Inchiostro n°146 – Aprile 2016

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Aprile 2016 - N.146

AVE CESARE Paradosso, ironia e iperbole. Un post visione, ma non troppo

REFERENDUM Il 17 aprile 2016 si vota per le trivellazioni in mare

RUBRICHE ONLINE Trenord: Istruzioni per l’uso Van Parijs, il bottino del surfista

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INCHIOSTRO -SINCE 1995-

IN QUESTO

NUMERO 5 6 Inchiostro, anno XXI, # 146, aprile 2016 è un’iniziativa realizzata con il contributo concesso dalla Commissione Permanente Studenti dell’Università di Pavia nell’ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studenti.

Fondi ACERSAT 2016: 6916€ Registrazione n. 481 del Registro della Stampa Periodica Autorizzazione del Tribunale di Pavia del 13 febbraio 1998 Sede legale: via Mentana, 4 - 27100 Pavia

Direttore responsabile: Simone Lo Giudice Direttore editoriale: Matteo Camenzind Direttore web: Giorgio Di Misa Redattori: Claudia Agrestino, Antonio Elio Caroli, Niki Figus, Valentina Fraire, Federico Mario Galli, Lorenzo Giardina, Oriana Grasso, Elisabetta Gri, Sandra Innamorato, Lisa Martini, Federica Mastroforti, Barbara Palla, Ludovica Petracca, Andrea Zefferini. Grafica e impaginazione: Marina Girgis, Danny Raimondi Collaboratori di redazione: Ignazio Borgonovo, Elisa Enrile, Giorgia Ghersi, Michela Rossini, Eleonora Salaroli, Sara Valdati.

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Spazio Musica

di Ludovica Petrarca

Goodbye Super Tuesday

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di Barbara Palla

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Referendum trivellazioni

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di Oriana Grasso

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Černobyl’: 30 anni dopo

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di Andrea Zefferini

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Ave Cesare

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LSD - L’esorcista

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Concorso Fotografico

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Rubriche ONLINE

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Sondaggio

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Relax

Correttori di bozze: Lorenzo Giardina, Federica Mastroforti, Barbara Palla, Ludovica Petracca Mandato in stampa il 6 Aprile 2016 presso l’Industria Grafica Pavese s.a.s. - 27100 Pavia

Info? Chiama il 392 78 01 603 oppure scrivi a inchiostropavia@gmail.com

di Lorenzo Giardina

di Matteo Camenzind

di Lisa Martini

di C. Agrestino e S. Innamorato

di Federico Mario Galli

di Niki Figus


II FATTI FATTI DEL DEL 2016 2016

“Ho visto la gente della mia età andare via lungo le strade che non portano mai a niente, cercare il sogno che conduce alla pazzia” Francesco Guccini, Dio è morto, 1967

«A volte mi chiedo come Auschwitz o Dio è morto, canzoni scritte tra il ’64 e il ’66, piacciano ancora così tanto e appaiano sempre attuali... il merito però, devo dire, non è del tutto mio, ma degli sponsor di queste canzoni: i razzisti e gli imbecilli che, a quanto pare, tornano periodicamente alla ribalta.» Così dichiarava Guccini qualche anno fa, così possiamo pensare noi ancora oggi. E di sponsor è pieno il mondo, da quelli dichiarati a quelli celati, per non tacere di quelli inconsapevoli, che fomentano odio violenza ignoranza, in una triade che ai giorni nostri, più che mai, sembra la normalità. E se le informazioni di e su Andrés Sepúlveda, l’hacker colombiano che afferma di aver truccato le elezioni di mezza Sud America negli ultimi dieci anni, dovessero essere vere… beh, vuol dire che Dio è più che morto, e noi fingiamo che non sia mai esistito. Nel momento in cui sto scrivendo, due miti dei nostri tempi se ne sono andati. Da poche ore ho saputo che il mitico Cesare Maldini ci ha lasciato: un grande nome del calcio italiano, giocato e allenato. Ieri è mancato Gallieno Ferri a cui io, personalmente, sono legato sicuramente di più. Se Maldini tutti (o quasi) sanno chi è, Ferri è stato più uno che lavora dietro le quinte o, meglio, uno conosciuto per il suo lavoro, non col suo volto. Gallieno Ferri è il co-creatore di Zagor, di cui ha disegnato centinaia di numeri, e di cui ha realizzato tutte le copertine fino all’ultimo (e Zagor è un mensile, con speciali e allegati, che esce dal ’61!). Sono entrato in “Inchiostro” come illustratore, e la mia passione per la matita e i pennelli è dovuta anche, e largamente, al maestro di Recco. Non importa che in pochi sappiano chi fosse, che faccia avesse e quanti anni portasse: la sua mano continuava a disegnare, e noi continuavamo a leggerlo, perché lo faceva divinamente. Non importa chi siamo e cosa facciamo, il nostro lavoro deve continuare per passione, perché solo così possiamo sperare di farlo bene. M. C.

I TRENT’ANNI DI sPAZIO

Una chiacchierata con William Novati, direttore artistico di Spaziomusica, per raccontare come è nato il live club e soprattutto cosa è diventato.

di Ludovica Petracca L’entrata di Spaziomusica è discreta, in una traversa proprio al margine del centro storico. Poco discreto è il carattere del locale, che è tra i più conosciuti a Pavia. Da trent’anni il palco di Spaziomusica è incubatore e vetrina dell’offerta musicale pavese. Il locale nasce nel 1986 sotto la gestione storica di Bruno Morani e Daniela Bonanni, andata avanti per tredici anni. Dal ’99 parte la seconda gestione, con Simone Gazzotti, durata fino al 2005. Nel 2006 è subentrata la società Spaziomusica S.r.l. e il 6 marzo il locale ha riaperto. William Novati, invece, è arrivato un po’ dopo: «io ho iniziato a interessarmi a Spaziomusica già durante la seconda gestione, ma non sapevo che nel 2005 il locale stava per chiudere. I ragazzi che poi hanno deciso di rilevarlo sono miei amici di vecchia data, per cui quando sono venuto a sapere che cercavano un fonico per la musica dal vivo, ho iniziato a lavorare con loro; al momento dell’acquisto, però, io non ero ancora presente. Inizialmente aveva preso la gestione uno dei tre soci, Simone Marchetti; lui gestiva il bar e aveva iniziato a curare la programmazione artistica insieme ad Alessandro Savino. Poco dopo, però, Alessandro ha dovuto accantonare l’impegno e pian piano io ho assunto sempre maggiori responsabilità: ho iniziato a dare una mano con la scelta dei gruppi, poi ho iniziato a ideare le locandine, questo oltre a continuare a lavorare come fonico. Poi, tre anni fa, Simone ha lasciato il locale. C’è stato un anno di transizione. Dopo abbiamo assunto la gestione

io e Chiara. Questa è la seconda stagione completa in cui io e lei guidiamo Spaziomusica. Si può dire che ci dividiamo i due compiti principali: lei cura più che altro l’aspetto del bar, quindi le forniture, la gestione del bar e del personale, e l’aspetto della contabilità; io invece curo tutta la parte creativa, della comunicazione, anche le locandine e la parte tecnica.» Come avviene la scelta dei gruppi? Il nostro palco è l’unico rimasto a Pavia. Quindi ciò che più mi guida, è il voler dare la possibilità ai musicisti locali, di un certo livello ma anche in erba, di suonare, migliorare e crescere su questo palco. Ho sempre pensato che i gruppi pavesi debbano e abbiano diritto ad esibirsi qui, almeno una volta l’anno ad esempio, se lo vogliono. Ma si tratta di uno scambio reciproco, serve anche a noi: ci permette di creare quasi un vivaio, di veder crescere nuovi musicisti, di avere una prospettiva sui progetti nuovi che possiamo poi sviluppare qui. A Spaziomusica sembra che suonino di più i gruppi che fanno musica originale, mentre di solito i locali tendono a privilegiare le coverband. Sì, soprattutto quelli della provincia; un po’ di anni fa suonavano praticamente solo coverband. Mentre qua c’è sempre stata molta voglia di dare spazio alla musica originale. Ad esempio, questa settimana sui sei concerti che facciamo, cinque sono di musica originale; la settimana

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I FATTI DEL 2016

I trent’anni di Spazio di Ludovica Petrarca

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prossima quattro sono di coverband. Quindi la situazione è abbastanza equilibrata, diciamo metà e metà. In più, il lunedì sera, oramai da quasi venticinque anni, ci sono le jam sessions; ed è il discorso di prima: il dare la possibilità veramente a tutti di salire sul palco, di potersi confrontare, conoscere.

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Ci sono gruppi con cui collaborate da più anni? Sì, ci sono tanti gruppi che hanno la loro “data fissa” ogni anno, soprattutto quelli che vengono da fuori, perché quelli che vengono da Pavia suonano magari anche più spesso. I gruppi che non sono della zona, infatti, in alcuni casi partono in svantaggio; ma devono poter avere modo di crearsi un pubblico col tempo: se all’inizio fanno delle serate mezze vuote, poi invece le riempiono e ripagano l’investimento iniziale. Siamo felici noi e loro. Questo discorso vale per un determinato tipo di band. Quando si considerano gruppi -si può dire- professionisti, ovviamente bisogna aspettare le loro tournée. Secondo me il livello musicale nell’ultimo anno è salito tanto e anche il prestigio del locale sta ritornando su. Infatti ci sono dei gruppi che prima non pensavano che Spaziomusica potesse essere un locale adeguato; parlo ad esempio dei Vallanzaska - sono venuti qui poco tempo fa - che prima non si erano mai proposti, mentre adesso non vedevano l’ora di suonare da noi. Ormai, si è probabilmente creata una sorta di volano: le serate riescono bene, facendo crescere il livello musicale dei gruppi che si esibiscono, poi altri ne parlano, quindi c’è ancora più gente che vuole venire a suonare. È un ciclo che si alimenta da solo.

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La programmazione cosa prevede quest’anno? È rimasta la stessa degli anni precedenti? Per anni Spaziomusica è stato il tempio del Blues. Soprattutto durante la prima gestione da qui sono passati nomi del Blues americano veramente di alto livello. Questo aspetto è continuato anche nella seconda gestione, arricchendosi però di un genere di musica simile a quello di Bob Dylan, di Bruce Springsteen, il rock quindi. Quando siamo arrivati noi, ovviamente la clientela del locale era quella. Infatti all’inizio abbiamo provato a inserire delle serate di hip hop, di musica elettronica, ma non hanno funzionato. Quelle che invece siamo riusciti a introdurre con un certo successo sono state le serate Indie Space; e si è dimostrata una scelta lungimirante, perché quattro/cinque anni dopo la musica indie ha avuto un boom. Abbiamo allora deciso di portare gruppi come i Marta sui tubi, i Dente o i Ministri, che adesso fanno due serate di tutto esaurito all’Alcatraz, ma quando hanno suonato da noi, c’era un pubblico di cinquanta persone (ed era il giorno che avevano firmato con la Universal). Il rock alternativo è stato, quindi, un altro genere che siamo riusciti a far entrare nella programmazione; e anzi ha occupato uno spazio sempre maggiore. Negli ultimi due anni poi, allargando il giro delle collaborazioni e prendendo delle persone che erano ben inserite in altri circuiti, siamo riusciti ad organizzare nel giro di un anno il Reggae Vibes. Ed è diventata una delle

I trent’anni di Spazio di Ludovica Petrarca

I FATTI DEL 2016

moderno. Infatti è frequentatissimo da giovani, anche di vent’anni, che però guardano un film che ne ha più di cento.

serate più belle della programmazione. Recentemente abbiamo inserito anche le serate Hip Hop Junkie, perché qui a Pavia c’è una bella scena di ragazzi giovani che fanno hip hop “proletario” soprattutto (per capirci, non quello di Marracash…). Quindi, la cosa importante è che abbiamo iniziato a inglobare scene diverse, usando Spaziomusica come un contenitore per tutte le scelte artistiche della città. Prima la direzione artistica era: decidiamo da soli chi viene a suonare, senza appoggiarci ad altri elementi, esterni; adesso, invece, siamo più aperti: con noi collaborano diversi ragazzi che, oltre a far parte di un gruppo, si occupano di curare la singola serata (ci sono ad esempio gli universitari di Alabaster, per Reggae Vibes c’è Giki). Ma portate avanti anche format che non sono puramente musicali. Sì, organizziamo anche la serata Impro’, cioè teatro d’improvvisazione. Gli attori sono tutti pavesi. Le prime volte venivano in cinque a vederla, adesso si arriva a cento persone di martedì sera. Nove anni fa, ho fondato anche il progetto Cinestesia (rassegna dedicata alla proiezione di una pellicola cinematografica con l’accompagnamento musicale dal vivo dei Bluesforce). Ma non è il cliché del pianoforte che accompagnava il cinema muto alle origini; la musica dei Bluesforce è fatta da un basso elettrico, chitarra elettrica, batteria e tastiere; insomma è rock

Ospitate anche esposizioni d’arte e degustazioni. L’offerta di intrattenimento di Spaziomusica ormai è molto varia, anche se la musica rimane il punto fermo. È in programma anche un concorso musicale. «È un’idea che è partita dai ragazzi del Bubbles Fest e che io ho trovato ottima, perché mi permette di vedere lo stato in cui si trova la musica giovane di Pavia. Abbiamo una ventina di iscritti e i premi saranno la possibilità per tre di questi gruppi di suonare al Molecole Festival. Il festival è organizzato con l’associazione Vite suonate (aperta sempre da Spaziomusica) e si compone di quattro serate. La programmazione rispecchia e condensa quella di Spazio, quindi ci sarà il teatro d’improvvisazione, gruppi che vengono anche da fuori e naturalmente musica reggae, rock, blues. La difficoltà maggiore? Ritrovarci orfani dopo sette anni di gestione di Simone Marchetti. È stato un anno un po’ problematico, di passaggio. C’era già la crisi, che aveva fatto abbassare tanto i consumi; e poi c’erano più controlli su strada contro il consumo di alcol e il divieto di fumare all’interno dei locali. È stato quindi il momento più critico. Adesso io, Chiara e la squadra che abbiamo messo in piedi ci stiamo consolidando, abbiamo formato un bel gruppo. Siamo riusciti a riportare tanta gente e tanta bella musica.

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I FATTI SPECIALE DEL 2016

Goodbye Super Tuesday di Barbara Palla

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di Barbara Palla “Our elections are the envy of the world.” Così diceva Charlie Skinner, il direttore di News Night programma serale della rete all-news ACN, nella serie tv americana The Newsroom, che racconta le vicissitudini della redazione di un programma di approfondimento politico, faro della rete. L’episodio riguardava un’ipotetica sera di elezioni presidenziali e il live coverage che abitualmente ne consegue. L’episodio è del 2014. All’epoca non era di scoppiettante attualità. Nelle ultime settimane invece il fenomeno delle maratone televisive è stato rimesso in moto. L’attenzione è rivolta alle primaries e ai caucuses, quelle assemblee durante le quali ogni Stato sceglie i propri Delegates, che andranno a votare il candidato scelto alle Party Convention nazionali, momento nel quale si ufficializzano gli unici candidati alla Presidenza. Siamo adesso nel pieno della corsa, manca ancora un Super Tuesday (giorno in cui più di dieci Stati votano ed eleggono i propri delegati, momento di importante valutazione delle tendenze politiche), i giochi sono quasi fatti ma sono preoccupanti. Tra i Repubblicani l’offerta era abbastanza estrema, proprio per questo debolmente convincente. Il cardiochirurgo nero dalle mani benedette, Ben Carson, non è riuscito ad attirare il favore delle minoranze di colore in quanto uscito da quell’establishment universitario ai cui accedono solo in pochi. Con lui si è ritirato anche l’ultimo membro della famiglia Bush, Jeb, più moderato nei toni ma forse tradito da un cognome ormai famoso. Così come si è ritirato il figlio nato dal sogno americano , Marco Rubio. Genitori cubani scappati alla dittatura, sposato con la ragazza cheerleader del liceo di origini colombiane, le cui idee di

destra radicale, riguardo l’interruzione di gravidanza, la vendita delle armi e i cambiamenti climatici (che ritiene non essere stati causati dall’uomo), non hanno convinto nemmeno lo Stato in cui giocava in casa, la Florida. Tra i radicali di destra, convince di più Ted Cruz, il candidato texano già politicamente navigato ma con idee super religiose. Si oppone fortemente ai matrimoni gay, all’aborto, a qualsiasi forma di controllo sulle armi, alle tasse sui ricchi ed esprime posizioni isolazioniste di politica estera. Anche il più silenzioso John Kasich ha delle idee strane, da repubblicano convinto ha sostenuto la democratica Obamacare (la politica sanitaria rivolta alle famiglie con un basso reddito) e si dichiara pronto ad accogliere i migranti privi di documenti ma senza concedergli la cittadinanza, guadagnandosi così l’endorsement del NYTimes. Tutti però sono stati oscurati dall’outsider, il fenomeno mediatico Donald Trump. La sua ricchezza accumulata come imprenditore gli permettere di partecipare alle elezioni senza bisogno di finanziatori o lobby politiche di sostengo, permettendosi perciò di fare sostanzialmente ciò che vuole. Abile nel media bashing, la denigrazione della stampa d’informazione americana e internazionale, accusata di essere infingarda e truffaldina, se ne esce spesso con delle dichia- razioni infelici (non ultima quella sui musulmani), ma riesce spesso a cavarsi d’impaccio con risposte secche (e seccanti) che cuciono la bocca ai suoi avversari, che comunque non manca di offendere ogni tanto. Seduce in realtà quelli che non si sanno ancora decidere e che sono attratti dallo show e dalle idee altisonanti e grandiose, che potrebbero prima o poi rivelarsi uno specchio

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per le allodole. Dall’altro lato i contendenti sono sostanzialmente due già da parecchio tempo. L’ex first lady, sempre perfettamente acconciata (ai limiti del falso) Hillary tenta di diventare la prima Presidente donna. Vista la sua precedente esperienza alla Casa Bianca sarebbe una bella rivincita. Tuttavia è invischiata in un noioso affare politico che la vede accusata di aver usato il proprio account personale per mandare dei documenti di lavoro sulla Libia, e la questione non è ancora stata risolta. Dopo il Presidente nero, può esserci un Presidente donna? Forse sì, ma non tutti sono convinti che lei sia la donna che l’America sta aspettando. Agli antipodi sta il suo rivale, il Senatore Sanders che dichiara di volersi opporre all’establishment, alle lobbies politiche e ai poteri forti; vuole rompere l’elitismo universitario e mettere a disposizione di tutti un’istruzione di qualità. Tra l’altro vorrebbe legalizzare la marijuana. Nuovo sì e forse troppo. Non ha ricevuto endorsements clamorosi e i suoi risultati non mettono in pericolo la candidatura Clinton. I moderati disperati hanno sperato nell’impegno del sindaco di New York, Michael Bloomberg, quale candidato indipendente ma le loro speranze sono state stroncate a inizio febbraio dopo aver affermato che questo è un rischio che non vuole correre. Sarà che le presidenziali USA sono guardate da tutti, ma quest’anno i primi spettatori sono gli americani, increduli forse di dover scegliere, stando agli ultimi risultati, tra Trump e Clinton; e forse quest’anno saranno loro ad invidiare i candidati degli altri paesi?


I FATTI SPECIALE DEL 2016

Referendum Trivellazioni di Oriana Grasso

REFERENDUM TRIVELLAZIONI 17/04/2016

di Oriana Grasso

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Il 17 aprile 2016, si vota per il referendum sulle trivellazioni in mare per la ricerca e l'estrazione di idrocarburi, tra cui petrolio e gas. Il referendum sulla politica energetica italiana si svolgerà a breve, ma di cosa si tratta? Quali sono le questioni affrontate? Cerchiamo di capire meglio cosa voteremo.

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Il referendum, è stato richiesto la prima volta da nove Consigli regionali: Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto. Nel gennaio 2016, la Corte Costituzionale ha giudicato ammissibile uno dei sei quesiti presentati. Si tratta di un referendum abrogativo che mira all’eliminazione di una norma presente nella Legge di Stabilità 2016. Per l’abrogazione è necessario che vada a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto e che la maggioranza dei votanti si esprima con un “Sì”. Votando “Sì”, i cittadini avranno la possibilità di cancellare la norma sottoposta a referendum. Il quesito che si troverà sulla scheda: «Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato

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(Legge di Stabilità 2016)” limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?». Qual è l’oggetto del referendum? L’oggetto del referendum riguarda solo le trivellazioni effettuate entro le 12 miglia marine (circa venti chilometri). Sono 21: 7 in Sicilia, 5 in Calabria, 3 in Puglia, 2 in Basilicata, 2 in Emilia Romagna, 1 nelle Marche e 1 in Veneto. Il referendum chiede agli italiani se vogliono che si continui ad estrarre petrolio fino al suo esaurimento naturale a prescindere dalla scadenza dei contratti di concessione delle compagnie petrolifere. La soglia limite delle 12 miglia è stata introdotta nel 2010 con il “Decreto Prestigiacomo”, emanato dopo l’esplosione nel Golfo del Messico della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon.

Le compagnie estrattive che svolgono le trivellazioni hanno una concessione di 30 anni prorogabile. La Legge di Stabilità 2016, emanata dal Governo Renzi, prevede che, anche dopo la scadenza del contratto di concessione, l’attività di estrazione possa continuare fino “alla durata di vita utile del giacimento”, cioè fino a che il giacimento non si esaurisca. Se vince il “Sì”, le trivellazioni si svolgerebbero fino alla scadenza naturale del contratto, cioè fino ad altri 5-10 anni, bloccando poi l’attività. Altrimenti, l’estrazione continuerebbe oltre, fino all’esaurimento del petrolio nell’area. Legambiente ha stilato la mappa delle piattaforme situate entro le 12 miglia dalla costa. Ciò che emerge dal rapporto è che “le piattaforme, soggette a referendum, oggi producono il 27% del totale del gas e il 9% del greggio estratti in Italia (il petrolio viene estratto nell'ambito di 4 concessioni dislocate tra Adriatico centrale - di fronte a Marche e Abruzzo - e nel Canale di Sicilia). La loro produzione nel 2015 è stata di 542.881 tonnellate di petrolio e 1,84 miliardi di SMC (Standard Metri Cubi) di gas. L'incidenza della produzione delle piattaforme a mare entro le 12 miglia è stata di meno del 1% rispetto al fabbisogno nazionale (0,95%). L'incidenza della produzione di gas dalle piattaforme entro le 12 miglia è stata del 3% del fabbisogno nazionale”. Perché votare “Sì”? I sostenitori del “Sì” pongono l’attenzione sulla tutela dell’ambiente, del turismo e dei fondali italiani, della salute delle persone, della pesca e delle economie costiere. Tutte risorse rilevanti dell’economia italiana, che verrebbero lese dall’estrazione di petrolio entro le 12 miglia dalla costa. Ciò porterebbe ad incentivare l’uso di energie rinnovabili alternative al petrolio estratto in zone in cui le riserve sono esigue. La norma inoltre sarebbe contraria al principio della libera concorrenza, in quanto volta a dare concessioni a tempo indeterminato. Perché votare “No”? I sostenitori del “No” ritengono difficile poter sostituire tali rifornimenti di idrocarburi con energie rinnovabili, comportando maggior dipendenza da Stati esportatori. Ritengono che le conseguenze si avrebbero anche sul piano occupazionale, data la chiusura prevista di alcune piattaforme. Considerano inoltre il referendum come un invito inadeguato per il Governo di investire in fonti di energia rinnovabili. Il diritto di voto è uno dei diritti fondamentali della persona che devono essere esercitati. È un modo per esprimere le proprie opinioni su un tema, che in questo caso riguarda un bene prezioso, quello dell’ambiente. Ma fino a che punto, e rispetto a quali altri interessi siamo disposti a sacrificarlo?

SPECIALE

“I sostenitori del “No” [...] considerano inoltre il referendum come un invito inadeguato per il Governo di investire in fonti di energia rinnovabili.”

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ˇ Cernobyl’: 30 anni dopo di Andrea Zefferini

I FATTI SPECIALE DEL 2016

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Cernobyl:'

SPECIALE

30 anni dopo...

di Andrea Zefferini

Sono passati 30 anni da quel maledetto 26 aprile del 1986, da quell'evento che verrà sempre ricordato come il più grave incidente nucleare della storia. Doveva essere un semplice test per vedere se, in caso di blackout, le turbine della centrale avrebbero avuto abbastanza energia per far funzionare il sistema di raffreddamento, fino a quando non fossero entrati in funzione i generatori di emergenza. Per una serie di tragici errori umani di progettazione, gestione e falle nella sicurezza, avvenne quell'immane disastro. A partire dall'1.23 di quel 26 aprile il reattore numero quattro dell’impianto nucleare di Černobyl' esplose. Il nocciolo cominciò a fondersi e tonnellate di radiazioni iniziarono a disperdersi per chilometri. L'emergenza che ne conseguì fu di proporzioni inimmaginabili e mal gestita. La centrale bruciò per dieci giorni e l'Unione Sovietica non

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avvertì subito le autorità di tutto il mondo per tentare di arginare il disastro (potenzialmente anche mediatico) e diminuirne i danni. L'accaduto fu scoperto giorni dopo grazie a delle rilevazioni che captarono alti livelli di radioattività, effettuate in "limitrofi" territori nonURSS. Al momento dell'esplosione, le correnti d'aria spinsero la nube e le sostanze radioattive verso l'Europa. L'Unione Sovietica fece di tutto per nascondere l'accaduto, ma a quel punto, la TASS, l'agenzia di stampa sovietica, si trovò obbligata a diffondere le informazioni sull'incidente. L'evacuazione di Černobyl', iniziò il 2 maggio e nessuno sapeva di che portata fosse il disastro. Alcuni scapparono subito mentre altri si attardarono per vedere quell'immensa esplosione. I ricordi di intere famiglie, le vite di un numero imprecisato di persone furono stravolte. Ad oggi, la conta dei danni è immensa, sotto ogni punto di vista. Il danno maggiore è quello inflitto alle persone che, dopo questi tragici eventi, hanno visto nascere figli o nipoti con gravi malformazioni. Tanti innocenti che vivevano in quelle zone sono morti, sono rimasti menomati o, cosa ancor peggiore, senza una famiglia.

Da allora sono stati ideati migliori sistemi di sicurezza e di controllo. Ad oggi, moltissimi paesi hanno centrali nucleari nel proprio territorio, ma non si sono più verificati incidenti di questa portata. Le centrali di tutto il mondo, ora, sono sottoposte a ferrei controlli e sono presenti anche in zone densamente abitate. L'Italia si è opposta all'introduzione del nucleare, ma le centrali francesi sono a ridosso dei confini italiani. Nel 1986 frutta e verdura vennero ritirate dai mercati di molti paesi europei, perché ritenute contaminate dal fallout nucleare e quindi altamente nocive. Il terreno circostante a Černobyl' ancora oggi risulta essere molto radioattivo. Dopo il disastro, nonostante l'allarmismo di massa del "rischio-nucleare", furono evitati casi di "psicosi collettiva". A Pryp'jat' (la cittadina ucraina che ospitava la centrale), dopo il devastante disastro, si tentò di salvare il poco che era rimasto. Anche le operazioni di messa in sicurezza dell'area furono onerose, sia dal punto di vista monetario che dal punto di vista umano. Il sarcofago che rinchiude il reattore distrutto, la pulizia dei detriti e la manutenzione furono operazioni ingenti. Altro grande disastro nucleare recente è quello di

Fukushima in Giappone, avvenuto dopo il maremoto e il terremoto dell'11 marzo 2011. La centrale non resse al duro colpo del cataclisma e così si scatenò un altro incidente devastate. Vi furono dispersioni di grandi quantità di materiale radioattivo e l'accaduto fu mal gestito: i detriti furono messi in comuni sacchi della spazzatura all'aria aperta e molti operatori erano vestiti in modo inadeguato. Le aree circostanti Fukushima e tutti i centri abitati nel raggio di 40 km. furono evacuati il più velocemente possibile. Questa fu, però, la conseguenza di una tragica fatalità. A Černobyl' il rischio era altissimo, tutti ne erano consapevoli; i protocolli di sicurezza non erano seguiti; l'URSS aveva preposto fini politico-economici alla sicurezza collettiva. Le conseguenze si sono viste ed ancora adesso sono ben visibili. Non ci si può avvicinare alla centrale perché tutto è radioattivo, nulla è stato toccato e per tutto il mondo è ancora una ferita aperta.

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LETTORI SI DIVENTA

I FATTI RECENSIONE DEL 2016

AVE, cesare! un post visione,ma non troppo

William Peter Blatty

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di Lorenzo Giardina Paradosso, ironia e iperbole, quali altre parole potrebbero meglio sintetizzare gli aspetti ricorrenti nel commediare dei fratelli Coen. O meglio, cos'altro ci si poteva aspettare da Ave, Cesare!, l'ultimo film della celebre coppia registica. La commedia ha sicuramente suscitato grandi aspettative nel pubblico: la satira e il surrealismo tratteggiati da trailers, scoop e indiscrezioni, un cast stellare che conferma il sodalizio artistico dei registi con George Clooney e Josh Brolin e, ovviamente, la firma dei Coen, come di consueto, anche alla sceneggiatura. Accanto ai due “attori da novanta”, figurano stelle quali Alden Ehrenreich (nei panni di Hobie Doyle), Ralph Fiennes (Laurence Lorenz), Jonah Hill (Joseph Silverman), Scarlett Johansson (DeeAnna Moran), Frances McDormand (C.C. Calhoun), Tilda Swinton (che interpreta le sorelle gemelle Thora e Thessaly Thacker) e, infine, Channing Tatum (Burt Gurney). Post visione, è stato detto di tutto sul film: da chi ha urlato al flop a chi ne ha proclamato il successo, con in mezzo i più e le voci del “nulla di che, mi aspettavo meglio”. Eppure, Ave, Cesare! non è una pellicola scontata: per giudicarla, bisogna considerare l'intento dei Coen. E forse è questo il vero problema. Il film è ambientato nel Hollywood degli anni '50 e può essere definito come una sorta di “metafilm”, un esercizio di stile, in cui, più o meno letteralmente, tanti piccoli film compongono la trama; l'unico filo conduttore apparente è il protagonista: Eddie Mannix (Josh Brolin), un responsabile e direttore di un importante casa di produzione cinematografica, un “fixer” tuttofare che, fino alla fine della pellicola, rincorre la soluzione di un problema dopo l'altro. Nei grandi hangars di Hollywood, nelle varie scene, i Coen omaggiano ed esagerano i grandi generi del tempo: i musical di Gene Kelly, ad esempio, i mondi

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acquatici di Esther Williams e, ovviamente, i westerns. Ave, Cesare! stesso è una di queste “grottesche” messe in scena, la principale: un peplum ambientato nell'antica Roma (palese rimando ai colossal americani alla Spartacus), nel quale Baird Whitlock (George Clooney) è il protagonista; uno dei filoni principali di quest'ultima commedia “coeniana” è proprio il suo rapimento da parte di un gruppo di sceneggiatori americani comunisti, fra i quali, bizzarramente, vediamo un cameo del filosofo Herbert Marcuse. Insomma, l'ironia surreale dei Coen di certo non manca nel film, che, indubbiamente, offre anche alcune scvene clou di piccolo genio; ad arrancare invece, forse, è la tenuta generale dell'opera, la linearità, il senso ultimo del film. Tanta satira e critica, sia religiosa, sociale che politica: è vero, ma se Ave, Cesare! fosse semplicemente una rappresentazione fine a se stessa? Un divertissement artistico dei Coen? Molti l'hanno sicuramente pensato. Io non ne sono sicuro e vorrei soffermarmi su un aspetto ricorrente: il concetto di fede, ripreso più volte nel film; essa, plasmata dalla mano dei Coen, si trasforma da fede religiosa in “aspettativa sociale”, la prevedibilità che ogni personaggio sia lo stereotipo di se stesso. Da non sottovalutare è anche la voce narrante che sovrasta l'intera narrazione: è la voce dei Coen, che ci guida nel mondo di Ave, Cesare!, un mondo caleidoscopico di controversie, assurdità, contraddizioni, stupidità e ironia, in cui la satira fa da padrona e tutto può accadere. Un “macrofilm”, un grande parco giochi, di cui Hollywood è, probabilmente, il set più adatto. Ave, Cesare! ha sicuramente dei limiti, ma, a parer mio, coglie a pieno il fine dei Coen: offrire uno spaccato immaginario nemmeno troppo inverosimile: lo si può prendere semplicemente per come appare, oppure guardare un po' più in là. La scelta sta allo spettatore.

L’ESORCISTA

1971 - 4.5/5

di Matteo Camenzind

Georgetown, Washington. L’ambientazione è una come tante altre, in una città normale, in una casa residenziale. Chris MacNeil è una famosa attrice, divorziata e con una figlia in preadolescenza, Regan. Tutti noi sappiamo di che cosa parla il romanzo, soprattutto grazie al film trattone, che è diventato un cult. Ma quanti hanno letto il libro? La bravura di Blatty sta tutta nel rendere normale e reale una situazione che altrimenti definiremmo anormale, atipica. Una bambina che, giocando con un gioco da tavola, entra in contatto con uno spirito e ne viene posseduta: questa, in sintesi, la trama dell’Esorcista. Di contorno c’è la storia, o le storie, della madre single, le

tresche dei coniugi che fungono da servitù in casa, un poliziotto solerte e un gesuita che sta perdendo la fede. Questi sono gli elementi in gioco, manovrati con maestria, presentatici come naturali. La storia è occidentalmente inquietante: il grosso dell’horror si dipana su pagine ambientate in una camera da letto, e più precisamente sul letto su cui è legata la povera Regan. Anche tu, presto o tardi, andrai a dormire a letto: ci riuscirai, avendo lasciato a metà la lettura e sapendo solo che da un momento all’altro potresti essere posseduto brutalmente da un demone? La ricerca della verità avviene in due parti. Inizialmente, Chris chiede ai migliori medici, psicologi, psichiatri di capire che cos’abbia Regan. Eliminate tutte le possibilità mediche, nella seconda parte si rivolge a padre Karras, un padre gesuita che tenta di escludere in tutti i modi la possibilità di una possessione (residuo, a suo dire, medievale della religione). Ed è così che, tentativo dopo tentativo, le speranze cadono una ad una.

L’esorcista è un libro da leggere, e tutto d’un fiato.

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I FATTI CONCORSO DEL 2016

RUBRICHE

CONCORSO FOTOGRAFICO

ANGOLI di PAUSA Attraverso una storia di 3 scatti, RACCONTACI IL TUO BREAK! La vita da universitari, alle volte, è talmente scombussolata che abbiamo la sensazione di essere nel bel mezzo di un ingorgo newyorkese: matricole che si perdono nei corridoi sbagliando ripetutamente aule; laureandi che rincorrono disperatamente i propri relatori; pendolari che, reduci da una giornata ricca di lezioni, corrono per non perdere il treno di ritorno.

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Appunto per questa ragione Inchiostro ha deciso di invitare tutti gli studenti Unipv a condividere il proprio momento di pausa, mostrando dove, come e, magari con chi, preferiscono godersi quei 5 minuti,che molto spesso diventano ore, di intervallo. Partecipate al nostro concorso fotografico e rendeteci complici dei vostri angoli di pausa giornalieri! Liberate la fantasia, sbizzarritevi nella scelta di locations, che siano i suggestivi cortili della sede centrale o i percorsi lungo il Ticino, insomma, macchinetta fotografica/ smartphone pronta/o allo scatto e date il via al divertimento!

INCHIOSTRO • numero 146

Il concorso è rivolto a tutti gli studenti dell’Unipv, anche a coloro che ben poco sanno di tecniche fotografiche ma che, allo stesso tempo, apprezzano l’arte della fotografia; lasciatevi ispirare dai vostri stessi momenti di pausa; pensate dove vorreste dedicarvi qualche minuto di relax in qualche angolo della nostra città dalle 100 Torri: Pavia! “Trovare qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno avrebbe potuto immaginare prima, qualcosa che solo tu puoi trovare perché, oltre ad essere fotografo, sei un essere umano un po’ speciale, capace di guardare in profondità dove altri tirerebbero dritto.” Margaret Bourke-White. Insomma, date uno sguardo fuori dalla finestra, alzate le teste da quelle pagine e lasciate che la primavera vi porti consiglio ed ispirazione! Buon lavoro!

Per chi ancora non conoscesse questa rubrica online (e sono certa che sarete in molti) la presento: si tratta di uno spazio che Inchiostro ha concesso alla comunità dei pendolari e alle loro innumerevoli e mirabolanti avventure le quali, immancabilmente, hanno a che fare con quella che ormai il popolo dei treni può considerare come una compagna di vita: Trenord. Consigli pratici, fatti realmente accaduti, discorsi di tanto in tanto seri, deliri di una pendolare… ecco ciò che troverete all’interno di questo ‘’diario di bordo’’ che oggi vi propone un libretto d’uso utile per sopravvivere al machiavellico meccanismo di Trenord. Uno dei tanti problemi da affrontare è sempre quello del biglietto. Che decidiate di acquistarne uno

singolo, di optare per un abbonamento o per la comoda tessera ‘’io viaggio’’ (viaggiate ovunque nella regione al modico prezzo fisso di 107€), spenderete comunque un patrimonio. Il consiglio pratico per chi per studio o lavoro percorre spesso lunghe tratte è di prendere in considerazione proprio quest’ultima opzione: occhio al risparmio! Evitate invece di non fare il biglietto o scatenerete l’ira del controllore che, soprattutto se particolarmente ‘’ortodosso’’, non ci penserà due volte a scaraventarvi giù dal convoglio (e per fare questo dovrà fermare il treno provocando così un’insurrezione dei pendolari in stile moti del ’48: il vostro linciaggio è assicurato). [[[continua a leggere su http://inchiostro. unipv.it/]]]

Van Parijs, il bottino del surfista di Malibù “Why surfers should be fed” è il curioso titolo di un articolo del filosofo politico Philiph Van Parijs volto a promuovere l’idea di un reddito di base garantito per tutti. Il suo è, però, innanzitutto un tentativo di “difendere” il Basic Income da coloro che vi vedono ben poche buone ragioni per promuoverlo. Il reddito di base è un modo per redistribuire le ricchezze in maniera universale e incondizionata, a singoli individui, a prescindere da qualsiasi altra fonte di reddito, dal lavoro che svolgono o dalla loro soglia di povertà. Così facendo, non verranno corrette precedenti distribuzioni sfortunate ma verranno prevenute del tutto, garantendo a tutti una piccola porzione di ricchezze. Ogni cittadino potrà sentirsi “al sicuro” ed in grado di esercitare la propria capacità di scegliere come vivere. Il surfista,

come il professore di Berkeley, ha in teoria la possibilità di diventare chiunque desideri, ora però, ha anche le possibilità economiche per farlo. Surfista e professore sono ciò che, con un reddito di base, due individui potrebbero diventare. Scegliere se garantire o meno il “pane” ai surfisti del Pacifico dipende però da come consideriamo il Basic Income: è un diritto o un merito? Nel primo caso, il surfista, a prescindere dal fatto che occupa il suo tempo sulle spiagge di Malibù, avrebbe il pieno diritto alla sua porzione di denaro. Nel secondo caso, egli non meriterebbe la sua quota di reddito proprio perché è un surfista... [[[continua a leggere su http://inchiostro.unipv.it/]]]

rubrica a cura di Sandra Innamorato

inchiostropavia@gmail.com

Arriva per tutti il momento in cui c’è bisogno di un time-out, un reset momentaneo di tutte quelle informazioni che abbiamo cercato di incastrare in ogni possibile angolo del nostro cervello; che si tratti di un caffè, una boccata d’aria fresca (e non quella ristagnante tipica delle aule studio) o una semplice chiacchierata per raccontarsi qualche pettegolezzo, la pausa è per lo studente universitario un momento sacro della giornata.

Elaborate una trama, raccontateci attraverso 3 fotografie le vostre pause-tipo rendendo partecipi i vostri più fedeli colleghi o rappresentando semplicemente ciò che rende i vostri break speciali! Dai vostri scatti,successivamente, selezionate per noi i 3 migliori e inviateci le vostre fotografie all’indirizzo di posta elettronica inchiostro.concorso@gmail.com (sul sito di Inchiostro potrete trovare bando e regolamento).

rubrica a cura di Claudia Agrestino

di Lisa Martini

Trenord: istruzioni per l’uso

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SONDAGGIO

RELAX

Se BERTOLASO portava a passeggio il GATTO di SCHRODINGER “Fenomenologia dell’inutilità” - ovvero, gioire dei piccoli trash quotidiani che la nostra vita regala a ognuno di noi: ridere degli altri per non ridere di noi stessi.

di Federico Mario Galli

inchiostropavia@gmail.com

Per molti studenti universitari questa domanda rappresenta l’inizio della fine. A farla, solitamente parenti, amici o colleghi. Per altri invece è un motivo di orgoglio, dopo tanto impegno passato dietro ai libri. Ma all'Università degli Studi di Pavia, come vanno gli esami? Per rispondere a questa domanda, noi di Inchiostro, abbiamo lanciato un sondaggio, per scoprire come effettivamente vanno gli esami dei nostri studenti e studentesse. Secondo voi, come vanno gli esami? Dagli esiti del sondaggio risulta che mediamente gli studenti dell’Università di Pavia, per le varie lauree triennali, debbano sostenere una media di 23 esami, un dato stabile per tutti gli studenti intervistati. Ma la media delle valutazioni degli intervistati come sarà? Dal nostro sondaggio, la media delle valutazioni in trentesimi degli esami degli studenti intervistati risulta essere ben 25, media che, per qualche decimale, si aggiudicano più alta le nostre studentesse! Ma la media non è l’unico dato importante: eh sì, gli esami arretrati? Pensate che solo il 16% degli intervistati non ha nessun esame indietro da recuperare o lasciato dagli altri anni, il 9% invece ha un esame sul groppone, fino ad arrivare al 7% che ha più di 10 esami ancora in attesa di essere compilati nell’area riservata! L’Università di Pavia offre così molte gioie e soddisfazioni, ma ci sono esami che non sembra abbiano lasciato un buon ricordo ai nostri intervistati. Ai primi posti degli esami più odiati e temuti troviamo: Sociologia, Macroeconomia, Procedura civile, Diritto commerciale e alcuni esami di lingue. Colpa della materia o del professore? Magari lo scopriremo in un altro sondaggio. Se avete anche voi dei sondaggi da Per concludere, il nostro sondaggio chiedeva suggerirci, dei quali vi interessa agli studenti se avessero mai mentito ai conoscere i risultati, scriveteci su genitori sull’esito degli esami, secondo voi Facebook alla pagina “Inchiostro” come avranno risposto? o a inchiostropavia@gmail.com e Solo il 27% degli intervistati ha dichiarato di proponeteci voi un sondaggio che vi aver mentito ai propri cari su alcuni esami, ma incuriosisce! di questi studenti, quante sono le femmine e quanti i maschi? Rullo di tamburi, il 44% dei ‘’bugiardi’’ sono studentesse, si aggiudicano così il “premio alla balla sull’esame” gli studenti maschi (56%). Complimenti però ai componenti del 73% degli intervistati “onesti” che non mentono sui loro esiti.

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INCHIOSTRO • numero 146

Osservando il naviglio pavese, ho finalmente trovato risposta alle mie domande. Una nutria rovistava tra la spazzatura, capii il senso della vita: le piccole cose quotidiane fanno la differenza. È difficile da accettare, ma siamo fatti della stessa sostanza di Loredana Lecciso. La nostra vita è monotona, diciamo «finalmente Di Caprio ha vinto l’Oscar» senza aver mai visto un suo film, mettiamo “mi piace” a foto di animali domestici che mai ci metteremo in casa e guardiamo cucinare in TV uno chef da cui mai andremo a mangiare. È un mondo strano. Con un euro puoi prendere dieci caramelle, un carrello per la spesa o votare un candidato del PD in Campania. In un caso l’euro è guadagnato. Come si fa a dare valore a qualcosa in questo mondo? “La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita”. Noi invece sappiamo benissimo cosa ci attende: un reality show di Simona Ventura, Gasparri che blocca un utente su Twitter, la nuova fiction con Katia Ricciarelli e gli zigomi di Gabriel Garko. Forrest Gump starebbe correndo a gambe levate. Noi invece abbiamo il Mago Forrest, quindi, o non partiamo, oppure appena iniziamo a correre non vediamo l’ora di fermarci. Oggi sorridiamo, ma non perché domani sarà peggio (di certo, se il mondo ha creato Anna Laura Ribas e Rocco Calissano, non potrà nemmeno andare meglio), ma perché sappiamo che al mattino Magalli ci parlerà di qualcosa di rassicurante mentre sorseggiamo un caffè di sotto marca che per metà è finito sul gas. “Uomo, conosci il mondo e conoscerai te stesso” diceva Socrate. Ma oggi il mondo è molto più complicato. I filosofi oggigiorno non vivono più in una botte, ma negli studi di DiMartedì per insultare i politici . I meteorologi hanno la stessa credibilità dei sondaggisti, i sondaggisti di chi fa l’oroscopo, e chi fa l’oroscopo o è Paolo Fox, o ha meno credibilità di un Enzo Paolo Turchi (con emorroidi) qualsiasi. Ormai guardiamo il telegiornale, non per conoscere le notizie, ma per vedere come la regia del Tg La7 saboterà Mentana. I nostri avi si allietavano con “La Divina Commedia” e “I Promessi Sposi”, mentre noi cerchiamo invano di capire se Zora

riuscirà mai a mettere in pratica la propria vendetta sulla Lady. In certe condizioni, come è possibile conoscere il mondo? Prendete me, ad esempio. Era il 2007, Wrestlemania, l’evento di wrestling più atteso dell’anno. Ad un certo punto assistetti a un match: due wrestler avrebbero combattuto in rappresentanza uno di Donald Trump, l’altro di Vince McMahon (il padrone della WWE) - il rappresentato perdente sarebbe stato rasato a zero. In breve, il risultato è che otto anni fa vidi il possibile futuro presidente degli Stati Uniti rasare a zero il padrone della WWE. Sono cose che fanno pensare. È per questo che la vita non è affatto come una scatola di cioccolatini. Per noi è più come lo scatolone di Schrödinger con dentro Guido Bertolaso, necessitiamo di un tocco di trash inaspettato. Bertolaso porterà il gatto a fare una passeggiata: lo scenderà e lo piscerà, guinzaglio stretto nella mano. Magari cambierà la dentiera a una vecchietta, oppure chiederà dei preservativi per un massaggio alla cervicale, o dirà alla Meloni che una mamma non può fare il sindaco. Ma in realtà, non importa. Perché in fondo un po’ di trashinaspettato non è da negarsi a nessuno, purché non sia da prendersi troppo sul serio. È “il fattore Carlo Conti”: essere apprezzati per non aver fatto nulla di speciale. Come quando applaudiamo agli atterraggi, o quando pensiamo alle dichiarazioni di Giovanardi, per le quali lui stesso non ha mai pensato. Oppure di quando cerchiamo di parlare del senso della vita guardando una nutria che rovista tra la spazzatura del naviglio pavese. Perché infondo siamo tutti come Tafazzi, la differenza è che lui dice “Uh! Uh!” in TV, mentre noi, facendo lo stesso dal divano di casa, ridiamo di lui.

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In chiostro

I FATTI DEL 2016

Italia e Unioni Civili di Niki Figus

Il giornale degli studenti dell’Università di Pavia

CONCORSO FOTOGRAFICO

ANGOLI di PAUSA inchiostropavia@gmail.com

Invia le foto entro martedì 10/05/16

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Per maggiori informazioni visita il sito: inchiostro.unipv.it

INCHIOSTRO • numero 146


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