Luce e Vita Giovani n.111

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GIOVANI

Mensile di informazione e comunicazione del mondo giovanile. Supplemento al settimanale Luce e Vita n.14 del 02/04/2017 | Piazza Giovene 4 - 70056 Molfetta - lev.giovani@gmail.com

Quaresima: un nuovo inizio spiritualitĂ per giovani

Serie TV streaming Fenomeno in crescita

Sinodo 2018 Intervista tripla

Movimento Studenti Azione Cattolica La ripresa in diocesi

Prospettive inverse

Mettersi nei panni degli altri

Anno XIII n.14 2 APRILE 2017


E se cambiassimo prospettiva? Guardare dal Suo punto di vista

È

ragionevolmente lecito per la mente umana immaginarsi al posto di Dio che guarda l’umanità? È possibile mettersi nei suoi panni? In questo tempo quaresimale con i miei alunni ho provato a lavorare sull’idea di mettersi nei panni degli altri. Questo desiderio, forse egoistico, è nato dal bisogno di confrontare il mio parere con il loro e, come sempre accade, entrambe le parti si sono messe in discussione. Ho avviato la riflessione ragionando su come, quando e perché ci mettiamo nei panni degli altri.

Incaricato diocesano del Servizio per la Pastorale Giovanile

“…È Dio che deve mettersi nei nostri panni o noi nei suoi?”

Poi ho trasferito questa dinamica - tipicamente orizzontale - alla nostra Relazione verticale con Dio. È emerso quanto ognuno di noi spontaneamente provi a mettersi nei panni dell’altro, soprattutto se avverte un disagio, e quanto questo ci aiuti a sentirci più utili. Nulla di nuovo fin qui, ma le risposte più interessanti sono emerse dalla domanda: “È Dio che deve mettersi nei nostri panni o noi nei suoi?” Le risposte hanno ruotato attorno al concetto di libertà dell’uomo e del suo libero arbitrio nei confronti del divino, sulla fatica di credere all’esistenza di un compagno di viaggio quando si avverte accanto al bene anche l’esistenza del male, della cattiveria del cuore e delle sue brutture. Mi piace l’idea di fotografare questa quaresima con il “Cristo di san Giovanni della croce” di Salvador Dalì, rappresentazione dell’opportunità per l’uomo di mettersi dalla parte di Dio, che dalla croce non giudica l’attività umana, ma invita piuttosto ad imitare il Suo cuore di Misericordia per migliorare il nostro. Quale umanità dunque incontreremmo oggi se guardassimo dalla stessa prospettiva del crocifisso di Dalì? Quale battito del cuore troveremmo? Per dare una bozza di risposta vi offriamo alcune riflessioni: una prima lettura del grande fenomeno delle serie tv via streaming, mondo molto abitato dai giovani e giovanissimi, una testimonianza di volontariato ad Amatrice, l’inizio della riflessione sul sinodo del 2018 sui giovani e la rinascita del movimento studenti diocesano. Risposte non esaurienti, ma utili per comprendere come alcuni dei nostri giovani indossino i panni degli altri con passione. Buona lettura! Don Massimiliano Fasciano

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Papa Francesco: accogliere l’altro come un dono

Quaresima: tempo giovane Spazio per metterci la faccia

Q

uaresima e giovani. Un binomio che sembra in antitesi, come luce e buio, veglia e sonno, pace e guerra. Forse perché la nostra visione quaresimale è legata ad un certo aspetto luttuoso e teatrale del dolore. In realtà la Quaresima è tempo giovane. Se non altro perché si dice spesso che la Quaresima è fatta apposta per “rinnovarsi”, rendersi nuovi nel cuore e nello spirito. Quindi ringiovanirsi in profondità. Possiamo dire quindi che Quaresima, se non è tempo di gioventù, è comunque tempo di giovinezza. Cosa rende “giovane” la Quaresima? La Quaresima è tempo di follie! Quelle che solo i ragazzi sanno fare per rendere la vita un po’ più colorata. Trasformare la vita in una novità è sempre la sfida dei giovani. E allora ci si può sfidare, fare ciò che non si è mai fatto… sì, ma cosa? Una cosa contraria rispetto all’ordinario. Un digiuno? Una preghiera in più? Un’esperienza di servizio? Ricordo che ai miei 17 anni presi al volo una sfida da comitiva: un’amica,

che evidentemente frequentava la parrocchia, fece una proposta al gruppo della classe alla fermata del pullman: digiunare il venerdì santo. Erano altri tempi. Scoppiammo tutti a ridere. Ma io colsi la palla al balzo e quell’anno saltai metà pranzo… Mi piacque aver detto un “no” al mio io vorace. Ma questo mi fece riflettere molto: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”. C’è più gioia nel donare che nel trattenere voracemente. Un traguardo per me, allora. Oggi io ringrazio quell’amica per quella proposta. Per questo vorrei fare io una proposta a tutti i giovani: Quaresima, tempo di “metterci la faccia” con gli amici… ricordo che la settimana dopo mi presentai in classe con i fogli di avviso della mia parrocchia che pubblicizzavano gli incontri quaresimali per giovani. Li misi uno su ogni banco. Alcuni dei miei amici, risero. Ma io ero felice. Avevo ricevuto e ora davo. Don Raffaele Gramegna, parroco san Giuseppe Giovinazzo 3


Internet non ha ucciso la televisione La rivoluzione pericolosa? (1a parte)

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er riempire le serate vuote di amici e prospettive c’è sempre il cinema d’autore. Su internet si possono trovare, radunati insieme, migliaia di film bellissimi e rari (e gratuiti): roba sofisticata, per palati fini. Una selezione di livello, insomma, che l’industria dell’intrattenimento portatile di Netflix si sogna. La piattaforma digitale di streaming di contenuti video on demand su abbonamento conta milioni di abbonati in tutto il mondo e si è messa da qualche anno a produrre direttamente le proprie serie televisive, sfornando serie tv di grandissimo successo. I social network e i media online assomigliano sempre più a piattaforme video. C’è stato un tempo, tra gli anni 50 e gli anni 70, in cui la TV era una scatola utile ad intrattenere grandi e piccini davanti allo schermo. Ma era un altro mondo, un’altra Italia e, ancor di più, era un’altra televisione. C’erano tempi televisivi diversi, come diversi erano gli obiettivi. 4

C’era un pubblico meno esigente e, soprattutto, non c’era concorrenza, visto che la tv commerciale in Italia sarebbe arrivata negli anni Ottanta e internet era ancora un sogno fantascientifico. Verso la metà degli anni Ottanta e poi gran parte dei Novanta, il dibattito è montato in maniera incalzante. Si discuteva di televisione buona e cattiva. In ogni caso, la televisione non ha fatto che assorbire i colpi, che anno dopo anno, palinsesto dopo palinsesto, hanno innalzato l’asticella della tolleranza e abbassato quella della decenza. Quello che è successo su scala più ampia è che con gli anni la tv si è aperta e i suoi valori sono cambiati. La televisione, insomma, quando si è trovata al bivio, cosciente del suo ruolo di educatrice ma tentata da quello di passatempo, ha scelto la cattiva strada. A livello nazionale si è affermata una grande azienda come la Rai, che con Rai Fiction, produce serie televisive italiane insieme


Cosa è l’on demand? Il video on demand, (termine mutuato dall’inglese che tradotto letteralmente significa “video su richiesta”), in sigla VOD, è un servizio interattivo della televisione. Il servizio permette agli utenti di fruire, gratuitamente o a pagamento, di un programma televisivo in qualsiasi momento lo desiderino. Rappresenta un vero e proprio ribaltamento del concetto stesso di televisione, la quale è nata ed è diffusa prevalentemente fino ad oggi come fruizione di programmi televisivi senza possibilità immediata per l’utente di richiedere uno specifico programma televisivo. Prima dell’avvento del video on demand, il palinsesto, cioè il programma televisivo e l’orario in cui è possibile fruirne, era stabilito dal provider televisivo e l’utente aveva solo la possibilità di scegliere tra i vari programmi televisivi messi in onda contemporaneamente dalle varie emittenti televisive. Con il video on demand è invece l’utente che definisce il palinsesto secondo i propri desideri e le proprie necessità, e non il provider televisivo come con il sistema tradizionale. Le uniche limitazioni sono date dalla varietà dei programmi televisivi tra cui poter scegliere, cioè dalla ricchezza degli archivi dei programmi televisivi messi a disposizione dai provider televisivi. Visti i significativi cambiamenti per l’utente nelle possibilità di fruizione del programma televisivo con il video on demand, in riferimento a questo si parla di televisione on demand o TV on demand.

ad altre società. Anche il network TV privato Mediaset produce fiction italiane insieme ad altre società. Altre ancora sono quelle prodotte da Sky dal 2003 sui canali Fox, Disney Channel, Sky Uno e Sky Cinema 1. Si è così creata un’accesa rivalità tra le due aziende anche sotto questo punto di vista che ha portato, in generale, ad un innalzamento della qualità tecnica. Per quanto riguarda invece lo spessore delle tematiche trattate c’è chi rimpiange i vecchi sceneggiati televisivi della Rai degli anni cinquanta e sessanta in contrapposizione alle produzioni recenti italiane che vertono su temi d’attualità. Ha vinto il pragmatismo degli ascolti. Sessant’anni fa, (era il 3 febbraio 1957) le immagini sgranate dei – non molti - televisori mandano per la prima volta in onda un programma fatto solo di spot pubblicitari. Lunghi, costruiti, scritti e recitati con grande impegno. Con l’arrivo dei primi volti noti della tv, Carosello andava a fissarsi nelle

abitudini degli italiani, fino a boom incredibili di popolarità e gradimento assoluto – a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, soprattutto. Non era un programma, era un’istituzione, mai abbastanza rimpianta, impossibile da riproporre in tempi attuali. Niente da fare, c’è solo un Carosello. Che chiuse il giorno di Capodanno del 1977, dopo essere andato in onda 7261 volte. Oggi, però, Netflix e l’era della digitalizzazione non hanno solamente ucciso la tv del passato e il modello-Blockbuster, che ha chiuso i battenti, ma si stanno evolvendo ancora, passando da “semplice” servizio di streaming video on demand, a televisione a tutti gli effetti. Con buona pace dei nostalgici, moltissimi giovanissimi e giovani trascorrono ore e ore incollati a tablet e pc, armeggiando tra un sito streaming illegale e l’altro, guardando serie tv in continua costruzione. Forse questo fenomeno, silente e grande, sta sfuggendo di mano al mondo adulto!? 5


Volontario ad Amatrice La testimonianza di un nostro giovane

Le testimonianze dei volontari

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ono passati pochi mesi dal terribile terremoto che ha colpito il centro Italia, provocando ferite che mai potranno essere rimarginate. Nonostante questo, si prova ad andare avanti con le proprie fragilità e la tanta voglia di ricostruire quel pezzo di certezza chiamata casa. “Anzitutto c’è da premettere che sono un volontario della pubblica assistenza SerMolfetta, associazione di volontariato impegnata da oltre 30 anni sul territorio locale e nazionale. Da sempre ci siamo occupati di soccorrere chi è in difficoltà, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche sociale. Come associazione cerchiamo di riconoscere sul territorio quali siano gli ambiti che necessitano di un supporto gratuitamente.” Queste sono le parole di Antonio Minervini, un giovane e talentuoso ragazzo di Giovinazzo che, come tutti noi, ha seguito gli aggiornamenti che giungevano dai luoghi del terremoto e ogni volta si interrogava su cosa avrebbe potuto fare 6

come volontario in una situazione di emergenza. Antonio ci racconta la sua esperienza, mai provata precedentemente. Come molti di noi, anche lui la mattina del 30 Ottobre ha avvertito la scossa che per l’ennesima volta ha fatto tremare i cuori degli italiani, e il pensiero è subito volato ai terremotati di quelle zone. Però ad Antonio quel solo pensiero non è bastato, poteva fare di più e lo ha fatto. Il 4 novembre, dopo essere stati allertati dalla sala operativa nazionale ANPAS, l’associazione di cui fa parte, ha risposto immediatamente con la disponibilità di quattro volontari. Dopo solo sei ore dall’arrivo del codice rosso, erano già sulla strada in direzione Macerata con destinazione Bolognola, un paesino di 150 abitanti, tutti sfollati. “Quando parti per un’esperienza del genere, ricevi un’indicazione generica sul tipo di soccorso da prestare, ma non hai la minima idea di ciò che


Il volontariato in Italia: oltre 44 mila le associazioni

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dati salienti del primo rapporto nazionale del Coordinamento dei Centri di Servizio per il Volontariato, analizza lo stato del volontariato nel nostro paese. In totale, sono stati raccolti i dati riguardanti 44.182 associazioni. Il risultato è fotografia più dettagliata del mondo del volontariato mai realizzata in Italia. La maggior parte opera nel campo dell’assistenza sociale (11.812) e della sanità (9.098): da sole queste due classi racchiudono il 55 % del totale delle

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associazioni. Seguono quelle che si occupano di cultura, sport e ricreazione. Anziani e minori sono le categorie primarie di utenti con il 25,4 %, mentre si dedicano a malati e disabili il 18 % delle organizzazioni. Si occupano di nomadi, immigrati o profughi il 5,7 %. Al nord e nel centro si trovano oltre la metà delle associazioni: Lombardia, Toscana, Lazio, Piemonte, Emilia Romagna sono le regioni in cui le realtà del volontariato sono più radicate. Se però si confronta il numero di abitanti con quello delle organizzazioni, sono Friuli Venezia Giulia e la Valle d’Aosta ad avere più onlus. Al sud e nelle isole si registrano, invece, le percentuali più basse: rispettivamente il 17 e il 6 % del totale. I presidenti hanno in media 58 anni, dieci in più rispetto ai volontari delle stesse organizzazioni, e arrivano a ricoprire quel ruolo dopo un periodo lungo di gavetta. I giovani adulti con meno di 35 anni sono quasi un quarto dei volontari (23,9%) e solo il 4,1% dei presidenti ha meno di 35 anni, il 10,3% è fra i 35 e i 44 anni. È questo uno dei dati più importanti (e per certi aspetti preoccupanti) che emerge dallo studio. (fonte: www.redattoresociale.it)

potrà essere la tua vita nei giorni successivi e non puoi immaginare gli scenari che potranno capitarti. L’unica certezza che hai è che tutto ciò che potrai fare in quei giorni sarà sicuramente un piccolo tassello utile alla ricostruzione materiale e morale di quella terra”. Una volta giunti in quei luoghi si sono resi conto di come ogni piccola cosa, ogni piccolo gesto, non solo materiale, potevano essere d’aiuto: una semplice chiacchierata, una spalla su cui piangere, orecchie per ascoltare le loro storie e restituire loro parole di conforto. “Tanti sono i ricordi che porterò con me dopo questa esperienza, ma ciò che rimarrà sempre nel mio cuore è l’aver conosciuto gente umile dalla grande tenacia. Un popolo che negli ultimi venti anni ha sofferto tanto per via dei terremoti, ma che si è sempre rialzato con coraggio e determinazione. Un popolo pronto da subito a ricominciare a

costruire le proprie case, le proprie attività, le proprie vite”. ci spiega Antonio, e prosegue donandoci un consiglio speciale soprattutto rivolto ai giovani. “Il grande esempio ricevuto da quella gente mi ha fatto pensare a come affrontiamo, noi giovani generazioni, la vita di ogni giorno. Spesso ci fermiamo davanti alle difficoltà, ci interroghiamo sul perché queste siano accadute proprio a noi. In quei momenti dovremmo pensare a chi sta davvero peggio di noi e magari imparare ad affrontare la vita con la stessa tenacia e determinazione della gente di Bolognola che, nonostante tutto, aveva anche la forza di scherzare. E di sorridere alla vita”. Antonio è la dimostrazione di quanto sia bello e piacevole far del bene anziché riceverlo. di Teresa De Sario e Nicoletta Minervini 7


Il prossimo sinodo ci interpella Intervista a tre figure della nostra diocesi

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apa Francesco, sin dall’inizio del suo pontificato, ha sempre (di)mostrato un appassionato interesse per noi giovani. Tutti quanti attendiamo con gioia il Sinodo dei Giovani che si terrà nel 2018 e che avrà come tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Il Documento preparatorio vuol essere una “bussola” da seguire nel corso della nostra esistenza e una provocazione per le chiese diocesane. Il Papa ci invita a prendere coraggio per noi stessi, ad aprire i nostri cuori verso il prossimo e a non avere paura di affrontare con dignità e misericordia le difficoltà della vita. In fondo, quando il Papa ci ha chiesto: “Le cose si possono cambiare?” noi, con grido speranzoso abbiamo risposto di SI… eravamo a Cracovia, alla veglia del Campus Misericordiae. Il suo è un invito a seguire il Maestro per poter creare un mondo migliore affinché ognuno di noi 8

possa esclamare un: “Eccomi!” pieno e generoso. Allegato al documento preparatorio, il Papa ha indirizzato una lettera ai giovani, che non ci lascia indifferenti. Su di esso, abbiamo posto delle domande a tre persone della nostra diocesi, che ringraziamo in anticipo: un sacerdote, don Nico Tempesta; una docente di Religione alle scuole superiori, Rosa Mastrofilippo, e una mamma, Giovanna De Palma. Da loro spunti e provocazioni. 1. Quali reazioni suscita in te l’idea di un Papa che si rivolge ai giovani con un messaggio? Don Nico: È una bella notizia quella diffusa del prossimo Sinodo dei vescovi dedicato ai giovani. Dà speranza e nuova motivazione alla Chiesa e a quella parte di mondo che vorrebbe capirle meglio per accompagnarli con maggiore efficacia nel cammino della vita.


Cosa è un sinodo? Deriva dal greco syn-hodos, letteralmente “camminare insieme”. Il Sinodo è, infatti, un luogo per l’incontro dei Vescovi tra di loro, attorno e con il Papa che lo convoca quale strumento di “consultazione e collaborazione”. È dunque un luogo per lo scambio di informazioni ed esperienze, per la comune ricerca di soluzioni pastorali valide universalmente. L’organismo fu istituito da papa Paolo VI nel 1965 ed è un’assemblea dei rappresentanti dei vescovi cattolici che ha il compito di aiutare con i suoi consigli il Papa nel governo della Chiesa universale e su specifiche questioni dottrinali e pastoriali. Vi possono partecipare anche laici, invitati a motivo dalle proprie competenze o per altre ragioni di opportunità. Il Sinodo esprime pareri e voti in forma consultiva, mai deliberativa. Tuttavia di norma il Papa prende spunto dalle conclusioni del Sinodo per pubblicare una esortazione apostolica post-sinodale, ovvero un documento magisteriale che propone a tutta la Chiesa la riflessione svolta dal Sinodo.

Papa Francesco ai giovani: ascoltate la voce di Dio, fate sentire il vostro grido

Il mondo giovanile è quanto mai complesso, anche dal punto di vista religioso: vi è quello degli slanci generosi che si vedono alle Giornate mondiali della Gioventù; quello delle inquietudini che tengono tanti giovani sulla soglia della comunità cristiana; quello dei ragazzi e delle ragazze che sono approdati a una indifferenza tale da apparire impermeabili a ogni proposta. Rosa: Secondo me tutti noi dobbiamo avere la sapienza di amare questo nostro tempo, questa nuova cultura, quest’uomo di oggi e di conseguenza essere in grado di attuare una nuova modalità di annunciare la Parola di Dio ai giovani: attraverso le loro azioni, i loro usi, le loro abitudini. Come scrivere un messaggio, fare un selfie, condividere un’emozione su Instagram. Papa Francesco ci insegna che se si vuol far entrare Gesù nei cuori dei giovani e stimolarli a

seguirLo nella vita, bisogna rinnovarsi ed essere come loro: per me questa è un’ ottima strategia educativa. Giovanna: Più che di reazioni, parlerei di sentimenti. Sentimenti palpitanti di stima verso un uomo, il Papa, che conferma di essere straordinariamente intelligente nel tentare un dialogo con i giovani, che rappresentano il cuore della nostra malandata società. 2. In che modo l’adulto può o deve spingere e/o incoraggiare il giovane ad approcciarsi a esperienze di “uscita”? Che ruolo quindi dovrebbe avere un adulto in questa fase della vita di un giovane? Don Nico: C’è il titolo di un libro interessante di Armando Matteo: “L’adulto che ci manca” (Cittadella 2014), in cui l’autore sostiene che

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gli adulti di oggi non sono più quelli di una volta e che l’approccio del mondo adulto alle relazioni con le nuove generazioni è improntata al giovanilismo. Il risultato più evidente (specie nelle nostre comunità parrocchiali, dove c’è ancora una qualche presenza di giovani) è quello di vivere in mezzo ad una società che ama la giovinezza più degli stessi giovani, rendendo sempre più complicato e a tratti impervio il percorso di crescita e di maturità delle nuove generazioni. L’adulto, confrontandosi con un giovane, ha una grande opportunità di crescita e di acquisizione di un tratto tipico dell’età adulta, (da recuperare forse oggi), che è l’autorevolezza. Senza la paura dell’ impopolarità, sindrome che può prendere noi educatori. Rosa: Io sottolineerei un altro verbo che Papa Francesco ha inserito in questa lettera e che esprime meglio il ruolo dell’adulto nella vita del giovane: “accompagnare”. Prima di spingere e/o incoraggiare il giovane ad approcciarsi ad una esperienza di “uscita”, l’adulto deve accompagnarlo a percorrere una esperienza dentro di sé. L’adulto deve comprendere il giovane, facendo buon uso della sua maturità, deve chiedersi se colui che ha di fronte è come dovrebbe essere, deve constatare se è pronto per uscire. L’adulto deve indicargli i suoi compiti, deve aiutarlo a vivere in modo giusto la sua libertà, ad interpretare il suo cammino, a riconoscere i valori. Una volta compreso il soggetto e constatata la sua preparazione, deve accompagnarlo nelle esperienze di “uscita” avvalendosi di discorsi, esortazioni, stimoli, metodi di ogni genere, ma soprattutto mettendo dinanzi a sé la sua persona e le motivazioni che lo rendono tale. Quelle motivazioni che lo portano ad essere un uomo e una donna unici e grandi. Giovanna: L’adulto non deve spingere, ma incoraggiare il giovane ad intraprendere percorsi “d’uscita”. Nessuno, a nessuna età, vuole sentirsi dire quello che deve o non deve fare, per cui è importante accompagnare il giovane, fornirgli stimoli, coinvolgerlo, tenerlo per mano. Spesso ci si rifiuta di vivere esperienze forti più perché si ha paura, che per mero isinteresse.

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L’adulto deve decodificare nella giusta maniera quei messaggi di apparente rifiuto che spesso può ricevere. 3. Come e dove i giovani possono trovare guide esperte? Don Nico: Forse riscoprendo la bellezza di un “senso di appartenenza” alla comunità cristiana. Per questo il Sinodo fa bene alla Chiesa nella misura in cui la comunità si interroga su se stessa. Interrogarsi su come aprire strade nuove al dialogo con i giovani e al tempo stesso, attraverso di loro, strade nuove per il Vangelo. Le nuove generazioni sono una componente fondamentale della Chiesa, come di ogni società, e non solo perché senza di loro non vi è futuro possibile, ma soprattutto perché essi sono la parte più innovativa e aperta, quella che respira più facilmente l’aria del proprio tempo e può provocare la Chiesa a stare al passo. Rosa: Il giovane discernerà nella sua vita quali possano essere le sue guide esperte. Egli valuterà la sua persona, quali siano le motivazioni per cui vive e si lascerà prendere per mano da quel “tu” che lo affascina, che lo fa star bene e che gli fa capire quanto è importante uscire da sé e realizzarsi come uomo e figlio di Dio. Giovanna: Non c’è un come, né un dove. Mi piace pensare che tutto questo possa accadere all’improvviso, ascoltando alcuni suggerimenti dati per caso da un insegnante, rialzandosi da una caduta col sostegno del proprio mister o incrociando di sfuggita gli occhi di un prete “sfigato”. È da sempre esistita: è la “corrispondenza di amorosi sensi” che si instaura tra le persone. Esiste e non ha bisogno di regole. Fine prima parte di Teresa De Sario e Angelica de Nicolo Videomessaggio integrale per XXXII Giornata Mondiale della Gioventù (2017)


“Lasciare un’impronta”

Giornate di spiritualità per giovani

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oraggio, sogno, gioia. Queste tre parole sono state la segnaletica luminosa che ha orientato “Lasciare un’impronta”, le due giornate di spiritualità per giovani organizzate sabato 11 e domenica 12 marzo presso l’ostello Mamre di Santeramo in Colle dalla Pastorale Giovanile Diocesana, con il particolare contributo di don Massimiliano Fasciano e don Luigi Caravella e con il forte sostegno del vescovo Mons. Domenico Cornacchia. A guidare questo breve ma densissimo cammino è stato don Gianni Caliandro, rettore del Seminario Regionale Pugliese. Partendo dalle parole del Papa alla veglia per i giovani della GMG di Cracovia, don Gianni ha focalizzato l’attenzione sui concetti di coraggio, sogno e gioia, rievocati dallo stesso Papa, e ha tracciato un percorso che si è snodato tra momenti di ascolto, silenzio, meditazione e condivisione, al cui centro era incastonata una preziosa liturgia penitenziale. Preziosa, non solo perché rifletteva lo spirito di questi giorni quaresimali, ma anche perché era imprescindibile per procedere con la giusta postura interiore

nella due giorni di spiritualità. Alcuni brani del Vangelo hanno sostenuto la riflessione sugli spunti forniti da don Gianni circa il coraggio di scegliere, la necessità di sognare per figurarsi le possibilità del domani (“I dwell in possibility” – trad. “Io vivo nella possibilità”- come diceva la poetessa Emily Dickinson e come ci ricordava don Gianni) e circa la bellezza della gioia, quella che proviamo nell’incontro con i fratelli, con la Chiesa, e che siamo chiamati a ridonare, perché la fede sia un meraviglioso contagio. Nella mattinata di domenica si è affacciato anche il vescovo per celebrare la messa e condividere il pranzo. Durante la messa è stata consegnata una croce in legno a tutti i partecipanti. Quella croce resta a memoria delle giornate di spiritualità, ma soprattutto resta ciò a cui guardare per farsi incoraggiare al sogno ed essere confermati nella gioia di avere una Chiesa che ogni giorno esorta a vivere davvero, a non vegetare, ma a lasciare un’impronta. di Roberta Carlucci 11


a raggiungere la costa nipponica per ritrovare Ferreira e smentire le accuse di tradimento. Per i due inizia un viaggio sconvolgente, tra i villaggi dei kirishitan, i contadini cristiani costretti alla latitanza, tra le gioie ed i Il film tradimenti, i sacrifici e le efferatezze, tra bene e male: il bene della fede e il male dell’abiura. I due giovani gesuiti non temono il martirio: sono consapevoli della Verità che dall’Europa o prego ma sono sperduto. portano in quelle terre lontane, gli occhi increduli Alla mia preghiera risponde il silenzio”. ed entusiasti di quei contadini sono per loro Sembra di ascoltare il tormento malinconico di ogni persona che su questa terra tenti l’approccio un’iniezione di fiducia. L’inquisitore Inue obbliga con il divino. Non stiamo parlando delle memorie i kirishitan a scegliere tra il calpestare un simbolo della loro religione – una formalità, dice - e di un curato di campagna o delle confidenze di soffrire una morte lenta e spaventosa, ma questo una mistica solitaria, ma di una battuta che il sembra non distoglierli dalla loro missione. regista Martin Scorsese fa dire a padr Eppure i lamenti ripetuti e strazianti delle Rodrigues (Andrew Garfield) in Silence vittime diventano col tempo un tarlo ossessivo (Usa, Taiwan e Messico, 2016, 161 min). nella mente di padre Rodriguez, divenuto nel Deposte le pistole fumanti dei gangster di frattempo prigioniero. “Il peso della vostra New York, Scorsese ci porta nel verdeggiante gloria è la loro sofferenza” dirà Inue. Convincere Giappone del XVII secolo, durante le allora i kirishitan ad abiurare per salvarsi o persecuzioni cristiane seguite all’opera di evangelizzazione di San Francesco Saverio e della perseverare con forza nella Fede? Le certezze Compagnia di Gesù. La trama si ispira al romanzo iniziali vengono meno ed in questo vacillare il silenzio di Dio accompagna padre Rodriguez di Shūsaku Endō: la notizia dell’abiura di padre Ferreira (Liam Neeson) di fronte alla repressione sull’orlo della crisi. Sembra di rivivere la stessa solitudine avvertita da Gesù Cristo durante la del samurai Inue (Issei Ogata), spinge due giovani e coraggiosi gesuiti portoghesi Sebastião passione. Kichijiro (Yôsuke Kubozuka), il kirishtan più volte traditore e sempre riabilitato, sembra Rodrigues e Francisco Garrpe (Adam Driver), vestire i panni di Giuda. Si tratta di una lotta continua, nel desiderio di imitazione di Cristo che spinge Rodriguez a desiderare la crocifissione. Alla fine non saranno le parole di Inue, secondo cui non esistono verità universali valide da Oriente ad Occidente, ma il silenzio di Dio a convincerlo della decisione da prendere: in quel silenzio capace di amplificare la voce straziata di donne e uomini sofferenti. Così gli insegnerà il ritrovato Ferreira: “Per loro e per un Dio più grande e più vero di qualunque Verità, è possibile abiurare”.

Silence

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di Francesco de Leo 12


Non so niente di te Il libro di Paola Mastrocola “- Paura che si perda? No! Filippo non è uno che si perde. Gli dia tempo. Alcuni di noi, per diventare quel che veramente sono, hanno bisogno di più tempo. Non vuol dire che siano difettosi… Vuol solo dire che nella loro vita alcune fasi saranno più lunghe. Non abbiamo mica fretta, le pare? Dove dobbiamo mai correre?”. La scena di questo libro viene spalancata su un’elegante sala del Balliol College da 168 lanose pecore capeggiate da un giovane e brillante economista italiano: Filippo Cantirami. Fil, figlio di un affermato e ricco avvocato, è un promettente studente di economia, o così tutti credono. In un mondo ideale la sua vita sta rispondendo alle alte aspettative di una famiglia naturalmente apprensiva e sperante. Nel mondo reale Fil risponde solo a se stesso e all’idea di felicità che pian piano si fa largo nella sua mente. Fil detta tempi e spazi alla sua esistenza, grazie a un patto, un segreto, un misterioso amico.

L’intervista all’autrice

Un libro fortemente educativo nonostante non risponda ad alcuna domanda di senso. “Non so niente di te” sprona anzi a chiedersi quanto davvero si conoscano le proprie inclinazioni, i propri sogni e quanto davvero si conoscano le persone più care e non si sia piuttosto proiettato su di loro un nostro ideale e un nostro sentire.

Prossimi appuntamenti APRILE 1.SETTIMANA DI CULTURA presso il Seminario Regionale, ore 19.30: Lunedì 3, tema: LA RESILIENZA, interverrà la dott.ssa Chiara Scardicchio, pedagogista. Martedì 4, tema: LA SPERANZA, interverrà Enzo Bianchi, comunità Monastica di Bose Mercoledì 5, tema: IL DESIDERIO, don Michele Falabretti, direttore naz. Pastorale Giovanile

La nostra giornata diocesana dei giovani, sarà divisa in 2 momenti: a.Veglia di preghiera, in contemporanea con tutte le chiese di Puglia: giovedì 4 maggio, ore 20 presso la parrocchia Madonna della Rosa in Molfetta b. Festa regionale dei giovani: sabato 6 maggio, dalle 18 a Monopoli. Ulteriori dettagli in seguito!

2. MESSA CRISMALE: mercoledì 12 aprile, ore 18 in Cattedrale

4. CORO DEI GIOVANI DIOCESANO Domenica 7 maggio, la Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni, vedrà la trasmissione della messa su rai1, dalla Cattedrale di Molfetta. Il coro giovani della diocesi cerca nuove voci per animare la messa del 7 e la giornata diocesana dei giovani del 4 maggio. Per info contattare il Servizio diocesano per la Pastorale Giovanile (pastoralegiovanilemolfetta@gmail.com)

MAGGIO 3. GIORNATA DIOCESANA DEI GIOVANI Quest’anno la regione Puglia è stata invitata dalla CEI a curare gli eventi in preparazione alla Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, della prima domenica di maggio.

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Una Azione Cattolica a misura di studenti Rinasce il movimento studenti

“A

che serve avere le mani pulite, se si tengono in tasca?” È questa la frase di don Milani che racchiude al meglio quello che è il compito di ciascuno studente che ha scelto in maniera consapevole di partecipare al Msac. Che senso ha infatti vivere la scuola senza interessarsi ad essa? Questo è l’impegno che ogni Msacchino ha costantemente tra i banchi di scuola. Ma chi sono allora i Msacchini? Sono quei ragazzi che, quasi in contrapposizione con quello che è il clichè comune, scelgono di amare la scuola comprendendo l’importanza dell’istruzione, la bellezza del vivere pienamente il posto in cui trascorriamo la maggior parte delle nostre ore, quello per il quale dedichiamo il nostro tempo, la nostra seconda casa insomma. Ed è proprio con il sogno di condividere il desiderio di diventare membri attivi della scuola, di costruire una scuola a misura di

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studente, che nello scorso 2014 è cominciata quest’avventura. Passando per CIPS (Campi Interregionali Per Studenti), i campi nazionali, la SFS (Scuola di Formazione per studenti) e i nostri appuntamenti diocesani come l’Ocktober fest e i punti d’incontro, siamo giunti al congresso diocesano targato esclusivamente Msac. Nonostante le poche aspettative, a non scoraggiarci ci hanno pensato i sessanta giovanissimi della nostra diocesi che hanno partecipato attivamente, lasciando spazio alle perplessità, alle riflessioni, alle curiosità e alle proprie opinioni riguardo la scuola e il loro modo di viverla. Ma il loro parere è risultato fondamentale soprattutto nella votazione del documento congressuale e nell’elezione dei due nuovi segretari diocesani, Alessandra e Antonio - della Parrocchia san Michele Arc. in Ruvo - che si sono svolti nel segno della massima democraticità.


Ma questo congresso che è sicuramente il punto di arrivo di un percorso tutto in salita, non può non essere anche il punto da cui ripartire, il trampolino di lancio necessario per poter continuare a testimoniare con la nostra quotidiana vita scolastica, la consapevolezza che la formazione di oggi sarà necessaria per poter diventare i cittadini di domani. È per questo che l’equipe diocesana sta già lavorando per il prossimo appuntamento: il punto d’incontro che avrà luogo nel mese di aprile, con data da definirsi ancora. Con la cognizione che il triennio che si prospetta dinanzi ai nostri occhi sarà un triennio fatto di sorrisi, di delusioni, di amicizie, di formazione, di speranze e soprattutto di partecipazione attiva, auguriamo a tutta la comunità diocesana un buon cammino. di Mariachiara Aiello

GIOVANI

pagina FB del MSAC di Molfetta

Cosa è il MSAC Il Movimento Studenti di Azione Cattolica è un’associazione studentesca riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione. Il MSAC nasce dagli studenti di AC per gli studenti di tutte le scuole superiori, senza alcun tipo di discriminazione ideologica, politica e culturale. Gli Msacchini testimoniano la fede con la semplicità della loro vita: caratteristica del MSAC è di coinvolgere tutti gli studenti che abitano le nostre scuole – anche e soprattutto quelli lontani da un cammino di fede strutturato, e per questo il MSAC è la proposta missionaria dell’AC nelle scuole. Gli Msacchini crescono nella fede all’interno della scuola. Crediamo che non sia possibile vivere la propria esperienza di fede chiusi in se stessi, come un fatto personale o ristretto a un gruppo di pochi intimi. La fede si nutre della Parola, si rafforza nella testimonianza, cresce e si comunica nella relazione. Essere missionari significa indicare (non imporre) una via e camminare insieme all’amico, al compagno, al professore sulla strada di tutti i giorni, con lo stile semplice del Vangelo. (fonte: sito www.azionecattolica.it)

Direttore responsabile Luigi Sparapano

Grafica Antonella la Forgia

Stampa “La Nuova Mezzina” Molfetta

Reg. Tribunale di Trani n.230 del 29/10/88

la REDAZIONE

Don Massimiliano Fasciano (Responsabile inserto LeV Giovani), Nicoletta Minervini, Andrea Teofrasto, Simona Boccanegra, Marianna Camporeale, Sara de Bartolo, Teresa De Sario, Miky Altamura, Dario Prudente, Michele Martinelli, Vito Scarongella, Dario di Domenico, Angelica de Nicolo, Antonella la Forgia (grafico pubblicitario), Beppe Modugno (fotografo). 15


GIOVANI

Mi avete chiesto una paro la di speranza: quella che ho da darvi si ch iama GesĂš Cristo. (la parola twitter di Papa Francesco)

CI RIVEDIAMO

IL 23 APRILE

Pastorale Giovanile Diocesi Molfetta


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