Da don Melone a don Gaudio

Arciconfraternita Maria SS. del Carmine Giovinazzo

Da don Melone a don Gaudio

50 anni di storia confraternale dal 1965 al 2015

LE COMUNITA’ CONFRATERNALI

«possano divenire coraggiosa testimonianza del proprio genuino essere cristiano, in famiglia e nell’ambiente di lavoro» Mons. Nicola Melone

Le confraternite, segno di rinnovamento spirituale Incontri ed Esperienze n. 12/2006

Arciconfraternita Maria SS. del Carmine Giovinazzo

Da don Melone a don Gaudio

50 anni di storia confraternale dal 1965 al 2015

Prefazione

Q

uest’anno 2015 è stato, per il nostro sodalizio confraternale, ricco di eventi fausti ma anche dall’infausta ed inaspettata dipartita del nostro padre spirituale don Nicola Gaudio. È quindi nostro dovere morale, verso coloro che ci hanno preceduto e verso coloro che ci seguiranno, rinverdire la memoria storica e religiosa che ha caratterizzato gli ultimi cinquanta anni ( 1965 – 2015 ) di vita dell’Arciconfraternita Maria SS. del Carmine e della Confraternita di San Francesco da Paola e della Santa Croce.

Questo periodo storico è stato illuminato dalla figura dell’Arcidiacono don Nicola Melone, guida spirituale dell’Arciconfraternita per oltre quaranta anni, e da don Nicola Gaudio che gli è succeduto per altri dieci anni.

Entrambi hanno incarnato al massimo quelle qualità di semplicità, fraternità, benevolenza, sapienza che caratterizzano i buoni pastori di anime. Essi hanno rappresentato la vivida fiamma della fede a cui scaldarsi nel percorso terreno di noi pellegrini cristiani.

Questo opuscolo, che raccoglie note storiche oltre a personali riflessioni, vuole essere un piccolo ma significativo omaggio alla Loro memoria.

Esprimo, a nome dell’intera Arciconfraternita, i più vivi ringraziamenti a S. E. don Felice di Molfetta, Vescovo di Cerignola e di Ascoli Satriano e a don Mimmo Amato, che hanno voluto presenziare a questa iniziativa.

Settembre 2015

Nicola Coppola

Presidente

Da don Melone a don Gaudio

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Presentazione

C

on vivo piacere ho inteso aderire all’invito del dott. Maldarella con il quale, per il ruolo curiale che allora ricoprivo in diocesi, ci si era adoperati a promuovere quel processo di riforma e rinnovamento dei sodalizi confraternali nelle loro espressioni cultuali alla luce del magistero del Vaticano II. L’invito propostomi ha come oggetto quello di delineare la figura di due Assistenti spirituali, mons. Nicola Melone e don Nicola Gaudio, dell’Arciconfraternita Maria SS. del Carmine e della Confraternita di San Francesco da Paola e della Santa Croce, nel contesto degli ultimi cinquant’anni (1965-2015) caratterizzati dal percorso religioso, formativo e culturale dei suddetti sodalizi, accorpati con decreto dal vescovo Mons. Donato Negro.

Forse, ignorando una citazione biblica, i curatori della presente pubblicazione, si sono ad essa lodevolmente ispirati: «Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la Parola di Dio, considerando attentamente l’esito finale della loro vita, imitandone la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e per sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine varie ed estranee» (Eb 13,7-9a).

Risvegliare la memoria attraverso il ricordo è come tornare al cuore per sentirne battiti e pulsazioni di coloro che ci sono stati “capi” nel tempo e nello spazio, realizzando il transitus paschale di Gesù Cristo, Signore del tempo nello ieri, nell’oggi e per sempre!

I due confratelli presbiteri, accomunati dallo stesso dono del sacerdozio e dallo stesso nome, amo ricordarli, pur nella diversità degli anni, come uomini di Dio e grandi amici degli uomini: sì, così sono stati tratteggiati da coloro che hanno reso testimonianza in questo fascicolo; così li ricordo io personalmente nella memoria di giovane seminarista, di presbitero e di collaboratore dei vescovi nei diversi compiti affidatimi durante gli anni della mia presenza in Molfetta-Ruvo-GiovinazzoTerlizzi.

Parroci ambedue, sono stati posti come sentinelle, vegliando giorno e notte sulle loro comunità, annunciando la Parola di Dio, compito questo reso sempre più impegnativo con la riforma conciliare attestandosi, pur in modo diverso, come faro che ha indicato profeticamente il cammino verso il futuro, senza abbandonare l’eredità del passato.

Mons. Melone e don Gaudio sono stati coloro che, mossi dal vento primaverile del Concilio, hanno coniugato il verbo della continuità nella novità. Per questo, nelle Da don Melone a don Gaudio

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loro attività pastorali e di governo, sono stati considerati e accolti dalla gente come uomini umili e generosi, pii e coraggiosi, zelanti e totalmente dediti nella edificazione sul territorio del Regno di Dio, hanno testimoniato Gesù Cristo.

Se il loro ricordo è in benedizione, l’autore della Lettera agli Ebrei, ci ammonisce: imitatene la loro fede, senza lasciarsi sviare da dottrine varie e peregrine. Per questo mons. Melone e don Gaudio vanno ricordati dai sodali e dai tanti giovani, ragazzi e ragazze, che alla loro scuola hanno appreso la gioia di vivere da cristiani.

Nella grata memoria del loro magistero sapienziale cui mi associo anch’io per diversi motivi, all’uno e all’altro, diciamo Grazie per quello che sono stati e per quello che hanno realizzato a Giovinazzo, a Molfetta e oltre, pur nella diversità dei loro carismi.

Cerignola, 18 settembre 2015

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Da don Melone a don Gaudio

† don Felice

Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano

“Ricucire la memoria” Giuseppe Maldarella - Settembre 2015

È

la titolazione della trama degli eventi religiosi e socio-culturali che ogni estate, ormai da vent’anni, il nostro sodalizio promuove allo scopo di connettersi mediante le proprie animazioni al contesto esterno, ancorché sempre più secolarizzato. Mai titolo è risultato tanto appropriato quest’anno in cui le manifestazioni, pur sullo sfondo dell’evoluzione conseguita dalla confraternita, nel cinquantennio dal 1965 al 2015, sono state improntate al ricordo di Don Nicola Melone e Don Nicola Gaudio. E così l’originaria intestazione è stata, per la circostanza, impressionata con la dedicazione: “Da don Melone a don Gaudio. Cinquant’anni di storia sodale da san Francesco da Paola a Maria SS. del Carmine”, ad illustrazione delle diverse iniziative ispirate ai due Assistenti Spirituali succedutisi nell’arco di mezzo secolo. E, nel rievocare il percorso di rifondazione della “congrega” di S. Francesco da Paola, non si può fare a meno di evidenziare che la forza propulsiva del rinnovarsi nei suoi valori identitari, è da ricercare principalmente nell’atteggiamento nascosto dello stile sapienziale di don Nicola Melone. Pur compiutamente erudito di dottrina tridentina orientò da subito, alla luce dei primi documenti del Concilio Vaticano II, il suo tono spirituale, al punto da far sentire anche il nostro sodalizio funzionale alla Chiesa in ordine alla rinnovata vocazione a rievangelizzare il popolo dei credenti. La sottolineatura qui fornita da Enzo Fiorentino, riguardo a Don Nicola, messaggero fedele della buona novella, ci ha richiamato i tratti del convinto araldo della riforma conciliare, pur nella non semplice sua opera di missionario solitario, a volte esperita anche in una sorta di impercepibile dissonanza con la gerarchia. Né ha mancato di accennare alla inesplorata efficacia della sua forza persuasiva che, per quanto ci riguarda, ha ridisegnato il modello di fraternità associativa e indotto a riattualizzare le tradizionali forme devozionali praticate dalla Confraternita. L’incontro di Don Melone con uno sparuto gruppo di giovani risale alla primavera del 1964, presso la Chiesa di San Giovanni Battista delle monache, ove fu inviato Rettore alla guida spirituale dei pochi Confrati di San Francesco da Paola, dopo la sua nomina a canonico della Cattedrale Da don Melone a don Gaudio

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avendo dismesso, nel medesimo anno, l’incarico di parroco di S. Agostino. L’intreccio della carica entusiastica di quei giovani con la confidente riservatezza del prelato fece nascere d’improvviso, senza volerlo, un afflato di amicizia e di sincera affidabilità nell’intraprendere un servizio di testimonianza cristiana radicatasi, strada facendo, in una illuminata coscienza di senso dell’alterità e di confronto dialogico con le emergenti diversità di impostazione di vita e multiformità culturali ed ideologiche che cominciavano già ad affiorare anche nelle periferie del meridione. Nasceva così il primo foglio di giornale d’opinione con il titolo “Incontri ed Esperienze”, diventato in seguito mensile “in Città”. Era una intuizione ambiziosa quanto una esposizione azzardata per la Confraternita che aveva concepito quel canale di comunicazione pubblica come spazio di libero dibattito e terreno di confronto di idee con ogni sorta di realtà sociale, politica e culturale attiva nel nostro ambiente. La logica di fondo di quella impresa editoriale stava nel convincimento che l’appartenenza ad una comunità cristiana, particolarmente di natura confraternale, non può essere in base a calcoli umani e, quindi, ad interessi individuali o di appartenenza a categorie sociali o a dinastie familiari, ma in ragione dell’abbandono fiducioso all’evento cristologico che chiama ognuno ad essere artefice della propria storia nel rispetto degli altri e di ogni diversa ideologia e stato sociale. Infatti, don Nicola ha sempre auspicato che anche la confraternita divenisse movimento vivo di cattolici che, non senza affanni ed inquietudini, sapessero imparare a comprendere e seguire il messaggio evangelico e, con ogni sforzo possibile, conformarsi ad esso nell’ordinario della quotidianità. La “povertà di fede” che di frequente avvertiva tra la gente e di cui faceva cenno nelle sue riflessioni omiletiche, la paragonava al volto reale della Chiesa: è fatta di “gente di poca fede” (Mt 6,30; 8,26; 14,31), che mostra lo stesso scetticismo che provava il popolo israelita di fronte a Gesù. Questa “poca fede” per Don Nicola gli faceva percepire una certa mancanza di respiro di alcune liturgie e soprattutto delle tante forme di antiche devozioni e stava a segnalargli la chiusura della preghiera che non sa andare oltre i propri individuali problemi e i singoli bisogni. Al centro di tali percezioni il suo invito a proclamare l’uomo nuovo della novità di Cristo che rende inaccettabili le condizioni di povertà e di miseria e di conflittualità personali e collettive in cui ci si dibatte la post-modernità e che esige, al tempo stesso, di guardare la storia come processo creativo a cui partecipare per dare fondamento nuovo e significato concreto alla fraternità e alla dignità umana. È stato questo il campo su cui quel gruppo di giovani si è mosso ed ha operato nel tentativo di dare riscontro a quell’orizzonte di prospettive che Don Nicola silenziosamente prefigurava e coltiDa don Melone a don Gaudio

vava nel suo intimo. E in tale direzione la confraternita, al di là delle revisioni statutarie, si è ricostituita in modo funzionale ed anche istituzionale accorpandosi ad altro Ente ecclesiastico dal titolo di “Maria SS. del Carmine”, come pure sul piano delle attività istituzionali che oggi si concretizzano in segni essenziali di religiosità permeata di sentimento di fraternità e di sincerità, di spirito di pace, cui dovremmo tutti aspirare. Si è fatto questo cammino impervio evitando il più possibile il rischio di esaurire i nostri proponimenti in operazioni influenzate dalle tante variabili del progresso economico-sociale o di legittimarlo, come spesso accade, sulla base di influenze politiche che lo avrebbero inquinato inesorabilmente. E’ prevalso sempre un aspetto importante: mutare l’immagine della confraternita dall’essere comunità fine a sé stessa, come comunità rifugio o di prestigio, per farne luogo di impegno attivo e di vita di comunione fraterna. Perché non si finisse per avere drammaticamente come contropartita la lontananza psicologica di aggregati o, al peggio, una riduzione intimistica degli obiettivi posti a fondamento della congregazione. Non si può, dunque, parlare della storia della nostra confraternita senza riscoprire la fecondità della sommessa quanto influente presenza di Don Nicola e del suo ministero colto nella vita pratica, nella fatica di perseverare nel bene e di trovare la forza quotidiana nell’Assoluto che per lui si esprimeva nel mettere in campo tutte le sue attitudini di conciliatore. Il suo è senza dubbio un ritratto di alto profilo, un mosaico di virtù, è un intarsio di fede e di speranza, un pieno di prudenza, di fortezza e di temperanza. Un esempio di presbitero coerente e di uomo dai più saldi principi di avanzata civiltà che hanno fatto da faro ad un’epoca che oggi ci sembra avvolta dal velo di una completa amnesia. A riconoscergli sì alto valore venne tra noi subito dopo la sua scomparsa, a maggio del 2005, Don Nicola Gaudio, sempre nel ruolo di Assistente Spirituale. Con ogni probabilità Don Gaudio non conosceva il suo predecessore, se non in via del tutto indiretta, forse attraverso la presentazione fattagli, all’atto del conferimento dell’incarico, circa la riconosciuta fisionomia ardimentosa della confraternita, distante dalla tipologia corrente di qualsivoglia altro ente ecclesiastico a formazione laica. Eppure, al suo arrivo non nascose lo stupore e la sorpresa di ritrovarsi in una aggregazione diversa da tante altre, al punto che, dopo i primi approcci, ebbe così ad esprimersi: “Sento un grande onore, ma anche una grande gioia di essere succeduto a don Nicola, perché, grazie a lui, ho trovato una Confraternita viva, con una grande fede ed aperta al mondo”. Tant’è che senza indugi Don Gaudio con il suo tenace carattere non solo si è affiancato al cammino da noi intrapreso ma si è speso con tutte le sue energie in tante realizzazioni che il corpo sociale andava mettendo in cantiere, come dimostra Da don Melone a don Gaudio

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la sua apprezzata inserzione mensile nel giornale “in Citta”. Una inaspettata saldatura di propositi e di condivisioni di intenti che hanno consentito di percorrere una lunga tappa di storia della confraternita secondo una linea di continuità e di progressivo avanzamento non solo spirituale. Grazie, appunto, al grande sostegno morale e all’audace passione che don Gaudio ha profuso all’azione della sodalità fino alla sua scomparsa, nel marzo scorso, la confraternita ha tenuto dritto il timone per essere polo di raffronto nella dialettica cittadina.

Noi, oggi, attraverso le testimonianze qui compiegate, consegniamo alla memoria collettiva due protagonisti che non possono essere oscurati dal tempo, perché hanno irradiato con il loro impegno una visione di civiltà che è stata di passaggio all’attualità del presente. Sentiamo di doverlo fare noi che, consapevolmente, avvertiamo essere il riflesso, ancorché opaco, di un’epoca storica segnata anche dal magistero di insigni ecclesiastici.

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Da don Melone a don Gaudio

Don Nicola: custodia del passato e progetto per il futuro

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Enzo Fiorentino

’iniziativa confraternale di “Ricucire la memoria” rappresenta per la nostra comunità un’occasione quasi unica per calarsi nel tempo per conoscerlo e per evitare, in tal modo, la distruzione del passato o, meglio, la demolizione dei meccanismi sociali che connettono l’esperienza dei contemporanei a quello delle generazioni precedenti.

E se per Loewenthal, la memoria è il rombo del tempo, che scandisce il distacco dal passato per tentare di capire quello che è accaduto, per Hobsbawm lavorare sulla memoria vuol significare oltrepassarla per estendere i confini e costruire su di essa per andare al di là della memoria e dell’oblio, soprattutto per i giovani cresciuti in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono.

E il senso dell’iniziativa assume uno spessore ancora più profondo se rivolta al recupero di “giganti”, che rappresentano per tutti noi confratelli le nostre storie, i successivi e contradditori volti che abbiamo avuto in passato, e che in quanto tali personificano il vissuto personale e collettivo che ci portiamo dietro come bagagli.

A me il non facile compito di ricordare don Nicola Melone, un gigante sulle cui spalle ho imparato a camminare per guardare lontano. E desidero farlo recuperando aspetti che ho colto nei molteplici colloqui avuti con lui in tutta riservatezza.

Don Nicola non ha amato il potere in un contesto storico caratterizzato sempre più da comportamenti rampanti che si affermavano e si consolidavano anche negli apparati della chiesa stessa. Ma come sempre accade, era cercato dal potere per ricevere consigli o coperture, che tante volte ha negato, soprattutto quando si trattava di strappare garanzie per operazioni che non erano animate da intenzioni volte al bene comune.

Era cercato anche dai nostri vescovi per la sua sensibilità spirituale in grado di sostenerli nel difficile tentativo di cogliere le ansie nascoste dell’uomo nuovo e dei tempi nuovi, che si aprivano ad un cristianesimo sensibile al sociale e alle emarginazioni delle nuove povertà.

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Sorrideva quando gli dicevo che era un uomo che amava andare contro corrente o “à rebours”, come asseriva Huysmann. Mi rispondeva, sempre sorridendo, che non conosceva lo scrittore francese, ma che se andare “à rebours” voleva dire dirigersi dove lo chiamava il Signore e il suo cuore, allora sicuramente lo conosceva da sempre.

Consapevolmente coltivava una sensibilità evangelicamente moderna, che lo disponeva a radicarsi nel presente con i suoi problemi da risolvere, ma con lo sguardo rivolto al futuro con tutta la sua carica progettuale, al mutamento e al cambiamento. Per don Nicola, nessuna persona poteva vivere ai margini, esclusa dalla vitalità e dal valore della vita sociale. Era fermamente convinto che bisognava essere coraggiosi e fiduciosi per vivere il proprio tempo con tutte le sue difficoltà.

L’attualità del suo insegnamento, imbevuto della disponibilità all’incontro, alla comprensione dell’altro e alla riscoperta della speranza nella vita quotidiana, lo rende ancor di più “pietra di guado” in un tempo e in contesto sociale che, facendosi sempre più poveri e privi di riferimenti, lo condannano inesorabilmente all’oblio. E a quell’oblio è sempre e puntualmente condannato l’uomo che “fa il verso al suo tempo”.

Ed è con questo spirito che la confraternita chiama a raccolta la città intera per ricordare don Nicola Melone, esempio di disponibilità verso il prossimo,al fine di ricambiare non con l’oblio il suo innamoramento per la vita, per la storia e per l’uomo.

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Don Nicola Melone: ... “il primo parroco...”

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Angela Depalma

ieci anni non sono pochi, ma non bastano per dimenticare o adombrare tanti ricordi e tutto l’affetto che ogni parrocchiano custodisce nel proprio cuore nei confronti di don Nicola Melone, primo parroco della chiesa di sant’Agostino, la cui esistenza si spegneva il 29 marzo 2005.

Passato in Cattedrale, ai fedelissimi che lo andavano a trovare ripeteva: “Nel mio cuore c’è un angolo riservato esclusivamente a sant’Agostino”. Era il primo amore, di cui gelosamente serbava il ricordo con tanta dolcezza. L’aveva costruita lui, materialmente e spiritualmente, quella comunità, fervida di attività e fermenti innovatori. Vi aveva speso il giovanile entusiasmo di presbitero appena ordinato, che profumava di crisma tutto quello che toccava, imprimendovi il sigillo di Cristo.

Inviato ad operare in una chiesa architettonicamente imponente, ma ancora del tutto disadorna, appendice della parrocchia di san Domenico, aveva fatto di sant’Agostino il tempio che oggi possiamo ammirare in tutto il suo splendore, dopo i recenti lavori di restauro. Ma il merito maggiore che gli va attribuito è quello di aver costruito una comunità parrocchiale viva, tra le più vive del territorio.

L’Azione Cattolica era attivissima e presente con tutte le sue componenti (Beniamine, Piccolissime, Fiamme Bianche, Fiamme Verdi, Fiamme Rosse, Gioventù Femminile, Gioventù Maschile, FUCI, Unione Donne, Unione Uomini, come all’epoca venivano chiamati i diversi settori dell’associazione). Ugualmente attivi erano la Congrega di san Michele e l’Associazione del Sacro Cuore: di quest’ultima basta ricordare l’alto numero degli ascritti e l’animazione di una processione molto partecipata anche a livello cittadino.

Figura ieratica e di aspetto signorile, incuteva rispetto e dava maggiore dignità al culto liturgico. Questo, però, non gli impediva di essere vicino ai bambini, ai poveri, agli anziani, alle famiglie in difficoltà: tutti trovavano posto nel suo cuore e nel suo impegno missionario. Aperto al dialogo, avvicinava i lontani e riusciva spesso a stabilire con loro rapporti di amicizia e vicinanza spirituale. Si intuiva in lui l’uomo di Dio, innamoraDa don Melone a don Gaudio

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to di Cristo, testimone, con la sua vita, del Vangelo. Passava molto tempo inginocchiato, in adorazione davanti al tabernacolo, provocando in chi lo vedeva non solo ammirazione, ma anche desiderio di imitarlo.

Non si può non essergli grati per aver donato i migliori anni della sua vita e per aver speso tutte le sue energie fisiche e spirituali nella costruzione di una comunità, che continua a sentire presente il suo “primo parroco” nei pensieri e nelle preghiere; una comunità che fa memoria quotidiana dell’amore per Cristo e la Vergine Maria che da lui le è stato trasmesso; una comunità che ancora oggi ringrazia il Signore per il dono di don Nicola e invoca per lui la gloria del Regno.

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Da don Melone a don Gaudio

Mons. Melone e don Gaudio: tanta voglia di comunicare!

Filippo D’Attolico

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obbiamo a Mons. Nicola Melone la nascita, alla fine degli anni 70, del foglio comunicativo promosso a cura della Confraternita S. Francesco da Paola.

Egli stesso volle denominarlo “Incontri ed Esperienze” perché lo riteneva strumento attraverso cui raccontare le vicende dei giovani, appartenenti ad una rinnovata Associazione, pronti a relazionarsi con un contesto sociale in crescita. Il suo fu, per quell’epoca, un deciso impulso innovativo nel proporre un Ente confraternale polo di confronto sociale e culturale, anche fuori delle circoscritte mura, sulla base di istanze ed attese di giovanissimi laici che si rendevano testimoni del messaggio evangelico. Don Melone ha poi rinvigorito il suo impegno di comunicatore col prospettare significative sue riflessioni nel corso della successiva edizione editoriale, nata nell’agosto del ’96. Gli argomenti che teneva particolarmente a cuore Da don Melone a don Gaudio

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miravano principalmente aattività operative e, nello specifico, “Le Confraternite, segno di rinnovamento spirituale” nella Chiesa del Concilio Vaticano II. Una sorprendente lungimiranza che Egli stesso prefigurava quando affermava: «Su questo schema portante, indispensabile per ogni confraternita o associazione, non è difficile vedere fiorire tante iniziative di ordine liturgico, culturale, assistenziale, sociale, armonizzando tutto, in carità fraterna, cose antiche e cose nuove» (vedi Incontri ed Esperienze 12/96.) Fu ispiratore, dunque, di un disegno programmatico maturo per ricercare un diverso schema associativo che si è consolidato, successivamente, attraverso la fermezza e la determinazione di don Nicola Gaudio, concretizzandosi in opera più coerente. Don Gaudio, succedutogli come nostro Assistente spirituale nel 2005, appena tra noi, si è adoperato assiduamente con la sua azione di catechesi e anche con proposte che avessero il canto, piuttosto che la poesia o la danza, come momento di preghiera e comunione con il Signore. Nelle sue oltre cento pagine di “Riflessione”, pubblicate nel mensile "in Città" e custodite nel prezioso scrigno dell’intimo di ciascuno noi, è presente il suo linguaggio dalle forme semplici ma nello stesso tempo di estrema profondità che evidenzia il messaggio evangelico di un prete/scout. Un messaggio di pace e di amore, quello di don Gaudio, che ha trovato linfa vitale nella sua grande amicizia con il suo maestro don Tonino Bello, indimenticabile Vescovo della Diocesi. Anche il suo, un percorso di Grande Comunicatore che ha permesso alla nostra Confraternita e all’intera collettività di conoscere meglio anche la figura di Mons. Nicola Melone.

A mons. Nicola Melone e a don Nicola Gaudio saremo per sempre grati e riconoscenti per averci lasciato un patrimonio di grandi valori, espressione del loro vissuto spirituale cui, chiunque vorrà, potrà attingere consultando i loro scritti raccolti nel sito www.incittagiovinazzo.com.

Settembre 2015

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Da don Melone a don Gaudio

Don Nicola Gaudio: giovialità, serietà, impegno apostolico

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Don Luca Murolo

o conosciuto don Nicola tramite il suo fratello Saverio detto, “Verino”, mio coetaneo e compagno di scuola.

Era il 1950: Egli era seminarista studente di Teologia presso il Seminario Regionale di Chieti.

Quando mi fu data la notizia che egli sarebbe stato ordinato sacerdote nel 1951, io che all’epoca frequentavo la 2ª 1iceale, manifestai il desiderio di essere presente al rito della Sua ordinazione.

Ricordo che il 29 giugno 1951 nella mattinata ero in Cattedrale e volli assistere a tutta la cerimonia. Per me fu una preziosa occasione interessante che caricò di entusiasmo.

Da allora continuai la maturazione della mia vocazione sacerdotale e mi entusiasmava il notare con quanto fervore (non bigotto) don Nicola cominciò a esercitare il suo ministero come Assistente dell’Associazione giovanile San Giovanni Bosco della Parrocchia Cattedrale di Molfetta.

Nell’anno seguente avendo conseguito la licenza liceale il 23 ottobre 1952 entrai nel Seminario Regionale perché avevo compreso che la mia vocazione era quella sacerdotale.

Nei cinque anni di preparazione alla mia ordinazione sacerdotale io continuavo a seguire l’attività e a confrontarmi con l’attività che svolgevano i cosiddetti “preti giovani” tra i quali vi era don Nicola Gaudio.

Di lui mi piaceva la giovialità, la serietà, l’impegno apostolico e di pietà e tutto ciò fu fondamentale.

Dopo la mia ordinazione sacerdotale avvenuta il 7 Luglio 1957, don Nicola mi fu amico e confidente e ricordo che ci consigliavamo a vicenda.

Nei vari campi di apostolato che il Vescovo gli affidava egli si impegnò sempre con grande passione apostolica e interesse per il bene delle persone: come parroco della Parrocchia San Corrado, (nel centro storico), nella parrocchia Santa Famiglia, come Assistente diocesano dei Giovani lavoratori...

Nel momento della sua vita in cui don Nicola fu provato dal dolore egli non perdette mai l’entusiasmo nell’impegno apostolico.

Da don Melone a don Gaudio

Quando giunse il momento di “ammainare” le vele a motivo dell’età che avanzava, unitamente a qualche acciacco fisico che lo colpì, egli continuò ad essere per tanti fedeli, anche giovani,“punto di riferimento”. Le forze fisiche sembrava che lo abbandonassero, ma egli aveva delle “risorse” segrete nella preghiera, nella riflessione della Parola di Dio e con questo entusiasmo rendeva il suo servizio sacerdotale dedicandosi all’ascolto dei problemi delle persone, all’amministrazione del Sacramento della riconciliazione.

Un periodo prezioso per don Nicola fu la presenza in Diocesi del Vescovo don Tonino Bello ai cui scritti si è abbeverato e che sono stati una carica di rinnovata giovinezza.

Ne fanno fede i suoi interventi orali o scritti per i cittadini di Giovinazzo specialmente tramite il mensile cittadino “in Città”. Le sue riflessioni attingevano sempre alla Parola di Dio o ai discorsi di Don Tonino Vescovo.

Dopo la morte di don Tonino egli fu uno dei promotori ed animatori dell’incontro mensile: “Il 20 alle 20”: dove puntualmente gli amici di don Tonino si incontravano in una chiesa di Molfetta ogni venti di mese alle ore venti per riflettere e pregare sui testi di don Tonino.

All’ appuntamento sul mensile cittadino di Giovinazzo: “in Città” non venne mai meno dal 2006 al 2015.

Degno di ammirazione è stato il fatto che egli (che mori nell’aprile del 2015) preparò l’articolo di riflessione per il numero del mese di maggio. È impressionante il fatto che l’articolo del mese di Aprile di quest’anno (mese in cui don Nicola è deceduto) ha come titolo: “PASQUA: UNA NOTIZIA INCREDIBILE PER L’UOMO DI OGGI” e tra l’altro dice: “Cristo mia speranza è risorto!Questa certezza illumina con nuova luce tutta di ogni uomo. La luce del mattino di Pasqua possa raggiungerci e illuminare la nostra vita, possa portare luce in quelle situazioni familiari dove l’amore si sta spegnendo, dove il dialogo genitori figli si va affievolendo, dove la speranza sta cedendo il passo allo sconforto e alla delusione... Pasqua è rialzarsi per incontrare Cristo e i fratelli. È questo il senso della mia Pasqua di oggi e di sempre... Non più dubbi, incertezze, tradimenti, delusioni, ma solo speranza e fiducia in Dio e da questa sorgente di verità trarre la forza per amare la vita,anche quando non ci sorride, quando è segnata dalla solitudine, quando i tuoi amici sono andati via, quando l’amore l’amore è stato distrutto... Solo Cristo Risorto può dare senso a tutto quello che è dolore, ma soprattutto gioia”.

Sono parole di fede, di speranza che infondono coraggio e testimoniano la fede di uno che le dice... sulla soglia della sua morte.

Da don Melone a don Gaudio

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Una testimonianza forte don Nicola l’ha data anche con la sua disponibilità a seguire, specialmente negli ultimi anni e con “tanto affanno”, il gruppo scout. Come si spiega che il giorno del funerale nella Cattedrale di Molfetta erano presenti tanti giovani e anziani facenti parte del Movimento? Era un modo per dire all’all’amico e Padre don Nicola il loro grazie per bene ricevuto.

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Da don Melone a don Gaudio

Don Nicola Gaudio: un maestro, un testimone, un rivoluzionario

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Nino Messina

n quest’epoca così controversa, così ricca di accadimenti eclatanti e di proclami altisonanti, sentiamo più che mai forte e stringente il bisogno di interiorità, e lo smarrimento derivante dalla ricerca di una guida autorevole che ne indichi il percorso. Di persone che sappiano irradiare senso e verità nelle parole e nei comportamenti. Di persone che siano l’avanguardia di tempi buoni e siano in grado di intravedere pace e gioia dove altri vedono pianto e disperazione.

Abbiamo bisogno di profeti, di maestri, di testimoni, di rivoluzionari….

Alcuni dicono che c’è bisogno di formazione.

Oggi però abbiamo bisogno di “formati”!

Don Nicola era sicuramente un “formato” dalla Parola di Dio e dalla Esperienza della Strada.

Chi lo ha conosciuto, sicuramente potrebbe raccontarlo come dispensatore di coraggio e spargitore di serenità: la fiducia nel cambiamento traspariva in tutto ciò che faceva. Nei suoi scritti restano tracce evidenti dell’innamoramento dell’umanità e di Dio. L’età avanzata e la malattia, che pure lo consumavano nel corpo, nulla hanno potuto sottrarre a quella mente vivace ed a quella spiritualità gioiosa e contagiosa che hanno “contaminato” quanti gli sono stati vicini, e che – lungi dallo spegnersi – si sono via via arricchite nel tempo.

La sua dote – che è anche ciò che ci lascia in eredità – è stata il saper cogliere il profumo di Dio nei luoghi, nelle parole e nei gesti e di saperlo trasmettere, oltre che con la sua testimonianza verace, con i tanti eventi di cui si faceva promotore, organizzatore, conduttore, senza risparmio di sè.

Ricordo con tenerezza ed emozione una visita al cimitero di Alessano in sua compagnia. Sulla tomba di Tonino Bello, con l’ausilio di un vecchio radioregistratore a cassetta, vetusto ed ingombrante, e di fogli da lui scrupolosamente dattiloscritti e fotocopiati, Don Nicola ci fece ascoltare le parole di don Tonino, commentandole e pregando. Lì, in quel luogo, ai piedi di don Tonino, coinvolgendo non solo il suo piccolo drappello di fedeli, ma Da don Melone a don Gaudio

anche altri frequentatori occasionali, che si unirono alla nostra preghiera, condividendo i nostri foglietti e generando un abbraccio empatico tra realtà diverse e sconosciute. Lui è stato e rimane il ponte operativo del messaggio di Dio. Facilitatore tecnico dell’ascolto e promotore della provocazione.

Come non avvertire il vuoto di testimonianza, dopo di lui? Ai problemi di ieri si aggiungono le sfide terribili di oggi e di domani. Per i giovani, per i poveri, per la pace, per la vita. Don Nicola ripeteva parole di speranza insieme a parole di scuotimento. Fare qui e ora. Contrastando i poteri con l’esempio e l’impronta di prete da città vecchia, che sempre lo ha contraddistinto. La stessa città vecchia nella quale ha accolto, aiutato e abbracciato la povertà, nel silenzio e nello sforzo instancabile di alleviare le sofferenze fisiche e spirituali, trovate molto spesso sull’uscio della sua sagrestia.

Vorrei che non ci limitassimo a “ricordare” don Nicola, né a rievocare il suo sorriso perenne e bonario, il suo faccione rubicondo, i suoi modi garbati e gentili. Vorrei che sentissimo accanto – al di là della sua mancanza fisica – un profeta, un maestro, un testimone e un rivoluzionario. E che raccogliessimo – senza disperderne nemmeno una briciola – quel Pane di Dio che ha spezzato ogni giorno sull’altare e sulle strade del mondo.

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Notizie sulla sodalità “CONFRATERNITA MARIA SS. del CARMINE”

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'Arciconfraternita Maria SS. del Carmine, fondata il 23 gennaio 1598 per concessione di mons. Giovanni Antonio Viperano, Vescovo di Giovinazzo (1589-1610), assume per l'attuale legislazione civile ed in rapporto ai Can. 301 e segg. del C.J.C. la configurazione di Ente Ecclesiastico, riconosciuto a personalità giuridica dallo Stato italiano. L’assetto organizzativo-funzionale dell’Ente trova la sua fonte, oltre che nelle leggi canoniche e statali che disciplinano le Associazioni pubbliche ecclesiastiche, nel Regolamento statutario approvato con Decreto vescovile N. 66/14 del 27 febbraio 2014 ad integrazione dello Statuto diocesano delle Confraternite, cui decreto vescovile n.181/2011. L’attuale corpo associativo, in gran parte di provenienza dalla cessata Confraternita di San Francesco da Paola e della S. Croce, opera presso la Chiesa ex monastica San Giovanni Battista, detta anche delle monache. Ed è in questo edificio sacro che la confraternita sviluppa tutta quanta la sua attività religiosa, ancorché proprietaria della chiesa del Carmine in via Cattedrale. Lo stato in cui si presenta oggi detto edificio sacro è il risultato dell'ultima delle tante trasformazioni apportatevi per essere stato in passato parte integrante del complesso cenobitico delle suore benedettine la cui presenza a Giovinazzo è segnalata sin dal XI sec., come documentato da una pergamena custodita nell'Archivio diocesano di Trani (n. 17), datata 22 marzo 1078. (V. Le Pergamene dei Monasteri delle Benedettine e delle Clarisse di Giovinazzo di Michele Bonserio – anno 2000).

Il tempio, infatti, nel corso della prima metà del sec. XIX ha subito una radicale trasformazione strutturale ed architettonica nel contesto dell'ammodernamento alle linee neoclassiche, concepito dall'arch. Giuseppe Favia di Bari. L'epigrafe che è sull'asse dell'abside, dietro l'altare maggiore, afferma che sarebbe stato rifatto ab imis nel 1849 compresa la sostituzione del medesimo altare centrale, opera marmorea dello scultore napoletano Fedele Gaggiano (1804-1880). Nella seconda metà dell'800, in dipendenza della soppressione del Cenobio Benedettino da parte del Regno d’Italia, nel luglio del 1866, la chiesa fu separata dalla fabbrica conventuale, alienata dal Demanio statale a privati come civili abitazioni, per essere assegnata al Da don Melone a don Gaudio

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Fondo per i Culti. Successivamente nel 1889 con atto n. 21351929 del 31 marzo, il Fondo medesimo la concesse in uso alla Confraternita di San Francesco da Paola perché la officiasse a cura del proprio assistente spirituale, il Canonico della Cattedrale Don Tommaso Nonna, già direttore spirituale delle ultime suore ivi rimaste. E, sempre in questo antico sito ecclesiale la Confraternita di San Francesco da Paola, ormai composta da pochi aderenti, nel 1964 ebbe a rinnovarsi mediante l'aggregazione di diversi giovani che azionarono forme di solidarietà e manifestazioni a sfondo socio-culturale.

Il 1995 ebbe inizio il progetto annuale di eventi culturali e musicali, oltre che religiosi, che si espleta nell'arco dei mesi estivi, dal titolo "Ricucire la memoria" e dal 1997 ebbe avvio la pubblicazione del mensile di informazione cittadino "in Città". L’obiettivo della Confraternita, ormai animata da un folto numero di giovani di varia estrazione sociale e culturale, era appunto quello di poter instaurare un incontro propositivo con la comunità cittadina. E ciò non solo sul terreno religioso, rivalutando e rielaborando le tradizionali pratiche devozionali alla luce degli orientamenti dottrinali emersi dal Concilio Vaticano II, ma anche e, particolarmente, sul piano socio-culturale al fine di sviluppare una apertura comunicativa di interazione per la crescita e valorizzazione dello "status" dell'intera comunità cittadina in ogni sua possibile espressione civile. Contestualmente, proprio in quegli anni, veniva portato a conclusione il processo di accorpamento del Sodalizio di S. Francesco di Paola e Santa Croce con l'Ente ecclesiastico "Arciconfraternita Maria SS. del Carmine", condotto dal Commissario Dr. Giuseppe Maldarella su incarico del Vescovo, Mons. Donato Negro (19932000) - Decreto Vescovile n. 152/94 del 1 ottobre 1994, 14/S-bis/94 -. Con questa nuova identità giuridica la Confraternita Maria SS. del Carmine ha potuto negoziare con il Fondo per i Culti del Ministero degli Interni il rinnovo della concessione della Chiesa di San Giovanni Battista, in data 11 aprile 2000. Con la nuova conformazione l'Organismo associativo ha continuato la sua missione portando a realizzazione a proprie spese gli interventi di recupero e di arredo degli ambienti interni della chiesa di San Giovanni Battista, l’allestimento del nuovo altare centrale in pietra e ha provveduto al consolidamento conservativo della Chiesa del Carmine, di cui è proprietaria dopo il procedimento di fusione dei due Enti e, infine, al restauro delle grandi tele secentesche e settecentesche di cui quest'ultima chiesa è dotata.

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Da don Melone a don Gaudio

Pubblicazioni dell’Arciconfraternita Maria SS. del Carmine

• La Processione del Venerdì Santo – Anno 1993 Confraternita S. Francesco da Paola e S. Croce.

• Madonne Vestite Beatrice Andriano Cestari – Anno 1995 • Giovinazzo tra realtà e memoria Anna Maria Vacca Volpicella – Anno 1996 • I Manti della Madonna di Corsignano Beatrice Andriano Cestari – Anno 1998 • Calendario de “I Bambinelli Pugliesi” Beatrice Andriano Cestari – Anno 2000 • Le Pergamene dei Monasteri delle Benedettine e delle Clarisse di Giovinazzo Michele Bonserio – Anno 2000 • Gli ex voto a Giovinazzo Beatrice Andriano Cestari – Anno 2000 • La Processione del Venerdì Santo in videocassetta “Studio D” di Nicola Ditillo – Anno 2000 • Radici e Rampolli Anna Maria Vacca Volpicella – Anno 2001 • La Chiesa cenobitica di San Giovanni Battista e l’Arciconfraternita del Carmine Arch. Francesco Palmiotto, Prof. Michele Palmiotto, Prof.ssa Rosanna Carlucci – Anno 2001 • Le opere di un maestro della cartapeste leccese Giuseppe Manzo nelle chiese di Giovinazzo Beatrice Andriano Cestari – Anno 2001 • Giovinazzo – Piccole note di toponomastica, di storia, di vita giovinazzese Prof. Vincenzo Rucci – Anno 2003 • Una pagina ignorata di vita giovinazzese del ‘600 – Le visite di S. Giuseppe da Copertino a Giovinazzo Prof. Vincenzo Rucci – Riedizione settembre 2006 • Con don Nicola, oltre don Nicola Mensile “in Città” - Luglio 2006 Da don Melone a don Gaudio

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• Profilo storico biografico di Francesco Taumaturgo di Paola Mensile “in Città” - Luglio 2007 • Visita Pastorale di S. E. Mons. Luigi Martella – Giovinazzo 09-10-2007 Arciconfraternita Maria SS. del Carmine • Il Divino si mostra a chi lo riconosce nello spirito Giuseppe Maldarella - 2015 • Riflessi Gaudiani Mensile “in Città” - Luglio 2015

Dall’agosto 1996 – Editore del mensile cittadino “in Città”

Realizzato a cura del mensile:

“in Città” Periodico di cultura e attualità di Giovinazzo Via Cattedrale 38 - Giovinazzo - www.incittagiovinazzo.it

Promosso dalla:

Arciconfraternita Maria SS. del Carmine Giovinazzo Stampato nel mese di Settembre 2015 presso:

Tipografia “Grafiche Ferrara” Via Auricarro, 105 - Tel. 080.3811927 - Palo del Colle (Bari)