Riflessi Gaudiani

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Arciconfraternita Maria SS. del Carmine Giovinazzo

Riflessi Gaudiani dal mensile “in Città”



Dedicato a tutti coloro che della comunicazione fanno un volontariato sano ed equilibrato



Arciconfraternita Maria SS. del Carmine Giovinazzo

Riflessi Gaudiani dal mensile “in Città”



Prefazione

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ell’arco di questi ultimi cinquant’anni, la vita spirituale, religiosa e culturale dell’Arciconfraternita Maria SS. del Carmine di Giovinazzo si è arricchita della linfa vitale di due assistenti spirituali speciali: don Nicola Melone e don Nicola Gaudio. L’analogia d’intenti, la profonda conoscenza e l’attenzione alla vita sociale e spirituale del sodalizio, hanno rappresentato gli elementi caratterizzanti di questi due nostri prelati. Essi hanno tracciato un significativo percorso di fede aperto al mondo sociale che deve essere sempre coltivato e ricordato. Don Nicola Gaudio è stato il prete semplice ed umile che si è rivelato “fratello” di tutti e “maestro” di vita per ognuno di noi. Questi pochi scritti, fra i tanti, di don Nicola, perle di saggezza e d’ amore, siano motivo di profonda riflessione per noi tutti. Nicola Coppola Presidente

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Presentazione

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ll’indomani dell’improvvisa scomparsa del nostro amato don Nicola Gaudio, nella attesa di un sereno ritrovamento dell’intimità di chiunque ne abbia avuto conoscenza, si avverte corale il bisogno di scoprire e valorizzare il patrimonio dei suoi scritti che ci sono giunti attraverso le pagine del mensile “in Città”, il “nostro giornale” come lui stesso ha definito in più circostanze. Il “suo giornale”, che ha diffuso con convinzione e senza indugio alcuno tra le Comunità che ha guidato nel corso della sua missione e di cui accogliamo una testimonianza a firma di Giovanni Tritto, in rappresentanza della grande famiglia “Masci”. La molteplicità delle riflessioni che don Nicola ha prodotto nel corso del decennio di assistenza spirituale svolta presso l’Arciconfraternita Maria SS. del Carmine di Govinazzo, pagine ricche di attente e profonde meditazioni sulle problematiche di ogni genere e grado, ci induce a proporre all’attenzione del lettore questa breve raccolta comprendente alcuni fra gli ultimi scritti pubblicati. Raccolta che diffondiamo oggi, 15 luglio 2015, giornata di grande raccoglimento, in cui facciamo cerchio attorno alla persona di don Nicola, nel mentre si svolge il triduo in onore della sua innamorata Madonna del Carmine. L’attenta e circostanziata pagina, prodotta da Giuseppe Maldarella, è da invito, poi, ad un approfondimento meditato sulla figura radicale e di servizio che don Nicola Gaudio ha rappresentato per tutti. Filippo D’Attolico

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Introduzione

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’iniziativa lanciata dal Direttore Filippo D’Attolico, a memoria di don Nicola Gaudio, di cogliere da uno degli scritti mensili il suo pensiero rivolto all’uomo d’oggi, assillato dalle tante complicazioni sia nell’intreccio di vita personale e familiare quanto nel contrastato contesto sociale, mi ha indotto a rileggere approfonditamente gli ultimi suoi messaggi, dati alla stampa nel corso di questi mesi 2015. E, nonostante tra le cinque sue ultime prolusioni siano presenti ben due riflessioni riguardo al valore e al senso rispettivamente della Festa di Natale e di Pasqua, mi è parso poter cogliere il suo intriso invito fraterno a desiderare la “felicità umana”. Questa sua proiezione partecipativa, impressionata in una forma e un linguaggio semplice ed accorato, alla maniera del suo maestro, il Vescovo dei miserabili, per quanto io sia riuscito a comprenderlo, tendeva proprio ad esprimere il più fervido augurio a che l’essere del mondo avanzato e tecnologico impari a desiderare “la felicità di tutti”. Sarebbe questo il fulcro di tutto quanto l’orizzonte propositivo di don Nicola, la cui presenza in tanti organismi associativi, dalle più svariate finalità operative, gli aveva fatto percepire, maturare e propugnare in tutte le sue esternalizzazioni, specie quelle fuori dagli schemi e dagli intenti omiletici. Tendere alla “felicità di tutti” per don Nicola voleva dire cambiare il proprio atteggiamento, modificarne la motivazione esistenziale da egoista in altruista e cioè mutare in meglio la nostra quotidianità, dismettendo, o per lo meno riducendo, il nostro egoismo, il nostro pensare solo a noi stessi, perché promuovendo anche il bene degli altri si possa percepire la serenità e la gioia. Fino al punto di desiderare la felicità anche di coloro che ci contrariano, opprimono e ci ostacolano, perché essi sono la figurazione più reale dei nostri errori e delle nostre inquietudini; sono i rivelatori dei nostri difetti e, quindi, indicatori di come dobbiamo migliorare per non star male e non fare del male. Avvertiva questa urgenza di cambiamento di tendenza esistenzialistica osservando proprio l’avanzamento sorprendente dell’evoluzione scientifica dell’intelligenza artificiale espressa appunto dalla sostituzione dell’essere umano con la macchina nei più disparati ambiti della civiltà occidentale, non solo industriali e produttivi, ma anche quelli innovativi dei servizi di ogni specie, finalizzati al miglioramento qualitativo della vita individuale e consociativa. Chi lo ha ascoltato di frequente, ma pure dalla lettura dei suoi scritti, anche di questi ultimi cui ho fatto richiamo, non può non rimanere impressionato dal fatto che la scaturigine da cui don Nicola dipana tutta la impostazione argomentativa è la constatazione della insulsa pretesa, in noi connaturata, di voler cambiare gli altri, specie chi ci sta di torno: i genitori, gli amici, i figli e lo stesso coniuge come sottolineato nello scritto di febbraio scorso che trattava dell’amore coniugale. Non ci si rende, però, conto che più siamo indotti a cambiare gli altri e più siamo infelici! Più giudiRiflessi Gaudiani

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chiamo gli altri e più siamo insoddisfatti di noi stessi. Più ci aspettiamo qualcosa da qualcuno e più c’è il rischio di restare delusi. Se cerchiamo di raggirare e circuire gli altri o cerchiamo di arricchirci a spese del prossimo, non ci sentiremo mai contenti e in pace con noi stessi. La soddisfazione, affermava, nasce sempre da dentro di sé, mai dagli altri o dall’esterno, e neanche dal successo e dalle ricchezze. Anzi, la più grande allucinazione è credere che la felicità dipenda dal soddisfare tutti i nostri desideri e le nostre insaziabili aspirazioni. Teneva, infatti, a rimarcare che in ognuno di noi è intensa la voglia di possedere cose e beni, spesso più per capriccio che per una reale necessità, amori compresi; si desidera più a causa dell’invidia che si prova per il parente, il nostro vicino o conoscente, che per un bisogno reale di crescita propria: basta rendersi conto di questi infantilismi per smettere di desiderare tante cose assurde e, a volte, compromettenti e, quindi, smettere anche di soffrire o di lamentarsi! E forse proprio perché la maggior parte dei nostri desideri sono soltanto capricci, la loro realizzazione ci lascia delusi e insoddisfatti! E così buttiamo via i nostri “trastulli” tanto agognati proprio come fanno i bambini con i loro giocattoli. Il segreto della riuscita personale, compresa la conquista della gioia di vivere, sta nel superamento dei propri egoismi e della dualità in senso generale, e questo è possibile desiderando non solo la nostra felicità ma anche quella degli altri. Il vero amore è appunto desiderare la felicità degli altri. Ecco la ragione per la quale il messaggio più intenso di don Nicola si racchiudeva in una sola e semplice raccomandazione: saper tendere ad una “sapienza introspettiva”. E, pur consapevole che tale conquista sapienziale possa rivelarsi un vero miraggio per ciascuno di noi, non disdegnava, in ogni occasione, di lanciare la sua puntuale esortazione che non annunciava mai con l’autorità che gli derivava da apprezzato presbitero della Chiesa Cattolica o, nel nostro caso, come padre spirituale, ma come normale componente della fratellanza umana e, soprattutto, come uomo dai più alti lineamenti morali. La valenza del suo magistero era data sempre da quella tensione a voler orientare verso l’intelligenza introspettiva rivolta al mondo interiore, cioè a voler acquisire la facoltà di comprendere se stessi. Sapersi rendere conto, anche se non è facile, che le cose sono più semplici di quanto si possa immaginare sempre che si arrivi a comprendere se stessi. Avere consapevolezza dei propri stati d’animo e delle effettive necessità vitali e, quindi, delle proprie risorse emotive ed intellettive può indurre a ricercare l’equilibrio e l’armonia interiore che fa l’uomo contento di sé. Perché il punto del miraggio terreno per don Nicola non è il godimento che piace e induce alla soddisfazione di ogni forma di bisogno, ma è la serenità che è il frutto dell’equilibrio tra le opposte tendenze dell’animo umano. Giuseppe Maldarella

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Riflessione

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a partenza di don Nicola, per ritornare alla casa del Padre, è stata per tutte le persone che lo hanno conosciuto nei lunghi anni della sua vita sacerdotale, una perdita dolorosa perché questo sacerdote e soprattutto pastore, si è speso senza riserve verso quanti a lui si rivolgevano. L’entusiasmo, lo stupore del creato, l’impegno nel servizio quotidiano, erano le sue linee guida perché la vita fosse vissuta intensamente e non sprecata. Amava dire che non era un sacerdote scout, ma uno scout sacerdote, nella essenzialità delle scelte di vita. Ha avuto sempre come guida costante l’insegnamento di don Tonino Bello che aveva seguito sin dal 1982 come sacerdote e parroco del Duomo con cuore grande e, in ogni sua omelia e in ogni suo discorso, lo ricordava perché fosse per tutti, e soprattutto per lui, esempio di vita cristiana ed umana. Nonostante la sua età avanzata ed i suoi problemi di salute, partecipava attivamente come Assistente ecclesiastico nella comunità Masci “don Tonino Bello”, nella comunità Masci Regionale e nell’Agesci. A noi scout, mancheranno molto i suoi consigli, i suoi interventi saggi e pacati, sempre improntati alla comprensione delle ragioni dell’altro e pregni dei valori dello scoutismo. Ricorderemo sempre le sue Messe, i simboli pieni di contenuti che ci presentava ogni volta, le sue giornate di spiritualità al Seminario Regionale di Molfetta da lui organizzate e fortemente volute. Prevedendo che non avrebbe potuto partecipare all’ultimo Consiglio Regionale perché già in Ospedale, aveva consegnato ad Anna e Peppino una riflessione sulla “leggerezza” nella quale ci insegnava che «la vita non è un campo di battaglia dove siamo in lotta continua con noi stessi e con gli altri, la vita deve essere percepita come una festa a cui siamo stati invitati. Lo scopo è quello di stare bene insieme, rilassarsi e goderla al massimo per tornare felici alla casa del Padre». Don Nicola ci mancherà moltissimo e noi tutti lo ringraziamo perché ci ha insegnato a vivere la nostra vita nella semplicità del quotidiano, ci ha aiutato a crescere attraverso la sua profonda spiritualità, perché ancor prima di essere stato un semplice sacerdote è stato per tutte le comunità che lo anno conosciuto un fratello al servizio degli altri fratelli. CI IMPEGNEREMO PERCHE’ IL TUO INSEGNAMENTO NON VADA PERDUTO MA CONTINUI AD ESSERE LIEVITO NEI NOSTRI CUORI E NELLE NOSTRE COMUNITÀ. TI VOGLIAMO BENE

Giovanni Tritto

MASCI

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Copertina del n. 12 - Dicembre 2014 del mensile “in Città”


È Natale anche per te

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Pagina 20 del n. 1 - Gennaio 2015 del mensile “in Città”

ncora una volta è Natale! Si sta facendo un grande rumore: televisione, radio, giornali, tutti ne parlano. Nelle famiglie c’è gran movimento, bisogna preparare il pranzo, l’albero, i regali, il veglione di capodanno, il presepio. Dobbiamo davvero lasciarci coinvolgere da questo frastuono? O dobbiamo vivere autenticamente il nostro Natale, non perdendo mai di vista la verità che si nasconde dietro questa grande festa? Una grande festa che ancora oggi coinvolge, in qualche modo, tutti? Non che l’intera società sia cristiana, ma Natale è pur sempre la memoria del Dio che si è fatto uomo, piccolo, alla nostra portata e quindi tutti possono accostarsi a Lui. Siamo in un’epoca di indifferenza, anche perché la differenza cristiana non si vede più nel quotidiano, ma tutti possono far festa a Natale. MA A PARTE LE LUCI... COS’È NATALE? Se ci guardiamo intorno è da più di un mese che è arrivato il Natale delle luci e delle vetrine, dei pacchetti regalo con fiocchi rossi e finta neve che riempie i negozi! E tanta gente si è messa in cammino, fra una rata e l’altra dell’IMU, alla ricerca di qualcosa di scontato da poter riempire i giorni di festa. Quando si pensa al Natale si pensa ad una festa che sa di famiglia, di gente serena e con la pace nel cuore. Oggi la gente è in cammino ma alla ricerca di un lavoro, che diventa sempre più raro, della famiglia che difficilmente arriva a festeggiare le nozze d’argento, di continue liti ed uccisioni che riempiono i telegiornali e non lasciano trasparire un cielo sereno! A noi cristiani spetta quindi di far riscoprire il senso vero del Natale, cercando di testimoniare quei valori che non vanno più di moda: stare insieme, volersi bene, donare fraternità. E per fare questo non servono le strade piene di luci o le vetrine vestite a festa con i barboni accartocciati vicino a loro! Occorre aver il coraggio di spiegare la parola Natale: sì, Natale di Gesù. Solo con questo bambino, Figlio di Dio, si capisce il bandolo della nostra esistenza, il sapore delle cose semplici, il piacere della collaborazione. E con questo piacere troveremo allora la forza per collaborare con tutti, con Riflessi Gaudiani

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colui che abita sul nostro pianerottolo, con il collega che tenta di farci le scarpe, con il politico che promette mari e monti. Ma a tutti facendoci riconoscere come seguaci di quel bambino, nato a Betlemme 2014 anni fa. Come fare tutto questo? Semplice: impegnandoci a rendere visibile lo stupore della nostra libertà interiore attraverso la tenerezza della preghiera che cambia i cuori. Solo questo è Natale, tutto il resto è solo pubblicità di un dolce chiamato “panettone” che puoi mangiare quando vuoi. Ecco, Natale è la festa che tutti vivono nello stupore sempre rinnovato di accostarsi a un Dio che si è fatto uomo, che è venuto a stare in mezzo a noi, a condividere la nostra vita, le nostre fatiche e le nostre gioie. Proprio per questo Natale è anche la festa di quanti cercano vie di pace, di riconciliazione e di perdono. Allora, anche per te , quest’anno è Natale. Stringiamoci attorno a Gesù che nasce bambino, ci scopriremo tutti più vicini e potremo vedere il volto di Dio, che si è fatto vicino alle persone che ama. Andiamo a Betlemme a contemplare questo grande avvenimento: alziamo il capo verso il cielo e lasciamoci guidare dalla stella perché Gesù è nato anche per te, lasciamoci amare.

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GLI AUGURI SCOMODI DI DON TONINO SEMPRE ATTUALI Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io invece vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’dea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli: • Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. • Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finchè non avete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio. • Dio che divenne uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, il progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate. • Maria che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finchè la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa. • Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro. • Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame. • I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una grande luce” dovete partire dagli ultimi. • Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. • Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative. • I pastori che vegliano nella notte, facendo la guardia al gregge e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. • E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi. • Buon Natale ! Sul vostro vecchio mondo che muore, nasce la speranza. Riflessi Gaudiani

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L’Amore? Vuol dire annoiarsi insieme

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Pagine 26-27 del n. 2 - Febbraio 2015 del mensile “in Città”

a monotonia della vita di coppia è una benedizione. In un mondo di caos, relazioni poliamorose, sesso come diversivo, ci vuole coraggio per esaltare le virtù delle relazioni durature. Il gusto della vita insieme significa essere capaci di annoiarsi insieme. Ne consegue che la noia non è affatto un ostacolo per la vita di coppia. Il concetto di intimità è diverso dall’amore. È lo stesso sentimento di fiducia assoluta che si convive con lo stesso partner. Ed è la base della coppia moderna. Eppure tutto, oggi, sembra remare contro questa tesi: la tentazione dell’avventura, il “poliamore digitale”, il sesso come diversivo o merce di scambio, il tasso elevato di divorzi. Non solo. Sono altre le affinità: i piccoli e grandi scandali, le scappatelle presidenziali amplificate dal gossip, le ripicche, le vendette. Altro che piacere della monotonia. Alla luce di questa vicende il “gusto della vita insieme” è un manifesto romantico assolutamente controcorrente. La tesi può apparire paradossale, ma bisogna intendersi sul significato di noia. Una relazione non può essere un susseguirsi di avventure. Nella nostra società si insiste sempre su parole come “libertà” e “trasgressione” ma io credo che la monotonia sia la condizione che ci consente di creare. Ci sono coppie che suscitano ammirazione, perché sanno avanzare negli anni sempre più innamorate e sembrano capaci di superare indenni cambiamenti e crisi senza separarsi e, soprattutto, continuando ad amarsi. È più utile capire come una relazione funziona quando è stabile, soddisfacente e duratura, anziché andare alla ricerca delle cause di rottura. Il gusto della vita insieme è innanzitutto impegnarsi su una forte condivisione di valori. Essere concordi su quali priorità assegnare al sesso, al denaro, al lavoro, alla famiglia, all’amicizia, ed essere disponibili ad accettare le differenze di vedute senza trasformarle in questioni di stato. A tutti è capitato di fare esperienza della noia, magari in una piovosa domenica pomeriggio dove non c’è niente da fare, fuori fa freddo e non c’è nessuno con cui uscire. Non è la noia che nasce dall’assenza di stimoli, è la noia che nasce dal non riuscire a provare interesse per le cose che si fanno e per le persone che ci circondano. Chi si annoia in questo modo vive una quotidianità dove niente lo emoziona, lo coinvolge e lo entusiasma. Riflessi Gaudiani


Chi si annoia si lamenta che nella sua vita non ci sia niente di interessante: sono sempre le stesse situazioni che si ripetono, la solita routine poco entusiasmante. La noia non si sconfigge cercando nuovi stimoli oppure cambiando radicalmente la vita ma imparando a dare valore a quello che si fa e a trovare un senso più ampio nella propria quotidianità. Le piccole cose sono importanti ma spesso ne sottovalutiamo il valore: per esempio le “pulizie di casa” può essere vissuto come un compito noioso e faticoso, ma diventa gratificante se io vivo le pulizie come un mezzo per creare un ambiente confortevole per me e per i miei cari. Parimenti il proprio lavoro può essere subito come un dovere ingrato, fonte di noia, o considerato in un’ottica più ampia come un servizio alla propria famiglia o alla comunità. La generosità fa bene alla coppia, non dimentichiamocelo. Non si tratta di accogliere ogni giorno il partner con un regalo. Molto meglio è regalargli tempo, disponibilità, ascolto, baci, scambi di tenerezza, dimostrazioni di affetto. Questo non può essere confinato solo nel periodo dell’innamoramento. L’amore non è mai scontato e questo è senza dubbio uno dei punti più importanti da comprendere per riuscire a recuperare l’entusiasmo iniziale. Non fatevi mancare le uscite romantiche, le serate in discoteca se siete amanti di questo genere di divertimenti. Frequentate posti nuovi, amici nuovi, riscoprite il piacere di fare le cose insieme, esprimete le vostre opinioni, litigate se è necessario, confrontatevi e parlate apertamente di tutto ciò che pensate sia importante. Ciò non potrà che fare bene al vostro rapporto. Alcuni consigli per combattere la noia. 1) Accettare la vostra situazione Spesso non si prova piacere nella propria esistenza perché è molto diversa da quella che avevamo sognato. In più quello che di buono abbiamo realizzato non è così allettante e soddisfacente come avevamo immaginato. Per sconfiggere la noia bisogna invece imparare a cogliere il lato buono della propria situazione, a vedere il bicchiere mezzo pieno, le risorse, i pregi delle persone che ci circondano. 2) Non vivere a metà La noia segnala che abbiamo messo il pilota automatico, che ci lascia scorrere le cose addosso, che vivacchiamo. Per sconfiggere la noia è necessario impegnarsi a dare il meglio di sé nella situazione attuale senza aspettare quella ideale (per esempio avere il partner perfetto o il lavoro giusto). Dobbiamo impegnarci e a far crescere quanto di positivo c’è nella nostra vita. Riflessi Gaudiani

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3) Cambiare la vostra routine Se la vostra vita è una sequenza di giorni sempre uguali e nulla vi stimola più, può essere utile cambiare la vostra routine quotidiana. Per esempio, se fate colazione di corsa, bevendo un caffè in fretta, prendetevi il tempo di fare una colazione in regola, ascoltando della musica. Cambiate modo di vestire, fate cose che non avete mai fatto. Questa vi aiuterà ad aumentare la vostra stima nella vita quotidiana. 4) Siate voi stessi Se la noia riguarda la relazione con gli altri, è probabile che non siate autentici nei rapporti con il prossimo. Forse cercate di dare una certa immagine di voi stessi. Quando è possibile, cercate di avere meno maschere e i vostri rapporti con gli altri saranno più veri e stimolanti. 5) Cercate di crescere La noia preme quando abbiamo smesso di sognare, di crescere, di porci degli obiettivi e la nostra vita è diventata statica e senza prospettive. Abbiamo raggiunto una stabilità ma diamo tutto per scontato: il lavoro, il partner, gli amici, la famiglia. La natura umana è fatte per crescere, per evolvere, per migliorare e imparare cose nuove. È un potente antidoto alla noia.

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DALLA “LETTERA A GIUSEPPE” DI DON TONINO Dimmi, Giuseppe, quand’è che hai conosciuto Maria? Forse un mattino di primavera, mentre tornava dalla fontana con l’anfora sul capo e con la mano sul fianco, snella come uno stelo di fiordaliso? O forse un giorno di sabato, mentre con le fanciulle di Nazareth conversava in disparte, sotto l’arco della sinagoga. O forse un meriggio d’estate, in un campo di grano, mentre, abbassando gli occhi splendidi, per non rivelare il pudore della povertà, si adattava all’umiliante mestiere di spigolatrice? Quando ti ha ricambiato il sorriso e ti ha sfiorato il capo con la prima carezza, che forse era la sua prima benedizione e tu non lo sapevi? È la notte che hai intriso il cuscino di lacrime di felicità. Ti scriveva lettere d’amore? E il sorriso con cui accompagni il cenno degli occhi verso l’armadio delle tinte e delle vernici mi fai capire che in uno di quei barattoli vuoti, che ormai non si aprono più, ne conservi ancora qualcuna. Poi una notte hai preso il coraggio a due mani e sei andato sotto la sua finestra, profumata di basilico e di menta e le hai cantato sommessamente le strofe del Cantico dei Cantici: «Alzati, amica mia, mia bella e vieni, perché ecco l’inverno è passato, è cessata la pioggia, i fiori sono apparsi nei campi. Alzati amica mia, mia bella e vieni! Mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro. E la tua amica, la tua bella si è alzata davvero, è venuta sulla strada, facendoti trasalire, ti ha preso la mano nella sua e mentre il cuore ti scoppiava nel petto, ti ha confidato li, sotto le stelle, un grande segreto. Solo tu, il sognatore, potevi capirla. Ti ha parlato di Javhè. Di un angelo del Signore. Di un mistero nascosto nei secoli e ora nascosto nel suo grembo. Di un progetto più grande dell’universo. Poi ti ha chiesto di uscire dalla sua vita, di dirle addio e di dimenticarla per sempre. Fu allora che la stringesti per la prima volta al cuore e le dicesti tremando: “Per me rinuncio volentieri ai miei piani. Voglio condividere i tuoi, Maria, purchè mi faccia stare con te”. Lei ti rispose di sì, e tu le sfiorasti il grembo con una carezza; era la tua prima benedizione sulla Chiesa nascente.

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Essere felici si può

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Pagina 26 del n. 3 - Marzo 2015 del mensile “in Città”

ome si fa ad essere felici? È davvero possibile riuscire a stare bene malgrado i problemi, le preoccupazioni e le difficoltà? Come è possibile migliorare la qualità della vita, eliminare lo stress, vivere a pieno ogni giorno e riuscire a stare davvero bene? Sono domande che mi fanno spesso. Ad essere sincero, alle volte capita anche a me di pensarci. C’era un tempo in cui ognuno di noi sapeva perfettamente come fare per vivere bene. Sapeva affrontare con serenità ogni giorno, sapeva farsi amare, sapeva dare amore, sapeva sorridere, sapeva sognare, sapeva stupirsi… insomma sapeva vivere davvero ogni attimo con intensità. Per un misterioso motivo, quasi per incantesimo, è arrivato un giorno in cui abbiamo dimenticato come si fa. Spesso viviamo con ansia e preoccupazione le nostre giornate, spesso non riusciamo ad accettare noi stessi, non riusciamo a farci amare, non riusciamo ad esprimere il nostro amore, non sappiamo perdonare, non sappiamo più ridere, giocare, e perfino, travolti da mille problemi e difficoltà, non riusciamo più a sognare, a stupirci delle piccole cose, ad immaginare un giorno migliore o di poter cambiare le cose. Forse è proprio questo il problema principale. La maggior parte delle persone ha perduto la speranza di poter migliorare le cose. Vive con rassegnazione il presente ed è quasi spaventato dal futuro, che appare tetro, pieno di insidie e di incognite. Sai, ti confesso una cosa. A volte capita anche a me di passare momenti difficili. Giornate in cui tutto sembra privo di un senso, un grande senso di vuoto si fa strada: le difficoltà appaiono insormontabili, la sfiducia e la tristezza sembrano prendere il sopravvento. Voglio proporre un gioco: la de-crescita personale. Si, hai letto bene. Vorrei che una volta provassimo a tornare indietro nel tempo, proprio a quando eravamo bambini. Un bambino non sta li a cavillare su se stesso, sul suo naso, sui rotolini di ciccia, sul peso, sui capelli, il vestito o chissà cosa. Il bambino si esprime, sogna, crea. Il bambino non sta a preoccuparsi di cosa farà domani, o a ripensare a cosa ha fatto ieri. Il bambino, semplicemente, vive. Riflessi Gaudiani


Il bambino vive il momento, apprezza quello che ha, sa godere di quello che ha, sa entusiasmarsi facilmente, sa sorridere, sa giocare. Il bambino è curioso, attratto dalle novità, ha voglia di imparare, ha fiducia, ha coraggio, ha entusiasmo, ha forza. Il bambino impara dagli errori, insiste, riprova, persevera fin quando non raggiunge ciò che desidera. Il bambino non fa dietrologie, non serba rancore, non ha secondi fini. Il bambino sa perdonare, sa mostrare amore. E noi? Bè noi siamo grandi! Adulti, maturi intelligenti. Noi abbiamo studiato, letto libri, siamo esperti. Possibile che non riusciamo a ricordarci di essere stati bambini? Possibile che non riusciamo a goderci appieno ogni attimo? Possibile che stiamo li a chiederci se il nostro fisico rientra nei parametri mondiali della bellezza o se il colore del vestito che ho scelto è di moda quest’anno? Possibile che stiamo a piangerci addosso, ad essere agitati per il futuro e così impegnati da non riuscire a gioire ad emozionarci, a stupirci per quello che abbiamo intorno? La mia vuol essere, ovviamente, una provocazione, un nuovo spunto di riflessione. Prenditi il tempo per pensare. Cosa puoi imparare da un bambino? Quale risorsa può esserti utile per migliorare la qualità della tua vita? Ognuno di noi ha il diritto ad essere felice. Troppo spesso ci affanniamo alla ricerca di qualcosa che è già dentro di noi. Non occorre cercare lontano. Prendi contatto con il bambino che eri. Ricomincia a vivere davvero. L’esperienza di oggi sommata alla tua essenza di ieri ti porterà in dono una esistenza più lieta. Un bambino può insegnare sempre tre cose ad un adulto:a essere contento senza motivo, essere sempre occupato con qualche cosa, prendere con ogni sua forza quello che desidera.

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QUESTO BISOGNO PROFONDO DI FELICITÀ Questo bisogno profondo di felicità ce l’abbiamo tutti. Alcuni lo appagano in modo effimero. Per esempio un modo per appagare il bisogno di felicità è quello dei soldi. C’è della gente che è presa, strangolata dalla smania del possesso, di accumulare, di avere… è incredibile quanta gente c’è che per il denaro si vende l’anima, si spappola la vita, si sgretola la felicità domestica, frantuma quel focolaio che con tanta fatica ha costruito per inseguire il denaro. Cosa voglio dirvi con questo discorso? Voglio dirvi intanto che la vita è dura per tutti, è difficile per tutti, però io posso indicarvi oggi una fontana a cui potersi abbeverare e trovare non la felicità piena, ma l’appagamento interiore, trovare soprattutto la forza per camminare, per andare avanti e trovare gli estuari dove la felicità si trova nel Regno di Dio, l’ascolto della parola del Signore. Provate tutti momenti di felicità, ce ne sono. L’incontro con un amico, uno che ti dice un complimento, che ti fa un sorriso, uno che accoglie una tua proposta, uno che risponde ad un invito, ti dà felicità. Una notizia veloce che ti giunge, non so, qualcosa di bello che è accaduto alla tua famiglia, oppure a te. Questo io vorrei dirvi: la vita giocatevela bene. Vivetela bene la vostra vita, perché vi capita di viverla una volta soltanto, non bruciatela. don Tonino

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Pasqua: una notizia incredibile per l’uomo d’oggi

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Pagina 26 del n. 4 - Aprile 2015 del mensile “in Città”

n vecchio adagio della sapienza popolare recita: “Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi”, facendo così risultare il Natale come festa della famiglia mentre la Pasqua viene presentata come festa più allargata con amici e parenti da trascorrere magari con la tradizionale gita “fuori porta”. Inutile aggiungere che per i cristiani la Pasqua è la festa per eccellenza. Anzi per rigor di logica ogni domenica (Pasqua della settimana) ogni Eucarestia celebrata (Pasqua vissuta). Ma oggi che significato ha la Pasqua? Per i cristiani “mordi e fuggi” cosa può significare una festa così pregnante? Nei tempi di crisi in cui ci troviamo a vivere, la Pasqua cosa può dirci? Scrive Sant’Agostino: «Tre sono le cose incredibili e tuttavia avvenute: È incredibile che Cristo sia risuscitato nella sua carne. È incredibile che il mondo abbia creduto ad una cosa tanto incredibile. È incredibile che pochi uomini, sconosciuti, inermi, senza cultura, abbiano potuto far credere, con tanto successo, al mondo, e in esso anche ai dotti, una cosa tanto incredibile». Forse lo stupore di Agostino è la spiegazione più plausibile della festività della Pasqua. Ma cosa sia la Pasqua che partendo dall’avvenimento incredibile, dalle liturgie, dalle celebrazioni poi diventa la Pasqua dei fatti, della concretezza delle cose? Se la Pasqua è vita, come e cosa dobbiamo fare perché questa vita raggiunga tutti, senza che nessun uomo rimanga nella morte del cuore, delle attese e delle speranze di ogni genere? Se la Pasqua è amore come e cosa fare perché i nostri fratelli trovino in noi davvero sorgenti di amore sincero e vero? Invece tanti fratelli continuano a soffrire per le nostre gelosie, invidie, cattiverie, maldicenze, calunnie, falsificazioni. Quale Pasqua il mondo potrà mai vivere in questo 2015 se si combattono ancora guerre, se si fanno violenze di ogni genere e la vita è costretta ad essere negata nei valori più comuni di questa società? Il Risorto, il Vivente dà senso e significato alla nostra esistenza e risposta alle domande che sorgono quando la nostra storia incrocia momenRiflessi Gaudiani

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ti di dolore, di malattia, di sofferenze. Il Risorto, che è in noi, ci dà la grazia di trovare dentro ogni involucro doloroso una possibilità umana di vita, di fiducia, di solidarietà, di pazienza, di speranza. Nella vita sociale, dove accanto a tanti valori promettenti, troviamo tante delusioni, ingiustizie, strutture mortificanti o insufficienti, qual è il nostro atteggiamento? Cerchiamo soltanto un rimedio esterno a noi, invocando, come è pure giusto, strutture più giuste e leggi più corrette? Tutto questo è importante e necessario, ma la Pasqua è molto di più! Essa ci insegna che cosa possiamo cominciare a fare noi, con il nostro amore, la nostra disponibilità, il nostro intervento immediato, con lo stesso nostro ottimismo che nasce dall’aver bevuto alla sorgente della vita che è Cristo. Cristo mia speranza è risorto! Questa certezza illumina con nuova luce tutta la vicenda umana di ogni uomo. La luce del mattino di Pasqua possa raggiungerci e illuminare la nostra vita, possa portare luce in quelle situazioni familiari dove l’amore si sta spegnendo, dove il dialogo genitori e figli si va affievolendo, dove la speranza sta cedendo il passo allo sconforto e alla delusione. Questo è l’augurio che ci facciamo a vicenda: la Pasqua del Signore ci porti la pace del cuore e la gioia di vivere. Noi che crediamo con gioia nella Risurrezione di Gesù non possiamo più essere uomini e donne tristi, scoraggiati, senza speranza. Pasqua è rialzarsi per incontrare Cristo e i fratelli. E’ questo il senso della mia Pasqua di oggi e di sempre. Nelle nostre debolezze, difficoltà, problemi di ogni genere guardare al Risorto è riprendere quota, coraggio e andare avanti nonostante tutto. Il tempo che stiamo vivendo non è tra i più sereni nella Chiesa e nel mondo, ma Gesù risorto ci dà il coraggio di andare avanti perché è necessario salire il Calvario per giungere alla Risurrezione. La fede nella Risurrezione del Signore ci aiuti a recuperare i veri valori umani e cristiani. Non più dubbi, incertezze, tradimenti, delusioni, ma solo speranza e fiducia in Dio e da questa sorgente di verità trarre la forza per amare la vita, anche quando non ci sorride, quando è segnata dalla solitudine, quando i tuoi amici sono andati via, quando l’amore è stato distrutto, quando la famiglia non ritrova più le ragioni per stare unita, quando la politica si ferma alla sola parola, quando la giustizia è dimenticata nei rapporti interpersonali e internazionali, quando tutto sembra nero e allora si alza forte la voce: è risorto non è qui, vi precede nel cammino della gioia e della speranza. Solo Cristo Risorto può dare senso a tutto quello che è dolore, ma soprattutto gioia. Riflessi Gaudiani


L’AUGURIO DI DON TONINO Cari amici, nel giorno solennissimo di Pasqua anch’io debbo rivolgere a ciascuno di voi la stessa domanda di Gesù: “Perché piangi?”. La tue lacrime non hanno più motivo di scorrere dagli occhi. A meno che non siano l’ultimo rigagnolo di un pianto antico o l’ultimo fiotto di una vecchia riserva di dolore da cui ancora la tua anima non è riuscita a liberarsi. Lo so che hai buon gioco per dirmi che sto vaneggiando. Lo so che hai mille ragioni per tacciarmi di folle. Lo so che non ti mancano gli argomenti per puntellare la tua disperazione. Forse rischio di restare in silenzio anch’io, se tu mi parli a lungo dei dolori dell’umanità: della fame, della torture, della droga, della violenza. Forse non avrò nulla da replicare se attacchi il discorso sula guerra nucleare, sulla corsa agli armamenti. Forse rimarrò suggestionato anch’io dal fascino sottile del pessimismo se mi racconterai della prostituzione pubblica, del dilagare dei furti nelle nostre case, della recrudescenza di barbarie tra i minori della nostra città. Forse mi arrenderò anch’io alle lusinghe dello scetticismo se mi attarderò ad ascoltarti sulle manovre dei potenti, sul pianto dei poveri, sulla miseria degli sfrattati, sulle umiliazioni di tanta gente senza lavoro. Queste cose le so. Ma io voglio giocarmi fino all’ultimo le carte dell’incredibille e dire ugualmente che il nostro pianto non ha più ragione di esistere. La Risurrezione di Gesù ne ha disseccate le sorgenti e tutte le lacrime che si trovano in circolazione sono come gli ultimi scoli delle tubature, dopo che hanno chiuso l’acquedotto. Riconciliamoci con la gioia. La Pasqua sconfigga il nostro peccato, frantumi le nostre paure e ci faccia vedere le tristezze, le malattie, i soprusi e perfino la morte dal versante giusto, quello del terzo giorno. Da quel versante il luogo del cranio ci apparirà come il Tabor. Le croci sembreranno antenne piazzate per farci udire la musica del cielo. Le sofferenze del mondo non saranno per noi rantoli dell’agonia ma i travagli del parto. E le stigmate lasciate dai chiodi nelle nostre mani crocifisse saranno le feritoie attraverso le quali scorgeremo fin d’ora le luci di un mondo nuovo.

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Vivere la vita con leggerezza Pagina 25 del n. 5 - Maggio 2015 del mensile “in Città”

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Hop, hop, hop com’è misteriosa la leggerezza hop, hop, hop è una strana cosa, è una carezza che non vuoi hop, hop, hop butta via il dolore, la pesantezza hop, hop, hop cerca di inventare la tua leggerezza e volerai.

osì cantava il grande Giorgio Gaber in una delle sue più belle canzoni. Ma come si fa a prendere la vita con leggerezza? Perché alcuni ci riescono e altri no? Ultimamente mi sono soffermato a pensare a questa cosa e ho notato che per la stragrande maggioranza delle persone è più facile prendere la vita seriamente e più difficile invece prenderla con leggerezza. Non è strano? Eppure se pensiamo un solo istante a quando eravamo bambini, possiamo renderci conto che in fondo tutti noi siamo nati con la capacità di vedere le cose e di avvertire gli eventi con più leggerezza rispetto a come li percepiamo ora. Gli adulti infatti, crescendo, acquisiscono la capacità di rendere la loro vita sempre più difficile caricandola di problemi, rancori, gelosie, ansie, inganni verso gli altri e verso se stessi. Per questo è importante imparare a prendere la vita, gli eventi e tutto ciò che ci circonda con maggior leggerezza, senza però confonderla con la superficialità, perché vivere con leggerezza vuol dire vivere con saggezza e non vivere alla leggera. Cosa vuol dire vivere la vita con leggerezza? Vivere la vita con leggerezza non significa assumere un atteggiamento di indifferenza o freddezza nei confronti delle persone o delle situazioni che la vita ci mette di fronte. Non vuol dire nemmeno essere frivoli o sminuire il valore delle cose e neanche rifiutarsi di assumere delle responsabilità. Si può dire che una persona vive con leggerezza quando ha imparato ad affrontare le situazioni e i problemi con il giusto atteggiamento in modo da non lasciare che questi influenzino negativamente la sua sfera emotiva. Riflessi Gaudiani


Ma come si fa a prendere la vita con più leggerezza? Distinguere le cose importanti. Ho sentito spesso dire: “Io sto bene perché vivo la vita con leggerezza, non mi faccio problemi e non penso mai a niente”. Non credo che l’eliminazione dei pensieri sia la strada giusta per poter vivere più serenamente. Ciò che conta davvero non è il fatto di pensare o non pensare ma è la qualità dei nostri pensieri. Quindi più che non pensare niente sarebbe giusto pensare meglio, ovvero concentrare tutte le energie su ciò che conta veramente, saper fare una distinzione tra le cose importanti e quelle di minore rilevanza. In fondo siamo tutti come delle spugne, assorbiamo indistintamente tutte le cose sia positive che negative, che succedono intorno a noi e difficilmente riusciamo a non farci coinvolgere emotivamente da alcune situazioni. Sarebbe utile appuntare tutte le cose negative che ci succedono durante la giornata (un litigio, una critica, le lamentele altrui, un problema inatteso, ecc.) e quando siamo più tranquilli, riflettere su di esse. Quante di queste sono realmente importanti? Cosa hai provato in quelle determinate situazioni? Gelosia, rabbia, odio, invidia, rancore? Ne è valsa la pena? Sei riuscito a risolvere qualcosa? Grazie a queste domande siamo in grado di poter distinguere le cose che contano davvero e su cui concentrare i nostri pensieri, da quelle invece che non possono in alcun modo migliorare la nostra condizione. Non ingigantire i problemi. Purtroppo la maggior parte delle persone è abituata a drammatizzare tutto. Questo accade quando sopravvalutiamo i pensieri, quando ci focalizziamo su qualcosa ricamandoci sopra. I problemi, per molte persone, sono come una palla di neve, che rotolando giù cresce sempre di più fino a diventare una valanga che li travolge. In questo modo anche il problema più piccolo può diventare insormontabile. Se impariamo a vivere con più leggerezza riusciremo a vedere i problemi non come ostacoli, ma come delle opportunità per crescere e migliorare. Non voler tenere tutto sotto controllo. Rassegnatevi. Alcuni eventi, per quanto ci sforziamo, non si possono cambiare. Per vivere con leggerezza bisogna dunque capire che è assolutamente impossibile avere tutto sotto controllo, apparire sempre perfetti agli occhi degli altri e accontentare tutte le persone che conosciamo. Questo atteggiamento provoca ansie e preoccupazioni del tutto inutili, che ci impediscono di vivere serenamente e di dedicarci a ciò che conta davvero. Riflessi Gaudiani

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Bisogna, inoltre, comprendere che la vita non è un campo di battaglia dove siamo in lotta costante con noi stessi e con gli altri, la vita dovrebbe essere percepita come una specie di festa a cui siamo tutti invitati. Lo scopo è quello di stare bene insieme, rilassarsi e godersi al massimo l’evento per poi tornare a casa felici.

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Copertina del n. 5 - Maggio 2015 del mensile “in Città”

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L’AUGURIO DI DON TONINO La vita giocatevela bene, non bruciatela non perché la si vive una volta soltanto, ma perché sapete che rischio correte? Che in questa smania di libertà, di grandezza, di orizzonti larghi invece di raggiungere la meta, vi incastrate nei blocchi. Qualche volta noi corriamo proprio questo rischio: andiamo alla ricerca di obiettivi che pensiamo ci debbano liberare e invece ci danno proprio la prigione. Vivete la vita nel rispetto: il rispetto dei volti, il rispetto delle persone. Vivete la bellezza, la cura della bellezza, che non è qualcosa di effimero. Voi sapete che Dio è la bellezza; è la bellezza che salverà il mondo. Coltivate la belleza del vostro volto, anche quando avrete ottant’anni. Coltivate la bellezza del vostro corpo, la bellezza del vostro vestire, cioè l’eleganza non fatta di abiti firmati, vivete la semplicità. La bellezza del vostro sguardo, non potete immaginare quanta luce dà a chi è triste, non potete imaginare quanta voglia di vivere produce uno sguardo generoso che voi date su una persona che è triste, su un passante. Non c’è ricchezza al mondo, non c’è denaro che ti ripaghi. E queste cose, il rispetto del volto dell’altro, il rispetto dei luoghi, la scoperta di Dio nelle cose belle che Lui ci dà, nella natura e l’intuire la presenza di questo essere più grande di noi, che fa miracoli ogni giorno e noi magari non li sappiamo cogliere. don Tonino

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l sito www.incittagiovinazzo.it, realizzato con la collaborazione della redazione del mensile, propone l’archivio completo dei numeri pubblicati a partire dall’agosto del 1996, data di uscita del primo numero del nostro stampato, realizzato con la prima veste grafica. Man mano che il tempo è passato, si è avvertita la necessità di realizzare impaginazioni sempre più confacenti alle necessità redazionali, nell’intento di giungere al lettore con un messaggio comunicativo chiaro e preciso. La possibilità di sfogliare in rete ogni singolo numero, pone ciascuno nelle condizioni di poter recuperare con facilità il nostro lavoro e tutti gli scritti che don Nicola Gaudio ha prodotto nel corso di questi ultimi dieci anni. Buona lettura. La Redazione

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Realizzato a cura del mensile:

“in Città” Periodico di cultura e attualità di Giovinazzo Via Cattedrale 38 - Giovinazzo - www.incittagiovinazzo.it

Promosso dalla:

Arciconfraternita Maria SS. del Carmine Giovinazzo Stampato nel mese di Luglio 2015 presso:

Tipografia “Grafiche Ferrara” Via Auricarro, 105 - Tel. 080.3811927 - Palo del Colle (Bari)




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