60-61 s13:52-53 s7
26-01-2011
16:58
Pagina 1
Ragazze sul parquet, 2006-2007 a sinistra: Totò Riina, 2010 Museo della Mafia, Salemi In basso: Il padre dell’artista, 2002 Nelle pagine precedenti: Mimmo Centonze davanti all’opera Capannone vincitrice del premio Fondazione Roma foto Manuela Giusto
a realizzare con sicurezza di segno i capannoni di ferro vecchio e i monocromi. E poi maestri come Vivaldi e Mozart hanno rappresentato un grande nutrimento spirituale per la mia arte». Cosa vuoi raccontare nelle tue opere? «Mi interessa tutto ciò che è anche solo sfiorato dalla vita. Quando ho presentato il ritratto di Totò Riina, conservato nel museo della Mafia di Salemi, molti hanno chiesto quale bisogno c’era di ritrarre un boss mafioso. Per me, invece, ogni volto è adatto a un ritratto. Non esiste uno più meritevole di un altro. Ciascuno è un universo pieno di vita in continua trasformazione. Se fossi eterno ritrarrei più volte tutta l’umanità. Anche i resti di ferro vecchio, abbandonati nei capannoni, sono come degli oggetti di una natura morta doppiamente sfiorata dalla vita: prima come frammenti già vissuti e poi risuscitati dalla luce che li invade». Cosa riesce a ispirarti? «Lo studio della Bibbia mi ha sempre ispirato. Sono
anni che la leggo ogni giorno e la rileggo per intero ogni anno. Studiarla mi dà equilibrio emotivo e un vero scopo nella vita perché mi avvicina al creatore, che considero il più grande artista dell’universo visto che ha creato tutto ciò che ci circonda dal niente. Proprio come quando un artista crea un’opera straordinaria da una tela completamente bianca». Oltre che artista, sei anche curatore. Come vivi questo doppio ruolo? «Come una cosa normalissima. È naturale che chiunque si dedichi con molte energie e attitudine all’arte, poi possa avere la libertà e la competenza di discuterne, se interpellato. Fin dal 1500, un caso emblematico di un artista non già curatore, vista l’epoca, ma storico dell’arte fu quello di Giorgio Vasari, pittore e architetto che conosceva a fondo le tecniche artistiche delle opere delle quali parlava. Un esempio più recente è stato quello di Lucian Freud, considerato da molti “il più grande artista vivente”, curatore di una grande
60