atene solo i nobili prendevano le decisioni per la vita della città e dei suoi abitanti. Questo, però, creava malcontento tra la popolazione, perché i nobili badavano soprattutto ai loro interessi, non al bene di tutti. v erso il 590 a.C., allora, il nobile Solone cambiò l’organizzazione politica. Stabilì che nessun cittadino ateniese potesse diventare più schiavo, nemmeno se non poteva pagare i debiti.

Decise poi che tutti i cittadini maschi che avevano compiuto i vent’anni potevano partecipare all’elezione dei magistrati e decidere sulle proposte di legge.

Per questo Solone è considerato il padre della democrazia , la forma di governo che coinvolge direttamente tutti i cittadini nelle scelte per il bene comune.

Democrazia deriva da due parole greche: demos , che significa “popolo, cittadini di una polis”, e kratéo , che significa “prendere decisioni, stabilire”.

Democrazia è dunque la forma di governo in cui tutti coloro che ne hanno diritto (popolo, cittadini) prendono parte alle decisioni.

Vista dall’alto dell’Acropoli di Atene

Facciamo un esperimento

In passato, nella tua classe, la maestra avrà certamente dato ai ragazzi alcuni compiti come consegnare i quaderni, aprire la fila, registrare gli assenti e sparecchiare in mensa.

v i proponiamo ora di ridistribuire i compiti come facevano gli Ateniesi, con il voto diretto.

Per partecipare bisogna:

z essere alunni della tua classe;

z frequentare regolarmente la scuola;

z per una volta faremo uno strappo alla regola ateniese: partecipano anche le femmine!

Alla lavagna scriviamo i compiti che la maestra è solita assegnare.

Poi chi vuole si candida per uno di questi compiti e il suo nome sarà annotato accanto al compito che vorrebbe svolgere.

A questo punto, ogni partecipante al voto prende un foglietto su cui scriverà i vari compiti e, a fianco di ciascuno, il nome (uno solo) di un compagno candidato a svolgerlo.

Tutti i foglietti vengono piegati e raccolti in un’urna.

Ora potete contarli: il compagno che avrà ricevuto più voti per il compito che ha scelto sarà eletto responsabile.

Buone elezioni!

I conflitti tra i contadini, i commercianti e i più poveri, però, non si risolsero. Prese allora il potere un uomo solo, di nome Pisistrato e gli assicurò la pace e la ricchezza, ma quando morì, gli Ateniesi decisero di tornare alla situazione precedente. Cacciarono i due figli di Pisistrato, che volevano comandare come il padre, e ristabilirono la democrazia.

Siamo nel 509 a.C., e un uomo illuminato di nome Clistene perfezionò il sistema di Solone. e gli aveva capito che gli Ateniesi avevano interessi diversi a seconda di dove vivevano. Chi viveva vicino al mare era interessato ai commerci, chi all’interno all’agricoltura, chi in città voleva che tutto funzionasse al meglio dentro le mura: per questo litigavano. Allora creò dieci tribù, mischiando in ciascuna cittadini con interessi diversi. In questo modo, prima di approvare una legge, tutti erano obbligati ad accordarsi per l’interesse comune. Ogni anno l’assemblea dei cittadini eleggeva anche dieci arconti , ciascuno con un compito ben preciso: essi dovevano far rispettare ed eseguire le leggi per il bene della polis. v i era poi un consiglio degli anziani che poteva esprimere pareri sulle decisioni più importanti e che giudicava gli accusati. Si radunava sull’Areopago, una collina ai piedi dell’acropoli.

Si introdusse anche la pratica dell’ ostracismo : quando un cittadino era accusato di delitti contro la religione o contro lo stato, si radunava l’assemblea. Se lo riteneva colpevole, ciascuno scriveva il suo nome su un coccio. Se i cocci con il nome erano la maggioranza di quelli senza nome, il colpevole veniva condannato all'esilio.

Atene si trovò così ad avere una costituzione democratica molto avanzata, che garantiva a tutti i cittadini la partecipazione alla vita dello Stato. Intorno al 450 a.C. si stabilì anche una paga per chi partecipava all’Assemblea o aveva un incarico politico: in questo modo anche i più poveri potevano partecipare alla vita della città.

La democrazia è la più importante conquista politica e sociale che la civiltà greca ci ha lasciato. Per gli Ateniesi la democrazia era importante perché sapevano che una città funziona bene, è più bella e ci si vive meglio se tutti si sentono responsabili e sono capaci di sostenersi a vicenda.. Anche per noi è così: tutto è più bello se è fatto con il lavoro, anche piccolo, di tutti.

Ostracismo deriva dalla parola greca ostrakon , che significa “coccio di terracotta”.

Scrivendo il nome di un cittadino sull’ ostrakon lo si condannava all’esilio.

Nella lingua italiana il verbo “ostracizzare” significa “impedire”, ostacolare in ogni modo qualcuno o qualcosa.

Su questo ostrakon è inciso il nome di Temistocle, uno dei personaggi politici più importanti di Atene. Nessuno sfuggiva al volere del popolo!

EDUCAZIONE

E CULTURA AD ATENE

I bambini ateniesi non erano sottoposti a regole rigide come a Sparta. Solo i maschi frequentavano le scuole. Qui imparavano a leggere, a scrivere, a fare i conti con l’abaco, a danzare e cantare accompagnandosi con la cetra; imparavano le regole del parlare bene in pubblico (oratoria) e nel pomeriggio si allenavano in palestra.

La frequenza della scuola si concludeva a 15 anni; molti studenti proseguivano poi gli studi con maestri personali (pedagoghi). Prima di esercitare i suoi pieni diritti di cittadino ogni ateniese era obbligato a prestare servizio militare, dai 18 ai 20 anni. Da adulto, l’ateniese maschio viveva la sua giornata fuori casa. Frequentava ogni giorno l’agorà per discutere di politica e di attualità, partecipava alle assemblee, assisteva agli spettacoli teatrali e alle competizioni sportive e artistiche.

Su questo vaso è dipinto ciò che accadeva a scuola. Sotto lo sguardo del responsabile (con il bastone), un ragazzo (in piedi) legge un rotolo che il suo maestro apre davanti a lui; un altro ragazzo sta imparando a suonare la cetra da un altro maestro. Noterai che i maestri hanno tutti la barba: per i Greci la barba era simbolo di saggezza

Se era proprietario terriero, il cittadino ateniese non lavorava, ma controllava che i suoi contadini facessero rendere le terre; altrimenti si occupava di artigianato e commercio. Se lo Stato gli assegnava qualche incarico, lo svolgeva per il bene della patria e per aumentare il proprio prestigio personale, ma appena assolto il suo compito ritornava ad essere un cittadino comune, si dedicava ai propri affari e alla famiglia.

Scena di banchetto su un vaso greco. Gli uomini sono semisdraiati sulle loro klinai , (divani). L’unica donna presente è una flautista.Le donne, infatti, non partecipavano ai banchetti

Un momento molto importante per la vita sociale, ma anche per trattative commerciali, era il banchetto (simposio) che il padrone di casa offriva agli amici e agli ospiti di passaggio. Si mangiava, si beveva, ma soprattutto si discuteva di tutto e ci si divertiva con giochi, musica e danze.

Per le donne ateniesi la vita era un po’ diversa. Non c’erano scuole femminili; le bambine perciò dovevano studiare in casa, sotto la guida di uno schiavo istruito.

A 15 anni andavano spose a un uomo scelto dal padre. La donna ateniese aveva il compito di seguire i lavori domestici e dirigere la casa: amministrare il denaro, addestrare gli schiavi, crescere i figli e tutte le mattine fare un’offerta agli dèi protettori della famiglia.

METTITI ALLA PROVA . SPARTA VS ATENE

1. Rispondi alle domande dopo aver studiato bene: z Che cos’è la democrazia?

z Ad Atene tutti hanno diritto a cariche pubbliche? Come possono partecipare i poveri?

z Perché Clistene divise la popolazione in dieci tribù?

z Che cos’è l’ostracismo?

z Com’era educato un giovane ateniese?

z Che compiti erano riservati a una donna?

2. Si riferisce a Sparta o ad Atene? Scrivi S per Sparta e A per Atene.

Re Licurgo Ginnasio

Solone

Peloponneso

Attica

Assemblea

Democrazia e ducazione militare Oligarchia

3. Dopo aver studiato l’organizzazione e la vita delle due polis greche, prova a confrontarle:

SPARTA ATENE

SOCIET À

FORMA DI GOVERNO

ECONOMIA (attività principale)

EDUCAZIONE DEI RAGAZZI

LE DONNE

I PERSIANI

Mar Mediterraneo

⬛ Impero Persiano 480 a.C.

Il sole era già alto nel cielo quando Re Leonidas uscì dalla sua tenda, si acconciò i lunghi capelli color rame in una crocchia alla sommità del capo, calzò l’elmo e prese lancia e scudo dall’ilota che glieli porgeva, poi raggiunse il suo posto in prima linea all'ala destra. I Persiani apparvero all’imbocco del passo poco dopo. Re Leonidas fece un segnale e i flauti cominciarono a suonare. La musica uguale e ossessionante si sparse per la valle in cui echeggiava soltanto il passo pesante dell’armata persiana. Re Leonidas levò l’asta e il piccolo reparto si mise in marcia per l’ultima battaglia. Arrivati quasi a contatto, abbassarono le lance e caricarono.

Il Re, come una forza scatenata della natura, massacrava tutti quelli che si paravano sul suo cammino. Lo scudo col dragone si alzava ai suoi fianchi come uno scoglio di bronzo tutte le volte che i Persiani cercavano di colpirlo di lato, e dietro di esso Aristarchos, torreggiante in mezzo a una folla di nemici, vibrava fendenti da tutte le parti facendo il vuoto intorno a sé.

Ogni volta che i Persiani stavano per aggirarli, i Greci si gettavano indietro di corsa verso la strettoia poi, girandosi improvvisamente, attaccavano di nuovo selvaggiamente come se nei loro corpi ardesse un’energia inesauribile.

Dal suo trono Serse osservava pallido la scena mentre Demaratos, con la mascella contratta, teneva lo sguardo rivolto a terra.

VALERIO MASSIMO MANFREDI , Lo scudo di Talos , Mondadori

Nel v secolo a.C. la Grecia era il paese più potente tra quelli affacciati sul m editerraneo, grazie ai suoi traffici commerciali. Una minaccia, però, giungeva da Oriente: i Persiani.

DOVE? QUANDO?

I Persiani erano un popolo che abitava a est della m esopotamia, nell’odierno Iran. Inizialmente erano nomadi, poi un capo tribù particolarmente coraggioso e determinato li riunì in un unico popolo. Si chiamava Ciro, detto poi Ciro il Grande . Con il suo esercito Ciro si era spinto fino in India, creando un impero sempre più potente. v erso ovest aveva sottomesso le colonie greche dell’Asia m inore. Il suo successore, il re Cambise , occupò l’ e gitto, ponendo fine alla dinastia dei faraoni. Quando Cambise morì, salì al trono Dario e gli fu un re potente e con un regno tanto vasto che fu chiamato il Re dei Re .

COME ERANO ORGANIZZATI?

In questo bassorilievo è raffigurato il re Dario in trono. È molto più grande del suddito davanti a lui: proprio per dimostrare tutto il suo potere

L’impero persiano aveva due capitali: le città di e cbatana e di Susa. Dario però fece costruire un enorme palazzo a Persepoli, dove visse con la sua corte. e ra un palazzo davvero enorme, con decorazioni meravigliose.

Tutti coloro che lo visitavano capivano immediatamente quanto fosse potente e ricco il re Dario. L’immenso territorio fu diviso in province, chiamate satrapie In ognuna di esse un satrapo (governatore) governava in nome del re e gli riferiva tutto quello che accadeva. Per potersi spostare velocemente da una città all’altra in uno spazio così grande, Dario fece costruire nel suo regno numerose strade. In questo modo i suoi ordini giungevano in fretta anche nei luoghi più lontani. La più importante era la Strada Reale , lunga 2.600 chilometri. Lungo il percorso sorgevano 111 stazioni di posta, per il cambio dei cavalli e il ristoro dei viaggiatori, come nei moderni autogrill.

In questo grande impero gli abitanti erano tutti considerati sudditi , dovevano obbedienza assoluta e tributi al Re dei Re in cambio di pace, protezione e benessere. L’esercito era composto da mercenari, soldati pagati per combattere raccolti da tutti i popoli dell’impero.

LE GUERRE PERSIANE

La prima guerra persiana

Dove? Quando?

Sulle coste più a ovest dell’Impero persiano, affacciate sul mar e geo, durante la Prima Colonizzazione erano state fondate numerose colonie greche: e feso, m ileto, Alicarnasso e molte altre. Il Re dei Re le aveva sottomesse, ma queste città non avevano nessuna intenzione di obbedire a un sovrano: i Greci erano uomini liberi. Perciò si ribellarono ai Persiani e chiesero aiuto alla madrepatria per scacciare i loro satrapi. Gli Ateniesi mandarono una flotta per aiutarli.

Un soldato greco combatte con un soldato persiano. Si riconosce il Persiano dal suo strano abbigliamento, senza elmo e con un abito di pelle a strisce

In breve tempo, però, l’esercito di Dario sedò le rivolte, diede fuoco alle città, rese schiavi gli abitanti. Poi Dario si preparò a dare una bella lezione agli Ateniesi che avevano osato correre in aiuto dei ribelli.

Cosa accadde?

Nel 490 a.C. Dario allestì una flotta grande per distruggere Atene e conquistare l’intera Grecia. Attraversò l’ e geo, e puntò su Atene.

Gli Ateniesi intanto avevano mandato il loro esercito verso nord, temendo l’arrivo dei Persiani. Questi, quando videro i soldati greci, sbarcarono a terra.

Si trovavano nella piana di Maratona , circa 40 chilometri a nord di Atene.

Si racconta che l’esercito persiano fosse composto da 100.000 soldati, più di tutti gli abitanti di Atene! L’esercito ateniese, invece, contava non più di 10.000 uomini, guidati da un comandante assai coraggioso e astuto: Milziade

Gli Ateniesi sapevano bene che una sconfitta gli avrebbe fatto perdere la libertà e che la loro città, probabilmente, sarebbe stata distrutta.

Per questo combatterono con maggior slancio e vigore, con grande coraggio, fino a sconfiggere l’esercito persiano grazie all’ottima tattica militare di m ilziade.

accampamento
greco
Persiani
Greci
flotta persiana

I Persiani superstiti risalirono sulle loro navi e salparono. m ilziade capì che le navi persiane si stavano dirigendo verso Atene per attaccarla; in quel momento era completamente priva di soldati e i cittadini erano in attesa di conoscere l’esito della battaglia. Si racconta allora che m ilziade inviò un giovane messaggero di nome Filippide, grande corridore, per annunciare a tutti la vittoria, mentre anche lui con l’esercito si dirigeva velocemente in città per difenderla. Filippide giunse ad Atene, gridò “ Nike ” ( v ittoria) e morì per il grande sforzo. Da quel giorno nei Giochi sacri si introdusse una nuova gara, la m aratona, lunga 42 chilometri come la distanza percorsa da Filippide. Quando i Persiani giunsero davanti ad Atene e videro l’esercito ateniese che era nel frattempo tornato in città, non vollero rischiare una nuova vergognosa sconfitta. Così invertirono la rotta e tornarono verso casa.

L’oplita

I soldati della fanteria greca erano chiamati Opliti . Tutti, infatti, erano armati con un grande scudo rotondo, chiamato oplon. Indossavano un elmo, una corazza in cuoio o in bronzo, schinieri per proteggere le gambe. Oltre al grande scudo, avevano una spada corta e una lunga lancia in legno resistente. Combattevano nella formazione a falange , stretti uno all’altro e coperti dai loro scudi sovrapposti. Diventavano così impenetrabili alle frecce e alle armi degli avversari. Inoltre erano arruolati tra i cittadini, così quando combattevano sapevano bene di stare proteggendo la loro casa, la loro famiglia, la loro città. Ciò li rendeva ancora più coraggiosi.

Su questo vaso greco è raffigurata una scena di combattimento tra due falangi di opliti. Puoi riconoscere il grande scudo, l’elmo, gli schinieri, le lance. Dietro agli opliti un musicista sta suonando per infondere loro coraggio

La seconda guerra persiana

Dove? Quando?

Prima di morire, Dario aveva incaricato il nuovo re, suo figlio Serse , di vendicarlo dei Greci, in particolare di Atene. Per dieci anni Serse si preparò alla nuova guerra, e nel 480 a.C. finalmente fu in grado di muovere l’esercito contro la Grecia.

Cosa accadde?

Secondo i racconti degli storici greci, Serse raccolse un esercito di un milione di uomini, che provenivano da tutti i popoli del suo grande impero; erano e gizi, Babilonesi, popoli dell’Asia m inore, dell’India e della m esopotamia. Ciascuno aveva i propri costumi e le proprie armi: chi archi e frecce, chi scudi e spade, chi giavellotti, chi fionde e chi combatteva su carri da guerra. Parlavano lingue diverse, avevano abitudini diverse. Serse decise che la flotta avrebbe navigato lungo la costa, mentre l’esercito sarebbe entrato in Grecia da nord, via terra.

Fece costruire dai suoi ingegneri un ponte galleggiante di barche per attraversare l’ e llesponto (lo stretto mare che divide l’Asia dall’ e uropa), poi proseguì conquistando il nord della Grecia.

Le polis dei Greci per la prima volta decisero di allearsi per difendere la loro patria dal nemico comune. Organizzarono due linee di difesa: la prima a Corinto, per difendere il Peloponneso, la seconda a nord, sul Passo delle Termopili . È uno stretto passaggio obbligato per dirigersi dal nord della Grecia verso Atene e l’Attica, chiuso tra il mare e la montagna. Proprio qui furono inviati 4.000 soldati. A capo di questo piccolo esercito c’era Leonida , uno dei due re di Sparta, insieme a 300 Spartiati. e rano i migliori guerrieri della polis, probabilmente i migliori guerrieri al mondo.

Serse in trono è rappresentato come suo padre Dario, con il bastone del comando e un fiore, in segno di pace

Per tre giorni l’esercito greco difese lo stretto passaggio e moltissimi Persiani morirono. Serse era scoraggiato e non capiva come risolvere la situazione. Poi una spia comunicò a Serse che c’era un sentiero tra i monti con il quale si poteva aggirare il Passo e prendere Leonida e i Greci alle spalle. Quando Leonida si rese conto del tradimento, rimandò a casa l’esercito e con i suoi trecento spartiati lottò contro i Persiani, fino alla morte.

Il Passo delle Termopili è uno stretto passaggio pianeggiante tra la montagna e il mare
sentiero nascosto
Leonida
Greci
Passo delle Termopili
Persiani

Nel frattempo gli Ateniesi, guidati dal saggio stratega Temistocle , avevano affrontato più volte le navi persiane in battaglia e le avevano sconfitte. Quando però i Persiani sfondarono le difese alle Termopili e iniziarono a scendere verso Atene, Temistocle tornò in città e ordinò alla popolazione di fuggire nella vicina isola di Salamina : era meglio perdere Atene piuttosto che gli Ateniesi!

L’esercito persiano giunse in Attica, trovò Atene deserta e la rase al suolo, incendiando i templi degli dèi e saccheggiando la città.

Temistocle, però, con un inganno attirò la flotta persiana nello stretto mare intorno a Salamina, la costrinse a combattere e ancora una volta

la vinse. Le navi persiane, infatti, erano ingombranti e non riuscivano a manovrare, mentre le navi ateniesi si muovevano con più agilità.

L’anno seguente anche l’esercito persiano fu sconfitto a Platea dalle polis greche alleate. A questo punto

Serse richiamò in patria i suoi soldati: aveva distrutto Atene, ma non era riuscito a togliere la libertà ai Greci.

Nei cento anni che seguirono si raccontò a lungo nelle piazze e nei mercati del coraggio dimostrato da una piccola città come Atene e della resistenza del Leone di Sparta: la memoria di Leonida e dei trecento Spartani non si sarebbe mai più spenta.

Sul luogo della battaglia venne posta una lapide in cui era scritto: «Straniero, annunzia agli Spartani che qui giacciamo, perché abbiamo obbedito alle loro leggi».

Statua raffigurante Leonida. Alle Termopili è stato posto un monumento moderno a ricordo perenne del suo eroismo e di quello degli Spartiati

METTITI ALLA PROVA

Colora con due colori differenti le affermazioni che si riferiscono ai Persiani e quelle che si riferiscono ai Greci.

Per loro la libertà è un valore importantissimo.

Allargarono la loro influenza fondando colonie in m agna Grecia.

Nel loro territorio si parlavano diverse lingue.

Avevano tre capitali, dove il re risiedeva con la sua enorme corte

Avevano un enorme esercito; il re aveva una guardia personale i cui componenti erano chiamati “Immortali”.

Avevano piccoli eserciti cittadini, che raramente si univano in battaglia

e rano governati dal “Gran Re”, i governatori delle province erano i “satrapi”.

Il loro impero era molto vasto: dall’attuale Iran all’attuale Turchia.

Dovevano obbedire al Gran Re in cambio di pace e prosperità.

Nelle loro città l’edificio più importante era il tempio per il dio protettore.

Ciascuna città era indipendente, con proprie leggi e forma di governo.

Parlavano un’unica lingua, con alcuni dialetti.

DOPO LA VITTORIA: LO SPLENDORE DI ATENE

L’ETÀ DI PERICLE

Dove? Quando? Chi?

Dopo la vittoria sui Persiani, Atene ottenne una grandissima fama ed era stimata da molte città greche. Tutte queste polis si riunirono in una Lega , che si chiamò delio-attica: gli alleati si promettevano aiuto e collaborazione, non solo militare ma anche economica e commerciale. Atene divenne una città sempre più ricca e importante. Il personaggio politico più influente ad Atene fu Pericle , che guidò la città e la Lega per molti anni, dal 461 a.C. fino al 429 a.C. e gli era figlio di uno dei comandanti ateniesi della Seconda Guerra Persiana; era un uomo intelligente e colto, ottimo oratore, politico scaltro; non era interessato al denaro e non si lasciava corrompere.

Come organizzò Atene?

Pericle ricostruì Atene, bruciata dai Persiani. Chiese aiuto ai più grandi artisti dell’epoca, scultori, architetti, pittori; essi, sotto la guida di Fidia, innalzarono un nuovo tempio alla dea Atena, il Partenone, enorme e riccamente decorato, che ancora oggi domina l’acropoli della città. Per favorire la partecipazione di tutti i cittadini alla vita politica stabilì che chi vi partecipava ricevesse una paga giornaliera: in questo modo anche i meno ricchi potevano rinunciare al lavoro per partecipare alle assemblee.

Pericle volle che Atene diventasse una potenza sul mare: per questo aumentò la flotta e propose la sua protezione alle altre città della Lega, che, in cambio, versavano ogni anno tributi. La potenza di Atene, però, crebbe troppo: Pericle iniziò a imporre le decisioni di Atene alle altre città e a utilizzare il tesoro della Lega per abbellire la sua città. Questo creò malcontento tra gli alleati, che iniziarono a sentire Atene come un oppressore.

La lega è un’alleanza di più gruppi per raggiungere uno scopo comune. La Lega si chiamava delio-attica perché la sua sede era nell’isola di Delo.

Il Partenone

Quando Pericle decise di ricostruire sull’acropoli il tempio di Atena, dea protettrice della città, affidò il progetto a Fidia, il più grande artista ateniese di quel momento. Fidia si fece aiutare da molti collaboratori, ma è ricordato come il supervisore di tutta l’opera.

Nel 432 a.C., dopo tredici anni, l’opera era conclusa.

Gli Ateniesi che accorsero alla prima cerimonia sacra si trovarono davanti un grande tempio dorico (70×31 metri), con otto colonne sulla fronte e diciassette sul lato. e ra tutto costruito in marmo, che proveniva dal monte Pentelico, a 15 chilometri da Atene: solo il trasporto della pietra doveva essere costato una fortuna!

Sopra l’architrave gli Ateniesi videro raffigurati quattro episodi di guerra, uno su ciascun lato del tempio: la guerra degli dèi contro i Giganti, quella degli Ateniesi contro le Amazzoni, quella dei Lapiti contro i Centauri e la Guerra di Troia. Nei due timpani, invece, statue a grandezza naturale raffiguravano da una parte la nascita di Atena dalla testa di z eus, dall’altra la leggendaria disputa tra Atena e Poseidone per la protezione della città. Nessun fedele poteva accedere al tempio. Dalla porta aperta, però, si intravvedeva la statua di Atena Parthenos (che significa v ergine): per questo il tempio prendeva il nome di Partenone.

La statua era il capolavoro di Fidia: una statua in oro e avorio, alta 12 metri.

La statua originale è andata distrutta in un incendio: esistono solo copie in marmo. La dea Atena ha indosso elmo, pettorale e scudo, probabilmente nella mano aveva anche una lancia. Davanti a lei puoi vedere una piccola statua alata: è la Vittoria

METTITI ALLA PROVA

Durante l’età di Pericle, ad Atene l’ostracismo fu spesso utilizzato per allontanare dalla città gli avversari politici. Leggi i testi che seguono, rifletti e rispondi sul quaderno.

“L’ostracismo non era la punizione di alcun atto criminale, ma si diceva che servisse a soffocare un potere e una grandezza eccessivi. In realtà era il modo con cui il popolo sfogava la sua invidia contro i potenti, senza recare loro troppo danno se non un esilio di dieci anni. […] Per farla breve, si faceva in questo modo. Ognuno prendeva un ostrakon , cioè un coccio, o un pezzo di terracotta, vi scriveva sopra il nome del cittadino che desiderava fosse bandito, e lo portava in una certa parte dell'Agorà circondata da ringhiere di legno. Per prima cosa, i magistrati contavano tutti i cocci in massa (perché se erano meno di seimila, l'ostracismo non era valido); poi, mettendo ogni nome a parte, dichiaravano bandito per dieci anni colui il cui nome era scritto dal numero maggiore, con il godimento della sua proprietà...”

PLUTARCO , Vita di Aristide , Capitolo 7

z Per quale scopo, secondo Plutarco, i cittadini ateniesi utilizzavano l’ostracismo?

z Ti sembra una pratica corretta? Perché?

Ancora Plutarco ci racconta un episodio particolare, in occasione dell’ostracismo di Aristide “il giusto”:

“Dunque una volta scritti i cocci, si dice che un cittadino, completamente analfabeta e rozzo, diede un coccio ad Aristide, come se fosse uno lì per caso. Lo esortò a scriverci sopra il nome “Aristide”. e gli si meravigliò e chiese che male avesse mai fatto Aristide. “Nulla” rispose “nemmeno lo conosco, ma sono stufo di sentirlo sempre chiamare “il giusto”. Si dice che Aristide non abbia risposto, abbia scritto il nome sul coccio e che glielo abbia ridato.”

z Ti sembra che il cittadino ateniese abbia un motivo valido per esiliare Aristide? Perché?

z Perché secondo te Aristide scrive il suo nome sul coccio senza ribellarsi?

LA GUERRA

DEL PELOPONNESO

DOVE? QUANDO?

La prepotenza di Atene preoccupava Sparta e i suoi alleati, riuniti nella Lega del Peloponneso

La tensione crebbe, finché nel 431 a.C. scoppiò la guerra. La Guerra del Peloponneso durò quasi trent’anni. Atene fu gravemente colpita da una epidemia di peste, nella quale morì lo stesso Pericle (429 a.C.).

Negli anni seguenti tutte le polis furono coinvolte nella guerra, anche le colonie della m agna Grecia. Dopo vittorie e sconfitte da entrambe le parti, nel 404 a.C.

Atene si arrese: la Lega di Sparta aveva vinto.

Sparta impose durissime condizioni di pace: le mura di Atene dovevano essere distrutte, tutte le navi consegnate, tranne dodici. Atene, inoltre, perdeva la sua democrazia, perché a capo della città venne posta un’assemblea di uomini fedeli a Sparta, chiamati Trenta Tiranni. La democrazia ateniese era terminata.

La guerra del Peloponneso segnò la fine del massimo splendore della civiltà greca. Da quel momento ogni città cercò di difendere i propri interessi e tutti erano più deboli e indifesi. Così, quando da nord giunse l’esercito macedone, le polis non furono capaci di allearsi per il bene comune della libertà.

Mar Mediterraneo Mar Egeo

⬛ Sparta e i suoi alleati

⬛ Atene e i suoi alleati

⬛ Territori costretti a pagare tributi a Atene

⬛ Territori neutrali

⬛ Regno macedone Mar

I MACEDONI

MACEDONIA

Pella

Mar

TESSAGLIA

Mar

Ionio

PELOPONNESO

DOVE? QUANDO? CHI?

La m acedonia era una regione situata a nord della Grecia. e ra prevalentemente montuosa, ma vi erano anche fertili pianure nelle quali i m acedoni praticavano l’agricoltura e la pastorizia. I ricchi boschi fornivano il legname per le navi di molte città greche. I m acedoni erano un popolo di stirpe greca, ma per le loro abitudini semplici i Greci li consideravano come degli stranieri. Il loro re Filippo II , però, era molto abile e aveva educato il suo popolo ad essere unito e disciplinato. Filippo era diventato re nel 360 a.C., parlava perfettamente il greco, conosceva e apprezzava la grande cultura dei Greci e ne aveva studiato a fondo l’arte militare.

Vista sulle montagne della Macedonia

COME ERANO ORGANIZZATI?

Per prima cosa Filippo II rinnovò l’esercito macedone modificando lo schieramento a falange. La nuova formazione prese il nome di falange macedone e ra una formazione di fanteria, armata con lance molto lunghe e protetta da molti scudi, inattaccabile e inarrestabile. Le lunghe lance non permettevano al nemico di avvicinarsi; inoltre, le molte file permettevano che quando un soldato veniva colpito fosse subito sostituito.

Filippo rinforzò anche la cavalleria, che negli eserciti greci non esisteva: essa aveva il compito di inseguire il nemico in fuga o di aggirarlo velocemente.

Con questo esercito Filippo approfittò delle continue lotte fra le polis per la conquista della Grecia. Occupò le regioni del nord, poi minacciò Atene.

Alcuni Ateniesi erano favorevoli al nuovo re, che avrebbe portato la pace. L’oratore Demostene, però, capì che Filippo voleva diventare re della Grecia, togliendo del tutto la libertà alle polis. Allora radunò una Lega contro i m acedoni e schierò l’esercito a difesa delle città greche.

A Cheronea, nel 338 a.C., l’esercito macedone vinse i Greci: questa volta il nemico non era stato fermato. Filippo occupò Atene e sottomise le altre polis, togliendo per sempre la libertà al popolo della Grecia.

In realtà il sogno di Filippo era quello di creare un grande esercito di m acedoni e Greci per invadere la Persia, liberare le colonie dell’Asia m inore e conquistare nuove terre. Purtroppo prima di poter realizzare il suo ambizioso progetto morì assassinato. Il regno passò nel 336 a.C. a suo figlio Alessandro. Falange macedone

ALESSANDRO IL GRANDE

Alessandro morì nella centoquattordicesima Olimpiade, quando ad Atene era arconte Egesia. Visse trentadue anni e otto mesi; regnò dodici anni e otto mesi. e ra di corpo bellissimo e amante delle fatiche; acutissimo di mente e coraggioso; amante della gloria e dei pericoli e molto rispettoso delle divinità. e ra insaziabile solo della gloria. In situazioni ancora poco chiare era abilissimo nell'intuire ciò che si doveva fare; nelle altre circostanze era capace di individuare con successo la via da seguire. Nello schierare, armare ed equipaggiare l'esercito era bravissimo; nel sollevare l'animo dei soldati, riempirli di buone speranze, togliere loro la paura nei pericoli eccelleva grandemente. Lui stesso si mostrava sempre impavido. Quando combatteva, si dimostrava molto coraggioso; era anche abilissimo nel colpire il nemico all’improvviso, prima che potesse accorgersi. Nel rispetto dei patti e degli accordi fu fidatissimo, e sicuro nel non farsi ingannare. Risparmiava il denaro se si trattava dei propri piaceri, ma era generoso per fare del bene a chi gli era vicino. Se qualche errore Alessandro ha commesso per fretta o per ira, ciò è dovuto alla sua giovinezza. Però, tra i re antichi io so che solo Alessandro fu così nobile da pentirsi degli errori che aveva commesso.

Arriano, La spedizione di Alessandro

Quando? Chi?

Alessandro aveva solo vent'anni quando nel 336 a.C. diventò re. Da ragazzo aveva studiato con Aristotele, il più grande filosofo e sapiente dell’epoca e forse di tutti i tempi: amava l’arte, la letteratura e la medicina. Sapeva combattere bene ed era esperto di governo, perché aveva sempre affiancato il padre. e ra dotato di un fisico eccezionale e di uno straordinario coraggio, fin da piccolo era diventato un ottimo cacciatore e un abile arciere; amava cavalcare e si racconta domasse di persona i cavalli che poi utilizzava. Sopportava ogni fatica insieme ai suoi soldati, che lo amavano moltissimo. Salito al trono decise di continuare l’impresa che il padre aveva dovuto interrompere: la guerra contro la Persia.

L’impresa di Alessandro

Nel 334 a.C. Alessandro mosse il suo esercito contro i Persiani e sbarcò in Asia m inore. Non trovò molta resistenza: liberò le colonie greche della costa, poi proseguì all’interno del territorio del Re dei Re. Si trovò di fronte l’esercito nemico una prima volta sul fiume Granico e lo sconfisse.

Allora Dario, nipote di Serse e nuovo Re dei Re, radunò un grande esercito e mosse contro di lui. Si scontrarono a Isso , nell’attuale Siria, e Alessandro vinse di nuovo, infliggendo gravi perdite al nemico. Dario fuggì, abbandonando mogli,

figli e molte delle sue ricchezze. Quando Alessandro entrò nella sua tenda, trovò ancora la tavola apparecchiata!

A questo punto Alessandro si diresse in e gitto, conquistando lungo il percorso la Fenicia e la Palestina. In e gitto scacciò i Persiani e fu accolto dalla popolazione come un nuovo Faraone.

Sul delta del Nilo Alessandro fondò una nuova grande città, che prese il suo nome: Alessandria.

Lasciato l’ e gitto, Alessandro tornò a inseguire Dario: lo scontro decisivo avvenne a Gaugamela , nel 331 a.C.

Alessandro sbaragliò l’esercito di Dario: tutte le città persiane si arresero ai m acedoni e così tutte le satrapie orientali. Dario fuggì ancora, ma uno dei suoi governatori lo tradì e lo uccise, pensando di fare un favore ad Alessandro. m a egli si adirò, punì il traditore e celebrò uno splendido funerale per Dario, che fu sepolto a Persepoli.

Su questo mosaico romano, copia di un dipinto originale greco, è raffigurata la battaglia di Isso. A sinistra puoi vedere Alessandro a cavallo di Bucefalo: ha lo sguardo deciso e fiero, da vincitore. Dall’altra parte ci sono i Persiani in fuga disordinata. L’auriga di Dario ha voltato i cavalli e li incita con la frusta a correre via dalla battaglia. Dario si volta, come ad assicurarsi di non essere raggiunto. Ha uno sguardo terrorizzato, e con la mano fa un cenno disperato indicando i Macedoni vincitori. L’artista aveva capito molto bene come quella battaglia fosse stata per Dario e i Persiani l’inizio della sconfitta e della distruzione del loro regno!

Alessandro non si fermò: proseguì fino alla valle del fiume Indo, lontana e sconosciuta ai Greci. Qui, dopo 20.000 chilometri e otto anni di continue marce e battaglie, i soldati costrinsero il loro comandante al ritorno.

Alessandro si insediò nei palazzi di Dario con l’idea di creare un impero universale : nel suo impero tutti i popoli dovevano vivere in pace, uniti in una sola cultura, senza più differenze di religione, usi e costumi. e gli voleva che i vinti e i vincitori potessero unirsi in una sola civiltà. Perciò fece addestrare militarmente i giovani nobili persiani insieme ai macedoni e fece sposare donne persiane a molti suoi ufficiali. e gli stesso ebbe due mogli persiane.

Curò con attenzione le vie di comunicazione, fece adottare una moneta unica. In molte province mantenne i governatori persiani, in altre pose suoi fidati collaboratori.

L’impero di Alessandro nella sua massima estensione

Da un capo all’altro dell’impero si diffusero la lingua, l’arte e la cultura dei Greci. Fu questo il maggior merito di Alessandro, e per questo meritò il titolo di Magno , cioè “Il Grande”. Nel suo sforzo di unificare le diverse civiltà, però, Alessandro iniziò a considerarsi erede del Re dei Re. Come lui, accettò di essere considerato al pari di un dio, secondo la mentalità orientale: pretese da tutti una obbedienza cieca e assoluta e ordinò che non lo si doveva guardare in faccia ma, in sua presenza, bisognava prostrarsi a terra.

MESOPOTAMIA
BATTRIANA
PARTIA
ARACOSIA
GEDROSIA
CARMANIA EGITTO
TRACIA
Nero Mar Caspio
Mar Mediterraneo

A questa richiesta i Greci e i m acedoni si opposero: non si sarebbero prostrati davanti a nessun uomo, perché erano uomini liberi e per la libertà avevano lottato a lungo.

Il disaccordo tra Alessandro e tutti gli abitanti della Grecia diventò sempre più profondo. Anche i suoi più cari amici iniziarono a contrastarlo, ma il sovrano proseguì il suo programma soffocando le ribellioni e il malcontento.

Nel 323 a.C. stava organizzando una nuova spedizione per conquistare l’Arabia. Improvvisamente si ammalò e in pochi giorni una febbre violenta lo portò alla morte. e ra giovane, era forte, era sano: già gli scrittori antichi scrissero nei loro libri che si sospettò che qualcuno lo avesse avvelenato. Aveva 33 anni.

I Regni Ellenistici

Questo è uno dei molti ritratti antichi di Alessandro

La morte improvvisa di Alessandro lasciò l’impero senza un successore designato. Tutti i generali più fedeli ad Alessandro iniziarono a proporsi come nuovi sovrani, la Grecia si ribellò.

Scoppiò un’inevitabile guerra, ciascun comandante con il suo esercito. Tutti contro tutti. Nessuno però aveva l’intelligenza, il coraggio, la forza, il carisma di Alessandro. Nessuno era in grado di tenere unito un impero così vasto. Allora i generali si misero d’accordo e divisero il territorio di Alessandro in vari regni, governati ciascuno da uno di loro: il Regno d’ e gitto, il Regno di m acedonia, il Regno di Siria, il Regno di Pergamo. Questi regni vengono chiamati Regni e llenistici, da e lleni, nome con cui venivano chiamati i greci. In essi la lingua e la cultura greca erano l’elemento unificante.

Per alcuni secoli il greco fu la lingua più parlata in tutto il m editerraneo, anche presso altri popoli; scienziati, matematici e medici fecero nuove scoperte; l’arte greca fu apprezzata e ispirò nuove creazioni: scultori come Prassitele e Lisippo rappresentarono gli uomini con sempre più realismo e attenzione ai loro sentimenti.

Alessandria divenne una città bellissima: era costruita su isole costeggiate da canali, con isolati regolari molto ordinati; aveva un porto molto frequentato,

che divenne nel tempo il porto più importante del m editerraneo. Nella città c’erano due edifici dedicati agli studi e alla letteratura: il Museo , dove si radunavano artisti di tutto il mondo, e un’enorme Biblioteca con decine di migliaia di rotoli di papiro, che per molti secoli fu la più importante biblioteca del mondo.

Biblioteca di Alessandria

All'ingresso del porto, sopra un’isola, sorgeva il faro di marmo, considerato nell'antichità come una delle “sette meraviglie del mondo”. e ra altissimo, e la sua luce riflessa da scudi di bronzo permetteva ai naviganti di giungere ad Alessandria in tutta sicurezza. In qualche modo, attraverso la cultura il grande progetto dell’impero universale di Alessandro si era realizzato.

Regno di Macedonia

Regno di Pergamo

Mar Mediterraneo

Regno d'Egitto

Nero

Mar Rosso

Regno di Siria

GolfoPersico

METTITI ALLA PROVA

m etti in ordine cronologico i seguenti avvenimenti:

Alessandro conquista la Fenicia e l’ e gitto

Alessandro muore di malaria all’età di 33 anni

Alessandro sale al trono

Il re Dario viene assassinato

L’impero di Alessandro viene diviso in più regni

Alessandro estende il suo territorio fino alla valle dell’Indo m uore Filippo II

Alessandro vince la battaglia di Isso

Mar
Mar Caspio
Paleolitico
Neolitico
3500 a.C.
Sumeri
Egizi
LA LINEA DEL TEMPO
a.C. Nascita di Cristo
2350 a.C.
1350 a.C. 612 a.C.
Babilonesi
Assiri
Ebrei
1200 a.C.
Nascita di Cristo

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