Per dei calci non dati

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UNA SCOMODA EREDITA’ C'era una volta in una bellissima città, che viveva gli anni del suo massimo splendore destinato a essere ricordato nei secoli, un palazzo stupendo, sicuramente il più bello fra i tanti palazzi sorti entro le antiche mura. Ci abitava una ricchissima signorina che faceva parte della classe sociale dei nuovi ricchi, sorta grazie all'intraprendenza e i commerci. Il fatto di non poter vantare nobili origini non costituiva un problema per lei, come per nessuno della sua classe, poiché era stata fatta quasi tabula rasa della classe nobiliare con una serie di leggi eversive che avevano cambiato profondamente il tessuto sociale. Brava signora, non c'è dubbio: perfettamente inserita, rispettata e talvolta anche ammirata, specie quando, senza guardare a spese, addobbava il suo splendido palazzo in onore di qualche festa religiosa o civile. Non era certo un gran sacrificio giacché il palazzo gli era stato lasciato dal padre in eredità, oltre a una vera e propria fortuna. Tuttavia il bellissimo e sorridente volto con cui il destino aveva salutato il suo ingresso nella vita era -se così si può dire- deturpato da un piccolissimo neo di nome Gigi, che nella vita si era dovuto sempre accontentare invece della benevola accoglienza fatta dal padre della ricca signora, il quale aveva nutrito nei confronti di Gigi un rispetto tale che qualcuno giudicava quasi riconoscenza. Il motivo era ed è rimasto ignoto. Alcuni avevano azzardato l'ipotesi che fosse il suo fratellastro; altri che fosse un talismano portafortuna; altri ancora che gli avesse salvato la vita durante uno dei suoi numerosi viaggi oltralpe. Fatto sta non si seppe mai perché avesse lasciato espressamente scritto che dopo la sua morte tutto il suo patrimonio passasse alla figlia, tranne una stanzina al pianoterra del palazzo, dove Gigi il rigattiere stipava, perché no, la sua di fortuna. Direte voi: "E allora? Dov'è il problema?" Il problema è che, sebbene i magnati fossero stati cacciati dalla realtà, il loro spirito aleggiava negli animi dei nuovi ricchi. . La vanità insomma non si sconfigge con le leggi. E la signorina Serbelloni ne aveva tantina o, meglio, tanta quanta ne serve per trasformare il semplice nome e cognome di battesimo e in un interminabile sfilza di secondi e terzi nomi . Infatti aveva deciso, dopo la morte del 104


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Per dei calci non dati by Giovanni Parigi - Issuu