Numero 10_novembre 2012

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emigrati brasiliani (e non) in Italia, che danno testimonianza della loro voglia di rendersi parte attiva della società, dimostrando di voler essere propositivi e di voler fare fronte alle difficoltà insieme, sfruttando l’ineguagliabile capacità di aggregazione della Chiesa. E ci sono italiani che, da un lato, fanno un uso politico delle paure che si hanno nei confronti degli immigrati e, dall’altro, tentano di contrastare questo perverso meccanismo di esclusione. Tutto ciò mentre una pinza scesa dall’alto preleva un uomo tra tanti, in nave, facendolo ingurgitare alla Statua della Libertà, e mentre un coro di ragazzini, in Brasile, rispolverando un vecchio brano di Toto Cotugno canta: «sono un italiano, un italiano vero». Regia: Federico Ferrone, Michele Manzolini, Francesco Ragazzi Paese di produzione: Italia Anno: 2007 Durata:65'

Il futuro del mondo passa da qui City veins Le acque del fiume Stura, dopo pochi metri, si mischiano con quelle del Po. Lungo le sue sponde, a pochi chilometri da Torino, sembra tutto nebbioso, grigio, deserto, morto. Solo una vecchia torre e una sabbiera ad assistere al perenne movimento del fiume. Questa l’impressione di chi, guardando dal ponte, non osserva con attenzione una realtà, invece, dinamica e piena di vita. Le prime immagini in movimento del documentario, diretto da Andrea Deaglio, mostrano larve di insetti, crostacei, bivalvi, che popolano le acque del fiume e poi ci sono uccelli migratori e non. E persone, tante, molte più di quante se ne possa immaginare. La videocamera che inquadra per qualche minuto un incrocio di “strade”, delimitato da un grande albero, e che vede passare decine di persone in tutte le direzioni lo dimostra. Gente che vive a margine della “società sana”, che si arrangia

come può, che negli anni ha cercato di educare una terra di nessuno all’abitabilità, sfruttandone le risorse, che ha sfruttato l’indifferenza degli altri verso una terra abbandonata a se stessa: ci sono circa cinquecento rom, ci sono meridionali con i loro orti, ci sono tossicodipendenti e spacciatori su una parte di riva chiamata “Tossic Park”. Il documentario, prodotto dall’osservatorio permanente “Il Futuro del Mondo Passa da Qui”, ci racconta la vita di Roky, Darius e Jasmina, ragazzi rumeni, la vita di Reno, trasferitosi lì dopo aver perso casa e lavoro, l’esperienza di Frida, ex tossicodipendente, il lavoro di addomesticamento della terra da parte di meridionali arrivati lì anni or sono a costruire i loro orti. E lo fa utilizzando quasi esclusivamente immagini, quasi senza musica ad interferire, con pochi e radi sottotitoli. Quasi a voler mostrare in modo quanto più oggettivo possibile, senza voler intervenire sulla formazione di un’opinione da parte dello spettatore. Ma non ci riesce. La condanna al progetto di riqualificazione della zona, che prevede giardini, campi da golf e “grandi vie di comunicazione”, è palese. Si assiste, quindi, ad una assoluta valorizzazione della forza di chi riesce a fare della sua condizione di margine una risorsa. È in questo senso che “il futuro del mondo passa da qui”: non è delle grandi vie di comunicazione o di campi da golf che si parla, ma della capacità di sopravvivere e ripartire nel caso di eliminazione di “civiltà”, così come la conosciamo. Strumenti che, noi componenti della “società sana”, non abbiamo. In caso di disastri da fine del mondo, saranno loro a sopravvivere. O, forse, comunicare oltre che osservare potrebbe essere una via d’uscita che non escluda nessuna delle due parti, in questa civiltà o in una distruttiva mancanza di essa. Il futuro del mondo passa da qui è anche un libro ed un osservatorio permanente: http://www.fmpq.it/ Regia: Andrea Deaglio Paese di produzione: Italia Anno: 2010 Durata: 63'

Cinema


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