Fdc04 aprile2014hi

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bisogna pensare che gli scontri continuano e quindi l’infanzia è davvero seppellita. E’ difficile l’accesso alle scuole, è difficile uscire a giocare semplicemente con i compagni. La doccia non possono farla o perlomeno se la fanno è considerato un momento di grande pericolo. Infatti, lei raccontava alla squadra umanitaria: “Mia mamma dice sempre di fare poche volte la doccia, perché bisogna mettere una bobina elettrica in questo barile di acqua e quando si mette la bobina elettrica nessun bambino si può avvicinare, perché rischia di prendere la scossa”. E poi, racconti su che cosa mangiano. Lei diceva: “Io non chiedo più a mia mamma ‘che cosa mi fai questa sera?’, come facevo tanto tempo fa, perché so che mangerò sempre solo lenticchie”. “Nonostante tutto – dice – io continuo a giocare fuori con i miei amici, anche se poi non so perché, ma tutti noi diventiamo violenti, con i giochi”. Dice che la cosa più bella è poter andare a scuola, perché per lei, forse, la scuola rappresenta l’unico momento di normalità. Però, per me andare a scuola è un incubo, perché devo camminare a piedi 40 minuti per andare e 40 minuti per tornare e non ho una cartella e quindi i libri li metto in un sacchetto di plastica e quando piove, sono guai. D. – A questi bambini, come a queste famiglie – da questo racconto si capisce – è stata “rubata la norma-

lità”, quella normalità che a volte, invece, annoia noi, da quest’altra parte del mondo, magari anche i nostri bambini? R. – Io stessa – noi stessi – leggendo queste storie e vedendo i nostri figli, vedendo i nostri nipoti, non riusciamo neanche ad immaginare che questo possa veramente accadere. Io penso che leggere o raccontare queste storie ai nostri figli, probabilmente potrebbe essere utile per far capire che veramente, anche se ci sono bambini che soffrono dall’altra parte del mondo, siamo tutti uguali, sono tutti nostri figli, sono tutti nostri fratelli e sono tutti doni di Dio, no! Quindi, è una sensibilizzazione che voi, mass media, potete aiutarci a dare: altrimenti, diventano storie, diventa seppellire ulteriormente dei bambini che non hanno in questo momento né voce né la possibilità di evitare il dolore perché sembra che in questo caso – ahimé! – il dolore dei bambini della Siria non venga assolutamente considerato. Tanto che è una guerra che – hanno detto i giornali – ha compiuto tre anni; e già pensare di “festeggiare” il compleanno di una guerra è un ossimoro di per sé e probabilmente però questa guerra andrà avanti, perché non ci sono segnali, in questo momento, di accordi che possano portare gli scontri alla fine. http://it.radiovaticana.va

Aprile 2014 | FdC | 29


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