Per dei calci non dati

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UN SEMPLICE PEZZO SULL’UMILTA’ «Parlare dell'umiltà è il tema che mi è stato cortesemente imposto. Tema assai difficile da affrontare. Infatti, come ritenersi in grado di parlare dell'umiltà senza correre il rischio di prestarsi al ridicolo? O come parlare dell'umiltà a una società che rifugge l'ultimo evangelico posto per riposare sugli allori del successo? Vieppiù queste difficoltà aumentano se chi parla dell'umiltà ne parla senza averne fatta esperienza, in mancanza della quale è bene affidarsi a esempi illustri. Una Madre del deserto afferma che non salvano le ascesi o le veglie, né alcuna fatica, ma solo l'umiltà sincera; mentre per Isacco il Siro ciò che il sale è per il cibo, l'umiltà lo è per la virtù, per cui senza di essa tutte le opere sono vane. L'umiltà come coronamento indispensabile di ogni virtù, ma anche esperienza concreta, inserita in un contesto evangelico che di per sé tende a esulare dalla «virtù dell'umiltà» per descrivere, piuttosto, uno «stato d'umiltà» la cui radice cristologica è evidente e si caratterizza per l'abbassamento. Paolo lo ha messo ben in luce nella lettera ai Filippesi quando dice che «Egli si è abbassato per questo è stato innalzato». E il senso e la necessità di quest'abbassamento risulta chiaro anche dai sinottici, laddove si legge che «chi si esalta sarà umiliato, mentre chi si umilia sarà innalzato». L'umiltà di Gesù non fu una qualità di cui Lui ci ha dato l'esempio, ma un vero e proprio cammino di salvezza, il cui primo passo è un abbassamento che Dio attua con due principali strumenti: la tentazione e il peccato. Queste sono le due arterie che portano al cuore del processo che avrà come esito, un giorno, l'umiltà. Tentazione e peccato frantumano il cuore. Qualora l'uomo acconsenta a questa dura pedagogia divina s'infrange lo specchio narcisistico e si allontana il fariseo che è in noi. Se l'umiltà albergasse nel nostro cuore non ci sarebbe bisogno di una pedagogia così severa, a cui Dio ricorre una quando una prima umiliazione non è bastata e la vanagloria s'impossessa dei primi, preziosi frutti della santità. Come scrive Isacco il Siro, Dio permette tentazioni e peccati «affinché trasgressioni e colpe divengano un'occasione di umiltà». 57


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