Rassegna 12 febbraio

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12 febbraio


La settimana matta nel bunker del governo braccato

L

Sabato 12 febbraio 2011

COLPI DI CODA

o scontro finale. Il premier Silvio Berlusconi ha regalato una settimana di tensioni tra le istituzioni al Paese. Durante la riunione di presidenza del Pdl (9 febbraio), a Palazzo Grazioli ha riposto una moratoria dell’uso delle intercettazioni. Poi l’idea di ritoccare l’articolo 68 della Costituzione

per introdurre una super-immunità parlamentare che sospenda non solo il processo, ma anche le indagini, fino alla scadenza del mandato (10 febbraio). Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha addirittura evocato la possibilità di un ricorso alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo per difendere il premier dalla

violazione della privacy, a cui – a suo dire – sarebbe stato sottoposto (11 febbraio). In precedenza c’era stata anche la conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri per illustrare il mega piano del governo per lo sviluppo economico, con la fuga anticipata dell’imbarazzato ministro Giulio Tremonti (9 febbraio).

FATTI GIUDICARE

Al Quirinale Berlusconi alza la voce: mi perseguitano Napolitano lo gela: basta, il giusto processo c’è già Senza tregua A sinistra, il sit-in del Pdl davanti al Palazzo di Giustizia di Milano. Sotto, il premier e Napolitano, nella foto piccola Gianni Letta

di Sara Nicoli

A

un certo punto l’urlo: “Ma io mi devo difendere! E devo difendere il Parlamento, c’è un vero e proprio accanimento contro di me…”. Fuori controllo, anche se solo per un attimo, Silvio Berlusconi deve essersi sentito perso quando il capo dello Stato, con sguardo gelido e fermezza istituzionale, gli ha risposto “si calmi”, costringendolo a proseguire un colloquio che però, a quel punto, era ormai compromesso. NON È ANDATA per niente bene ieri sera al Quirinale. Napolitano, dopo il lungo pressing esercitato dal mediatore Gianni Letta che finalmente era riuscito a ottenere

Caterina Perniconi

dì, la Camera dei deputati artedì prossimo, 15

solo le Commissioni sul uta e non ci sarà fino a

ora a cui chiediamo del bununga. Un’altra attacca i “maati comunisti che vogliono ertire la volontà popolare”. Il bo del Pdl è addobbato da triscione: “Giustizia non esidove non esiste libertà”. È citazione di Luigi Einaudi. sà che cosa direbbe se potesrlare.

Inutili le raccomandazioni di Letta: B. minaccia nuovi conflitti con i magistrati, tensione al Colle

G. Barb. - A. Masc.

diato

a pagamento, durata una setna, con un noto attore, idolo delon all’italiana. Spuntano gli avi. Dapprima Luca Giuliante, tee lombardo del Pdl e legale di Mora nelle questioni tributarie. disce Ruby (con un mandato rio da chi?). Poi, a novembre, ante passa la mano all’avvocaassimo Dinoia che però la setna scorsa ha rinunciato all’incae tutt’ora non c’è un suo sostiIn mezzo ci sono Niccolò GhePiero Longo, legali di Berlusconno partire la macchina delle ini difensive: strumento delicamo, che rischia di condizionare i moni interrogati dagli avvocati, a che questi vengano sentiti pubblica accusa. Nello studio ese del collega Giorgio Perroni, o studio di Arcore e a Palazzo oli, Ghedini e Longo interrogaerbalizzano decine di persone, zze delle feste e altri testimoni vicenda Ruby. Karima intanto ddolcito i suoi racconti e “con” un’intervista su Canale 5 ad so Signorini, lo spin doctor di sconi.

di Pino Corrias

I congiuntivi di Ferrara e l’intervista ventriloqua PER AGGIUNGERE un tocco surreale a questa Sodoma brianzola allestita nei sotterranei di Salò, da ieri si discute intorno a una presunta intervista – quella rilasciata da Silvio Berlusconi a Giuliano Ferrara che parla di vizi, virtù, sovranità popolare, avanguardie rivoluzionarie – che suona fasulla come un prestito offerto da Emilio Fede, una testimonianza di Tarak Ben Ammar, le doppie labbra della Santanchè. Non una sola parola di quelle duecento righe è uscita dalla bocca del nostro premier che nel frattempo si va disfacendo in diretta tv. Intanto perché, mostrando tutti i denti della baldanza, la prosa è ricca di consecutio e di congiuntivi. Poi perché si parla di padri costituenti, azionismo, filtri tra poteri autonomi, distinzione tra ruolo privato e ruolo pubblico, uso antigiuridico del diritto, che sono tutti materiali ad alto contenuto d’inchiostro e perfettamente sconosciuti al nostro ricco signore prestato da Gazprom alla lap dance. Tuttavia la finta intervista contiene una notevole notizia: Giuliano Ferrara da 72 ore si occupa a tempo pieno di B. e questo apre inattese prospettive al Paese. Quando il nostro Erostrato scende in campo, vuol dire che Hammamet si avvicina.

l’incontro “chiarificatore”, sperava forse di ascoltare dalla bocca del premier parole diverse dalla solita litania, da quel continuo cercare di spiegare le proprie ragioni e di difendersi dalle accuse invocando la persecuzione giudiziaria. Invece no, nonostante Letta l’avesse indottrinato per più di un’ora sull’atteggiamento da tenere per evitare di mandare di nuovo tutto per aria. Niente, il Caimano ancora una volta non ha resistito. Superati i convenevoli, è partito a cercare di convincere il presidente della Repubblica del fatto che le accuse della Procura di Milano cadranno nel nulla “perché non c’è nulla di penalmente rilevante”, che “continuo a essere vittima di un’offensiva giudiziaria senza pari che ha il solo obiettivo di farmi fuori”. E che è “stata violata la mia privacy in modo mostruoso”. A quel punto, il Cavaliere avrebbe detto di “credere che sia venuto il mo-

mento di difendermi anche sollevando il conflitto d’attribuzione davanti alla Corte con l’ausilio dell’Avvocatura dello Stato...”. Ecco, è stato più o meno a questo punto del colloquio che Napolitano ha alzato un muro invalicabile per il premier, ripetendo quanto aveva detto in mattinata ricevendo il vicepresidente del Csm Vietti e, di fatto, mandando un segnale preciso di quelli che avrebbe voluto fossero i toni del colloquio successivo. “Il giusto processo – ha quindi detto Napolitano – è garantito dalla Carta, basta strappi sulla giustizia”. Un messaggio netto, senza possibilità di interpretazioni sulle sfumature del grigio. Il capo dello Stato ha fatto capire chiaramente a Berlusconi che ogni sua necessità di difesa è già garantita dalla Costituzione. E che non c’è alcuna necessità di sollevare nuovi e più pesanti conflitti istituzionali, perché “i riferimenti di principio e i canali normativi e procedurali” ci sono davvero tutti per garantire il “giusto processo”. Insomma, meno “strappi mediatici, che non conducono a conclusioni di verità e giustizia” ma più attenzione alle regole. In poche parole, Napolitano ha invitato il Caimano a farsi processare. Con una stoccata pesante: “Come dice il suo stesso legale Pecorella, il conflitto di attribuzione si solleva nel processo, non in Parlamento”. È stato lì, a quel punto che la rabbia di B. è esplosa perché ha capito che non avrebbe mai trovato sponda nel Colle per fare quello che vuole: l’ennesimo strappo sulla giustizia per la sua difesa. E TUTTAVIA il Cavaliere su un punto è stato chiaro: la maggioranza ha i numeri e quindi il “dovere” di fare le riforme, il che per lui significa soprattutto intercettazioni e processo breve. “Quello che sta accadendo – ha ribadito Berlusconi – non è solo un problema mio, ma fango che ricade sull’intero Paese”. Ancora gelo. Perché Napolitano non si fida e teme un nuovo crescendo di tensione istituzionale con i giudici che, tuttavia, ha chiarito anche a Gianni Letta, di non essere disposto a tollerare. Come ha chiarito di aver digerito malissimo l’estemporanea manifestazione di protesta davanti al Tribunale di Milano dove dovevano essere presenti anche i ministri milanesi e dove invece, alla fine, a fare da incendiaria c’è rimasta solo la Santanchè. All’uscita dal Quirinale, Berlusconi era livido. Ma più di lui era scuro in volto Gianni Letta che per tutta la giornata di ieri aveva fatto una pesantissima opera di convincimento, arrivando a chiudersi in una stanza da solo con il Cavaliere per

indottrinarlo sull’atteggiamento “cauto, mite” da tenere davanti al capo dello Stato. In gioco, in fondo, “c’è anche il federalismo” e il proseguimento della legislatura. Parole al vento. “Governo e Parlamento non possono essere commissariati dal potere giudiziario!”, ha tuonato ancora Berlusconi. “Io devo poter governare senza condizionamenti!”. Dopo un’ora di colloquio, il più lungo forse da un anno a questa parte, Berlusconi è tornato a Palazzo Grazioli. Con uno stop così pesante avuto ieri dal Quirinale, adesso dovrà rivedere completamente tutta la strategia d’attacco che aveva messo giù durante l’ultimo “consiglio di guerra” di qualche giorno fa. Adesso sa che qualunque strappo sarà

respinto “in maniera plateale” dal Quirinale, ma seguire le regole significa anche farsi processare, subire quasi certamente una condanna a breve sul processo Mills. E chissà poi cosa potrà accadere su Ruby e sulle altre. NEL PDL giurano che “Silvio farà di testa sua”, che “cercherà comunque una strada per non andare a processo perché i cittadini sono con lui e capiranno, continueranno a capire – sostiene un famiglio del premier – che senza di lui si ferma tutto, che le riforme non si faranno mai”. Non seguirà le regole come gli ha detto Napolitano, questo sembra essere una certezza tra i suoi. Ora, però, è all’angolo. E la difesa, qualsiasi difesa, diventa sempre più difficile.

Il Csm convoca Sansa

“Premier gaglioffo” e il giudice finì sotto inchiesta di Giampiero Calapà

C

ritica il governo durante un’assemblea dell’Associazione nazionale magistrati e viene sottoposto a un procedimento disciplinare davanti al Csm. È toccato ad Adriano Sansa, presidente del Tribunale dei Minori di Genova. Sansa è esponente di spicco della magistratura: tra i primi a occuparsi di reati ambientali, è stato tra i “pretori d’assalto” che negli anni ’70, indagando sullo scandalo dei petroli, sollevarono il coperchio sulla corruzione della classe politica. Sansa dovrà presentarsi davanti al Csm il prossimo 8 aprile. Il magistrato, si legge negli atti, è incolpato di “deliberata e gratuita aggressione alla dignità e alla reputazione degli esponenti del governo” e quindi di “lesione dell’immagine del magistrato”.

TUTTO comincia nel 2008, le polemiche sulla politica giudiziaria del governo Berlusconi sono, come oggi, accesissime. L’Anm di Genova convoca un’assemblea, Sansa interviene e dichiara: occorre una “resistenza della cultura e della coscienza al disegno di assoggettare la legge a un gruppo di potere, a un primo ministro piduista circondato da persone che servono lui e non lo Stato”. Ancora: “Questo governo è indegno di affrontare il tema della giustizia, con un guarda-

sigilli il cui unico merito è di essere un fedelissimo di Berlusconi... dobbiamo pensare a preparare l’altra riforma, quella che, andati via certi gaglioffi, ripristinerà la giustizia”. Sansa nella sua memoria difensiva non si è tirato indietro: “Il termine ‘gaglioffo’ ha diverse sfumature. Nel dizionario Utet significa ‘inetto’. Comunque sia ribadirei il concetto, anzi, lo aggraverei definendoli traditori della Costituzione”. Il magistrato genovese aggiunge ancora: “La misura e la continenza debbono essere valutate in rapporto al contesto, che qui è di sovvertimento dei ruoli istituzionali e della legalità e di deformazione dell’ordinamento fondato sulla Costituzione”. Sansa, insomma, sottolinea il diritto dei magistrati di esprimere le proprie opinioni, anche se critiche. Una battaglia che in passato gli è già costata sei inchieste disciplinari (tutte archiviate dal Csm), ma che gli valse, tra l’altro, la solidarietà di Sandro Pertini. “Rivendico il diritto per i magistrati, come cittadini, di esprimere le proprie opinioni. Se non si potesse parlare liberamente in un’assemblea, sarebbe un pessimo segnale, quasi intimidatorio, nei confronti dei magistrati più giovani. Credo che i magistrati più anziani debbano rischiare per testimoniare i valori che sono stati alla base del loro lavoro di una vita”.






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