Roberto Ferrucci - Sentimenti sovversivi

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la videocamera inquadrerebbe ciò che adesso sto vedendo. Da sinistra i tre chilometri del ponte di Saint-Nazaire, poi, piano piano, il movimento metterebbe a fuoco il vecchio faro bretone, qui davanti – eccolo, lo sto indicando, vedete – e più lontano, di là dal fiume, oltre gli alberi, Saint-Brévin, sì, laggiù, un po’ più a destra. Qua sotto, l’obiettivo dovrebbe indugiare un po’ più a lungo sul piccolo quartiere del Petit Maroc che – meglio dirlo subito – nessuno ha saputo dirmi perché si chiami Petit Maroc. Infine, la videocamera dovrebbe ritornare indietro, fino a inquadrare, ancora più a sinistra, parallelo al Building, il porto di Saint-Nazaire, utilizzando il massimo ingrandimento possibile per far avvicinare il mio sguardo sulle navi in costruzione, quelle in riparazione, e infine su ciminiere, gru, fumi. Quando ci sono arrivato, la prima volta, mi sono reso conto che se nella tua vita sono tante, di solito, le case che hai abitato, che abiti, e che abiterai, mi sono accorto che, fra queste, da una parte c’è la casa dello stare, dall’altra la casa dell’essere. Quest’ultima, è meglio non coincida con casa tua. È piuttosto un sentimento. Senti che questo è il luogo. Non necessariamente dove vivere ma, di sicuro, dove ritornare quanto più di frequente possibile. Perciò sono di nuovo qui, e non ricordo più che volta è questa. La quinta, la sesta, non so. La prima volta che ci sono arrivato non è stata solo una percezione visiva, dunque, ma un vero sentire. Questa è la casa, ho pensato subito, non per forza mia, la casa, né raggiungibile a piacimento, condivisa con decine di altri scrittori prima di me, altrettanti dopo di me, invitati a fare dentro a questo appartamento, o su questa terrazza, proprio quello che sto facendo io, adesso, vedete, l’iPad piazzato sopra al tavolino ripulito e ordinato, un taccuino pieno di appunti, una penna, una caraffa d’acqua e un bicchiere. Sulla videotastiera dell’iPad, liscia, lucida, le dita non picchiettano sui tasti, ma li sfiorano, ci scivolano sopra, e lettera dopo lettera, tasto dopo tasto, sono delle carezze a far scaturire le parole. Scrivere


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