il Domani Lunedì 8 Giugno 2009 53
CULTURA A breve nei negozi il nuovo cd dell’artista reggae nativo di Palizzi, cresciuto a Milano e "adottato" dalla Giamaica
Alborosie, un calabrese alla corte di Bob Marley Già leader dei Reggae National Tickets, è oggi, paradossalmente, uno degli ultimi puristi della cultura "rastafari" di Ludovico Casaburi ROMA - Le storie della musica a volte lasciano a bocca aperta. Come quella, straordinaria, di un ragazzo classe 1976 nato a Palizzi, in provincia di Reggio Calabria, che venticinque anni dopo, nel 2001, si ritroverà a vivere proprio di musica nella lontana Giamaica, terra promessa del reggae e della cultura rastafariana, e patria del più grande e ispirato "adepto" della stessa sopracitata cultura, Bob Marley. Il calabrese di cui stiamo parlando si chiama Alberto D’Ascola, nome d’arte Alborosie, e tra breve verrà distribuito nei negozi di tutto il mondo il suo secondo album solista, dal titolo "Escape from Babylon". Nel caso di Alborosie, va detto che mai soprannome fu più azzeccato. Proprio nell’alias che ha scelto per diffondere la sua arte, infatti, è celato il fascino della sua storia. Nato come detto in Calabria trentatrè anni orsono, Alborosie si trasferisce presto prima a Milano, poi a
Nel 2001, Alborosie fa un passo che si rivelerà decisivo sia per la sua vita, e sia soprattutto per la sua carriera artistica. Decide infatti di vendere tutto ciò che gli appartiene, compresa l’etichetta discografica che aveva fondato, e utilizza il ricavato per trasferirsi in Giamaica Bergamo. Con il gruppo dei "Reggae National Tickets" diventa uno dei principali esponenti del reggae italiano, genere musicale che da noi ha sempre goduto di una nicchia comunque piuttosto ampia, a prescindere che si fosse al Nord o nel fertilissimo Sud. Nel 2001, l’artista fa un passo che si rivelerà decisivo sia per la sua vita, e sia soprattutto per la sua carriera asrtistica. Decide infatti di vendere
Alborosie durante uno dei suoi concerti
tutto ciò che gli appartiene, compresa l’etichetta discografica che aveva fondato, e utilizza il ricavato per trasferirsi in Giamaica. Giunto nella patria di Bob Marley, le cose vanno tutt’altro che nel verso giusto. Un "bianco" che si presenta con lungih "dreadlocks", la tipica ca-
pigliatura rasta, non può essere certo benvisto: così è, tanto che Alberto nei primi tempi viene pagato per lavoretti negli studi di registrazione locali solo con riso e pollo. Tuttavia ha modo di imparare alla perfezione il "patwah", il dialetto giamaicano, così come può appro-
La copertina dell'ultimo album "Escape from Babylon"
fondirelaconoscenzadelreggaefatto dai nativi, da coloro che l’hanno inventato. Tutto questo gli porta, un po’ alla volta, il rispetto dei musicisti locali, che smettono anche di chiamarlo "Borosie", un termine dispregiativo di cui lui stesso non ha mai voluto
specificare il significato. Grazie al rapporto di fiducia con il produttore e discografico Jon Baker (ex componente della Island Records, etichetta che lanciò Bob Marley in tutto il mondo) incomincia allora a collaborare con gli studi di registrazione GeeJam Studios di Port Antonio, studi dove viene trattata qualsiasi tipo di musica dal rock, al pop fino alla new wave, e dove passano artisti come Manu Chao, Gorillaz, Gwen Stefani, Bjork e altri. Il suo inserimento nel tessuto musicale della Giamaica e della capitale Kingston è completo, e così dopo qualche anno Alborosie può rifondare una sua etichetta indipendente, la Forward Recordings, uno studio di registrazione proprio a Kingston, e tornare alla ribalta, non solo in Giamaica, con singoli quali Herbalist (7’ più acquistato in Inghilterra) e soprattutto Kingston Town. Dopo "Soul Pirate" (2008), il suo secondo album "Escape from Babylon", in uscita in questi giorni, stupi-
Completato con difficoltà il suo inserimento nel tessuto musicale della Giamaica e della capitale Kingston, Alborosie può rifondare una sua etichetta indipendente, la Forward Recordings, uno studio di registrazione, e salire alla ribalta mondiale con singoli quali Herbalist e soprattutto Kingston Town sce per la complessità dei suoni, che riescono nell’impresa di miscelare la tradizione "roots reggae" con melodie che ammiccano al pop. Paradossale che in un’epoca in cui ancheigiamaicanipreferisconocantare di sesso, droga e pistole come i rapper americani, proprio un calabrese si dedichi invece ai temi classici della cultura reggae: la condanna dell’occidente, e la ricerca della pace.