Multimedia Design - Museum Experience Design

Atelier di Multimedia Design Studenti

Jianxun Pan Gianpio Predoti Marco Sirchia Wu Xilin Professori

Federica Dal Falco - Multimedia Design Francesco Leotta - Ambienti virtuali e interattivi Workshop ADD con Elsa Decaudin e FrĂŠdĂŠrique Villemeur (ENSAM) a.a. 2017/2018

Corso di Laurea Magistrale Interfacoltà in Design Comunicazione Visiva e Multimediale a.a. 2017.18

Atelier Multimedia Design Museum Experience Design e ADD (Architettura, Danza e Design) Studenti: Jianxun Pan (1784971) Gianpio Predoti (1810288) Marco Sirchia (1809808) Wu Xilin (1794631) Professori: Federica Dal Falco - Multimedia Design Francesco Leotta - Ambienti virtuali e interattivi Con la collaborazione di Ivan Paduano Per ADD: Elsa Decaudin e Frédérique Villemeur (ENSAM)

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INDICE

Introduzione

PARTE PRIMA

INTRODUZIONE

PARTE SECONDA INSIDE

PARTE TERZA

KING'S RETURN

PARTE QUARTA STRANGER

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1.

1.1.

1.2.

Il Design per la comunicazione museale Gallerie Nazionali Barberini e Corsini Comunicazione museale Gallerie Nazionali Barberini e Corsini

9 10 14

2.

2.1.

2.1.1.

2.1.2.

2.1.3.

2.1.4.

2.1.5.

2.1.6.

2.1.7.

L’importanza del dettaglio nell’opera d’arte Abstract Inside: Giuditta e Oloferne Ricerca e riferimenti Moodboard Target e fruizione Storyboard e sceneggiatura Stili e toni Produzione e post-produzione

19 20 20 20 24 26 26 30 30

2.2.

2.2.1.

2.2.2.

2.2.3.

2.2.4.

2.2.5.

2.2.6.

2.2.7.

Abstract Inside: L'artista nello studio Ricerca e riferimenti Moodboard Target e fruizione Storyboard e sceneggiatura Stili e toni Produzione e post-produzione

31 31 31 34 36 36 38 38

2.3.

2.3.1.

2.3.2.

2.3.3.

2.3.4.

2.3.5.

2.3.6.

2.3.7.

Abstract Inside: La Pietà Ricerca e riferimenti Moodboard Target e fruizione Storyboard e sceneggiatura Stili e toni Produzione e post-produzione

39 39 39 42 44 44 46 46

3.

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3.1.

3.2.

3.3.

3.4.

3.5.

3.6.

3.7.

3.8.

3.9.

3.10.

Museum Experience Design e ADD (Architecture Dance Design) Elsa Decaudin artista e coreografa RSVP Abstract Titolo e Concept progetto Ricerca e riferimenti Moodboard Target e fruizione Storyboard e sceneggiatura Stili e toni Produzione e post-produzione

51 51 52 52 53 58 60 60 64 64

4.

4.1.

4.2.

4.3.

4.4.

4.5.

4.6.

4.7.

4.8.

Dialoghi impossibili Abstract Titolo e Concept progetto Ricerca e riferimenti Moodboard Target e fruizione Storyboard e sceneggiatura Stili e toni Produzione e post-produzione

69 69 69 70 72 74 74 77 77

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PARTE QUINTA

5.

5.1.

5.2.

5.3.

5.4.

5.5.

Merchandising museale Abstract Titolo e Concept progetto Target e fruizione Rendering, mockup e disegni tecnici Materiali e produzione

81 82 82 82 85 85

PARTE SESTA

6.

6.1.

6.2.

6.3.

6.4.

Interaction design Abstract Titolo e Concept progetto Progettazione e programmazione Mockup

88 88 88 88 92

Bibliografia e sitografia

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DĂ?SKOS

ART & INTERACTION

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INTRODUZIONE

Roma è definita "la Città eterna", la sua importanza storica e il suo contenuto artistico sono ineguagliabili. Roma è una città che regala capolavori ad ogni angolo, piccoli e grandi tesori alla portata di tutti. Conoscere Roma significa conoscere una gran parte del patrimonio storico/artistico mondiale. Una delle molteplici caratteristiche di questa città sono i maestosi palazzi antichi che vi si trovano, custodi del tempo, della storia, ma soprattutto dell'arte. Nel cuore di Roma si trova uno dei palazzi nobiliari più spettacolari e imponenti: Palazzo Barberini. Il palazzo prende il nome dalla famiglia Barberini, originaria di Barberino di Val d'Elsa (Toscana) e stabilitasi sin dal XIII secolo a Firenze, operava nella produzione e nella commercializzazione della lana, attività con cui accumulò ricchezze e potere. La famiglia si trasferì nel 1530 a Roma, dove continuò la propria ascesa fino all'apice, nel 1623, con l'elezione di Maffeo Barberini al soglio pontificio con il nome di papa Urbano VIII. Fu proprio papa Urbano VIII a commissionare nel 1627 la costruzione di un grandioso palazzo per celebrare la grandezza della propria famiglia. Qui vi lavorarono i migliori architetti barocchi come Bernini e Borromini, su un progetto originale di Raffaello, per costruire un immenso quanto imponente e maestoso palazzo.

Proprio a Palazzo Barberini si trova uno dei tesori più grandi custoditi nella Capitale: la Galleria Nazionale d'arte antica (in parte anche a Palazzo Corsini). E proprio a Palazzo Barberini che si è concentrata la gran parte della nostra attività per questo corso. In qualche modo Palazzo Barberini è stato per noi una grande "aula universitaria" alternativa, nella quale abbiamo concepito diverse idee e realizzato vari progetti. Abbiamo conosciuto la storia del palazzo, della famiglia dalla quale prende il nome, svolto attività di formazione. Ma soprattutto siamo stati a stretto contatto con l'Arte, l'arte antica, l'arte del "bello". Visitando la Galleria Nazionale d'Arte antica si ha la vera impressione di fare un viaggio nel tempo. L'età contemporanea, il traffico, le automobili, i rumori, restano fuori. Dentro si ha la percezione di trovarsi secoli indietro, sembra quasi di vedere un pittore intento a dipingere, a trovare l'ispirazione tra i grandi saloni del palazzo decorati dai più grandi maestri del passato.

I progetti multimediali realizzati per questo corso sono stati concepiti proprio in quei saloni dove sono custoditi i capolavori che abbiamo preso in esame e con i quali siamo stati a contatto per diversi giorni. Confondendoci tra i turisti e le scolaresche in visita, abbiamo osservato fino in fondo i dipinti e abbiamo ideato i progetti ad essi collegati. Il workshop ADD (Arte, Danza e Design) svolto insieme ad Elsa Decaudin, ci ha fatto scoprire diverse tecniche, visioni e movimenti utili all'interazione tra il corpo e l'arte, nonchè l'inquadramento e l'interpretazione delle opere. Durante questi giorni abbiamo avuto modo di osservare da vicino i vari dipinti e carpirne l'essenza, abbiamo imparato l'importanza dei dettagli e tutto ciò che rappresentano. In molti casi sono esattamente i dettagli a raccontarci il dipinto, i dettagli che sono parte fondamentale dell'opera stessa, ai quali l'artista dedica una cura maniacale al fine di una resa impeccabile.

Ai dettagli si ispira il nostro primo progetto: "Inside", che vuole raccontare le opere attraverso i suoi dettagli e offrire allo spettatore un'esperienza di immersione all'interno dell'opera presa in esame, nonché dare una lettura più approfondita e, appunto, dettagliata di ciò che sta osservando, avvicinandosi ad ogni dettaglio fino a sentirsi parte stessa dell'opera.

Il secondo progetto si intitola "King's Return" e nasce come mero racconto del capolavoro di Hans Holbein: il ritratto di Enrico VIII. Le domande chiave sono: perchè il ritratto? Perchè, da quando esiste testimonianza, c'è la voglia intrinseca nell'uomo di raffigurarsi e, tanto più, di vedersi raffigurato? Perchè i personaggi dei secoli passati amavano farsi ritrarre, commissionando importanti opere ad importanti artisti?

Il terzo progetto consiste in un dialogo impossibile, in uno scenario surreale si verifica un incontro ancor più surreale. Il tutto si svolge in un contesto ai limiti del verosimile, con una linea sottile che separa il reale dall'irreale, in una chiave leggermente ironica.

Ad amalgamare i vari progetti è un'App, sviluppata proprio per fornire all'utente contenuti di approfondimento in aiuto ai nostri progetti stessi. L'utente, quindi, avrà la possibilità di visualizzare i contenuti audiovisivi e conoscere ciò che riguarda le opere contenute in essi, muovendosi tra i vari progetti.

In questo periodo abbiamo imparato che dietro ogni opera si celano segreti, racconti, miti e leggende, verità e falsità, ma in ognuna c'è una storia, la storia del dipinto è la protagonista del dipinto stesso. Perchè il tempo è il vero protagonista di questo nostro iter progettuale, il tempo che ha fatto sì che le opere con le quali siamo stati a contatto venissero realizzate, conservate e giunte fino ai giorni nostri.

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PARTE PRIMA INTRODUZIONE

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1.

Il Design per la comunicazione museale

«Oltre le mode e gli stereotipi, la comunicazione riveste un ruolo sempre più importante anche in ambito museale. Ma quali sono gli strumenti e le attitudini da mettere in campo per non incappare in soluzioni posticce o in luoghi comuni dannosi?

I mutamenti dovuti allo sviluppo delle tecnologie digitali hanno comportato una profonda trasformazione dei Musei in dispositivi ibridi e complessi, dove il virtuale convive con la fisicità dei beni conservati e la nozione di accessibilità culturale si prefigura anche come pratica esperita in rete. Il Design per le istituzioni museali nel comunicare e valorizzare i beni assume la connotazione di prodotto culturale, in grado di aumentare il proprio valore nell’interazione con i fruitori, nella diffusione e condivisione sociale. Il modello sperimentale che sottende tale visione è lo storytelling, nel suo significato di strumento atto a penetrare e comprendere cose, eventi, persone, determinando attraverso l’interpretazione, la rievocazione e la costruzione di memorie tratte dagli oggetti conservati nel museo, dai luoghi e dalle biografie degli artisti che li hanno creati; un tessuto narrativo che attraverso tools multimediali interagisce con i visitatori estendendo la fruizione museale a fattori esperienziali ed empatici.

Tutti noi, vista la grande mole di dati che affollano la nostra memoria, ci siamo abituati ad affidare quest’ultima anche a strumenti esterni. I musei lo sono: contenitori e dispensatori di informazioni, ai quali chiediamo di avere capacità di ritenzione e capacità comunicativa sempre più estese in modo da poterne usufruire con soddisfazione.

L’istituzione culturale si trasforma così in una sorta di protesi. Non può assolvere però solo la funzione di conservazione delle memorie, deve anche recuperare e assumere una funzione propositiva e comunicativa di primo piano.

La comunicazione all’interno di un museo può essere di tipo verbale, simbolica, tecnologica e testuale: in tutti i casi, una comunicazione omogenea e uniforme, ottenuta attraverso un sistema comunicativo coordinato, permette di migliorare il rapporto fra il pubblico e le collezioni contenute nei musei, consentendo al visitatore di “decodificare” le opere, il cui significato non è di immediata comprensione per i non specialisti.

In particolare, per quel che riguarda la comunicazione testuale, tale scopo è raggiungibile attraverso strumenti di comunicazione specifici, quali la segnaletica interna, le didascalie e i pannelli. La progettazione e la realizzazione di strumenti di informazione e mediazione dei significati all’interno dei musei sono influenzate da una serie di fattori, tra cui la tipologia delle opere e la mancanza/presenza di una relazione tra le opere stesse, le scelte operate in fase di allestimento, gli aspetti percettivi e legati all’orientamento, l’ambiente fisico in cui sono collocate. Quest’ultimo punto è particolarmente rilevante nei musei italiani, che sono nella maggior parte dei casi ubicati in palazzi storici, in cui la progettazione di apparati didattici è particolarmente delicata e a volte richiede di contemperare allo stesso tempo necessità didattiche, valutazioni estetiche ed esigenze di tutela. Inoltre, in virtù della necessità di differenziare i contenuti secondo una gerarchia dei livelli informativi, è necessario che il contenuto sia deciso nell’ambito dell’intera offerta informati- va, tenendo conto della totalità degli strumenti utilizzati e dell’allestimento.

Le domande che guidano la progettazione degli apparati testuali sono “a chi” comunicare, “cosa”, “dove” e “come”: si tratta di domande che discendono direttamente dal concetto di museo al servizio alla società, che a sua volta risponde alla domanda “perché comunicare?”.

All'interno di un museo, per praticità, si forniscono indicazioni più dettagliate per i diversi apparati di comunicazione: segnaletica, didascalie, didascalie interpretative, pannelli.

Si ricorda che si tratta di elementi che tutti insieme concorrono a creare un sistema di comunicazione complesso, ognuno con le proprie specificità: per questo motivo, la pianifi- cazione di quali contenuti veicolare e quali strumenti utilizzare dovrebbe avvenire sempre considerando l’impianto comunicativo nella sua interezza, decidendo a monte cosa scrivere, come scriverlo e dove scriverlo.» (Da Milano C., 2015) «La comunicazione è solo uno degli strumenti che i musei hanno a disposizione per creare un ponte tra le proprie collezioni e il pubblico: come tutte le forme di comunicazione, è ricca di complessità e non sempre facile da controllare, ma i musei hanno il dovere di tentare di governare almeno parzialmente questa complessità e di valutare criticamente e realisticamente le loro scelte comunicative.» (Vitale, 2010).

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1.1.

Gallerie Nazionali Barberini e Corsini.

1. Facciata di Palazzo Barberini, Roma.

«Palazzo Barberini, il prototipo del palazzo barocco, è frutto del lavoro dei più importanti architetti del Seicento: Carlo Maderno, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini.

Maffeo Barberini (Firenze 1568 – Roma 1644) viene eletto papa nel 1623 con il nome di Urbano VIII e due anni dopo acquista per i nipoti, investiti di cariche e onorificenze, una villa sul colle del Quirinale già della famiglia Sforza, e commissiona a Carlo Maderno (1556-1629) il nuovo palazzo di famiglia. L’architetto anziché demolire la villa la ingloba in un nuovo progetto architettonico: l’ala Sforza, ovvero la parte di edificio che affaccia sull’attuale Piazza Barberini, viene collegata ad un’altra ala, ad essa parallela, tramite un braccio centrale. La nuova pianta dell’edificio ha una forma ad “H” assolutamente innovativa. Maderno realizza una struttura ad ali aperte che incornicia un vastissimo giardino, con piante rare, cortili segreti e giardini all’italiana.

Oggi si accede al palazzo da via delle Quattro Fontane attraverso la facciata porticata, su cui si innalza una finta loggia vetrata, disegnata con ogni probabilità da Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), che succede a Carlo Maderno nella direzione del cantiere nel 1629.

Il cuore pulsante del palazzo è il maestoso salone di rappresentanza affrescato da Pietro da Cortona. A questo ambiente monumentale si accede attraverso una scala a pozzo quadrato, progettata dal Bernini, da un lato, e dalla straordinaria scala elicoidale a pianta ovale, probabilmente disegnata da Francesco Borromini (1599-1667).

A partire dal 1620 ca. numerose maestranze lavorano alle decorazioni interne ininterrottamente fino alla metà del Settecento, quando l’ultima erede diretta, Cornelia Costanza, fa realizzare un appartamento in stile rococò all’ultimo piano.

I discendenti della famiglia Barberini hanno abitato l’appartamento settecentesco del palazzo fino al 1955.

La storia del Palazzo come museo nazionale, regolarmente aperto al pubblico, comincia nel 1953 anno in cui Palazzo Barberini diventa sede della Galleria Nazionale di Arte Antica insieme a Palazzo Corsini, che lo era già dal 1895. Nel corso degli anni la collezione di Palazzo Corsini si era ampliata tramite acquisti e donazioni, come l’acquisizione della collezione Torlonia e del Monte di Pietà del 1892, la donazione di Henriette Hertz del 1915 e l’acquisto della collezione Chigi del 1918. L’ampliamento delle collezioni rende indispensabile l’acquisizione di nuovi spazi espositivi, individuati in Palazzo Barberini.

Diversamente dalla quadreria Corsini, dell’originaria collezione della famiglia Barberini rimane poco. Nel Settecento cominciano infatti le prime dispersioni, anche a causa dei dissidi tra i vari rami ereditari della famiglia, ma soprattutto nel 1934 viene emanato un Regio decreto che consente ai principi di vendere, anche all’estero, gran parte delle loro opere. Lo Stato, in cambio, acquisisce un piccolo nucleo di dipinti, tuttora individuabili grazie alla sigla “F” seguita da numeri progressivi (La Fornarina, ad esempio, è siglata F1).

Dunque mentre la sede di Palazzo Corsini raccoglie una quadreria storica a sé stante, palazzo Barberini presenta un allestimento cronologico e rappresentativo delle principali scuole pittoriche dal Duecento al Settecento, organizzato in modo da poter integrare nuove acquisizioni o prevedere diversi allestimenti della collezione. Il Cinquecento e il Seicento sono i secoli più rappresentati con opere di Raffaello, Piero di Cosimo, Bronzino, Hans Holbein, Lorenzo Lotto, Tintoretto, fino ad arrivare a Caravaggio con la schiera di caravaggeschi, e al ricco Seicento con opere di Gian Lorenzo Bernini, Guido Reni, Guercino, Nicolas Poussin, Pietro da Cortona.

La collezione settecentesca conserva importanti opere di Maratti, Batoni, Canaletto, Subleyras, Mengs e van Wittel; oltre che i dipinti della donazione del Duca di Cervinara, con le raffinate tele di Fragonard e Boucher, e quelli della donazione Lemme, con i rari bozzetti di Corvi e Ghezzi.

La storia di palazzo Corsini inizia nel 1511 con l’edificio fatto costruire dal cardinale Raffaele Riario (1461-1521) sui terreni di via della Lungara. L’edificio originario viene modificato tra il 1659 e il 1689, quando diviene la residenza dalla regina Cristina di Svezia, trasferitasi a Roma nel 1655 dopo la conversione al cattolicesimo. La regina, donna di grande cultura e amante delle arti, utilizza il palazzo anche come sede del circolo intellettuale da lei istituito e fa modificare gli interni per ospitare la collezione di statue al pianterreno e la quadreria al piano nobile. Di questa fase della storia del palazzo si conserva traccia nell’Alcova della Regina, dove sopravvivono le decorazioni cinquecentesche.

La proprietà del palazzo passa ai Corsini solo nel 1736 dopo l’elezione al soglio pontificio di Lorenzo (Firenze 1652 – Roma 1740), divenuto papa con il nome di Clemente XII. La ricchissima famiglia fiorentina aveva bisogno di una residenza a Roma che fosse adatta al nuovo status pontificale e incarica l’architetto Ferdinando Fuga di ristrutturare le parti esistenti del palazzo e di ampliarlo con nuove strutture. Fuga progetta così un’ala speculare all’edificio esistente e un corpo centrale con la scalinata monumentale: i tre fabbricati sono uniti dalla facciata, lineare e maestosa, su via della Lungara, mentre il retro, affacciato sul vasto giardino che sale fin sul Gianicolo, ha un andamento mosso e articolato.

I Corsini utilizzarono il palazzo fino al 1883, quando il principe Tommaso junior vende la proprietà e dona l’intera collezione al Regno d’Italia, contribuendo alla nascita della prima Galleria Nazionale italiana. Una parte del palazzo è oggi sede dell’Accademia dei Lincei, nella cui biblioteca è confluita la collezione di libri del cardinal nipote Neri Corsini, mentre la straordinaria collezione di stampe costituisce il nucleo più antico dell’attuale Istituto Nazionale della Grafica. Il giardino, risistemato da Fuga nei lavori settecenteschi, costituisce oggi l’Orto Botanico di Roma.

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La galleria Corsini è l’unica quadreria settecentesca romana ad essere ancora oggi pressoché inalterata: questo perché al momento della vendita del palazzo al Regno d’Italia (1883) il principe Tommaso Corsini donò, in blocco con l’edificio, l’intera collezione di opere.

Le raccolte vennero create grazie al contributo dei vari componenti della famiglia, a partire dal nucleo più antico messo insieme a Firenze dal marchese Bartolomeo (1622-85). Accanto a questo fondo fiorentino, anche il ramo romano dei Corsini allestì una raccolta di opere già a partire dall’inizio del Seicento. La collezione presente nel palazzo di via della Lungara venne avviata da papa Clemente XII (Lorenzo Corsini, 1652-1740) e dal cardinal nepote Neri Maria (1685-1770): vi confluirono una trentina di opere del fondo fiorentino, altri dipinti da quello romano, le proprietà di Lorenzo (tra cui i dipinti a lui donati una volta divenuto pontefice nel 1730) e gli acquisti curati da Neri Maria. Quest’ultimo ampliò l’orizzonte della collezione, guardando ai maestri del Seicento, italiani e non (Caravaggio, Reni, Guercino, Rubens, van Wittel), alla tradizione cinquecentesca italiana e alla pittura a lui contemporanea.

Nel corso dell’Ottocento la raccolta venne modificata attraverso vendite ed acquisti, adattando il catalogo delle opere al gusto dell’epoca. Dopo la vendita del palazzo e della collezione al Regno d’Italia nel 1883, la raccolta originaria si arricchì grazie all’acquisizione del fondo Torlonia (1892), in previsione dell’apertura della prima Galleria Nazionale italiana, ospitata in palazzo Corsini dal 1893. Negli anni immediatamente successivi alla nascita della Galleria Nazionale, lo Stato italiano vi destinò, tra le altre, le collezioni Chigi, Monte di Pietà, Hertz, acquisite al fine di ampliare l’orizzonte storico della raccolta.

Negli anni ’20 una parte di essa confluì nell’appena istituito Museo di Palazzo Venezia, destinato ad illustrare la storia dell’arte medievale e rinascimentale: progetto che ebbe vita breve e travagliata. Gli spazi limitati della galleria Corsini non erano comunque sufficienti ad esporre la gran mole di opere che erano state aggiunte al nucleo originario: nel 1949 lo Stato acquistò palazzo Barberini per trasferirvi in blocco le opere della Galleria Nazionale, riaperta nella nuova sede nel 1953. Lo svuotamento della galleria Corsini durò circa trent’anni: nel 1984 si decise infatti di ripristinare la raccolta Corsini nel palazzo di appartenenza, lasciando a palazzo Barberini soltanto i gruppi di opere che erano state aggiunte dopo la donazione del 1883.

Le Gallerie Nazionali Barberini Corsini conservano un numero di opere di gran lunga superiore a quelle esposte negli spazi pubblici del museo.

Le opere in deposito consistono in dipinti, sculture, arredi e altri tipi di oggetti e sono conservate in speciali ambienti che garantiscono adeguate condizioni di conservazione e sicurezza, e che consentono un’ordinata disposizione e classificazione degli oggetti. La gestione dei depositi permette di programmare la sostituzione delle opere temporaneamente assenti dal museo per prestiti o restauri, e offre la possibilità di esporre ciclicamente materiali altrimenti non sempre visibili per la loro delicatezza o per particolari esigenze conservative.

I depositi delle Gallerie Nazionali sono visitabili su richiesta; nella richiesta è necessario specificare l’opera o le opere di interesse.

Delle collezioni delle Gallerie Nazionali fanno parte opere in deposito esterno, ovvero in prestito permanente per ragioni di rappresentanza a istituti come ministeri, uffici dello Stato, ambasciate ecc.

Il Dipartimento Educazione e Ricerca delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini programma le attività didattiche e i programmi di ricerca.

Attraverso lo studio, lo sviluppo e la sperimentazione attiva di nuove forme di comunicazione didattica mira all’inclusione dei diversi pubblici, per un’esperienza più coinvolgente e partecipata del museo.

Il Dipartimento cura le visite guidate e i laboratori destinati a un pubblico generico e i rapporti con le scuole di ogni ordine e grado. Collabora con le università e gli istituti di istruzione e ricerca superiori alla progettazione di attività e/o a programmi didattici particolari. Le Gallerie Nazionali stipulano infatti convenzioni con scuole e università per lo svolgimento di progetti formativi a breve o a lungo termine, come l’Alternanza Scuola-Lavoro o i tirocini curricolari universitari dei vari gradi, che permettono a studenti italiani e stranieri di svolgere periodi di attività e ricerca all’interno del museo, acquisendo anche un’esperienza diretta del suo funzionamento e delle sue modalità di gestione.

Il Dipartimento cura l’interpretazione della storia e delle collezioni delle Gallerie Nazionali attraverso convegni, conferenze, seminari, laboratori, presentazioni di libri.

Le Gallerie Nazionali sono dotate di un nuovo laboratorio didattico situato nella serra di Palazzo Barberini. Le attività di visita e laboratorio sono gestite in collaborazione con il concessionario dei servizi aggiuntivi Gebart S.p.a.» (Bonmassar M., 2017).

2. Corridoio interno di Palazzo Corsini, Roma.

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1.2.

Comunicazione museale Gallerie Nazionali Barberini e Corsini

Entrando in Palazzo Barberini il visitatore viene accolto dalla reception. Qui è possibile ritirare il biglietto d'accesso unico valido sia per Palazzo Barberini che per Palazzo Corsini dove si trova l'altra parte della collezione (il biglietto è valido per dieci giorni dalla data di convalida).

Questo è un punto a favore rispetto alla concorrenza, poichè stimola il visitatore a tornarci più volte nei giorni successivi alla prima visita: ciò crea in qualche modo fidelizzazione. Già appena entrato il visitatore ha accesso ad un vasto assortimento di merchandising, libri, cartoline, veri e propri volumi riguardanti le storie di artisti e le relative opere, stampe di medio e grande formato, audioguide ecc. Insomma, il visitatore ha la possibilità di acquistare oggetti di merchandising sia all'ingresso del museo che all'uscita.

All'interno dei saloni del palazzo è possibile seguire un percorso attraverso la segnaletica appositamente collocata dal personale del Palazzo. Il percorso guida il visitatore attraverso le varie sale del palazzo, all'interno delle quali sono collocati degli espositori con delle guide testuali ai contenuti della relativa sala, liberamente fruibili da parte dei visitatori, grazie alle quali possono scoprire di più sulle opere che sta osservando e sulle sale all'interno delle quali ci si trova. Le sole informazioni fruibili vicino alle opere sono le informazioni basilari, quindi titolo dell'opera e relativo autore, che purtroppo non sono disponibili in tutte le opere, poichè, per sfruttare al meglio gli spazi, alcune opere sono collocate in alto rispetto al visitatore che, in ogni caso, non riuscirebbe a leggere le descrizioni. Ciò comporta la presenza di molti dipinti ma l'assenza di informazioni per alcuni di essi. In particolare, presso la Galleria Corsini, le descrizioni del dipinto sono disponibili in pochissimi casi, pur avendo una densità di opere maggiore rispetto a Palazzo Barberini, tuttavia i visitatori possono usufruire dei fogli di sala per orientarsi all'interno di essa ed avere così informazioni relative ai dipinti che vi si trovano.

Tornando a Palazzo Barberini, possiamo trovare mostre ed installazioni temporanee che prevedono la presenza di totem informativi e pannelli da affissione all'interno, in suopporto ai contenuti della relativa mostra. Questo è un fattore importante per i visitatori che vengono a vedere soltanto la mostra di cui sono a conoscenza.

I canali di comunicazione delle Gallerie Nazionali Barberini e Corsini sono diversi. La piattaforma principale è il portale web www.barberinicorsini.org, oggetto di un recente restyling dal precedente sito www.galleriabarberini.beniculturali.it. Nel precedente sito è ancora fruibile il catalogo completo delle opere presenti nelle Gallerie, mentre in home page è presente il link di rimando diretto alla nuova piattaforma, molto più curata e meglio costruita in base ai contenuti.

Qui l'utente ha accesso a diversi contenuti: 1) La storia dei due palazzi dov'è custodita la collezione; 2) Info pratiche: qui l'utente può vedere in che modo raggiungere le Gallerie, gli orari di apertura e l'accessibilità.

3) Eventi: l'utente può informarsi sugli eventi in corso, quelli in programmazione e in archivio ed accedere ai vari comunicati stampa; 4) Laboratori di didattica e restauro; 5) Amministrazione, newsletter e contatti.

Tuttavia, la parte fondamentale sono i collegamenti alle varie piattaforme Social: Facebook, Twitter e Instagram, con le quali la Galleria comunica in modo diretto agli utenti, ed ha la possibilità di ottenere feedback e reaction relativi ai contenuti postati. La programmazione dei contenuti è costante nel tempo, vengono pubblicati contenuti con reazioni abbastanza numerose e reaction di vatio tipo, con relativi commenti e condivisioni dei post (fattore importante per la diffusione dei contenuti pubblicati.

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3. Home page del sito www.barberinicorsini.org 4-5-6. Post pubblicati sulla pagina Facebook "Barberini Corsini Gallerie Nazionali".

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PARTE SECONDA INSIDE

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2.

L’importanza del dettaglio nell’opera d’arte

«Cosa ci affascina dei dettagli? La loro arbitrarietà? Cosa ci commuove? Forse, l’oscurità da cui il nostro sguardo li salva, la luce da cui si dirama una potenzialità di mondi. I dettagli aprono sentieri sconosciuti, cammini traversi alla storia dell’arte. Il dettaglio crea intimità, ha bisogno di dedizione ma può anche portare al delirio.

Saper apprezzare l’arte è sicuramente un piacere, è un interesse che, quando incomincia a coinvolgerci, rimarrà costante e arricchirà la vita di momenti di puro godimento. Le opere d’arte possono donare molteplici emozioni, a volte delicate, a volte così forti da commuoverci, altre volte un’opera d’arte ci può lasciare indifferenti, ma non c’è da preoccuparsi. L’importante è non avere preconcetti, porsi di fronte all’arte con semplicità, cercando di cogliere ciò che l’opera vuole comunicare. Come in ogni campo del sapere umano più si conosce un argomento maggiore è la possibilità che riusciamo ad apprezzarne il contenuto e il valore. Questo vale anche per l’arte. Conoscere le possibilità tecniche, i valori espressivi, gli elementi compositivi, il percorso artistico dell’autore e la collocazione storico-artistica permette di cogliere con più immediatezza e in modo più profondo il valore e il significato di un’opera d’arte.

Anche il gusto può essere educato ed opere d’arte che troviamo “brutte”, alla fine di questo corso potremmo trovarle “belle” o tuttalpiù “interessanti”. Sicuramente le opere che affascinano maggiormente qualsiasi tipo di pubblico sono quelle che evidenziano una eccezionale perizia tecnica, che rappresentano il soggetto in modo tale da apparire “vero”. La storia dell’arte del passato, dal Rinascimento fino all’Ottocento, è caratterizzata proprio dall’uso della tecnica per rendere con verosimiglianza ciò che si rappresentava: l’obiettivo era proprio rendere il soggetto il più veritiero possibile, in tutti i suoi dettagli.

Il corpo è davanti a un quadro. A un tratto un dettaglio ci attira tanto da farci avvicinare. L'intero quadro diventa resto. Il dettaglio è l'isola del quadro. Per vedere meglio dobbiamo trasgredire lo spazio, abolire ogni distanza ragionevole. Il desiderio disubbidisce, porta al delirio. Il quadro scompare. Lo ha inghiottito il buio. Resiste solo il dettaglio che ti ha fatto cenno. Ora è un mondo.

C'è stata una ferita, ora c'è intimità. Questo cane che aspetta, questa donna morta, questo cespuglio, nati da una separazione, cominciano a esistere nel loro spazio e nel loro tempo scardinati. Forse i dettagli sono tracce delle strisce temporali di cui parlano i fisici.» (Arasse D., 2007).

L’interpretazione delle immagini attraverso l’analisi dei dettagli, nota come “iconografia” ha un suo insigne interprete in Giovanni Morelli, pseudonimo Ivan Lermolieff. Morelli mette a punto un nuovo metodo di studio dell’oggetto d’arte basato sull’analisi e la comparazione di tutte le singole parti costituenti un’opera d’arte.

Nelle sue ricerche alla Galleria degli Uffizi, Morelli constata che nelle numerose figure di uno stesso quadro tanto l’orecchio quanto la mano si mostrano formati in modo analogo. Nei quadri giovanili di Raffaello, come nella Maddalena Doni, la mano “ha la palma larga e piatta, le dita sono corte e grosse, un po’ mancanti di vita … Ha ancora un carattere molto casalingo e borghese”.

Giuseppe Arcimboldo o Arcimboldi, come è nominato in diversi documenti d'archivio (Milano 1527-1593) è noto soprattutto per le sue "Teste Composte", ritratti eseguiti combinando tra loro, oggetti o cose dello stesso genere (prodotti ortofrutticoli, pesci, libri…) collegati metaforicamente al soggetto rappresentato, in modo da desublimare il ritratto stesso. Arcimboldo è il maestro della configurazione antropomorfica. Egli applica alla figura umana il principio della doppia figurazione. La figura umana è il risultato di un assemblaggio di dettagli. Ogni elemento è un’unità autonoma. Esso diventa nell’insieme un segno con un senso che si articola nel discorso allegorico del “tout ensemble”.

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7. Dettaglio su "L'Ortolano", di Giuseppe Arcimboldo.

19

2.1.

Abstract

Per osservare bene un'opera d'arte, un dipinto, una scultura o qualsiasi cosa catturi la nostra attenzione, è necessario disporsi davanti all'oggetto in questione ed analizzarlo nei minimi dettagli. Proprio i dettagli fanno la differenza sulla visione sommaria e totale di un'opera d'arte.

I dettagli ci svelano la minuziosità dell'artista nel comporre la sua opera, nonché il talento e la maestrìa dell'artista stesso. I dettagli, quindi, vanno osservati attentamente e attraverso di essi si può leggere e interpretare l'opera. In questo progetto vogliamo indirizzare e focalizzare l'attenzione dell'utente sui dettagli dell'opera che abbiamo preso in esame che, muovendosi tra di essi, può ottenere una lettura più accurata dell'opera che osservandola sommariamente da lontano.

2.1.1.

Inside: Giuditta e Oloferne

Il nostro intento è quello di offrire allo spettatore un'esperienza di immersione all'interno dell'opera presa in esame, nonché di dare una lettura più approfondita e, appunto, dettagliata di ciò che sta osservando, avvicinandosi ad ogni dettaglio fino a sentirsi parte stessa dell'opera.

L'obiettivo è quello di mettere a fuoco fin nei minimi dettagli l'opera analizzata ed offrire all'osservatore un'esperienza immersiva, come se fosse un viaggio guidato all'interno dell'opera, per scoprirne e assaporarne ogni particolare. Il titolo assegnato al nostro progetto è: "Inside: Giuditta e Oloferne". La scelta del titolo ricade proprio sul termine "Inside" poichè, la traduzione dalla lingua inglese è "dentro, all'interno", quindi l'ideale per il nostro progetto.

2.1.2.

Ricerca e riferimenti

«Per la critica tradizionale, a partire dal Rinascimento l'opera pittorica è stata concepita per essere guardata a distanza. Dalla distanza "ragionevole" si vede, e si apprezza, compiutamente la bellezza e l'armonia dell'insieme. Dentro l'ordine generale di ogni quadro, dentro l'insieme della composizione, si annidano dettagli che sfuggono a quest'ordine, e che arrivano a sovvertirlo e ad annullarlo. Queste piccole parti del quadro vengono percepite soltanto se si guarda da vicino.

Dalla distanza ravvicinata si colgono gli elementi "segreti" del quadro, quelli a cui il pittore ha affidato il suo messaggio, quelli che riservano le "vere" occasioni di godimento della pittura.

Improvvisamente, attraverso un dettaglio, spunta una nota ironica, o un'allusione erotica, in un dipinto d'argomento sacro. Oppure affiora l'intento di forte critica politica, o la testimonianza umana ed esistenziale, in un quadro apparentemente convenzionale, a destinazione "ufficiale".

O, infine, mediante il trattamento del dettaglio, il pittore può rivelare le sue più autentiche scelte stilistiche, la sua "idea" dell'arte.

Dove e con che frequenza ricorre il nostro incontro con l'arte? Come possiamo fruire appieno della visione di un'opera d'arte dal vivo? E, soprattutto, come osservare un dipinto? Da lontano, se cerchiamo di cogliere l'unità della composizione. Da vicino, inevitabilmente, se vogliamo godere del piacere del dettaglio (e se la collocazione lo consente). Oppure ricorrendo alle numerose immagini prodotte con le più varie tecniche.

La differenza tra "particolare" e "dettaglio" consiste nella funzionalità alla resa della realtà imitata dell'uno, mentre l'altro è piuttosto votato all'autonomia, alla contemplazione specifica, che ci apre al significato più profondo dell'opera e ce la fa scoprire in profondo.

Perchè l'artista dovrebbe tenere tanto ai dettagli nelle proprie opere? Sono i dettagli a dare rilievo, valore e unicità all'opera, a rendere l'opera unica, a dare il valore aggiunto molte volte caratteristico dell'opera. In molti casi l'opera d'arte è conosciuta proprio grazie alla "fama" dei suoi dettagli, alla cura e alla minuziosità che ci ha messo l'artista.» (Anedda A., 2009).

Un'opera di riferimento per il nostro progetto è stata "il Cenacolo" di Leonardo Da Vinci, celebre per la quantità e l'importanza dei suoi dettagli che forniscono le chiavi di lettura dell'opera stessa. «Leonardo sceglie, per l’opera milanese, il momento più drammatico dell’Ultima Cena, analizzando la reazione degli apostoli alla pronuncia della terribile frase del tradimento previsto.

Vangelo di Giovanni, 13 – “21 Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà». 22 I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse”. E’ un annuncio che erompe nella stanza come un’esplosione che flette i corpi, come un immane boato. Leonardo sceglie il segmento narrativo 22. Cristo, al centro, imperturbato e in una profonda, malinconica solitudine, ha già assunto un distacco divino e il suo corpo è incorniciato dalla parete in cui si aprono i tre finestroni – che si configurano come richiamo al mistero trinitario -; è già consegnato al cielo. Lo scivolamento granitico della figura del Signore in direzione del compimento delle Sacre Scritture è acuito da una prospettiva centrale accelerata, che flette le pareti laterali, a imbuto, verso i finestroni luminosi.

Un'ipotesi alternativa vuole dare un significato esoterico al dipinto: il discepolo alla destra di Gesù Cristo sarebbe da interpretare come una donna, con cui Leonardo avrebbe voluto rappresentare Maria Maddalena. Nella narrazione alcuni particolari del dipinto, quali l'opposta colorazione degli abiti di Gesù e della presunta Maria Maddalena, l'assenza dell'unico calice citato nel Nuovo Testamento, la mano posata sul collo della presunta donna e infine la presenza di un braccio con la mano che impugna un coltello e che si dice non appartenga ad alcun soggetto ritratto nel quadro, sono utilizzati per cercare di dimostrare che Maria Maddalena fosse la possibile amante di Gesù, ipotesi respinta dalla Chiesa, in quanto priva di alcuna prova o fondamento.»

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8. "Il Cenacolo", opera di Leonardo Da Vinci.

9-10. Dettagli del Cenacolo di Leonardo.

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11. Giuditta decapita Oloferne, Dipinto di Michelangelo Merisi (Caravaggio). Roma.

12. Dettaglio di Oloferne 13. Dettaglio della serva

22

La prima opera che abbiamo deciso di analizzare è stata "Giuditta e Oloferne". Ci ha colpito la "crudeltà" di questo dipinto, la realtà della realizzazione e l'espressività dei soggetti. Tre personaggi e un drappo rosso sullo sfondo: pochi elementi, in grado di orchestrare un vero e proprio teatro dei contrari. Buio e luce, vecchiaia e giovinezza, vita e morte, forza e fragilità. Giuditta è un’eroina del Vecchio Testamento, una giovane vedova ebrea che salva il suo popolo dall’assedio dell’esercito assiro. Finge di volersi alleare con il nemico e uccide con le proprie mani il generale Oloferne, dopo essere stata accolta nell’accampamento con un fastoso banchetto. Fin dal ‘400 è un’iconografia frequente, ma non era mai stata rappresentata con tale cruenta spettacolarità. «Il dipinto fu commissionato dal banchiere Ottavio Costa, che lo raccomandò caldamente ai suoi eredi nel suo testamento. Qui la scimitarra è in pieno affondo, c’è energia nelle mani e negli arti contratti di Oloferne, ma ancora per poco. La bocca del generale è spalancata in un grido che sta per spegnersi, il fiotto di sangue non ha ancora esaurito il suo getto, come se Caravaggio avesse voluto bloccare gli istanti fulminei di un’azione, difficili da fermare con lo sguardo. La fonte di luce è collocata in alto a sinistra e investe per intero l’esile figura di Giuditta, con la fronte aggrottata, nello sforzo di richiamare a sé tutte le forze, fisiche e spirituali, per un gesto che compie suo malgrado. L’ancella Abra, che nel racconto originale è una giovane donna, diventa una vecchia dal volto rugoso e dagli occhi allucinati, spia dell’orrore che l’osservatore prova di fronte a una tale violenza. Giuditta è raffigurata intenta a decapitare Oloferne con una scimitarra, mentre alla scena assiste una vecchia serva che sorregge con le mani il drappo contenente il cesto nel quale va conservata la testa.

Nel ruolo di Giuditta venne raffigurata forse la cortigiana Fillide Melandroni, amica dell'artista. Non ci sono molti elementi che contribuiscono a rendere nota l'ambientazione della scena, lo sfondo è scuro, è presente un panneggio rosso in alto a sinistra e una parte minima del letto su cui giace Oloferne. Caravaggio è rimasto fedele al clima dell'episodio biblico, facendo decapitare il generale con una daga mediorientale, ma ha anche attualizzato la scena, poiché l'abbigliamento di Giuditta è quello tipico delle donne a lui contemporanee; è possibile che il pittore si sia anche ispirato ad ambientazioni sacre di tipo teatrale rappresentate a Roma e comunque il pittore, ricevute commissioni più importanti e passato da una visione statica ad una dinamica, come ad un aspetto più drammatico della scena, accentuata dal fondo nero e dalla luce che rivela i contrasti dei volti e gli stati dell'animo, doveva aver certamente ripreso considerazioni sugli affetti ed i moti d'animo di ascendenza leonardiana diffusi dal lombardo Giovan Paolo Lomazzo e gli studi sulla fisiognomica e la gestualità, che stavano tanto alla base del teatro quanto della stessa pittura.

Il pittore fissa l'acme emotivo nell'immagine di Oloferne: lo sguardo vitreo farebbe supporre che sia già morto, ma lo spasmo e la tensione dei muscoli indurrebbero a pensare il contrario.

Giuditta, invece, sembra adempiere al suo compito con molta riluttanza: le braccia sono tese, come se la donna volesse allontanarsi il più possibile dal corpo di Oloferne, e il suo volto è contratto in un'espressione mista di fatica e orrore. Accanto a Giuditta Caravaggio ha inserito una serva molto vecchia e brutta, come simbolico contraltare alla bellezza e alla giovinezza della vedova. In questo modo l'autore sottolinea (con un artificio artistico legato alla fisiognomica, caro anche a Leonardo) le differenze tra le due figure e fa risaltare maggiormente la prima, che2 incarna grandi valori morali.

Infatti, la poca credibilità di Giuditta come vedova e la tensione fisica minima con cui ella, turbata, taglia la testa ad Oloferne, confermano il forte valore simbolico di tale rappresentazione, diversamente, per esempio, dal dipinto di Artemisia Gentileschi, con il medesimo soggetto, dove l'azione è più mossa, è una vera lotta fra i due sessi, risolta dalla grande pittrice in senso più personalistico (venne stuprata da un amico del padre). Infatti Giuditta, presentata come simbolo di salvezza che Dio offre al popolo ebraico, assurge anche a simbolo della Chiesa stessa e del suo ruolo salvifico, ulteriormente testimoniato dal colore bianco della camicia della donna, che evoca la purezza. Tuttavia non va ignorato, sempre in senso simbolico sia il fatto che il volto di Oloferne è un possibile ritratto del pittore, sia l'interpretazione in chiave simbolico-psicologica, in cui l'orrore e l'urlo di spavento e di dolore del generale, sono una rappresentazione, appunto simbolica, della paura e della castrazione, che la decapitazione (spesso presente nell'opera del Caravaggio), evoca in modo drammatico.

Dall'analisi radiografica si può evincere che in una prima raffigurazione Giuditta era a seni nudi, ma non è chiaro se Caravaggio abbia voluto seguire una tradizione iconografica che vedeva nella nudità un senso di eroismo e di purezza connesso con il sacro (Giuditta nuda è presente in statuine, come quella di alabastro di Konrad Meit del 1525, o in disegni come quello di Hans Sebald Beham del 1547) oppure abbia voluto accentuare, in questo modo il carattere provocante, seducente dell'eroina; aspetto che resta, peraltro anche dopo la raffigurazione del corpetto coprente, probabilmente per cause d'ordine morale e di autocensura, che, mostra comunque, in trasparenza, il seno dell'eroina, sudato per lo sforzo messo nell'azione violenta, risultando così ancora più seducente.» (Mastromattei D., 2016).

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2.1.3.

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2.1.4.

Target e fruizione

Il tipo di persone alle quali si rivolge il nostro progetto sono, senza dubbio, i visitatori dei musei, in particolare delle Gallerie Nazionali d'arte antica Barberini e Corsini. Con il nostro progetto ci rivolgiamo anche a tutte le persone appassionate di arte, pittura per esattezza, di storia, collezionisti d'arte, pittori, disegnatori e ogni tipo di artista possibile. Anche se il nostro pubblico mirato è comunque il pubblico che visiterà la collezione di Palazzo Barberini, i visitatori, guardando i nostri progetti, potranno osservare il dipinto con una chiave di lettura diversa. Se abitualmente il visitatore si ferma ad osservare un dipinto per pochi secondi e a dovuta distanza, grazie al nostro progetti sentirà la necessità di fermarsi per un intervallo di tempo maggiore del solito, proprio al fine di assaporare ogni dettaglio, ogni elemento del dipinto, tutto ciò al quale l'artista dedicò più tempo proprio per ottenere una resa migliore.

2.1.5.

Storyboard e sceneggiatura

Il concept di partenza è trasformare la cosa fissa in quella in movimento: la cinematografia è l’arte del movimento. La difficoltà è rendere “questo movimento” preciso e semplice. Un punto di partenza è stata l'ispirazione venuta dai registi americani; per esempio, lo stile di Andrew Lesine (direttore della fotografia dell'American Society of Cinematographers), dimostra la sua bravura nel riflettere le emozioni delle scene con i movimenti lentissimi delle riprese.

Lo storyboard è, letteralmente, la versione disegnata delle scene che poi andranno a comporre un'opera audiovisiva. Se la sceneggiatura racconta attraverso le parole, lo storyboard ci mostra la stroria narrata con immagini disegnate su carta.

In questo dipinto si respira il momento dell'uccisione di Oloferne da parte di Giuditta. Abbiamo quindi cercato di preparare una scrittura del video in modo tale da avvicinarsi quanto più possibile all'atmosfera del dipinto. La camera si muove all'interno del dipinto con rapide successioni di inquadrature dei vari dettagli dell'opera.

Primo piano di Giuditta.

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La mano di Oloferne in segno di sofferenza.

Primo piano della serva che assiste alla scena.

Primo piano di Oloferne straziante di dolore.

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La spada che taglia il collo a Oloferne e il flusso di sangue.

Mano di Giuditta intenta a tenere Oloferne per i capelli.

Telo sostenuto dalla serva.

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Dettaglio del panneggio rosso in alto nel dipinto.

Dipinto inquadrato integralmente.

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2.1.6.

Stili e toni

Lo stile di questo video è ispirato dall'essenza del dipinto che intende raccontare. Un dipinto all'interno del quale si sta commettendo un vero e proprio assassinio, che vede come vittima Oloferne e come carnefice Giuditta. L'intento, quindi, è proprio quello di catapultare l'utente che sta guardando questo video, all'interno di una vera e propria scena del crimine, dove i particolari e i dettagli raccontano ciò che sta succedendo, passando rapidamente da un dettaglio all'altro senza un momento di sosta.

2.1.7.

Produzione e postproduzione

La produzione ha visto dapprima la riflessione davanti al dipinto su come potessimo raccontare questo dipinto e ciò che vi sta succedendo all'interno. In questo modo abbiamo rivolto la nostra attenzione verso i vari dettagli che rendevano l'idea di ciò che stava accadendo nel momento ritratto nel dipinto. Così abbiamo effettuato le riprese davanti a questa celebre opera di Caravaggio; abbiamo preparato tre obbiettivi: 24-70mm F2.8, 105mm F2.8, 70-300mm F4-5.6. Tramite i 3 tipi di obbiettivi con diversi “focal length” e diverse aperture, è stato possibile controllare bene “il dept of field” e fare “close up” in più (cioè rendere il dettaglio più chiaro rispetto agli obbiettivi normali). Abbiamo utilizzato 2 tipi di treppiedi: 3-way treppiedi e il treppiedi della testa di palla. 3-way treppiedi è sempre utile soprattutto grazie alla struttura impugnata delle mani.

14 14. File di lavoro in Adobe Premiere per il montaggio delle varie sequenze.

15. L'artista nello studio, Michiel Sweerts, 1647-48, Roma, Palazzo Barberini.

30

2.2.

Abstract

Un artista nel suo studio è chiaramente una persona in cerca di ispirazione, assorta tra i propri pensieri, oppure intenta a dipingere. Un artista è senza dubbio una persona creativa, che deve riuscire ad esprimere il proprio pensiero, le proprie emozioni attraverso la pittura, la scultura o qualsiasi altra forma d'arte egli predilige. Così abbiamo trovato questo dipinto, "L'artista nello studio" ,1647-48, attribuito a Michiel Sweerts.

2.2.1.

Inside: L'artista nello studio

Nel dipinto che abbiamo preso in esame troviamo un artista intento nelle sue attività all'interno del suo studio. Il titolo "Inside: l'artista nel suo studio" testimonia come il nostro progetto mira ad entrare all'interno di quest'opera, cercando di raccontarla attraverso i suoi dettagli, i minimi particolari e le varie sfumature che l'artista ha raffigurato. Potrebbe essere inteso come un autoritratto o meglio, un modo di rappresentarsi nella sua attività principale. Come ogni opera, dietro il capolavoro si cela una lunga fase di studio, di preparazione, di disegni preparatori e di esercizi sulla tecnica. Questo abbiamo voluto rappresentare con il nostro video, in modo che il fruitore si sentisse proprio all'interno dello studio di un artista all'opera.

2.2.2.

Ricerca e riferimenti

I dettagli in questo dipinto sono al meglio rappresentati grazie all'uso sapiente della luce all'interno della composizione. Il lume di candela, concentrato sugli effetti in controluce, è alla base del quadro, vuol dire che sebbene siamo a metà del secolo permane questo motivo caravaggesco. «Dietro il giovane che scrive si vedono la testa di una Niobide e il volto di "Seneca" di Guido Reni, che dovette senza dubbio influenzarlo. Pittore fiammingo, artista enigmatico ed estremamente affascinante. Non si sa niente della sua formazione artistica né della sua prima produzione. Visse a Roma dal 1646 al 1656, dove entrò in contatto con i bamboccianti (vedi Van Laer). Dipinse scene di genere nel loro stile, anche se le sue opere vengono diversamente considerate per la dignità quieta e malinconica dei personaggi e per le squisite tonalità del colore. Altre sue opere fatte a Roma rappresentano gli interni di studi di artisti (un esempio, datato 1652, si trova al Detroit Institute of Arts). Nel 1656 Sweerts era già tornato nella sua città natale, Bruxelles; nello stesso anno istituì una scuola di disegno dal vivo e nel 1959 divenne membro della corporazione dei pittori. Nel 1661 si trovava ad Amsterdam, dove si unì a un gruppo di missionari (era di una religiosità quasi fanatica, donò ai poveri i suoi averi, dormiva sul duro pavimento ecc.). Nel 1662 salpò da Marsiglia alla volta dell’oriente, ma i suoi compagni missionari si accorsero del suo carattere litigioso e instabile e lo abbandonarono a Isfahan, in Persia; da lì riuscì ad arrivare a Goa, in India, dove morì in un monastero portoghese. Verso la fine della carriera sembra che si sia dedicato soprattutto ai ritratti. Come le sue scene di genere, i ritratti si distinguono per le delicate e tenui armonie di colori e per la grande sensibilità espressiva; furono spesso paragonati alle opere di Vermeer e a lui fu attribuito il Ritratto di ragazza (Leicestershire Museum e Art Gallery, Leicester), che è invece di Sweerts.» (Redazione, 2018).

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31

16

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«Clausura e vetrina, laboratorio ideale e materiale, lo studio di un artista è da sempre un luogo carico di suggestioni, incrocio tra le aspettative del pubblico esperto (critici, curatori, compratori) e le proiezioni degli stessi artisti.

Da tempo il tema è oggetto di crescenti attenzioni accademiche» (Arnaudo, 2016). Il tema dell'artista nello studio è stato più volte ripreso successivamente nel corso della storis. Secoli dopo, l'artista non viene raffigurato attraverso un dipinto ma, con la scoperta della fotografia, l'artista viene immortalato nell'attimo creativo ottenendo quindi una resa maggiore ma soprattutto più veritiera. Alcuni celebri artisti che abbiamo utilizzato come riferimento sono stati Pablo Picasso e Jackson Pollock che sono stati ritratti numerose volte all'interno dei rispettivi studi, intenti a dipingere o a trovare ispirazione o semplicemente in posa davanti alle proprie opere. Lo studio di un artista è probabilmente quanto di più intimo un artista possa avere; il nascondiglio dei suoi segreti, delle sue tecniche e delle ispirazioni. Uno spazio, quindi, interconnesso con la persona dell'artista, uno specchio della sua personalità.

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16. Immagini di Pablo Picasso nel suo studio 17. Jackson Pollock all'opera nel suo studio

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2.2.3.

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2.2.4.

Target e fruizione

Questo video realizzato si rivolge principalmente a visitatori dei musei, in particolare delle Gallerie Nazionali d'arte antica Barberini e Corsini. Ci rivolgiamo anche a tutte le persone appassionate di arte, pittura per esattezza, di storia, collezionisti d'arte, pittori, disegnatori e ogni tipo di artista possibile. Anche se il nostro pubblico mirato è comunque il pubblico che visiterà la collezione di Palazzo Barberini, i visitatori, guardando il nostri progetto, potranno osservare il dipinto con una chiave di lettura diversa. In particolare, un pubblico mirato sono gli artisti, cioè coloro che possono rispecchiarsi in questo progetto, rivedendosi, magari, anche loro come l'artista nello studio raffigurato in questo dipinto.

2.2.5.

Storyboard e sceneggiatura

Particolare del tavolo dell'artista.

Particolare della base di una scultura presente sul tavolo dell'artista.

Dettaglio dello sguardo di una Niobide presente sul tavolo dell'artista.

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Particolare del profilo del busto di Seneca di Guido Reni anch'esso presente sul tavolo.

Dettaglio sullo sguardo concentrato dell'artista all'opera.

Dettaglio sulla mano dell'artista impegnata a scrivere.

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2.2.6.

Stili e toni

Lo stile di ripresa è molto simile al video precedente, tuttavia qui troviamo movimenti più lenti ed un sottofondo musicale adeguato ai toni del video. Abbiamo strutturato la sequenza di riprese in modo tale da dare l'impressione al fruitore di trovarsi in un vero e proprio studio di un artista. L'occhio si sposta, seguendo il giusto ritmo, attraverso i vari dettagli dell'opera, in modo tale da poter osservare da vicino ciò che stava accadendo all'interno dello studio al momento dell'esecuzione del ritratto .

2.2.7.

Produzione e postproduzione

La produzione è iniziata con lo studio dell'opera e la relativa scrittura delle varie inquadrature. Così abbiamo effettuato le riprese utilizzando tre obbiettivi: 24-70mm F2.8, 105mm F2.8, 70-300mm F4-5.6. Tramite i 3 tipi di obbiettivi con diversi “focal length” e diverse aperture, è stato possibile controllare bene “il dept of field” e fare “close up” in più (cioè rendere il dettaglio più chiaro rispetto agli obbiettivi normali). Abbiamo utilizzato 2 tipi di treppiedi: 3-way treppiedi e il treppiedi della testa di palla. 3-way treppiedi è sempre utile soprattutto grazie alla struttura impugnata delle mani. I materiali acquisiti in fase di ripresa sono stati successivamente elaborati in post-produzione. In particolare, abbiamo elaborato i file con il software Adobe Premiere Pro. Inoltre, se per qualche dettaglio è stato difficile fare le riprese, abbiamo preventivamente scattato le foto che riguardanti tali dettagli, successivamente, grazie all'uso di Adobe After Effects, abbiamo realizzato i movimenti delle riprese.

18 18. File di lavoro in Adobe Premiere per il montaggio delle varie sequenze.

19. La Pietà, Maestro della Madonna Manchester, Roma, Palazzo Barberini.

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2.3.

Abstract

La Pietà è un tema artistico rappresentato più e più volte nel corso della storia. L'iconografia vede raffigurata Maria che tiene tra le braccia il corpo di Gesù appena deposto dalla croce, e lo guarda con compassione mentre giace inerme, dopo aver sofferto la Passione e la morte in Croce. Durante la nostra ricerca a Palazzo Barberini ci siamo imbattuti in un opera che ha come tematica proprio la Pietà. Su di essa non si hanno molte informazioni, si sa che è stato presumibilmente dipinto da un anonimo "Maestro della Madonna Manchester".

2.3.1.

Inside: La Pietà

Il dipinto in questione raffigura, appunto, la Pietà e così come in tutta l'iconografia di questa tematica, si assiste aduna scena straziante: Maria che tiene in braccio il corpo di suo figlio defunto, Gesù. Possiamo solo immaginare il dolore e la tristezza provati in quel momento da Maria.

Il segno caratteristico di ogni raffigurazione della Pietà è proprio la delicatezza di Maria, la sua dolcezza e l'armonia tra i due corpi: quello di Maria e di Gesù che sembrano quasi unirsi in un unica cosa. Abbiamo così cercato di rendere tutto ciò attraverso un video che portasse l'utente all'interno di questa scena.

2.3.2.

Ricerca e riferimenti

Di quest'opera ci hanno colpito i dettagli dei colpi di luce sui vari volumi, la resa è davvero realistica. In merito a questo dipinto non esistono molte informazioni. «Il dipinto è stato sempre messo in rapporto con la Vergine con il Bambino, S.Giovanni e un Angelo della National Gallery di Londra, denominata Madonna Manchester ed attribuito quindi ad un anonimo “Maestro della Madonna Manchester”, (Zeri 1953, pp. 15-27) per il quale, oltre all’identificazione con lo stesso Michelangelo, erano stati avanzati i nomi di Jacopo dell’Indaco o Pedro Nunyes.

Il tema centrale dell'opera è "la Pietà", un tema artistico biblico, che raffigura Maria che sorregge il corpo senza vita del figlio Gesù Cristo, dopo la sua passione e deposizione. L'iconografia ha origini tedesche che si riconoscono nel Vesperbild, un tipo di scultura devozionale nata nel XIV secolo in Germania.» (Ryan C. 2016).

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Nel corso del Trecento si diffuse nell'Europa centrale di lingua tedesca un nuovo soggetto iconografico in una serie di piccole sculture in legno dipinto, in gesso o in terracotta, che rappresentano la Madonna seduta che sostiene, sulle proprie gambe, il corpo esanime e irrigidito di Gesù, morto la sera del venerdì santo. Questa rappresentazione non è riconducibile ad alcun racconto presente nei Vangeli, né nei testi apocrifi che narrano le vicende della vita di Cristo. Una invenzione, dunque, o più semplicemente una interpretazione popolare di ciò che verosimilmente potrebbe essere accaduto subito dopo la deposizione di Gesù dalla croce: i testi sacri narrano che al momento della crocifissione e della sepoltura la Madonna era presente accanto al proprio Figlio. Il soggetto, destinato a una vastissima diffusione, era legato alla pratica devozionale di confrontarsi con i dolori della Passione, di Maria e Gesù, compatendone le sofferenze in modo da partecipare al sentimento religioso delle feste cristiane (soprattutto la Pasqua) e trovare conforto per le sofferenze proprie del fedele, attraverso l'immedesimazione e la preghiera ispirata. Le figure tedesche della Pietà sono spesso caratterizzate da accenti intensamente espressivi e patetici, con la soluzione del gruppo in un contrasto tra il corpo sostanzialmente verticale di Maria e quello per lo più orizzontale di Gesù, generando un contrasto di linee che ben si adattava alla tensione psicologica della scena. «La pietà è anche uno dei sette dolori di Maria Addolorata (Mater dolorosa in latino). Un soggetto simile, ma meno diffuso, è la lamentatio o compianto sul Cristo morto, in cui Maria è circondata da altri personaggi che piangono la morte di Gesù.

Un'altra opera presa come riferimento è il Mosè di Michelangelo Buonarroti. In quest'opera osservare i dettagli è di fondamentale importanza. Sono proprio essi a dare importanza all'opera, celebre per la cura e la minuziosità nei dettagli (tratto distintivo di Michelangelo). Uno degli elementi caratteristici di questa statua conservata in San Pietro in Vincoli (Roma) è lo sguardo, che trasmette forte severità ed orgoglio, ma anche irascibilità (secondo alcuni critici, riassumerebbe il duro carattere di Michelangelo Buonarroti). Facendo bene attenzione, è possibile notare sulla testa di Mosè Michelangelo un paio di corna: la presenza di questo curioso elemento è dovuto ad una traduzione errata del Libro dell’Esodo, e precisamente nel passo nel quale Mosè sta scendendo dal Monte Sinai, nel quale pare avesse due raggi sulla fronte; il termine “raggi” in ebraico è detto “Karan”, ma probabilmente è stato erroneamente scambiato con “Keren”, che vuol dire corna. Il braccio sinistro del Mosè è appoggiato sul grembo, mentre con l’altro regge le tavole.» (Autore sconosciuto 2018).

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20. Pietà di Michelangelo, Città del Vaticano, Basilica di S. Pietro, 21. Statua in marmo raffigurante Mosè, di Michelangelo Buonarroti, Roma.

22. Dettaglio sullo sguardo e sulle "corna" del Mosè di Michelangelo.

41

2.3.3.

Moodboard

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43

2.3.4.

Target e fruizione

Questo video realizzato si rivolge principalmente a visitatori dei musei, in particolare delle Gallerie Nazionali d'arte antica Barberini e Corsini. Ci rivolgiamo anche a tutte le persone appassionate di arte, pittura per esattezza, di storia, collezionisti d'arte, pittori, disegnatori e ogni tipo di artista possibile. Anche se il nostro pubblico mirato è comunque il pubblico che visiterà la collezione di Palazzo Barberini, i visitatori, guardando i nostri progetti, potranno osservare il dipinto con una chiave di lettura diversa. In particolare, questo video si rivolge agli studiosi di storia dell'arte, per quanto riguarda il tema della "pietà " e del "compianto sul Cristo morto".

2.3.5.

Storyboard e sceneggiatura

Particolare sulla spalla sinistradi Maria.

La mano sinistra di Maria che sostiene le gambe di GesĂš sulle quali si poggia la sua mano inerme.

44

Dettaglio della mano di GesĂš che si poggia sul panneggio.

Sguardo sofferente e delicato di Maria mentre osserva suo figlio morto tra le sue braccia.

Volto del Cristo morto ancora dolorante dalla Passione e crocifissione.

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2.3.6.

Stili e toni

Lo stile di ripresa è molto simile al video precedente, tuttavia qui troviamo movimenti più lenti ed un sottofondo musicale adeguato ai toni del video. Abbiamo strutturato la sequenza di riprese in modo tale da dare l'impressione al fruitore di trovarsi in un vero e proprio studio di un artista. L'occhio si sposta, seguendo il giusto ritmo, attraverso i vari dettagli dell'opera, in modo tale da poter osservare da vicino ciò che stava accadendo all'interno dello studio al momento dell'esecuzione del ritratto .

2.3.7.

Produzione e postproduzione

La produzione è iniziata con lo studio dell'opera e la relativa scrittura delle varie inquadrature. Così abbiamo effettuato le riprese utilizzando tre obbiettivi: 24-70mm F2.8, 105mm F2.8, 70-300mm F4-5.6. Tramite i 3 tipi di obbiettivi con diversi “focal length” e diverse aperture, è stato possibile controllare bene “il dept of field” e fare “close up” in più (cioè rendere il dettaglio più chiaro rispetto agli obbiettivi normali). Abbiamo utilizzato 2 tipi di treppiedi: 3-way treppiedi e il treppiedi della testa di palla. 3-way treppiedi è sempre utile soprattutto grazie alla struttura impugnata delle mani.

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23. Interfaccia di lavoro in Adobe Premiere per il montaggio.

24. Frame del video con il dettaglio sul viso di Maria.

25. Frame del video con il dettaglio sul volto di Cristo.

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PARTE TERZA KING'S RETURN

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3.

Museum Experience Design e ADD (Architecture Dance Design)

Un'esperienza estremamente interessante si è rivelata il workshop ADD (Architecture, Dance e Design) svolto nei giorni tra il 9 ed il 13 aprile 2018 tra la Galleria di Palazzo Barberini e la sede della Facoltà di Architettura di Piazza Borghese. Il tutto si è svolto alla presenza dei docenti Federica Dal Falco, Francesca Franco e Ivan Paduano, con le esercitazioni e le direttive di Elsa Decaudin e gli interventi sulle opere d'arte dedicate al ritratto di Frédérique Villemur.

Elsa Decaudin ci ha illustrato diverse modalità di linguaggio del corpo, ci ha insegnato che la comunicazione non è fatta solo di suoni o immagini, ma anche da movimenti del corpo nello spazio. Il corpo assume una straordinaria capacità comunicativa attraverso i movimenti di ogni parte di esso, esso comunica sensazioni, stati d'animo, pensieri. Elsa ci ha anche insegnato a "scoprire" come la conoscenza del proprio corpo o di quella di un "modello" siano importanti al fine della realizzazione dell'opera d'arte. Ogni parte del corpo corrisponde ad un dettaglio che non va trascurato, in modo da avere un'opera completa da tutti i punti di vista.

Fondamentale è stata la presenza di Frédérique Villemur, che ci ha presentato un corso, sotto forma di indagine, attorno al ritratto e al dettaglio nella pittura; una sequenza secondo uno scenario, con una trama, attorno alla citazione di una filosofa francese, Marie-José Mondzain : « Se l’immagine è il natale del simbolico, è nella misura in cui porta un rappresentante del corpo di fronte a una separazione costituente : l’ignoto, la morte, la lingua ».

Proprio durante questo workshop abbiamo avuto l'occasione di stare per giornate intere a contatto con le opere e trovare spunti e idee per i nostri progetti.

3.1.

Elsa Decaudin artista e coreografa

Elsa Decaudin, artista, coreografa e danzatrice è direttrice artistica e coordinatrice del gruppo PULX. Elsa è anche un ingegnere meccanico, specializzata in “meccanica dei fluidi” presso l’ Institut national des sciences appliquées di Lione, uno dei più importanti poli di ricerca francese.

Fin dall’infanzia e dall’adolescenza Elsa ha studiato danza classica e ginnastica, dedicandosi poi all’atletica, al nuoto sincronizzato, alla danza contemporanea e alle arti gestuali con ricerche sulle tecniche di illuminazione teatrale. Ha vissuto a Salvador de Bahia dove ha svolto un DEA in arti dello spettacolo effettuando ricerche sul teatro-danza e sulle danze folcloristiche del Nordest brasiliano. Ha danzato e realizzato coreografie in Francia e in Europa.

Dal 2004 è alla guida di PULX, collettivo artistico trasversale tra danza, musica e immagine. La ricerca di PULX si basa su una scrittura collettiva e pluridisciplinare che mette in regia processi creativi e progetti coreografici sperimentali. Con BIRDs (Brigade d'Intervention rapide Dansé) ha interpretato differenti contesti in case private, gallerie d’arte, musei, scuole, nelle strade, nelle piazze, nei parchi; con Poplité mobilis ha lavorato con giovani e studenti universitari, con District Danse ha coinvolto abitanti di quartieri; con danse au musée ha creato performances con bambini e adolescenti. Dal gennaio 2016, Elsa è artista coreografa in residenza presso l’ENSAM (École d'Architecture de Montpellier) e ha realizzato numerose performances a Roma, in Musei e Istituti di Cultura in collaborazione con Sapienza Università di Roma, Dipartimento PDTA.

3.2.

RSVP

Il ciclo RSVP è uno strumento progettuale e un modello procedurale sviluppato da Lawrence Halprin alla fine degli anni '60, in stretta relazione con la coreografa Ann Halprin. A differenza di altre concezioni del progetto e delle sue dinamiche procedurali, questo è direttamente coinvolto nella pratica artistica e nella risoluzione dei problemi.

Sebbene inizialmente proposta per situazioni impegnate in pratiche contestuali e collaborative, Halprin, traduce una dinamica di lavoro la cui flessibilità si riflette facilmente nei singoli processi di creazione artistica. È un modello ciclico che enfatizza la persistenza e il processo piuttosto che la sequenza e i risultati. Lo schema disegnato da Lawrence Halprin vuole trasmettere anche l’autonomia di ciascuna delle quattro parti - RSVP - le quali adesso andremo ad analizzare: [R – Risorse ] è l'inizio delle risorse. Inquadra l'inventario delle risorse umane e fisiche, i materiali oggettivi e soggettivi usati nel processo creativo. Questi materiali includono lo spazio, gli strumenti e i mezzi disponibili, ma anche obiettivi, motivazioni, bisogni, ecc.

[S - Struttura] si riferisce al campo della struttura, che è intesa come la rappresentazione di un'attività che si svilupperà in un certo periodo di tempo. Comprende, nella sua accezione più ampia, elenchi di generi alimentari, elenchi di verbi, orari, partiture musicali, copioni, schizzi, diagrammi, note, ecc. L'agenda non è solo per descrivere o attivare un processo ma serve anche a controllarlo e renderlo visibile.

[V - Valutazione] qui vengono designati gli strumenti di valutazione, così scritti da Halprin per enfatizzare il suo senso di azione (value-action). È il punto del ciclo in cui le motivazioni e le risorse iniziali si intersecano con le decisioni e le ipotesi sollevate (S). È anche in questa fase che vengono stabilite le possibili alternative al processo rappresentato dall'agenda e la loro convalida.

[P] è il risultato, e si riferisce all'attuazione effettiva del progetto.

L'ordine del ciclo di Halprin è arbitrario. Non c'è un posto giusto per iniziare. Possiamo entrare in qualsiasi momento e muoverci in qualsiasi direzione. Il ciclo può essere ripetuto, sovrapposto o parzialmente utilizzato. La sequenza è completamente variabile, a seconda della situazione, dell'artista e dell'obiettivo. Il ciclo chiuso è una situazione idealizzata. Ci sono attività

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in cui l'intero ciclo non è richiesto. Come per ogni progetto, la chiave è sapere da dove cominciare, non dove andare. Se, per esempio, si entra direttamente attraverso la Performance [P], parliamo di improvvisazione, e ci sono situazioni in cui l'improvvisazione è una strategia per canalizzare impulsi creativi che altrimenti potrebbero essere bloccati.

3.3.

Abstract

Cosa spinge l'uomo a desiderare un ritratto? Perchè l'umanità sente tanto il bisogno di vedersi raffigurata in ritratti personali, dipinti, fotografie o autoritratti? L'autocelebrazione è, in qualche modo, da sempre presente all'interno del gene umano, l'uomo sente quindi il vero bisogno di vedersi raffigurato. Nel nostro caso analizziamo il celebre ritratto di Enrico VIII di Hans Holbein, suo pittore personale. Vogliamo, nel nostro progetto, raccontare questo ritratto in un modo alternativo, che non sia la mera descrizione in stile documentario d'arte. Di conseguenza, chi potrebbe raccontare un ritratto se non il protagonista stesso? Per quanto assurdo possa sembrare, cosa racconterebbe un personaggio ritratto diversi secoli prima se tornasse ai giorni nostri? Così vedremo un misterioso Enrico VIII in vesti contemporanee aggirarsi all'interno di Palazzo Barberini; passeggiando si imbatte nel ritratto di Enrico VIII ed inizia un monologo in prima persona, nel quale descrive il suo ritratto e la relativa storia affrontando tematiche importanti come la vita, il potere, la ricchezza, la morte, l'immortalità.

3.4.

Titolo e concept progetto

Il secondo progetto si intitola "King's Return" e nasce come racconto del capolavoro (custodito nella Galleria di Palazzo Barberini) del pittore tedesco Hans Holbein il giovane: il ritratto di Enrico VIII. Nel tempo trascorso tra le sale di Palazzo Barberini abbiamo avuto la possibilità di stare a contatto con la moltitudine dei dipinti qui custoditi. In particolare la nostra attenzione si è soffermata sui ritratti, che ci sono stati anche illustrati e raccontati da Frédérique Villemur, e sulla loro composizione. La domanda, osservando i vari ritratti (in particolare quello di Enrico VIII) è nata spontanea: perchè i personaggi dei secoli passati amavano farsi ritrarre, commissionando importanti opere ad importanti artisti? Perchè il ritratto? Perchè, da quando esiste testimonianza, c'è la voglia intrinseca nell'uomo di raffigurarsi e, tanto più, di vedersi raffigurato?

«Viviamo in un'epoca dove gli autoscatti sono alla portata di tutti, chiunque scatta dei selfie per poi condividerli istantaneamente con i propri amici.

Viviamo inuna società individualista e frammentata in cui il sentimento di sé si sta espandendo oltre i confini che ci erano già noti: questo sconfinamento alimenta un bisogno di visibilità sociale che porta spesso a forme di esibizionismo mediatico che favoriscono una sopravvalutazione del proprio essere persona. Senza che sia stata decretata ufficialmente da un'autorità superiore, o fosse stata istituita una legge specifica, si è andata così affermando una nuova regola sociale, secondo la quale é diventato necessario per ciascuno coltivare la propria immagine per essere quanto più possibile visibili nella società. I contenuti autoprodotti, oltre a rendere visibile l'autore, fungono da prova tangibile di una propria singolarità, che ha sempre più bisogno di superare l'ambito ristretto della vita privata per rafforzarsi e confermarsi come tale. Il Web è diventato per tutti un amplificatore gratuito di contenuti personali e un utile strumento per guadagnare il nostro warholiano quarto d'ora di notorietà a buon mercato, con un vantaggio in più: l'evento non avviene come un tempo una o due sole volte nella vita, un'occasione fortunata di successo inaspettato, ma può essere ripetuto infinite volte anche in una sola giornata.

Con l'uso dello smartphone in mobilità, attraverso i nuovi social media, postando immagini da casa o dal bar, caricando foto e video personali, testi e filmati pescati sulla Rete o autoprodotti, condividendo i contenuti degli altri. Diventa possibile praticamente per tutti soddisfare questo nuovo bisogno di autoaffermazione e di farlo in qualunque momento e ovunque ci si trovi.» (Di Gregorio, 2017).

Un tempo non era tutto così semplice e immediato, un ritratto, richiedeva anzitutto un bravo pittore che lo realizzasse, nonché la pazienza del soggetto ritratto costretto a restare immobile per intervalli di tempo molto lunghi.

Durante la progettazione del nostro elaborato abbiamo provato a dare risposta a questa serie di domande. I temi centrali del nostro progetto, correlati alle domande sopra poste, sono: la vita, il potere, la ricchezza, la morte, l'immortalità. Su di essi si fonda il monologo centrale del nostro video. Dietro ogni ritratto, come del resto dietro ogni opera d'arte, esiste una storia: perchè il pittore realizza un ritratto? Solitamente un pittore dipinge un ritratto perchè riceve una com-

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missione da qualcuno che, a sua volta, decide di farsi fare un ritratto. Un'altra domanda che ci siamo posti è stata: perchè ciò accadeva molto spesso tra le persone di potere, ricchi aristocratici, re, regine, principi? E la risposta che ci siamo dati è stata: il desiderio di immortalità. Proprio questo desiderio spingeva (e spinge tuttora) le persone a commissionare i propri ritratti. Ogni persona che ha il potere in mano desidera "vivere in eterno", perchè il potere è "un infido afrodisiaco" e tale lo si vuole mantenere per sempre. Il potere viene acquisito dalle persone durante la propria vita e tale viene mantenuto finchè possibile quando, naturalmente, sopraggiunge la morte, spietata, che priva le persone di tutto ciò rendendole "comuni" alle altre, con il rischio di essere dimenticate dalle generazioni avvenire; ecco, dunque, un altro motivo del "perchè" di un ritratto: la conoscenza e il ricordo nelle generazioni future delle gesta fatte in vita da tali persone.

Il fatto che i posteri potrebbero non conoscere ciò che abbiamo fatto in vita ci lascia tutti con un po' di amarezza. Passiamo la nostra vita tra un impegno e un altro ma poi chissà se qualcuno ricorderà ciò che abbiamo fatto? Lo stesso vale per le persone di potere, anzi, essendo le loro azioni più "influenti", sarebbe davvero una sconfitta essere dimenticati da "chi verrà dopo".

3.5.

Ricerca e riferimenti

La ricerca preliminare per il nostro progetto "King's Return" ha visto l'ispirazione in uno degli ultimi capolavori del cinema italiano firmato dal regista Paolo Sorrentino: "La grande bellezza" (2013), vincitore del premio Oscar come miglior film straniero. Abbiamo trovato estremamente interessanti il linguaggio del corpo e il tono di voce adottati dall'attore Toni Servillo nell'interpretazione del suo personaggio, Jep Gambardella.

Jep è un giornalista di costume e critico teatrale, presenza fissa delle serate più glamour della movida romana. Uno che voleva avere il potere “di far fallire le feste”, come dice lui stesso nel film La Grande Bellezza, di Paolo Sorrentino. Jep, interpretato da Toni Servillo, vaga senza meta e senza scopo tra le illusioni e le delusioni di una Roma dove la dolce vita è finita da un pezzo.

Gambardella è come il personaggio di Mastroianni nel film di Fellini, ma ancora più disilluso, più invecchiato. Non per questo meno elegante. La regia di Paolo Sorrentino, infatti, non coglie soltanto lo splendore decadente di Roma, ma anche i look ricercati e rilassati del suo protagonista. Un uomo elegante che forse è stanco anche di vestirsi per bene, ma ha comunque a disposizione un guardaroba invidiabile, che tanto vale continuare a usare. Toni Servillo indossa il suo personaggio con una grazia disinteressata e un po’ esausta, che fa tanto uomo di mondo che ha visto tutto. Lo stile di Jep è un mix sapiente di sartorialità classica e tocco dandy, vagamente eccentrico. Un mood colto nel corso di diverse sfilate della moda maschile di questo autunno, dove abbondano giacche doppiopetto e tessuti sontuosi come il velluto, tornato in grande spolvero per la stagione. (Monguzzi, 2017).

L'attore utilizza un tono di voce meditativo, serio e riflessivo durante i suoi monologhi e le varie scene all'interno del film. Per quanto riguarda le movenze, anch'esse sono coordinate al tono di voce del personaggio, quindi riflessive e meditate, con le movenze del corpo abbastanza seriose ma comunque tranquille.

Per il nostro progetto abbiamo a lungo riflettuto sull'impostazione del corpo del protagonista. Il protagonista di questo video vede un Re, vissuto diversi secoli prima di noi, ritornare ai giorni nostri in vesti contemporanee e raccontare allo spettatore ciò che lo spinse a commissionare quel ritratto, oltre ad illustrarne il contenuto. Di conseguenza è stato molto importante impostare sia il linguaggio del corpo, che il tono di voce durante l'esibizione del priprio monologo.

Il workshop ADD è stato provvidenziale nell'illustrazione delle diverse tecniche di movimento del corpo nel campo visivo e delle varie inquadrature. Il linguaggio del corpo è un parametro fondamentale nella resa finale del video; nel nostro caso il protagonista ha adottato delle movenze abbastanza seriose, degne di un Re, di un personaggio potente, per collegarsi bene al tono di voce adottato successivamente. Anche per costruire le varie riprese ci siamo ispirati allo stile di questo film.

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26. Locandina del film premio Oscar "La grande Bellezza".

27-28. Comparazione delle inquadrature frontali dei soggetti.

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29-30. Inquadrature della camminata a confronto.

31-32. Inquadrature posteriori a confronto.

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3.6.

Moodboard

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3.7.

Target e fruizione

Il nostro progetto si rivolge a tutti gli appassionati d'arte, di storia, di poesia e di cinema. In particolare, a tutti coloro che sono persone di potere, dirigenti, politici, uomini d'affari ecc.Un progetto che tratta vari argomenti molto interessanti e tematiche importanti. In generale, ogni individuo con ambizioni abbastanza alte si può rispecchiare nelle parole pronunciate dal protagonista del video. La fruizione dovrebbe avvenire in un ambiente silenzioso e poco affollato, in modo da garantire la resa ottimale del filmato e la giusta attenzione da parte del fruitore verso il monologo centrale del filmato.

3.8.

Storyboard e sceneggiatura

EST. INGRESSO Il Re è inquadrato di spalle, con le mani in tasca e cammina in direzione dell'ingresso di Palazzo Barberini, imbocca l'ingresso e svolta a destra per salire il grande scalone di Bernini. In sottofondo si sente soltanto il rumore dei passi.

EST. SCALONE Il Re percorre il tratto di scale che lo porteranno all'interno dei saloni di Palazzo Barberini.

L'inquadratura riprende il soggetto dalla cima delle scale in modo tale da riprendere il tratto di una rampa di scale.

INT.CORRIDOIO Una volta entrato, il Re percorre il corridoio che attraversa le varie sale di Palazzo Barberini.

L'inquadratura (fissa) riprende il soggetto che, dal fondo del corridoio, si avvicina alla camera.

INT. SALA DEL RITRATTO Il soggetto arriva all'interno della sala nella quale è custodito il proprio ritratto entrando dal margine sinistro dell'inquadratura e ponendosi davanti al dipinto, rivolgendo le spalle allo spettatore.

INT. SALA RITRATTO Il Re è inquadrato dalla vita in su, frontale, con il suo ritratto alle spalle, e inizia il suo monologo.

Protagonista Commissionai questo ritratto al mio pittore personale Hans Holbein. Bisogna ammettere che ha fatto un ottimo lavoro per il suo Re. Le diverse consistenze dei materiali sono rese in maniera impeccabile. Il broccato di seta e la pelliccia; le decorazioni del vestito, gli sbuffi, la spada, persino i gioielli sono definiti fin nel dettaglio. Questo è ciò che resta di me e per questo volli il mio ritratto. Quando diventai re credevo di essere il più grande dei re. Ho vissuto una vita di potere tra ricchezza e sfarzo. Il potere è un infido afrodisiaco. Alla sua acquisizione segue la sua conservazione. È pericoloso. È come un bisturi: ti può salvare la vita ma può anche ucciderti. Qui ero nel pieno della mia supremazia. L’unico potere che manca all’uomo è l’immortalità. Volevo sfidare la morte e sconfiggerla, ma la morte non si può invadere e conquistare. La morte è spietata. Desideravo il potere ed ho avuto il potere, il potere non fa la cosa giusta, il potere fa solo la storia. Ma con la sola forza non mai raggiunto l'immortalità, io volevo vivere in eterno e con questo ritrtto ci sono riuscito. Anche se voi non sapete cosa ho fatto e creato, sapete grazie ad esso come ero, ma soprattutto chi sono stato: Enrico VIII, il più grande dei re!

Titoli di coda FINE.

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Il protagonista si avvicina all'entrata di Palazzo Barberini.

Il protagonista sale le scale che introducono a Palazzo Barberini.

Lungo il corridoio centrale il protagonista attraversa le varie sale.

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Una volta arrivato davanti al ritratto, il protagonista si ferma per ammirarlo.

Inizia quindi il monologo, parte fondamentale del video.

Inquadratura variante ravvicinata.

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Inquadratura di alcuni dettagli del dipinto descritti durante il monologo.

Inquadratura del viso di Enrico VIII dal suo ritratto.

Inquadratura di dettagli del dipinto descritti durante il monologo.

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3.9.

Stili e toni

Lo stile delle riprese effettuate mira a concentrare l'attenzione dello spettatore sulle tematiche affrontate dal video finale. Le tematiche importanti, che ritroviamo tutte nel breve monologo del protagonista, sono il cuore del nostro progetto. Per aiutare ciò, abbiamo utilizzato delle musiche di sottofondo adeguate al prodotto. Nella fase iniziale, durante la camminata del protagonista, possiamo sentire soltanto il rumore dei suoi passi, ciò contribuisce a creare un'atmosfera adeguata. La musica come sottofondo arriva solo quando il protagonista si trova davanti al proprio ritratto. Essa svolge un ruolo fondamentale nella resa finale, poiché "accompagna" il filmato per tutta la sua durata, alternandone i vari momenti.

3.10.

Produzione e postproduzione

La produzione di questo video è iniziata proprio a Palazzo Barberini, nella sala dov'è custodito il famoso ritratto di Enrico VIII. Qui abbiamo abbozzato alcuni soggetti sui quali, successivamente, abbiamo elaborato la sceneggiatura vera e propria. La sceneggiatura prevedeva la presenza di un attore che interpretasse il Re Enrico VIII, una persona adatta al ruolo e che avesse magari una certa somiglianza, il che avrebbe aiutato parecchio il paragone tra le due figure. Chiaramente l'attore doveva prestarsi bene all'impostazione del linguaggio del corpo e del tono di voce, quindi anche il timbro vocale era di fondamentale importanza. Così abbiamo identificato questa persona in Giorgio Simone (22), studente di giurisprudenza, che cordialmente ringraziamo per essersi prestato a questo progetto con dedizione e professionalità. Con lui abbiamo anche scritto il monologo che costituisce parte fondamentale del video, infatti è stato oggetto di numerose rivisitazioni e correzioni. Dopo i dovuti sopralluoghi, abbiamo effettuato le riprese presso Palazzo Barberini in due momenti: un primo shooting per acquisire materiale video inerente il dipinto, e un secondo necessario alle riprese con l'attore. Abbiamo utilizzato una reflex Canon posta su un treppiede per le riprese video; per quanto riguarda l'audio, abbiamo registrato la voce dell'attore con un microfono spot.

Una volta acquisito tutto il materiale, la fase di montaggio ha richiesto diverse ore di elaborazione. Abbiamo utilizzato il software Adobe Premiere che ci ha consentito di mettere insieme tutto il materiale (video, audio e titoli di coda), di correggere alcune angolazioni di ripresa e di montare le immagini video sulla musica, che abbiamo ricercato affinchè fosse in linea con il progetto. Per quanto riguarda l'elaborazione audio abbiamo utilizzato il software Adobe Audition, in particolare per effettuare la pulizia dell'audio registrato dalla voce dell'attore. La risoluzione è di 1920x1080 con una frequenza di fotogrammi a 30fps.

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33. Schermata del file di montaggio in Adobe Premiere.

34. Riprese del ritratto di Enrico VIII. 35-36-37. Alcuni momenti delle riprese del video.

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PARTE QUARTA STRANGER

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4.

Dialoghi impossibili

Un dialogo prevede la presenza di due o più personaggi che interagiscono tra di loro. Ma quando un dialogo può definirsi "impossibile"? Abbiamo a lungo riflettuto sulle possibilità di un dialogo effettivamente impossibile, di un confronto mai esistito e mai possibile, neanche per ipotesi. Un dialogo che sia esclusivamente frutto della nostra immaginazione, che diventa possibile solo nel momento in cui viene rappresentato, pur essendo l'utente consapevole dell'impossibilità di ciò che sta guardando.

«La prossimità delle tre modalità di comunicazione interpersonale, dialogo, conversazione, negoziazione porta talvolta a far rientrare nel dialogo - in senso lato o meglio ancora, analogico - la negoziazione o la conversazione. Si possono distinguere tre tipi di dialogo: quello autentico, parlato o silenzioso non ha importanza, dove vige una relazione improntata alla mutualità e alla responsabilità; il cosiddetto dialogo tecnico, che per il suo ispirarsi al bisogno pressante di un accordo pratico, può richiamare ogni forma di negoziazione-trattativa, il monologo travestito da dialogo, dove due persone si parlano ma è come se ciascuna pensasse solo a se stessa, senza istituire la diade Io-Tu. A questo terzo livello non ci sembra, tuttavia, che possa essere inserita la conversazione, mai resa esplicitamente oggetto di analisi da parte del pensatore tedesco.

Alla luce delle riflessioni fatte fin qui, misurando la comprensione intuitiva del dialogo con forme di comunicazione sentite in qualche modo come affini, il dialogo si caratterizza, nella sua forma più grezza, sulla base di tre fattori: la presenza di più interlocutori (almeno due); la relazione comunicativa istituita attraverso il linguaggio verbale; resistenza di una questione su cui ci si confronta nel rispetto e nella reciprocità, in modo disinteressato. Nel modello di dialogo più originario - quello in cui furono maestri Socrate nell'esercitarlo e Platone nel comprenderne la valenza teoretica - il confronto si propone di raggiungere un senso nuovo rispetto a quello di partenza, una verità che si scopre insieme.» (Fisogni, 2006)

4.1.

Abstract

Nel nostro progetto di dialogo impossibile vedremo un dialogo davvero impossibile, per molti versi surreale. Vedremo confrontarsi in due Palazzi Barberini paralleli dapprima il Re Enrico VIII con papa Clemente VII (e ciò è realmente accaduto culminando con lo scisma anglicano) in un modo insolito: tramite messaggistica su smartphone. Il Re, quindi, chiede l'annullamento del matrimonio. Dopo l'esito negativo di questo confronto vedremo il Re nell'altra dimensione confrontarsi con un ulteriore personaggio: papa Urbano VIII, al secolo Maffeo Barberini, che trovandosi a casa sua decide di dare udienza al Re e concedere il tanto desiderato annullamento del matrimonio. L'elemento caratteristico è il fatto che gli attori che interpretano i personaggi sono cinesi, il che rende tutto ancora più impossibile.

4.2.

Titolo e Concept progetto

Il progetto sui dialoghi impossibili ha assunto per noi una dimensione surreale, "impossibile" letteralmente. Abbiamo quindi deciso di nominare questo progetto "Stranger". Il termine inglese ("strano" in italiano) ci sembrava adeguato a qualcosa di effettivamente strano: strano è il fatto che nel video ci siano due Papi, strano è il fatto che il tutto si svolge tra due Palazzi Barberini, ma la cosa ancor più strana è il fatto che i personaggi siano di origine Cinese e parlino la medesima lingua.

L'idea basilare sulla quale abbiamo sviluppato il concept è stata quella di immaginarci una versione dei fatti alternativa, strana appunto. Una versione dei fatti che sia davvero impossibile, così come, naturalmente, i dialoghi tra i personaggi (il primo via chat e il secondo di persona).

Tutti sappiamo della storia dello scisma anglicano e della reale versione dei fatti, ma se provassimo ad immaginare un finale alternativo? Se il Papa avesse deciso di concedere l'annullamento del matrimonio ad Enrico VIII? Ecco, nel nostro progetto diamo risposta a queste domande.

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4.3.

Ricerca e riferimenti

La nostra ricerca si è soffermata su alcuni personaggi chiave, protagonisti del nostro progetto. Nel video vediamo un inedito Enrico VIII interpretato da un attore cinese rivolgersi al Pontefice dell'epoca: Papa Clemente VII. «Nato come Giulio de' Medici (Firenze 1478 - Roma 25 sett. 1534), figlio naturale poi legittimato di Giuliano di Cosimo il Vecchio; cardinale nel 1513, influente vicecancelliere durante il pontificato del cugino Leone X, fu eletto papa, succedendo ad Adriano VI, il 19 nov. 1523, con l'appoggio di Carlo V. Tentò di ottenere un equilibrio tra Francia e Spagna, che si contendevano l'egemonia in Italia e in Europa. Ma il suo avvicinamento a Francesco I di Francia, realizzato soprattutto con la lega di Cognac stretta dopo la vittoria di Carlo V a Pavia (1525) e il trattato di Madrid (1526), provocò l'assalto e il celebre sacco di Roma (1527). Riaccostatosi a Carlo V (pace di Barcellona, 1529), lo incoronò a Bologna nel 1530, ottenendone l'aiuto militare contro Firenze ribellatasi ai Medici; ciò nonostante riprese subito la politica filofrancese, suggellata dal matrimonio di Caterina de' Medici con Enrico, figlio di Francesco I (1533). La prevalente attenzione dedicata a problemi politici e il timore di dover convocare un concilio determinò irresolutezze decisive nei confronti del movimento protestante; così fu solo dopo lunghe tergiversazioni che Clemente VII si decise a negare a Enrico VIII d'Inghilterra l'annullamento del suo matrimonio con Caterina d'Aragona. (Treccani.it, 2018).

Una volta ricevuto l'esito negativo del Pontefice, Enrico VIII decide di rivolgersi alla "concorrenza", inesistente all'epoca, e proprio per questo impossibile. In questo caso la concorrenza è rappresentata dall'esponente della famiglia Barberini che, nel 1623, divenne Papa: Urbano VIII - Maffeo Barberini (Firenze 1568 - Roma 1644). Eletto papa nel 1623, sostenitore convinto della suprema autorità della Chiesa, si mostrò anche geloso della propria autorità personale.

Attuò numerose riforme all'interno della gerarchia ecclesiastica e operò per il potenziamento dell'Inquisizione. Riuscì ad annettere allo Stato pontificio il Ducato di Urbino (1631). Fu uomo amante del fasto e gran mecenate, colto e umanista, soprannominato perciò ape attica (dall'ape presente nello stemma di famiglia) e sotto il suo pontificato Roma fu abbellita di importanti opere. Entrato nella carriera ecclesiastica, fu nominato referendario da Sisto V e governatore di Fano da Clemente VIII; protonotario apostolico, arcivescovo di Nazareth, nunzio a Parigi (1604), ebbe la porpora nel 1606. Protettore poi della Scozia (1607), vescovo di Spoleto (1608), legato di Bologna (1611-14), prefetto della Segnatura di giustizia, divenne infine papa. Informò la sua azione ai decreti tridentini; impose ai cardinali (ai quali diede titolo di "eminenza") e ai vescovi l'obbligo della residenza; riformò il clero regolare e secolare e i seminari; stabilì le norme da seguire nei processi di beatificazione e di canonizzazione; promosse numerose beatificazioni; potenziò l'Inquisizione (processi di M. A. De Dominicis, T. Campanella, C. Cremonini, Galileo, ecc.); condannò il giansenismo (1640, 1643); rafforzò le missioni. La sua politica estera patì vari insuccessi, in particolare a causa della guerra dei Trent'anni. Più costruttiva la sua politica italiana: oltre all'annessione allo Stato pontificio del ducato di Urbino, poté ottenere che fossero accolti i principi da lui propugnati nella spinosa questione della Valtellina. Attivissima la sua opera diplomatica nella guerra di successione di Mantova, coronata con la conclusione della pace di Ratisbona; né privi di efficacia furono i suoi interventi nelle altre grosse e piccole questioni agitate in Italia dallo stato di guerra in Europa. Rafforzò armamenti, fortificazioni, arsenali, ma non curò l'erario, che rimase seriamente compromesso, a opera altresì dei componenti della sua famiglia, che ricoprì di cariche e onori, e della rovinosa guerra di Castro, dovuta, appunto, a interessi familiari.» (Autore sconosciuto, 2011).

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38. Ritratto di Clemente VII di Sebastiano del Piombo, Napoli, Museo di Capodimonte.

39. Ritratto di Urbano VIII, Pietro da Cortona, Roma, Musei Capitolini.

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4.4.

Moodboard

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4.5.

Target e fruizioni

Questo progetto si rivolge a persone appassionate di storia, studiosi, storici, artisti e critici d'arte. Date le parti dialogate esclusivamente in lingua cinese, il filmato è anche rivolto a tutti coloro di lingua cinese o che comunque riescono a parlare in cinese.

La fruizione avviene in modo semplice poichè il dialogo è si in cinese, ma comunque sono presenti i sottotitoli in lingua italiana proprio per agevolare la fruizione ad un pubblico maggiore. Durante la parte in cui il Re scrive tramite messaggi al Pontefice, nella parte sinistra dello schermo è presente lo schermo con in relativo contenuto dei messaggi.

4.6.

Storyboard e sceneggiatura

EST. PALAZZO BARBERINI Nella prima inquadratura fissa possiamo osservare due Palazzi Barberini identici separati da una sottile forma nera, questo poichè il video si svilupperà su due "dimensioni" differenti.

EST. PORTICATO L'inquadratura si sposta sotto uno degli archi della facciata di Palazzo Barberini 1 (ciò viene precisato dalla comparsa di un testo ai piedi del protagonista) all'interno del quale arriva Enrico VIII da destra e prende in mano il suo smartphone.

EST. PORTICATO (ARCO) L'inquadratura si avvicina fino al primo piano di Enrico VIII con in mano lo smartphone. Qui Enrico VIII chiede a papa Clemente VII l'annullamento del matrimonio con Caterina d'Aragona, ma riceve solo risposte negative, abbandonando quindi ogni tentativo. Il protagonista è quindi intento a scrivere messaggi e leggerne le risposte da parte di Papa Clemente VII. Le varie espressioni facciali indicano la reazione alla relativa risposta, visibile insieme all'intera chat nel riquadro a sinistra dov'è raffigurato uno smartphone.

EST. PORTICATO (ARCO) Il soggetto arriva all'interno della stessa inquadratura di prima da sinistra, e ai suoi piedi appare scritto "Palazzo Barberini 2", proprio perchè ci troviamo "nell'altra dimensione". Qui Enrico VIII contatta via telefono il "Papa di concorrenza", ovvero Urbano VIII che, trovandosi a casa sua scende subito a dargli udienza. L'inquadratura riprende il soggetto da lontano, la stessa inquadratura della scena 2.

EST. PORTICATO (ARCO) Qui avviene l'incontro tra i due personaggi. Il Re attende il Papa che, appena arrivato, gli impartisce una benedizione. Quindi avviene il saluto, il Re espone la sua questione e il Papa gli dà poco tempo, infatti lo liquida dopo pochi secondi accontentandolo.

EST. PORTICATO (ARCO) Alla fine possiamo vedere il viso del Re sorridente in primissimo piano, contento perchè è riuscito nel suo intento.

FINE.

Inquadratura dei due Palazzo Barberini "paralleli".

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Inquadratura del porticato di Palazzo Barberini 1.

Enrico VIII arriva all'interno dell'inquadratura con lo smartphone in mano.

Enrico VIII inizia a conversare tramite chat con Papa Clemente VII.

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Inquadratura del porticato di Palazzo Barberini 2 dove Enrico VIII telefona a papa Urbano VIII.

Enrico VIII dialoga con Papa Urbano VIII.

Si conclude il dialogo tra i due personaggi.

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4.7.

Stili e toni

Lo stile di questo nostro video assume un linguaggio praticamente surreale. Nell'insieme risulta tutto strano, oltre che impossibile. Nella stranezza troviamo due palazzi Barberini, un Re inglese che però ha la fisionomia cinese e ne parla la stessa lingua. Così come anche il Pontefice "di concorrenza", che ha fretta e non può dare udienza ad un fedele, quasi a simboleggiare i tempi moderni (che rivediamo anche nell'uso di abiti contemporanei), tempi in cui tutti facciamo tutto di fretta perchè non c'è mai abbastanza tempo per ogni cosa. Abbiamo anche un primo Pontefice che anzichè mostrarsi in pubblico preferisce rispondere da un cellulare. Dunque, una trama surreale per raccontare degli avvenimenti impossibili con dialoghi altrettanto impossibili, utilizzando un tono leggero e divertente per certi versi.

4.8.

Produzione e postproduzione

La produzione di questo video è iniziata con la ricerca a Palazzo Barberini delle opere da prendere in esame. La nostra attenzione si è rivolta dapprima al ritratto di Enrico VIII, che abbiamo già esaminato nel progetto "King's Return". Poco dopo ci siamo imbattuti nel ritratto di Urbano VIII, il Papa originario della famiglia Barberini. Così abbiamo pensato a che tipo di dialogo potesse nascere tra essi, alimentato dalla divergenza di ideali tra i due personaggi. Alla fine siamo giunti alla soluzione proposta come sceneggiatura: ci sembrava tutto così surreale, strano e, appunto, impossibile. Una volta preparata la sceneggiatura e i vari storyboard di riferimento, abbiamo dato inizio alle riprese ed elaborato successivamente il materiale con i software Adobe Premiere (per il materiale video) e Adobe Audition (per le registrazioni audio).

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40. Il gruppo di lavoro, da sinistra: Wu Xilin, Gianpio Predoti, Marco Sirchia, Jianxun Pan. 41. Schermata del file di lavoro in Adobe Premiere.

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PARTE QUINTA DÍSKOS

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5.

Merchandising museale

«Dietro il nome merchandising design si cela il paesaggio di quegli oggetti che in alcune stagioni abbiamo chiamato souvenir, in altre soprarmmobili, in altre ancora semplicemente ricordi. Sono oggetti messaggeri che rimandano ad un viaggio, ad un luogo, ad un museo: oggetti viaggiatori che popolano i territori della memoria e approdano su un mobile a cadenzare il tempo. La loro prerogativa è quella di comunicare messaggi diversi a chi li osserva e a chi li possiede, il loro connotato è quello di non essere quasi mai "oggetti d'uso" di non avere una loro "utlilità" se non quella di ricordarci momenti spesso felici del nostro vivere: oggetti abbandonati per cui iI valere testimoniale preserva dall'obsolescenza e recede dalla funzione. L'area del merchandising design è un'area che si amplia sempre più e alla quale il design guarda con sempre maggiore curiosità: comprende gli oggetti che rimandano ai musei (merchandising museale) e gli oggetti che rimandano ai luoghi (merchandising turitico).

In Italia non esiste una vera cultura del merchandising, abbandonato spesso ad un'area di bassa creatività per un pubblico disattento con oggetti che per lo più provengono da produzioni industriali esternalizzate.

In alcune aree specifiche l'antica tradizione artigianale si fonde con la materia prima del territorio. Carrara e il marmo. Murano e il vetro. Volterra e l'alabastro etc. In territori come questi, spesso è la materia prima a diventare il vero e proprio souvenir. La forma, il decoro, il disegno, diventano un percorso ulteriore".

Sebbene nella produzione attuale di souvenir ci sia un tentativo di omologazione produttiva che lega le logiche commerciali al livellamento dei gusti, tuttavia è innegabile che il souvenir sia per sua definizione un oggetto identitario che vive delle diversità culturali tra i luoghi o tra i musei. La sfida del merchandising del XXI secolo è quella di riappropriarsi dei luoghi come luoghi culturali, ma anche e soprattutto come luoghi produttivi, alimentando una rete di piccole imprese artigiane ancora presente nel nostro territorio. Tentativi in tal senso sono in corso sia nella ricerca universitaria sia nella ricerca professionale promossi dalle istituzioni museali, dalle scuole di progetto e dagli enti pubblici. (Follesa, 2013) La possibilità di portare con sé un ricordo tangibile è una componente essenziale per il successo dell’esperienza di visita di un sito culturale.

Il merchandising potrebbe essere definito “Vendita silenziosa”, o ancora: “Tecnica di promozione ed esposizione al pubblico dei prodotti nei punti vendita” ....i bookshop L’ Académie française des Sciences Commerciales dà la seguente definizione: «Il merchandising è una parte del marketing, che comprende tutte le tecniche commerciali atte a presentare, nelle migliori condizioni materiali e psicologiche possibili, il prodotto o il servizio offerto al potenziale cliente. Una definizione più esplicita la dà Alain Wellhoff : «Insieme di metodi e tecniche che concorrono a dare al prodotto un ruolo di vendita attivo, grazie alla sua presentazione e alla sua ambientazione, al fine di ottimizzare la redditività».

Fin dall’antichità nei centri culturali e religiosi è stata sempre prevista qualche forma di vendita, interna o esterna, di oggetti – ricordo. In Cina venivano vendute copie di rilievi antichi ricalcati ad inchiostro su carta di riso. Nell’Inghilterra medievale venivano realizzate delle impronte a frottage, delle lastre tombali eseguite con cera nera su carta.

In Italia, con il Gran Tour (il lungo viaggio nell'Europa continentale effettuato dai ricchi giovani dell'aristocrazia europea a partire dal XVII secolo con partenza e arrivo in una medesima città) affluì una moltitudine di turisti facoltosi, attratti dalle rovine di Roma, dai templi di Paestum e Segesta, dai monumenti e dalle gallerie di Firenze, dallo splendore di Venezia e dai tesori dell’area napoletana. Tutti erano ansiosi di possedere un souvenir di quella magica esperienza e gli artisti non tardarono a soddisfare questo desiderio. E’ il caso di Giovan Battista Piranesi (1720-1778), che trasse dai monumenti romani più di mille stampe destinate alla vendita, offrendo una rivisitazione in chiave teatrale e fantastica della città.

Il Metropolitan Museum of Art di New York, o più semplicemente MoMA, ha introdotto l’attività editoriale e di merchandising fin dal 1871. Oggi le vendite di volumi d’arte e di oggettistica varia arrivando a 85 milioni di dollari all’anno. La produzione degli articoli è affidata a fornitori che corrispondono a rigorosi standard imposti dal museo e viene commercializzata in molti bookshop di tutto il mondo interessati a vendere i prodotti targati MoMA.» (Muratore M., Norcia G., 2014).

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5.1.

Abstract

Per celebrarne l’apertura le nuove sale, oltre al Salone Pietro da Cortona, alla Sala Ovale e alla Sala dei Paesaggi, saranno allestite con Eco e Narciso, la mostra prodotta dalle Gallerie Nazionali in collaborazione con il MAXXI: un percorso che si snoda fra arte antica e arte contemporanea sul tema del ritratto e dell’autoritratto, con opere provenienti dalle collezioni dei due musei nazionali (barberinicorsini.org, 2018). Il nostro intento era quello di realizzare un prodotto di merchandising museale quanto più originale e attinente al tema possibile. Per questo abbiamo ideato un vassoio, con il fondo specchiato, in modo da offrire un'esperienza simile a quella di Narciso che si specchiò sull'acqua. Il vassoio è personalizzato con il nome delle Gallerie Barberini e Corsini che ospitano l'evento.

5.2.

Titolo e Concept progetto

Il nostro progetto di merchandising prevede la realizzazione di un vassoio con il fondo specchiato sul quale poggiare bicchieri o alimenti durante eventi, aperitivi, cocktail di benvenuto ecc.

L'idea di fondo durante la progettazione è sempre stata quella di realizzare un prodotto capace di offrire un'esperienza all'utente simile a quella di Narciso che, specchiandosi sulla superficie dell'acqua, vide il suo riflesso. Così abbiamo progettato un vassoio di forma circolare con il fondo specchiato. L'dea è semplice e il risultato è ottimale. Il vassoio, chiaramente, è personalizzato sul bordo in rialzo con l'iscrizione relativa al museo. A questo prodotto abbiamo deciso di dargli il nome di "Dìskos", la traduzione greca del vocabolo italiano "Vassoio".

L'esperienza di fruizione è simile a quella di Narciso proprio perchè l'utente si "affaccia" dall'alto per specchiarsi in un'oggetto che ha molta somiglianza con uno specchio d'acqua, una pozzanghera, proprio in riferimento al riflesso di Narciso.

5.3.

Target e fruizione

Il prodotto ideato è destinato ad un pubblico molto ampio. Qualsiasi persona può acquistare Dìskos e utilizzarlo nel proprio salotto per un aperitivo o un cocktail, un pranzo o una cena: può essere utilizzato in numerose occasioni. Ad esempio anche nei bar o nei locali può essere utilizzato per portare ai tavoli i vari prodotti ordinati. Un'altra occasione di utilizzo di Dìskos può essere durante i vari vernissage delle mostre o eventi vari tenuti a Palazzo Barberini, durante i quali possono essere servite bibite proprio su di esso.

Inoltre è molto facile trovare nei turisti di tutto il mondo il target destinato alla vendita del vassoio. Infatti lo si potrà trovare nello shop dell’area museale situato al piano terra di Palazzo Barberini. Inoltre possiamo affermare che un prodotto del genere è facilmente trasportabile e pratico da inserire in valigia data la sua forma non ingombrante. Un souvenir non banale e perfetto dunque.

5.4.

Rendering, mockup e disegni tecnici

42

82

DisegniTECNICI tecnici- SCALA - Scala1:5 1:5 DISEGNI

40.00

37.00 11.00 40.00

43

42. Mockup del prodotto finale.

43. Quote in scala.

83

6.50

3.00

37.00

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45

44-45-46. Ambientazioni del prodotto realizzate presso Palazzo Barberini.

84

46

5.5.

Materiali e produzione

Il progetto del vassoio è stato realizzato tramite il software Rhinoceros. Una volta completato il modello 3D, si è passati alla messa in tavola 2D che si può trovare nella sezione dei disegni tecnici. Una volta esportato il file .3ds, è stato possibile realizzare il rendering per un’ambientazione con Cinema 4D, applicando così i materiali (PVC e specchio) per ottenere quindi un render realistico grazie al Plug-in Vray. E’ stato anche realizzato un fotoinserimento con Photoshop in post-produzione con la location di Palazzo Barberini. Le foto originali sono state scattate presso l'esterno di Palazzo Barberini, attraverso l'utilizzo di una macchina fotografica reflex Canon, con la funzione autoscatto e un treppiedi. Software utilizzati: Rhinoceros, Cinema 4D R16, Adobe Photoshop.

Specifiche tecniche: Colore: bianco Materiale: PVC, vetro Peso: 1 kg Dimensioni massime: 40 cm x 6,5 cm

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PARTE SESTA ART & INTERACTION

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6.1.

Abstract

Il nostro progetto di interaction design (ambienti virtuali e interattivi) è stato strutturato in modo tale da essere un prodotto collegato al progetto di Multimedia Design. Abbiamo così deciso di realizzare un'app per smartphone che fosse da supporto e approfondimento ai vari progetti crealizzati per Multimedia design. In quest'app troviamo i collegamenti con i vari progetti, per ognuno dei quali è disponibile la visione del video insieme a dei contenuti testuali di approfondimento.

6.2.

Titolo e Concept progetto

Il titolo che abbiamo assegnato a questo progetto è "Art and InterAction", proprio perchè abbiamo unito in questo progetto l'arte, rappresentata dai dipinti custoditi presso Palazzo Barberini che abbiamo preso in esame per realizzare i video, e l'interazione che si crea tra utente e applicazione. In più troviamo incorporato il termine "Action", utilizzato durante le riprese per i nostri progetti. In che modo? L'idea di partenza è stata quella di realizzare un'applicazione che fornisse maggiori informazioni in merito ai dipinti che abbiamo esaminato nei nostri progetti in modo tale che, il fruitore, una volta trovatosi davanti a tali opere, avrebbe avuto a disposizione dei materiali aggiuntivi per approfondire le conoscenze relative ai dipinti, rappresentata dai contenuti testuali e alla nostra interpretazione, rappresentata dai video.

6.3.

Progettazione e programmazione

La produzione di questo progetto ha avuto inizio con la realizzazione di un'alberatura e delle relative grafiche. Per quest'ultime abbiamo utilizzato il software di progettazione di interfacce web e mobile, ovvero Adobe Xd. Abbiamo così stabilito quali fossero le varie interfacce, i vari stati e i rispettivi collegamenti, oltre alla presenza di alcuni pulsanti di collegamento.

Successivamente a questa fase, abbiamo iniziato la produzione del codice con Processing.

Qui abbiamo realizzato le interfacce grafiche che avevamo precedentemente realizzato con Adobe Xd, inserendo tutti i contenuti relativi ai vari progetti.

L'applicazione è così composta: il Mainscreen è suddiviso in vari moduli a "righe". Una volta selezionata una riga, essa diventa un modulo quadrato nel quale possiamo vedere un'immagine di anteprima con il relativo titolo. Cliccando su questi moduli quadrati possiamo accedere ai vari contenuti. Tra i contenuti troviamo: il video inerente il nostro progetto, dei contenuti testuali e il dipinto (o dipinti) di riferimento. Possiamo muoverci tra i contenuti cliccando sui pulsanti freccia laterali e tornare al mainscreen cliccando sul pulsante "home" centrale. In più, in alto a sinistra nel mainscreen, troviamo un pulsante che ha come simbolo un puntatore di una mappa.

Cliccandoci sopra possiamo accedere alla mappa che ci illustra dove sono disposti i vari dipinti presi in esame; per tornare al mainscreen basta cliccare sul pulsante "home" centrale.

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6.4.

Mockup

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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Arasse D. (2007), Il dettaglio: la pittura vista da vicino, Il Saggiatore, Milano.

Autore sconosciuto (2011), Treccani.it (http://www.treccani.it/enciclopedia/urbanoviii_%28Dizionario-di-Storia%29/).

Autore sconosciuto (2018), Wikipedia.it (https://it.wikipedia.org/wiki/).

Bonmassar M. (2017), Barberinicorsini.org (http://www.barberinicorsini.org/#home-bottom).

Da Milano C., Sciacchitano E. (2015) Linee guida per la comunicazione nei musei: segnaletica interna, didascalie e pannelli, Roma.

De Agostini G. (2017) Sapere.it (http://www.sapere.it/sapere.html).

Di Gregorio L. (2017), La societĂ dei selfie, FrancoAngeli, Milano.

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Ryan C. (2016), Claudiaryan.net (https://www.claudiaryan.net).

Vitale G. (2010), Il museo visibile - Visual design, museo e comunicazione, Lupetti, Bologna.

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