Il Territorio N.6

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l’inchiesta

Ma l’imprenditore non ce la fa! Vito Abrusci a nome dei commercianti critica la politica delle banche

Vito Abrusci

“L’avventuriero è il primo che cade in un periodo in cui l’accesso al credito è limitato, con un costo del denaro superiore a quello dei diamanti!”

di VITO A. MASTROROCCO

V

ito Abrusci è presidente di Confcommercio di Acquaviva delle Fonti, membro della giunta provinciale della stessa organizzazione, componente della Commissione provinciale “Marketing territoriale, servizi ed innovazione”. In questa intervista, esprime una valutazione complessiva in merito alla situazione di crisi che investe attività commerciali ed ai rapporti con il sistema creditizio. Le banche sostengono che il mondo del commercio si presenta negli uffici del Direttore con imprese non capitalizzate, con scarse garanzie. Che vi sia una crisi del commercio e delle attività produttive in generale è innegabile. Vorrei fare una domanda alle banche: perché istituti locali e nazionali insistono a tenere tanti sportelli aperti ad Acquaviva? Per lungo tempo, l’economia locale si è appiattita sulla “Fiat” nostrana, l’ospedale Miulli. Tutte le attività erano figlie dell’aziendamadre, il Miulli. Le banche sono giunte numerose grazie alla presenza dell’ospedale. Tutto questo è venuto meno. I dirigenti bancari ci dicono che le imprese commerciali chiudono 6 mesi dopo la loro apertura. Che tipo di controlli attuate nei confronti di eventuali imprenditori avventati? Non c’è nulla da controllare. Ci sono dei corsi di formazione professionale che siamo obbligati a tenere. Un padre che va in pensione ed ha un figlio con un diploma, intravede in un corso di formazione professionale per alimentaristi, ba-

risti, la soluzione. Investe 50 mila euro per avviare un’attività. Manca, però, una autentica vocazione imprenditoriale, un’analisi del mercato. Vale davvero la pena in questo territorio avviare un’attività di quel tipo, c’è effettiva richiesta? Subito vanno incontro a difficoltà. E’ chiaro che l’accesso al credito, di questi tempi, è limitato, con un costo del denaro superiore a quello dei diamanti. L’avventuriero è il primo a cadere. La crisi raggiunge il consumatore stesso che, spesso, ritorna all’antico “pagherò”, specie nel settore alimentare. Se la banca, ieri, stendeva un tappeto rosso all’imprenditore, oggi che c’è necessità di un sostegno, ti sbatte in faccia il “rating”. Se questi piccoli imprenditori raggiungessero un’intesa e non movimentassero i propri conti, non effettuassero versamenti, non pagassero per 5 giorni, cosa accadrebbe alle banche? Se loro lamentano le scarse garanzie, è evidente che non sono attenti. Avete notizia dell’esistenza di prestiti ad usura? Ho letto l’inchiesta de “il Territorio” sul mondo del commercio a cui va la solidarietà di Confcommercio e mia personale. Se addirittura attività commerciali storiche ed imprenditori con gli attributi denunciano una crisi tra le banche e le imprese, è evidente che non se ne può più. Confommercio ha una Cofidi di

garanzia, ma è evidente che sono sempre le banche ad avere l’ultima parola. Non si comprende se le banche sono esse stesse in difficoltà o sono condizionate da strategie politiche e non, che ci sfuggono. Se un imprenditore, un commerciante riesce a mettere su un progetto, va accompagnato perché vada a regime. Invece, spesso, nel suo rapporto con le banche, incontrerà difficoltà a sviluppare la sua idea. Quindi, la banca si riduce solo ad acquistare e vendere soldi. Se il risparmiatore affida i suoi risparmi, vincolati e non, e ottiene non più del 2 o 3 % di interesse e poi i suoi soldi vengono venduti sul mercato, tramite una serie di meccanismi, a tassi del 14%, qualcosa non funziona. E’ evidente che, con le spese che sopporta e le tasse,

l’imprenditore non ce la fa. Come uscirne? Sarebbe importante che il mondo delle banche, la politica, lo stesso Tremonti ponessero seriamente mano ad una riduzione della soglia d’usura. In caso contrario, con il costo del denaro e le difficoltà di accesso al credito, le piccole e medie imprese non si svilupperanno. Non prendiamoci in giro. Parlo di imprese con la “i” maiuscola, non “usa e getta”. Proliferano società finanziarie, satelliti delle banche. Se così è, che prodotto viene immesso sul mercato dalle banche stesse? Nascono specchietti per allodole, per far lievitare i costi delle imprese. Ci si limita a raccogliere denaro, finanziando poi progetti ad alto rischio, ma ad alto rendimento, come Parmalat, Cirio.

N° 6 - LUGLIO 2010

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