Inchiostro Pavia 130 - gennaio/febbraio 2014

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inchiostro.unipv.it Il giornale degli studenti dell’Università di Pavia Gennaio - Febbraio 2014 Distribuzione gratuita Anno XIX - Numero 130

World

wild

Web

Un assessore pavese querela un cittadino per diffamazione online. Ma fino a che punto la legge può disciplinare la rete? A quanta libertà siamo disposti a rinunciare?


Sommario EDITORIALE Camilla Rossini

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TUTTI MI CHIEDONO, TUTTI MI VOGLIONO pag.4 Giorgio Intropido RINNOVATORE? SÌ, MA DELL’ASFALTO Camilla Rossini

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AAA LAUREATO CON ESPERIENZA Claudio Cesarano

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MUNDUS PORTA LA SIRIA IN ITALIA Fabio Palanza

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#RESTITUITECITUTTO Francesca Lacqua

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NON CI RESTA CHE RICORDARE InChiostroVeritas di Matteo Merogno

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SPECIALE Irene Doda e Stefano Sfondrini

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TROPPO BELLO PER ESSERE VERO Eleonora Salaroli

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FABIO VOLO? NO, GRAZIE! Cristina Ferrulli

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Il giornale degli studenti dell’Università di Pavia Anno XIX - Numero 130 - gennaio/febbraio 2014 Sede legale: Via Mentana, 4 - Pavia Tel. 346/7053520 (Simone), 320/1638343 (Camilla), 334/9394320 (Irene) E-mail: redazione@inchiostro.unipv.it Internet: http://inchiostro.unipv.it DIRETTORE RESPONSABILE: Simone Lo Giudice COMITATO EDITORIALE: Irene Doda, Camilla Rossini, Stefano Sfondrini DIRETTORI BLOG: Stefano Sfondrini TESORIERE: Francesca Carral IMPAGINATORI: Airina Paccalini, Chiara Pertusati, Stefano Sfondrini CORRETTORI DI BOZZE: Veronica Di Pietrantonio, Irene Doda, Airina Paccalini, Stefano Sette, Stefano Sfondrini, Valeria Sforzini Iniziativa realizzata con il contributo concesso dalla Commissione Permanente Studenti dell’Università di Pavia nell’ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studenti Fondi 2014: 6281,60 Euro. Stampa: Industria Grafica Pavese s.a.s. Registrazione n. 481 del Registro della Stampa Periodica Autorizzazione del Tribunale di Pavia del 23 Febbraio 1998. Tiratura: 900 copie Questo giornale è distribuito con licenza Creative Commons Attribution Share Alike 2.5 Italy Questo giornale è andato in stampa in data 06-02-2014 IN QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATO: Irene Brusa, Francesca Carral, Claudio Cesarano, Irene Doda, Cristina Ferrulli, Giorgio Intropido, Francesca Lacqua, Matteo Merogno, Cristina Motta, Fabio Palanza, Camilla Rossini, Eleonora Salaroli, Stefano Sfondrini, Elisa Zamboni.

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MASTERPIECE SÌ MASTERPIECE NO? Cristina Motta

pag.16 twitter/InchiostroPavia

LA LEZIONE DEL LUPO Irene Brusa

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NOTA BENE

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Irene Brusa, Irene Doda e Francesca Lacqua

Inchiostro

SERATA DI CULTURA (MASCHILISTA) Francesca Carral

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SCARAMANZIA DA ESAMI Elisa Zamboni

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IMMAGINE COPERTINA Chiara Pertusati


Editoriale

PRENDERE E LASCIARE di Camilla Rossini

“Cosa prendi e cosa lasci del 2013? ”. Chissà quanti hanno damentale di questo periodo della nostra vita: prenderci fatto questo gioco, enumerando i buoni propositi mentre il del tempo per ridere, per divertirci. vecchio anno era agli sgoccioli. Io, invece, mi riservo il diritto Per farlo (e torniamo, così, all'inizio del discorso) è nedi rispondere a questa domanda solo ora, che siamo ai primi cessario alimentare con sincerità i legami che abbiamo, mesi del 2014 e già le intenzioni cedono il posto ai fatti. Co- soprattutto sapendo che, nel 2014, a far finire le amiminciamo con la voce “entrate”. Inchiostro acquista un nuovo cizie - che noi membri di Inchiostro auguriamo a tutti team di direttori editoriali: me, Irene Doda e Stefano Sfondrini di avere grandi quanto quelle che ci legano - non sarà - quest'ultimo anche alla direzione del Sito. Cumulazione di certo la distanza. cariche, direte. E invece no, è stata una scelta. Crediamo che Veronica, dicevamo, se n'è andata, ma non si è ancora questo nostro/vostro giornale possa usufruire, grazie alla vir- persa una riunione. La sua voce (dall'inflessione sempre più romanesca) risuona ogni lunedì tualità, di possibilità mai sognate prima: un aggiornamento costante, un'attenzio- Come se questi anni fos- dallo schermo del computer. E come lei, così sarà per chi se ne andrà ne ai temi più vari, un'interazione con i sero una piccola dimo- per in seguito: è questa la meraviglia del lettori (voi, dunque) che prima era solo strazione in vitro del fatto Web, vera rivoluzione sia nei rapporti tra utopia. che nelle modalità di ricezione Ma non apriamo l'anno solo in positivo: che tutto, nell'esistenza, persone delle notizie. lasciamo (meglio, ci lasciano loro) tante Rivoluzione già datata, mi direte, eppure colonne portanti nell'architettura sempre è provvisorio solo ora la società pare accorgersene mobile della Redazione, e sarà strana la davvero: serve sempre una buona dose di anni perché loro assenza nelle riunioni settimanali. Mancherà più di tutti le realtà di fatto si impongano alle coscienze critiche. una presenza: Veronica Di Pietrantonio, la nostra romanaccia E proprio di questo vi parleremo nello Speciale: cosa di fiducia. E dico “più di tutti” perché non potrà, come gli altri, succede quando gli atti virtuali hanno ricadute reali, raggiungerci nel post-riunione: in questo momento, infatti, si cosa ne pensa la legislazione e come si declina quetrova da qualche parte nella bella Capitale. sto tema nella realtà politica pavese. È la dura legge dell'università, suppongo: conoscersi, volersi Inchiostro presenterà infatti la significativa vicenda di... bene, ma sapere, in un angolo della mente, di doversi lasciare Ma no, ci ho ripensato. Ora che l'avete in mano, queandare via, prima o poi. Come se questi anni fossero una picsto giornale è vostro. Apritelo e leggete. cola dimostrazione in vitro del fatto che tutto, nell'esistenza, è provvisorio. Ma, almeno a parer mio, questa riflessione non vuole essere scoraggiante. Tutto il contrario: mi piacerebbe suonasse come un'esortazione a vivere a fondo ciò che abbiamo, qui ed ora. Inchiostro, in questo 2014, vorrebbe essere uno strumento di supporto a quest' invito. Il tempo che ognuno di noi passa, ha passato o passerà in questa piccola città di pianura, in questo Ateneo antico, è un'occasione irripetibile per conoscerli entrambi - la città e l'Università - per immergervisi invece che galleggiare sulla loro nebulosa superficie. Vedrete, dunque, più spazio dedicato alla realtà cittadina e di Ateneo, alla cultura, perché crediamo che il tempo di questi nostri studi non vada misurato solo in voti sul libretto, ma anche in libri letti, film visti, canzoni ascoltate. Riteniamo che in questi ambiti le nostre menti possano trarre giovamento da uno sguardo “da pari a pari”, da studenti a studenti, tra coetanei che condividono un linguaggio e un sistema culturale simile e unico. Troverete tutto ciò nel numero, con chiavi di lettura più o meno seriose. Perché certo nessuno di noi dimentica un altro obiettivo fon-

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POLITICA

TUTTI MI CHIEDONO TUTTI MI VOGLIONO Alessandro Cattaneo, il Sindaco più amato dʼItalia di Giorgio Intropido

Il 2014 è l’anno delle elezioni amministrative per più di 4000 comuni in tutta Italia, Pavia compresa. E a chi questa città la vive da studente fuori sede e non, il nome di Alessandro Cattaneo non risulterà di certo nuovo. Uno tra i sindaci più giovani d’Italia, che si è visto incoronare primo cittadino più amato del Paese (ovvero con una percentuale maggiore di cittadini disposti a rivotarlo, NdR) dalla rassegna del Governance Poll 2013, l'analisi che Ipr Marketing realizza ogni anno per Il Sole 24 Ore. Un risultato più che incoraggiante in vista della sua ricandidatura per la corsa a Palazzo Mezzabarba, anche se Cattaneo, piedi ben piantati a terra, ci ricorda che «l’unico sondaggio è quello delle urne». Un risultato questo che i più maligni, forse a ragione, vorrebbero dovuto perlopiù alla risonanza nazionale che il Sindaco pavese riuscì ad ottenere a fine 2012 quando, approfittando di un Berlusconi indeciso, annunciò la propria candidatu-

ra alla Presidenza del Consiglio in vista delle elezioni politiche dell’anno successivo. Il periodo era quello del grande sogno delle primarie del PdL, abortito dopo l’annuncio più che mai scontato del Cavaliere di riproporsi leader del partito e unico candidato premier per il 2013. Ma nell’anno appena passato non pochi sono stati i travolgimenti sul palco della commedia politica all’italiana: Berlu-

L’ intenzione di voto dell’elettore pavese corrisponderà a quella degli 800 campioni interpellati per il Governance Poll 2013? sconi tenta di far cadere il Governo Letta per paura della decadenza ma poi per magnanimità ritratta tutto e vota la fiducia; Alfano e le altre colombe, viste le debolezze del Capo, prendono la palla al balzo e arrivano addirittura a formare un nuovo partito, con uno dei simboli peggiori che si siano mai visti; poi Berlusconi decade sul serio, furor di popolo per il “golpe”, e va a ingrassare lo strano gruppo dei leader extraparlamentari con Grillo e con colui che è stato e sarà nei prossimi mesi protagonista assoluto, Matteo Renzi. E se il nome del sindaco di Firenze, oggi anche segretario del PD, non compare proprio vicino a quello di Cattaneo nel-

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la classifica de Il Sole 24 Ore, quando si parla di rottamazione ecco che i parallelismi si sprecano. Parallelismi che non furono pura invenzione giornalistica, in quanto lo stesso Sindaco di Pavia nel 2012 è ideatore, manco a dirlo sulla scia del collega fiorentino, del movimento #formattiamoilpdl, nato su Twitter e virtualmente sottoscritto da giovani esponenti pidiellini con la richiesta di svecchiare la classe dirigente del partito, di un maggiore dibattito interno e di utilizzare lo strumento primarie anche nel centrodestra. Da allora ad oggi, nonostante il progetto di rinnovamento del partito sia stato messo da parte, Cattaneo ha continuato ad appoggiare Berlusconi alle elezioni prima e confluendo nella rinata Forza Italia poi. Quanto al dualismo locale/nazionale la partita si giocherà tutta alle prossime amministrative: l’intenzione di voto dell’elettore pavese corrisponderà a quella degli 800 campioni interpellati per il Governance Poll 2013? Come reagirà l’elettorato dopo aver assistito all’ascesa della figura di Cattaneo a livello nazionale da una parte e all’annunciata ricandidatura per le prossime comunali dall’altra? L’interessato risponde così a La Provincia Pavese: «Tante volte si è detto e scritto che avrei lasciato Pavia per altri incarichi. Eppure sono ancora qua».


POLITICA

RINNOVATORE? SÌ, MA DELLʼASFALTO Lʼamministrazione Cattaneo secondo Guido Giuliani di Camilla Rossini

Giovane, brillante, intraprendente. Così è solitamente dipinto dai media nazionali il sindaco di Pavia. Una di quelle persone sulla cui grinta politica si trovano d'accordo in molti. Alla luce del sondaggio pubblicato sul Sole 24 Ore (vedi pagina precedente), abbiamo voluto sentire una campana alternativa: Guido Giuliani, consigliere comunale PD. Inchiostro – Nel novembre 2012 (Inchiostro n°121), Cattaneo ci ha rilasciato un'intervista dichiarando che i suoi principi ispiratori erano: rinnovamento, rilancio, legalità e meritocrazia. Iniziamo dagli ultimi due. Alcuni personaggi a lui vicini sono stati e sono implicati in vicende giudiziarie. Qual è il grado di coinvolgimento del sindaco nella loro nomina? Guido Giuliani – C'è stato più di un caso del genere (Giuliani ne ha pubblicato una lista in un suo post del 23 gennaio scorso su Facebook, ndr). Diversi ruoli, anche di dirigenza, sono stati affidati a certe persone solo perché legate al mondo politico del centrodestra lombardo, senza considerarne meriti tecnici o capacità operativa. Cattaneo si è piattamente adeguato ai diktat del suo partito e dei suoi referenti politici e, in quasi nessuna delle nomine, ha messo in pratica le idee di rinnovamento e rottamazione che andava propagandando. È curioso che i media nazionali lo interpellino come “Lei che è così un bravo sindaco”: dimostrano di conoscere poco la situazione locale, altrimenti saprebbero che una serie di scelte a lui attribuibili ha prodotto dei risultati oggettivamente negativi. Il sondaggio del Sole 24 Ore sembra confermare l'opinione corrente, ma sarebbe interessante vedere qual è il campione statistico per questi sondaggi. Secondo lei la presenza massiccia e spesso informale di Cattaneo sui social network, in tv e anche in giro per la città può aver influito sull'opinione della gente? Cattaneo è bravo nell'apparire: è una delle sue qualità migliori. È molto abile nel comunicare con persone che non sono informate, ma in presenza di interlocutori competenti viene messo spesso in difficoltà. Il fatto di essere giovane, esprimersi in un buon italiano e avere una faccia simpatica aiuta sicuramente. Però bisogna riconoscerlo: lui ha migliorato il rapporto dei cittadini con il sindaco rispetto a chi lo ha preceduto. Che cosa ha realizzato la sua amministrazione a livello di rinnovamento urbanistico? Ha gestito bene l'asfaltatura delle strade. Per il resto (viabilità, piste ciclabili, eccetera) mi sembra che l'infrastruttura medievale di Pavia sia rimasta tale. La sua amministrazione, non sapendo proporre un'idea di città diversa da quella che ha trovato, ha pensato di ammodernarla dal punto di vista estetico e pratico: cose molto importanti, ma che fanno capire che manca una progettualità anche solo di medio periodo.

E per gli studenti? Secondo me l'attenzione agli studenti è stata pressoché nulla, così come l'interazione Università-Comune. Quando c'è stata (come per la tessera scontata per gli autobus), l'iniziativa è stata in gran parte degli studenti. Soprattutto, mi sembra che manchi un sistema aggregante. Per esempio sono stati tagliati tutti gli autobus notturni: cosa impensabile nelle città universitarie d'Europa. O ancora, non è stato nemmeno considerato il progetto UAU, che voleva creare un luogo di aggregazione per gli studenti nel Mercato sotterraneo. Oggi al suo posto c'è una sala giochi con le Slot Machine.

«È curioso che i media nazionali lo in-

terpellino come “Lei che è così un bravo sindaco”: dimostrano di conoscere poco la situazione locale.»

A proposito: cos'è stato fatto contro il gioco d'azzardo? Cattaneo si trova con un importante consigliere comunale di maggioranza che è dirigente di una delle più grandi società di gestione di Slot Machine sul territorio provinciale. Diciamo che solo oggi, in maniera molto tardiva e con pochi soldi, l'amministrazione ha sposato un'iniziativa non sua che incentiva gli esercenti a rimuovere le Slot dai loro esercizi commerciali. Se dovesse formulare un bilancio collettivo dell'amministrazione Cattaneo cosa direbbe? Direi che la città di Pavia è rimasta uguale a se stessa, con qualche tratto di asfalto rinnovato. Cattaneo ha deciso di tagliare in quei settori che possono invece formare i cittadini di domani, cioè, per esempio, le scuole pubbliche. Che sarebbero tanto importanti anche per l'integrazione dei molti figli di immigrati. Un'ultima domanda. Nel 2015 ci sarà l'Expo. C'è qualche progetto per fare in modo che Pavia non sia solo il dormitorio economico di Milano? Il problema mai risolto di Pavia è che non ha strutture alberghiere. Eppure potrebbe essere ricettiva, visto che ha un'università molto attiva e un illustre polo ospedaliero. Se diventasse il dormitorio di Milano sarebbe già una buona cosa. Ma non lo sarà.

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UNIVERSITÀ

AAA LAUREATO CON ESPERIENZA

Le novità sulle regole dei tirocini extracurriculari per la regione Lombardia di Claudio Cesarano Non basta avere buoni voti e laurearsi in tempo: nel mondo del lavoro l’esperienza è il requisito che permette davvero di distinguersi ed essere selezionati. Accumulare esperienza lavorativa mentre si è pienamente impegnati nello studio rimane un’impresa spesso impossibile da sostenere (onore e gloria agli studenti lavoratori). Per questo di solito l’unico modo per riempire la sezione “esperienze lavorative” del curriculum sono i tirocini e gli stage, periodi di formazione lavorativa svolti durante il percorso di studi: i due termini sono ormai usati come sinonimi anche se in realtà lo stage è volontario o comunque facoltativo mentre il tirocinio è indispensabile in un determinato percorso formativo o professionale. La maggior parte dei corsi universitari prevede dei tirocini obbligatori: oltre a quelli “classici” come quelli di Medicina - molto regolamentati e necessari per l’accesso alla professione - gli studenti di quasi ogni corso devono affrontare un’esperienza lavorativa prima di conseguire la laurea. Oltre a questi tirocini detti “curriculari”, uno studente può autonomamente decidere di cercare uno stage se il suo piano di studi non lo comprende: in tal caso, non prevedendo l’attribuzione di crediti, si parla di “tirocinio extra-curriculare”.

contemporaneamente e il divieto di svolgere più di un tirocinio presso lo stesso soggetto ospitante. Lo scopo è ovviamente quello di evitare che il tirocinio possa trasformarsi da periodo formativo a vera e propria forma lavorativa che sfugge alle maggiori (?) tutele dei contratti di lavoro regolare. Garantire maggiori tutele è sicuramente la strada giusta, ma bisogna anche considerare che l’offerta ne risentirà: le aziende, già poco inclini ad assumere giovani con poca esperienza, potrebbero preferire tirocinanti curriculari (per cui non sussiste alcun obbligo di rimborso spese) ai tirocinanti extra-curriculari: “sa, c’è crisi, al momento non possiamo garantire alcun rimborso spese” come mantra. In questo modo chi vorrebbe aumentare le proprie competenze ma frequenta un corso di laurea in cui non è previsto tirocinio o vuole fare di più senza compromettere i suoi studi è costretto a rinunciare al suo progetto e rimandare al post laurea o a tentare la spesso insostenibile doppia strada dello studente lavoratore. Il rischio è, ancora, quello di incentivare il lavoro in nero e lo sfruttamento in cambio di “visibilità” per chi non ha un tirocinio curriculare nel piano di studi. È chia-

In quest’ultimo ambito il 9 dicembre ro, che un’azienda che non investe 2013 è entrata in vigore in Lombar- Garantire maggiori tute- nella formazione e non remunera dia una nuova normativa per allineare chi contribuisce alla sua attività dila regolamentazione preesistente alle le è sicuramente la strada mostra poca serietà, ma, in un’otnovità introdotte dalla riforma Fornero giusta, ma bisogna anche tica di inserimento nel mondo del del mercato del lavoro. Tra le novità considerare che l’offerta lavoro avere maggiori tutele non più importanti la normativa introduce deve compromettere gravemente il compenso obbligatorio per i tiroci- ne risentirà l’offerta. Nell’attesa di riforme (o ni extra-curriculari che viene fissato a Jobs act che dir si voglia) si spera 400€ mensili (o 300€ più buoni pasto): una giusta che i datori di lavoro comprendano che l’innovaretribuzione per chi di fatto contribuisce al lavoro e al zione, tanto necessaria per uscire dalla crisi, non fatturato di un’azienda o ente. passa solo dall’investimento in tecnologia ma anche Vengono inoltre stabiliti vincoli nel numero di tiroe soprattutto dalla formazione efficace delle giovani cinanti che un “soggetto ospitante” può accogliere generazioni.

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UNIVERSITÀ

MUNDUS PORTA LA SIRIA IN ITALIA Intervista ad Ahmad Alterkawi, studente Erasmus siriano di Fabio Palanza

Dunia Beam Project: è questo il progetto avviato dall’Università di Pavia all’interno di Erasmus Mundus, il programma di mobilità e cooperazione nel settore dell’istruzione superiore. Un’idea che coinvolge Giordania, Libano, Palestina e Siria con l’obiettivo di contribuire a migliorare le prospettive di carriera degli studenti e a favorire la comprensione interculturale tramite la cooperazione con Paesi terzi. A parlarcene nello specifico è la dottoressa Michela Cobelli dell’Ufficio Relazioni Internazionali. Il progetto è ufficialmente iniziato il 15 luglio 2012 con il coinvolgimento di venti università e quest’anno Pavia ospita quattro studenti siriani. Un’impresa non facile da realizzare, dal momento che il Governo siriano ha da tempo proibito alle sue università di cooperare con istituzioni europee. Infatti, a selezioni avvenute, il lavoro più difficile è stato quello di aiutare gli studenti a ottenere il visto d’ingresso nel nostro Paese. Molti sono stati gli studenti costretti a girare varie ambasciate: Libano, Giordania, Israele e poi Turchia. Tuttavia, Pavia non ha avuto grossi problemi sotto questo punto di vista, dal momento che l’ambasciata italiana di riferimento per i cittadini siriani in Libano si è dimostrata molto collaborativa, fatta eccezione per qualche ritardo. Inchiostro ha avuto la possibilità di intervistare uno dei quattro ospiti siriani a Pavia, Ahmad Alterkawi, studente del collegio Griziotti, iscrittosi regolarmente a Ingegneria elettronica dopo aver ottenuto una borsa di studio di 22 mesi. Inchiostro – Da quanto tempo sei a Pavia e perché hai scelto questa Università? Ahmad Alterkawi – Sono arrivato a Pavia nel mese di settembre 2013, non senza difficoltà dovute a piccole complicazioni sorte con l’ambasciata italiana in Libano, poi fortunatamente risolte. Ho scelto questa città su raccomandazione dei miei professori, perché offriva corsi inerenti il mio percorso di studi. Devo dire che sono molto soddisfatto della mia scelta, la qualità dell’insegnamento è molto buona. Quanto era cambiata la tua vita in Siria negli ultimi anni? Con la crisi siriana, tutto è cambiato. La mancanza di rete ed elettricità aveva compromesso il mio studio che dipendeva principalmente da Internet, inoltre molti professori avevano lasciato il Paese. Dopo essermi laureato, ho iniziato a vedere cosa offriva il mercato del lavoro, ma molte aziende avevano chiuso. La situazione peggiorava di giorno in giorno fino a quando mi sono visto costretto a emigrare in Egitto, senza trovare fortuna. Nel frattempo, però, sono riuscito a ottenere la borsa di studio per studiare in Italia, un’opportunità per la quale sono davvero grato al vostro Paese.

Con la crisi siriana, tutto è cambiato. La mancanza di rete ed elettricità aveva compromesso il mio studio che dipendeva principalmente da Internet, inoltre molti professori avevano lasciato il Paese Come vivi l’attuale situazione siriana ora che sei in Italia? Ogni giorno cerco notizie riguardanti il mio Paese, nella speranza di trovarne di buone, magari su una futura fine della crisi. Tuttavia queste notizie non sono mai positive e sono molto preoccupato per il popolo siriano, poiché ora la situazione è più pericolosa rispetto a quando ho lasciato la Siria. Per concludere, come sei stato accolto in Italia? Dimmi una qualità positiva e una qualità negativa di noi italiani. Devo dire che sono stato accolto bene qui in Italia, perché fin da subito gli italiani sono stati socievoli e disponibili con me e mi hanno aiutato molto. Non c’è nulla che non mi piaccia di loro, ma se devo proprio trovare un piccolo difetto, ho notato una certa “timidezza” da parte loro nel parlare la lingua inglese!

E come è cambiata la tua vita ora che sei qui in Italia? Potremmo dire che tutto è tornato alla normalità: frequento le lezioni, studio, faccio sport. Amo soprattutto incontrare nuove persone, qui a Pavia ci sono culture diverse e molti altri studenti internazionali.

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UNIVERSITÀ

#RESTITUITECITUTTO: LA SENTENZA VINTA DAGLI STUDENTI Intervista al Coordinamento UdU per il Diritto allo Studio Di Francesca Lacqua

Lo scorso 14 gennaio, il TAR della Lombardia ha accolto il ricorso promosso dal Coordinamento per il Diritto allo Studio UdU Pavia in materia di caro tasse. Qualora le istanze venissero accolte anche dai seguenti livelli di giudizio l'Università sarebbe costretta a risarcire gli studenti per un totale di 1 milione e 700 mila euro. Tanti erano infatti i soldi chiesti in più, sforando il limite normativo del 20% che l'Università può chiedere in rapporto al finanziamento statale. Per parlare di questa vicenda Inchiostro ha intervistato il segretario di UdU Pavia, Luca Zecchin. Inchiostro - Perché è importante il risultato di questa sentenza? Zecchin - Questa sentenza ci dice come la contribuzione studentesca non possa essere slegata dai finanziamenti statali nelle università. Ribadisce e rafforza l'identità pubblica dei nostri atenei. Infatti, quel limite del 20% che le università non possono sforare nell'imposizione di tasse non è un limite puramente indicativo, ma vincolante. Lo studente paga una contribuzione, iscrivendosi all'Università, ma è lo Stato che deve garantirla. Quello che oggi vogliono metterci in testa è che il singolo studente debba farsi carico dei servizi offerti, ma questo va in contrasto con ogni principio costituzionale.

velli Essenziali delle Prestazioni), ma non è tuttora definito o applicato. Inoltre il diritto allo studio in Italia attualmente è finanziato al 53% dagli stessi studenti (dalla Tassa regionale per il diritto allo studio). Gli studenti si tassano per pagarsi i servizi. A dimostrazione del fatto che l'accesso all'Università non sia garantito a tutti, basta consultare le statistiche sugli studenti lavoratori, sull'abbandono, sul calo delle immatricolazioni e sui numeri chiusi. Da non sottovalutare anche quel numero incalcolabile di potenziali studenti che non si iscrivono per incertezza economica. Quali sono state le reazioni della governance universitaria a Pavia? Cosa potrebbe cambiare nel panorama nazionale, qualora non solo il Coordinamento per il Diritto allo Studio UdU Pavia, ma anche altre associazioni studentesche si muovessero nella stessa direzione, considerato che gli atenei attualmente fuorilegge sono 11? L'Unipv ha reagito passivamente al sottofinanziamento attuato negli ultimi anni, alzando le tasse e peggiorando i servizi. Al livello nazionale, credo si sia perso un treno importante, perché prima della spending review gli Atenei fuori legge erano 36 e le somme in ballo ben maggiori. Sicuramente, se si fossero promossi ricorsi in tutti o nella maggior parte degli Atenei fuorilegge, si sarebbe evidenziato ancor di più quanto la tassazione in Italia sia iniqua. Il Ministero avrebbe dovuto prendere seri provvedimenti. Nella realtà, in accordo con i Rettori, è stata cambiata la legge, e ci è stata tolta un’arma di protesta.

Cosa significa davvero questo parametro del 20% e in che modo garantisce l'accesso agli studi? L'Università italiana è davvero garantita ai capaci e meritevoli, considerato anche il fenomeno degli “idonei non beneficiari”? Dipende molto come viene considerato il 20%, che di fatto, alla luce della modifica apportata dal governo Monti, non esiste più. Ora all'interno del 20% non vengono più calcolati gli introiti derivanti dalle tasse dei fuori corso, che possono aumentare a dismisura -quasi come se i fuori corso fossero studenti di un'altra categoria-, e il computo totale si riferisce a tutti i fondi incamerati dagli Atenei e non al Fondo Ordinario. Vengono immesse logiche private all'interno di un servizio pubblico sancito dalla Costituzione. È scandaloso, soprattutto se si considera che è stato voluto dalla CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università ItaQuando (e se!) gli studenti potranno effettivamente liane), presieduta -guarda caso- dal Rettore dell'Università di Bergamo, l'Ateneo che chiedeva la percentuale più alta veder tornare indietro il corrispettivo delle tasse pagate in eccesso? (oltre il 36%) e che sarebbe stato maggiormente colpito da Il se e il quando dipendono esclusivamente dal secondo un eventuale ricorso. grado di giudizio dei primi due ricorsi e, come dichiarato Per quanto riguarda il diritto allo studio oggi, ci rendiamo recentemente dal Rettore, anche del terzo. Il Consiglio di conto di quanto non sia sufficiente. Quel poco che esiStato deciderà in maniera definitiva sull'illegittimità della ste non è finanziato a dovere. Non basterebbe coprire le borse attuali, cosa che comunque tassazione. Nel caso ci desse rarisolverebbe lo scandalo tutto ital'Università sarà costretta a Questa sentenza ci dice come la gione, liano degli idonei non beneficiari. restituire il maltolto. Speriamo che contribuzione studentesca non le tempistiche non siano bibliche: Il diritto allo studio è anche -per esempio- mense, residenze, tradi chiudere almeno il pripossa essere slegata dai finanzia- simostima sporti: settori su cui rimaniamo anricorso nell'arco di un anno cora anni luce dietro ad altri paesi menti statali nelle università. Ri- e mezzo. europei. Loro ragionano in termini badisce e rafforza l'identità pubdi finanziamenti da miliardi di euro, noi da poche decine di milioni. In blica dei nostri atenei Italia esiste il concetto di LEP (Li-

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CULTURA

INCHIOSTROVERITAS: NON CI RESTA CHE RICORDARE Riflessione sul pamphlet Contro il Giorno della Memoria di Elena Loewenthal di Matteo Merogno

Contro il Giorno della Memoria, così s’intitola il pamphlet dell’esperta di ebraismo Elena Loewenthal, pubblicato a gennaio di quest’anno. Se si trattasse di puro e semplice negazionismo non ci sarebbe niente da dire, sarebbe semplicemente immondo, oltraggioso, insensibile – perché negare la realtà, occultare, insinuarsi nella Storia e distorcerla, annullandone l’identità, non può essere altro che sbagliato. La Shoah è stata, come “è stato” il dolore, la disumanizzazione, la prigionia, i rastrellamenti, l’annientamento della dignità, lo svuotamento dell’identità, la morte. L’autrice del libro, però, non prende semplicemente in mano la spugna e cancella in un solo colpo scomode verità, non si limita a strappare qualche pagina del manuale di Storia contemporanea. Elena Loewenthal ha studiato gli eventi, ha ascoltato i racconti dei sopravvissuti, ha letto e scritto sui campi di concentramento e, dopo aver fatto tutto questo, dichiara a gran voce, ripetendo con fare ossessivo, che ricordare non serve, è solo doloroso, nient’altro. «Ricordare non porta con sé alcuna speranza. Se anche non dovesse accadere mai più, non sarà per merito della memoria, ma del caso». Non solo è sbagliato il modo in cui si ricorda, perché le celebrazioni ufficiali sono vuote e c’è, come sempre, chi cerca di guadagnare perfino sul dolore, trasformando le storie di vita dei sopravvissuti in casi editoriali; è sbagliato ricordare in sé. Rispetto alla memoria della Shoah, ci vorrebbe l’oblio, si dice nel

Ricordare è l’unica arma che abbiamo per combattere la forza distruttrice annidata nell’umanità libro. Perché il Giorno della Memoria non rende giustizia (se mai sia possibile rendere giustizia, quando si ha a che fare con la morte) ai sopravvissuti, che non fanno altro che auto-infliggersi altro dolore tramite la stessa materia, quella che un tempo vissero sulla loro pelle e che ora ricordano. La cultura ebraica trasuda vita, ci ricorda la Loewenthal, non morte. Sta proprio qui il suo errore di fondo. Un errore troppo grande, troppo importante. L’errore che mi ha spinto, dopo aver letto di questo pamphlet in un articolo de La Stampa, a correre in libreria per capire di più, per riflettere. L’autrice nel libro mette l’accento sull’essere ebrei delle vittime, non sul loro essere uomini. Non è in grado di guardare alla persona, ma si limita ad una sua peculiarità: la sua appartenenza al popolo ebraico. Non capisce che solo in superficie lo sterminio è una questione di tradizione ebraica, di culti religiosi, di Torah, di candelabri a sette bracci, di antiche leggende. Certo, coloro che morirono in quelle camere a gas, in quelle baracche, in quei ghetti, furono soprattutto ebrei, ma in realtà furono uomini, persone. Individui come ognuno di noi, per cui un giorno qualsiasi della loro vita, in cui avrebbero fatto le solite cose, diventò il giorno in cui furono privati della libertà e dell’i-

dentità. Della dignità e della vita. E noi abbiamo il dovere di ricordarlo, perché anche noi siamo persone, esattamente come loro. Nel nostro tessuto vitale c’è tanto il nazista che uccise, quando l’ebreo che morì. La vittima e il carnefice. Il male e il bene. Per questo è importante, necessario, doveroso ricordare, affinché ciò che è accaduto non accada mai più. È un monito che rivolgiamo a noi stessi. Pensare alla Shoah significa riflettere su come la morte annulli tutto ciò che esiste, nientifichi la nostra esistenza in un istante, e questo dovrebbe spingerci a combattere per difenderla con tutte le nostre forze, per non trovarci mai più nel ruolo di chi la estirpa con le proprie mani. Perché l’aspetto importante è proprio questo: siamo in grado di festeggiare la vita, ma anche di uccidere, e ogni occasione, il Giorno della Memoria ne è un esempio, che ci possa far schierare dalla parte del bene e della dignità dell’uomo, è preziosa. Ricordare è l’unica arma che abbiamo per combattere la forza distruttrice annidata nell’umanità. Ho anche cercato di dirlo in versi qualche tempo fa e, per onorare la memoria, mi fa piacere ripeterli: Ed ecco che non ci resta che ricordare, nutrire con la Vita l’alternanza di righe bianche e nere di fugace e interminabile di –ismi e verità di calcolo e coscienza di fango e interiorità. Ed è bastato il gesto di un altro individuo per porre fine a tutto questo, l’apnea di un secondo… e poi non eri più. inchiostroveritas@gmail.com @ChiostroVeritas

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Le leggi sulla diffamazione online e la libertà di opinione di Irene Doda Internet è una selva senza regole o è il paradiso della libertà di espressione? Si può controllare il Web come si fa con le telecomunicazioni tradizionali, oppure si rischia di innescare una catena di reazioni che imbrigliano e snaturano le potenzialità della Rete? Reato di diffamazione e diritto di cronaca, tutela della dignità personale e libertà di opinione: concetti paralleli e opposti che in Internet trovano un nuovo e più insidioso campo di confronto. Il Codice Penale, all’articolo 595, parla chiaro: “Chiunque […] comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito […] con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico […] la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516”.

e Pecorella, aveva lo scopo di regolamentare la libertà di manifestazione del pensiero tutelando la dignità, la reputazione e l’identità della persona. Definiva inoltre una disciplina uniforme della diffamazione applicabile anche ai nuovi mezzi di comunicazione. Recentemente l’opinione pubblica si è confrontata con non pochi casi di aggressioni online contro persone singole: basti pensare alla gogna mediatica a cui sono stati sottoposti alcuni giornalisti e politici sul blog di Beppe Grillo, agli insulti contro la presidente della Camera Laura Boldrini, agli innumerevoli epiDiffamare è un reato e a maggior Querelare un attivista antima- sodi di cyber-bullismo di cui si ragione lo è diffamare a mezzo fia per opinioni espresse onli- legge. stampa. Internet è tecnicamente un Ancora non è certo da che “mezzo di pubblicità” con una gran- ne non costituisce un perico- parte penderà la bilancia. Ci de capacità di diffusione: potenzial- loso precedente? si continua a chiedere se sia mente chiunque ha accesso ai suoi giusto imbavagliare Internet, se contenuti. Tuttavia fino ad ora le pubblicazioni online si debbano mettere dei filtri a questo grande caldesono state protette da un’aura di inviolabilità: non si rone ribollente. I giochi sono ancora aperti, la storia possono porre freni alla Rete, alla sua espressione e il diritto ancora da scrivere. travolgente, democratica, viva. La materia è molto delicata, sia sul piano giuridico sia su quello politico. Cosa succede a Pavia? Il problema della diffamazione e della libertà di Giurisprudenza e proposte di legge opinione online si è presentato anche in un caso Il 5 maggio del 2006 il tribunale di Aosta equipara, che riguarda da vicino la politica della nostra città, in una sentenza, la posizione del gestore di un blog e che coinvolge l’attivista politico Mauro Vanetti e a quella del direttore responsabile di un periodico, l’assessore alle Politiche del Commercio Pietro Trivi. condannandolo per un reato di diffamazione a mezzo Trivi ha querelato Vanetti per via di alcuni comstampa. Nello stesso anno si diffonde in Rete un fil- menti ritenuti diffamatori che sarebbero stati scritmato che mostra un ragazzino disabile vessato e mal- ti, presentando come unica prova le stampe delle trattato dai compagni di classe: il Tribunale di Milano schermate Web. Queste sono elementi sufficienti in condanna tre manager di Google per violazione della un processo per diffamazione? privacy. I tre vengono invece assolti dalle accuse di Ma la questione centrale è: querelare un attivista diffamazione. Il caso inizia a configurare il problema antimafia per opinioni espresse online non costitudella responsabilità delle piattaforme di hosting per i isce un pericoloso precedente, che mette a repenreati di diffamazione e ingiuria in Rete. taglio il ruolo attivo dei cittadini e il loro diritto di Risale al 2008 una proposta di legge organica in ma- critica politica? teria. Il testo unico, presentato dagli onorevoli Costa

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SPECIALE

«UNO SCREENSHOT NON BASTA» «Mancano indirizzo IP, URL e sorgente HTML». E il giudice rifiuta la perizia informatica Intervista a Mauro Vanetti di Stefano Sfondrini Inchiostro – Un cittadino [Pietro Trivi] ne ha querelato un altro [Mauro Vanetti] per alcuni commenti diffamatori che sarebbero comparsi su Facebook, producendo però come unica prova la stampa di alcuni screenshot. È esatto? Mauro Vanetti – Esatto. Quando è iniziata la vicenda? Il punto di partenza della vicenda è il processo “Infinito”, dove è emerso il ruolo della ‘ndrangheta in Lombardia e in particolare a Pavia. In qualche modo il punto di riferimento di questa organizzazione criminale era, secondo la condanna in primo grado, l’avvocato Pino Neri. Elemento vicino all’organizzazione – infatti condannato in primo grado a 13 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e per altri reati minori – è Carlo Chiriaco, all’epoca del processo esponente di Forza Italia e poi del Pdl, nonché direttore sanitario dell’ASL (ruolo di nomina politica, come tutti gli incarichi pubblici).

Nelle intercettazioni fatte per indagare su Chiriaco compariva anche Pietro Trivi, assessore al Commercio del Comune di Pavia, che diede le dimissioni dal proprio ruolo amministrativo e che è tornato a ricoprire la propria carica in seguito all’assoluzione. Naturalmente essere coinvolto nelle intercettazioni, come altri politici, ha fatto sì che Trivi fosse bersagliato in diversi modi con delle accuse di contiguità rispetto a Chiriaco. I politici attaccati hanno fatto partire una serie di querele nei confronti di diverse persone. Trivi fece partire una serie di querele contro tutti quelli che secondo lui l’avevano diffamato associandolo alla ‘ndrangheta; in particolare una querela di queste era ai danni miei e di un’altra persona. Quell’altra persona è stata poi stralciata dalle indagini, che hanno invece individuato me come il responsabile di alcune affermazioni che sarebbero comparse su Facebook in alcuni commenti, che sia secondo il querelante sia secondo la magistratura inquirente sono diffamatorie e si riferirebbero a Trivi.

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SPECIALE neo. Si può dedurre che il commento in questione, comparso su un’altra bacheca di un’altra persona pochi minuti dopo, si riferisse a Trivi – e quindi che io, presunto autore di quel commento, ce l’avessi proprio con l’assessore. Per rafforzare questa deduzione, nella querela è stata menzionata anche una terza frase, anche se non come elemento sul quale processarmi, in cui compare il nome di Pietro Trivi. Inspiegabilmente la Procura, di sua iniziativa, ha poi inserito anche questa terza frase nei capi d’imputazione (così come riportato in un articolo della Provincia Pavese). [http://laprovinciapavese.gelocal. it/cronaca/2014/01/08/news/diffamazione-trivi-inaula-contro-vanetti-1.8434784].

«Senza indirizzi IP , senza gli in-

dirizzi URL e senza la sorgente HTML non si può provare nulla»

Tu non sei l’unico che è stato querelato. No, non sono l’unico e Trivi non è l’unico che ha sporto querela per commenti comparsi su Facebook: Giovanni Giovannetti, per esempio, si è preso querele da mezzo mondo, almeno da quindici persone diverse. Sono sempre querele legate alla mafia o all’altro problema grosso di Pavia – in qualche modo contiguo alla mafia – cioè la “criminalità urbanistica” (speculazione edilizia, Green Campus…). Quali sono le frasi che sono state ritenute diffamatorie? Dove sono comparse precisamente? La prima in ordine cronologico fa parte di una serie di commenti che sarebbero apparsi nel gruppo “Politica a Pavia” nell’estate 2011. Cito testualmente: «Mi diverte sempre quando qua sopra interviene un picciotto». Il secondo commento, che secondo lo screenshot parziale sarebbe apparso invece sulla bacheca personale di Mauro Vanetti dopo l’assoluzione di Trivi, quindi nell’autunno del 2011, recita: «Uno dopo l’altro, tutti i politici pavesi che se la intendono con la mafia la stanno facendo franca. Non saranno i giudici a levarceli dai piedi, dovremo pensarci noi». Se il nome di Pietro Trivi di fatto non compare in quei commenti, come è stato possibile affermare che i commenti che tu avresti fatto si riferissero proprio a lui? Per via deduttiva. Mi spiego: Trivi era stato assolto poche ore prima della comparsa del commento incriminato. L’assoluzione era stata annunciata da un post sulla bacheca del sindaco Alessandro Catta-

Riferendoti ai commenti incriminati hai risposto spesso usando il condizionale. Perché? Non sono effettivamente comparsi su Facebook, come la stampa degli screenshot proverebbe? Ho usato il condizionale perché non ci sono prove che quei commenti siano mai comparsi su Facebook, così come non ci sono prove che io, nella mia persona fisica, abbia mai scritto quelle frasi. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2912/94 [http:// www.italiapuntodoc.it/doc/doc1051.php] ha definitivamente chiarito che, ai fini probatori, non basta produrre la mera stampa della pagina web, ma è necessario depositarne copia autenticata. Di fatto uno screenshot, da solo, non prova proprio nulla. Perché uno screenshot, da solo, non prova nulla? Perché senza tracciati di indirizzi IP che permettano di ricollegare il presunto autore al presunto commento, senza gli indirizzi URL ai quali quei commenti sarebbero presenti e senza la sorgente HTML confermata da una perizia informatica imparziale (della quale abbiamo fatto richiesta ma che è stata respinta) non si può provare nulla. Se tu fossi effettivamente condannato – cioè se si creasse un precedente – che cosa rischia chi si azzarda a commentare la politica su un social network e disgraziatamente dovesse dire qualcosa di scomodo o che desse fastidio a qualcuno – e senza neanche nominarlo? La querela di Trivi contro di me (e forse anche altri casi analoghi avvenuti a Pavia) è preoccupante anche semplicemente dal punto di vista dei diritti democratici: se venissi condannato avremmo una violazione grave dei diritti basilari di qualsiasi utente di Internet. Se passasse una condanna simile chiunque potrebbe essere condannato anche per cose che non ha mai scritto – o comunque senza prove certe. Io penso che alla gente questo caso debba interessare perché riguarda questioni importanti, prima di tutto quella delle libertà digitali e di come il potere nel suo complesso – lo Stato, la politica – può o non può controllare quello che succede su Internet, ed eventualmente punirlo. Credo che ci sia un grosso problema nell’uso che i governi fanno del controllo delle nostre vite e di quello che facciamo su Internet. Da questo punto di vista difendo il fatto che si alzi molto l’asticella, si renda molto difficile alla politica e allo Stato intervenire su queste cose.

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SPECIALE La Corte di Cassazione parla chiaro: non basta stampare uno screenshot – o parte di una schermata di un computer – per provare alcunché dal momento che «le informazioni tratte da una rete telematica sono per natura volatili e suscettibili di continua trasformazione e, a prescindere dalla ritualità della produzione, va esclusa la qualità di documento in una copia su supporto cartaceo che non risulti essere stata

Non sono sicuro che lo sappiano fare in maniera rispettosa della democrazia. La querela facile c’è sempre stata in questa città, anche con le amministrazioni precedenti. E questa è comunque una cosa sbagliata, perché vuol dire che chiunque voglia intraprendere un’inchiesta sociale o politica, se non è un giornalista e quindi non ha una serie di garanzie, non può permettersi di farlo. Ciò è molto preoccupante. Nell’epoca dei social network ha senso applicare al contrario leggi che si sono sviluppate come forma di difesa dei cittadini dallo strapotere dei mass media? È giusto trattare un cittadino comune alla stregua del Corriere che pubblica un editoriale diffamatorio che può essere letto da milioni di persone? È chiaro che c’è un grande squilibrio: il rapporto tra il politico che viene criticato e il cittadino comune non è alla pari. Insomma, un avvertimento ai 1000 e più iscritti al gruppo “Politica a Pavia”: non pensiate di essere su un terreno fuori controllo dove ognuno dice quello che gli pare. Perché “loro” guardano. A che punto è il processo? Per ora è ancora tutto in sospeso. Quello che io spero è che si perda a Pavia e si vinca in Appello. Però possono volerci ancora tre o quattro anni. Intanto Trivi ha chiesto una provvisionale di 5000€ più le spese legali (in tutto circa 7000€): siccome il processo può tirare in lungo, il diffamato può chiedere una cifra subito, un anticipo su quello che presumibilmente avrà se effettivamente è stato diffamato. Se è ragionevolmente probabile che tu sia condannato, il giudice potrebbe decidere che tu paghi questa somma – la quale se non vieni condannato, ti viene risarcita. Per ora, anche grazie alla campagna mediatica che stiamo facendo per far conoscere questo caso [con l’hashtag #ZittiMai], mi sono già arrivati più di 1000€ in piccole donazioni, soprattutto da fuori Pavia. Mi ha un po’ commosso, ma soprattutto mi ha colpito perché vuol dire che molti ci tengono. Se la cosa andasse bene, o se un domani venissi rimborsato, questi soldi diventeranno un fondo che potremo utilizzare per qualcos’altro. Penso che sia un bel messaggio che stiamo mandando.

raccolta con garanzie di rispondenza all’originale e di riferibilità a un ben individuato momento» [Motivi della decisione della sentenza 2912/94, Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro]. Ma perché allora Mauro Vanetti non confessa di essere stato effettivamente l’autore di quelle frasi che in via esclusivamente deduttiva (e tutta da provare) diffamerebbero l’onore dell’assessore Pietro Trivi? Qui la faccenda si complica. Anzitutto Vanetti non può autoaccusarsi di qualcosa che non ha commesso, e che comunque non può essere provato. D’altra parte non può nemmeno dichiarare apertamente di non esserne l’autore: sarebbe come dire che quegli screenshot, prima di essere stati stampati, sono stati ritoccati e cioè che le sole (e insufficienti) prove sarebbero state falsificate, il che non è comunque facile da dimostrare. Eppure basterebbe richiamare proprio la sentenza 2912/94 della Cassazione per mettere fine a un processo che, posto in questi termini, non ha assolutamente senso. Sul caso pesa anche «l’omessa disposizione di una perizia. Si è fatto un processo in via deduttiva quando vi era la possibilità di fare un singolo atto processuale che dimostrasse con certezza quello che è accaduto», come puntualizza Marco Sommariva, legale di Mauro Vanetti. Perizia che la difesa (!) ha chiesto fosse disposta sulle prove fornite dall’accusa, sia nella prima sia nella seconda udienza, ma che il giudice ha rifiutato in entrambe le occasioni perché avrebbe rallentato il processo, e in quanto ritenuta «non decisiva».

Cosa si deve fare in un caso di fatto illecito avvenuto tramite il web? Anzitutto dobbiamo fare richiesta affinché un pubblico ufficiale estragga una copia autentica della pagina web che contiene l’illecito, così da avere dalla nostra un atto valido e incontrovertibile fino a querela di falso. Se l’illecito ha rilevanza penale l’estrazione dovrebbe essere effettuata d’ufficio dalla Polizia Giudiziaria, mentre in tutti i casi di contenzioso civile è la parte interessata che deve attivarsi in tal senso presso un notaio. In proposito il Consiglio del Notariato ha emesso linee guida pecise [http://ca.notariato.it/approfondimenti/7-07-IG.pdf] che i notai devono seguire quando ci sia bisogno di estrarre una copia conforme di una pagina web per poter offrire la massima garanzia a livello probatorio.

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CULTURA

TROPPO BELLO PER ESSERE VERO Rettifica al provvedimento per le detrazioni sui libri di Eleonora Salaroli

Sembrava ci dovesse essere una vera “svolta per la lettura in Italia”, a giudicare dalle parole di Marco Polillo, presidente dell’AIE (Associazione Italiana Editori): infatti, tra le misure del piano Destinazione Italia approvate dal governo Letta il 13 dicembre scorso, figurava un provvedimento che avrebbe consentito di detrarre dalle tasse il 19% delle spese sostenute per l’acquisto di libri fino a un massimo di duemila euro, divisi in mille per i libri in generale e altrettanti mille per i testi scolastici e universitari. Per i successivi tre anni, quindi, il consumatore, munito di scontrino, avrebbe avuto la possibilità di recuperare parte dei soldi (ben) investiti in cultura, come già si fa con i farmaci. Sarebbe stato un traguardo importante, quanto meno un segnale che, nonostante i numerosi tagli ai fondi per le scuole, per i musei, per i teatri, la volontà di restituire alla cultura quel valore e quell’autorità che le spetta, c’era. Senza contare i piccoli vantaggi quotidiani: lo studente squattrinato ma ghiotto di libri avrebbe potuto togliersi qualche sfizio e nel frattempo salvare il portafogli; le famiglie, soprattutto quelle più numerose, avrebbero potuto risparmiare ed ottenere effettivi benefici. Certamente, erano anche molte (e diffuse soprattutto sul Web) le perplessità circa la realizzazione dell’obiettivo “diffondere la cultura” (sapere che qualche euro sul totale investito nell’acquisto di libri verrà restituito, spingerà effettivamente le persone a comprare più libri? E, soprattutto, a leggere di più?) e in particolare circa i limiti che questo provvedimento ave-

va (dalla possibilità di detrazioni erano esclusi gli e-book, una decisione che appariva assurda dal momento che la loro vendita è passata da 300.000 nel 2011 a oltre 3 milioni nello scorso anno, e sono 1,6 milioni gli italiani che leggono e-book, il 3% della popolazione con più di 14 anni). Ma nel complesso si trattava di un provvedimento positivo: in un Paese in cui solo il 46% circa della popolazione afferma di leggere almeno un libro all’anno, e in cui i lettori più forti sono i ragazzini tra gli 8 e i 12 anni, sembrava una soluzione per favorire e finalmente incoraggiare la lettura. Come commentava ancora Polillo, “Investire sui libri significa aver scelto di scommettere sulla cultura nella crescita economica e sociale del Paese”. E invece, “sembrava troppo bello per essere vero”: i fondi di 50 milioni stanziati per il progetto (e coperti dal fondo europeo) non andranno a beneficio dei consumatori, bensì degli esercizi commerciali. A modificare le decisioni è l’emendamento approvato nei giorni scorsi dalle commissioni Attività produttive e Finanze della Camera: secondo le nuove misure, a beneficiare dello sconto del 19% saranno i librai e non i clienti. Inoltre, gli studenti delle scuole superiori, statali o paritarie, avranno a disposizione un buono che consentirà loro l’acquisto di libri con uno sconto del 19%, ma, a differenza di prima, il tetto non sarà più di 2.000€, ma una cifra ancora da decidersi, in base al numero di studenti

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I fondi di 50 milioni stanziati per il progetto non andranno a beneficio dei consumatori, bensì degli esercizi commerciali iscritti all’anno 2014-2015. Come se non bastasse, sarà possibile usufruire del voucher solo presso gli esercizi commerciali che aderiscono all’iniziativa. Una differenza notevole rispetto alle precedenti decisioni: la somma per ciascuno sarà ridimensionata, e sarà limitato il numero di chi può trarne vantaggio. Dunque, tante belle parole che hanno poco di concreto: l’obiettivo “diffusione lettura” si allontana sempre di più, mentre la sentenza “con la cultura non si mangia” sovrasta, immensa, le teste degli italiani, ricordandoci che ogni volta che ce ne sarà bisogno, sarà lei a diventare martire dei sacrifici. Una Santa Cultura.


CULTURA

FABIO VOLO? NO, GRAZIE! Gli scrittori bravi, giovani e italiani esistono. Basta cercarli di Cristina Ferrulli

Che giustizia sia fatta. Sfatiamo un luogo comune. No, non è vero che la letteratura italiana contemporanea è tutta commerciale e scadente. Certo è innegabile che, ultimamente, le case editrici nostrane seguano un criterio più pecuniario che qualitativo nella scelta dei libri da pubblicare. Anche perché il lettore medio italiano non è quello "forte", razza quasi estinta da noi, con ormai esperienza nel campo, il palato fine e difficile da convincere, ma il lettore occasionale che perlopiù legge per passatempo un paio di libri l’anno. Non c’è da stupirsi quindi che al momento di scegliere i testi da vendere, si punti su storie che abbiano attrattiva su quest’ultimo genere di pubblico e che possano poi diventare tormentoni riscuotendo vendite da record (discorso che non riguarda solo la letteratura italiana, anche se quest'ultima sembra essere quella più "malaticcia"). Aggiungiamo poi l'enorme quantità di nuove pubblicazioni che le case editrici ci propinano tutti i mesi, assolutamente in sovrannumero rispetto alla domanda effettiva del nostro Paese. I libri destinati a diventare moda si mischiano senza criterio ai libri di qualità. Così, tra scelte di marketing poco felici e questa bulimia editoriale, diventa difficile raccapezzarsi in libreria, e dopo un po' che ci capita sempre tra le mani il libro sbagliato, esasperati, si tende a generalizzare. Se è capitato anche a voi di avere qualche difficoltà a orientarvi in questa giungla di carta, vi consiglio di provare con questi due titoli e i loro rispettivi autori: sono certa che vi lasceranno piacevolmente sorpresi.

MANDAMI TANTA VITA di Paolo Di Paolo Feltrinelli, 2013, 13,00€, 158 pp. Per numero di pagine poco più che un racconto, ma che lascia comunque spazio a due protagonisti. Moraldo, ragazzo qualunque, con i suoi dubbi sul futuro, con le sue illusioni che poco a poco si sgretolano e i continui sforzi per trovare la sua strada e il suo posto nel mondo. Poi c’è Piero, un ragazzo che proprio qualunque non è. A poco più di venti anni ha già fondato la sua casa editrice, pubblica libri e riviste sovversive al regime fascista appena nato. Moraldo è terribilmente affascinato da questa figura, che altri non è che Piero Gobetti, così sicura di sé, sfrontata, intraprendente e geniale, tutto ciò che lui non è. Un tuffo nel passato, un delicato omaggio alla giovinezza e a uno dei più importanti intellettuali italiani degli anni ’20.

SOFIA SI VESTE SEMPRE DI NERO di Paolo Cognetti Minimum Fax, 14,00€, 203 pp.

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Cognetti ha un grande pregio: racconta di vite problematiche senza cadere nel becero patetismo, ma dando loro corposità e spessore realistico, senza però privarsi dell’immaginario letterario. Lo stile scarno riesce a essere comunque estremamente espressivo e coinvolgente. Dieci racconti brevi in cui si alternano i punti di vista, dieci storie per raccontare una vita, quella di Sofia, piena di rabbia, dolore ma anche di voglia di lasciarsi le difficoltà alle spalle e ripartire.

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CULTURA

MASTERPIECE SÌ MASTERPIECE NO? La letteratura raggiunge il piccolo schermo. Ma non a tutti piace di Cristina Motta Da Masterchef a Masterpiece. Dall’arte del cucinare all’arte della scrittura. Ecco il nuovo programma televisivo, lanciato nel novembre scorso dalla Rai. Il primo talent show per aspiranti scrittori, il cui vincitore vedrà pubblicato il suo libro per Bompiani, con una tiratura iniziale di 100.000 copie. L’idea di Masterpiece è quella di portare in tv, per la prima volta, un’arte così intima come quella della scrittura, permettendo ai partecipanti di poter realizzare il sogno di molti: rendere pubblico il proprio capolavoro nel cassetto. Il procedimento del programma si può definire il classico dei talent. La puntata, infatti, si apre con la presentazione di alcuni concorrenti che si sottopongono al giudizio di tre famosi scrittori, Andrea De Carlo, Giancarlo De Cataldo e Taiye Selasi. In seguito, coloro che possono continuare la gara, grazie all’approvazione del loro romanzo, vengono messi alla prova in una sfida a coppie, per mettere in risalto le loro doti scrittorie, cimentandosi a raccontare un’esperienza organizzata dal programma. Per ultimo, infine, i due concorrenti rimasti devono confrontarsi e raccontare il loro scritto a un giudice esterno, che decreterà il vincitore della serata, nonchè un finalista di Masterpiece.

tutto in un paese, come l’Italia, dove si legge troppo poco e si prediligono programmi “spazzatura” come diversivi. Credo, però, che l’idea non sia stata sviluppata nel migliore dei modi e, anzi, si sia voluto troppo conformare il programma a quello dei classici talent, pura e mera spettacolarizzazione, facendo sì che anche la cultura non ne riceva la meritata presentazione e diffusione. I tre giudici si sforzano di assumere il ruolo dei severi giudici di Masterchef, le prove lasciano un po’ insoddisfatti e non mostrano realmente le abilità degli aspiranti scrittori, ma si concentrano più nell’esaudire le richieste di intrattenimento e di spettacolo della televisione. Il premiare spesso concorrenti con una vita personale difficile e con esperienze poco piacevoli non può che esserne una prova. È vero che, al giorno d’oggi, la scrittura per molti è come un rifugio. Un rifugio da storie personali Dopo le prime puntate, mandate in onda critiche e difficili, e che magari, proprio su Rai3 in seconda serata, diversi sono Beppe Severgnini: “#maquest’arte, si sono superate. stati i pareri sul nuovo talent e alquan- sterpiece è televisione attraverso Ma porle al centro dell’attenzione del to discordanti. Su Twitter numerosi tweet programma per attrarre i telespettatori, riportano le prime impressioni del pubbli- che prova a fare qualcosa che faccia perdere di vista il co. Da Beppe Severgnini, “#masterpiece di diverso. Evitare snobi- credo ruolo chiave del talent. Nonostante ciò, è televisione che prova a fare qualcosa rimane il fatto che l’idea non sia male di diverso. Evitare snobismi paraintellet- smi paraintellettuali, plee tra tanti programmi di basso livello, tuali, please”, a Gianluca Nicoletti, che presenti al giorno d’oggi in tv, è pur ha bocciato il programma, definendo i ase” sempre qualcosa di diverso e, oserei concorrenti veri e propri “casi umani”. Numerosi sono stati anche gli attacchi al programma in merito dire, necessario per la nostra società. all’eccessivo costo di ogni puntata. Soprattutto se si relaziona al poco successo che, fatta eccezione della prima, si è risconMasterpiece non si è ancora concluso. Dal 28 febbraio trato per tutta la durata del primo ciclo di puntate, arrivando andrà in onda il secondo ciclo di puntate, che vedrà, anche al 2% di share. nell’ultima, il vero vincitore. Non resta, dunque, che aspettare il seguito per vederne l’evoluzione. E, perché A mio parere, nobili sono la scelta e l’idea di portare un po’ no, sperare che questo primo tentativo possa essere di cultura e, in particolare la scrittura, in tv. Soprattutto in un l’input per nuove idee di diffusione della cultura, in maperiodo politico, storico e culturale come il nostro, e sopratniera più consona e più interessante.

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CULTURA

LA LEZIONE DEL LUPO “The wolf of Wall Street” di Scorsese insegna il valore di una vita semplice di Irene Brusa

Wall Street, Manhattan ’89. Un aspirante broker siede composto di fronte al suo primo boss: camicia stirata e già zuppa di sudore, sguardo acceso almeno quanto le aspettative dei vent’anni. Il boss guarda il giovane, che si chiama Jordan. Un pranzo a base di vodka Martini gli schiude un segreto: “Jordan,” -ammicca il boss- “la borsa è un mondo pulviscolare, non esiste! Se permetti ad un cliente di arricchirsi, lo rendi reale”. La buona fede del giovane si distrugge non appena inizia a combattere contro quella inaccettabile realtà. E ha inizio The wolf of Wall Street, che racconta l’autodistruzione del broker capace di portare sul lastrico un migliaio di investitori americani con la vendita di penny - stocks. Scorsese inebria occhi e mente con DDT: denaro, droga, troia, la trinità del broker perfetto. E non solo. Ferocia e individualismo sono i valori premiati, velocità a scapito della correttezza. È una spirale a tratti seducente, caderci è facile, basta superare un confine ben tracciato: la legge. Lenta e noiosa, non paga (quasi) mai. Jordan abbandona una vita onesta, per una da sfoggiare e comincia a costruire il suo inferno dantesco di arrapati, corrotti, scimmie ammaestrate. Con aria compiaciuta, il miliardario osserva il suo lavoro, pensa al prossimo regalo da offrire al suo prezioso gregge di im-

piegati succhiasoldi, ogni dettaglio aiuta nella definizione della propria immortalità. La boiler room dove si vendono le azioni-truffa ospita estatici discorsi motivazionali del leader Jordan, e si scopa, si distrugge, ci si perde insieme. È un gioco meraviglioso che produce 40 milioni di dollari a mese. Nessun rimorso per le vittime finanziarie: “I loro soldi stavano meglio nelle mie tasche, sapevo come spenderli meglio”, pensava Mr. Belfort. E aveva ragione, perché il paradiso sembra più vicino su uno yacht da 50 metri. L’idolo della bella vita allontana le cose semplici, come una moglie devota e quegli abiti impregnati di sudore che sono l’emblema commovente dei lavoratori. All’improvviso quel puzzolente bus pubblico non serve più, né esistono le bollette da pagare: i soldi sono così tanti da non sapere come utilizzarli. Infatti Belfort e la seconda moglie, la divina Nadine, passeranno notti su un materasso di banconote verdi, mentre sono quei soldi a fottere, mai una volta che perdonino. A trent’anni Jordan non è più capace di distinguere il bene dal male, perché in realtà nella sua logica si compenetrano. Bianco o nero è una distinzione futile, per lui tutto ha il santo colore del denaro.

Scorsese inebria occhi e mente con DDT: denaro, droga, troia, la trinità del broker perfetto

Ma la fortuna è bastarda, quando è immeritatamente ottenuta. Dopo una dose esagerata di lemmon si trascina a casa, in un quadro vio-

lento di zuffa dove il corpo umano si mostra nella sua forma più patetica, Jordan gonfio e ridicolo in preda alla paralisi motoria. L’FBI incastra lui e la sua società “Stratton-Oakmont” negli anni Novanta, mandandolo in carcere per una frode stellare. È un uomo che ha capito troppo tardi, la giostra lo risputa malconcio e inutile. Jordan ha 36 anni. In una recente intervista televisiva, Belfort è un uomo pulito, sta saldando i suoi debiti. Sostiene di non aver mai cercato nessuna delle sue vittime. “Non voglio intromettermi nella vita di nessuno.” Specialmente dopo aver derubato degli inconsapevoli imbecilli per anni, e dopo un’intromissione da 110 milioni di dollari. Capita di nascere in un ambiente disonesto, di scivolarci, eppure è di una semplicità idiota: basta scegliere da che parte si vuole stare, che persona vogliamo essere. Le promesse di un mondo dorato sono sempre esistite, come i “lupi” che da noi possono essere chiamati furbi, mafiosi, ignoranti. Perdersi dietro alle loro operazioni non cambierà i fatti. Stupiamoli! Promuovendo l’importanza di tante vite normali. Convivere con l’ingiustizia, e praticare giustizia in piccoli gesti è solo una buona idea, però metterla in pratica non ci porterà peggio di quanto abbia fatto sopportare. Ci vuole coraggio a rialzarsi dopo tanti errori, ma altrettanto a evitarli, proviamoci.

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CULTURA

NOTA BENE Notizie, eventi, recensioni

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“We will wait for you”

di Irene Doda

Il 2013 è stato il loro anno e nel 2014 hanno deciso di prendersi una pausa. I Mumford and Sons – la popolare band indie-folk nata nel 2007 a Londra – si ritira, almeno temporaneamente, dalla scena musicale. Lo scorso anno Babel, il loro secondo album, ha ottenuto un successo straordinario, coronato da un trionfante tour mondiale. «Siamo eccitati, sembra l’ultima settimana di scuola prima delle vacanze. Liberi da piani e scadenze. E questo ci rende felici» ha detto il tastierista Ben Lovett. Nonostante la delusione di milioni di fan non si può non apprezzare la schiettezza e la semplicità d’animo di questa dichiarazione. Che dire, speriamo che si ricredano presto. Intanto noi non smettiamo di aspettare la prossima data.

We will wait for you, guys!

Gordon is back di Irene Brusa Gordon ‘Sting’ Sumner torna, dopo dieci anni, con la raccolta di inediti The Last Ship. È una voce narrante e forte a condurci attraverso atmosfere europee e storie vivide: il ritorno a Newcastle, città dell’infanzia; la gente di mare, l’amore, tutto esteso e semplificato grazie a un sound puro e nuovo, come vele bianche. Si passa da brani suadenti, come The Language of Birds, agli archi irlandesi della bellissima Ballad Of The Great Eastern, che perdona pezzi poco incisivi come August Winds, sovrastata da The Last Ship. L’imperiosa What have we got? è deliziosa, e The Night The Pugilist Learned How To Dance vi incanterà. Fiore all’occhiello la collaborazione di Brian Johnson (ACDC).

Ho da dirvi cosa fare il 21 febbraio

di Francesca Lacqua

Scrivo quattro righe sui Be Forest perchè 1. Il disco nuovo è appena uscito e si chiama Heartbeat. 2. Il disco è appena uscito ed è bello. 3. Il disco è appena uscito ed è bello e ha i flauti. 4. Il disco dei Be Forest non si perde in molte chiacchiere. A me piacciono le parole, eh. Ma sta bene così anche senza esagerare. 5. Il disco dei Be Forest è da club e da tè perchè il disco dei Be Forest sembra venire dal nord (Ghost Dance), però anche un po’ da oriente (Totem II). 6. Il disco dei Be Forrest va giù bene, come un bicchiere d’’acqua o di rum, se vi piace il rum. Poi lo rimetti da capo e ricominci. Poi, volevo dire che a SpazioMusica, il 21 febbraio, ci stanno i Selton che sono bravi, molto bravi. Sì dai quelli mezzi portoghesi che cantano mezzo in

portoghese e hanno fatto la canzone con Dente di quanto lui fosse innamorato di quella bionda e sbronza. E poi hanno fatto tante altre canzoni carine. Io ci andrei.

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UNA SERATA DI CULTURA (MASCHILISTA) La vita di Adèle con due italiani medi di Francesca Carral Immaginate la sera dopo il primo esame della sessione invernale. Avete studiato tanto, volete rilassarvi e sapete che al cinema danno un film interessante, La vita di Adèle, pluripremiato al Festival di Cannes. La trama vi incuriosisce, decidete di andare a vederlo e cercate qualche amico che abbia voglia di accompagnarvi. Qui commettete il primo tragico errore: invitate due maschi eterosessuali, che dimostrano subito di incarnare lo stereotipo dell’uomo italiano medio. Come lo capite? Lo intuite dal primo commento fatto alla vostra proposta: «Ma è il porno con le due lesbiche? Certo che veniamo a vederlo!». In effetti, il film parla della formazione sentimentale della giovane Adèle, seguendola nel percorso di scoperta della sua identità sessuale e nella relazione con l’artista Emma. Ci sono anche alcune scene erotiche piuttosto lunghe. Questo basta a qualificare l’opera come pornografia a tema saffico? Assolutamente no, ma provate a farlo capire ai vostri accompagnatori entusiasti ed eccitati. Raggiungete dunque il cinema con un vago senso di disagio all’idea che i baldi giovani si lascino andare a commenti e/o suoni poco consoni, per usare un eufemismo. Lanciate un monito chiaro: «Ragazzi, niente versi strani e mani dove posso vederle, se vi comportate da pervertiti fingo di non conoscervi!». Mentre siete in fila per i biglietti vi rendete conto che, in realtà, buona parte della platea maschile è partecipe delle loro fantasie erotiche. Questo dovrebbe (notare l’uso del modo condiziona-

le) tranquillizzarvi, almeno i vostri amici non saranno gli unici uomini potenzialmente imbarazzanti presenti in sala. Peccato che l’osservazione antropologica del pubblico renda chiaro come la vostra idea di passare una tranquilla serata culturale sia destinata a rivelarsi irrimediabilmente stupida. Perché? Innanzitutto perché indossate un giubbotto di pelle, poi perché avete sbadatamente circondato con un braccio le spalle dell’amica seduta di fianco a voi. Cosa può nascere da questi gesti innocui? In teoria nulla, in pratica potete leggere l’equazione “vestita di pelle + abbracciata a una donna= coppia lesbo” nello sguardo di chi vi circonda. Paranoia? Autosuggestione? Forse sì, meglio far finta di niente. La strategia regge per poco, poi due occhietti scintillanti di lussuria vi fissano nel buio e una voce arrochita dice: «Ragazze,

Qui commettete il primo tragico errore: invitate due maschi eterosessuali, che dimostrano subito di incarnare lo stereotipo dell’uomo italiano medio

che state facendo?» Dopo aver riportato sullo schermo l’attenzione dell’impressionabile fanciullo con uno scappellotto ben assestato, potete finalmente concentrarvi sulla storia. Dato che il film dura tre ore e si tratta pur sempre di un melodramma francese, un po’ lento in certi punti, vi mettete a riflettere. La speculazione riguarda l’incapacità di molti uomini di vedere una relazione affettiva fra due donne come qualcosa di totalmente indipendente da un’immagine sessualmente appetibile creata a loro uso e consumo. Questa considerazione sociologica stimola i vostri istinti omicidi nei confronti dei due disgraziati che avete avuto la malaugurata idea di portare al cinema. State per perdere la fiducia nel genere maschile e, soprattutto, nella vostra capacità di scegliere le amicizie, quando accade qualcosa d’inaspettato. I due uomini vicino a voi hanno smesso di ansimare e si sono fatti coinvolgere dai fallimenti sentimentali di Adèle. Sembrano addirittura commossi. Purtroppo l’illusione dura solo fino a quando si riaccendono le luci, poi parte il primo commento: «Ma sostanzialmente era un porno! Una delle due però non era tanto bella…». A quel punto vi appare chiaro che state combattendo una battaglia persa e vi dirigete verso il bar più vicino per annegare i dispiaceri nell’alcol. Siete pur sempre reduci da un esame, cercherete di migliorare il mondo un altro giorno.

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SCARAMANZIA DA ESAMI Aver studiato non serve a niente se la sorte ti è avversa di Elisa Zamboni

Chi di noi non compie gesti inconsulti la notte prima degli esami? Chi non prova a eludere la sfiga con rituali magici, atti mistici o scongiuri assurdi? Chi non spera che immolando la propria dignità mentale si possa propiziare la Dea Bendata? IL FATIDICO GIORNO DEL MIGLIO VERDE Scegliere nel dettaglio il proprio intimo e, di fronte alla cabala fortunata, comprare serie infinite di mutande identiche per continuare a cavalcare la cresta dell’onda. Il classico “mutanda che vince non si cambia”...or something like that! “Ovviamente prima dell’esame vado a fare la pipì così non ci penso più!” “Compro sempre un gratta e vinci”: da qualche parte il karma deve pur portare un risultato positivo, no?! “Sistemo la borsa con pignoleria, ordinando le stesse cose negli stessi punti!”. Salvo arrivare a uno scritto di 3 ore con la bronchite e senza bottiglietta d’acqua pur di rispettare la collocazione tecnico-tattica della borsa. “Di solito agli orali gesticolo con la penna in mano per abbassare la tensione”. Un PREPARAZIONE A LUNGO TERMINE po’ come Steve Jobs all’ultima “Io dormo con i libri sotto il cuscino Chi di noi non compie gepresentazione dell’iPhone! nella settimana precedente agli esa“Io cerco di riempirmi di bracmi”. Si spera quindi che per osmosi sti inconsulti la notte prima cialetti, spille, orecchini, collale nozioni passino da un luogo più degli esami? nine come amuleti. Qualcuno concentrato a uno meno concentradi loro dovrà pur funzionare, Chi non prova a eludere la to. no?” E che ne dite invece dell’avvistato sfiga con rituali magici, atti “La mia morosa si appropria studente che in biblioteca usava una mistici o scongiuri assurdi? delle mie cose nella speranscarpa come fermacarte per i propri za di ottenere il doppio della appunti?! Non sia mai che le fonti di fortuna!” informazioni scappino! Fare la strada che separa casa E ancora...“Io tappezzo luoghi tattici della casa con vostra dall’università con la musica nelle orecchie post-it di date da ricordare” ma c’è anche chi si scrive sentendovi invincibili e canticchiando, e una volta minacce sul frigorifero per tornare a studiare o il con- davanti alla porta dell’esame planare come Iron to alla rovescia per l’esame sullo specchio del bagno Man sulle note di “Shoot to Thrill” degli ACDC. accanto alla celebre “tempus fugit”. Niente può sconfiggervi!

Sto parlando a te mio caro! Sì sì, proprio a te che adesso ti stai guardando in giro o stai frugando nella borsa sperando che io mi stia rivolgendo a qualcun altro! Sì, tu, collega! Lo so che stai pensando “Ah, io a queste sciocchezzuole non ci credo quindi perché dovresti rivolgerti a me?”, eppure parlo proprio a te perché ovviamente non ti credo: sotto sotto sappiamo entrambi che menti sapendo di mentire! Lo scopo di questo articolo non è smascherarti, farti vergognare o spingerti a trovare uno psicoterapeuta: voglio solo mostrarti che in fondo “mal comune mezzo gaudio”. Esattamente, siamo tutti sulla stessa barca e, chi lo sa? Magari in questo articolo troverai il gesto scaramantico che fa per te! Ecco a voi i risultati di una mia ricerca sociologica sulle abitudini pre-esame di noi universitari stressati e ansiosi!

GIORNO E NOTTE PRIMA DELL’ESAME “Io vado al bar a oziare senza il minimo ritegno per i soldi investiti dai genitori nella mia istruzione”. “Io cerco di soddisfare qualsiasi sogno carnale sfogandomi come se non ci fosse un domani su un gigantesco ma allo stesso tempo innocente... Waffel alla Nutella!”. Ma soprattutto: chi non si riguarda la conferenza stampa di Mourinho fatta prima della finale di Champions del 2010?? “Penso solo a questo sogno, che non è un’ossessione. Ripeto, noi giochiamo per un sogno”. E giù lacrimoni.

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Insomma, qualsiasi cosa pur di scacciar l’ansia, l’insonnia, l’insoddisfazione. Qualsiasi cosa, anche ai limiti del ridicolo...quel che conta è SFANGARLA. In culo al lupo e in bocca alla balena gente!


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