







Talento Nelle ultime 10 gare Soulé è sempre partito dall’inizio
L’argentino ha ricambiato mettendo a referto 4 gol e 2 assist
Davide Fidanza davide.fidanza@ilromanista.eu
Finalmente Mati. Passati i primi mesi di ambientamento, complicati dalla non più rosea delle situazioni in casa Roma, Soulé ha definitivamente cacciato via ogni dubbio riguardante il suo valore. Il talento argentino è tra i calciatori all’interno della rosa romanista ad aver beneficiato maggiormente della “cura Ranieri” diventando uno degli attori principali nella rincorsa europea della Roma. Nel periodo di massima difficoltà di Soulé nella Capitale, Ranieri aveva sin da subito messo le cose in chiaro: «Mati deve stare tranquillo, il suo futuro - sosteneva ai tempi Sir Claudio - è nella Roma. Deve diventare più pragmatico e darmi la sensazione che ogni qualvolta che ha il pallone può
IMPORTANTI NELLA CORSA CHAMPIONS LE RETI REALIZZATE CONTRO LA LAZIO E L’INTER
succedere qualcosa di pericoloso e sono sicuro che riuscirà a farlo». Detto, fatto. Ranieri lo ha messo in campo come titolare nelle ultime 10 gare di campionato della Roma e Soulé ha risposto a suon di prestazioni importanti, offrendo alla squadra il tanto agognato pragmatismo richiesto da Ranieri: 4 gol e 2 assist in queste 10 apparizioni. Di questi 4 gol, due sono arrivati in big match fondamentali contro Inter e Lazio, mentre gli altri due hanno regalato 6 punti ai giallorossi essendo stati dei gol vittoria realizzati nei successi per 1-0 contro Parma ed Empoli. Un rendimento molto importante arrivato nel momento più complicato della stagione, con la Roma ancora in corsa - e in rincorsa -per un posto nelle prossime competizioni europee e senza Paulo Dybala out per infortunio. In sua assenza, Mati si sta prendendo la Roma.
L’uomo del momento, Mati Soulé. Qui a fianco, il 21 posa col premio di MVP di Inter-Roma. A destra, dall’alto: la sua esultanza dopo il gol al derby; la punizione vincente contro il Parma GETTY
NEL MATCH CONTRO
LA SQUADRA DI INZAGHI IL BABY ARGENTINO HA SERVITO 6 PASSAGGI CHIAVE
Che numeri contro l’Inter La vittoria per 1-0 a San Siro contro l’Inter è stato il diciottesimo risultato utile consecutivo dei giallorossi e ha portato la firma di Soulé. Il talento argentino è stato premiato dalla Serie A come MVP della partita e i numeri lo confermano al 100%. Oltre ad aver realizzato il gol della vittoria romanista, Mati ha messo in campo una prestazione incredibile anche in termini di potenziali assist e di occasioni
create: il dato dei passaggi chiave, in tal senso, è assolutamente emblematico con Soulé che ne ha raccolti addirittura 6. Allo straordinario rendimento offensivo comunque, Soulé ha aggiunto quello difensivo essendo stato schierato esterno a tutta fascia: con 7 azioni difensive Mati è stato il romanista ad aver totalizzato il dato più alto, mentre con 4 tackle riusciti si è posizionato al secondo posto dietro solamente a Bryan Cristante. Anche nella
voce duelli vinti Soulé si è fatto rispettare vincendone 5 su 9, posizionandosi anche qui al secondo posto tra i romanisti dietro Cristante e parimerito con Koné. Qualità, quantità e pragmatismo interamente messe al servizio della squadra su entrambi i lati del campo. Ranieri gli aveva chiesto il pragmatismo senza rinunciare all’estro e Soulé, riuscendo a dare al tecnico ciò che voleva, è riuscito definitivamente a dimostrare tutto il suo talento. ■
IL CALENDARIO
La Roma a Bergamo di lunedì sera
La Lega Serie A ha comunicato anticipi e posticipi del 36° turno di campionato. Il big match tra Atalanta e Roma si giocherà lunedì 12 maggio, con il calcio d’inizio previsto per le 20.45 al Gewiss Stadium di Bergamo
Il dato Nessuno ha saputo fare di più nei 5 principali campionati europei
Lorenzo Latini lorenzo.latini@ilromanista.eu
L’“Inside the Sport”, Ranieri: «Resterò due anni come senior advisor. Gasperini? Ci parlo»
Simone Valdarchi simone.valdarchi@ilromanista.eu
«Non parlo di chi mi ha preceduto (Juric, ndr), so che ha fatto il massimo e magari l’essere arrivato in un periodo non buono ha facilitato il mio lavoro». Insomma, non tutti i mali vengono per nuocere, parola di Claudio Ranieri. Nel primo dei due giorni di riposo concessi alla squadra dopo la vittoria in casa dell’Inter (domattina è fissata la ripresa degli allenamenti a Trigoria), il Sir di San Saba si è recato a Coverciano, per ricevere il premio alla carriera durante la quinta edizione di “Inside the Sport”. «La rimonta? Il merito è tutto dei ragazzi», ha proseguito Ranieri rispondendo alle domande dei cronisti presenti. «Come ho fatto? Non saprei rispondere. Ho un mio modo di parlare con i calciatori, gli parlo con il cuore di ciò che provo». Immancabile, poi, la domanda sul futuro: «Non mi tirate per la giacca (ride, ndr). Il calcio mi ha dato tanto, è la mia vita, ma c’è un momento in cui bisogna dire basta. L’avevo già
fatto l’anno scorso a Cagliari e anche mia moglie mi aveva creduto. Poi mi ha chiamato la Roma e ho accettato un anno da allenatore e due da senior advisor. Per me adesso è importante questa cosa, poi Dio vedrà... a dirla tutta non so neanche bene cosa sia».
RICONOSCIMENTO ALLA
CARRIERA PER IL SIR: «PARLO COL CUORE ALLA SQUADRA».
IL TECNICO DELLA DEA: «MAI DETTO DI VOLER ANDARE VIA»
All’evento di Coverciano, era presente anche Gian Piero Gasperini, al quale è andato il riconoscimento come miglior tecnico per la stagione 2023/24 (durante la quale, con la sua Atalanta, ha raggiunto la storica vittoria dell’Europa League). La coincidenza ha portato i cronisti a domandare a Ranieri anche di eventuali colloqui con Gasp, nome accostato con insistenza alla Roma per la panchina del prossimo anno: «Se ho parlato con Gasperini? No, magari dopo, ma con tutti voi presenti però!». Se l’è cavata anche stavolta con una battuta il Sir, che da consigliere dovrà indicare la via ai Friedkin per il suo successore. E a proposito di futuro, anche all’allenatore dell’Atalanta è stato chiesto conto sul suo domani, nel corso di un intervento ai microfoni di Sky Sport: «Per il momento penso soltanto a centrare l’obiettivo Champions», ha replicato Gasp. «Il futuro ancora non lo conosco. Io non ho mai detto di voler andare via da Bergamo, ma ho detto che non rinnoverò il contratto (in scadenza nel 2026)». Ranieri e Gasperini, bravi sul campo e davanti al microfono.
espressione l’ha resa celebre Massimiliano Allegri: il “corto muso”, nel gergo dell’ippica, indica la vittoria di un determinato cavallo che ne precede un altro di pochissimo, a volte soltanto del muso, appunto. Ecco, se è lecito attribuire al tecnico livornese la paternità del “cortomusismo” in ambito calcistico, è altrettanto giusto riconoscere che Sir Claudio Ranieri conosce altrettanto bene quest’arte. La sua Roma lo sta dimostrando: quella ottenuta domenica a San Siro è l’ottava vittoria per 1-0 di questo campionato, la settima sotto la guida dell’allenatore di San Saba. Nessuno ne ha raccolte così tante né in Serie A, né negli altri quattro principali campionati europei. Una dimostrazione di solidità da parte dei giallorossi, dopo la sciagurata prima parte di stagione. Il primo 1-0 è arrivato con Juric, all’Olimpico contro il Toro, il 31 ottobre scorso (gol di Dybala); quindi, con il ritorno di Ranieri, la svolta nel 2025 e l’inizio della rincorsa. A Venezia il 9 febbraio decide un rigore della Joya, una settimana dopo, a Parma, una splendida punizione di Soulé. Ancora Mati decisivo a Empoli il 9 marzo, quindi i sigilli di Dovbyk contro Cagliari e Lecce portano altri 6
punti. Il 19 aprile scorso contro il Verona ci pensa Shomurodov, mentre sabato contro l’Inter ancora Soulé ha firmato la vittoria di misura. Otto reti totali, ma sufficienti a garantire 24 punti alla Roma, che ha ritrovato se stessa da quando in panchina siede Ranieri.
I record del passato Ora, nel mirino del tecnico testaccino, ci sono due grandi colleghi del passato: uno, Nils Liedholm, è il migliore allenatore della nostra storia; l’altro, Oronzo Pugliese, ha guidato una Roma meno forte, ma comunque arcigna negli Anni 60. Partiamo da quest’ultimo: il 1965-66 è un campionato piuttosto anonimo per i giallorossi, che chiudono all’ottavo posto in Serie A, ma vincono ben nove gare per 1-0 contro Sampdoria (due volte), Torino, Fiorentina, Foggia, Vicenza, Atalanta, Milan e Cagliari. Un record eguagliato dal Barone nel 1974-75, annata in cui De Sisti e compagni raggiungono un terzo posto storico: nove vittorie per 1-0 anche in quella stagione, tra cui i due derby, oltre alle partite contro Ascoli, Fiorentina, Sampdoria, Inter, Varese, Juventus e Vicenza. Anche in quella circostanza i giallorossi partirono molto male, ma alla fine riuscirono a festeggiare il piazzamento in Europa: un traguardo che la Roma attuale spera di poter raggiungere anche quest’anno.
Nel dettaglio
Milano, domenica 27 aprile 2025
34ª giornata del campionato di Serie A
Inter Roma
0 gol 1
1.04 xGol 1,93
17/2 tiri /in porta 19/7
0 tiri in porta su az. p. inattiva 0
0 tiri in porta diretti p. inattiva 0
4 tiri in porta da area 1
0 pali 0
15 tiri fuori 8
0 tiri respinti 4
1 occasioni da gol 5
15 passaggi chiave 19
0 assist 1
11 falli fatti 9
4 calci d’angolo 3
2 fuorigioco 0
12/33 cross utili/tentati 7/10
5 dribbling 5
547 passaggi riusciti 212
90% passaggi riusciti/tentati% 78%
145 passaggi 3/4 riusciti 54
308 palloni giocati in av. riusciti 101
27 passaggi lunghi 15
5 parate 2
46 recuperi 39 70% possesso palla % 30% Tempo di gioco
Totale 97’ 22”
Effettivo 58’ 15”
Primo tempo 29’ 21”
L’ANALISI DI INTER-ROMA
La masterclass di Ranieri Nessun complesso, l’Inter battuta con coraggio Mezzeali sui centrali, Shomurodov su Calha e Soulé alle spalle di Dimarco
Daniele Lo Monaco daniele.lomonaco@ilromanista.eu
SPRIMA DEGLI SCHEMI, DEI SISTEMI E DELLE SCELTE
Secondo tempo 28’ 54”
e Claudio Ranieri dovesse portare la Roma in Champions League l’impresa equivarrebbe in termini di straordinarietà (non, purtroppo, in termini di riconoscimento popolare) a quella compiuta quando guidò il Leicester alla conquista della Premier League, che in Italia è come un po’ se lo scudetto fosse vinto quest’anno dal Bologna. Se la Roma si dovesse accontentare invece dell’Europa League si potrebbe essere autorizzati a parlare di miracolino, nell’accezione intesa da Lello Arena nella esilarante discussione con Massimo Troisi, in cui si disquisiva dei miracoli di serie A e quelli di serie B. Ma sempre nel campo delle visioni divinatorie siamo. La velocità di crociera tenuta dalla Roma nel 2025, e sono ormai quattro mesi, autorizza insostenibili rimpianti: perché se è vero che poche squadre nella storia della Serie A hanno tenuto per un intero campionato il ritmo della Roma in questi quattro mesi, è altrettanto vero che le potenzialità della Roma tra settembre e novembre erano state clamorosamente sottovalutate non da chi questa rosa l’aveva allestita (e chissà quanto staranno fischiando le orecchie al povero De Rossi), ma da chi non ha lasciato lavorare il primo allenatore di questa stagione e che a settembre ha combinato quel pastrocchio che ha rischiato di affossare la Roma, salvo poi intervenire quasi fuori tempo massimo con l’illuminata scelta di Ranieri. La premessa serve per dire che per far funzionare le cose a Roma non è necessario chiamare l’uomo forte in grado di comandare tutti dall’alto della sua (presunta) superiorità caratteriale, ma semplicemente un bravo allenatore di buon senso capace di fare davvero gli interessi della società che lo paga: e quindi capace di ricavare da ciascun giocatore il massimo del suo potenziale. Questa è l’impresa che sta Compiendo Ranieri, senza guardare in faccia nessuno in particolare e quindi guardando e responsabilizzando ciascun giocatore con la limpidezza e quest’uomo può vantare. Tutto il resto viene dopo, compresi gli schemi tattici, i sistemi di gioco, le intuizioni geniali, tipo quella che lo ha ispirato nella settimana che ha portato alla sfida di domenica, convincendolo che non avrebbe avuto senso attendere l’Inter frastornata e distratta di questo periodo con un blocco basso ma che sarebbe stato assai più utile alzare la linea di pressione, il baricentro e soprattutto i quinti, costringendo i nerazzurri a guardarsi alle spalle, più che a riversare i propri uomini nella metà campo giallorossa. Vediamole, dunque, queste scelte.
Il piano tattico perfetto Da tempo il tecnico aveva rivelato di essere solleticato dalla prospettiva di affiancare Shomurodov a Dovbyk sapendo che l’unica vera grande controindicazione risiedeva nelle ridotte possibilità, a gara in corso, di aumentare l’impatto offensivo avendo già impiegato nella formazione titolare gli unici due veri centravanti a disposizione. Ma nelle ultime giornate, ogni volta che nei secondi tempi delle partite provava la formula, si rendeva conto come entrambi gli attaccanti rendessero meglio condividendo l’onere e gli onori del presidio delle zone più alte del campo anche nelle contrappposizioni ai difensori. Partendo da questo assunto ha cominciato a immaginare la Roma di Milano sapendo di poter approfittare della condizione fisica e mentale in cui si trova in questo periodo l’Inter e, quindi, si è imposto di non commettere l’errore di impostare una partita difensiva. Ecco dunque la necessità di trovare un ruolo a uno tra Pellegrini e Saelemaekers sfruttando in qualche modo lo spazio che a volte gli azzurri concedono alle spalle di Dimarco chiedendo una partita di sacrificio a Soulé nelle due fasi. Per far sì che una struttura di questo tipo funzionasse, nella visione immaginata a tavolino in settimana della partita, ha immaginato di dover supportare il centrocampo con un interprete tattico sopraffino
Il paradosso dei grafici che riproduciamo qui a fianco (sopra l’Inter, sotto la Roma) deriva dall’evidente differenza di baricentro tra le due squadre evidenziata dal posizionamento medio dei giocatori in fase di possesso palla. Non c’è contraddizione tra la scelta di Ranieri di alzare le linee di pressione e quello che appare dai grafici: il posizionamento “segue” in qualche modo il dato del possesso palla, favorevole all’Inter per il 70% del tempo di gioco. Ma tra le due squadre quella che ha alzato maggiormente le linee di pressione (con le mezzeali sui due braccetti di Inzaghi) evidentemente in fase di non possesso palla è stata proprio la Roma, soprattutto nel primo tempo, quando l’Inter si limitava a pressioni assai più morbide
come Cristante, ma senza perdere dinamismo nella prima impostazione: da qui la scelta di Koné in cabina di regia, di Cristante mezzala e di Pellegrini a cucire il gioco tra centrocampo e attacco, con il compito condiviso proprio con Bryan di sporcare la prima impostazione dei due braccetti di difesa proprio con l’obiettivo di tenere alto il baricentro della squadra. E Calhanoglu? Eccola, l’intuizione: sulle tracce del turco, un po’ appannato recentemente, sarebbe forse bastato destinare il sacrificio di Shomurodov, attaccante generoso, dinamico e dalle lunghe leve, pronto a soddisfare qualsiasi bisogno della squadra, grazie alla voglia sfrenata di potersi affermare in un club importante come la Roma. Il più, in questa maniera, era fatto. Al resto avrebbero dovuto pensare Mancini, Celik e Ndicka, tappando quei buchi che qualche pressione sbagliata avrebbero potuto aprire all’improvviso. Compito realizzato perfettamente dalla squadra giallorossa, unita e compatta come poche altre volte si era visto, determinata e feroce, dinamica è sempre brillante nelle scelte di reparto e individuali. Una masterclass preparata a tavolino da un allenatore ispirato e interpretata con serietà da un gruppo di ragazzi ormai maturi grazie anche ad anni di buona scuola.
Le ipermotivazioni sui corner Soulé è stato l’artefice del successo, grazie alle sue naturali qualità, esaltate come sempre succede dalla stima e della fiducia finalmente tangibili di compagni e allenatore e, in generale, dell’ambiente giallorosso tutto. Ecco perché non siamo mai stati d’accordo con chi sostiene che un pubblico particolarmente esigente, e quindi rabbioso quando le cose vanno male, aiuti per la crescita di un giocatore. La cosa più difficile per una tifoseria è trovare il punto di equilibrio tra la responsabilizzazione e la pressione “terrorizzante”. Ecco perché preferiamo sempre il sostegno fiero della Curva Sud, soprattutto nei momenti difficili, alla denigrazione dei tribuni sui social. Ma a Milano sono stati tutti perfettamente concentrati sul pezzo. La cartina di tornasole sulle ipermotivazioni è stata l’attenzione quasi inedita che hanno avuto i giocatori nei quattro calci d’angolo battuti dall’Inter. Ranieri non ha cambiato il dispositivo di difesa, preferendo continuare a lavorare sulle marcature individuali piuttosto che sull’organizzazione di reparto, ma non ci sono state incertezze nell’interpretazione e l’unico rischio davvero serio corso è stato su quella spizzata di Lautaro tirata poi in curva da Arnautovic. Anche in quel caso, però l’attenzione messa nelle marcature ha impedito ai due giocatori di colpire in libertà, A volte tanto basta. ■
Inzaghi ha descritto un po’ sbrigativamente la rete della Roma a Milano, come un semplice «rimpallo in area». Ma l’azione è partita da molto lontano ed è stata davvero ben condotta 1 Sulle pressioni morbide dei nerazzurri, la Roma ha costruito dal basso da Svilar verso Ndicka che ha cercato la diagonale rasoterra sulle due punte, con Shomurodov venuto incontro che ha lasciato passare la palla per Dovbyk, confondendo Bisseck 2 Artem ha controllato e cambiato gioco, mentre Celik partiva
1 2 5 6 3 4 7 8
«Una bella vittoria». Tre parole, chiare e dirette, per Gianluca Falsini. Il tecnico, ai microfoni del club, ha espresso tutta la sua soddisfazione per il 2-1 col Genoa nel post-partita: «Abbiamo giocato una gara importante contro una squadra tosta e sono contentissimo per i ragazzi. Hanno dimostrato una mentalità importante. Peccato per il gol alla fine, dovevamo e potevamo evitarlo. Però sono contentissimo». C’è gioia, ovviamente, per la quinta vittoria consecutiva ottenuta al “La Sciorba”. L’obiettivo, come rivelato dal tecnico, va oltre il successo vero e proprio e i tre punti: «A noi interessa dominare il gioco e cercare di migliorare prima individualmente, poi collettivamente. I numeri ci danno una mano, siamo felicissimi. Ci sono ancora tre partite da disputare nella regular season (contro Inter, Empoli e Atalanta, ndr) e vogliamo giocarle bene tutte e tre».
UNA GRANDE PRESTAZIONE CONTRO UNA SQUADRA TOSTA. IL NOSTRO OBIETTIVO È DOMINARE IL GIOCO
E CONTINUARE A MIGLIORARE
È toccato poi a Leonardo Graziani, autore del raddoppio. Felice, più che per il gol, per l’aritmetica: «Aver raggiunto le semifinali è importante. Vuol dire che la Roma sta lavorando bene nel settore giovanile. Questi sono i risultati, ne siamo molto contenti». L’uscita dal campo al 46’ aveva allarmato i tifosi. Nulla di grave, fortunatamente: «Ho avuto un colpo all’adduttore sinistro, mi sono fermato per precauzione ma sto bene. Non sento dolore, serve solo un po’ di riposo». Adesso c’è un big match: «Sabato arriva l’Inter, sarà prima contro seconda. Siamo già qualificati in semifinale, ma non ci fermeremo qui. Faremo vedere che stiamo bene e che siamo pronti ad affrontare i nerazzurri». Per continuare a migliorare. In vista della fase finale. ■ SC
35º turno Della Rocca e
Genoa (3-5-2)
Lysionok; Klisys (17’ st Contarini), Barbini, Ferroni; Deseri, Carbone (44’ st Spicuglia), Arboscello, Fazio (31’ st Grossi), Meconi (31’ st Goncalinho); Ghirardello, Nuredini (17’ st Dorgu)
N.e.: Magalotti, Pallavicini, Doucouré, Pagliari, Odero, Arata Allenatore: Sbravati
Roma (4-3-2-1)
De Marzi; Sangaré (1’ st Marchetti), Nardin, Reale, Cama; Mannini (47’ st Arduini), Romano, Coletta; Della Rocca (38’ st Sugamele), Graziani (1’ st Marazzotti); Almaviva (11’ st Levak)
N.e.: Jovanovic, Marcaccini, Seck, Ceccarelli, Vella, Mariani
Allenatore: Falsini
Reti: 9’ pt Della Rocca (R), 44’ pt rig. Graziani (R), 49’ st Dorgu (G)
Arbitro: De Angeli della sezione di Milano
Note: Ammoniti: Marchetti (R), Della Rocca (R)
Sergio Carloni sergio.carloni@ilromanista.eu
Due gol per avere entrambi i piedi in semifinale. Col 2-1 in casa del Genoa, a firma di Della Rocca e Graziani, la Roma Primavera si assicura l’accesso alla seconda fase dei playoff Scudetto. Il più dieci sul Sassuolo terzo, a tre gare dal termine, è decisivo. Così come il carattere mostrato al “La Sciorba”, nell’ennesima prova stagionale,
dai giallorossi. Squadra che vince, come si suol dire, non si cambia. E Falsini apporta una sola modifica rispetto allo storico 9-0 con l’Udinese: fuori Seck, scala Reale al centro della difesa, subentra Cama sulla sinistra nel 4-3-2-1. De Marzi chiude la porta, murato dal quartetto composto da Sangaré, Nardin e gli altri due difensori già citati. Mannini e Coletta completano il reparto di mezzo con Romano in cabina di regia e davanti, alle spalle di Almaviva, Graziani e Della Rocca hanno libertà di inventare. Soprattutto il primo.
Il dieci si abbassa parecchio: raccoglie il pallone, fa da raccordo, dà sfogo alla sua fantasia in zona più avanzata. In copertura c’è attenzione, con Romano preziosissimo nei contrasti e Reale bravo a far muro in un paio di oc-
casioni. Ma coloro a mettersi davvero in mostra, nei primi 20’, sono i due 2006 Almaviva e Della Rocca.
Al 9’ è proprio il 21 a inventare al centro dell’area per il 24, agile nel controllo e nell’eludere la stretta marcatura di Klisys e Ferroni. L’1-0 è servito. Da qui, il Genoa perde coraggio, spingendosi spesso in avanti senza impensierire. I cross sono velenosi; eppure la difesa regge e il centro dell’area è pressoché privo di maglie rossoblù. 6’ dopo la rete Della Rocca rischia di raddoppiare, divorandosi una chance su un altro servizio strepitoso di Almaviva. C’è una fase di stallo, in cui si gioca perlopiù a centrocampo. Poi, la svolta di Graziani: il Capitano riceve palla nel reparto di mezzo, avanza, conquista un rigore con una sterzata e spiazza Lysionok dal dischetto. È il 44’ e fa tutto lui. 2-0,
gara praticamente in cassaforte. Senza troppi sforzi. Alla ripresa, la Roma è più rilassata, con gli ingressi di Marchetti e Marazzotti al posto di Sangaré e Graziani. Dall’altra parte, i ragazzi di Sbravati cercano insistentemente il cross. Nuredini ne spreca uno insidioso al 49’, mentre Ghirardello calcia di poco a lato qualche giro di orologio più in là. E gli avversari non mollano: la chance più ghiotta arriva al 69’, quando De Marzi si oppone coi piedi a un tiro di Fazio, lasciato solo sulla sinistra della Roma. Che intanto cambia pelle: l’entrata di Levak per Almaviva permette ai giovani giallorossi di passare a un 3-4-2-1, con Cama e Mannini sugli esterni e Marazzotti a fare da perno offensivo, scambiandosi di tanto in tanto con Della Rocca (a trequarti con Coletta). Deseri va vicino al gol al 76’, ma la palla sfila sull’esterno della rete. Coi demeriti del 45 genoano. Merito dei ragazzi di Falsini (rischierati in un 4-3-2-1, con Levak e Coletta a supporto del neo-entrato Sugamele), invece, se le grosse occasioni sono poche. L’ultima al 94’, concretizzata da Dorgu: un tiro da fuori area che si infila alle spalle del portiere giallorosso. 2-1. Dopodiché, il fischio finale e i 76 punti in classifica. Un altro risultato importante, a suggellare una striscia di cinque vittorie consecutive. Ora sotto con Inter, Empoli e Atalanta. Prima di un finale di fuoco. ■
34ª giornata Finisce 2-2 con la Lazio. Stop anche per il Bologna
Lorenzo Paielli lorenzo.paielli@ilromanista.eu
Il Bologna si ferma a Udine. I friulani bloccano la squadra di Italiano, al Bluenergy Stadium termina 0-0. Nella prima frazione di gara è la squadra di Runjaic a sfiorare in più occasioni il gol del vantaggio, con un Kienan Davis sempre pericoloso. Il primo squillo dei friulani arriva subito, al 3’: il centravanti inglese si mette in proprio e lascia partire un tiro violento verso Skorupski, salvato solamente dalla traversa. I rossoblù cercano di tenere in mano il pallino del gioco, ma sono i padroni di casa a far male, in ripartenza. Intorno al 25’, è sempre Davis a rendersi pericoloso, non riuscendo però ad incidere. Al 34’ arriva il primo grande squillo del Bologna: prima Okoye è decisivo su Dallinga, poi Freuler spreca un’occasione ghiotta. Nel finale
di primo tempo, un tiro del solito Davis sfiora il gol del possibile vantaggio. Nella ripresa, l’Udinese riparte come aveva concluso. Al 53’, Payero fa tremare il Bologna con una grande punizione: la palla, tuttavia, esce di un soffio. E sempre su punizione, questa volta Orsolini, sfiora l’ennesimo grande colpo della propria stagione. Ma la traversa gli nega la gioia del gol. Pochi minuti più tardi, l’attaccante italiano si divora un’altra occasione. Intensità e agonismo, fino al 93’, quando Lovric impegna seriamente Skorupski su calcio piazzato: ma non basta. Il Parma sfiora l’impresa all’Olimpico: finisce 2-2 contro la Lazio. Partenza clamorosa dei crociati, che dopo soli 3 minuti firmano il vantaggio con Ondrejka. E quattro minuti più tardi Valeri va vicinissimo al gol del raddoppio, ma viene murato proprio sul più bello. Al 13’, Sohm lascia partire il mancino dalla distanza,
PUNTO E VIRGOLA
impensierendo Mandas. I primi 45’ proseguono senza troppe altre emozioni, tra nervosismo sponda biancoceleste e tanto agonismo degli uomini di Chivu.
La seconda frazione recita la stessa partenza della prima, pronti via: rete di Ondrejka, in questa occasione dopo un solo minuto. Al 55’, Pellegrino si divora il gol del tris. Suzuki compie un miracolo al 66’ su Isaksen, Mandas risponde nello stesso modo su Man dieci minuti più tardi. Poi Pedro pareggia i conti per la squadra di Baroni, con una doppietta in 5 minuti. Al 93’ Man spreca clamorosamente il gol della vittoria, calciando fuori col mancino. Risultati, quelli di Bologna e Lazio, che incidono nella lotta europea e sorridono alla Roma, ora a -2 dal quarto posto. Il Cagliari vince una sfida importante per la salvezza, in casa del Verona: termina 2-0 per i sardi grazie alle reti di Pavoletti e Deiola ■
Il Corriere della Sera corre al capezzale dell’Inter e annuncia che Fabbri, l’arbitro di Inter-Roma, sarà messo «a riposo». Ma attenzione: «non è una vera e propria punizione perché l’episodio era complesso». Quindi ha sbagliato a non dare il rigore all’Inter, ma non ha sbagliato. Va a “riposo”, ma non in “punizione”: potrà andare a guardare i cantieri dei lavori sulla quarta linea della metropolitana come ogni pensionato che si rispetti, ma non attentare alla maestà di altre squadre. Nessuna segnalazione, dal Corsera, per le belle parole di Inzaghi, soprattutto quando ha detto a brutto muso all’arbitro a fine partita che la partita era andata esattamente come aveva
previsto, con chiaro riferimento al rigore negato e evidentemente alla malafede del direttore di gara. Nello specifico e senza troppi giri di parole, l’episodio avvenuto verso la fine della partita tra Ndicka e Bisseck poteva serenamente essere giudicato
da rigore da Fabbri, ma per valutare tutto il contesto bisogna considerare che ad influenzare la scelta diversa dell’arbitro sono stati due fattori: la caduta “a gambe morte” del difensore dell’Inter (che ha preferito puntare sul presunto fallo più che tentare comunque di calciare quella palla) e la “cintura” prolungata, ma evidentemente non coercitiva del difensore della Roma. Ed essendo l’unico con l’autorità di giudicare l’impatto del presunto fallo, Fabbri la sua decisione l’ha presa. All’Aia peraltro queste valutazioni le hanno fatte. Ma il Corriere della Sera ha bruciato la notizia, sperando di mandare il povero Fabbri per cantieri. ■ DLM