Guida Turistica del Molise 2020

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www.guideslow.it

Guida Turistica del Molise Edizione 2020 Periodico di Promozione Turistica

€ 4,00

RICEZIONE TURISTICA RELAX ■ SPORT ECOTURISMO PRODOTTI TIPICI edizione 2020


SERVIZI INTEGRATI DI IGIENE AMBIENTALE

IMPRESA DI PULIZIE

Piedimonte Matese, via Don Bosco 2 Tel. 0823 912321 - futurambiente@libero.it futurambienteservizi.it E Futurambiente

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LL-C (Certification)

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GuideSlow promuove il Turismo Lento, che avvicina l’ospite a ciò che lo circonda. Un modo diverso per scoprire e vivere l’atmosfera di un luogo.

Santa Maria del Molise | Foto di Nicola Di Stefano


Editoriale

GuideSlow, piacere di conoscervi!

L’inizio di una nuova avventura A volte capita così, lo sapevi già, ma non pensavi che avvenisse in quel momento… poi ti accorgi che stai facendo il primo passo verso la realizzazione di un altro piccolo sogno. Da qualche anno l’idea mi tornava alla mente di tanto in tanto, ma quella sera, mentre ero a cena con alcuni amici molisani, è diventata

un progetto… quell’idea oggi si è trasformata in una realtà! È nelle vostre mani, la state leggendo proprio ora: la prima edizione della Guida Turistica del Molise. La sua realizzazione non è stata propriamente una passeggiata; si sono presentate diverse incertezze e varie difficoltà che ci hanno

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Foto di Tommaso Labella

spinto a investire ancora più energie, ancora più tempo, e dopo interminabili riunioni e confronti, stilato elenchi di argomenti e punti di interesse da inserire, sono iniziati i primi sopralluoghi. Il gran numero di destinazioni turistiche che offre la regione ha semplificato molto la decisione sui contenuti da inserire in questa prima pubblicazione, rimandando alle prossime edizioni tutti gli altri numerosi articoli che avevamo in lizza; riconoscendo con evidente stupore la grande straordinarietà dell’intero

patrimonio socio-culturale del territorio. Il Molise è una vera miniera di tesori storici, archeologici, enogastronomici e naturalistici. Entusiasti e convinti di ciò che stavamo facendo, nel pieno del nostro impegno, purtroppo, abbiamo incrociato un certo signor Covid… che ci ha costretti a modificare parzialmente i nostri piani tanto da imporci di rinviare la data di pubblicazione da inizio maggio a fine luglio. E oggi siamo qua! GuideSlow… piacere di conoscervi! 5

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Foto di Tommaso Labella

Siamo una piccola società editoriale che dal 2006 si occupa della promozione turistica di territori poco conosciuti. In questi 15 anni, nelle 20 riviste già pubblicate, tra Guida Turistica del Matese, Guida Turistica del Medio Volturno e Guida Turistica del Sannio beneventano, abbiamo sempre adottato una linea editoriale che mira a far conoscere, prima ai residenti e poi a chi vive più lontano, le tante attrattive che questi territori custodiscono in quanto siamo ben consapevoli che molto spesso la bellezza è proprio lì, dietro l’angolo, e a volte non ce ne rendiamo nemmeno conto. “Prima ai residenti” proprio perché vogliamo invitare con determinazione tutti i molisani a essere “turisti in casa propria” e a dedicare la giusta attenzione al proprio territorio prima di andare a conoscere le altrettanto belle destinazioni italiane e mondiali. Questa è la mission di GuideSlow! Attraverso la rivista vogliamo offrire al visi-

tatore un supporto capace di accompagnarlo, quasi tenendolo per mano, alla scoperta di una terra meravigliosa, suggerendo i siti più belli e interessanti da vedere e le tante attività sportive praticabili, dedicando ampio spazio alla gastronomia e alle tradizioni più curiose del luogo e, grazie alle Pagine Utili (che trovate alla fine della rivista), un lungo elenco di strutture di accoglienza che offrono tanti servizi indispensabili per una buona permanenza nella regione, e di produttori locali, dai quali acquistare le tante golose specialità della gastronomia molisana. Il Turismo Lento, naturale vocazione dell’entroterra appeninico, trova il meglio delle sue espressioni anche nel Molise, in quanto è una regione costellata di piccoli borghi e di eccellenze locali, vere attrattive per quell’ospite che col Turismo Slow trova la sua grande soddisfazione: vivere e scoprire la vera atmosfera di un luogo.

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Naturalmente non potevano mancare i canali social più in voga negli ultimi anni: Facebook e Instagram; infatti, con le nostre pagine “territoriali”, raggiungiamo un numero sempre crescente di follower, oggi attestato sui 60mila. Tutto ciò è possibile anche grazie alla preziosa collaborazione di associazioni, esperti e guide locali, che mettono a disposizione di Guideslow e, dunque, dei visitatori, tutto il loro sapere per assicurare informazioni sempre precise e aggiornate. Siamo fermamente convinti che questo lavoro, pubblicato con tanto impegno e che presentiamo con viva soddisfazione, possa contribuire a dare maggiore visibilità agli splendidi tesori del Molise, agli operatori della ricezione turistica e ai tanti produttori di vere e riconosciute eccellenze locali. Una permanenza lenta e consapevole, curiosa di scoprire tutte le sfumature di un territorio, che permette, ogni volta, di vivere un’esperienza di visita che solo queste terre, per le loro caratteristiche, permettono di provare; esperienze che non si troveranno in nessun altro luogo semplicemente perché “saranno sempre e comunque diverse”. Si tratta di destinazioni solitamente ignorate o tenute ai margini dei grandi circuiti turistici ma che, sempre più spesso, scopriamo essere straordinarie per il valore delle bellezze che custodiscono. Per dare maggiore efficacia alle informazioni pubblicate nelle nostre riviste e per andare incontro a ogni tipo di esigenza, da sempre abbiamo affiancato alle guide cartacee il portale turistico guideslow.it (sostenuto da un’App mobile) un grande contenitore di informazioni e approfondimenti continuamente aggiornato e arricchito con nuovi contenuti.

Per concludere questo mio editoriale che è stato, forse, più una mera presentazione, a te lettore rivolgo un accorato invito partendo dalle parole di Roberto Bolaño, scrittore cileno contemporaneo: “Ogni cento metri il mondo cambia”. Quindi, non serve andare molto lontano per trasformare il proprio tempo libero in un’esperienza fatta di indelebili ricordi e divertimento. A pochi passi da casa nostra, ci sono territori ancora poco conosciuti che custodiscono incantevoli bellezze e sapori straordinari, dove l’accoglienza è un vero stile di vita, fatta con calore e genuinità, proprio per farti sentire come in famiglia. Il Molise è sicuramente uno di questi. Lasciati guidare alla sua scoperta. Sisto Bucci

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il Molise

ISERNIA

CAMPOBASSO

9


Rivista Specializzata Turismo, Sport, Natura

sommario Il

Periodico di informazioni turistiche del Molise e delle sue meraviglie

22 54 84 118 146

Supplemento della Guida Turistica del Matese

Registrazione Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Ce) n. 798 del 17/05/2012 Direttore Responsabile Lorenzo Applauso Editore Sisto Bucci Piedimonte Matese (Ce) Tel. 335 453487 sisto.bucci@gmail.com

In copertina Un momento della transumanza dei Colantuono

Impaginazione e Grafica Peppe Ranucci per BrainsAtWork.it Caserta Stampa Ikone srl Piedimonte Matese (Ce) Pubblicità GuideSlow srls Piedimonte Matese (Ce) Tel. 0823 787300 Numero Verde 800 998609 www.guideslow.it info@guideslow.it Hanno collaborato Letizia De Crosta Fabiola Santoro Alessia Mendozzi Molise Avventura Mariagiovanna Antinolfi Turismoinmolise.com Paolo Pasquale Antonio Vinciguerra Pietro Iocca Paola Palombino Sara Fusco Guglielmo Ruggiero Vittorio Mancini Foto Mariagiovanna Antinolfi Mauro Grassi Nicola Di Stefano Paolo Pasquale Cvtà Street Fest Francesco Morgillo Sisto Bucci Domenico Del Russo Angelo Scarduzio Raffaele Farinaccio Davide Vella Traduzioni Fabiola Santoro Finito di stampare Luglio 2020

Foto di Nicola Lanese

22 CVTÀ 10 Street Fest

atmosfere e sapori 34 Isernia,

Lang 50 Eddie jazz festival

Molise è…

22 16 Asul“passeggio” fiume Biferno

scoperta 62 Alla di Campobasso

Abbazia di San Vincenzo al Volturno Area archeologica Altilia - Saepinum Termoli il Trabucco Celestino Lago di Castel San Vincenzo

rito 24 Ildell’Uomo Cervo

un viaggio 44 Jelsi, tra sapori e tradizioni

56 Tesori del Matese

TUTTE LE COLLABORAZIONI SONO A TITOLO GRATUITO

I contenuti sono distribuiti con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/

Salcito Morgia di Pietravalle

74 Campobasso, la città dei misteri


Guida Turistica del Molise 2020 Saverio Di Zinno 82 Paolo

102

Termoli 108 Ildiborgo

Dalla montagna al mare...

dune 120 Lemolisane

arte 148 Ladelnobile Traforo

Zampogna 164 Ladi Scapoli

sapori della tradizione 98 Icasearia

Civiltà 86 LaTransumante

’Ndocciata 128 Ladi Agnone

giornata 154 Una all’Oasi WWF

138 Staffoli Horses

160 Frammenti d’Antico 168

Pagine Utili


CVTÀ STREET FEST

Muri che riprendono vita Pasquini, Ylenia Carelli (presidente Quella del CVTÀ Street Fest della Pro Loco) decide di scriverle sembra una storia uscita da una una e-mail per invitarla a venire in favola, una storia di destini che paese. Artista di fama internaziosi intrecciano quasi per caso, che a cura di Alessia nale, Alice Pasquini esprime la sua poi tanto caso non è. Tutto inizia Mendozzi arte sui muri, meglio conosciuta dal desiderio di fare qualcosa per Civitacampomarano, piccolo comune come Street art. della provincia di Campobasso che, come Lei però non ama definirla così, preferentanti altri paesi del Molise e non solo, da do di gran lunga la dicitura “arte contetempo attraversa una rilevante fase di stuale” proprio perché legata al contesto spopolamento. Cosa fare allora? Bisogna nel quale si esprime. inventarsi qualcosa! Un giorno, dopo Quello che Ylenia non sa è che Alice Paaver visto un servizio televisivo su Alice squini con Civitacampomarano ha un 12 Guida Turistica del Molise 2020


legame profondo: suo nonno, infatti, era il medico locale. Il sasso è stato lanciato, dall’altra parte raccolto e quella storia delle vite destinate a intrecciarsi, cambiando il corso degli eventi, o il destino di un luogo in questo caso, inizia esattamente in quel momento. Alice arriva a Civita e subito le mettono a disposizione i muri migliori; quelli intonacati, impeccabili, lindi e immacolati. Ma lei ricerca quelli imperfetti, segnati dal tempo, dalle crepe, dall’usura e dall’abbandono. Non cerca le porte in ottimo stato ma

quelle arrugginite, che raccontano una storia silenziosa a cui aggiungerne un’altra o, meglio, fonderla. L’arte si mescola a quello che è il paese, la sua cultura, i suoi riti, i suoi detti, le sue ferite, la sua memoria. E prende vita qualcosa di nuovo, o forse sarebbe meglio dire rinnovato, in un’armonia perfetta: arte contestuale, appunto. In un primo momento, Alice dipinge scene di vita locale, riprese da vecchie fotografie. Al festival non ci pensa ma, a seguito di interviste e articoli di giornali sulla sua 13

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Ogni anno il Festival registra la presenza di importanti street artist di fama nazionale e internazionale, tra cui: Bosoletti, Alex Senna, Maria Pia Picozza, Nespoon, Uno, Pablo S. Herrero, ICKS, Hitnes, David de la Mano, Biancoshock, MP5, Alberonero, 2501, Brus, Milu Correch, Martin Whatson, Add Fuel, Jan Wormann, Studio Aira e, naturalmente, Alice Pasquini che del festival è, manco a dirlo, direttrice artistica.

presenza a Civita, iniziano ad arrivare i primi turisti che riscoprono pian piano il luogo. La curiosità di vedere da vicino quelle opere di arte contemporanea permette agli stessi di conoscere anche un posto ricco di storia. Da lì prende vita l’idea di fare qualcosa di più, che possa dare uno stimolo concreto alla rinascita del comune attraverso l’arte. Allora, perché non invitare altri artisti di fama internazionale a dipingere sui muri di Civitacampomarano? Perché non fare un festival che apra le porte e coinvolga l’intera comunità? Così nasce nel 2016 la prima edizione del CVTÀ Street Fest, che richiama il suono della pronuncia dialettale del nome del paese. Da allora tanti sono stati gli artisti che hanno espresso la loro opera sui muri e nei vicoli del piccolo centro molisano. 14 Guida Turistica del Molise 2020


Le immagini di Civitacampomarano fanno letteralmente il giro del mondo, grazie soprattutto alle opere di Biancoshock che reinterpreta le icone dei social media nei vari angoli del paese: così una cabina diventa il luogo fisico di WhatsApp, la bacheca del borgo è Facebook, una panchina rappresenta Twitter, la cassetta della posta ha il logo di Gmail, la farmacia ha l’immagine dell’antivirus Avast e un treruote diventa magicamente WeTransfer.

La cosa diverte molto e suscita un’enorme simpatia e curiosità verso il CVTÀ, che supera decisamente i confini regionali e attira un numero sempre maggiore di visitatori e artisti che arrivano qui proprio per assistere allo spettacolare evento. Il CVTÀ Street Fest è diverso dalle altre rassegne di street art proprio per l’atmosfera che si respira. Perché di festival di street art ce ne sono tanti, ma a Civita c’è un intero

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paese coinvolto in una sorta di festa popolare che vede tutti attivi: dalle signore che preparano piatti tipici, e fanno workshop di cucina tradizionale, agli artisti che dipingono; dai bambini che collaborano con la Pro Loco agli anziani che chiacchierano con gli artisti; dalle attività commerciali alle tante altre associazioni che partecipano; dai giovani che danno informazioni ai turisti a coloro che in Molise tornano solo d’estate, o durante le festività, per assistere a

ogni edizione del Festival. Buon cibo, birra, passeggiate per il borgo e bicchieri di vino si uniscono all’arte in ogni forma possibile, fruibile a tutti: non solo murales, infatti, ma anche proiezioni cinematografiche con il coinvolgimento di Molise Cinema, musica e dj set fino a tarda notte, mostre e installazioni, visite al Castello Angioino che domina sulla valle circostante. Ci si sente accolti come solo questa terra riesce a fare, mettendo a proprio agio chi la vive, in un’atmosfera informale, senza barriere, snobismo o quella diffidenza che spesso


nasce dall’incontro tra generazioni e culture diverse. Civita diventa cosÏ una scommessa vinta, un piccolo miracolo. Le radici si intrecciano con l’arte contemporanea, i muri riprendono forma, colore e vita. Il paese diventa la rappresentazione della commovente forza della terra molisana; una terra che,

grazie a una diversa e innovativa forma di economia, vuole rinascere e tornare strenuamente a esistere. E viene proprio da ricordare quanto sia bella la vita quando le storie di persone apparentemente lontane finiscono per intrecciarsi creando un nuovo positivo e luminoso corso, diverso da quello che sembrava un destino segnato.

www.cvtastreetfest.it 17 Guida Turistica del Molise 2020


passeggio” Biferno

A“ sul fiume

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È tra le più incantevoli e pregevoli risorse del Molise, oltre che elemento di congiunzione tra i rilievi matesini e il litorale; il solo fiume della regione il cui percorso si snoda completamente nel territorio molisano. Stiamo parlando del fiume Biferno, un corso d’acqua lungo ben 84 chilometri che nasce dalle sorgenti di Santa Maria dei Rivoli, Majella, Pietre Cadute e Rio Freddo, situate ai piedi della catena montuosa del Matese, presso la città di Bojano. Tutte queste fonti assicurano una portata d’acqua alquanto regolare, soprattutto nel primo tratto; piano piano, il suo flusso viene rinvigorito dalle acque di diversi affluenti che lo accompagnano verso il lago artificiale di Guardialfiera per sfociare, dopo qualche chilometro, nel mare Adriatico. 19


Da alcuni anni a questa parte, il Biferno è stato riscoperto nella sua profonda bellezza e autenticità. I cultori dei paesaggi ameni e incontaminati hanno iniziato ad apprezzare molto la sua natura straordinaria e la ricchezza del suggestivo ecosistema che lo abbraccia. Sono sempre più numerosi gli appassionati che “cavalcano” le sue acque a bordo di canoe. La tipologia utilizzata è quella canadese, a due postazioni, nella quale ciascuno dei due canoisti utilizza una pagaia con un’unica pala. Queste escursioni in acqua sono praticate, in particolare, lungo il tratto che va da Colle D’Anchise a Busso. I percorsi privilegiati sono due e prevedono la partenza dal Calderari (affluente del Biferno) o dalla sorgente Pietre Cadute con successiva immissione nel fiume principale. La canoa canadese consente di scoprire il corso d’acqua nei suoi angoli più nascosti e affascinanti ed è un’imbarcazione perfetta per soddisfare le esigenze di adulti e

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bambini: rappresenta il punto di incontro tra i diversi interessi all’interno delle famiglie e consente di vivere appieno momenti di tranquillità e divertimento. Per chi desidera invece sperimentare un’attività che assicura scariche adrenaliniche più forti, soprattutto nei periodi che vedono lo scioglimento dei nevai del Matese, è possibile dare alle “passeggiate” sul Biferno una connotazione più avventurosa, praticando uno sport divertente e dinamico: il rafting.



Dal 25 giugno 2010 il rafting è ufficialmente riconosciuto dal CONI come disciplina sportiva associata alla Federazione Italiana Canoa Kayak (F.I.C.K.)

Si tratta di una discesa fluviale realizzata su un gommone inaffondabile e auto-svuotante con un numero di postazioni che varia da quattro a otto. Il gommone si muove tra le rapide grazie alle pagaie in dotazione dell’equipaggio; chiaramente, per motivi di sicurezza, è necessario indossare anche mute, giubbotti ad alto galleggiamento e caschi protettivi. Nell’area matesina, e soprattutto nel comune di Bojano, la gestione del calendario delle escursioni sul Biferno è coordinata dall’associazione Molise Avventura,

che si occupa di fornire tutte le attrezzature necessarie per la discesa. Oltre a curare la realizzazione di percorsi navigabili che interessano nuovi tratti del fiume, l’Associazione organizza anche progetti scolastici e corsi in canoa canadese che avvicinano tutti coloro che amano svolgere attività sportive in natura alle magnifiche risorse presenti sul territorio. Tutto ciò regala agli ospiti un’esperienza di visita veramente originale ed entusiasmante, da poter trascorrere in totale tranquillità grazie alla continua e rassicurante presenza di esperte guide UISP.

a cura di Molise Avventura - foto di Francesco Morgillo

K www.moliseavventura.com E facebook.com/moliseavventura

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Il Molise è‌

un viaggio alle origini della terra

Foto di Paolo Pasquale

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Salcito Morgia di Pietravalle Milioni di anni fa, mentre si formavano le più importanti catene montuose d’Europa, i movimenti della crosta terrestre hanno portato in superficie grandi speroni rocciosi nati in ambiente marino: si tratta delle famose Morge, monumentali rocce ricche di fossili. Oltre a essere una bellissima testimonianza dell’attività geologica del nostro pianeta, nel corso del Medioevo, le Morge sono state utilizzate anche come “dimore” e, in tempi più recenti, come rifugi. Intorno a esse, in un’area incontaminata, è sorto circa cinque anni fa il Parco delle Morge cenozoiche del Molise, che comprende ben undici comuni tra le valli del Trigno e del Biferno. K parcodellemorge.it


IL RITO DELL’UOMO CERVO

La celebrazione della rinascita della natura di Mariagiovanna Antinolfi

Arroccato alle pendici dell’omonimo monte, il piccolo borgo di Castelnuovo al Volturno (frazione di Rocchetta a Volturno) racchiude, come uno scrigno prezioso, rare “gemme” ereditate dal suo passato che brillano ancora oggi luminose. Gli abitanti del luogo hanno molto da raccontare su tradizioni, luoghi e storia locale, come quella legata alla Seconda guerra mondiale. Forse uno dei momenti più difficili per Castelnuovo fu quello che lo vide raso al suolo dalle truppe americane, nel corso del secondo conflitto, per soddisfare la fame scenica dei combat cameraman. Questi filmaker inscenavano episodi di guerra, spesso anche con bombardamenti reali, che riprendevano con le loro camere per mettere in risalto il coraggio e il valore dei soldati. Ciò significava infierire ancor di più sui piccoli borghi, già fiaccati dal conflitto mondiale, per pura propaganda politica e vanità cinematografica.

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Dopo diversi decenni e un profondo intervento di ricostruzione, Castelnuovo ha vissuto una rinascita e oggi appare come una piccola perla incastonata tra le Mainarde molisane. E chissà che la passione per le rappresentazioni sceniche non sia, per la sua gente, il modo più fantasioso e originale per esorcizzare il ricordo di quella, tanto tragica quanto vera, fin qui descritta. In questo prezioso borgo molisano, infatti, ogni anno, nell’ultima domenica di carnevale, si inscena un’antica pantomima: la caccia all’Uomo Cervo o, seguendo una denominazione più tradizionale, il rito de “Gl’ Cierv”. Si tratta di una rappresentazione legata ad arcaiche simbologie che vedevano nel

cervo talvolta l’incarnazione del maligno, talaltra l’emblema della sacralità, vitalità e fertilità. Le sue origini sono sconosciute, sebbene si avanzino diverse ipotesi a riguardo. Il fatto che si svolga, da tempi immemori, alla fine dell’inverno sembra quasi legarsi a un rito di passaggio a una nuova stagione, dove risulta necessaria una morte che permetta la rinascita del mondo della natura. La manifestazione assume colori e connotati leggermente diversi da quelli originari, somigliando a uno spettacolo teatrale, che oggi si tiene esclusivamente nella piazza principale del paese, mentre in passato coinvolgeva quasi tutto il borgo. Ciò per semplificare lo svolgimento della messa in scena realizzata prevalentemente per i curiosi

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che giungono qui anche da fuori regione, allo scopo di incrementare le visite turistiche nei nostri borghi, così belli ma ancora poco noti. In secondo luogo, il rito si svolge all’imbrunire, quando su Castelnuovo calano le ombre della sera, che conferiscono maggiore intensità all’intera costruzione scenica. Anticamente, invece, si svolgeva subito dopo la messa delle 12 dell’ultima domenica di carnevale. Anche i protagonisti sono cambiati nel corso del tempo, vedendo l’aggiunta di nuovi personaggi accanto a quelli originari. Dopo l’intrattenimento di gruppi folcloristici, le luci si abbassano e un

gruppo di streghe, le Janare, irrompe nella piazza al ritmo di una danza tribale attorno a un falò. A guidarle, un personaggio turpe e spaventoso, il Maone, che aggirandosi in mezzo alle janare impaurisce il pubblico con la sua maschera mostruosa e il suo incedere goffo e grottesco. La danza delle streghe è l’essenza di un rito macabro che spinge gli spettatori in un’atmosfera di terrore e suspense, che aumenta ancor di più quando le grida delle janare sono sovrastate dai bramiti del cervo e dall’urlo corale che, al suo ingresso nella piazza, gli abitanti del paese emettono attoniti e spaventati: «gl’ cierv!» 29

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È il momento centrale della pantomima: il cervo dissemina disordine e panico, gettando in aria tutto ciò che incontra, lanciandosi sul pubblico e gridando come un forsennato in preda a un maleficio: nessuno lo può fermare, nessuno riesce a placare la sua furia. Nella concitazione del momento appare lei, la cerva, bella e selvaggia, dolce e terrificante al contempo; l’unica in grado di contenere gli impeti violenti del cervo. I due danzano, avvolgendosi in un dolce e tenero abbraccio che già sembra anticipare il compimento del miracolo: la redenzione dal maligno attraver-

so la forza irresistibile dell’amore. Ma il destino dei due è segnato: al centro della piazza è sopraggiunto il Martino, o Pulcinella molisano, che con i suoi artifizi magici doma la ferocia delle bestie e le cattura. I due poderosi animali, ormai sopraffatti dal mago, vengono così derisi, offesi e sbeffeggiati dalla sagacia di una contadina che li ricopre di insulti e improperi per aver subìto la devastazione del suo orto da parte dei cervi. Ma questi, con forza e tenacia, si divincolano, riescono a liberarsi e travolgono di nuovo l’intera piazza con la loro furia finché qualcuno grida a gran voce: «chiamate il cacciatore».

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Come un eroe moderno, l’uomo attraversa la folla e, mirando ai due cervi, ripristina l’ordine sparando due colpi di fucile. Le due bestie giacciono immobili a terra e lo spettatore è indotto alla riflessione: l’uomo e la sua razionalità vincono l’incontenibile istinto animale. Ma non tutto è compiuto. Il cervo inferocito, simbolo del male, deve ancora mostrare il suo lato mansueto e sacro;

deve rinascere a vita nuova, lasciar germogliare dentro di sé, e nel cuore di chi lo guarda, il seme dell’amore e della pace. Ed è il Cacciatore, a questo punto, a offrirgli l’opportunità della redenzione. Con molta delicatezza, soffia un “alito di vita” nelle orecchie dei due animali ed essi si rianimano, ritrovandosi di nuovo insieme, come prima ma senza le inquietudini che li

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avevano fin lì dominati. Ora sono liberi di tornare tra i boschi e di correre su quelle montagne così vicine e maestose, dove la disarmante realtà di una natura ancora incontaminata e selvaggia domina e vince sulle asprezze dell’umanità. Il rito è compiuto e gli attori si allontanano pian piano dalla piazza, lasciando spazio alla musica, ai sapori e ai profumi dei piatti della tradizione…

l’ottimo vino locale e una fumante e squisita polenta con salsiccia allietano la serata e il palato dei sempre più numerosi presenti, a conferma dell’enorme successo che questa suggestiva manifestazione riscuote ogni anno. 1 uomocervo.org foto di Mariagiovanna Antinolfi, Paolo Pasquale e Sisto Bucci

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foto di Paolo Pasquale

THE RITE OF THE

DEER MAN

The celebration of the rebirth of nature

by Mariagiovanna Antinolfi

In Castelnuovo al Volturno, the small town of Rocchetta a Volturno, a pantomime with remote and unknown origins takes place every last sunday of carnival: the Rite of the Deer Man Hunting. The village welcomes thousands of onlookers who come here every year to attend the event that represents the celebration of the rebirth of nature, through the death that gives a new life. The shadows of the evening fall and the central square comes alive with the music of the folkloric groups announcing the arrival of the Janare (witches) and their dance around a fire.

Suddenly fearful and profound roars are heard: it is the deer, symbol of the evil one, who appears on the scene and launches himself onto the public taken by a fierce impetus. Only the arrival of the doe can appease its fury with a sweet love dance; but just for a short moment. Together, driven by their wild instinct, in fact, they start running again in the crowd. Their verses are joined by the terrified screams of the villagers. The Maone (the sorcerer) arrives, who manages to tame them while a local peasant insults them and scolds them for the damage done in the countryside. Shortly after the two manage


foto di Mariagiovanna Antinolfi

to free themselves, overwhelming the crowd again with great fury; is heard someone calling the Hunter, who comes on to the scene, aims at the two deer and shoots. But it’s not all over. As the rite wants, their evil fury must turn into life. The Hunter blows into the ears of the deer and they come to life again, free to return to the beautiful surrounding woods and mountains and to run free in unspoiled nature. Only now all the “protagonists� of the ritual can free the scene and leave the square to visitors, who can discover the flavors and aromas of traditional dishes. The excellent local wine and a nice steaming dish of exquisite polenta and sausage cheer up the evening, the evening and the palate of the ever - increasing numbers present, confirming the enormous success that this evocative event receives every year. 35 Guida Turistica del Molise 2020


ISERNIA Atmosfere e Sapori Cosa vedere e gustare nel cuore dell’accogliente città molisana a cura di Letizia De Crosta

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Proseguendo lungo la strada, superata via Lo Russo, si incontra una grande piazza che annuncia l’ingresso nel vero cuore di Isernia. Corso Marcelli attraversa il centro storico per tutta la sua lunghezza diramandosi, ai lati, in un’intricata rete di stradine e caratteristici vicoli costellati da una serie di piazze che sembrano dei veri salottini a cielo aperto. Tra le principali c’è Piazza San Pietro Celestino la cui pavimentazione, vista dall’alto, ricalca il perimetro dei vecchi edifici cittadini andati distrutti nel 1943. Sedie e tavolini invitano a trascorrere qualche ora per godere della serena atmosfera della città. A impreziosire il luogo c’è la storica Fontana Fraterna, una bellissima fontana a sei getti d’acqua costruita riutilizzando mate-

riali risalenti a vari periodi storici recuperati sull’intero territorio circostante. Si lascia ammirare per il suo splendido aspetto, che riproduce la facciata di un antico loggiato a sei archi finemente ornati. Per la sua mirabile decorazione architettonica è annoverata tra le fontane monumentali d’Italia sul sito web Museo Italia. In prossimità della piazza, gli appassionati di tradizioni e artigianato hanno la possibilità di visitare il Museo civico della Memoria e della Storia, con tre sezioni che regalano un suggestivo viaggio nel passato. La prima ricorda i difficili momenti vissuti nel corso della guerra; la seconda è dedicata alla vita di Pietro da Morrone, il frate isernino divenuto papa Celestino V

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e successivamente proclamato Santo (noto nelle pagine di storia e menzionato anche da Dante per aver compiuto il “gran rifiuto�, rinunciando clamorosamente al pontificato); la terza sezione esi-

bisce un’interessante collezione di artigianato locale: il Tombolo. Numerosi strumenti di lavoro, cuscini, fuselli, disegni e decori sono una preziosa testimonianza dell’antica arte del merletto isernino.


Procedendo lungo il Corso, verso il cuore del centro storico, sembra di inoltrarsi in un borgo d’altri tempi. Ai lati si affacciano eleganti e imponenti palazzi storici separati da stretti vicoli, alcuni dei quali in parte coperti da supportici. In alcuni punti i vicoli si aprono in piccole piazze che ospitano caratteristici locali. Osterie, bar, ristoranti, rosticcerie sono numerosi e accompagnano i visitatori lungo tutta la passeggiata. Piazza Andrea d’Isernia è tra le più grandi che si incontrano nel centro storico; oltre a eleganti caffetterie, ospita una bellissima cattedrale di origine medievale consacrata a San Pietro Apostolo. Tre massicce porte in bronzo segnano i passaggi d’ingresso all’interno dell’edificio religioso che, nella facciata, conserva l’aspetto di un tempio romano, forse in ricordo dell’antico edificio sacro sul quale sorge. Quest’ultimo risale al III secolo a.C. e le sue rovine sono ancora visibili all’interno e alla base della stessa cattedrale.

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Dal vicino belvedere è possibile affacciarsi e accomodarsi sulle panchine per ammirare il suggestivo paesaggio dominato da alte vette montuose. Ad arricchire la piazza, oltre la cattedrale, c’è anche l’Arco di San Pietro, che serve la basilica come campanile. La base, risalente al IX secolo a.C., è ornata con statue provenienti dal foro della città romana, conosciute dai residenti come “mamozi”. Alla base dello stesso arco è possibile ancora osservare “il metro murato”, utilizzato come strumento di misura per le merci che entravano nel borgo. Nell’ora di punta, le strade e i vicoli profumano di pane appena sfornato, di zuppe, sughetti e delle altre numerose specialità che invitano a sospendere la visita per gustare qualche pietanza locale. L’intera provincia di Isernia è ricca di tanti

piatti della tradizione da poter raccomandare; tra questi ci sono le gustose “sagne e fagioli”. Si tratta di una tipica pasta artigianale realizzata semplicemente con acqua e farina, fatta cuocere con i fagioli e insaporita con olio extravergine di oliva. Una valida e succulenta alternativa è il “pancotto” con verdure di stagione, patate, fagioli e prosciutto crudo tagliato a cubetti e un pizzico di peperoncino, infine servito in un tegamino. Con un gusto straordinariamente delicato la cucina molisana svela, sin dal primo boccone, tutta la genuinità e la territorialità dei prodotti utilizzati. La bontà che regala al palato è semplicemente sorprendente. Dopo una ricca degustazione come quella appena descritta, non c’è nulla di meglio che proseguire la passeggiata alla scoperta di altri insoliti scorci.

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In piazza Guglielmo Marconi, sulla quale affaccia il Municipio, si può ammirare la splendida chiesa di San Francesco fatta costruire, secondo la leggenda, dallo stesso Santo di Assisi insieme al vicino palazzo San Francesco che ospita la casa comunale. Tra i bellissimi portali che si incontrano sul corso si aprono altri incantevoli belvedere sul paesaggio circostante, un’immensa distesa di verde che si stende a perdita d’occhio tra colline e montagne. È notevole anche l’ex Monastero di Santa Maria delle Monache, realizzato intorno all’anno Mille. L’intero complesso oggi ospita la Biblioteca civica e la sede distac-

cata della Soprintendenza del Molise oltre a preziosissime collezioni di reperti archeologici provenienti da diversi siti della regione. Il corso si conclude in Piazza Pio IX, dove si trova la chiesa consacrata a San Pietro Celestino. È un edificio dall’aspetto molto semplice e interessante allo stesso tempo, in quanto ricorda ai visitatori che la città contende con Sant’Angelo Limosano i natali del già citato Pietro da Morrone. È utile segnalare anche la presenza di alcuni siti culturali di grande importanza: il MACI (Museo di Arte Contemporanea di Isernia) e il MuseC (il Museo dei Costumi), ospitati

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nel palazzo della Provincia in via Giovanni Berta, e il Museo nazionale del Paleolitico in località La Pineta, a pochi minuti di auto dal centro cittadino. Il MACI è stato inaugurato nel 2004 e ospita mostre e opere di artisti provenienti da tutto il mondo mentre il MuseC custodisce una prestigiosa collezione di abiti storici molisani, frutto di una lunga ricerca condotta da Antonio Scasserra, donata alla Provincia. Il Museo nazionale del Paleolitico, invece, è stato realizzato su un’enorme area dove, a partire dagli anni ’70, sono stati portati alla luce importantissimi reperti ossei preistorici oltre ai resti dell’uomo più antico d’Europa, testimoniato dal dente di un bambino vissuto circa 600.000 anni fa. Oggi, tra moderne istallazioni e ricostruzioni di capanne e animali dell’epoca, è possibile scoprire le affascinanti abitudini dei nostri antenati.

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Inoltre, grazie alla collaborazione del Polo Museale del Molise e dell’Università di Ferrara con la paleo-artista di origine francese Élisabeth Daynès, sulla base di dati scientifici, è stato completamente

ricostruito in dimensioni reali il “Fanciullo di Isernia”. Il bambino preistorico finalmente “ritorna” alla vita nel Museo del Paleolitico della sua città.

Considerando le numerose cose da poter visitare anche nei comuni limitrofi, l’ideale sarebbe programmare un intero fine settimana da trascorrere qui. Con i tanti siti da poter vedere, musei e strutture ricettive, Isernia si presenta come una perfetta destinazione per giovani, adulti e famiglie che possono vivere un’esperienza che regala veramente grandi e piacevoli sorprese, sia per le innumerevoli bellezze che per gli straordinari sapori della tradizione locale.

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JELSI a cura di turismoinmolise.com

Un viaggio QEaIaB)E QEad e y)"

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E proprio riguardo il nome è interessante scoprirne l’origine. Alcuni storici ritengono, infatti, che Jelsi sia stato fondato da colonie zingare e, per questo, chiamato “Terra Gyptie”. Nel corso dei secoli la sua denominazione ha subìto tante modifiche, passando per “Gitium”, “Gelzi”, “Gelizza” e come penultimo, “Ielsi”, al tempo del Regno delle Due Sicilie. Uno degli eventi che più ha segnato questo luogo riguarda il terremoto del 26 luglio 1805. Nel bel mezzo della notte, la maggior parte dei paesi molisani andarono distrutti, ma non Jelsi, che contò pochi danni e pochissime vittime. Fu in seguito a questo avvenimento che nacque la Festa del Grano in onore di Sant’Anna, come forma di riconoscenza per la protezione e la grazia ricevute. Prima di scoprire le curiosità che questa festa riserva ai suoi ospiti, però, è d’obbligo fare una tranquilla passeggiata alla scoperta del borgo e del territorio circostante, ricco di numerose attrazioni, a partire dal Palazzo Ducale dei Carafa, una maestosa dimora del ’500 che conserva ancora alcuni ambienti originali, come le cantine e la prigione. Adiacente al palazzo si trova la meravigliosa cappella della Santissima Annunziata, la cui cripta è uno straordinario e

raro scrigno d’arte. Custodisce, ancora intatte, pregiatissime pitture del ’300, il cui stile appartiene alla scuola di Giotto e Pietro Cavallini. Un elemento in particolare attira l’attenzione del visitatore: il Cristo raffigurato nudo in età adulta. Si tratta di una rappresentazione della quale vi sono pochissimi esempi in tutta la Penisola. Proseguendo la passeggiata nel borgo si può scoprire il fascino dello storico Palazzo Valiante, esempio di residenza fortificata del ’700, e la casa Pinabello, la cui facciata presenta numerosi bassorilievi tra cui uno (di epoca longobarda) attestante il culto della vipera. A pochi chilometri dall’abitato, inoltre, vi sono il “Ponte di Campobasso”, che attraversa il fiume Carapelle, la bella area naturalistica attrezzata della “Valle del Cerro”, il Parco Paleontologico e il Santuario di Santa Maria delle Grazie con l’annesso Convento dei Frati Francescani. Su quest’ultimo bisogna soffermarsi perché apre un mondo inatteso, quello del grano e della Festa che lo lega a Sant’Anna. Una parte del convento, infatti, ospita il MuFuG, Museo di Comunità della Festa del Grano, in cui sono conservati documenti, carri allegorici, quadri e foto che raccontano il legame della popolazione jelsese con la terra. 47

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Scopriamo allora cos’è questa famosa Festa del Grano! Torniamo per un attimo a quanto accadde la notte del 26 luglio 1805. Il miracolo di Jelsi fu imputato al santo del giorno, Sant’Anna e, da quella data, viene cele-

brata ogni anno una giornata di festa in suo onore, come segno di ringraziamento e devozione. La domanda, a questo punto, sorge spontanea. Come si intreccia il grano in questa storia?

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Bisogna pensare che, all’inizio dell’800, la maggior parte della popolazione viveva di agricoltura e il bene più prezioso che possedeva era il grano, definito anche come “oro dei poveri”, in quanto principale fonte di cibo e di reddito. In quel tempo, dunque, non c’era cosa più importante da donare alla Santa protettrice. Nacque così la Festa del Grano che, anno dopo anno, è andata ingrandendosi sempre più. Elementi distintivi della manifestazione sono i carri e le traglie (mezzi agricoli di trasporto) che sfilano lungo le vie

del paese, trainati sia dalle vacche che dai più moderni trattori. L’organizzazione di questo grande evento richiede almeno un mese di preparativi. Sì perché, per realizzare i carri, vengono intrecciate a mano spighe di grano e incollati, uno ad uno, i singoli chicchi. Ed è così che, nei giorni antecedenti la festa, camminando per le vie del paese è facile incontrare gruppi di donne intente a realizzare le cosiddette “trecce”, mentre nei garage e nei capannoni vengono predisposti i carri.


Lo scenario e l’incredibile suggestione generati dall’evento rappresentano un ottimo motivo per una visita estiva a Jelsi, ma ricordiamo che questo centro è famoso anche per i numerosi piatti della tradizione che ancora oggi è possibile gustare. Tra questi è certamente da menzionare il baccalà in ogni sua declinazione, specialmente “a r r a c a n a t o” (gratinato) con mollica di pane, pinoli e uvetta. Ancora più tipico è un piatto che, da solo, potrebbe saziare un’intera famiglia: V fV""aQege . Un nome che è tutto un programma. Tradotto significa letteralmente “affogare”… ma affogare cosa? Il pane, naturalmente. Un bel a"Q)yy) c (tozzetto di pane) da intingere direttamente nella terrina. Gli ingredienti per la sua preparazione? Tutti prodotti “contadini”: uova, salsiccia sotto sugna,

peperoni, pomodori, cipolle, peperoncino, basilico, sale e, naturalmente, olio. Come affermerebbe ogni singolo abitante del luogo, solo dopo questo gustosissimo e ricco assaggio la vostra visita a Jelsi può dirsi veramente conclusa. L’occasione ideale per scoprire ‘V fV""aQege è sicuramente la Sagra dedicata a questo speciale piatto, organizzata ogni anno nel mese di luglio. Un’ulteriore occasione per vivere la magnifica atmosfera che regala il piccolo centro molisano. Nell’attesa di poterlo degustare nel bel borgo di Jelsi, vi proponiamo la ricetta per prepararlo direttamente nella vostra cucina. Il procedimento è abbastanza semplice; bisogna solo prestare un po’ di attenzione ai diversi tempi di cottura.

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V)" B jed EQ!e"Q)e


FV""aQe U ge PROCEDIMENTO

Tagliare la cipolla a fette e farla imbiondire in un tegame dai bordi alti con olio e peperoncino. In un’altra padella, far rosolare pezzi di salsiccia sotto sugna. Una volta pronta, unirla al soffritto di cipolla e peperoncino. A questo punto, aggiungere i peperoni ben lavati e asciugati e tagliati a striscioline. Far soffriggere il tutto e insaporire con un pizzico di sale. Calare i pomodori insieme alla loro salsa con un goccio d’acqua e regolare di sale. Lasciar cuocere per circa 35-40 minuti a fuoco non molto alto e con coperchio, e una ventina di minuti senza, in modo da far restringere il sughetto senza farlo asciugare troppo. Finita qui? No… manca la “ciliegina sulla torta”: le uova (una a testa) da adagiare sul tutto facendo attenzione a non rompere il tuorlo. Lasciar cuocere qualche minuto e spegnere il fuoco facendo in modo che l’uovo sia ancora morbido. Infine, aggiungere del basilico fresco. È possibile, a questo punto, gustare ‘u funnateglie servendolo in tegamini di terracotta, avendo cura che ogni commensale abbia un pezzo di salsiccia e un uovo… e buon appetito!

www.festadelgranojelsi.it E Funnateglie E Mufeg - Museo Del Grano Jelsi

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... comincia così la leggenda che narra le origini di uno dei generi musicali più ascoltati e praticati al mondo, con un fondo di verità: nessuno potrà mai raccontare quale sia stato il suono del primo jazz. Possiamo solo immaginare questo

giovane che, in un luogo imprecisato della lontana New Orleans, “soffia” la musica nata dai canti degli schiavi africani deportati negli Stati Uniti e diventata, poi, simbolo di riscatto e di libertà. Solo grazie agli spettacoli delle prime

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a cura di Letizia De Crosta

I"V"B)IQ))"Qa")NQa"Qa""faNV"g)ja"e ayÈaIVaQE)!b)I)È ae ac BE!e e ")Qe !aaIc)QaQe ayy ed M LV")"ajejaB]aQe c "eaQQ)E")ajg c ae e Ea e d e V"V)!)Be")IBe d Ea"yaVc d S e ad

band, nel corso degli anni Venti e Trenta del ‘900, questo genere esplode e comincia a diffondersi in tutto il mondo. Il jazz è una musica colta, ritenuta spesso di nicchia o per pochi intenditori, essendo principalmente frutto della capacità di

improvvisare. È proprio questo che rende le sue melodie uniche e magiche. Le note dello spartito sono solo il La d’avvio; il brano prende forma sotto le dita del musicista, nello stesso istante in cui viene pensato ed eseguito. 53

Guida Turistica del Matese 2019


Le armonie infiammano e catturano lo spirito al punto che tutti gli appassionati attendono con frenesia gli eventi che si organizzano in tutto il mondo per ascoltare e vedere i grandi del jazz. Uno degli appuntamenti più importanti del nostro continente si svolge proprio in Italia, più precisamente nel comune di Monteroduni (Isernia) dove dal 1991 si organizza l’Eddie Lang Jazz Festival. Eddie Lang, nome d’arte di Salvatore Massaro, è stato un famoso jazzista americano originario di Monteroduni, la cui eredità artistica è stata accolta dalle associazioni e dalle amministrazioni locali che hanno trasformato il comune in una Mecca per gli amanti di questo genere musicale.

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rere un weekend unico e diverso, capace di tradurre la musica in forti emozioni, complice anche lo splendido sfondo dei giardini del Castello Pignatelli che, ogni anno, accoglie gli ospiti del Festival che giungono qui da tutta Europa. È un’esperienza tra le più intense che si possano vivere nel Molise e che suggeriamo anche a chi non è un profondo conoscitore o appassionato del jazz.

Foto di Domenico Del Russo e Angelo Scarduzio

Le “prime” 28 edizioni hanno ospitato sul palco i nomi più importanti del settore, da Benny Golson a Marcus Miller e Fabrizio Bosso e, non ultimi, Michel Petrucciani e Toquinho, solo per citarne alcuni. È una grande occasione per chi ascolta il jazz ma anche una grande opportunità per chi ama suonarlo. Il Festival di Monteroduni, infatti, vede anche un concorso per giovani jazzisti emergenti che hanno la possibilità di esibirsi in una cornice di altissimo livello e, addirittura, seguire un corso di perfezionamento organizzato da grandi maestri. Il programma annuale si svolge generalmente nelle prime due settimane d’agosto; è l’occasione giusta per trascor-

www.monteroduni.eu Eddie Lang Jazz Festival

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Il Molise è‌

un viaggio nella fede

Foto di Mariagiovanna Antinolfi

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Rocchetta a Volturno Abbazia di San Vincenzo al Volturno Lì dove il fiume Volturno trova le sue sorgenti, in una fertile piana ai piedi delle Mainarde, si trova un bellissimo monastero realizzato da un gruppo di monaci benedettini tra l’XI e il XII secolo. In tutta l’area circostante sono visibili interessanti resti di ambienti ed edifici a esso legati, a partire dai magnificenti archi che facevano parte di una grande quadriportico d’ingresso. L’affascinante storia di questo luogo, tuttavia, ha inizio qualche secolo prima, quando venne fondato, poco distante, un cenobio divenuto, tra l’VIII e il IX secolo, tra i più importanti e influenti d’Europa. Una grande ascesa che ha visto, successivamente, un lento declino, l’abbandono e la costruzione della nuova Abbazia sull’altra sponda del Volturno. Qui, arte, fede e natura si sono intrecciate creando un sito unico al mondo. K sanvincenzoalvolturno.it


Tesori del Matese l’eccellenza in ogni assaggio

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Creato dal celeste fuoco di Giove, ricercato sulle tavole degli dèi e consacrato a Venere, dea della bellezza e dell’amore. Se esiste un “frutto” che merita l’appellativo di “divino”, questo è sicuramente il tartufo.


Se le origini di questo pregiato prodotto della terra si perdono nel mito, ben più reale, conosciuto e molto apprezzato è il suo sapore. Tra le poche regioni della nostra penisola che possono essere definite una vera e propria miniera di questo tesoro c’è sicuramente il Molise, da cui proviene oltre il 40% della produzione nazionale di tartufo. Nel piccolo comune di San Massimo, gli splendidi e inviolati paesaggi del massiccio montuoso del Matese fanno da cornice a una delle aziende più note, nel panorama nazionale e internazionale, specializzata nella raccolta e nella trasformazione di pregiati tartufi e funghi: Tesori del Matese. Una realtà, guidata dalla famiglia De Gregorio, nata nel 1993 dall’amore per il proprio territorio e la passione per questi inestimabili “frutti”. Per realizzare la ricca gamma di prodotti, la materia prima viene ricercata esclusivamente in Molise, una terra libera da ogni forma di agricoltura intensiva che utilizzi pesticidi o fertilizzanti; un luogo incontaminato che, in ogni stagione, regala specie di tartufi e funghi dalle peculiarità veramente straordinarie oltre che uniche. Dalla raccolta alla trasformazione, fino allo stoccaggio, ogni fase di lavorazione è sottoposta a un severo e attento programma di controllo che certifica la massima bontà e sicurezza alimentare.

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Il tipico sapore e l’altissima qualità garantiti, hanno portato Tesori del Matese a essere un’azienda leader nel settore, molto richiesta oltralpe, grazie anche alla capacità di impiegare ogni tipo di mezzo per far giungere queste eccellenze sulle tavole dei consumatori di molti Paesi. L’intenso profumo e l’inconfondibile gusto, che rimandano ai magnifici sentori del sottobosco, conquistano subito il palato degli amanti della buona cucina, riescono a impreziosire anche i piatti più

KEEP NOTE I tartufi più pregiati devono essere consumati crudi, tagliati con il tagliatartufi direttamente sulla pietanza impiattata, nel momento in cui viene servita.

semplici e sono ideali per arricchire ogni tipo di ricetta: creare sfiziosi e stuzzicanti antipasti, dare un tocco di audacia ai primi piatti e maggiore gusto, in particolare, ai secondi a base di carne.

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Tesori del Matese ha saputo ben intrepretare le tante e diverse declinazioni di sapore che questi “frutti della terra” sono capaci di regalare, creando un ampio “repertorio” di prodotti che riesce ad accontentare ogni palato.

Tesori del Matese San Massimo (CB) Via Canonica, 99 m 0874 780351 E Q Tesori del Matese www.tesoridelmatese.it info@tesoridelmatese.com

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ALLA SCOPERTA DI

CAMPOBASSO Un weekend di bellezza, gusto e mistero a cura di Paolo Pasquale

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Si può dire di conoscere veramente un luogo solo quando lo si vive appieno. Non si tratta di conoscere la sua storia o aver visitato qualche sito, ma di immergersi completamente nella sua atmosfera, amalgamarsi alle persone e al territorio, assaporarne la cultura. Siamo sicuri che, in questo modo, ogni visita o

gita si trasformerà in un’esperienza unica e avvincente. Con questo presupposto, invitiamo a dedicare un fine settimana alla scoperta della città di Campobasso, per innamorarsi di alcuni dei suoi aspetti più curiosi e meno noti che abbiamo raccolto in questo articolo iniziando da...

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UNA PASSEGGIATA NEL CENTRO STORICO Per cominciare in bellezza, suggeriamo subito di “immergersi” nel pieno centro storico, un luogo ricco di scorci veramente suggestivi, con le sue architetture di pregio, le strette viuzze dal sapore medievale e gli incantevoli panorami. La visita ha inizio nella parte bassa del centro, dove erano le mura con le sei porte di accesso, simbolo di Campobasso. La principale di queste, porta San Leonardo, regala subito qualcosa di molto particolare da poter osservare: la “mezza canna”, un antico strumento di misura apposto vicino al muro e usato per misurare le merci che entravano e uscivano dalla città. Percorrendo la strada si trova il Fondaco della Farina (uno slargo dove venivano pe-

sati i cereali e le farine prodotti dai mulini locali), Palazzo Cannavina e la Chiesa di San Leonardo. Dallo spiazzo si snodano stradine e scalinate che portano ad ammirare le numerose chiese presenti: Santa Maria della Croce e Sant’Antonio Abate se si decide di scendere; San Bartolomeo e San Giorgio se si decide di salire. Vicino San Bartolomeo, inoltre, vi è anche la Torre Terzano facente parte dell’antico sistema difensivo della città. Molto altro c’è da vedere nella “parte bassa”: da Piazza dell’Olmo a Palazzo Japoce, elegante residenza baronale recentemente restaurata. Poco distante si trova l’ottocentesca Piazzetta Palombo, nata come area

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mercato delimitata da bellissimi portici che oggi ospitano piccole e carinissime botteghe artigianali. Particolarmente suggestivi sono i vicini Teatro Savoia e la Cattedrale della Santissima Trinità, con la sua monumentale facciata che ricorda un antico tempio greco e, ancora, il Ponte Bruschio, un vicolo che per il suo aspetto sembra proprio un ponte. Proseguendo la salita tenendo lo sguardo

alzato per ammirare le ringhiere, ricordo della Campobasso rinomata per la lavorazione dei ferri e la traforazione dell’acciaio, e percorrendo il Viale della Rimembranza si arriva al castello Monforte e alla Chiesa “dei Monti”, o di Santa Maria Maggiore, custode di importanti affreschi del Trivisonno. Dal belvedere del castello, poi, si può ammirare tutta la città spaziando con lo sguardo fino ai paesi limitrofi.


Il MUSEO SANNITICO Il Molise è terra di siti archeologici più o meno noti e lega la sua storia ai Sanniti, il fiero popolo che fece penare le armate di Roma. In ogni angolo, dunque, è facile imbattersi in testimonianze piccole e grandi che ricordano il glorioso passato vissuto da questa terra, in particolare a Campobasso, dove si trova un museo che accoglie una gran quantità di straordinari reperti, il Museo Sannitico per l’appunto.

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La storia del Museo parte addirittura dal 1881 e, negli anni, varie volte è stato chiuso e riaperto, spostato di qua e di là. Dal 1995 si trova nel centro storico, nel Palazzo Mazzarotta, sua sede già tra il 1916 e il 1932. Una recente ristrutturazione ha portato la suddivisione delle sale in quattro macro aree: l’abbigliamento, la casa, le attività e la preghiera. Sarebbe lungo elencare e descrivere i numerosi e curiosi oggetti presenti. Bisogna vederli dal vivo!


VILLA DE CAPOA Quando, nel 1800, Campobasso iniziava a espandersi oltre le proprie mura, ogni dettaglio veniva curato nei minimi particolari, ivi compreso il verde pubblico. Ancor prima, però, in città era già presente un’incredibile villa, bellissimo esempio di giardino all’italiana, uno degli ultimi rimasti nel Sud Italia: Villa De Capoa. La villa originaria risale al ’700 e faceva parte dell’ex monastero di Santa Maria delle Grazie. Al suo interno, i monaci coltivavano delle erbe per la preparazione dei medicinali; successivamente fu acquistata

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da privati e trasformata in zona di passeggio. Nel 1875 l’ultima proprietaria, Marianna De Capoa, la donò al comune. Le statue, le specie vegetali e la balaustra conferiscono all’ambiente un’atmosfera elegante e rigenerante, offrendo agli ospiti incantevoli angoli in cui è possibile passeggiare o intrattenersi per rilassarsi e godere della frescura degli alberi e dei suoni della natura. Non a caso, soprattutto in estate, viene utilizzata anche come “set” per spettacoli all’aperto di cinema e musica classica.


CAMPOBASSO SOTTERRANEA corso degli anni queste hanno subìto numerose modifiche, in primis durante la Seconda guerra mondiale, quando vennero utilizzate come ripari antiaerei. Esiste anche una leggenda legata a questi sotterranei: pare infatti che ci sia un cunicolo che collega il centro storico alla collina di San Giovannello, ove sorge l’omonima chiesa. A oggi non è consentito accedere alle cavità della città se non in occasione di particolari eventi. Per informazioni: tel. 328 8627594 Foto di Michele Salvatore

Ci sono storie, aspetti e luoghi di Campobasso poco noti anche ai residenti stessi. Uno di questi sono i sotterranei della città. Ebbene sì, nel centro storico si trovano ambienti, scavati nel corso dei secoli, dai quali si ricavava la pietra utilizzata per costruire gran parte dei palazzi cittadini. Come facilmente immaginabile, nel sottosuolo vi è dunque una rete di cunicoli che mette in comunicazione le diverse cavità, realizzata soprattutto a seguito del terremoto del 1456 per dotare la città anche di collegamenti ipogei. Nel

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CROCIATI E TRINITARI Correva l’anno 1587 e veniva finalmente sancita la pace, per opera del francescano Fra Girolamo da Sorbo, tra due delle principali fazioni della città di Campobasso: Crociati e Trinitari. All’interno di questa vicenda si lega, come nel più famoso “Romeo e Giulietta”, la storia di due innamorati, Delicata Civerra (crociata) e Alfonso Mastrangelo (appartenente alla congrega dei Trinitari), il cui matrimonio era impedito.

Nel centro storico, in vico Pennino, si possono ancora vedere i resti di quella che pare sia stata la casa di Delicata; una sua bellissima statua, invece, è posizionata all’interno della Torre Terzano. La vicenda viene narrata in una rievocazione che si tiene nel periodo antecedente il Corpus Domini grazie al pregevole lavoro dell’Associazione pro Crociati e Trinitari per le Rievocazioni Storiche Molisane.

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BOSCO FAIETE E GIUSEPPE ALTOBELLO Campobasso non è solo storia, palazzi, eventi e gastronomia ma anche natura! E, al riguardo, un’immancabile tappa è Monte Vairano con il Bosco Faiete, condiviso con i comuni di Busso e Baranello. Conosciuto soprattutto per gli scavi archeologici, il bosco custodisce al suo interno tante altre particolarità. Una di queste, proprio al confine con Busso, è il Casino Alto-

bello, residenza di campagna di Giuseppe Altobello, campobassano DOC, medico chirurgo, naturalista, zoologo e poeta dialettale (sotto lo pseudonimo di Minghe Cunzulette) vissuto a cavallo tra XIX e XX secolo. Il suo nome è legato alla città e, ancor di più, all’ambiente naturale, per essere stato il primo a classificare le sottospecie di orso bruno marsicano e lupo appenninico.

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PIATTI TIPICI Per affermare di conoscere veramente un luogo non ci si può esimere dall’assaggiare i piatti tipici, che più di tutto esprimono la cultura e le tradizioni di quella comunità. Primo tra questi cavatelli e tracchiulelle, ovvero pasta di casa cavata a mano con ragù di maiale, le costolette per l’esattezza. Un altro piatto della tradizione locale è “pizza e minestra”, una pizza fatta con farina di granturco accompagnata da verdura campestre. E ancora agnello, cacio e ova, cotiche e fagioli e i torcinelli, parti di agnello e pecora strette e attorcigliate (avvolte), negli intestini. Detto così potrebbe procurare una leggera impressione... ma provate ad assaggiarli! In ultimo, come dolce, l’immancabile Milk Pan; nato dall’idea di una pasticcere campobassano è divenuto, nel tempo, un dolce tipico della tradizione. Ha la forma di uno zuccotto, ma il suo sapore è inconfondibile: il gusto dato dall’impasto, che vede l’aggiunta di liquore Milk (una prelibatezza molisana a base di latte), contrasta con quello della copertura costituita da un mix di cioccolato bianco e pasta di nocciole.

Nell’impossibilità di elencare completamente, in queste pagine, le tante meraviglie da vedere, approfittate del vostro tempo libero per scoprire Campobasso e vivere una bella esperienza di visita in una città che, insieme a tante ricercate comodità, regala anche l’emozione di numerose e radicate tradizioni secolari.

SAVE THE DATE Segnaliamo, inoltre, alcuni appuntamenti annuali da non perdere

• Il Corpus Domini e la sfilata dei Misteri (vedi approfondimento nel prossimo articolo). • La processione del Venerdì santo, in un’atmosfera resa ancora più suggestiva e mistica creata dal coro di quasi mille persone che intona lo struggente “Teco vorrei”. • L’Infiorata, che si svolge il 31 maggio, è un tripudio di colori, profumi e disegni, con gli abitanti della zona che realizzano “tappeti” • con petali di fiori, posa del caffè e zolle d’erba. • Il Giro delle 12 chiese, organizzato dall’Associazione Centro Storico di Campobasso.

K www.centrostoricocb.it K www.crociatietrinitari.it

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CAMPOBASSO La città dei Misteri

di Antonio Vinciguerra

Ogni anno, nella domenica del Corpus Domini, Campobasso si prepara a vivere uno dei suoi eventi più importanti e attesi: la processione dei Misteri. Rappresentazioni sacre, ideate nella metà del XVIII secolo dallo scultore campobassano Paolo Saverio Di Zinno.

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crea l’illusoria sensazione che i bimbi che interpretano le figure sacre stiano volando sulla testa degli spettatori.

Ad essere precisi, di cosa si tratta? I Misteri sono macchine costituite da basi di legno sulle quali sono applicate strutture in ferro dove vengono posizionati i figuranti, per lo più bambini, che rappresentano angeli, diavoli, scene della vita di santi e figure sacre della cristianità. Questi “Ingegni” vengono portati a spalla in processione e il passo cadenzato dei portatori, facendo oscillare le strutture,

L’ORIGINE A Campobasso, sin dal Medioevo, esisteva la tradizione di festeggiare il giorno del Corpus Domini con delle rappresentazioni sacre allestite su dei palchi o barelle: i cosiddetti “Misteri al naturale”. Nella metà del ’700 le Confraternite di Sant’Antonio Abate, Santa Maria della Croce e della Santissima Trinità commissionarono a Paolo Saverio Di Zinno, scultore del luogo, la realizzazione delle macchine. L’artista, quindi, preservando le antiche tradizioni, ideò scene sacre affidando ai corpi la funzione delle statue, immobilizzando busti, gambe e braccia negli atteggiamenti richiesti dall’azione scenica, legando i protagonisti a sostegni invisibili in modo quasi prodigioso. Di Zinno progettò diciotto Ingegni, ma sei di questi andarono distrutti, durante il terremoto del 26 luglio 1805, dal crollo degli edifici in cui erano conservati.

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COSA RAPPRESENTANO I MISTERI? Momenti della vita della Madonna, dei patriarchi della Chiesa, santi, angeli e diavoli sono i veri protagonisti dei Misteri, riprodotti con grande scrupolosità e cura dei dettagli. Così, nel corso della processione, è possibile osservare la sorgente d’acqua miracolosamente creata da

sant’Isidoro col suo bastone; i tre angeli che recano i simboli del martirio di san Crispino; il Mistero di san Gennaro, che ricorda anche Napoli con le immagini del Vesuvio e del fiume Sebeto. Seguono le scene che rappresentano Abramo, in procinto di sacrificare suo figlio Isacco e prontamente fermato da un angelo, e Maria Maddalena ascendere al cielo.

Foto di Carmine Brasiliano

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La macchina successiva mostra le tentazioni di sant’Antonio Abate affiancato da un diavolo che ripete a una donzella (una delle tentazioni): “tunzella tunzella, vietenn vietenn”. Dopo le immagini della Immacolata Concezione e quella di san Leonardo, che soccorre due prigionieri, giungono le macchine di san Rocco, che assiste un appestato, quella dell’Assunta, accolta in cielo da Gesù, e quella di san Michele, rappresentato mentre respinge Lucifero e gli angeli ribelli verso l’Inferno. Ad animare ulteriormente l’atmosfera ci pensano i diavoli, che cercano di suscitare ilarità con gesti grossolani, chiamando ad alta voce e per nome gli amici, le autorità, i cittadini noti che capitano sotto i loro occhi. A chiudere la processione sono i Misteri di san Nicola e il Santissimo Cuore di Gesù, macchina ricreata in anni più recenti sulla base di alcune bozze attribuite a Di Zinno.

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Le tante pratiche, necessarie al corretto svolgimento di questo partecipato evento, comportano un lungo e minuzioso lavoro che ha inizio sin dalla prima mattinata, con adulti e bambini impegnati nell’allestimento degli Ingegni, tra costumi, trucchi, parrucche e ore di preparativi al termine dei quali si “levano al cielo, nell’azzurro infinito, Santi, Madonne e Angeli”. Osservare queste enormi “macchine uma-

foto di Paolo Pasquale e Raffaele Farinaccio

ne” sfilare per le strade di Campobasso procura un’emozione straordinaria e dà vita a un’atmosfera incredibile. È uno spettacolo particolarmente emozionante, che rende il Corpus Domini una delle tradizioni molisane più uniche e suggestive al mondo. Non meraviglia, dunque, la massiccia presenza di fedeli, visitatori e curiosi provenienti da ogni dove per ammirare da vicino i famosi Misteri di Campobasso.

Associazione Centro Storico di Campobasso www.centrostoricocb.it - www.misterietradizioni.com E Associazione Centro Storico di Campobasso 81 Guida Turistica del Molise 2020


One of the most awaited events in the city of Campobasso takes place every year on Corpus Christi Sunday: it is the procession of the Mysteries; sacred representations created by the Campobasso sculptor Paolo Di Zinno. These are machines made up of large wooden bases on which iron structures are applied which support the figures, especially children, who represent devils, angels, saints and sacred figures of Christianity. These machines are carried in procession by the porters who, with their measured footsteps, swing the structures creating the illusion that the figures are flying over the spectators’ heads.

The city of the Mysteries by Antonio Vinciguerra

The origins Since the Middle Ages, in Campobasso, there was the tradition of celebrating Corpus Christi with sacred representations placed on stages. In the mid-700, Di Zinno designed “sacred paintings� transforming human protagonists into statues, ensuring them to individual machines to recreate all the details of the scene conceived. Originally the machines were 18, but 6 of these were destroyed during the earthquake of July 26, 1805.

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What do the Mysteries represent? The Mysteries reproduce life scenes of saints and church figures with great attention to detail. Examples are the machines of san Gennaro, together with the symbols of Vesuvius and the Sebeto river; Abraham about to sacrifice Isaac or that of st. Michael the Archangel who rejects the devils. These arouse hilarity in the crowd, calling aloud friends and authorities who happen before their eyes. To close the procession is the Most Sacred Heart of Jesus, a machine recreated in more recent years starting from sketches by Di Zinno. Every year, the massive presence of onlookers and visitors confirms more and more the success of this exciting and suggestive event.

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La città di Campobasso può vantare i natali del celebre Paolo Saverio Di Zinno, illustre artista nato da una famiglia umile e divenuto uno dei più grandi scultori del legno della penisola. È noto che, di certo, a diciannove anni si trasferì a Napoli per entrare “a bottega” dal maestro Gennaro Franzese, con l’impegno da parte dei fratelli di pagare il suo mantenimento per i primi 3 anni. L’atmosfera creativa che si respirava nell’officina e il desiderio di apprendere tutti i segreti della creazione statuaria, uniti alla sua naturale predisposizione all’arte scultorea, sono stati gli “ingredienti” che hanno trasformato Paolo Saverio in artista. Tornato a Campobasso, fu coinvolto dal fervore sociale e politico che troneggiava tra le strade della città, tanto che fu eletto al governo dell’Università e amministratore della Confraternita dei Crociati. Sono anni d’oro per Di Zinno che, intanto, dal matrimonio con Candida Scaroina ave-

va avuto dei figli, mentre la bottega artistica di proprietà diventava sempre più conosciuta e di successo. Il 1759 segnò una battuta d’arresto per la sua carriera politica: in quell’anno, infatti, fu prima ingiustamente accusato di aver danneggiato l’altare maggiore di Santa Maria della Croce, dopodiché perse le elezioni all’interno della confraternita. Ostinato, non si arrese e investì le sue energie in un nuovo progetto imprenditoriale: l’allevamento di bestiame. Si scopre così l’immagine di un uomo che fu figlio e padre amorevole, politico, imprenditore e artista di successo. Non stupisce sapere, dunque, che proprio a lui fu rivolta una delle commissioni più importanti dell’epoca: dare un nuovo volto alla processione organizzata in occasione del Corpus Domini. Un lavoro lungo e certosino, che lo portò a ideare i famosi Ingegni o Misteri di Campobasso. La sua produzione fu ricca e generosa.

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Realizzò un centinaio di statue lignee, in puro stile barocco, presenti in numerose chiese e conventi di Abruzzo, Molise, Campania e Puglia. A Campobasso si possono ammirare alcune sue opere nella Cattedrale mentre, nel Convento Parrocchia San Giovanni Battista, in occasione

del terzo centenario dalla nascita, è stata inaugurata la “Sala Museale Di Zinno” con esposte ben sei statue. La più famosa delle sue creazioni (la serie de I Misteri appunto) è invece conservata nel Museo dedicato, allestito nella struttura (ex ENAL) di via Trento. Dopo la sua morte, avvenuta il 29 aprile 1781, è divenuto d’uso comune il detto “or perché Paolo di Zinno è morto, niuno più porrà statue?”, dimostrando l’alto grado di considerazione sociale acquisito dallo scultore. www.centrostoricocb.it www.misterietradizioni.com

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Il Molise è‌

un viaggio nella storia

Foto di Sisto Bucci

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Sepino Area archeologica di Altilia - Saepinum Nel comune di Sepino, lungo l’antico tratturo Pescasseroli-Candela e affacciata sulla valle del fiume Tammaro, si trova la bellissima Saepinum romana. Un gioiello dell’antichità che accoglie i visitatori con meravigliose mura perimetrali turrite e le porte monumentali, il teatro, la basilica, le terme, il foro e un piccolo museo. Passeggiare tra le sue strade significa fare un viaggio nel passato dove poter scoprire le abitudini e la quotidianità di chi vi abitava. K comune.sepino.cb.it


La CiviltĂ Transumante Quando sui tratturi camminavano anche le idee

testo di Guglielmo Ruggiero foto di Dario Amorosa, Mauro Grassi e Asvir Moligal

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Ormai l’inverno è alle spalle. La coltre bianca che tutto copre, generando un silenzio magico e ovattato, lascia il passo ai profumi primaverili e ai suoni della natura che, per mesi, ha atteso pazientemente di riemergere dalla quiescenza, il “sonno” ristoratore che alberi, fiori e piante si concedono nei mesi freddi e con poca luce. Il momento prossimo alla partenza è finalmente giunto. Tutto è ormai pronto. Il “massaro”, che tutto sovrintende, uomo di fiducia del “padrone” del gregge, ha organizzato il viaggio. Gli asini e i cavalli per il trasporto di tutto ciò che occorre nel lungo trasferimento sono stati preparati dai “butteri”. Il “casciaro”, preposto alla lavorazione del latte prodotto durante il viaggio, ha preparato il suo “cotturo” (caldaio di rame) e tutti gli attrezzi in legno che gli

occorrono. Gli addetti alla tosatura delle pecore, i “carosatori”, affilano le lame per l’occorrenza. Il “luparo” deputato alla protezione delle pecore dagli attacchi del predatore per eccellenza, il lupo, appronta trappole e marchingegni per scongiurare aggressioni e sbranamenti. I “pastoricchi”, giovani scapoli che si occupano del guardianato del bestiame, hanno atteso entusiasti il momento che li vedrà diventare protagonisti dell’avvenimento che è parte integrante della loro vita: la transumanza. I “pastori”, con la loro esperienza e conoscenza del territorio, sono pronti a condurre il bestiame lungo i tratturi, grandi vie erbose sulle quali viaggiano greggi e mandrie. Ma non solo. Si non solo. Al termine “transumanza”, sovente, si accosta un altro termine: “civiltà”.

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Civiltà della transumanza. Quasi a voler indicare una estensione culturale, una forma di appartenenza di un intero popolo fortemente e inevitabilmente legato a una pratica tanto antica quanto necessaria per la sua stessa sussistenza. Quando mi ritrovo a camminare sul tratturo, nei pressi di una taverna o di una fonte, mi soffermo a osservare il paesaggio e mi piace pensare che la transumanza

non era solo uno spostamento di greggi o armenti dai pascoli invernali a quelli estivi, ma anche l’incontro tra antiche tradizioni e consuetudini diverse. Sui tratturi, oltre a pecore e vacche, camminavano anche le idee. Sì! Le idee. E così, seduto su un muretto a secco che delimita uno dei tanti “riposi” che si possono incontrare lungo il cammino, chiudo gli occhi e quasi per incanto vedo gli

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uomini che a sera, intorno al fuoco, raccontano di viaggi, affari conclusi al mattino, del duro lavoro e delle famiglie che, in trepidante attesa, aspettano il loro ritorno. I pastori percorrevano interamente a piedi il trasferimento, ognuno col suo gregge o con la propria mandria, e la sera si stava insieme, riuniti, pur vinti dalla fatica. Quasi sento e vedo la polvere sollevata dal calpestio delle greggi e avverto l’odore acre del loro incedere alla ricerca di pascoli più freschi e grassi. Colori, profumi, sapori, ma anche fatica, timori, incertezze e il dover affrontare intemperie, polvere, lupi e ladri di bestiame. In sostanza, una vera e propria migrazione stagionale che, nel ’700, coinvolgeva circa cinque milioni e mezzo di capi, creando un indotto più che significativo per l’allora Regno di Napoli. Un viaggio che durava mediamente quaranta giorni. Quaranta faticosi giorni necessari per percorrere “un’autostrada” lunga dai cento ai duecento chilometri e larga sessanta passi napoletani (centoundici metri circa). “Giganti verdi“ che colle-

gavano l’Abruzzo al Tavoliere delle Puglie, con diramazioni sia verso il Gargano che verso le Murge, passando per il Molise. L’importanza economica di questa attività era tale da essere gestita da due specifiche istituzioni del Regno di Napoli: la Regia Dogana della Mena delle Pecore di Foggia e la Doganella d’Abruzzo. Durante questo periodo gli uomini lasciavano le loro famiglie invocando su di esse la protezione dei santi, e il lungo viaggio veniva “affidato” a San Michele Arcangelo. Infatti, la devozione che i pastori della transumanza avevano per l’Arcangelo era molto grande, e per tale motivo ancora oggi troviamo lungo gli antichi tracciati tratturali edicole, piccole cappelle ma anche grandi chiese dedicate al santo guerriero che, con la sua spada, avrebbe protetto greggi e uomini dalle insidie dei lupi e dai morsi dei serpenti. Ma le radici “religiose” di questi giganti erbosi risalgono a tempi ben più antichi. Infatti, le prime vie della transumanza, con ogni probabilità, erano parte della pista

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che portò i Sabini su questi territori. La leggenda vuole che a quell’epoca l’emigrazione avvenisse seguendo il rito del Ver Sacrum -la primavera sacra-, un rito che le popolazioni italiche usavano celebrare per rispondere ai problemi di sovrappopolazione e di squilibrio socio-economico. Il rito consisteva nel dedicare a Marte, dio della forza vitale (e non ancora della guerra), una intera generazione di uomini e donne. Essi venivano guidati seguendo una

tradizione “totemica”, ossia interpretavano i movimenti e il comportamento di un animale-guida, per trarne auspici e indicazioni sulla direzione del viaggio. Ogni tribù aveva un animale sacro agli dèi; per i Sanniti era il toro. Quel maggio del V secolo a.C. fu scelto Comio Castronio a guidare i 7.000 sacrati che elevarono questo territorio a Stato con capitale Bovaianom, a dominio delle sorgenti del Biferno.

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La stessa pista, a quei tempi, era nota per gli scambi commerciali tra la Sabina e l’Apulia. I Sanniti la utilizzarono come asse viario del loro Stato e della loro economia. I Romani, successivamente, ne consolidarono l’uso anche per scopi militari. È opinione degli studiosi che l’allevamento fu una colonna portante dell’economia dei Sanniti Pentri e che si trattasse di allevamento transumante. Quando i Romani, all’inizio del III secolo a.C. occuparono Safinim, che chiamarono Samnium, la pratica della transumanza e le vie ad essa funzionali divennero centrali nella vita pubblica. Roma impose imposte indirette -scripturasul bestiame transumante, che venivano prelevate nei luoghi di passaggio obbligato. La Saepinum romana era uno di questi luoghi. Ovviamente la rete delle vie armentizie, oggi dette tratturi, non poteva che essere tutelata e in più di qualche caso potenziata, come dimostrano le coincidenze tra

tratturo e viabilità romana. Sono queste le premesse che hanno portato la Transumanza a essere annoverata come Patrimonio Culturale Immateriale dell’umanità. Infatti, il Comitato Patrimonio Mondiale Unesco, riunitosi a Bogotà, in Colombia, nel 2019, ha proclamato la Transumanza quale Patrimonio Culturale Immateriale dell’umanità. La decisione è stata approvata all’unanimità dai ventiquattro Stati membri del Comitato intergovernativo. Si tratta senza dubbio di un prestigioso riconoscimento che rilancia il valore storico, culturale e antropologico di una pratica che, come evidenziato dall’Unesco nella sua motivazione, è «rispettosa del benessere animale e dei ritmi delle stagioni, ed è un esempio straordinario di approccio sostenibile». Nella regione Molise, questa tradizione è ancora viva grazie all’impegno e alla perseveranza della famiglia Colantuono che, da 150 anni, porta avanti con passione

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ed entusiasmo una consuetudine oramai divenuta un appuntamento importante e irrinunciabile per chi desidera vivere quelle atmosfere bucoliche e suggestive che solo la transumanza sa evocare. Aver incontrato Carmelina Colantuono, occhi neri profondi e lineamenti decisi e armoniosi, mi ha offerto l’opportunità di comprendere, nel profondo, cosa vuol dire “mettersi in viaggio” con mille preoccupazioni, ansie e tensioni. Carmelina è la testimonianza di chi, con caparbietà e generosità, anno dopo anno, con l’aiuto di circa trenta collaboratori, conduce la sua mandria di oltre trecento vacche podoliche da San Marco in Lamis a Frosolone.

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La magnifica sfilata di oltre 300 bovini, guidati dai Colantuono, segue un percorso lungo circa 180 chilometri che regala numerose

occasioni di assistere al “rituale rurale” più antico del Molise. Le soste previste lungo il cammino vedono momenti di tradizionale

Protagoniste assolute sono le vacche che, con la loro lenta andatura, ripercorrono queste antiche vie inondando il paesaggio con il suono gioioso e costante dei “campanacci” e con i loro muggiti che riecheggiano nelle valli e nelle strade dei borghi attraversati, quasi a voler rivendicare il diritto di transitare, padrone assolute per secoli di quel pezzo di mondo e di quel pezzo di storia. Centottanta chi-

convivialità, con canti, racconti e balli, e la partecipazione di numerosi curiosi, giornalisti e turisti che giungono da ogni dove.

lometri di strade, tratturelli, bracci e Regi Tratturi che toccano 2 regioni, 3 province e 20 comuni. Insieme alla sig.ra Colantuono, ho conosciuto Nicola Di Niro, precursore e appassionato interprete di una transumanza che, in un futuro speriamo molto prossimo, possa rappresentare una più che degna “ambasciatrice” di quel turismo sostenibile, sicuro volano di ripresa per le aree interne.

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Foto di Antonio Di Iusto

Ascoltare i racconti di Carmelina e Nicola è come vivere quei giorni straordinari ed entusiasmanti e sentire l’eccitazione di chi si mette in cammino alle prime luci dell’alba, per evitare le ore più calde della giornata, invece destinate a un meritato riposo che avviene in punti di sosta dove l’incontro con le comunità si rivela un vero e proprio rituale dell’accoglienza. A ogni tappa di questo affascinante viaggio, bambini, anziani e, negli ultimi anni, un numero sempre maggiore di turisti attendono impazienti di sentire in lontananza i suoni della mandria che si avvicina e di assistere allo spettacolare passaggio della lunga “processione rurale” che attraversa il centro abitato e che è memoriale di una storia antica dal sapore

genuino e autentico. Percorrere a piedi, a cavallo o in mountain bike un tratturo vuol dire portare i “propri passi” su una storia millenaria fatta di commercio, di scambi, di opportunità. Ma anche una storia fatta di nuovi incontri, di amori antichi, di idee, di modi di dire. Percorrere un tratturo è come dischiudere uno scrigno di cultura popolare e di tradizioni tramandate spesso da padre in figlio che raccontano di conoscenze, usi, costumi e narrazioni. Un tesoro fatto di credenze popolari, musica, canto e danza. Un’esperienza unica, insomma, che lascia senza fiato e accende quella trepidante attesa di tornare a rivivere le stesse forti e autentiche emozioni.

E Transumanza e altre meraviglie dal Molise

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The Transhumant Civilization When even the ideas walked on cattle tracks by Guglielmo Ruggiero

When I walk on the cattle track and I stop to observe the landscape, I like to think that transhumance was not only a movement of flocks or herds from winter to summer pastures but also the meeting between ancient and different traditions. On cattle tracks, in addition to sheep and cows, ideas also walked. When I close my eyes, almost by magic, I see the men who in the evening, around the fire, spoke about travels, deals concluded in the morning, hard work and families who, eagerly waiting, await their return. I almost see the dust raised by the trampling of the flocks and I feel the acrid smell of their gait, looking for fresh and fat pastures. This is a real seasonal migration that,

in the 1700s, lasted even 40 days and involved about five and a half million animals, creating an important supply chain for the then Kingdom of Naples. During this long and tiring journey, which connected Abruzzo to the Tavoliere delle Puglie, men left their families invoking the protection of the saints on them, while the journey was “entrusted� to St. Michael the Archangel. The first routes of transhumance, in all probability, were part of the track that brought the Sabini population to these territories. At the time, emigration followed the rite of the Ver Sacrum: an entire generation of men and women who were led by a totemic animal were consecrated to the god Mars. For the Sanniti, it was the bull.

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These people used these same tracks as the road axis of their state and their economy. The Romans subsequently consolidated its use also for military purposes. All this has brought Transhumance to be counted as Intangible Cultural Heritage of Humanity by the UNESCO World Heritage Committee, in 2019. In the Molise region, this tradition is still alive thanks to the commitment of the Colantuono family which, for 150 years, has been carrying on a custom that has now become an important appointment. Absolute protagonists are the cows that retrace these ancient ways: 180 kilometers of roads, little cattle tracks and Regi Tratturi that cross 2 regions, 3 provinces and 20 municipalities.

At each stage of this fascinating journey, an increasing number of tourists look forward to seeing the spectacular passage of the long “rural procession” that crosses the town. Traveling on foot, on horseback or by mountain bike on a cattle track means taking your “steps” on a thousand-year history made of trade, exchanges and encounters, ancient loves and ideas. It is like opening a treasure trove of popular culture and traditions often handed down from father to son that tell of knowledge, uses, customs and narratives. A treasure made of popular beliefs, music, songs and dances. In short, a unique experience that ignites that eagerly awaited return to relive the same authentic emotions.

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Azienda Agricola

Colavecchio

I sapori dell’antica tradizione casearia del Molise 100


Nelle campagne dell’antico borgo di Castropignano, a pochi chilometri da Campobasso, Carmela Colavecchio, insieme al figlio Pietro e al marito Mario Borraro, ha dato vita a una piccola e accogliente fattoria dove la quotidianità, ricca di impegni e fatica, scorre serenamente seguendo i ritmi della natura e il succedersi delle stagioni. Nei grandi pascoli che abbracciano l’azienda, pecore e vacche vengono allevate adottando metodi sostenibili che pongono molta attenzione al benes-

sere degli animali e garantiscono un prodotto finale di grande qualità. La buona reputazione della famiglia Borraro, infatti, è particolarmente legata alla produzione di pregiati formaggi ottenuti dalla trasformazione del latte crudo lavorato quotidianamente nel loro piccolo caseificio. Formaggi molto apprezzati soprattutto dai veri intenditori; prodotti di una terra inviolata e generosa, capace di regalare ancora i veri sapori della tradizione contadina, oggi sempre più rari da trovare.

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Si ringraziano Maria Cristina Gallo, Mauro Grassi e Ethan May per le immagini

Ricotte, fiordilatte e passite sono vere e proprie eccellenze molto ricercate, ma la produzione di spicco è rappresentata da due punte di diamante: la caciotta di pecora e il caciocavallo. La caciotta di pecora è un invitante formaggio che sfiora anche i 2,5 chilogrammi di peso e che, anticamente, veniva pressato all’interno delle fruscelle, piccoli cestelli realizzati con rametti di vimini intrecciati. Per la sua lavorazione, viene utilizzato esclusivamente latte di pecora, che dona un sapore deciso e, andando avanti con la stagionatura, diventa sempre più sapido e piccante.

In base alla stagionatura, cambia il nome da “Fiscariell” (il primosale) ad “Abbedecato” (circa un mese), a “Brun” (3 mesi) e “Passarecc” (10-12 mesi). “R casc randinie”, invece, è un pecorino a latte e pasta crudi che diventa cremoso verso il secondo mese di stagionatura. Il caciocavallo viene spesso indicato come il re della produzione casearia dell’Alto Molise, comunemente denominato checechevielle; è così antico da essere definito “formaggio archeologico” dato che le sue origini sono certamente collegate alla pratica della transumanza.

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Un prodotto presente nel repertorio dei PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) riconosciuti dalla Regione, ottenuto da latte vaccino. Questo formaggio si distingue per la tipica forma “a pera con testina”, il suo simpatico aspetto panciuto e un’altezza complessiva che a volte raggiunge anche i 30 centimetri; il peso, in base alla scelta del casaro, può variare da 1,5 a 3 chilogrammi. Le proprietà del latte, ricco di proteine, minerali, vitamine, calcio e aromi derivati dai verdi e freschi pascoli di collina, sono un vero toccasana per la salute del nostro organismo e donano ai prodotti un sapore molto caratteristico. La presenza di beta carotene nel latte di vacca, precursore della vitamina A, con-

ferisce ai formaggi un deciso tono di giallo che muta verso sfumature sempre più scure, col prolungarsi del periodo di stagionatura, fino a raggiungere un intenso color nocciola. Questi formaggi arricchiscono egregiamente un antipasto e accompagnano degnamente i secondi piatti... ma gustarli “in purezza” è il modo migliore per apprezzarli in tutta la loro bontà, magari abbinati agli ottimi vini molisani. Per conciliare salute e gusto è bene preferire i genuini e autentici formaggi prodotti nell’Azienda Colavecchio; una famiglia che ben rappresenta la storica tradizione casearia molisana portando sulle nostre tavole formaggi di altissima qualità che fanno bene agli occhi, al palato e... al cuore.

Azienda Agricola Carmela Colavecchio Castropignano (CB) Contrada Selva, 42 Tel. 329 6164331 - 320 6163317 marioborraro61@gmail.com E Carmela Colavecchio Farm

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testo di Pietro Iocca | Foto di Paolo Pasquale e Pietro Iocca

LaQaQae S &%a""Qc S aèIQaQaV"aEQeEaf)"da!e"Qae "e)EI) c g e d VQ!Ve d Ie)cBeE)ecgaEeMaEEEe T ")aMaEeEaQc dA ) V"Ee e NaB)E!) aTe Na"cIee)ggèIQaQaI)IQQVQaad IQEadB] e !)dE"e e age e j))!ec aQaQae S feB E""aMEe P DVeIQaEag)"eNIIee "d)!e") QEacaQaV" d Qe!B)NèaeeBed EV"Bc))c jagg)QQa e "c c b M 104 Guida Turistica del Molise 2020


Il tratto che vi suggeriamo di percorrere in questo articolo è quello che da Campobasso arriva a Termoli in 85 chilometri di difficoltà media. Parte dal centro di Campobasso seguendo il tracciato del Tratturo “Cortile-Matese” fino all’incrocio con quello di “Lucera-Castel di Sangro” in località “Taverna del Cortile”.

Da qui in poi si abbandona completamente la città per immergersi nella campagna molisana. Dopo circa 5 tornanti in leggera pendenza si raggiunge un pianoro in quota da cui si scorgono il Subappennino Dauno, il Matese, la catena montuosa abruzzese della Maiella e i Monti della Meta che lambiscono il confine fra Lazio e Molise. 105

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Chiesa di Santa Maria della Strada

Superato l’altopiano con i suoi spettacolari pini centenari, ci si trova al bivio di Montagano, piccolo borgo medievale a 4 chilometri dalla SS87, nel cui territorio vi è l’Abbazia di Faifoli, ex municipio romano e convento medievale nel quale si formò San Pietro Celestino, il papa citato da Dante come “colui che per viltade fece il gran rifiuto”. Superato il bivio di Montagano (sulla sinistra), dopo quattro tornanti in leggera discesa, si scorge la chiesa di Santa Maria della Strada, pregevole esempio italiano di architettura romanica. Successivamente la via comincia a salire verso il Valico di Campolieto (909 metri s.l.m.) dopo tre tornanti molto ripidi, forse il tratto più duro del percorso (2 chilometri). Questo è il punto più in quota della strada, che poi digraderà per circa 10 chilometri fino all’incrocio con il tratturo Celano-Foggia. Di notevole interesse è la ferrovia Campobasso-Termoli che, dopo il bivio di Campolieto, si mostra in tutta la sua bellezza: uno spettacolare viadotto a 15 archi costruito in pietra e muratura; se ne incontrerà un altro

più in là, nei pressi della stazione Ripabottoni-Sant’Elia, ricostruito dopo i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Superato l’incrocio con il Celano-Foggia bisogna girare a sinistra verso il valico di Cerrosecco (832 metri s.l.m.), raggiungibile attraverso numerosi tornanti in leggera pendenza. Il panorama che si può godere da qui è spettacolare: dal Matese e la Maiella all’Adriatico e il Gargano mentre, nelle giornate limpide, si possono scorgere anche le bellissime isole Tremiti. Prima del valico, facendo una deviazione di 4 chilometri, vi sono due graziosi paesini da visitare: Ripabottoni e Morrone del Sannio, detto lo “Spione del Molise” per il maestoso panorama che si può godere in località Castello, il punto più alto del borgo. Passato il valico, la strada scende per circa 9 chilometri fino a Casacalenda (643 metri s.l.m.), borgo medievale ottimamente conservato, immerso in un incantevole paesaggio rurale. Da Casacalenda si può deviare verso Ruderi di Gerione, antico centro abitato di cui parla-

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I due valichi della SS 87

no storici latini e greci, poiché vi sostò Annibale nell’inverno prima della Battaglia di Canne. Inoltre, vi sono interessanti resti archeologici relativi a delle mura di varie epoche (sannitica, romana e medievale), a una chiesa e a un castello. Dopo Casacalenda i rilievi si addolciscono e la strada si addentra, con un tracciato a mezza costa, nella Valle del Torrente Cigno, area di grandissimo pregio ambientale e paesaggistico, con ameni scorci sulla campagna basso molisana. Dopo 15 chilometri si giunge a Larino (341 metri s.l.m.), città che custodisce un rilevante valore storico, la Urbs Princeps Frentanorum, cioè la capitale dei Frentani, popolo italico affine ai Sanniti. Nella città sono ottimamente conservati un anfiteatro di epoca romana, resti di terme con mosaici e, nel borgo medievale, la Cattedrale di San Pardo risalente al ’300.

Larino, Anfiteatro romano

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Superata la città di Larino, la strada continua a discendere lungo numerosi tornanti fino in località Piane di Larino, sede di un’agricoltura più intensiva. La Statale 87 attraversa la località, per poi convergere sulla Statale Adriatica e, dopo 7 chilometri, entrare nella città di Termoli, la tappa finale di questo percorso. Termoli nacque come borgo marinaro in epoca frentana ed ebbe un notevole

impulso durante il regno di Federico II di Svevia (’200), che rinnovò il castello e lo rese la punta di diamante della fortificazione federiciana. Pedalando lungo le mura si possono osservare anche i trabucchi, costruzioni a picco sul mare il cui scopo è quello di pescare senza utilizzare le barche, ma solo calando una rete mantenuta da grossi tronchi di legno.

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Termoli, Castello Svevo

Tra paesaggi unici, storie affascinanti e natura incontaminata, gli 85 chilometri della SS87 regalano veramente tanta bellezza. Chi ha la fortuna di poterli percorrere in mountain bike ha modo di osservare scorci e immagini “alla giusta velocità”, da una prospettiva diversa, capace di donare un grande senso di libertà e la possibilità di poter raggiungere anche i luoghi meno accessibili. L’invito è a provare il percorso suggerito per vivere e scoprire tutto lo splendore racchiuso nel meraviglioso territorio molisano.

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il BORGO

di TERMOLI

... un belvedere da (a)mare di Paola Palombino foto di Gabriella Tutolo e Sisto Bucci

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Foto di Paolo Pasquale

Termoli, antico borgo di pescatori ricco di storia millenaria affacciato sul mar Adriatico, è senz’altro uno dei più caratteristici centri italiani che vale proprio la pena visitare. Comunemente definito “borgo vecchio”, sorge su un antico promontorio ricco di secoli di storia, cultura e tradizioni. La città oggi si presenta suddivisa in due zone ben distinte: il borgo vecchio, che si protende sul mare come la prua di una nave, e la città nuova, che si eleva dal mare poco meno di 30 metri.

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L’individuazione di un preciso periodo storico cui far risalire l’abitato di Termoli non è cosa semplice; qualunque siano le sue origini, l’attuale centro storico è frutto di tante ricostruzioni. Per secoli gli abitanti hanno vissuto al suo interno, fino al 1847, anno in cui Re Ferdinando II di Borbone autorizzò a costrui-

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re anche fuori le mura. L’impianto urbano conserva caratteristiche tipicamente medievali, quali la cinta fortificata, i vicoli stretti, tortuosi, a volte ciechi o con pittoresche scalinate che si adattano all’andamento irregolare del territorio. Delle diverse torrette dislocate lungo le mura, oggi restano solo la “Torretta Belvedere” e i ruderi della “Torretta Tornola”. Nei secoli ha subìto molti danni e devastazioni, soprattutto a causa dei frequenti terremoti e delle incursioni saracene, come quella del 1566. La più tremenda è avvenuta per opera di Pialì Pascià e viene rievocata ogni anno, nell’appuntamento notturno del 15 di agosto, con il famoso “Incendio del Castello”. Affacciandosi dalla cinta muraria è possibile osservare il Trabucco, tipica costruzione in legno sul mare, adottata soprattutto nel Basso Adriatico, che permette di pescare in


sicurezza lungo la costa senza spingersi in mare aperto. Secondo alcuni storici, il suo utilizzo risalirebbe al tempo dei Fenici e sicuramente rappresenta il più antico strumento di lavoro utilizzato dai pescatori termolesi. Il primo trabucco, infatti, fu costruito intorno al 1870 e dagli archivi storici risulta che Termoli ne avesse addirittura sei. Oggi di questi antichi “monumenti del mare”, ne sono rimasti solo due: uno sul lato nord e un altro sul lato sud di Termoli. Restando in tema trabucchi, da visitare è senz’altro una piccola bottega artigianale, proprio fuori le mura di cinta, dove si possono ammirare, e portare a casa come souvenir, i trabucchi e le tipiche imbarcazioni termolesi riprodotte fedelmente in scala.

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Nel cuore del borgo federiciano, invece, ci sono due monumenti importanti della cittadina. Il Castello Svevo, simbolo più rappresentativo della città, un’icona senza tempo, è stato forse voluto da Federico II di Svevia come torre di vedetta sull’Adriatico e riflette ancora lo splendore dell’architettura del XII e XIII secolo. Quello che appare ai nostri occhi è frutto di numerose trasformazioni e adattamenti avvenuti nel corso dei secoli sia per evoluzioni di tipo tecniche che in seguito a eventi calamitosi, come il violento terremoto del 1456 di cui restano tracce di lesioni in alcune pareti.

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Dal 1885 il Castello è annoverato tra i monumenti nazionali e viene utilizzato oggi per ospitare mostre e per celebrare matrimoni civili. A pochi metri dal maniero, non può mancare una visita alla famosa a’ rejecella, che in dialetto termolese significa “vicolo stretto”; con il suo punto più stretto di circa 34 centimetri si aggiudica il primato di vicolo più stretto d’Italia. Mentre si passeggia tra i meravigliosi vicoli del borgo marinaro, è bene fare un salto all’interno delle antiche case medievali e nelle botteghe artigiane ricche di colori e storia, come quelle ceramiche, dove i proprietari portano i


visitatori alla scoperta di un’arte tutta locale. Una tappa interessante è anche la visita all’interno di una pregiata sartoria di costumi medievali. E per chi ama la pittura, la bottega di un

noto artista termolese vi inebrierà con le sue opere. Altro monumento storico per eccellenza da visitare è la Cattedrale, che si affaccia su un’ampia piazza che è fulcro del borgo e luogo dove

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confluiscono strade e viuzze. L’edificio sacro è dedicato a Santa Maria della Purificazione, dichiarato monumento nazionale nel 1885 ed elevato a basilica minore nel 1947 dalla Santa Sede. Al suo interno sono custodite le spoglie dei due compatroni termolesi: San Basso e San Timoteo. La Cattedrale poggia le sue basi su un’antica chiesa precristiana risalente all’XI secolo. Durante il XII secolo due terremoti compromisero gravemente la struttura e ciò ne determinò la ricostruzione.

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La scoperta più eclatante, legata all’edificio, è avvenuta nel lontano 11 maggio del 1945 nella cripta: il ritrovamento delle spoglie di San Timoteo. Per più di 700 anni le mura della Cattedrale hanno custodito il santo seguace di San Paolo che ogni anno, proprio l’11 maggio, viene festeggiato anche con un famoso Palio medievale che attira sempre più curiosi e turisti. Tra le numerose feste della città adriatica, ricordiamo anche quella patronale di San Basso che viene celebrata il 3 e il 4 agosto con una suggestiva processione per mare, dove un peschereccio estratto a sorte qualche settimana prima ha l’onore di portare a bordo la statua.

Non dimentichiamo inoltre che Termoli è anche detta la “Greenwich italiana”: nella zona sud della città, in località Rio Vivo, vi è un monumento a tutti visitabile intitolato “Il Sogno” lì dove il meridiano denominato Termoli-Etna determina il fuso orario dell’Europa centrale e occidentale. Qui una foto ricordo è d’obbligo! Visitando il borgo antico, camminando tra le sue viuzze, i sapori, l’arte e i mestieri di un tempo, e ascoltando le voci dei suoi abitanti cullate dal rilassante sciabordio del mare, si ha subito la sensazione di vivere la tipica realtà marinaresca di un passato che si spinge molto in là nei secoli. Venite a visitarlo… non ve ne pentirete!

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Pensando ai piatti tipici della città, è impossibile andare via senza aver prima gustato il famoso “brodetto alla termolese”: una squisita zuppa a base di freschissimo pesce misto, pomodori e peperoni, che viene ancora preparato come una volta.

Originariamente un piatto povero che i pescatori preparavano utilizzando tutto il pescato invenduto della giornata; oggi, uno straordinario piatto che si può definire come il monumento della cucina marinara termolese.

Per coloro che amano cimentarsi ai fornelli, proponiamo qui la ricetta del tradizionale “brodetto alla termolese”, così potete portare un po’ dei sapori e dei profumi di Termoli nella vostra casa.

INGREDIENTI PER 5 PERSONE 2 kg di pesce fresco misto (non azzurro) 2 kg di vongole 1 kg di cozze 300 gr. di pomodori pelati 1 peperone verde 1 spicchio d’aglio Olio EVO q.b. Sale q.b. Basilico Peperoncino Prezzemolo tritato PREPARAZIONE In un tegame di terracotta, far soffriggere lo spicchio d’aglio con i pelati sminuzzati, il prezzemolo, un pezzetto di peperoncino e i peperoni verdi tagliati a listarelle. Quando il sughetto sarà un po’ ritirato, aggiungere il pesce con un po’ di sale e far cuocere per circa 15 minuti. Allungare con un po’ d’acqua. Unire cozze e vongole e far cuocere per altri 5 minuti. Lasciar ritirare il sughetto e, quando è pronto, servire il tegame fumante a tavola e… buon bredette alla termolese! 118 Guida Turistica del Molise 2020


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Il Molise è‌

un viaggio nella

tradizione marinara

Foto di Maurizio Cavaliere

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Termoli Il Trabucco Celestino Lungo la costa adriatica, in particolare tra l’Abruzzo e il Gargano, vi sono grandi strutture in legno, su palafitte, che propendono sul mare. Si tratta dei trabucchi, antichi “strumenti” di pesca custodi di storie familiari fatte di duro lavoro ma anche di tante soddisfazioni. Grazie a questi era possibile pescare senza spingersi in mare aperto, utilizzando grosse reti chiamate trabocchetti, costituite da maglie molto strette. Felice Marinucci fu tra i primi termolesi a realizzarne uno, verso la metà dell’Ottocento. Oggi, sulla costa di Termoli, a ricordare questa antica tradizione, ne rimangono soltanto due: il trabucco Marinucci e il trabucco Celestino, veri simboli della città.


Le DUNE MOLISANE e la loro stupenda vegetazione

Verbasco garganico

testo e foto di Sara Fusco

Achillea marittima

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Avete mai visto i fiori sulla sabbia? È questo lo spettacolo che mi si è presentato davanti agli occhi la prima volta che sono andata sulle dune di Campomarino e Petacciato.

Transetto vegetazionale

Questi ambienti ospitano una grande varietà di comunità vegetali e animali in territori molto ristretti, compresi tra mare e terra. Le condizioni di vita molto difficili (vento, sale e substrato instabile) fanno sì che vi possano vivere solo animali e piante altamente specializzati, spesso esclusivi di questi habitat. Le dune sabbiose forniscono, inoltre, anche importanti servizi ecosistemici, quali la protezione delle aree retrodunali dagli effetti del vento e del sale, il controllo dell’erosione costiera, l’attrattività turistica legata alla balneazione e altre attività ricreative. Purtroppo le coste sabbiose del Mediterraneo sono ambienti estremamente vulnerabili e minacciati sia dall’erosione marina che dalla crescente pressione antropica. Questi fattori, insieme al continuo calpestio e alla costruzione di grandi stabilimenti balneari, provocano nel tempo la riduzione e/o la scomparsa di molti habitat di questo tipo, con conseguenze negative sia sulla biodiversità che sul benessere umano. Una duna degradata perde la capacità di proteggere le aree interne dal vento e dalla salsedine e di mitigare gli eventi climatici estremi, oltre a essere poco attraente per i turisti. In Molise sono presenti ampie estensioni di aree dunali ancora ben conservate e per questo motivo la Comunità Europea ha istituito tre Siti di Importanza Comunitaria (S.I.C.), che fanno parte della Rete europea Natura 2000, e finanziato la loro tutela attraverso il progetto europeo Life Maestrale. In questo articolo voglio raccontarvi di alcune piante che crescono in questi ambienti, di come riescano ad adattarsi a questo particolare territorio, a volte estremo, e come ognuna si sia altamente specializzata occupando uno spazio specifico, come mostra il transetto di vegetazione (disegno in alto). 123 Guida Turistica del Molise 2020


Panoramica sulla fascia dell’Elymeto

Sparto meridionale

Achillea marittima

La prima zona, detta Cakileto, è quella più prossima alla battigia e, perciò, maggiormente esposta alla salsedine e ai venti; la specie che dà il nome a quest’area è il Ravastrello marittimo una piccola pianta grassa che resiste in prima linea e protegge i suoi semi in un involucro così duro da riuscire anche a essere trasportato lontano dal vento e dalle onde del mare. La seconda fascia è quella dell’Elymeto, che prende il nome dalla Gramigna delle spiagge, una graminacea dall’aspetto molto aperto e rado, caratterizzata dalla presenza quasi costante di poche altre specie dunali. L’adattamento a questi ambienti ostili ha portato, ad esempio, l’Achillea marittima ad avere un bellissimo colore argenteo per riflettere i raggi solari e proteggersi da essi mentre, nel periodo della fioritura, mostra dei piccolissimi fiori gialli. Il Finocchio litorale spinoso, invece, ha fiori bianchi in grosse corolle e ha ridotto al massimo l’estensione delle sue foglie, tanto da sembrare quasi spine; questo gli permette di ridurre l’evapotraspirazione (per riuscire a trattenere più acqua) e proteggersi dal clima arido.

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Finocchio litorale spinoso e Calcatreppola marittima

Proseguendo verso l’interno, le dune embrionali mobili si fanno più consistenti. La specie più caratteristica e tipica della zona dell’Ammofileto è una poacea perenne, la Sparto meridionale, che con le sue radici notevoli, sia per la loro estensione che per le proprietà meccaniche, fissa la sabbia e contribuisce a dare origine a queste strutture geomorfologiche. La composizione floristica tipica di questo ecosistema comprende anche altre varietà di piante. Tra queste, il Vilucchio marittimo mi ha sempre affascinato. Cresce rasoterra e i suoi boccioli sono posizionati ad altezze diverse per assicurarsi

la fioritura; il vento, spostando la sabbia, ne espone i boccioli. La Calcatreppola marittima, dagli incantevoli fiori di colore viola lucente, per contrastare l’evapotraspirazione ha foglie durissime. La più delicata di tutte è l’Euforbia marittima: il suo piccolissimo fiore è protetto da foglioline che formano una coppa nella quale la mattina è possibile osservare una goccia di rugiada che “innaffia” l’inflorescenza. Dietro le prime dune mobili, stabilizzate dallo Sparto meridionale, si crea una zona riparata con rilievi più modesti dove il substrato è ancora sabbioso ma con una certa componente di materia organica che li rende più compatti. Vilucchio marittimo


Pratelli retrodunali con Silene colorata

Qui si formano i pratelli retrodunali dove crescono piante come la Silene colorata, che esibiscono bellissime infiorescenze. La pianta più spettacolare di quest’area è il Verbasco del Gargano, endemico dell’Italia centro-meridionale. I suoi fiori gialli, che si arrampicano verso il cielo, rendono queste aree davvero magiche. A volte nelle piccole valli poste fra i cordoni litorali (zone sabbiose) si sviluppano delle depressioni dove l’accumulo di materiale fine rende impermeabile il suolo e fa sì che si formino dei laghetti retrodunali. A Campomarino Lido questa zona umida retrodunale si trova a nord del centro abitato, prima del fiume Biferno; quest’area si tinge di rosa durante la fioritura, che avviene nonostante l’elevata salinità dell’acqua. Infine, la vegetazione dei litorali sabbiosi raggiunge la sua forma più complessa ospitando specie arbustivo-arboree sempreverdi: la profumata macchia mediterranea.

Laghetti retrodunali

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Cisti

Panoramica sulla fascia della Macchia mediterranea

A Campomarino è presente la stazione più a nord del Ginepro coccolone, Juniperus oxycedrus subsp. Macrocarpa, il cui habitat ha ricevuto protezione europea prioritaria (Direttiva 92/43/EEC). In quest’area si possono osservare molte altre specie oltre alla bellissima fioritura dei Cisti, cresciuti dopo (e grazie) a un grande incendio che ha investito l’area nel 2007. Sono piante, infatti, i cui semi si attivano con le alte temperature.

Avete mai visto i fiori sulla sabbia? Ve li ho raccontati in poche parole ma bisogna vederli dal vivo per apprezzarli in tutta la loro bellezza, per sorprendersi di fronte alla loro capacità di sopravvivere in condizioni di estrema difficoltà e per godere dei loro meravigliosi colori variopinti.

«La spinta verso la vita genera miracoli stupendi»

Sara Fusco Responsabile azioni naturalistiche del progetto Life Maestrale K LIFEMAESTRALE.EU

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La Vita si cammina

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“... andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi” Henry David Thoreau Vivere appieno l’atmosfera di un ambiente naturale significa riuscire a coglierne forme, colori e profumi, anche quelli meno evidenti. Con l’aiuto di una guida naturalistica abilitata tutto ciò è possibile, perché è capace di trasformare, con grande professionalità e passione, una semplice visita in un’esperienza unica ed emozionante.

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È l’otto dicembre, il giorno che introduce le festività natalizie. Il sole brilla alto nel cielo di Agnone, indisturbato da nuvole, e riscalda l’aria fredda e pungente che scende dalle vicine montagne. Il centro cittadino è immerso- nel fe stoso brulicare dei volti sorridenti di quanti, passeggiando tra vicoli ricchi di storia e tradizioni, si scambiano auguri e aspettative sull’evento della secolare tradizione 130 Guida Turistica del Molise 2020


LA ’NDOCCIATA DI AGNONE Un fiume di fuoco attraversa ec i secoli

Foto di Riccardo Malorni

di Mariagiovanna Antinolfi

citat dina, previsto per il at rdo pomeriggio. u M siche gioiose, addobib natalizi e un of rte senso dell’atet sa accolgono i visitaot ri c e o i o sem e o ume osi iu o o del u f oco più rappresentait vi al om ndo: la ’Ndocciata.

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È grazie alla mia passione per la fotografia che torno con piacere ad Agnone, un borgo tra i più belli della regione, per catturare, ogni volta con emozioni nuove, gli istanti più suggestivi di questa lunga processione di fiamme e scintille prodotte dalle ’ndocce: lunghi fasci di legno intrecciati a ventaglio, culminanti in rami di ginestre essiccate da cui la fiamma divampa con schioppettante avidità. Con questo rituale ancestrale e propiziatorio, nella notte dei tempi, si salutava l’arrivo dell’inverno, affidando alle doti purificatrici del fuoco le speranze sull’avvenire. La città offre tante buone occasioni per ingannare l’attesa dell’accensione della prima ‘ndoccia: caseifici artigianali, botteghe del rame, deliziose pasticcerie, profumatissimi forni inebriano letteralmente i sensi dei visitatori, rinvigorendone corpo e spirito, prima che siano catapultati nel fiume di fuoco che, di lì a poco, invaderà il lungo Corso Vittorio Emanuele.

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Per non parlare della gratificazione che ricevono occhi e anima se ci si addentra in una delle 14 chiese che impreziosiscono il borgo di bellezza, arte e storia. Insomma, in questa antica città dell’entroterra molisano è impossibile annoiarsi o restare indifferenti all’avvicendarsi dei secoli che in ogni angolo del paese hanno lasciato, indelebili, i segni della resilienza di un popolo - gli Osci un tempo, i molisani oggi - così gelosamente e orgogliosamente attaccato alle proprie tradizioni. E, tra queste, il rito della ’Ndocciata è senza dubbio una delle più sentite e partecipate. Con gli occhi pieni di bellezza e il corpo rinvigorito dalle prelibatezze locali si giunge, in trepida e crescente attesa, al momento tanto desiderato dell’accensione delle ’ndocce, alla cui preparazione gli agnonesi lavorano tutto l’anno.

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Preceduti da una sfilata di figuranti in costume tradizionale, formata soprattutto da donne e bambine, gli uomini del paese si susseguono con ritmo incalzante e fiero, recando in spalla queste imponenti torce. Aprono il corteo, come giovani virgulti, i bambini e gli adolescenti, sui cui volti è immediata la lettura dell’orgoglio e della gioia con cui contribuiscono, guidati e incitati

dai padri, ad accendere l’entusiasmo delle migliaia di spettatori che affollano i lati del corso, stretti dietro alle transenne che delimitano il percorso delle ’ndocce... poi, via via, sfilano diverse centinaia di portatori più esperti, che reggono sulle spalle enormi “ventagli” formati anche da venti e più ’ndocce. Come api operose che ronzano attorno ai

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in gruppo, a centro strada, in una piroetta di fiamme, schegge infuocate e fumo, incuranti del peso che portano sulle spalle e delle scintille che piovono a cascata sul pesante mantello che li protegge.

Foto di Riccardo Malorni

fiori piĂš carichi di polline, una moltitudine di giornalisti, operatori televisivi e fotografi (tra i quali anche qualche intrepido fotoamatore come me) segue guardinga gli ‘ndoccieri, in attesa di vederli volteggiare


La musica in sottofondo rimanda a melodie epiche che, in men che non si dica, trasportano l’ascoltatore a quella notte senza tempo in cui il freddo è vinto dal fuoco, il male sopraffatto dal bene, le tenebre disperse dalla luce. Il lungo, faticoso e affascinante cammino degli ’ndoccieri si conclude in Piazza Plebiscito, dove tutte le ’ndocce vanno a formare il gigantesco “Falò della Fratellanza”. Ancora un ultimo scatto prima di riporre la mia reflex nello zaino; gli occhi brillano, non solo per il fumo, ma soprattutto per l’emozione di aver assistito all’impetuoso scorrere del fuoco, al vigoroso incedere degli ‘ndoccieri che con coraggio sfidano le intemperie del futuro, avanzando con fierezza tra le schegge dell’incerto e dell’imprevisto.

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• Ricorrenza storica per la manifestazione è stata la sfilata del 1996 in Piazza San Pietro, alla presenza di Papa Giovanni Paolo II. • La ‘Ndocciata è stata riconosciuta come “Patrimonio d’Italia per la Tradizione” nel 2011 dal Ministro del Turismo. • Nel 2012 è stato emesso un francobollo ordinario dello Stato italiano della serie tematica “Il folclore italiano” dedicato alla ‘Ndocciata, in 3 milioni di pezzi. • Nel 2015 la ‘Ndocciata ha sfilato sulla darsena dei navigli di Milano, come evento di punta di Expo in Città.

Così la danza dell’uomo che attraversa i secoli con la baldanzosa spavalderia dell’incoscienza può ripetersi ogni anno, quasi a voler restituire a ciascuno l’antica eredità di un generoso Prometeo: il fuoco dell’intelligenza e della memoria la cui custodia è, per il popolo agnonese, onere e privilegio. foto di Mariagiovanna Antinolfi, Paolo Pasquale e Sisto Bucci

Tel. 0865 77249 www.ndocciataagnone.it E La ‘Ndocciata - Il Giorno del Fuoco Q Landocciata

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THE ’NDOCCIATA OF AGNONE Eje A E)fEeS QaQIBa"IQe"QVEe ec I

text and photos by Mariagiovanna Antinolfi

It is December 8th and we are close to the Christmas holidays. Joyful music echoes through the streets of Agnone and the buildings are decorated with festoons and colored lights. Everything is ready to welcome visitors in the best way that, every year and more and more, come here to attend one of the most evocative fire rituals in the world: “The ’Ndocciata”. It is a long procession of flames and sparks produced by fan-shaped torches (’ndocce), obtained by weaving bundles of wood culminating in branches of dried gorse from which the flame blazes. Thus, for centuries, with this ancestral rite, the arrival of winter has been welcomed and greetings and hopes for the future are exchanged. Waiting for the parade, walking

through the streets of the center, it is possible to delight the view and the palate thanks to the numerous dairies, the artisan shops, the pastry shops and the fragrant bakeries present. In this way, invigorated by so many delicacies, we arrive at the long-awaited moment of the lighting of the ’ndocce that will invade Corso Vittorio Emanuele. To welcome the thousands of attendees and to announce the beginning of the event there is the parade of people in traditional costume, made up especially of women and children. To open the procession of the bearers of ’ndocce, however, there are children and adolescents who, led and encouraged by their fathers, proudly carry the smallest torches... then, gradually, several hundred more ex-

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pert porters parade, who hold on huge shoulders “fans” also formed by winds and more ’ndocce. Surrounded by a multitude of cameramen and photographers, the porters (’ndoccieri) now move forward with a firm step, now they twirl in a group by twirling the torches, creating a suggestive pirouette of flames. Accompanied by a background of epic melodies, the tiring and fascinating journey of the ’ndoccieri ends in Piazza

Plebiscito, where all the ’ndocce go to form the gigantic “Fire of the Brotherhood”. Thus ends one of the most fascinating manifestations of Molise, with the dance of man and fire: a dance that crosses the centuries and refers to that timeless night in which the cold is overcome by the flames, the evil overwhelmed by good and the darkness is dispersed from the light.

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STAFFOLI HORSES Una vacanza “in sella” nel C uore dell’Alto Molise

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Foto di Annalisa Marchionna

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Il Molise è una terra senza tempo e senza confini; una piccola regione che, come poche altre, ha conservato molto del suo passato e della sua storia, usi e costumi, tradizioni gastronomiche e la straordinaria bellezza di un paesaggio e di una natura che, in ogni stagione, sanno regalare colori, profumi e sapori veramente autentici. Tra le più emozionanti esperienze di visita che offre questa terra c’è la possibilità di organizzare una vacanza che, tra escursioni, trekking, grandi eventi e piatti della cucina locale, accontenta le attese di tutta la famiglia. A Staffoli, piccola località di Agnone, tutto questo è già realtà nella fattoria Staffoli Horses, nata intorno a un antico casolare turrito del ’700 ed estesa per oltre 400 ettari. Era il 1993 quando un gruppo di amici, amanti della natura e di cavalli, ha voluto condividere la propria passione dando vita a una serie di attività e di servizi che permettessero a chiunque di godere delle in-

credibili bellezze del territorio. Per garantire ogni tipo di agio, il casolare e il vicino fienile sono stati trasformati in comode camere e suite molto spaziose, che possono accogliere fino a 50 ospiti, e ben rispecchiano la magica ed elegante atmosfera rustica e country di questo luogo. Dotate di tutti i servizi, sono attrezzate anche di ogni comfort. Nella vasta tenuta si trovano diversi percorsi che attraversano suggestivi querceti, noccioleti e verdi prati da poter scoprire a piedi e, soprattutto, con i veri protagonisti di questo luogo: i magnifici cavalli che fanno di Staffoli il punto di riferimento di tutti gli appassionati di equiturismo. Affiliati alla Federazione Italiana Sport Equestri e alla Federazione Italiana Turismo Equestre e Trec Ante, gli istruttori si occupano della cura di oltre 50 meravigliosi Quarter Horses, provvedendo al loro allevamento e addestramento e organizzando anche corsi di equitazione.


ta anche molti altri animali... qui si allevano, infatti, cinghiali; numerosi capi di ovini, come la razza Gentile di Puglia (nota anche come Merino d’Italia); bovini di razza Limousine e Pezzata Rossa italiana, adatte rispettivamente alla produzione di carni e latte di grande qualità. E ancora: suini come la Cinta Senese e il Pelatello o Suino Nero casertano, quest’ultimo incrociato con i Duroc sempre accuditi in azienda.

Foto di Annalisa Marchionna

Questi splendidi esemplari accompagnano i visitatori in brevi piacevoli escursioni o giornate di trekking organizzate dalle guide all’interno della tenuta e in tutto il territorio circostante. Scoprire il paesaggio insieme a questi nobili animali è un’esperienza veramente intensa che porta lontano nel tempo, quando si cavalcava alla conquista di terre sconosciute. Da vera fattoria qual è, Staffoli Horses ospi-

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La presenza di vasti prati utilizzati per il pascolo e di estesi boschi di querce e nocciole consente di adottare un metodo di allevamento di tipo semibrado, che permette all’animale di crescere a stretto contatto con la natura. Il latte e la carne che ne derivano si caratterizzano, così, per la loro inconfondibile e genuina sapidità oltre che per l’elevata prelibatezza. Sono questi i sapori portati in tavola all’interno dell’agriturismo: piatti che raccontano il territorio e il duro lavoro nei campi; sapori semplici ma allo stesso tempo unici, sani e, oggi, molto ricercati. La pasta proposta è quella della tradizione, esclusivamente lavorata a mano, condita con le straordinarie pregevolezze che la terra regala stagione

dopo stagione. Non meraviglia, dunque, che il menù della Locanda preveda degli ottimi “cazzariegli e fagioli” e “tacconelle al sugo di cinghiale o di maiale”. Tra i secondi piatti si fanno notare con grande evidenza le succulente bistecche di carne di Limousine e di agnello alla brace. Non mancano, inoltre, prelibati salumi prodotti nei laboratori della fattoria e deliziosi formaggi ottenuti dal latte aziendale trasformato in un vicino caseificio. Si può veramente affermare che il famoso Chilometro Zero, da Staffoli Horses, diventa Metro Zero. Ciò che non è prodotto in azienda, come olio, vino, i famosi tartufi molisani e tante altre pregiate materie prime, viene comunque ricercato sul territorio.

144 Guida Turistica del Molise 2020


Foto di Annalisa Marchionna


Dopo aver soddisfatto il palato, è possibile rilassarsi facendo una rigenerante passeggiata, un corso di Nordic Walking seguiti da un istruttore o, più semplicemente, riposare a bordo piscina e godere della splendida e incontaminata atmosfera che si respira in questo luogo. Ma le sorprese che regala Staffoli Horses certamente non finiscono qui! Impossibile, infatti, parlare di Staffoli senza ricordare la famosa Corsalonga Western Show, un evento unico, programmato ogni anno in piena estate, giunto ormai alla 31a edizione. Un’intera settimana dedicata a gare equestri, tra cui lo Special Event Staffoli Speed, che coinvolgono cavalli, cavalieri e in molti casi anche vitelli, dove si mostra e si misura l’abilità e la destrezza dei partecipanti. Si tratta di alcuni dei più importanti campionati organizzati su scala nazionale, che attira decine di migliaia di curiosi e appassionati, complici anche la straordinaria accoglienza gastronomica e le animazioni dedicate a grandi e piccini, tra giri in elicottero, esposizioni di artigianato e prodotti locali, aree giochi attrezzate e buona musica country. Il clima della manifestazione regala un vero e proprio viaggio nel lontano e selvaggio West.

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Ottima cucina, tanto divertimento, aria pura e una natura incontaminata sono gli ingredienti che fanno di Staffoli Horses la destinazione ideale per tutti gli amanti di questo tipo di vacanza.

Una struttura che supera tutte le aspettative, che riesce a esaudire ogni tipo di desiderio e che, in qualunque stagione, regala sempre grandi e forti emozioni.

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147 Guida Turistica del Molise 2020


Il Molise è‌

unviaggionellanatura

Foto di Mariagiovanna Antinolfi

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Castel San Vincenzo Lago di Castel San Vincenzo Un manto d’acqua color turchese è lo spettacolo che appare nel cuore delle incontaminate Mainarde. Quando l’uomo incontra la natura possono nascere scenari veramente straordinari, come quello del lago di Castel San Vincenzo, un invaso artificiale realizzato alla fine degli anni ’50 per scopi idroelettrici, che è una perla perfettamente incastonata nel territorio che lo ospita. Intorno al lago si è formata, infatti, una bellissima cornice naturale dove è possibile praticare diverse attività sportive e ricreative.

E Lago Castel San Vincenzo


La nobile Arte del T raforo A CAMPOBASSO testo e foto di Vittorio Mancini

«Francesi di Nogent, tedesche di Solingen, inglesi di Sheffield… e naturalmente italiane di Campobasso»

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Aldo Perrella

Con queste parole, nell’articolo “Forbici e dintorni” apparso sulla rivista «Lame d’Autore» nel 2005, l’esperto Carlo Vittalone afferma che, tra le migliori produzioni europee del settore, un posto di diritto spetti a quelle del capoluogo del Molise. Forbici che, oltre a essere di eccellente qualità, sono anche eleganti, perché realizzate in acciaio traforato. Nello stesso servizio viene chiarito che mentre nei tre centri stranieri la lavorazione artigianale si è già da tempo trasformata in industriale, a Campobasso, invece, «la produzione di forbici tradizionali si è perpetuata sino ai giorni nostri, con validi artigiani che perpetuano la tradizione». Aldo Perrella, Antonio Muccino e

Nicola Francescone sono i “validi” artefici che con abilità cesellano non solo forbici ma anche tagliacarte, coltelli e un’infinità di altri oggetti; in tal modo mantengono ancora viva l’originale forma di artigianato nata e sviluppatasi a Campobasso. Quest’arte è considerata così tipica che quando giunge in città qualche illustre personaggio gli viene immancabilmente regalato un “traforato”, perché è l’oggetto che più e meglio rappresenta il capoluogo. È stato così per Papa Francesco e il Presidente Mattarella. Ma questi sono solo due fra i nomi più recenti di una lunga e straordinaria lista di personalità di spicco. Nel negozio-laboratorio di Via Cardarelli 47, Aldo Perrella espone la sua produzione ed è possibile osservarlo mentre, con pochissime concessioni alla modernità, cesella l’acciaio seguendo una tecnica ideata ormai due secoli fa.

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Antonio Muccino

Per incontrare Antonio Muccino, invece, bisogna recarsi in Via San Giovanni 328. Il suo è un laboratorio-rifugio nel quale, nel tempo libero, continua a eseguire con passione tutte le fasi di quest’antica arte: disegno, bulinatura, traforo, sagomatura, riporto, cesello, punzonatura, lucidatura e pulizia finale. Perrella e Muccino sono stati allievi di Mario Villani, maestro traforatore che negli anni ’80, auspice la Regione Molise, tenne un corso di formazione professionale grazie al quale la tradizione è sopravvissuta fino a oggi.

Nicola Francescone

Proprio perché allievi dello stesso maestro, essi compiono gesti simili, a ben guardare, producendo oggetti sempre diversi. La caratteristica principale dei “Campobasso”, infatti, è proprio questa: ogni manufatto è unico e differente dagli altri, pur se simile nella forma. Nicola Francescone, invece, che ha il negozio in Via Monforte 24, è un autodidatta. Ma ha dalla sua la circostanza di provenire da Frosolone, che con Campobasso condivide il titolo di patria molisana dei coltelli, e di essere a sua volta abile ed esperto coltellinaio.

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Perciò, quando ha deciso di intraprendere anche lui la via del traforo artistico, ha potuto man mano specializzarsi pure in questa tecnica con sempre maggiore abilità, tanto da poter esibire un vario campionario di oggetti all’altezza della tradizione. Per chi giunge a Campobasso, dunque, dedicare un po’ di tempo per una visita ai tre artefici, dovrebbe essere un must. Stringere in mano i loro traforati, o magari vederli all’opera mentre li realizzano, è un po’ come compiere un viaggio nel tempo. Un viaggio iniziato più di duecento anni fa e che ora proviamo a ripercorrere. Siamo a metà del ’700. I “Mastri ferrai” di Campobasso, abili soprattutto nel produrre armi, godono già di chiara e meritata fama. Ma due avvenimenti rischiano di mettere fine alla loro attività: gli inglesi introducono il metodo di produzione dell’acciaio per fusione (rendendo le loro

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lame molto più economiche delle altre) e il Re di Napoli Carlo di Borbone stabilisce, nel 1750, che le armi possono essere prodotte solo nelle officine dell’area di Napoli e non più altrove. Un doppio durissimo colpo, dunque. Ma i “nostri” reagiscono: riconvertono la produzione in attrezzi agricoli e minuterie, forbici e coltelli su tutti, concentrandosi sulla qualità dei loro manufatti, mantenendola altissima proprio per poter contrastare quelli britannici. È in tale contesto, tra la fine del Settecento e il primo Ottocento, che nasce l’acciaio traforato. Il merito è di Carlo Rinaldi e Francesco Foresta che per primi hanno l’intuizione di rendere “eleganti” le loro lame, lavorandole artisticamente. Per una fortunata coincidenza temporale, nel 1809, nascono a Napoli le prime mostre “nazionali” delle manifatture: idea nata durante il Decennio Francese, ma poi mantenuta dai Borbone ritornati al potere e portata avanti fino all’Unità d’Italia. La sistematica partecipazione degli artigiani nostrani alle rassegne, sia nazionali che universali, contribuisce a far conoscere e apprezzare in tutto il Regno i ca-

ratteristici acciai lavorati artisticamente e i loro produttori che, ogni volta, fanno incetta di medaglie e riconoscimenti. Le cronache dell’epoca si riempiono coi nomi di valenti artigiani molisani, come quelli delle famiglie Rinaldi, Villani e De Stefano e ancora Michele Gravina, Scipione Santangelo e i maestri frosolonesi Fazioli e Fraraccio. Non è un caso che anche il re Vittorio Emanuele II, venuto a conoscenza delle abilità dei maestri di Campobasso, abbia deciso di rivolgersi a uno di loro, Bartolomeo Terzano, per la realizzazione di un dono destinato a Napoleone III. Il Novecento, con le due guerre mondiali, assesta un altro duro colpo alla produzione. Ma non vengono meno né la qualità né la bellezza: altri artefici, degni successori di quelli ottocenteschi, mantengono alto, anche nel nuovo secolo, il prestigio acquisito. Tra essi spicca Nicola Mastropietro, geniale artista-imprenditore, che pure si fa apprezzare in varie rassegne in Italia e che si merita il brevetto di fornitore della Casa della Regina Madre Margherita di Savoia, alla quale invia un elegantissimo porta giornali da salotto di eccezionale fattura.

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Per il suo negozio in Corso Vittorio Emanuele, realizza perfino l’insegna (la scritta Nicola Mastropietro) composta tutta da lettere in acciaio traforato di rilevanti dimensioni e di squisita raffinatezza. Se Mastropietro è stato il “faro”, non si possono tuttavia dimenticare anche gli altri maestri del ’900. Tra essi, soprattutto Giuseppe Lanza, giunto a Campobasso da Frosolone, che pur lavorando con un braccio solo, a causa di una menomazione subita in guerra nel 1917, realizza oggetti meravigliosi immortalando nell’acciaio perfino due grandi storie d’amore, per certi aspetti simili: quella di Romeo e Giu-

lietta e quella di Fonzo Mastrangelo e di Delicata Civerra, gli “amanti di Campobasso”. Quelli ricordati non sono soltanto nomi. Sono mani e uomini che hanno scritto capitoli di un “libro” che racconta la storia di un’arte singolare e bellissima o, se preferite, le tappe del viaggio nel tempo che abbiamo provato a raccontare in queste pagine. Ma per meglio comprendere cosa sia l’acciaio traforato, non basta leggere, non è sufficiente documentarsi, occorre anche vedere gli oggetti dal vivo, toccarli con mano e, magari, osservare gli artigiani all’opera. Che a Campobasso ci sono. E vi aspettano.

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UNA GIORNATA ALL’

Oasi WWF

Racconto di un escursionista in una domenica di maggio testo di Guglielmo Ruggiero - foto di Massimo Martusciello e Pasquale Buonpane

OEe$!aQQ") Me d MI)!Bd e c )NaEafEeIcafEyya"Qe e BEea""V"ca")V"ag)E"aQaBeEfeQQaML)ya"))" c aQQEeyyaQVEaIIee "yaeèBE)"Q)M La!aIQ"ay)"e ed OLefaggeQe!B)"e"QNBa")EaEIc c Ba")Ea! e aBeEdQa )ca)Ied ecR EjaEeg)"aeGVaEd d aEegaa!B)c C aE)OaIWWFe d 156 Guida Turistica del Molise 2020


Oltre tremila ettari di pura bellezza, una delle oasi più grandi e selvagge in gestione al WWF, la più grande, per estensione, dell’Italia peninsulare. L’Oasi, nata nel 1997, è un cuore verde di rara bellezza, uno scrigno di biodiversità straordinario. E in questa stagione gli “incontri” non deludono mai. Orchidee dai colori e dalle forme meravigliose costellano i prati verdeggianti. Le foglie dei faggi, dal colore verde tenue, iniziano a ornare i rami, donando caratteristici giochi di luce e ombre che regalano serenità e piacere agli occhi. È come trovarsi improvvisamente dentro un acquerello dalle

policromie contrastanti e delicate. I profumi intensi e i suoni della primavera riempiono gli spazi vuoti e silenziosi dell’inverno che ora è solo un lontano ricordo. Corsi d’acqua limpida si fanno strada tra rocce, muschi, radici e tronchi che, a prima vista appaiono come protagonisti di un ecosistema caotico e senza senso, ma che, al contrario, rappresentano l’armonico, incantevole ed essenziale elemento che uno sguardo curioso sa apprezzare, cogliendone la bellezza e la disposizione ordinata secondo la logica della natura. Una grande ricchezza d’acqua per gran parte dell’anno. 157

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Dove c’è acqua vi sono gli anfibi, una presenza fondamentale dell’Oasi. Con un pizzico di fortuna è possibile l’osservazione di un raro endemismo italiano come la Salamandrina dagli occhiali, simbolo della Riserva. Inoltre, nel sottobosco della faggeta, nelle zone più umide e fresche, non è difficile imbattersi nella grande Salamandra pezzata. Spettacolari e straordinari fenomeni carsici, come il canyon del torrente Quirino; la cascata di San Nicola, con un salto di circa cento metri; le grotte di Pozzo della Neve (profondità -1.048 metri) e Cul di Bove (profondi-

tà -913 metri), che sono tra i più profondi abissi d’Europa, fanno di questa area protetta un luogo unico nel suo genere, per bellezza e biodiversità. I pianori carsici presenti all’interno della Riserva, “conche naturali” costituite da rocce calcaree formatesi in seguito alla dissoluzione del carbonato di calcio, talvolta si riempiono d’acqua originando laghetti effimeri di suggestiva bellezza. Con l’approssimarsi dell’estate l’acqua viene scaricata attraverso vie sotterranee; questo perché sul fondo delle doline è quasi sempre presente un inghiottitoio (imbuto naturale) attraverso il quale l’acqua meteorica penetra nelle cavità sotterranee. E così, dove prima c’era acqua ora vi è una vivace esplosione di colori. Infatti, i pianori carsici dell’Oasi, in primavera, quasi come per magia, si tramutano in veri e propri “giardini”

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naturali popolati da infiorescenze di Genziana, Ranuncolo giallo e Crocus, costantemente e metodicamente “bottinati” da api, farfalle e da una schiera di insetti il cui ronzio fa da colonna sonora al racconto che la natura, giorno dopo giorno, mette in scena. L’Oasi ospita circa 340 specie di farfalle tra notturne e diurne e, tra gli altri insetti, la rara e bellissima Rosalia alpina. È arrivato il momento di riposare. Mi distendo sul prato di Piana Marianella e, grazie alle correnti ascensionali di quota, posso ammirare Poiane, Nibbi reali, Falchi pellegrini che, lasciandosi sostenere dal vento, volteggiano alla ricerca di piccole prede. E mi viene in mente il raro Lanario, presente nell’area delle gole del Torrente

Quirino, un rapace che rappresenta una vera e propria eccellenza. Il cielo della Riserva ha in serbo per me altre meraviglie: sui costoni del Monte Mutria nidificano il Gracchio alpino e, su tutta l’area, il Corvo imperiale, il Picchio rosso maggiore, il Picchio verde. 159

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È tempo di rimettermi in cammino. Poco distante dal luogo in cui ho fatto la mia sosta, lì, in bella vista, al centro del sentiero, vi è una “fatta” di lupo. Il lupo è senza alcun dubbio il signore dell’area protetta. Le recenti ricerche lo segnalano soprattutto lungo i sentieri forestali alle quote più basse di Monte Mutria e alle quote medie sui pianori carsici di Campochiaro. Una presenza schiva, discreta ma preziosa e fondamentale per i processi ecologici.

L’escursione sta per terminare. E io, soddisfatto di aver trascorso una bellissima giornata immerso nella natura dell’Oasi WWF di Guardiaregia - Campochiaro, rivolgo a te lettore l’invito a programmare una giornata in questo luogo fantastico, magari accompagnato da una Guida Ambientale Escursionistica che possa farti godere appieno delle meraviglie che questo pezzettino di mondo rivela a chi ha occhi per vedere e orecchie per sentire.

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www.oasiguardiaregia.wordpress.com Per escursioni all’interno dell’Oasi Guida Ambientale Escursionistica associata AIGAE Guglielmo Ruggiero m 349 6728602

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FRAMMENTI D’ANTICO

UN TUFFO NEL PASSATO NELLA “PERLA DEL MOLISE” ag") B TEg") e d )g"a"") IjeIQea"Qc d )Ne BeEV""QeEa g)E"aQaNfaV"IaQ)"dQE) e "eQe!B)N)" c V")Eg) b a"!aQ) ad gVEa"Q S "abQB)c e d ae Eej)cay)"Ece c )Eda")a IQ)Ecy)"e ae e "dS ace Nd aFaQaTEg""ae "c"daIQe e c )e d )M

Ogni mese di agosto, come da tradizione, si celebra l’elezione dei due Sindaci di Bagnoli del Trigno, in ricordo di quelli che un tempo governavano la “Terra di sopra” e la “Terra di basso”. La manifestazione ha inizio con lo sfarzoso corteo dei nobili, guidati dal Duca, che si muove dal castello verso la piazza principale del borgo, dove li attendono “i capifuoco”, ossia i capifamiglia di un tempo, che procedono all’electio sindaci con

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La a" IaS ejeIQE) d cS èBaEQc)aEeBeEVe d !)Qjb IIee "d))IQEVQa c QEaVe d a!!aIIE)c)Ic NBEeIe"Qa l’ingresso principale lungo la facaQa c aQeEaea!Ba" c c Ne ")QEeNèIQacaQ) c )EB) ac d BE"cIae IBae ae c e d ""ayaEed QQa!e"QeIVa "VdaBeQEaM

l’antico sistema della fava e del fagiolo. Il fagiolo rappresenta il voto affermativo, mentre la fava indica il voto negativo; al termine della votazione, viene eletto chi ha ricevuto più fagioli. Sembra che proprio da questa tradizione deriverebbe il famoso detto “è andata a fagiolo”. Conclusa questa procedura, che si svolge sotto l’attento sguardo del popolo, il corteo riprende la sua sfilata verso la parte bassa del paese, al calar della sera, dove si celebrano i riti in onore di Santa Caterina (che dà il nome anche al rione più antico del paese); è volontà

del Duca, con questa celebrazione, ringraziare la Santa per essere scampato al pericolo dei briganti. Il tramonto dà inizio alla festa, con piatti tipici, musiche, balli ed esibizioni di gruppi di artisti, musicali e folclorici provenienti da tutto il Molise e non solo. Tutto è a tema, a partire dalla moneta circolante: gli euro, infatti, sono tutti convertiti in antichi ducati che vengono utilizzati presso gli stand allestiti lungo le strade. Tante le pietanze preparate, soprattutto tradizionali, espressioni delle tipicità bagnolesi; tra queste lo scarcio (un tipo di frittella), 163

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pappardelle al sugo di cinghiale, il macciucch (un latticino tipico del luogo), lo scattone (un antico piatto a base di pasta e vino) e molti altri. Le sorprese, però, non finiscono qui. Si racconta che, sin dai tempi antichi, nel cuore della notte, dal castello Sanfelice (che domina il borgo dall’alto di un imponente costone roccioso) si liberassero delle fate. Chiunque le avesse viste avrebbe potuto esprimere un desiderio che si sarebbe di certo realizzato. In ricordo di questa leggenda, allo scoccare della mezzanotte, va in scena il “Volo della Fata Trignina” dal castello fino alla sottostante Piazza Olmo, tra luci, musiche e fuochi pirotecnici. In quella stessa notte, prosegue la tradizione, pare che un giovane sposo abbia portato la serenata alla sua “zita”; lei dapprima si affaccia al balcone e poi scende in strada, dove le famiglie dei giovani trovano l’accordo sulla “dodda” (la dote), il corredo della sposa. Ma quando i due stanno per abbracciarsi ecco arrivare il Duca per rivendicare lo ius primae noctis, il diritto di passare la prima notte di nozze con la sposa. È l’ennesima angheria, l’ultima, che spinge la folla a ribellarsi: il Duca viene ucciso e il castello dato alle fiamme. 164 Guida Turistica del Molise 2020


I giovani possono finalmente sposarsi, la popolazione è libera e i festeggiamenti posso proseguire. L’incendio al castello, rievocato da spettacolari fuochi di oltre venti minuti di durata, accompagnato da musiche epiche, chiude la manifestazione lasciando i partecipanti a bocca aperta e con la voglia di ritornarvi, ogni anno, il 18 agosto. Frammenti d’Antico, evento egregiamente organizzato, è così diventato negli anni una delle principali manifestazioni non solo dell’estate molisana ma di tutto l’anno, in grado di richiamare quasi trentamila persone in un paese dove, solitamente, ve ne abitano meno di mille. L’aver iniziato a invitare personaggi illustri per interpretare il Duca,

solitamente attori del mondo del cinema e della televisione, e Miss Molise nelle vesti della Duchessa, ha contribuito a far crescere ancora di più la manifestazione. Il paese, così, già bello e caratteristico di suo (tanto da meritarsi l’appellativo di “Perla del Molise”), con il Castello Sanfelice e la Chiesa di San Silvestro che dominano la vallata circostante, diventa ancor più magico, riportandoci a tempi antichi, tra allegria e divertimento. Una giornata impossibile da dimenticare, sempre uguale eppure diversa, che anno dopo anno vi farà trascorrere ore in un’atmosfera festosa e tipicamente medievale. 1 ccplaperladelmolise.it

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La

Zampogna di Scapoli Me)de ec

risuonano in un aEQga"aQ) di eccellenza

Discendente del mitico flauto di Pan, questo antico strumento musicale agreste rappresenta storicamente il fedele compagno dei pastori, che si intrattenevano con divertenti melodie quando conducevano le loro greggi al pascolo. 166 Guida Turistica del Molise 2020


In tutto il mondo, è noto, il suono delle zampogne annuncia l’imminente arrivo del periodo natalizio, ma a Scapoli, un piccolo comune della provincia di Isernia, il loro suono ancestrale riecheggia tutto l’anno. All’inizio del ’900 Benedetto di Fiore, talentuoso zampognaro, fondò la “Bottega Artigiana”, fucina di grandi maestri del passato e anche mo-

derni. Oggi, la passione di un piccolo gruppo di valenti artigiani, custodi di antichissime tecniche, continua a dare vita alle famose zampogne molisane, partendo da pregiatissime tipologie di legno e mantenendo ancora attiva la storica fabbrica locale. È un’arte che ha trasformato il piccolo comune molisano nella Capitale delle Zampogne.

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Le tradizionali zampogne di Scapoli sono di due tipi, “a chiave” e “zoppa”, e i numerosi modelli prodotti nel corso del tempo sono oggi raccolti all’interno del Museo Internazionale della Zampogna, ospitato nel bellissimo palazzo Mancini, nella parte alta del comune. Gli allestimenti interessano ben tre piani espositivi, dove si possono ammirare zampogne di rara bellezza provenienti da tutto il mondo e realizzate in epoche diverse, accanto a testimonianze letterarie e fotografiche.

Per valorizzare questo straordinario strumento, ogni anno il comune realizza il famoso Festival Internazionale della Zampogna di Scapoli, un evento che si ripete da 43 anni e attira migliaia di visitatori curiosi di scoprire i suggestivi scorci di questo territorio e le straordinarie bellezze dell’artigianato locale.

NaQVEaa!b e "Qe e NIQ)EaQEad e y)"eNaEQeNVQVEa c gaIQE)")!a e )"jj)") c DVad Ie)c "V"aE!)"a BE)f)"da de acaQQja"Qe c N " gEad) d )EEe g"gEe"Q ed aed BeEV"QVEI!)VQVEae c d DVaQà e BeE V"IBe e Ee"ya fV)E ad Ec c VQVcaM

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Scopri di più su museodellazampogna.it

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Festival della Vita VjeEeèMMMDa)gaEe

Ideato dal dott. Raffaele Mazzarella e promosso dal Centro Culturale San Paolo presieduto da don Ampelio Crema, con il sostegno del Gruppo Periodici San Paolo, il “Festival della Vita” è diventato un grande progetto culturale, fucina di idee e di proposte, che coinvolge e unisce famiglie, giovani, imprese, istituzioni, scuole, comunità religiose e organizzazioni culturali con l’unico scopo di celebrare la vita, nella sua unicità e preziosità! Una manifestazione itinerante, “diffusa”, che prevede l’organizzazione di una serie di appuntamenti volti al confronto e al dialogo, che si concludono tradizionalmente con l’evento clou: la serata del Gran Galà. Il tema scelto per l’XI edizione, che si terrà dal 30 gennaio al 7 febbraio 2021, è “Vivere è… Dialogare” e apre a una serie di incontri con realtà locali e nazionali allo scopo di condividere esperienze e iniziative capaci di attrarre positività, competenze, talenti e saggezze che persone di buona volontà mettono a disposizione quale esempio di buona comunità, nell’essere e nell’agire.

Centro Culturale San Paolo - Odv Caserta, via Roma 19 m 349 1066912 K www.festivaldellavita.it 169

Guida Turistica del Molise 2020


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C.da Canniveri, 13 - Zona Industriale Tel. 0875 968962 www.dipaolonino.com dslsalumi@gmail.com E Di Paolo Nino

ORATINO

C.da Peschiatura, 29 Tel. 0874 38292 - 371 4214878 E B&B Oratino Campobasso - Il girasole A casa di Ale

Bed and Breakfast IL VIGNETO Strada Comunale Lenze, 6 Tel. 0874 38453 - 333 6376790 www.bedandbreakfastilvignetooratino.it E Bed & Breakfast “Il Vigneto”

Bar Gelateria Ristorante LA VESPA C.da Aia Serra, 15 Tel. 333 5287624 E Q La VESPA Oratino

■ RIPABOTTONI

Bed and Breakfast ART & BREAKFAST Corso Vittorio Emanuele, 50 Tel. 377 9546955 www.artandbreakfast.it E Art & Breakfast Q Artandbreakfastripabottoni

Torrefazione CAFFÈ CAMARDO Via Bartolomeo Camardo, 2 Tel. 0874 61717 www.caffecamardo.com E Caffè Camardo Q camardo_coffee

ROCCAVIVARA B&B Casa vacanza LOCAZIONE TURISTICA ARCOBALENO

Via Armando Diaz, 14 Tel. 0874 875093 - 338 2636770 www.locazioneturisticarcobaleno.it E Q Locazione Turistica “Arcobaleno”

ROTELLO Caseificio MORSI & SORSI CASEIFICIO ROSATI

C.da Piano Palazzo Tel. 320 0850893 E Morsi & Sorsi Caseificio Rosati Q caseificio_rosati

PAGINE UTILI

Bed and Breakfast IL GIRASOLE A CASA DI ALE

RIPALIMOSANI

SAN MASSIMO Dimora rurale IL CAMPANACCIO

Via Petrera - Loc. Ainieri Tel. 0874 780339 Tel. 339 7011800 www.dimoraruraleilcampanaccio.it

Tartufi Funghi e derivati TESORI DEL MATESE Via Canonica, 99 Tel. 0874 780351 www.tesoridelmatese.it E Q Tesori del Matese

MATRICE - MONTENERO DI B. - ORATINO - RIPABOTTONI - RIPALIMOSANI - ROCCAVIVARA - ROTELLO - SAN MASSIMO

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Hotel SPA HOTEL MILETTO Tel. 0874 784130 - 334 8067226 www.hotelmiletto.it E Hotel Miletto & SPA Campitello Matese Q hotelmiletto

Rifugio di montagna Ristorante BAITA LA GALLINOLA SP 106 Campitello - Sella del Perrone - Tel. 338 4342876 E Baita La Gallinola

PAGINE UTILI

C.da Defenza, 7 - Tel. 0874 775047 www.ovomatese.it

Caseificio artigianale RIO FREDDO C.da Acqua Larga - Rio Freddo Tel. 0874 1866266 - 328 8391914 www.caseificioriofreddo.com E Caseificio Artigianale “Rio Freddo” di Marco Romano

SEPINO Panificio DI MICHELE NICOLETTA Via Colle, 53 - Tel. 0874 790306

Bed and Breakfast vacanze B&B VESCOVO PITIRRO Via Vescovo Pitirro, 1 Tel. 0875 703215 Tel. 328 0307684

Bed and Breakfast CAIROLY ROOMS Via Cairoli, 9 - Tel. 334 6483700 www.cairolyrooms.com E Q Cairoly Rooms

Bed and Breakfast NUMERO 85 Corso Fratelli Brigida, 85 Tel. 342 8200278 www.numero85termoli.it E B&B Numero 85 Q bbnumero85termoli

Ristorante AGORÀ RISTORANTE Via dei Pioppi,14 Tel. 0875 724311 Tel. 391 3366239 - www.agoraristorante.it E Ristorante Agora Q agoraristorante

Stabilimento balneare LIDO LA VELA

TERMOLI Affittacamere MSCAMERE

Via Elba, 5 Tel. 0875 880098 - 349 0667993 www.mscamere.it E Q mscamere

Affittacamere Casa vacanze STELLA MARIS RESIDENZA RELAX Piazza Bisceglie, 5 Tel. 347 7503950 - www.stellamarisroom.it E Stella Maris residenza relax Q residenzastellamaris

174

Tel. 339 8809550 www.turismol.it E Turismol Q turismoltermoli

SAN POLO MATESE Azienda avicola OVO MATESE

Associazione di promozione turistica TURISMOL

CAMPITELLO MATESE

Via C. Colombo, 67 Tel. 348 3909226 E Q LIDO LA VELA

TRIVENTO Pizzeria Ristorante Bar ISCHIA BLÚ

C.da Vivara, 182 Loc. Piana d’Ischia Tel. 349 5360750 E Ischia Blú Pizzeria Ristorante bar Q ischiablupizzeria

CAMPITELLO M. - SAN POLO M. - SEPINO - TERMOLI - TRIVENTO


Ristorante LU CARRATINO C.da Macchie Rio, 65 Tel. 0874 871904 www.lucarratino.it E Q Lu carratino ■

VINCHIATURO Alimentari PIETRANGELO FILOMENA Piazza Municipio, 32 Tel. 0874 34110

https://alimentari-pietrangelo-filomena.business.site

Casa di riposo per anziani RESIDENZA SAMNIUM

Caseificio SASSANO C.da Macere Tel. 0874 349011 www.caseificiosassano.it E Sassano Q caseificiosassano

Costruzioni edili VENDITTI COSTRUZIONI

Agriturismo Camere Equitazione STAFFOLI HORSES Loc. Staffoli - Tel. 0865 77177 www.staffoli.it E Q Staffoli Horses E La Locanda di Staffoli Horses

Bed and Breakfast MASSERIA ACQUASALSA C.da Rigaini, 33 - Tel. 329 4343654 www.acquasalsa.it E Masseria Acquasalsa Agnone Q masseria_acquasalsa

Panificio LA SPIGA D’ORO Via Saulino, 7/D - Tel. 0865 77451 www.panetteriaspigadoro.it E Panetteria “La Spiga d’Oro”

Ristorante Pizzeria Bar LA PANONDA Via Felice D’Onofrio, 5 Tel. 0865 254381 - 335 1648950 E La panonda Q lapanonda3

Via G. Marconi, 70 Tel. 0874 348058 www.ferrideacolor.it E Ferridea Color

Studio dentistico Dr. LUCA LAURELLI Via A. Volta, 2 Tel. 345 6838753 E St. Dentistico Dr. Luca Laurelli

CANTALUPO NEL SANNIO B&B Eventi Home restaurant CASANDRONA

Via Pianelle, 29 Tel. 0874 348159 - 328 6866138 www.venditticostruzioni.it vmcostruzioni@hotmail.it

Ferramenta Colorificio Bricolage FERRIDEA COLOR

AGNONE

PAGINE UTILI

Via Giovanni Pascoli, 1 Tel. 0874 979527 www.residenzasamnium.it E Residenza per anziani Samnium

PROVINCIA DI ISERNIA

Loc. Baraccone - Tel. 333 8311146 www.casandrona.it E Q Casandrona

CAPRACOTTA Tartufi e derivati TARTUFI LE IFE

Via Torquato Di Tella, 16 Tel. 0865 949044 www.leife.it Q tartufi_le_ife

CAROVILLI Ristorante Pizzeria LA BACCA RARA

Via Fontecurelli km 2+300 Tel. 339 3348900 - www.labaccarara.it E Q Ristorante pizzeria La bacca rara

TRIVENTO - VINCHIATURO - AGNONE - CANTALUPO NEL S. - CAPRACOTTA - CAROVILLI

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Tartufi Prodotti tartufati PROFUMO DI BOSCO DELL’ALTO MOLISE Via Fonte Ritana, 31 Tel. 0865 838330 - 334 8621333 E Profumo di Bosco dell’Alto Molise Q profumo_di_bosco ■

CARPINONE Pubblicità e comunicazione PUBLISTUDIO

Zona Industriale, 1 - Tel. 0865 93891 www.publistudio.it E Publistudio Pubblicità Q publistudioadvertising

PAGINE UTILI

CASTEL SAN VINCENZO Agriturismo B&B Parco turistico

OASI DELLE MAINARDE

Strada Circumlago Tel. 329 9494994 www.oasidellemainarde.com E Parco turistico “Oasi delle Mainarde” Q Mainarde_camping ■

CASTELPETROSO Bed and Breakfast L’ANGOLO FIORITO

Via dei Pentri, 47 Tel. 388 3634301 www.langolofioritobb.com E L’angolo Fiorito (Bed & Breakfast) ■

COLLI A VOLTURNO Ristorante rurale DA ORESTE E MARIA

Via Nazionale, 13 Tel. 391 4048137 E Ristorante da Oreste e Maria

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ISERNIA Affitto breve Camere indipendenti CENTRAL APARTMENT ISERNIA

Via XXIV Maggio, 235 Tel. 0865 1945201 - 389 9622246 www.centralapartmentisernia.com E Central Apartment Isernia

Bed and Breakfast PORTACASTELLO GRAFFOLUS - RESIDENZE AL CENTRO STORICO Vico Portacastello, 42 Tel. 0865 411942 - 334 6182763 www.residenzeportacastello.it E Residenze Portacastello - graffolus Q residenzeportacastello

Bed and Breakfast GLI ORTI Via Kennedy, 2/A Tel. 338 3262392 www.gliorti.net E B&B “Gli Orti”

Osteria OSTERIA PARADISO Antica Porta Mercato Centro storico Tel. 0865 414847 L 338 9764567

Ristorante Pizzeria O’ PIZZAIUOLO LE SEGRETE DEL ’700 Corso Marcelli, 214/216 Tel. 0865 412776 Cell. 339 6934696 www.ristoranteopizzaiuolo.it E Q OSTERIA O’ PIZZAIUOLO

CAROVILLI - CARPINONE - CASTEL SAN VINCENZO - CASTELPETROSO - COLLI A V. - ISERNIA


MACCHIAGODENA Bed and Breakfast L’ANTICA DIMORA

Via Francesco Jovine, 2 Tel. 0865 1945201 Cell. 389 9622246 www.anticadimoramolise.com E B&B L’Antica Dimora ■

MIRANDA Trattoria MAMMA MULÌ

Largo Fontana, 18 Tel. 0865 1946063 E Trattoria Mamma Mulì

POZZILLI Bed and Breakfast IL CAVALIERE

Via Foglia, 1 Tel. 338 1451331 E Bed and breakfast Il Cavaliere Q bbilcavaliere ■

Fraz. Castelnuovo a Volturno Loc. Pratola Tel. 338 1730892 www.locandabelvedere.eu E Locanda Belvedere Q chefrufo ■

Bed and Breakfast STELLA DEL NORD Piazzetta Achille Verdile, 6 L e tel. 368 3961812 www.stelladelnord.it E Q D A B&B Stella del Nord ■

Strada Provinciale, 1 L e tel. 347 0919165 www.agriturismocostantini.com E Agriturismo Costantini Q costantini.agriturismo

Bed and Breakfast LA SORGENTE Viale Sandro Pertini, 12 Tel. 339 6446445 www.bb-lasorgente.com E B&B La Sorgente Q bblasorgente

VASTOGIRARDI Agriturismo Camere SAN MAURO

Loc. San Mauro Tel. 0865 836147 www.agriturismosanmauro.it

Caseificio FONTE LUNA

ROCCHETTA A VOLTURNO Azienda Agricola Agriturismo Caseificio COSTANTINI

SANT’ELENA SANNITA

PAGINE UTILI

Ristorante Pizzeria Camere LOCANDA BELVEDERE

Località Sterparo Tel. 0865 836136 - 320 7732972 www.caseificiofonteluna.it E Caseificio Fonte Luna ■

VENAFRO Caseificio aziendale ANGIOLILLO

Via Publio Ovidio, 37 Tel. 349 9536035 E Q Caseificio Aziendale Angiolillo

MACCHIAGODENA - MIRANDA - POZZILLI - ROCCHETTA A V. - SANT’ELENA S. - VASTOGIRARDI - VENAFRO

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