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“Il coraggio di essere liberi” Per ottenere un cambiamento radicale, bisogna avere il coraggio di inventare l'Avvenire. Tutto quello che viene dall'immaginazione dell'uomo è realizzabile. (Thomas Sankara)

UNA POLITICA DI QUALITA’ PER UN FUTURO MIGLIORE 4° CONGRESSO REGIONALE PISA, 24 ottobre 2010

MOZIONE POLITICA DI ALESSANDRO CRESCI


Mozione politica di Alessandro Cresci

“uno di noi”

Sommario 1. La nostra missione...........................................................................................................3 2. Il quadro di riferimento politico .........................................................................................3 3. Passi concreti da sogno a realtà......................................................................................4 3.1. La partecipazione ......................................................................................................4 3.2. L’uso consapevole del territorio.................................................................................5 3.3. I servizi pubblici .........................................................................................................6 3.4. Infrastrutture e attività produttive ...............................................................................7 3.5. Sicurezza ..................................................................................................................8 3.6. Una innovativa governabilità regionale......................................................................8 4.Organizzazione del partito ................................................................................................9 4.1. Radicamento e gestione economica .........................................................................9 4.2 Il valore della militanza .............................................................................................10 4.3. Condizioni e criteri di candidature e nomine............................................................10 4.4. La politica dei piccoli passi e delle poche risorse ....................................................11 5. Pari diritti e pari opportunità: nel rispetto delle differenze. .............................................12 5.1. Le pari opportunità: un valore costituzionale. ..........................................................12 6. Diritto al lavoro...............................................................................................................14 6.1 Diritto al lavoro per le categorie ‘deboli’....................................................................16 7. Diritto alla sicurezza nei luoghi di lavoro ........................................................................17 8. Innovazione e accesso al credito...................................................................................18 9. Servizio sanitario regionale............................................................................................19 10. Per un deciso rilancio di istruzione e cultura................................................................21 10.1 La responsabilità della gestione politica della cultura.............................................22 11. Trasporti e infrastrutture viarie e telematiche...............................................................23 12. Immigrazione e diritti....................................................................................................25 13. Noi e gli altri animali.....................................................................................................27 13.1. Animali : “soggetto di diritto” ..................................................................................27 13.2. Contro la vivisezione .............................................................................................28 14. La pace è un diritto ......................................................................................................29

APPROFONDIMENTI TEMATICI ......................................................................................31 1. Le condizioni materiali della sostenibilità .......................................................................31 2. Dal primato della quantità al primato della qualità .........................................................34 3. Mercato, consumo, rifiuti................................................................................................36 4. Ulteriori approfondimenti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.........................................39 5. La scuola .......................................................................................................................42 6. Sintesi programmatica verso la qualità ..........................................................................45

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1. La nostra missione La persona e la qualità della vita sono l'anima del nostro programma perché rappresentano i valori radicati nelle nostre coscienze e i principi sanciti nella nostra Costituzione. L’impegno comune è quello di riattivare il dialogo e il confronto cercando di ricondurre la politica tra la gente. Un percorso necessario per “governare rinnovando”: una necessità che è stata colpevolmente consegnata ad interessi particolari con conseguenze negative per la collettività e per la politica stessa. I valori fondanti del nostro partito nelle sue diverse sensibilità l’equità sociale e i diritti civili, il lavoro e la casa, l’ambiente e la salute, la pace e la cultura, la legalità e l’etica, la solidarietà

e l’accoglienza verso i più deboli, oggi più che mai sono

indispensabili per garantire una forte spinta al cambiamento e un futuro migliore alle prossime generazioni. Per questo il nostro impegno è quello di ricondurre la politica, in funzione del bene comune, dentro un’ottica di sviluppo globale sostenibile sotto il profilo economico, ambientale, sociale e culturale.

2. Il quadro di riferimento politico Siamo un partito che a tutti i livelli, pur rimarcando la propria autonomia politica e culturale, ha scelto da sempre come quadro di riferimento il campo del centro-sinistra, all'interno del quale ha un rapporto costruttivo e proficuo, attento alla tutela dei diritti delle persone, alla difesa dei più deboli, alla realizzazione di uno stato sociale più solidale e più avanzato. L'esperienza positiva della coalizione di centro-sinistra nelle elezioni regionali in Toscana non può far dimenticare, però, il grido di allarme che viene da una sempre più grande parte di cittadini, i quali non esercitano più il loro diritto di voto. Non dobbiamo dimenticare questo messaggio lanciato forte e chiaro dagli elettori: "cambiate politica altrimenti rimarrete da soli". A giudicare da quello che sta avvenendo sembra che il segnale non sia ancora arrivato a destinazione. Siamo quindi ad un passaggio cruciale in cui occorre essere estremamente precisi: questo centro-sinistra, per mancanza di un progetto alternativo chiaro, condiviso e percorribile, è stato punito dal risultato elettorale alle ultime elezioni politiche nel modo che conosciamo. A questo punto è inevitabile Pagina 3 di 48


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domandarci se è ancora uno strumento utile per combattere l'egemonia delle destre, gestita da Berlusconi in prima persona. La nostra risposta è no! Pensiamo sia tempo di uscire dalle logiche delle alleanze “matematiche” costruite con il bilancino; è ora di dire ai nostri alleati che per noi questo metodo è sbagliato e che siamo pronti a lavorare per costruire un nuovo centro-sinistra, uno schieramento per le riforme, non trasformista, ma che si prepari ai futuri confronti elettorali con un progetto chiaro imperniato sulla qualità della vita nel nostro paese, già a partire dalle prossime elezioni, a tutti i livelli, del 2011. Ha ragione da vendere il nostro Presidente Di Pietro quando dice che senza abbandonare il “cerchiobottismo” degli ultimi anni il centro-sinistra non potrà mai recuperare posizioni credibili per ritornare maggioranza nel paese, e per quanto ci riguarda è necessario lavorare per evitare l'inarrestabile erosione di credibilità della coalizione. Il confronto va aperto con tutte le forze democratiche che non sono confluite nel blocco di centro-destra e che, come noi, fanno una scelta chiara di campo. Pensiamo che ciò debba avvenire nel quadro della costruzione di una nuova alleanza, imperniata su un programma riformista chiaro agli occhi degli elettori e condiviso dai contraenti. I nostri alleati di centro-sinistra devono essere soggetti con cui confrontarci da una posizione di pari dignità e mai di sudditanza. Il mandato che gli elettori ci hanno dato non è per fare accordi di desistenza col gli alleati, ma ha molto a che vedere con la fermezza delle nostre posizioni. Una parte della nostra appetibilità è dovuta proprio alla crisi dei nostri alleati, che non riescono ad essere aderenti alle aspettative dei loro elettori. Chi ci ha votato lo ha fatto proprio per avere una politica migliore, più coerente, più vicina ai propri desideri e sogni. Se non manterremo questa rotta, dimostreremo di aver tradito il mandato elettorale.

3. Passi concreti da sogno a realtà 3.1. La partecipazione Noi dell'Italia dei Valori, che ci riconosciamo in questa mozione, lavoriamo affinché la Toscana del FUTURO continui ad essere il luogo della ricerca di un rapporto proficuo tra cittadini e istituzioni, tra politica e forme di aggregazione sociale.

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Il metodo per perseguire questo obiettivo, prima di tutto si deve caratterizzare con la creazione e la valorizzazione di strutture che sappiano integrare la democrazia delegata, ormai insufficiente come dimostra la crescente astensione dal voto, con pratiche di democrazia partecipata che facciano sentire realmente protagonisti delle decisioni i cittadini e le comunità della Toscana. Riteniamo fondamentale, e per questo necessario, consolidare la partecipazione come metodo per decidere priorità e progetti strategici, secondo una visione non settoriale ma complessa e integrata dello sviluppo. La crisi che stiamo attraversando, che non è solo finanziaria ma anche rivelatrice di una incipiente scarsità delle risorse naturali rispetto alla crescente domanda mondiale, ci costringe a non perdere di vista la vera sfida che abbiamo di fronte per garantire un futuro al Paese e alla nostra comunità. Sotto questo aspetto si deve valorizzare e rafforzare il ruolo delle autonomie locali per ottimizzare l’efficienza e l’efficacia nell’uso delle risorse e programmare così uno sviluppo sostenibile, che assicuri una migliore qualità della vita promuovendo nuovi modelli di produzione e di consumo, che sappiano assumere le risorse dei territori come base per la riqualificazione e il miglioramento degli stili di vita.

3.2. L’uso consapevole del territorio Tra i beni esauribili vanno considerati in particolare il suolo e il paesaggio, risorse limitate che in molte

aree della regione hanno subito uno sfruttamento intensivo e

distruttivo o un’eccessiva e irrazionale antropizzazione. Occorre pertanto cominciare a porsi l’obiettivo dell’uso consapevole del territorio. Recuperare le volumetrie del patrimonio edilizio esistente, attraverso la sua ristrutturazione o ricostruzione. Promuovere la bioedilizia, iniziando dalla ristrutturazione dei locali pubblici dismessi e dalla eventuale costruzione del nuovo, prevedendo incentivi regionali derivanti anche da finanziamenti della Comunità Europea. Emanare una direttiva regionale per un programma di concessione di licenze di bioedilizia di almeno il 30% delle nuove costruzioni nel piano regolatore dei comuni. Sostenere ogni iniziativa di sviluppo rurale in applicazione delle nuove politiche europee. Promuovere la filiera corta, i mercati diretti e favorire nuovi strumenti di miglioramento della qualità della vita nelle zone rurali a bassa densità di popolazione

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attraverso centri polivalenti, servizi sociali e assistenziali in funzione delle stagioni turistiche e agricole. Sostenere iniziative a favore dei prodotti agro-alimentari tipici e di qualità della Toscana, incoraggiando le iniziative di certificazione e di tutela legate alla cultura e alle tradizioni locali. Incentivare la filiera corta soprattutto nel comparto degli alimenti, con un NO chiaro all’introduzione degli OGM in applicazione del principio di precauzione di cui all’art. 174, paragrafo 2 del trattato istitutivo dell’Unione Europea.

3.3. I servizi pubblici Tra le questioni che hanno determinato una forte insoddisfazione nei cittadini c'è sicuramente anche l'ambito dei servizi pubblici locali, investito

da processi di

esternalizzazione o privatizzazione che hanno indebolito il ruolo di programmazione dei territori. Per questo dobbiamo puntare a un intervento legislativo su tutto il settore dei servizi pubblici locali, dal servizio idrico integrato, alla gestione dei rifiuti, al trasporto pubblico locale, ecc…, che individui chiaramente i principi ai quali conformare sia i modelli organizzativi, sia le modalità di affidamento e di gestione. La produzione e la gestione dei servizi non deve essere inserita nella logica di mercato, ma deve restare saldamente in mano pubblica, attivando forme di partecipazione sociale e recuperando alla “politica per la qualità” il suo primato rispetto al mercato. Una politica illuminata che recepisce pienamente la definizione dell'acqua come bene comune essenziale alla vita e non costruisce nuovi impianti d’incenerimento, inseguendo acriticamente l’emergenza infinita ma, pur utilizzando quelli esistenti nella fase di transizione, punta decisamente a governare e risolvere definitivamente il problema attraverso la “Strategia Rifiuti Zero”. Per il comparto fondamentale dei servizi sanitari l’obiettivo è di arrivare a scelte di governo regionale che siano frutto di un confronto costruttivo interno a tutta la coalizione e aperto alle associazioni dei malati e degli operatori. Questa collegialità della prassi dovrà essere rivolta innanzitutto alla vigilanza inflessibile sulla regolarità degli appalti e alla individuazione delle cause che portano alla formazione delle lunghissime e immorali liste di attesa. A questo proposito, anche in Toscana si dovrà realizzare l'apertura degli ambulatori, dei servizi diagnostici e delle sale operatorie per interventi di routine, almeno per 12 ore al giorno, sabato compresi, in modo da dare una drastica e immediata risposta ai cittadini in attesa.

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L’investimento nell’Istruzione, nella Cultura e nella Ricerca ha un valore di per sé, che produce sempre effetti positivi, ma che raramente sono individuabili alla chiusura di un bilancio annuale. Per questo deve essere abbandonata la sua caratterizzazione come investimento da valutare strettamente in un quadro di costi/benefici. Va anche ricercata una maggiore integrazione con gli aspetti sociali e produttivi del proprio territorio, estendendo la Ricerca e l’Istruzione al di fuori delle classi e dei laboratori per cogliere alcune delle molte esigenze che si possono manifestare, la cui soluzione passa attraverso un approfondimento culturale.

3.4. Infrastrutture e attività produttive Il potenziamento delle tranvie e delle linee ferroviarie che insistono sul nostro territorio costituisce il primo indispensabile tassello per ridisegnare il sistema e le diverse modalità di trasporto, consentendo al contempo la razionalizzazione del trasporto delle persone e delle merci e il decongestionamento del sistema viario. Lo sviluppo della nostra Regione necessita inoltre di un significativo investimento in infrastrutture telematiche, tuttora carenti nelle zone non cittadine del nostro territorio. Questa è una partita che non può più essere rinviata, importante tanto quanto quella delle infrastrutture viarie. La Toscana può sviluppare la propria economia e realizzare ricchezza superando l'idea di modernizzazione intesa come competizione esasperata, grandi infrastrutture ed espansioni urbane, sempre seguite da degrado ambientale e paesaggistico, realizzando invece la piena valorizzazione delle proprie risorse locali e ambientali con una impostazione finalizzata al bene comune. Un'economia, sia pubblica sia privata, in cui si riconosca finalmente il fondamentale contributo dei beni comuni: di quelli legati all'ecosistema, alle risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili, ai giacimenti culturali e della conoscenza. Del mantenimento e della rigenerazione dei beni comuni tutti dobbiamo farci carico., anche le imprese che da questi traggono i loro profitti, con programmi di utilizzo in un’ottica di medio lungo periodo invece di quello più breve, come vorrebbe il sistema finanziario. In relazione al problema strategico dell’energia il piano energetico regionale deve promuovere la ricerca scientifica e tecnologica in direzione del risparmio energetico e dello sviluppo delle tecnologie più adatte allo sfruttamento delle energie rinnovabili e

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pulite, incentivarne l’utilizzazione, e dichiarare il territorio regionale come zona franca rispetto alle centrali nucleari.

3.5. Sicurezza Il degrado sociale, il disordine urbano e la frequenza dei reati in alcuni quartieri fanno crescere nei cittadini un livello di insicurezza che impone la necessità di un controllo più capillare del territorio. Il tema della Sicurezza è uno tra i più sentiti dalla collettività, in considerazione degli effetti prodotti su ciascuno di noi dalla personale percezione del rischio. La mancanza di attenzione alla prevenzione dei reati e alla certezza dell’applicazione della giusta sanzione, che si inserisce in un quadro allarmante di crisi del sistema penale, acuisce inevitabilmente il senso di insicurezza e di precarietà. La sicurezza è quindi un bene comune, e come tale è giusto che sia collocata ai primi posti delle preoccupazioni, al pari del problema della qualità dell’ambiente e del lavoro, e della sicurezza sul lavoro. Proprio in considerazione del fatto che l’insicurezza dei cittadini è il prodotto degli squilibri urbanistico-sociali è necessario iniziare a pensare alla sicurezza come a un diritto da garantire attraverso un progetto che veda la partecipazione di tutti i soggetti interessati, in primo luogo delle autonomie locali.

3.6. Una innovativa governabilità regionale Pensiamo che Il successo nel perseguimento di obiettivi elevati non si raggiunga solo con le idee e le strategie migliori, ma anche con il contributo di una struttura trasparente, efficace e produttiva. La macchina amministrativa non deve essere solo esecutiva degli indirizzi politici ma deve assurgere a co-protagonista nella programmazione e nella gestione delle risorse, ed è opportuno che il perseguimento dei risultati sia sostenuto da una programmazione dettagliata degli obiettivi, da scelte realizzabili e condivise da tutti gli attori coinvolti, e da una comune assunzione di responsabilità. Il nostro programma richiede una struttura organizzativa regionale innovativa, snella ed efficiente, attenta ad eliminare gli sprechi, in grado di erogare servizi in modo rapido, trasparente ed economico. Il cittadino deve poter porre domande e trovare risposte concrete, anche via web, agli orari più consoni alle proprie esigenze.

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Su questi propositi crediamo che si possa avviare, a partire da oggi, un percorso che ci porti a sostenere una proposta politica che, in linea con la positiva esperienza della coalizione di centro-sinistra in Toscana e con il programma del Presidente Rossi, inauguri una nuova fase politica per vincere sfide ancora più ambiziose.

4.Organizzazione del partito 4.1. Radicamento e gestione economica Il radicamento territoriale del Partito è uno degli obiettivi principali e per far questo è necessario il coinvolgimento di più persone possibili, giovani e non giovani. Le sedi sul territorio, oltre ad essere aperte, devono anche essere fatte “vivere”, per questo è indispensabile che il finanziamento del partito sia equamente distribuito a sostegno di tutte le attività e iniziative politiche. Oltre alle varie realtà territoriali, sedi, circoli ecc…, è indispensabile che una parte economica consistente sia attribuita anche ai dipartimenti Giovani e Donne al fine di valorizzarne il più possibile l’attività, con la piena autonomia in ambito organizzativo ed economico. Il Partito dovrà quindi saper ripensare sé stesso, saper dare l’esempio. Gli esponenti di Italia dei Valori nelle assemblee elettive e nelle strutture amministrative non potranno avere a qualsiasi titolo conflitti d’interesse. Dovranno evitare casi di incompatibilità tra ruolo privato e carica pubblica. Non dovranno accumulare doppi incarichi elettivi e amministrativi e valutare una distinzione netta fra ‘carriera di partito’ e incarichi elettivi/amministrativi. Gli organi di garanzia del Partito non potranno essere nominati dai vertici politici e dovranno essere attribuiti a persone di provata indipendenza. Il Partito dovrà garantire la più trasparente anagrafe degli eletti, gli elettori dovranno sapere con quali mezzi gli eletti entrano ed escono dalla politica. Il Partito dovrà garantire la più trasparente gestione della tesoreria e del Bilancio. Il Partito dovrà rispettare la parità di genere e dovrà fissare per i propri eletti il limite di 2 (due) legislature. I dirigenti locali dovrebbero avere meno preoccupazioni gerarchiche (espulsioni e commissariamenti) e più attitudine a suscitare e mettere a frutto la buona volontà dei militanti, istituendo corsi di formazione e organizzando periodicamente incontri tematici di approfondimento (stralcio mozione Pardi, Congresso Nazionale IdV). Pagina 9 di 48


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Sempre nell’ottica di una migliore informazione degli iscritti, gli eletti e gli amministratori relazioneranno periodicamente sulle attività istituzionali. Il Partito dovrà impedire la pratica del familismo: chi è parente o convivente degli eletti è la persona meno adatta ad assumere il ruolo di candidato a cariche elettive o esecutive (stralcio mozione Pardi, Congresso Nazionale IdV). Il Coordinatore Regionale si impegna ogni anno a garantire lo svolgimento di almeno una Assemblea Plenaria, o altre in caso di necessità. Ferma restando la priorità della sede regionale in Firenze, il Coordinatore si impegna inoltre a convocare il Coordinamento Regionale, a rotazione, anche nelle altre Province. Per il migliore svolgimento dell’azione politica sarà costituita una Commissione Regionale finalizzata alla stesura di un nuovo Regolamento interno.

4.2 Il valore della militanza Vogliamo costruire una struttura sia democratica che meritocratica dove chi si impegna di più e meglio per il nostro partito è colui che migliora il territorio ed è un concreto rappresentante dei cittadini, per tale motivo gli deve essere dato più peso decisionale. Da più voci in questo partito è nato un tentativo di svalorizzazione della militanza politica. Coloro i quali mettono a disposizione il loro tempo, le loro risorse e da anni investono le loro energie per portare avanti il 'progetto' Italia dei Valori sono un patrimonio di idee, valori ed esperienze che matura durante un percorso e che non deve essere in nessun modo svalorizzato, sminuito o emarginato. L'azione sinergica di queste figure, unita all'apporto della società civile, è l'unica strada possibile che può concretizzare il radicamento sul territorio che tutti ci auspichiamo.

4.3. Condizioni e criteri di candidature e nomine L’iscritto potrà essere candidato a qualsiasi carica elettiva solo una volta trascorsi 12 (dodici) mesi dalla data della prima iscrizione. Gli stessi termini valgono anche per i rispettivi ruoli di governo a ogni livello. Tale termine minimo potrà essere derogato soltanto in caso di particolare merito, su decisione di competenza esclusiva del Direttivo Regionale ed avente carattere di eccezionalità (stralcio mozione Donadi, Congresso Nazionale IdV).

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Gli incarichi a nome del Partito dovranno essere fatti a seguito di un percorso di partecipazione che possa far esprimere tutti gli iscritti su quale sia la figura più idonea in base a competenze, valorizzazione di militanza e impegno. Per quanto riguarda le eventuali candidature per elezioni con liste bloccate (ivi compresi anche i collegi uninominali), potrebbe essere interessante affrontare un percorso partecipativo attraverso le primarie, che permetta di individuare nella maniera più democratica e condivisa le liste.

4.4. La politica dei piccoli passi e delle poche risorse Pensando alla regione Toscana, e a come far diventare la nostra azione decisiva anche là dove siamo numericamente più deboli, è bene prendere ad esempio il modo di far politica che il nostro partito ha promosso in molti piccoli comuni. In molti di questi comuni Italia dei Valori non ha un consigliere comunale, né un assessore, pertanto si è pensato ad un'azione centrale, che ricadesse a raggio su tutte le altre realtà nelle stesse condizioni. I referenti comunali hanno incontrato il PD e tutti i sindaci di una determinata area per proporre alcuni punti da condividere, da spingere per poter veramente incidere sulla qualità della vita dei cittadini. Le idee sono di vario tipo, alcune ambiziose, come l'incubatore di impresa, altre più facilmente attuabili ma altrettanto forti, come il recupero sistematico degli olii esausti o l'anticipazione della discussione sul bilancio preventivo annuale con la cittadinanza. La proposta del ‘consulente energetico porta a porta’ o del ‘pop-ort’ (orto popolare) sono idee già esistenti in molte realtà, ma attuando il più classico dei principi di sussidiarietà, non c'è motivo per cui un insieme di piccoli comuni limitrofi non possa attuarle all'unisono, con un piano coordinato sovracomunale, che ci permetta di essere presenti, di fare vera politica anche là dove non abbiamo la forza e i numeri per farlo. A proposito di numeri e comuni di provincia, siamo chiamati ad un'ulteriore spinta propulsiva, siamo chiamati a dimostrare di essere in grado di essere partito da 10% anche là dove abbiamo un numero di iscritti inferiore alle cinque/dieci unità per Comune. I tempi sono maturi per creare i nostri presidi permanenti nelle piazze delle città e dei paesi della Toscana. Banchini e gazebi a cadenza regolare, un progetto condiviso a livello regionale come ‘Un banchino per ogni città’ può diventare un vero punto di riferimento,

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riconoscibile e raggiungibile, per i cittadini. Siamo ancora un partito d'opinione, è giunto il tempo di diventare partito territoriale.

5. Pari diritti e pari opportunità: nel rispetto delle differenze. 5.1. Le pari opportunità: un valore costituzionale. La Costituzione rappresenta un capovolgimento di prospettiva rispetto a un sistema nel quale la posizione giuridica della donna era di assoluta inferiorità nella vita politica, nella vita civile e nella famiglia. L’eguaglianza dei cittadini senza distinzione, solennemente proclamata nel primo comma dell’art.3, viene poi ribadita nei settori di maggior discriminazione: la famiglia in primo luogo (artt.29,2 e 30) , lavoro (art.37), elettorato (art.48), pubblici uffici (art.51). Scritti sulla carta, i principi nazionali e internazionali dovevano però trasfondersi nella legislazione, oltre che nella cultura e nel costume. Cosa non facile, la prima, e tantomeno la seconda. Mentalità e costume hanno condizionato lo stesso adeguamento normativo, avvenuto lentamente e con gravi ritardi. Di fatto, la condizione delle donne o della maggior parte di esse, è ancora lontana da quella prefigurata. La Costituzione è rimasta inattuata nell’applicazione del secondo comma dell‘Art.3, e nei contenuti economico-sociali e politici. Cosa che ha inciso non poco sulla condizione reale della donna e sullo sviluppo del paese. Nella Costituzione attuale e nei Documenti Internazionali, l’affermazione del principio generale di eguaglianza è chiara e decisa. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art.3). La Costituzione ha posto fine alla discriminazione sul piano normativo, ma la politica non è riuscita ancora a realizzare un’effettiva parità. Le resistenze maggiori sono tuttora nel campo della politica; non è più questione di norme generali perché il diritto elettorale attivo e passivo è assicurato dal 1946 e la possibilità di partecipare ai processi economici ancora da prima. Allora, come si spiega che nelle professioni e nella vita economica e sociale la presenza delle donne è sempre in aumento, seppur con grande fatica e non in posizioni apicali, mentre nei banchi dei Consigli Elettivi, sedi delle decisioni politiche, il loro numero ancora sia cosi irrisorio?

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Questi interrogativi di fondo ci inducono ad assumere, come parte integrante della presente mozione politica, il documento delle donne che sostengono Emanuela Ferrari alla carica di Coordinatrice delle Donne.  “La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata” (Articolo 1 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea)  “E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali” (Articolo 21 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea);

L’Italia dei Valori che si riconosce in questa mozione condanna qualsiasi forma di discriminazione e si impegna affinché sia preparata una specifica direttiva sulla prevenzione e la lotta all’omofobia e a tutte le altre forme di intolleranza che colpiscono le minoranze nel nostro paese e nella nostra regione attraverso una vasta campagna comunicativa e socio-culturale per contrastare questi fenomeni, che preveda iniziative formative nelle scuole e nella pubblica amministrazione. Costituire tavoli con le associazioni contro ogni tipo di discriminazione, intolleranza e violenza e a promuovere iniziative destinate a sensibilizzare l'opinione pubblica verso la cultura delle differenze, la prevenzione e la condanna degli atteggiamenti e dei comportamenti discriminatori.

“Noi di Italia dei Valori riteniamo che sia un reato in sé, un grave reato, quello della discriminazione sessuale per quanto riguarda il mondo omosessuale, il mondo transessuale e per questa ragione riteniamo che deve essere prevista una figura di reato autonomo […], se una persona o più persone hanno come modo di fare quello della violenza, della discriminazione sessuale nei confronti e degli omosessuali e dei transessuali, in una situazione di questo genere deve essere previsto un reato a sé proprio per questo modo di essere: razzista, fascista, xenofobo, criminale.” (Antonio Di Pietro, Presidente dell’Italia dei Valori)

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6. Diritto al lavoro Il vituperato Collegato Lavoro approvato definitivamente dal Senato, ha distrutto lo Statuto dei Lavoratori ed è un progetto regressivo, seppur modificato, anche perché rinviato dal Presidente della Repubblica alle Camere. È utile sottolineare che dal dopoguerra ad oggi sono all'incirca una sessantina i casi di rinvio alle Camere e da un sommario esame non è mai capitato in passato che, una legge in materia di diritto del lavoro, sia stata oggetto di tale procedura “extra ordinem”. Il diritto del lavoro viene considerato alla stregua del diritto commerciale, lo ha detto l'onorevole Cazzola in Commissione Lavoro e in Parlamento. Dunque, il lavoratore è una merce come tante altre e, come tale, va regolata con il diritto commerciale, come si fa per una materia prima o per una macchina. Questo è il parallelismo che viene fatto e che fa perfettamente pendant con quello che sta succedendo nel mondo. E’ una riforma che ritorna utilissima ai famosi capitalisti per procura e non, di cui è parte integrante il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (nella classifica di FORBES si colloca come la terza persona più ricca in Italia, 74esimo nella lista generale mondiale, con 9 miliardi). L’unico criterio guida delle corporation di cui lui e la sua famiglia sono azionisti è la massimizzazione a breve termine del rendimento finanziario. Posto che le multinazionali e i cosiddetti investitori istituzionali controllano, attraverso la finanza, l’economia reale, nella rincorsa del profitto di brevissimo termine hanno ottusamente ignorato gli aspetti sociali di tale scelte. Il conto economico ha soppiantato lo stato patrimoniale, la redditività finanziaria e quella industriale, hanno quindi abbandonato ogni etica della responsabilità nei confronti dei territori dove hanno operato, inclusi l’indotto, i lavoratori e in generale, i portatori d’interesse diffuso. Pertanto fin dai secondi anni ’70 la principale forza propulsiva dell’economia mondiale è stato l’incessante tentativo delle grandi imprese di riportare con tutti i mezzi possibili il tasso di profitto ai maggiori livelli di vent’anni prima. Tra codesti mezzi rientrano la riduzione del costo del lavoro, l’aumento dei prezzi rispetto alle retribuzioni, l’attacco ai sindacati condotto in molti paesi direttamente dallo stato e la delocalizzazione delle unità produttive in zone del mondo dove i salari sono minori, per non dire da fame.

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Distruggere lo statuto dei lavoratori fa parte di una logica eversiva del governo nei confronti della Costituzione. Invece di intervenire sullo statuto, si dovrebbe agire sulle leggi che hanno generato la precarietà e la più grande rottura generazionale della nostra storia che ci ha portato al blocco dell’ascensore sociale. Il Ministro Sacconi si è invece contraddistinto per aver svuotato lo Statuto, rendendo precario anche il lavoro a tempo indeterminato ed esponendo il lavoratore all'arbitrio della grande impresa. Pensare che il lavoratore possa paritariamente discutere con il futuro datore di lavoro è francamente illusorio e decisamente ipocrita: Devolvere alla giustizia privata la decisione su diritti indisponibili del lavoratore è inaccettabile; ritenere il lavoratore parte di pari forza rispetto al proprio datore di lavoro è soprattutto, in questo momento storico, una falsità grossolana; impedire al Giudice di valutare anche le scelte del datore di lavoro appare un'aperta violazione del principio del “favor lavoratoris”, inserito espressamente dalla Legge 533/73 in ossequio ai principi fondamentali della nostra Costituzione, fondata sul lavoro. Diceva Gino Giugni, in un intervista “... fin tanto che la Costituzione Repubblicana del 1948 rimarrà in vigore, noi avremo la certezza che i suoi principi etici funzionano e, soprattutto, che hanno un rilevante grado di effettività. Nel momento in cui tali fondamenti muteranno insieme alle corrispondenti istituzioni, ci troveremo di fronte a fenomeni ai quali sarò contento di non assistere: mi auguro per voi che non accadano episodi di crisi delle istituzioni tali da mettere in dubbio questi principi etici.” Il Governo agisce su spinta delle lobby corporative per le quali flessibilità vuol dire libertà di muoversi dovunque si intravedano pascoli più verdi, cioè in paesi dove gli orari di lavoro non hanno quasi limiti e le 60-70 ore sono la norma. Dove i sindacati non esistono, sono collusi o sono soltanto dei paraventi del governo, come in Cina o in altri paesi; dove non esistono vincoli ambientali e la fiscalità è estremamente favorevole a imprese che vengono dall’esterno a insediarsi in un dato paese emergente. In sostanza, la situazione del lavoro ricorda quella della Rivoluzione Industriale di 150 anni fa e più, mentre alle piccole imprese locali, che erano l’indotto, rimane oggi il compito di spazzare i rifiuti e gli scarti dell'ultimo accampamento della grande azienda, guardando i capannoni abbandonati. Le grande imprese nella nuova localizzazione realizzano poi nuovi insediamenti e urbanizzano quindi altre aree vergini nei paesi emergenti.

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Tuttavia, ciò che appare come flessibilità dal lato della domanda, ricade come un destino duro, crudele, insuperabile e ineluttabile su tutti coloro che si trovano sul versante della ricerca di lavoro. Il lavoro viene e va, scompare subito dopo essere apparso, viene spezzettato o sottratto senza preavviso, mentre le regole del gioco per le assunzioni e i licenziamenti cambiano senza appello, e chi ha o cerca un lavoro nulla può fare per fermare il processo di globalizzazione dello stesso. Quindi, se veramente si vuole evitare che il lavoro scenda lungo le scale del diritto verso condizioni da fame e di insicurezza, che si osservano nei paesi emergenti, ci si dovrebbe impegnare soprattutto per migliorare le condizioni di lavoro in quei paesi, e non viceversa per omologare le nostre alle loro. La globalizzazione è fondata su un’idea sostanzialmente regressiva di politica del lavoro, dove la risorsa umana diventa bassa manovalanza fungibile, sottomessa dalla quotidiana esigenza di sopravvivenza e dai debiti contratti a causa del consumismo. Volendo sostituire a essa una politica progressista, è chiaro che sul piano nazionale si deve fare una strenua opposizione alle intenzioni del governo. Si devono costruire proposte alternative e molto si potrebbe fare sul piano internazionale.

6.1 Diritto al lavoro per le categorie ‘deboli’. La manovra del Governo, contenuta nel D.L. 78/2010, convertito nella legge 122/2010, ha limitato la capacità di assunzione da parte degli Enti Locali, laddove all’art. 14 dice che gli enti che hanno rispettato il patto di stabilità “ possono procedere ad assunzioni di personale nel limite del 20 per cento

della spesa corrispondente alle

cessazioni dell’anno precedente”. In termini generali l’Italia dei Valori condivide la politica di contenimento della spesa pubblica, attuata anche attraverso la riduzione di assunzioni nel settore della Pubblica Amministrazione, ma è necessario che almeno per alcune categorie “deboli” sia lasciata la possibilità di mantenere il diritto al lavoro nell’impiego pubblico. Ci riferiamo alle categorie “protette”, a coloro che essendo inabili ed essendo iscritti nelle liste speciali dei centri dell’impiego, attendono da anni di essere assunti dagli Enti Locali e dalle aziende pubbliche che, in moltissimi casi, non hanno ottemperato alla quota del 7% di personale inabile sul totale degli assunti.

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7. Diritto alla sicurezza nei luoghi di lavoro Negli ultimi 5 anni i morti sul lavoro in Italia sono stati 7mila. Quasi 200mila, invece, le invalidità permanenti in un quadro complessivo di oltre 5 milioni di infortuni. Il rapporto nazionale redatto dall’INAIL, relativo agli infortuni e alle morti sul luogo di lavoro, è eloquente: 1.120 incidenti mortali per 874.940 infortuni denunciati. Il lavoro quindi continua ad uccidere. Secondo Eurostat, ogni anno 5.720 persone muoiono a causa di infortuni. La ILO (Organizzazione Internazionale per il Lavoro), invece, stima che altri 159.500 lavoratori europei, ogni anno, perdano la vita in seguito a malattie professionali. Tenendo conto di entrambi i dati, si può arrivare alla drammatica conclusione che nell’evoluto vecchio continente, ogni tre minuti e mezzo qualcuno muore a causa del lavoro. Il tutto ad oltre vent’anni dalla direttiva quadro comunitaria sulla sicurezza del 1989. L'anno scorso il Governo Berlusconi ha avviato una controriforma della sicurezza sul lavoro, con il Dlgs 106/09. Un decreto che, tra le altre cose, ha dimezzato le sanzioni a carico dei datori di lavoro, dirigenti e preposti sostituendo in alcuni casi l'arresto con l'ammenda, aumentando, seppur di poco, le sanzioni per i lavoratori. In questo decreto ci sono diversi articoli in contrasto con il dettato costituzionale, mentre altri violerebbero direttive europee in materia di sicurezza sul lavoro. Non c'era bisogno di fare un decreto correttivo, e chiamarlo correttivo è azzardato, perché questo è un decreto di ben 240 pagine e 149 articoli, che ha completamente stravolto il Testo Unico. Bastava che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali emanasse i 38 decreti attuativi, necessari al Dlgs 81/08 affinché questo diventasse più funzionale. E intanto non passa giorno che 3 o 4 lavoratori perdono la vita sui luoghi di lavoro. Le definiscono "morti bianche": un eufemismo che andrebbe abolito, perché non c'è nulla di bianco in una morte sul lavoro. Le chiamano così, perché l'aggettivo bianco allude all'assenza di una mano direttamente responsabile dell'accaduto. Invece la mano responsabile c'è sempre, e più di una. Negli anni ‘60 venivano definiti “omicidi sul lavoro”, un termine forte ma sicuramente più realistico. Queste morti non sono quasi mai una tragica fatalità, ma sono dovute principalmente al non rispetto delle minime norme di sicurezza.

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Il Governo Berlusconi si sta cimentando ultimamente in quello che gli riesce meglio: gli spot. Ce ne sono due, dal titolo: "Sicurezza sul Lavoro. La pretende chi si vuole bene". Spot vergognosi. Il messaggio che vuole far passare il Governo è che i lavoratori non si vogliono bene e non pensano alla propria sicurezza. Ecco perché s'infortunano o, peggio, muoiono. Si omette volutamente di dire che molti lavoratori hanno contratti da precari, che sono "in nero" o “in grigio" e quindi ricattabili. E che se provano a rivendicare più sicurezza, vengono mandati a casa. Una politica efficace imporrebbe piuttosto un aumento dei controlli per la sicurezza, incrementando il personale ispettivo delle Asl che è ridotto all'osso (meno di 2000 tecnici della prevenzione in tutta Italia, a fronte di 5-6 milioni di aziende da controllare), ripristinando le norme per la sicurezza sul lavoro emanate dal Governo Prodi con il Dlgs 81 del 9 Aprile 2008.

8. Innovazione e accesso al credito L'Italia dei Valori ritiene che sia fondamentale continuare ad investire sempre più risorse sull'innovazione tecnologico-produttiva e di processo, nonché organizzativa delle piccole e medie imprese affinché se ne affermi la competitività sui mercati nazionali ed internazionali. L'innovazione delle PMI deve passare non solo attraverso acquisti di brevetti dai Poli Tecnologici e sostegno finanziario alle giovani “Spin off” dei Centri di Ricerca, ma anche attraverso strategie di potenziamento della qualità e della responsabilità sociale d'impresa. La piccola e media impresa ha fatto sistema nelle aree ad alta intensità produttiva anche con forme di aggregazione e di filiera

e, nonostante la grave crisi economica

presenta casi di eccellenza che devono essere salvaguardati, il problema che emerge è la crisi di liquidità in cui versano. Tale crisi di liquidità è dovuta sia alle pesanti dilazioni di pagamento della Pubblica Amministrazione, legate al patto di stabilità, sia da grandi aziende che utilizzano l'indotto invece del sistema bancario. Le banche, a seguito dei dettami di Basilea 2 e al recente regolamento di Basilea 3, stanno restringendo sempre più

i criteri di

valutazione di affidabilità del credito

soprattutto nei confronti delle PMI che non offrono adeguate garanzie di capitalizzazione e Pagina 18 di 48


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purtroppo evidenziano bilanci con fatturati in drastica diminuzione. Il supporto ad aziende con prospettive di crescita è indispensabile al fine di mantenere un tessuto produttivo che possa contenere la dilagante disoccupazione.

9. Servizio sanitario regionale Nell'ambito del Servizio Sanitario la Regione ha un ruolo fondamentale sia per quanto attiene l'erogazione dei servizi che l'organizzazione degli stessi. Il finanziamento del Servizio Sanitario occupa circa il 75% della spesa regionale complessiva. In questo quadro di riferimento si comprende il motivo per cui il Partito egemone nella regione ha, da sempre, dettato legge sia nella nomina degli esponenti politici, sia nella scelta del meccanismo burocratico che governa il sistema. Stante questa situazione il secondo partito della Regione non può limitarsi a fare da spettatore ad una gestione di tipo autoreferenziale: il sistema democratico e i valori fondanti del nostro partito ci impongono di assumere un ruolo attivo nella vigilanza di un programma sanitario che non può che essere il prodotto di un percorso condiviso. Non è ammissibile che i cittadini toscani, per un aspetto di vitale importanza quale la sanità, siano in balia di una gestione affaristica e lobbistica. L’Italia dei Valori rivendica il fatto che tutti possono avere eguale accesso al sistema sanitario mentre, grazie ad accordi sottobanco, le politiche attuate tendono a favorire una sanità di “eccellenza” che funge da vetrina nazionale ed una sanità per tutti che funziona a fasi alterne. Oltretutto, dal 2009, il sistema ha prodotto un aumento della spesa, perdendo quella tanto millantata efficienza di gestione, e si appresta a chiudere il 2010 con un deficit di circa 350 milioni di euro che potrebbero tradursi in maggiori tasse per i cittadini toscani. L’Italia dei Valori non può rimanere alla finestra!!! Data questa premessa l’obiettivo è arrivare a scelte di governo regionale che siano frutto di un metodo partecipato che comporti il confronto costruttivo con l'alleato. Ciò non significa aspirare ad entrare nel “sistema-poltronificio”, bensì avere accesso al Piano Sanitario Regionale per provare a trasformarne in realtà quella parte che appare come il libro dei sogni. L’Italia dei Valori dovrà prioritariamente lavorare su: 1. individuazione delle cause che portano alla formazione delle lunghissime e immorali liste di attesa; pressioni presso gli organi competenti affinchè anche in Toscana si Pagina 19 di 48


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realizzi l'apertura degli ambulatori, dei servizi diagnostici e delle sale operatorie per interventi di routine, almeno per 12/15 ore al giorno, sabato compresi, in modo da dare una drastica ed immediata risposta ai cittadini in attesa. 2. richiesta e pressioni sull'Assessorato alla Salute affinché svolga effettivamente e con trasparenza il ruolo di controllore, riservato dalla Legge 120/2007 alla Regione, nel monitoraggio del conflitto di interessi, che si viene a creare tra medico intramoenia e sistema pubblico. 3. azione di monitoraggio sul funzionamento delle Case della Salute in termini di risorse spese e attività sanitaria prodotta dalla loro introduzione nel sistema regionale. Inoltre un’azione di supporto al Presidente affinché le forze e le lobby operanti per il non funzionamento delle Case stesse vengano allo scoperto e siano isolate politicamente e sindacalmente. 4. vigilanza inflessibile sulla regolarità degli appalti di edilizia sanitaria con un outlook particolare sulle aggiudicazioni degli ultimi 5 anni per comprendere il sistema finora applicato. 5. richiesta di essere consultati e possibilmente di avere un proprio rappresentante nella stesura del nuovo Piano Sanitario Regionale. 6. attuazione di un sistema meritocratico, che premi i medici e gli operatori che si impegnano nel servizio pubblico, mediante la creazione di un tavolo allargato che condivida le migliori pratiche insieme all'Istituto S.Anna che attualmente rappresenta l'eccellenza della Regione. 7. richiesta di partecipazione al tavolo regionale incaricato dell'attuazione del D. Lgs 150/09 (Decreto Brunetta) in Toscana. 8. vigilanza sul sistema di nomine dei Direttori Generali e degli altri organi di nomina politica affinché si ricerchi e si premi il merito e non solo la fedele appartenenza. 9. monitoraggio costante delle situazioni locali al fine di portare nei tavoli istituzionali le oggettive situazioni di disagio dei cittadini. 10. impegno per garantire che anche ai medici giovani sia data la possibilità di entrare a pieno titolo nel sistema sanitario. 11. impegno nel cercare di riportare l'etica nell'ambito delle professioni mediche iniziando a privilegiare il merito e la capacità dei singoli operatori.

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10. Per un deciso rilancio di istruzione e cultura L'impegno rivolto alla difesa della scuola pubblica statale, garante di un progetto formativo a più voci, tutte libere di esprimersi, e quindi aperto al confronto delle idee e dei valori, è una scelta prioritaria. Chi preferisce, invece, per i propri figli, una proposta formativa chiusa e monocorde, pur legittima, non può pretendere che sia messa a carico di tutta la collettività. Il mondo dell’Istruzione richiede un rilancio deciso, associato ad investimenti finalizzati sia alla qualificazione e stabilizzazione del corpo docente, sia al miglioramento dell’offerta culturale e conoscitiva. Va abbandonata ogni caratterizzazione dell’Istruzione, della Cultura e della Ricerca come prodotto da valutare in un quadro di costi/benefici. In questi campi, lo stesso concetto di prodotto, ormai dominante nei panorami governativi, introduce una visione mistificante delle finalità del sapere: l’investimento nell’Istruzione, nella Cultura e nella Ricerca è un valore di per sé, che produce sempre effetti positivi, soprattutto per le future generazioni, ma che raramente è individuabile alla chiusura di un bilancio annuale. Questo è necessario anche per frenare e invertire il processo di dequalificazione e degrado della scuola statale, in corso ormai da molti anni, che ha determinato l’insorgere e il consolidarsi di una pericolosa deriva di rifiuto dello studio e del lavoro. E' importante anche l'impegno nel sostegno delle scuole periferiche dove la scuola, proprio per il suo ruolo di presidio sociale, deve funzionare anche come punto di incontro e socializzazione. Si deve fare tutto il possibile per riuscire a coprire le richieste degli utenti, partendo dai nidi, e offrire un servizio che dia risposte elastiche nei tempi per andare incontro alle esigenze lavorative dei genitori. Per quanto riguarda il servizio delle mense scolastiche, occorre impegnarsi a rivedere tutto il settore, e in primo luogo la privatizzazione o l'esternalizzazione del servizio. Bisogna investire sul personale di cucina formato su menù multiculturali, biologici, e a km zero, come anello di garanzia di qualità per la salute dei bambini. E come ulteriore antidoto contro l'appiattimento culturale sui modelli continuamente riproposti dai media televisivi, è necessario rendere

disponibili spazi attualmente

abbandonati o comunque non utilizzati, per una cultura non mercificata, autogestita e libera. Pagina 21 di 48


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Attraverso iniziative di questo tipo sarà possibile anche procedere a un recupero e una rivalutazione delle realtà periferiche, nelle quali maggiormente si percepisce il bisogno di iniziative culturali autonome e dove più sono presenti luoghi e strutture inutilizzate. La cultura di un Paese, in una regione come la Toscana è fattore fondante di crescita sostenibile e di coesione sociale, rappresenta il futuro da costruire attraverso la memoria del passato: per questo va sostenuta senza remore di sorta, a partire dal recupero e dalla promozione sinergica dei beni culturali esistenti per aumentarne la fruizione e la valorizzazione delle tradizioni locali.

10.1 La responsabilità della gestione politica della cultura Il rapporto tra politica e cultura è da sempre tema di riflessione molto acceso a livello nazionale e a livello regionale. Innanzitutto bisogna distinguere tra: 

CULTURA – Come il patrimonio artistico e culturale da preservare e valorizzare e

CULTURA – Come la produzione di contenuti culturali La cultura nella prima accezione, intesa cioè come patrimonio artistico e

culturale, è senza dubbio materia politica di enorme rilievo, che i rappresentanti dei cittadini sono chiamati a difendere, a valorizzare e a promulgare. Un'accezione di cultura che permette di parlare anche di istruzione. Istruzione intesa in primo luogo come luogo di conservazione e interiorizzazione del nostro incredibile patrimonio di conoscenze e al contempo intesa come laboratorio di innovazione e di progresso. In questa accezione abbiamo bisogno di una politica presente e consapevole della centralità del suo ruolo, eppure a livello nazionale come a livello regionale questa si è dimostrata più volte colpevolmente deficitaria. Per mancanza di soldi, per mancanza di idee, per il sopravanzare di interessi particolari e per la cronica assenza di un sistemapaese interessato a far quadrato intorno alla propria storia. La cultura nella seconda accezione, invece, e cioè la cultura intesa come la quotidiana iniziativa di chi produce contenuti culturali (libri, film, spettacoli teatrali e lirici) è da sempre un terreno fertile per la politica che di fatto negli ultimi decenni ha impoverito e fatto indietreggiare l'Italia (e la Toscana non è un'isola felice nel Bel Paese) a produzioni culturali periferiche nel contesto internazionale. Non è un caso che i nostri film non si distribuiscano, che i nostri libri non vengano tradotti, che la nostra produzione culturale odierna sia praticamente ininfluente a livello internazionale e che si distingua solo per Pagina 22 di 48


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alcune eccellenze storiche o dovute al genio del singolo (Benigni, Dario Fo, Saviano). Non è un caso che il nostro sia uno dei paesi del mondo occidentale dove la fruizione di contenuti culturali è più scarsa. E le istituzioni democratiche in questo contesto come hanno agito? Entrando a gamba tesa, creando tutta una rete di clientele e di sovvenzioni che di fatto hanno drogato, impigrito, impoverito e sostanzialmente distrutto la fertilità della nostra produzione culturale. Il tema è enorme e complesso, ma per sintetizzarlo in poche parole possiamo dire che l'intervento della classe politica italiana e toscana nella cultura è stato assente là dove doveva esser presente (ma anche là dove la remunerazione in termini elettorali sarebbe stata scarsa) ed è stato invadente là dove avrebbe dovuto lasciar spazio all'iniziativa privata. Il risultato devastante di questa politica è un patrimonio culturale abbandonato, una produzione culturale mediocre e una semi-analfabetizzazione culturale dell'intera popolazione. Anche della più agiata e potenzialmente più ricettiva. E' quindi necessario un cambio radicale di prospettiva e il ruolo di Italia dei Valori Toscana, soggetto titolare dell'assessorato regionale alla cultura, può e deve essere decisivo per dare la scintilla propulsiva a questo cambio di prospettiva, che deve essere innanzitutto un cambio di rotta culturale dell'intera classe politica regionale. Una spinta fondamentale per rimettere la Toscana, culla del rinascimento, sui binari giusti per tornare nuovamente ad essere il volano culturale dell'intero paese.

11. Trasporti e infrastrutture viarie e telematiche Riteniamo ormai necessario ridefinire il servizio di Trasporto Pubblico a partire dal punto di vista dell'utente, come principio guida per l'insieme delle funzioni svolte a livello regionale e locale. Assumere il punto di vista dell'utente significa esercitare effettivamente la responsabilità del controllo sul rispetto dei contratti di servizio, con particolare riguardo all'offerta di orari, della qualità e del comfort. Pertanto i passi da affrontare sono i seguenti: 1. Verifica continua dell’adeguatezza degli orari riferiti al trasporto pubblico in relazione alle diverse esigenze di mobilità della popolazione, sia di natura transitoria (eventi occasionali, peculiarità stagionali) che permanenti. Tali esigenze, verificate con cadenza periodica, mirano alla ottimizzazione dei servizi di

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collegamento necessari al territorio toscano cercando anche una integrazione con il servizio ferroviario. 2. Studio della domanda di mobilità che miri a determinare l'origine e la destinazione degli spostamenti quotidiani dei cittadini. 3. Verifica dell’idoneità dei percorsi e collocazione delle fermate ai fini della sicurezza. 4. Vigilanza sulla corretta erogazione dei servizi, sia in termini qualitativi che quantitativi. 5. Integrazione delle informazioni sui percorsi ed orari, riferendola al complesso dei servizi di trasporto pubblico riguardanti tutto il territorio toscano, indipendentemente dal vettore. 6. L’ammodernamento e il potenziamento del sistema viario nella nostra Regione risponde a criteri di razionalizzazione del traffico e pertanto non deve essere inteso come uno strumento di potenziamento del traffico pesante su gomma, sia per quanto riguarda la produzione locale di merci, sia per quanto riguarda l’asse di scorrimento est-ovest (collegamento con il sistema portuale e tra le dorsali tirrenica ed appenninica ); 7. In tale quadro si pone anche il problema non eludibile della salute dei cittadini, del rispetto dell’ambiente e della qualità delle colture del nostro territorio. 8. Il trasporto su ferrovia costituisce una grande opportunità se messo in relazione al sistema di Alta Capacità ferroviaria italiano collegato al centro Europa e quindi al passante internazionale est-ovest e ai progettati passanti intercontinentali. 9. Il fatto che nel nostro Paese solo il 10% delle merci sono trasportate su ferro, contro il 15% della media EU, non rappresenta un vincolo ma al contrario una opportunità perché indica che in Italia, più che altrove, vi sono margini per praticare una progressiva diminuzione del traffico su gomma. 10. Il potenziamento delle tranvie e delle linee ferroviarie che insistono sul nostro territorio costituisce quindi il primo indispensabile tassello per ridisegnare il sistema e le diverse modalità di trasporto, consentendo al contempo la razionalizzazione del trasporto delle persone e delle merci e il decongestionamento del sistema viario. 11. Lo sviluppo della nostra Regione necessita, inoltre, di un significativo investimento in infrastrutture telematiche, tuttora carenti nelle zone non cittadine del nostro territorio. La digitalizzazione, attraverso la banda larga nelle aree urbane, e il wi-fi o

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l’hsdpa nelle zone più difficilmente raggiungibili, è una partita che non può più essere rinviata, importante tanto quanto quella delle infrastrutture viarie. 12. Tale sviluppo sarà inderogabilmente vincolato ai principi espressi dalla Legge Regionale n.54 del 06.04.2000 in particolare

che “l’esercizio degli impianti,

autorizzati ai sensi della presente legge, si svolga nel rispetto degli stessi limiti, valori ed obiettivi di qualità, al fine di garantire: la tutela della salute umana, dell’ambiente e del paesaggio con valutazione delle condizioni espositive della popolazione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”. 13. Per tale salvaguardia ci atterremo alle indicazioni, anche precauzionali, di ARPAT e del Dipartimento della Prevenzione U.O.C. Igiene e Sanità Pubblica del Servizio Sanitario della Toscana. 14. Sensibilizzeremo cittadini ed Enti Locali per minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, così come disposto dalla Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni ai campi elettrici, magnetici ed elettomagnetici n.36 del 22.2.2001, promuovendo inoltre la ricerca scientifica per una valutazione a lungo termine. 15. Vogliamo attivare anche qui misure di cautela da adottare in applicazione del principio di precauzione di cui all’art. 174, paragrafo 2 del trattato istitutivo dell’Unione Europea”. 16. L’individuazione dei siti interessati a simili attività, secondo i principi sopra enunciati dovranno essere iscritti al catasto regionale e nazionale come disposto dalle norme citate.

12. Immigrazione e diritti L'Italia dei Valori non vuole trattare l'immigrazione alla stregua di una situazione di pericolo costante come quotidianamente fanno i "nostri governanti" accomunando l'immigrazione alla delinquenza. Cosa fare per capovolgere questo "pensiero fuorviante" che ci arriva da ogni parte, da giornali, da televisioni e da partiti della destra xenofoba? Che cosa si può proporre in un quadro così desolante e privo della certezza del diritto? Agire subito con più controlli e legalità, per la regolarizzazione e il riallineamento retributivo e contributivo del lavoro nero, da rilevare che molti migranti, seppur regolari, molto spesso non

ottengono

un'equa distribuzione remunerativa. Tale emersione Pagina 25 di 48


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consentirà anche alle imprese di evitare la concorrenza sleale, sempre al ribasso, di aziende che si avvantaggiano facendo profitti nell’illegalità diffusa a spese dell’intera collettività. Rispettare inoltre le tempistiche di regolarizzazione passando le competenze del rilascio dei Permessi di Soggiorno dalle Questure alle Amministrazioni Comunali . La migliore strategia inclusiva è quella che innesca processi di cittadinanza per contrastare l'attuale tendenza all'apartheid delle comunità che porta all’isolamento. Occorre avere un'attenzione maggiore al clima politico/culturale in relazione al quale sono necessari interventi di segno diverso, di conoscenza, di formazione ed informazione in cui siano comprese le problematiche relative alle donne e agli uomini immigrati, dando avvio a un lavoro che abbia radici sul territorio e che sviluppi un circuito propositivo di azioni concrete di accoglienza già orientate in modo eccellente dalla nostra legge regionale. È altresì importante che le case popolari siano giustamente ed equamente distribuite anche a famiglie di immigrati a basso reddito indipendentemente dagli anni di residenza, al fine di evitare discriminazioni e conseguenti aggregazioni in edifici fatiscenti in situazioni di degrado che ledono la dignità delle persone. Il contingentamento degli ingressi, ovvero la distribuzione nel tempo dell’accesso dei flussi migratori al fine di una graduale e reale integrazione dei migranti nel tessuto sociale, seppur condivisibile, appartiene ad una visione ideale e illusoria di controllo della situazione propagandata invano dal governo. Le persone migranti arrivano ogni giorno dai paesi di provenienza fuggendo da miseria, guerre e carestie. Per quanto si possa comprendere, per motivi strettamente sanitari e d’inclusione, la necessità di un presidio di controllo delle persone sia nell’identità che nella provenienza, non si può condividere la logica di mera costrizione detentiva con la quale gli attuali CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) sono stati attuati a scapito dei più elementari diritti umani. I CIE, in Italia, simili a lager, contrastano con le prospettive e con le azioni di contaminazione e di interscambio culturale che risulteranno fattori centrali e indispensabili per la costruzione di processi reali di convivenza e integrazione multi-etnica. La presenza dei clandestini appare, dopo i fatti di Rosarno, in tutta la sua drammaticità. Emerge da numerose analisi che tale manovalanza di lavoro nero sorregge

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l'economia agricola e contribuisce alla costruzione delle grandi infrastrutture nelle catene infinite di subappalti. E’ sotto gli occhi di tutti uno schiavismo dilagante, che coinvolge anche i cittadini italiani, in contrasto con quanto previsto dalla Dichiarazione Universale dei diritti, che prevede nel riconoscimento della dignità specifica e dei diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana la base di libertà, di giustizia e pace nel Mondo.

13. Noi e gli altri animali 13.1. Animali : “soggetto di diritto” Tra i nostri obiettivi c’è il sostegno alla diffusione e alla crescita di una cultura che considera l’animale “soggetto di diritto” secondo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale, promulgata nella sede dell’UNESCO a Parigi, nel 1978. Quindi, è dovere dell’uomo farla rispettare assicurando agli animali una adeguata qualità di vita consentendo loro di vivere un rapporto di scambio e di solidarietà reciproca con l’uomo, senza esserne asserviti. Perciò, occorre uscire dai limiti della discriminazione sulla specie ed estendere i confini dell’etica ai nostri compagni di vita non umani, non dimenticando che il livello di civiltà di un paese si misura anche dalle condizioni di vita che vengono garantite agli animali. I tempi sono più che maturi perché la classe politica esprima un gesto di civiltà ormai atteso da vasti settori dell’opinione pubblica. Tra gli obiettivi concreti che le amministrazioni dovranno raggiungere in questo settore indichiamo: 1. STRUTTURE IDONEE: per il ricovero temporaneo degli animali di affezione, in particolare cani e gatti che siano stati abbandonati, smarriti, feriti o malati. Non un canile o un gattile lager, ma un parco attrezzato che offra standard di vita decenti. 2. REPRESSIONE: attraverso l’ascolto delle denunce e tramite il controllo sui territori e l’applicazione effettiva delle sanzioni pecuniarie già previste dalla legge. 3. COOPERAZIONE: concretizzando i diritti previsti come la possibilità di ottenere ricovero nella struttura pubblica dell’animale di cui ci si possa prendere cura. 4. PREVENZIONE: incentivando gli interventi di sterilizzazione sulle colonie feline ed anche agevolando la sterilizzazione di cani e gatti di proprietà attraverso convenzioni stipulate ad hoc con servizi ASL e/o con l’ordine dei medici veterinari.

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5. ANIMALI D’ALLEVAMENTO: controlli sugli allevamenti degli animali e applicazione della normativa CEE legge 623/85, legge 222/73, legge 439/78, dpr 624/82. Promozione di una alimentazione responsabile e sostenibile degli animali, dove la scelta vegetariana appaia possibile e plausibile o, quanto meno, una politica che tenda a limitare e razionalizzare l’impiego di carne. 6. ANIMALI IN GENERE: applicazioni delle leggi che vietano il commercio e la detenzione degli animali esotici protetti, ma anche campagne di dissuasione dal commercio, acquisto o detenzione di animali esotici o non protetti da preciso divieto di legge, ma per i quali la permanenza in ambiente domestico possa costituire una forma di limitazione o abuso rispetto alla loro natura o al loro habitat naturale. 7. SPECIE PROTETTE: revisione della normativa riguardante le specie protette autoctone a 'basso rischio di estinzione' che vivono in cattività, al fine di garantire alle stesse una qualità della vita idonea alle esigenze di ogni individuo di quella specie e la regolamentazione chiara di un percorso di reintroduzione in natura degli esemplari nati in cattività.

13.2. Contro la vivisezione L’Italia dei Valori assume tra i suoi compiti quello di diffondere una concezione critica della scienza e della tecnologia contro le concezioni mitiche e meccanicistiche. Uno dei terreni su cui questa battaglia culturale merita di essere sviluppata è quella della sperimentazione dei medicinali, cosmetici e altri prodotti, spesso superflui sugli animali. A tale scopo ci impegniamo a: -

impiegare nelle strutture pubbliche (uffici, asili, scuole ecc…) prodotti non testati su animali (saponi, detersivi ecc…)

-

diffondere una campagna di informazione sul costo, in termini di sofferenze degli animali, dei prodotti testati.

Una branca particolarmente odiosa nel campo della sperimentazione sugli animali è quella della vivisezione che si basa sul principio della superiorità e del dominio incondizionato dell’uomo sulla natura, la quale porta irrimediabilmente a risultati catastrofici. E’ una forma di sadismo esercitato su altre specie animali, usate come cavie, immobilizzate e sezionate il più delle volte anche senza anestesia. E’ una pratica non solo crudele e condannabile moralmente, ma spesso anche poco attendibile nei risultati.

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A questo proposito l’Italia dei Valori recepisce in toto la mozione presentata in questi giorni da Marta Gazzarri in Consiglio Regionale.

14. La pace è un diritto Può una "madre" maschio o femmina partecipare alla guerra? Può giustificare come "umanitario" un atto che cancella la vita e ogni altro segno fatto nascere dall'umanità? Può mettersi l'elmetto e accettare un mezzo di risoluzione del conflitto che già di per sé cancella il fine, aggiungendo violenza alla violenza già insita nel conflitto? Può farlo e riconoscersi ancora nella Costituzione che all'Art. 11 recita: L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. L'Italia dei Valori ripudia dunque qualsiasi pragmatismo od opportunismo che ammicchi ad una pretesa "autonomia della politica" sganciata prima dai valori sanciti dai nostri padri costituenti e poi dalla stessa democrazia. L’Italia dei Valori comprende e sostiene ogni forma di obiezione di coscienza, anche quando questa si pone fuori dagli ordini non condivisi e fuori da una organizzazione in cui le oligarchie fanno man bassa dei diritti inalienabili degli esseri umani.

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“Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l'individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più”

H. Arendt

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APPROFONDIMENTI TEMATICI Sostenibilità e cultura del limite, nuovi assi per l’economia e per la vita. 1. Le condizioni materiali della sostenibilità Sono sufficienti alcune considerazioni di carattere generale per evidenziare come la sostenibilità è correlata alle risorse naturali; in particolare alle risorse minerali, ma non solo. Fin dai primi anni ’70 ricercatori e scienziati di tutto il mondo lanciano allarmi sul futuro dell’umanità. Il celebre rapporto sui “Limiti dello sviluppo” è stato pubblicato dal MIT di Boston già nel 1972, su iniziativa degli scienziati riuniti nell’associazione denominata “Club di Roma”, fondata per denunciare i rischi derivanti dall’uso sconsiderato che viene fatto delle risorse naturali, come se fossero infinitamente disponibili. Negli anni più recenti le ricerche e gli studi sono stati rivolti principalmente all'esaurimento del petrolio e degli altri combustibili fossili, gas naturale e carbone: man mano che vengono consumati la loro estrazione diventa sempre più complicata, costosa e pericolosa (vedi il disastro provocato dalla piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico). Questo è il vero problema, l’indicatore che stiamo entrando nella fase dell’esaurimento, nel senso che la loro produzione non riesce più a soddisfare l’aumento della domanda mondiale, il che rende sempre più difficile mantenere nell'economia il flusso di risorse che ci ha permesso di fare quello che abbiamo fatto fino ad oggi, cioè crescere. Ma la cosa veramente importante è comprendere che l'esaurimento delle risorse naturali è una questione essenziale per la sostenibilità e per la qualità dell’economia. Una questione paragonabile alla questione climatica, causata dall’inquinamento e dall’effetto serra, che ci può fare danni gravissimi in tempi brevissimi. Solo che, per la maggior parte delle persone, per l’opinione pubblica, la questione climatica rimane ancora una cosa lontana da capire, e soprattutto da mettere in relazione con il proprio stile di vita e di consumo, e con la necessità di ridurre gli sprechi e il consumo delle risorse. In definitiva la relazione tra la questione climatica e il problema della sostenibilità dell’attuale modello economico non è immediata e facilmente Pagina 31 di 48


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comprensibile; per molta gente si tratta ancora di sciocchezze per ambientalisti e tipi strani. Per questo è essenziale cominciare ad affrontare da subito il problema della sostenibilità dell’attuale modello economico anche in relazione con la relativa limitatezza delle risorse naturali. Questo è il punto veramente essenziale, perché la domanda e l’offerta di risorse indispensabili per la crescita dell’economia sono destinate a scivolare in una contraddizione strutturale insanabile e immediatamente comprensibile. In particolare per il petrolio le scoperte globali di nuovi giacimenti sono declinate costantemente dalla metà degli anni '60, malgrado i periodi di prezzi elevati e gli avanzamenti nella tecnologia di produzione e di esplorazione. Il deficit è arrivato al punto che ad oggi stiamo consumando il petrolio ad una velocità circa tripla di quella con cui riusciamo a trovare nuovi giacimenti. Il tasso corrente della fornitura quotidiana di petrolio (intorno a 85 milioni di barili al giorno) sta diventando sempre più difficile e più costoso da sostenere. Fra il settembre 2005 ed il luglio 2008 il mercato petrolifero globale non ha più aumentato la sua capacità produttiva, nonostante che i prezzi siano arrivati ad un picco di 147 usd/barile nel 2008; e dopo c’è stato il primo crollo nella richiesta di petrolio dall'inizio degli anni 80, con conseguente crollo dei prezzi. Molti, compresa l'Agenzia Internazionale per l'Energia dei Paesi dell’ OCSE (IEA), prevedono un altro “scricchiolio” nelle forniture fra la fine del 2010 e il 2012, in funzione di quanto si riprenderà la domanda globale. Serve, allora, una lettura più attenta della crisi economica, che non è solo finanziaria, anche se l’aspetto finanziario appare attualmente come quello più eclatante e più dirompente, mettendo a rischio i bilanci di quasi tutto l’occidente sviluppato. Proviamo, allora, a fare un’analisi più completa della crisi, alla luce anche dei dati della IEA. L’esplosione negli USA della bolla immobiliare e finanziaria, che ha fatto precipitare la crisi strutturale dell’economia mondiale, era stata innescata, è bene ricordarlo, da una fase prolungata di crescita tumultuosa e dirompente dell’inflazione mondiale da costi del petrolio, ma anche di tutte le materie prime, comprese quelle destinate all’alimentazione umana.

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Questa prolungata fiammata dell’inflazione mondiale aveva praticamente azzerato nel mondo, ma negli USA in particolare, la solvibilità di una parte consistente delle famiglie relativamente ai “mutui casa” sottoscritti con le banche, le finanziarie e le assicurazioni. Il detonatore della crisi del sistema finanziario americano, che si è poi trasmessa come un’onda di marea a tutto il sistema finanziario mondiale è, quindi, interpretabile correttamente come una scarsità relativa di risorse rispetto alla crescita della domanda mondiale, cioè come un primo, forte segnale della NON SOSTENIBILITA’ dell’UTOPIA LIBERISTA (cioè la crescita senza fine della produzione e dei consumi a livello planetario, sostenuta dal primato del mercato), che dopo la caduta del muro di Berlino ha illuso e contaminato profondamente tutta la politica, a sinistra come a destra. Proviamo a confrontare questa lettura della crisi mondiale con il rapporto su “I LIMITI DELLO SVILUPPO”, nel quale dai dati e dalle dinamiche economiche e sociali presenti fino al 1972 sono state estrapolate scientificamente le previsioni fino al 2100. Se andate a vedere (in figura) le previsioni di quel rapporto salta subito agli occhi che (nel 1972!!!) collocavano intorno agli anni 2010/2020 l’esplosione della contraddizione strutturale tra i limiti materiali del nostro pianeta e l’attuale modello economico. In particolare appare azzeccata la previsione sulla popolazione mondiale e preoccupanti i picchi della produzione industriale pro capite e della produzione alimentare pro capite, perché dopo il picco arriva l’inevitabile collasso.

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Questa crisi dell’economia globale rappresenta, dunque, uno spartiacque netto tra il prima e il dopo. Un dopo nel quale quasi niente potrà essere ancora uguale a prima. Se, infatti, l’economia occidentale saprà resistere all’attacco della speculazione finanziaria internazionale, introducendo regole più rigorose sui movimenti del capitale finanziario e facendole anche rispettare, quando sembrerà che ci siano di nuovo le condizioni per una nuova e prolungata fase di crescita, si scontrerà contro un ostacolo non più dipendente dai comportamenti umani ma dal limite oggettivo e materiale della scarsità relativa delle risorse naturali non rinnovabili. E sarà costretta a cambiare rotta. Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi anni se la politica non si libera dei disturbi all’intelligenza indotti dal velo dell’ideologia? Se tutti, a sinistra come a destra, continueranno a pensare l’economia del prossimo futuro con le solite categorie di “prima della crisi”? Se la crescita continuerà ad essere l’imperativo categorico da perseguire attraverso il primato del mercato e l’unico ipotizzato strumento per risanare il bilancio dello Stato e rilanciare sviluppo e occupazione?! In assenza di contromisure adeguate da parte della politica tutti i dati forniti dalla IEA fanno prevedere che andremo incontro a un crollo lento e progressivo, attraversando una successione di fasi economiche dello stesso tipo di quella già vissuta nel 2008. A luglio del 2008 il balzo del prezzo del petrolio ha causato il crollo economico di Ottobre. Allora la domanda di petrolio è crollata

facendo diminuire i prezzi.

L'economia si

riprenderà un po', ma non del tutto. A causa dell’aumento, per quanto limitato, della domanda il prezzo del petrolio salirà di nuovo, indebolendo ancora di più un'economia già debole. Questo ciclo si ripeterà portandoci un po' più a fondo ogni volta, come le onde quando si portano via la spiaggia. Questa lettura della crisi, straordinariamente concordante con le previsioni del rapporto su “I Limiti dello Sviluppo”, che merita una piena rivalutazione, suggerisce di non continuare a far finta di non vedere che le radici più profonde di questa crisi sono i limiti naturali oggettivi del pianeta Terra, e di cominciare, finalmente, a riflettere sul nuovo modello economico da perseguire, che sia nello stesso tempo sostenibile e desiderabile.

2. Dal primato della quantità al primato della qualità La crisi che colpisce senza tregua anche la nostra regione ci spinge ad un nuovo rinascimento, ad un nuovo umanesimo. Infatti la situazione di continuo impoverimento, di Pagina 34 di 48


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disuguaglianze nella regione, e i limiti naturali di uno sviluppo basato sulla crescita dei consumi legati al sistema finanziario del credito e più in generale sulla falsa convinzione che le relazioni economiche possano essere separate da quelle sociali, spingono i cittadini, la società civile e gli amministratori a cercare nuove forme di economia, riscoprendo modalità di produzione e consumo, che si credevano superate, e inventandone di nuove. Si tratta di un fenomeno importante, che sta portando un fermento nuovo nella nostra società e ci spinge a dire e mostrare che un'altra economia non solo è possibile ma è doverosa, e dovrà essere costruita nel rispetto questa volta di tutti gli attori coinvolti. La caratteristica di tali nuove economie, e il plurale è d’obbligo vista la diversità e la molteplicità delle forme che assumono, è quella che, pur agendo all'interno del sistema di relazioni di mercato regolamentate, pone particolare attenzione alla creazione di una "impronta del valore aggiunto inteso come benessere della collettività" extra-economico, sociale, ambientale, relazionale. In pratica queste nuove economie interagenti pongono una fondamentale domanda di “senso” e di “consapevolezza” all'agire economico, indagandone l’etica, gli effetti e valutandone il risultato rispetto a un globale calcolo di rigenerazione o di impoverimento della regione e di conseguenza dei suoi abitanti. La domanda che le nuove economie si pongono non è il "quanto", ma il "come": non quanto è possibile massimizzare di profitto economico, ma come avere un’economia efficiente che garantisca un futuro sostenibile alla regione e a chi la abita. Un'economia, sia pubblica che privata, in cui si riconosca finalmente il fondamentale contributo dei beni comuni che sono molteplici. Vi sono quelli legati all'ecosistema (ad esempio biodiversità, fertilità dei terreni, clima, qualità delle acque e dell'aria ecc.), alle risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili (acqua, aria, biomasse, minerali, combustibili fossili), alla cultura ed alla conoscenza (accesso all'istruzione, all’informazione, alle tecnologie e agli strumenti informatici, accesso ai saperi ecc.), alla socialità (sicurezza, reti di relazioni, salute ecc.) e a tutte quelle funzioni spesso invisibili (perché non monetizzabili) per l'attuale sistema economico, che non solo sono indispensabili al futuro del pianeta e della società, ma che sono anche la base irrinunciabile per qualsiasi attività umana e che mai devono diventare oggetti di consumo senza valore nel libero mercato, soprattutto perché rendono anche bella e felice la vita.

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Beni comuni del cui mantenimento e della continua rigenerazione tutti dobbiamo farci carico, se vogliamo dare un futuro alla regione, anche le imprese che da questi dipendono per la capacità di realizzare profitti in un ottica di sostenibilità di medio lungo periodo e non più solo del breve come induce il sistema finanziario. Per questo riteniamo importante iniziare un ragionamento sui beni comuni come possibile base di partenza per costruire un'altra economia regionale. Ma per fare ciò occorre partire da una riforma dell’apparato della pubblica amministrazione che la riporti al suo vero ruolo di servizio al cittadino. Tale riforma è propedeutica ad una governabilità trasparente, equa e sostenibile che abbia a cuore il benessere della collettività.

3. Mercato, consumo, rifiuti I cassonetti della spazzatura danno un'immagine immediata ed efficace dello spreco nella società moderna e sviluppata, e dell'irresponsabilità politica e sociale. La vita delle persone è ormai largamente condizionata dal bombardamento dei modelli di vita continuamente proposti e riproposti all’attenzione dei cittadini “telespettatori” da tutte le televisioni, pubbliche o private, senza eccezioni. In questo modo il consumismo si è ormai profondamente radicato come unica via, quasi "obbligata", verso una felicità apparentemente a portata di mano, ma in realtà sempre più lontana e sfuggente; e si fa sempre più difficile la necessaria battaglia politica e culturale contro il dominio del mercato sulla vita delle persone. Per tutto questo è assai apprezzabile il ruolo svolto dalle associazioni che promuovono il "consumo critico" e il "commercio equo e solidale". Ma per dare più razionalità ai consumi e al sistema economico è necessario investire del problema le istituzioni, perché il fallimento della politica relativa ai rifiuti ricade pesantemente su tutta la collettività sotto forma di aumento dei costi di smaltimento, di degrado ambientale e di rischio igienico e sanitario per tutti. L'aumento continuo e indiscriminato della tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, come conseguenza diretta del fatto che le amministrazioni non riescono a raggiungere i livelli di raccolta differenziata previsti per legge, demotiva profondamente proprio i cittadini più sensibili, che si fanno carico responsabilmente della separazione dei loro rifiuti, e ottiene esattamente l'effetto contrario a quello da perseguire.

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Questo avviene perché molte amministrazioni considerano ancora i rifiuti urbani solo come un problema di bilancio, di adeguamento della tassa all'aumento, apparentemente inarrestabile, dei costi. Essi rappresentano, invece, uno dei problemi di più grande rilievo della moderna "società dei consumi", nella quale contribuiscono in maniera crescente all'avvelenamento della biosfera attraverso inceneritori e discariche. Un problema che va affrontato con una cultura specifica, illuminata dai risultati delle ricerche più disinteressate, finalizzate non al mercato e alla ricerca del profitto ma alla tutela dell’ambiente naturale e della salute dei cittadini. Una cultura consapevole della necessità di dover rifiutare l’incenerimento e le tecnologie per la trasformazione dei rifiuti urbani in bricchette (RDF), che sembrano fatte apposta per avvelenarci lentamente e senza rendercene conto. Da molti anni sappiamo, infatti, che bruciando insieme carta o legno e plastiche clorurate come la finta pelle (PVC), che sono proprio tra i componenti delle bricchette, si produce inevitabilmente diossina (lignina e cloro sono i precursori della diossina). E a causa dei suoi tempi di degradazione molto lunghi la diossina, anche se fosse emessa nei limiti previsti dalla legge, ha tutto il tempo di depositarsi e accumularsi sul terreno e di entrare nel circuito alimentare attraverso le falde acquifere, le coltivazioni di foraggi e mangimi, di verdure e piante da frutto. E infine, attraverso la vendita di questi prodotti nei mercati, può accumularsi nelle persone e avvelenarle anche a distanze molto grandi dall’impianto d’incenerimento. Assumere il problema dei rifiuti urbani nella sua reale portata vuol dire, allora, investire risorse nella misura necessaria e sufficiente a garantire anche la raccolta porta a porta, e quindi anche un controllo casa per casa e un'informazione puntuale e dettagliata sulla raccolta differenziata. Solo in questo modo sarà possibile attuare una politica premiante per chi attua correttamente la separazione dei rifiuti e penalizzante per gli altri. Questo comporta, naturalmente, maggiori spese per il personale qualificato necessario alla raccolta, al controllo e all'informazione, ma può consentire un rapido miglioramento nella raccolta differenziata, con conseguente riduzione delle spese di smaltimento e un parallelo aumento delle entrate per la vendita dei materiali recuperati e riciclabili. I quali vanno tutti riciclati, perché questa del riciclo è la sola tecnica che può rendere sostenibile una economia basata, invece, sullo spreco delle risorse. Pagina 37 di 48


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Naturalmente una politica locale di questo tipo può migliorare sensibilmente la situazione, ma non basta, di per sé, a risolvere completamente il problema, dal momento che tra i rifiuti si trovano anche molti materiali non riciclabili. A questo proposito, però, non bisogna lasciarsi confondere da proposte suggestive, ma ingannevoli, come “chiudere il ciclo dei rifiuti”. Questo obiettivo è di per sé una pura invenzione linguistica e un “imbroglio ideologico”, che mette insieme un concetto scientifico molto rigoroso (il ciclo) con un dato della realtà economica (i rifiuti), che viene proposto come un dato oggettivo ma che è, invece, modificabile. Chiudere un ciclo significa, infatti, riportare nelle condizioni iniziali tutto il sistema interessato dalle trasformazioni; e questo è sicuramente suggestivo. Ma la pretesa di chiudere il ciclo con le tecnologie che il mercato mette a disposizione della politica, cioè inceneritori e discariche, è chiaramente un inganno, perché è molto chiaro che con queste non si chiude nessun ciclo e si rilasciano nell’ambiente sostanze tossiche destinate ad accumularsi nel tempo e ad avvelenare progressivamente la vita sul pianeta. Una vera “chiusura del ciclo” è possibile soltanto se NON si considerano i rifiuti come un dato oggettivo e immodificabile della società moderna e sviluppata. Quello su cui è necessario intervenire, infatti, è il ciclo complesso “ambiente e risorse – produzione – consumo”, all’interno del quale le fasi della produzione e del consumo, governate oggi unicamente dal mercato, scaricano sull’ambiente i loro rifiuti, totalmente a carico della collettività e spesso ineliminabili. “Chiudere il ciclo” significa, allora, governare politicamente la produzione e il consumo in modo che, alla fine, anche l’ambiente possa essere riportato nelle condizioni iniziali. E non ci sono alternative o scorciatoie. Questo significa che nella produzione e nel consumo debbano entrare soltanto materiali biodegradabili o quantomeno riciclabili e riutilizzabili, in modo tale che una rigorosa raccolta differenziata possa consentire di recuperare e riciclare tutti i materiali di scarto, risolvendo completamente il problema. Sta proprio qui la grandissima e rivoluzionaria valenza strategica del problema dei rifiuti, quando rende palese a tutte le persone, aperte alla comprensione, che l’attuale modello di produzione e di consumo (cioè di vita) è ecologicamente e sanitariamente (ma ormai anche economicamente) non più sostenibile.

Da qui la necessità di avviare la Pagina 38 di 48


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conversione dell’economia verso un modello nuovo, che abbia l’ecologia come faro e asse culturale, con il mercato riportato al suo ruolo originario di puro e semplice strumento dell’economia. La grande difficoltà di questo percorso dipende esclusivamente dalla subalternità dei partiti alla logica propria del “libero mercato”, ed è questa subalternità che va superata riportando il mercato sotto il controllo di una politica illuminata e consapevole, che non costruisce nuovi impianti d’incenerimento, inseguendo acriticamente l’emergenza infinita, ma, pur utilizzando quelli esistenti nella fase di transizione, governa e risolve il problema perseguendo rigorosamente gli obiettivi: Ridurre, Recuperare e Riciclare fino ad azzerare il problema (Strategia Rifiuti Zero). Se così non sarà il ruolo trainante di questa battaglia strategica continuerà a gravare sulle associazioni ambientaliste e dei consumatori, che hanno il difficile compito di orientare produzione e consumi verso le merci a minor impatto ambientale. Ma soprattutto sui movimenti e i comitati di cittadini che si battono strenuamente contro inceneritori e discariche, perché questa è l’unica strada possibile per contrastare il dominio del mercato sulla politica e sulla vita delle persone, e l’avvelenamento progressivo del pianeta e degli alimenti con la conseguente diffusione delle malattie degenerative come il cancro. Come diceva Barry Commoner già negli anni '70, attraverso il rispetto rigoroso delle leggi naturali dell'ecologia è possibile e necessario "CHIUDERE IL CERCHIO" eliminando dai cicli produttivi e dai consumi il concetto stesso di rifiuto, in modo che lo sviluppo dell' economia si possa realizzare senza danni irreversibili e non rimediabili.

4. Ulteriori approfondimenti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro 1. ESTERNALIZZAZIONE – La esternalizzazione del lavoro è sicuramente un grosso vantaggio in termini economici e di responsabilità da parte delle aziende. Il ricorso all’appalto ed al subappalto si ripercuote negativamente sulla sicurezza sul lavoro in quanto le ditte, per aggiudicarsi i lavori sono spesso costrette ad abbassare le offerte cercando poi di abbassare i costi e tra le voci che più sono penalizzate sono quelle relative alla sicurezza in termini di attrezzature non sicure, mancanza di pianificazione, ricorso a manodopera talvolta insufficiente e poco o per nulla specializzata e soprattutto mancante di adeguata formazione/addestramento. Molti

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sono gli infortuni occorso a lavoratori che eseguono lavori di manutenzione appaltati o subappaltati all’interno di aziende. 2. TIPOLOGIE DI LAVORATORI – In particolare il lavoratore interinale è tra i più a rischio di infortunio sul lavoro. Spesso è utilizzato personale che non ha alcuna esperienza e tanto meno formazione nel comparto in cui è chiamato a lavorare e, essendo lavoratore “sostitutivo o tappabuchi”, non vi è nemmeno tempo per informarlo o formarlo sui rischi a cui è esposto ed alle misure di sicurezza da attuare. Accanto a questa figura vi è il lavoratore straniero le cui difficoltà sono da porre in relazione alle problematiche della lingua ed anche culturali. 3. LAVORO IRREGOLARE – Il problema non sta tanto nell’irregolarità del rapporto di lavoro (sebbene illegale) ma nel fatto che la maggior parte di chi lavora “in nero” esegue lavori occasionali e sui quali quindi non ha una adeguata professionalità intesa come binomio “conoscenza del mestiere – conoscenza delle specifiche misure di sicurezza (vedi cassintegrati, chi svolge un secondo lavoro diverso a quello principale, pensionati che sono costretti ad integrare la propria pensione, ma anche pensionati con buoni redditi, che non sono più idonei a svolgere lavori particolarmente usuranti (vedi edilizia). La figura del pensionato è comunque da inserire anche nelle tipologie di lavoratori utilizzate dalle aziende anche se regolarmente. 4. INFORMAZIONE – FORMAZIONE – ADDESTRAMENTO – Sebbene la normativa è abbastanza chiara sull’argomento, manca ancora un vero ed efficace modello di controllo sulla qualità delle attività di formazione/addestramento a tutti i livelli e su chiunque la effettui (sono molti i soggetti che ritengo non siano all’altezza di somministrare informazione, formazione e addestramento (enti compresi). 5. ALCOL E DROGHE - Non vi sono dati sufficienti relativi ad infortuni causati dall’uso di alcol e/o droghe e non è semplice dimostrarlo. Spesso si è saputo solo dopo anni (e in modo informale ma certo) che chi si è infortunato o chi ha causato l’infortunio aveva bevuto o comunque era un bevitore oppure era uno che usava droghe. Il problema però esiste all’interno dei luoghi di lavoro. La nuova normativa obbliga particolari figure professionali a sottoporsi a controlli sull’eventuale uso delle sostanze citate e ciò viene eseguito. Solitamente il controllo è eseguito con un preavviso di un solo giorno. Se per l’uso di droghe può essere sufficiente, per l’uso di alcol non lo è (se so che devo fare il test o l’analisi, non bevo). Sarebbe più Pagina 40 di 48


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efficace l’alcol-test direttamente sul logo di lavoro soprattutto per coloro che svolgono mansioni particolarmente a rischio quali i conduttori di mezzi o gli addetti ad impianti complessi (ma i sindacati … ). 6. SCUOLA – Sebbene le AA.SS.LL sono anni che cercano di utilizzare la scuola come strumento principale di accrescimento della cultura della sicurezza, solo con il nuovo testo unico è stato introdotto l’obbligo per alcuni enti (vedi Regione ed INAIL) di effettuare attività nelle scuole di ogni ordine e grado con disponibilità di denaro. Sono stati costruiti progetti specifici e altrettanti sono in gestazione, ma è solo con l’insegnamento costante che si può ottenere qualcosa e non solo con i progetti a termine e spesso utili solo per chi “incassa” e cioè per gli amici degli amici (vedi Regioni, Province, Associazioni e a chi danno gli incarichi) che spessissimo non sono all’altezza. 7. PRESSIONE SOCIALE – Contrasti all’interno dei luoghi di lavoro tra lavoratori di “elite” sicuri del loro posto e ben protetti sindacalmente e lavoratori in appalto o in subappalto che sono sempre dei precari e quindi facilmente ricattabili e disponibili e costretti ad eseguire lavori in condizioni insicure ed insalubri. Contrasti tra preposti ben pagati e lavoratori normali. Condizioni psicologiche dei lavorati malpagati o sottopagati o non pagati (chi glielo va a dire di mettersi un casco o una cintura di sicurezza, a parte L’ASL e i Carabinieri). Insicurezza del posto di lavoro. 8. NORMATIVA – In Italia la normativa di recepimento comunitario è ampia anche se introdotta, come sempre accade, in ritardo. Da due anni è a regime il “Testo Unico” che ha introdotto sicuramente miglioramenti legislativi ma non ha semplificato gli adempimenti documentali con conseguente atteggiamento negativo da parte degli imprenditori che continuano a interpretare tali adempimenti come meri aspetti burocratici e non come pianificazione della sicurezza sul luogo di lavoro; tale situazione non favorisce e soprattutto non contribuisce a far crescere la cultura della sicurezza delle imprese ma contribuisce solo a far crescere i portafogli dei vari consulenti che nella maggior parte dei casi non sono nemmeno all’altezza dei compiti (la normativa solo da poco ha introdotto corsi obbligatori per chi fa consulenza in fatto di igiene e sicurezza sul lavoro sui quali però non mi risulta vi sia un effettivo controllo se non solo su carta).

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In conclusione sarebbero opportuno: 1. individuare azioni atte a limitare la concessione di appalti e subappalti soprattutto nel privato; 2. individuare azioni atte a formare prima dell’utilizzazione i lavoratori con particolari tipologie di contratto in modo che al momento dell’utilizzo abbiano almeno le conoscenze necessarie; 3. individuare nuove modalità di contrasto del lavoro irregolare tenendo presente che i controlli ci sono, sono intensi e molte sono le sanzioni comminate anche pesantemente ma che non è certo la soluzione; 4. metter in atto controlli sulla qualità della formazione (la Regione Toscana ci sta già lavorando); 5. sostenere la formazione non solo dei lavoratori ma anche di tutti gli altri soggetti che a vario titolo fanno parte del sistema aziendale della sicurezza (datori di lavoro, dirigenti, preposti, responsabili del servizio di prevenzione e protezione, medici competenti, rappresentanti dei lavoratori); 6. incentivare i controlli sull’utilizzo di alcol nei luoghi di lavoro ( è un problema che coinvolge soprattutto i lavoratori stranieri); 7. introdurre la sicurezza sul lavoro nella scuola almeno come argomento nell’ambito di una delle varie materie che già sono nel piano di studi scolastico; 8. snellire la documentazione relative alla sicurezza sul lavoro e trovare modalità documentali molto meno complesse; 9. riguardo alle problematiche prodotte dalle pressioni sociali all’interno dei luoghi di lavoro ritengo sia un problema esclusivamente politico e ben poco tecnico; 10. intervenire sulle regole di mercato.

5. La scuola La scuola è organo centrale della democrazia e contribuisce a risolvere quello che secondo noi è uno dei problemi centrali della democrazia: la formazione della classe dirigente. Formazione non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede in Parlamento, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti. La creazione di questa classe non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. Nel nostro pensiero di democrazia, la classe Pagina 42 di 48


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dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall'afflusso verso l'alto degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie. Ogni classe, ogni categoria deve avere la possibilità di liberare verso l'alto i suoi elementi migliori, perché ciascuno di essi possa al progresso della società. “La scuola può aiutare a scegliere, essa sola può aiutare a creare le persone degne di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali. Se questa è la funzione costituzionale della scuola,come deve essere costituito questo strumento? Su quali principi deve poggiare ? La risposta è nella scuola di Stato,lo Stato deve creare scuola pubbliche. Come dice Calamandrei “prima di esaltare la scuola privata bisogna parlare della scuola pubblica. Per aversi una scuola privata buona bisogna che quella di Stato sia ottima”. Il principio di base che informa tutta la disciplina costituzionale della scuola è, il PRINCIPIO DI LIBERTA’. Libero è,infatti, l’accesso alla scuola (art.34 comma 1 Cost.) e libera è l’istituzione delle scuola e istituti di educazione da parte di enti e di privati (art.33 comma1

Cost.).

Libertà

non

significa,

però,

assenza

di

qualunque

limite

e

regolamentazione,ma al contrario la Costituzione conferisce alla Repubblica il potere di dettare le norme generali sull’istruzione, imponendo alla legge di fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali, qualora aspirino alla parificazione con la scuola statale. Non bisogna, infatti dimenticare, come afferma Calamandrei nel suo discorso che “la scuola pubblica è espressione di coesione e unità, …… la scuola privata è espressione di varietà”. La scuola statale, nel quadro

disegnato dalla Costituzione, è una struttura

istituzionale NECESSARIA, infatti la Repubblica è tenuta ad istituire “scuola statali per tutti gli ordini e gradi“ il che vuol dire che l’istituzione pubblica non può mai mancare,mentre l’esistenza di forme private di istruzione è meramente eventuale e dipende, appunto, dall’iniziativa privata. Il principio di indipendenza economica della scuola privata, così come espresso nella carta costituzionale, è il perfetto corrispondente del principio di libertà, che è collocato dalla Costituzione al centro del sistema. Al principio di libertà si ricollega sotto il profilo soggettivo il riconoscimento del diritto allo studio, di cui si fa carico la Repubblica, quando si afferma che “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i più alti gradi degli studi”. Appare evidente dal contenuto degli articoli richiamati il valore riconosciuto dalla nostra Costituzione all’istruzione pubblica, quale strumento prioritario per la crescita culturale individuale e collettiva, per la formazione di cittadini consapevoli delle loro scelte.

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Già in passato la scuola italiana era stata sconvolta da processi di riforma, mai totalmente completati, anzi potremmo dire quasi totalmente annullati ad ogni cambio di legislatura,ricominciando ogni volta da capo. Sempre, però, tali eventi riformistici erano stati preceduti da un dibattito, più o meno vivace, più o meno intenso, di carattere pedagogico e culturale nel tentativo di rincorrere il miglior ordinamento scolastico. Persino il ministro Letizia Moratti aveva convocato gli Stati generali della scuola. Mai prima si era assistito a riforme della scuola pubblica che garantissero l’elevamento culturale e la qualità dell’insegnamento tramite la riduzione del tempo scuola e delle risorse economiche. L’obiettivo economico di questa riforma viene conseguito tramite l’aumento generalizzato del numero degli alunni per classe (nelle prime classi per le scuole superiori si potrà arrivare addirittura a 35 allievi) e ciò, se da una parte va a peggiorare

la

qualità

dell’offerta

formativa,

rendendo

impossibile

l’intervento

individualizzato, il recupero e la lotta alla dispersione scolastica, dall’altra rappresenta un attentato al benessere a scuola e alla sicurezza. Infatti il Decreto 26/8/92 “Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica” del Ministero degli interni al punto 5 prevede che il limite massimo di allievi per classe sia di 26 nella scuola superiore ….. a ciò si aggiunge la mancanza di spazi vitali che possano assicurare la funzionalità didattica come indicato dal decreto interministeriale del 1975, ancora in vigore. Ve detto, però, per essere precisi, che esiste una materia il cui insegnamento è possibile anche per classi formate da un solo allievo: si tratta della religione cattolica, mentre coloro che non si avvalgono non possono usufruire di i insegnamenti alternativi, in quanto, nella maggior parte dei casi le scuole non hanno i mezzi economici sufficienti per attivare tali corsi. E si parla di pari opportunità! La scuola pubblica ispirata al pensiero dei costituenti garantisce la dignità dell’individuo e favorisce la crescita di cittadini consapevoli delle loro scelte e in grado di esprimere le proprie opinioni. Ciò non sarà possibile in una scuola dove scompare lo studio della musica e delle arti pittoriche,dove verranno ridotte le attività laboratoriali, dove materie fondamentali come la geografia e la storia scompaiono o sono fortemente ridotte. Una scuola che nega la creatività e la criticità è una scuola che non forma dei cittadini consapevoli! E’ ciò che vogliamo? La scuola non è un problema solo degli in segnanti, ma riguarda tutti, la crescita di un paese passa attraverso un processo culturale in cui l’attore principale è, e deve essere, la scuola pubblica.

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Sarebbe auspicabile un dibattito serio sul tema della scuola che abbandoni gli stereotipi sugli insegnanti definiti per antonomasia “fannulloni” in quanto lavorano solo 18 ore settimanali , o vengono individuati come rappresentanti del ceto medio, un po’ in decadenza, che a forza di banalizzazioni da parte della politica hanno perso il loro fondamentale ruolo sociale. La scuola pubblica riguarda tutti, la sua salvaguardia è un valore civile e sociale. Non dimentichiamoci il fatto che, come in ogni altro settore, anche in quello scolastico esistono i lavoratori invisibili per lo Stato, i precari, che con la loro attività in questi anni hanno consentito il regolare svolgimento della funzione didattica, ma che non hanno nessun diritto, pur avendo insegnato per anni, e che alla luce degli attuali tagli perderanno le cattedre.

6. Sintesi programmatica verso la qualità Gestire la fase della sobrietà non è più una delle scelte possibili, ma ormai una necessità della politica per evitare che venga gestita in maniera selvaggia dal mercato con la conseguenza inevitabile di una precipitazione del sistema verso la macelleria sociale dei soggetti più deboli. Il problema del consenso è, comunque, reale, e spetta alla politica rendere appetibile la sobrietà sostituendo la corsa stressante all’arricchimento individuale con la giustizia sociale, la quantità dei consumi con la qualità, il bisogno paranoico di avere e di apparire con la consapevole serenità dell’essere, anche come condizione per inseguire l’irrinunciabile anelito verso la felicità. Dunque solo l’intelligenza politica e la previsione corretta degli scenari del prossimo futuro potrà consentirci di evitare una crescita dirompente dell’insicurezza sociale, il tracollo della credibilità della politica e delle istituzioni, la frammentazione sociale e il caos. Per governare in qualche modo la crisi ed evitare un collasso socialmente distruttivo serve, allora, una politica illuminata dall’ecologia scientifica, dal principio della sostenibilità e dai valori della sobrietà e della solidarietà, capace di intervenire sugli interessi economici nel senso di una maggiore giustizia sociale e di orientare il mercato e l’economia in funzione del bene comune. 1. Una radicale e rigorosa riforma della fiscalità. Riprendere con forza e coerenza, cioè senza condoni di sorta, l’iniziativa contro l’evasione fiscale è necessario ma non sufficiente. Serve anche una forte riduzione del prelievo fiscale sul lavoro e sulle attività produttive e il suo spostamento su tre direzioni di fondo: Pagina 45 di 48


Mozione politica di Alessandro Cresci

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sull’inquinamento (carbon tax), sulle transazioni finanziarie, sul consumo delle risorse, sulle rendite finanziarie.

Rispetto alle rendite finanziarie è utile, però,

distinguere tra quelle che si configurano come pura speculazione, da assoggettare all’aliquota massima, e quelle che hanno anche una funzione sociale o produttiva (obbligazioni dello Stato e delle aziende, fondi comuni d’investimento), che vanno portate a livelli più alti di quelli attuali, ma comunque ragionevoli e non penalizzanti (per es. come quelli dei conti correnti o come l’aliquota più bassa).

Da non

escludere, in caso di necessità, una imposta patrimoniale. 2. Una politica di riduzione dell’inquinamento ambientale, come unica irrinunciabile forma di prevenzione primaria della malattia e di riduzione dei costi sanitari, e lo sviluppo a ritmi forzati della ricerca scientifica e tecnologica, in direzione del risparmio energetico e dello sviluppo delle tecnologie più adatte allo sfruttamento delle energie rinnovabili e pulite. 3. La progressiva riduzione, anche attraverso la fiscalità sui consumi, dello spreco, indotto dal mercato, di beni materiali non essenziali, che grida vendetta di fronte all’impoverimento di ampi strati di popolazione costretti a sacrifici anche sui consumi essenziali. Da facilitare e assecondare, invece, lo sviluppo dei consumi immateriali (sport e cultura, musica e danza, fruizione e godimento dell’ambiente e del paesaggio). 4. La progressiva, ma rapida, eliminazione dal mercato di tutti i materiali non biodegradabili o non riciclabili (peraltro facilmente sostituibili) e la scelta rigorosa e concreta della strategia “Rifiuti Zero”, con la raccolta differenziata “porta a porta” e il riciclo di tutti i materiali recuperati; 5. Una politica di salvaguardia del territorio dall’inquinamento e dalla cementificazione. Anche il territorio, infatti, è una risorsa limitata ed esauribile,

decisamente

importante per la qualità della vita e per lo sviluppo strategico dell’agricoltura. Serve, dunque, una politica molto rigorosa per evitare ogni cementificazione che non sia strettamente e socialmente necessaria, non solo nel privato ma anche nel pubblico; Il potenziale delle imprese edilizie deve essere orientato, con adeguati incentivi, verso la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, a partire da quello pubblico,

con l’obiettivo della più drastica riduzione del fabbisogno

energetico. Per recuperare e valorizzare anche il territorio in via di degradazione e di abbandono è importante che l’investimento in opere pubbliche venga orientato Pagina 46 di 48


Mozione politica di Alessandro Cresci

“uno di noi”

sul risanamento idrogeologico e sull’incentivazione del ritorno all’agricoltura di qualità, che non fa uso di pesticidi, insetticidi o fertilizzanti chimici, non naturali. Come afferma giustamente la F.A.O. l’unico strumento efficace per vincere la povertà, che si va diffondendo anche nei paesi più sviluppati, è un settore agricolo in piena salute.

Ma per assecondare efficacemente il ritorno all’agricoltura

è

innanzitutto necessario che il lavoro contadino sia giustamente remunerato e per questo la politica deve anche contrastare l’intermediazione finanziaria, che specula schiacciando in basso il reddito dei coltivatori e portando alle stelle i costi al consumo. 8. Una forte riduzione dei costi della politica, che va reinterpretata in chiave di servizio pubblico per il bene comune invece che come privilegio di casta. 9. Un forte impegno, soprattutto di natura culturale e tecnologica, deve essere orientato anche al miglioramento delle condizioni di vita dei popoli sottosviluppati, in stretta collaborazione con le associazioni “no profit”. L’obiettivo deve essere innanzitutto quello del raggiungimento della piena autonomia alimentare, anche come percorso necessario per ridurne la natalità e la pressione sui confini dei paesi più sviluppati.

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Mozione politica di Alessandro Cresci

“uno di noi�

I miei particolari ringraziamenti vanno a tutti gli uomini e a tutte le donne che vivono la Toscana e che hanno contribuito alla stesura di questa mozione. SarĂ un onore e un privilegio portare avanti questo progetto con voi. Con la stessa passione, dedizione e amore con cui avete creato dal nulla questa mozione congressuale. Grazie di cuore,

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