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il Domani Mercoledì 12 Agosto 2009 17

CATANZARO CITTÀ CASO BELLOROFONTE Enzo De Caro, legale della famiglia della vittima: il provvedimento contro l’omicida era stato emesso il giorno dopo la liberazione

«Non c’è stato nessun effetto Alfano» «I politici dovrebbero interrogarsi se è concepibile e serio che un processo in Italia duri così tanto» CATANZARO — «Ho preso visione

del provvedimento del gip e che è stato eseguito ieri mattina ed ho avuto modo di rilevare che questo provvedimento è stato emesso non come effetto della decisione del ministro Alfano di mandare gli ispettori a Catanzaro». Afferma in una nota l’avvocato Enzo De Caro, legale della famiglia Bellorofonte. «Quindi - aggiunge - non sull’onda emotiva della comunicazione del ministro Alfano, perché era stato richiesto addirittura il giorno dopo della scarcerazione, cioé Campise è stato scarcerato e messo in libertà il 29 luglio. Giorno 30 il sostituto procuratore Alessia Miele ha chiesto il ripristino della custodia cautelare. Il fascicolo è arrivato pres-

so all’ufficio del Gip giorno 2 o 3 agosto e non c’era il dott. Battaglia, che era in ferie. E' stato nominato come sostituto il dott. Giglio, il quale dal provvedimento che ha emesso, che è assolutamente esaustivo e col quale si dà contezza del perché sussiste il pericolo di fuga concreto del Campise, ha preso visione sia del processo dell'omicidio, che era tra l’altro un processo voluminoso e che il dott. Giglio non conosceva perché non se ne era mai interessato, sia del processo per il quale gli é stata irrogata la pena di quattro anni e quattro mesi. Il provvedimento è stato quindi emesso - prosegue l’avvocato De Caro - in tempi brevissimi. Voglio precisare che non è a seguito della

lettera che ha mandato il padre della ragazza al Corriera della Sera, né a seguito della decisione che ha fatto in televisione il ministro Alfano di mandare gli ispettori che è stato emesso questo nuovo provvedimento. E’ stato emesso dal Gip perché era stato richiesto nei tempi previsti e assolutamente ragionevoli. Certo una considerazione finale andrebbe fatta, al di là della vicenda particolare Bellorofonte, perché bisogna domandarsi se è concepibile e serio che un processo in Italia duri così tanto. E’ su questo che dovrebbero interrogarsi i nostri politici e porre rimedio, rendendosi conto che ormai la macchina della giustizia rischia seriamente di incepparsi».

CASO BELLOROFONTE Il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: tutto merito del Governo Berlusconi

Il commento del difensore di Luigi Campise: c’è stato bisogno degli ispettori

«Sono assolutamente stupefatto» CATANZARO — «Sono assolutamente stupefatto». Così l’avvocato Salvatore Staiano, difensore di Luigi Campise, ha commentato, con una dichiarazione all’Ansa, il nuovo arresto del presunto omicida di Barbara Bellorofonte dopo che l'uomo era stato rimesso in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare. «Verosimilmente - ha aggiunto Staiano - ricorrono presupposti fattuali per il ri-

pristino della custodia cautelare in carcere che a me, però, allo stato, sfuggono del tutto. Mi meraviglia che per avvedersi della ricorrenza dei presupposti per riarrestare Campise ci sia voluto un impegno mediatico nazionale e l’invio degli ispettori ministeriali». «E' evidente - ha concluso il difensore di Campise - che verrà tempestivamente investito della vicenda il Tribunale della libertà territoriale».

Palamara, presidente dell’Anm, commenta le dichiarazioni dell’esponente del Pdl

«Pessima figura per i magistrati» «Affermazioni qualunquiste» ROMA — «Siamo sicuri che, se

non fosse intervenuto il ministro della giustizia Alfano annunciando un’ispezione, l’assasino di Barbara Bellorofonte, Luigi Campise, sarebbe stato nuovamente arrestato dalla magistratura? Personalmente penso che l’intervento di Alfano sia stato determinante per porre fine a questo sconcio. Ancora una volta è stata la politica, ed il governo Berlusconi in particolare, a dover supplire allo scarso senso di responsabilità di magistrati che rimettono in libertà assassini». Lo dice il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. «Si era detto - aggiunge - che ROMA — «Come troppo spesso accade, nel caso di scarcerazioni per decorrenza termini, l’emotività travolge la ragione. Di fronte alla applicazione della legge, si interferisce con la giurisdizione inviando ispettori per offrire una pronta risposta all’indignazione suscitata ed alimentata da una notizia che tale non dovrebbe essere» Lo afferma, in una nota, l’Unione delle Camere Penali Italiane (Ucpi), commentando la scarcerazione di Luigi Cam-

Maurizio Gasparri

ciò era avvenuto in ossequio alle leggi vigenti. Ma guarda caso, senza alcuna riforma nella notte, il giorno dopo l’assasino è finito nuovamente in galera. Vuol dire che poteva restarci senza sollevare tutto questo sconcerto. E’ veramente un’umiliazione per l’Italia che vi siano magistrati come quelli che hanno fatto questa pessima figura davanti a tutti I cittadini. C’è da augurarsi che gente del genere abbandoni la toga perché infanga l’ordine giudiziario. Grazie ad Alfano per la chiarezza, il coraggio e la tempestività che alcuni magistrati hanno mostrato non avere».

CATANZARO — «Ci troviamo di fronte ad affermazioni qualunquiste che ripropongono il tema del garantismo a corrente alternata». Così il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara, commenta le parole del presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri, che ha considerato decisivo l' intervento del ministro Alfano per il nuovo arresto dell'assassino di Barbara Bellorofonte ed ha accusato i magistrati di “scarso senso di responsabilità di magistrati che rimettono in libertà assassini”. Riferendosi al fatto che la richiesta di un nuovo arresto di Campise era stata presentata dal pm al gip una settimana fa, Palamara osserva che «le affermazioni di Gasparri risultano anche smentite dal reale accadimento

CASO BELLOROFONTE L’Ucpi: solo per i politici si pretende che la presunzione di innocenza sia assoluta

«Queste scarcerazioni dipendono da inefficienze» pise e le relative reazioni. «La reattività dei media e del Ministro -proseguono i penalisti - verso l’applicazione di un corollario del principio costituzionale della presunzione d’innocenza rappresenta una costante solo quando ta-

le applicazione riguarda i comuni cittadini. Quando, invece, l’applicazione della costituzione e della legge penale riguarda i politici, si pretende che la presunzione di innocenza sia assoluta e che la carcerazione cautelare rap-

presenti effettivamente l’extrema ratio del sistema». «L’Ucpi ha più volte denunciato -concludono gli avvocati come le scarcerazioni per decorrenza dei termini dipendano da inefficienze di sistema ed ha documentato come la

«Il Governo si occupi delle reali problematiche degli uffici giudiziari del meridione» dei fatti». «Sarebbe bene - conclude il presidente del sindacato delle toghe che la politica passasse dalle parole ai fatti e si occupasse di quelle che sono le reali problematiche degli uffici giudiziari del meridione». eccessiva lunghezza dei processi non dipenda affatto da pretesi eccessi di garanzie. I penalisti italiani esortano a superare l’atteggiamento ipocrita che sta alla base di tale schizofrenica analisi del processo e delle indagini penali ed invitano, nei rispettivi ruoli, l’informazione e la politica ad una seria riflessione sullo stato della giustizia penale in Italia. Ma naturalmente non servirà: è sempre più facile rubare verità che comunicarla».

CASO BELLOROFONTE Il 17 dicembre del 2008 il 26 enne fu condannato a 30 anni di reclusione Salvatore Staiano si rivolgerà forse al tribunale del Riesame

Le tappe della vicenda giudiziaria E’ attesa la contromossa CATANZARO — Tanti gli elementi che

prevalsero sulle ragioni difensive sostenute in aula da quello che allora era il suo avvocato, Saverio Pittelli (poi sostituito da Salvatore Staiano), il quale sottolineò il valore del fatto che Campise - incensurato - si fosse spontaneamente consegnato agli investigatori a poche ore dai fatti ammettendo la sua responsabilità. Mesi dopo, alla fine di aprile, il tribunale della libertà di Catanzaro annullò il provvedimento con cui il gip aveva concesso al sostituto procuratore Alessia Miele, titolare del caso, un’ulteriore proroga delle indagini. Come inevitabile conseguenza Campise ottenne la scarcerazione, poiché i termini massimi di custodia cautelare (un anno) erano oramai superati. Le reazioni non tardarono ad arrivare, prima fra tutti quella dei genitori di Barbara, Giuseppe Bellorofonte e Lucia Cosentino (i coniugi sono stati rappresenti dall'avvocato Enzo De Caro), che in un’accorata lettera urlarono la propria rabbia nel vedere

«lui che respira l’aria di fuori, mentre noi andiamo a trovare nostra figlia al cimitero». A due giorni da quando Campise tornò in libertà, davanti al giudice Antonio Battaglia cominciò l’udienza preliminare a suo carico, durante la quale l’avvocato Staiano chiese e ottenne per l’imputato il giudizio abbreviato che il 17 dicembre del 2008 si concluse con una condanna a 30 anni di reclusione, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, ed al risarcimento del danno alle parti civili cui intanto furono riconosciute provvisionali da 70.000 euro ciascuno per i genitori di Barbara, e 35.000 per il fratello Daniele (difeso da Paolo Naso). Intanto, però, Campise era tornato dietro le sbarre, a maggio 2008. A stringere le manette ai suoi polsi furono i carabinieri di Catanzaro e Soverato che lo accusano di aver partecipato, in concorso con altri, ad estorsioni e spaccio di droga. Anche per le accuse contestategli con l’operazione Pit stop Campise scelse l’abbreviato. Il 2 aprile del

2009, il giudizio per lui si concluse con una sentenza di condanna a quattro anni e quattro mesi di reclusione. Campise rimase in cella un anno per aver sparato - il 28 febbraio 2007 - quattro colpi contro Barbara Bellorofonte, la sue ex fidanzata diciassettenne, spirata tragicamente in ospedale dopo venti giorni di coma. Finito in manette per aver confessato di aver premuto ripetutamente il grilletto contro Barbara, al culmine di una crisi di gelosia dovuta, disse, all'intenzione della ragazza di troncare la loro relazione, Campise comparve davanti al giudice per le indagini preliminari di Catanzaro, il primo marzo del 2007. Il giudice Teresa Barillari dispose a suo carico la custodia in carcere. Difficile, per lei, credere a un «banale tentativo di chiarimento», considerato che Campise si presentò sotto casa di Barbara portando con se' una calibro 6.35. Ne sembrò plausibile lo «stato di confusione» che Campise descrisse parlando della vicenda.

CATANZARO — «Ha ucciso mia figlia

ma è già libero». Con questa denuncia, lanciata dal padre di Barbara Bellorofonte dalle pagine del Corriere della Sera, il caso della giovane diciassettenne uccisa in provincia di Catanzaro, a Montepaone, nel febbraio del 2007, era tornato alla ribalta. Luigi Campise, 26 anni, aveva ucciso l’exfidanzata per gelosia, sparandole un colpo in testa davanti l'uscio di casa. Per lui era già arrivata una condanna in primo grado, con il rito abbreviato, a trenta anni di carcere. Eppure il giovane era già fuori. Libero di girare per le strade del Soveratese, così come aveva denunciato proprio il padre di Barbara, Giuseppe. E dopo il clamore provocato dalla denuncia dell’uomo, e la decisione del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, di inviare gli ispettori a Catanzaro, le manette sono tornate a scattare intorno ai polsi del giovane. Ieri mattina, infatti, su richiesta della Procura della Repubblica di Catanzaro, il gip del tribunale ordinario ha ripristinato la custodia cautelare in

carcere nei confronti di Luigi Campise. Una decisione assunta in poche ore, con il giovane che è stato arrestato dai carabinieri di Soverato e condotto nel carcere del capoluogo calabrese. Dopo la lettera di Giuseppe Bellorofonte, la decisione di ripristinare la custodia cautelare in carcere. Una tempistica che, insieme all’iter che aveva portato in libertà il giovane, potrebbe riguardare, in ogni caso, la verifica degli ispettori ministeriali. Per il padre di Barbara, che si era rivolto anche al presidente della Repubblica, i magistrati «hanno fatto ciò che dovevano fare. Una persona che uccide deve restare in carcere e pagare il suo debito con la giustizia». Da parte sua, Campise aveva dichiarato prima di tornare in carcere di essere pentito. Intanto, le sbarre del carcere di Catanzaro si sono riaperte ieri, in attesa di conoscere la contromossa dell’avvocato dell’assassino reo confesso, che potrebbe rivolgersi al tribunale del Riesame per riottenere la scarcerazione, basata sul principio del non pericolo di fuga.


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