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SARA CASASSA ANTONELLA FIORI

ASSUEFATTI Come le sostanze stupefacenti sono entrate nel quotidiano


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Š EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2012 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (MI) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino ISBN 978-88-215-7386-6


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Presentazione

Ascoltate queste voci. Voci di genitori e di figli, di studenti e insegnanti, di poliziotti, scienziati, giornalisti. Voci tutte diverse. Anonime o conosciute. Voci che parlano di droga. Dagli ospedali, dalle case, dalle scuole, dai teatri, dai locali, dai laboratori, dalle redazioni dei giornali e delle tv. Voci di persone vere, che abbiamo incontrato, conosciuto, intervistato. Le loro risposte alle nostre domande sono diventate testimonianze di una realtà che è sotto gli occhi di tutti, ogni giorno, quando leggiamo le pagine dei giornali e ascoltiamo i tg: ragazzi morti per una pasticca di ecstasy, maxi sequestri di eroina e cannabis, stragi del sabato sera ma anche del lunedÏ pomeriggio, storie di studentesse che si prostituiscono per una dose di cocaina o di genitori tossicodipendenti che in preda a un raptus uccidono il loro bambino. Provate a ripercorrere con noi la cronaca di un anno qualsiasi, ascoltando questi racconti in prima persona. E scoprirete che qualcosa cambia. Questi fatti, spesso drammatici, che si ripetono in un flusso diventato routine, riletti assieme alle testimonianze appaiono in una nuova prospettiva: diventano lo specchio di una mentalità diffusa che sottovaluta, tollera, minimizza e banalizza il fenomeno droga. 11


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Da un lato troverete il linguaggio asciutto della cronaca nel riportare le notizie, dall’altro quello usato anche dalla gente comune quando parla di droga: la roba, il fumo, la maria, la canna, la ganja, lo spinello, la coca, la pista, la neve, essere fuori, dar di fuori, giù di testa, calarsi la pasticca, quello è sballato, sballatissimo, fulminato, cannibale, si è fumato il cervello. Un crescendo di violenza linguistica che attutisce e azzera la percezione di pericolosità fino all’assuefazione. E così contro ogni evidenza scientifica si sente dire che farsi una canna è come bere un bicchiere di vino, o che drogarsi è come mettersi un vestito, adottando – anche da parte di chi non si droga – le parole, il gergo e le gesta dei consumatori veri. Chiacchiere drogate della gente, nelle case, tra amici, con i figli, in metropolitana, in vacanza, al bar... Ma anche le droghe chiacchierate dei media, dove gli opinionisti di programmi e talk show rimescolano le carte, senza mai arrivare a un’informazione seria e completa. «Ma una tale inconsistenza come abbiamo potuto produrla noi adulti?». Anche per cercare una risposta a questa domanda provate a leggere questo libro. Perché drogarsi non è ovvio. Non è come mettersi addosso un vestito.

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Prima parte

CHIACCHIERE DROGATE


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Nelle chat 1

La fattanza indica un’espressione gergale tipica dell’ambito della tossicodipendenza per esibire l’alterazione raggiunta durante l’assunzione di stupefacenti. Deriva dal termine «fatto» e richiama la parola «mattanza» che si riferisce all’ultimo momento della pesca dei tonni, durante il quale gli animali vengono arpionati, bastonati e uccisi. Nel linguaggio comune significa omicidio, massacro, sterminio... Il termine ricorre spesso in alcune chat1 su Internet accessibili con difficoltà, dove i consumatori di Cannabis si scambiano impressioni sugli effetti della marijuana, parlando con un linguaggio da adepti, conosciuto solo da chi ha provato certe esperienze. In una di queste chat un ragazzo cerca di descrivere a parole che cosa gli succede e che cosa ricorda: «le profondità che raggiungi quando sei dentro la fattanza...». Il suo è un vero delirio. Anche se poi moltissime cose, al risveglio da quello che definisce «un sogno», il ragazzo se le dimentica.

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Termine che in inglese significa letteralmente «chiacchiera».

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LA FATTANZA «Sono io a muovermi o è il mondo che gira intorno a me?». «I fusibili potrebbero pensare e parlare, solo che noi non capiamo il loro pensiero e il loro linguaggio e così tra esseri umani e fusibili si crea un muro». Umma umma... di cose strabelle dette mentre si è sotto ce ne sono tantissime. Il fatto è che essendo dentro la fattanza me le dimentico. È che dopo una botta di bonga2, nella testa ti girano un sacco di storie strane come in un sogno, come quella della marmotta che confezionava la cioccolata e gli scimpanzè che bastonavano forte sulla testa Pippi Calzelunghe mentre i rosafanti ballavano il limbo insieme a Gargamella... Come faccio a spiegarti le profondità che raggiungi... L’altra sera passando una staffetta ganjante3 sono arrivato alla comprensione di una delle più grandi e sconvolgenti verità che stanno alla base dell’Universo, vale a dire: «Non è necessario un cerchio di fiamme per capire che lo stadio brucia...». Insomma, fumando si ha un effetto rilassante che a seconda del fumo o dell’erba invoglia a parlare o a pensare. Pensando e fumando è come se assumessimo una seconda personalità e parliamo con noi stessi, e poi le risate sono talmente tante che solo a ripensare a quel momento mi viene da ridere ma anche il contrario... capita di cominciare a piangere per qualsiasi cavolata... poi il giorno dopo passa, però in quel momento le lacrime mi escono da sole e io le lascio andare anche se gli occhi scoppiati mi pizzicano...

2 Bonga è un termine gergale della tossicodipendenza che deriva da Bong, l’ampolla/braciere che viene riempita d’acqua e di sostanza stupefacente da cui poi viene aspirata come fumo. 3 Ganjante si riferisce ad altro gergo con cui viene indicata la marijuana detta anche ganja in sanscrito.

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Nei salotti

«Chi fuma marijuana è un autista più prudente, al di sopra dei 60 chilometri orari di velocità si sente in imbarazzo... L’alcool provoca buona parte degli incidenti stradali: centinaia di morti, migliaia di feriti e miliardi di danni... Gli ubriachi sono spesso violenti, i cannabisti sorridono un po’ angelici e non reagiscono nemmeno quando li provochi duramente tirando in ballo la condotta sessuale della loro mamma». Da dove arrivano queste affermazioni? L’autore è un premio Nobel: Dario Fo. Lo scrittore qualche anno fa ha firmato, con sua moglie, l’attrice Franca Rame e suo figlio Jacopo Fo un articolo dal titolo: Marijuana, parliamone4, dove si tentava di avvalorare l’uso di droghe attraverso le minori conseguenze sociali con «informazioni» di questo tipo... «Innanzi tutto la marijuana non è una droga pesante. Il suo effetto è inferiore a quello dell’alcool. L’alcool da assuefazione fisica, la marijuana no. L’alcool provoca migliaia di morti all’anno per i danni che causa all’organismo, la marijuana neanche uno. Esiste una dose mortale di alcool, non esiste una dose mortale di marijuana realmente assorbibile, ci si addormenta prima. Non è vero che il consumo di marijuana induce al consumo di cocaina ed eroina...». 4

L’articolo si può ancora leggere sul sito www.iacopofo.com.

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Secondo quell’articolo pubblicato sul sito di Iacopo Fo la marijuana sarebbe una cosa buona perché l’alcool crea quei danni che tutti conosciamo. Ma su quale criterio ci si basa per fare questo confronto? I Fo, analizzando l’impatto che l’uso della droga ha sulla società, senza tenere conto ad esempio che esistono le risposte individuali, affermano che l’effetto della marijuana è necessariamente inferiore a quello dell’alcool oppure che non induce al consumo di cocaina e eroina. Per alcuni studiosi5 della tossicodipendenza questo sposta il problema sulle conseguenze a livello sociale con ragionamenti di tipo circolare, come direbbero i logici. In realtà secondo questi esperti bisognerebbe chiedersi: ma la Cannabis fa bene o fa male all’individuo che la consuma? Il Fo-pensiero rispecchierebbe una mentalità e una filosofia sociologica del tipo: alla società non importa come vive l’individuo, se stia bene o stia male, l’importante è che non crei problemi. Così, attraverso la logica delle conseguenze sociologiche, si arriva a santificare il consumo di droga. È la mentalità dello sballo tranquillo, sposatissima anche da chi non si droga. Un pensiero dogmatico che oltre a giustificare l’uso della Cannabis in quanto «naturale, socializzante, che non dà dipendenza», invita a non demonizzare i «cannabisti» che nei loro sintomi individuali manifestano una specie di flemma che appare buona e positiva. Rappresentati come innocui, e completamente diversi dai cocainomani «schizzati», i «cannabisti» sarebbero immuni dai danni cellulari profondi, come fossero soggetti decerebrati. In realtà le cose scientificamente stanno in modo diverso. Infatti gli scienziati6 spiegano che la Cannabis, a causa del suo principio attivo, il Thc, ha effetti molto sottili e silenti. Altera la percezione del tempo e chi la consuma ha la sensa5 6

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Vedi la testimonianza dello psichiatra Giovanni Castellano a pag. 259. Vedi la testimonianza del farmacologo Gaetano Di Chiara a p. 237.



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Seconda parte

DROGHE CHIACCHIERATE


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Quelli che comunicano

«Se» lo dicono i media... «allora»26 è vero. Ma «cosa» riescono a dire in realtà i media sulla droga? Come informano e quanto sono loro stessi informati sull’argomento? Come trattano questo tema gli opinion leaders che a diverso livello hanno un ruolo di responsabilità nel campo dell’informazione e della comunicazione? Cosa viene prodotto in più e di diverso sui giornali, in tv, sulle radio, rispetto al gossip della gente? Giornalisti, della carta stampata, della tv e della radio, ma anche attori, dee-jay... La caccia, in un campo amplissimo come quello dell’informazione, è davvero grossa. Ma per chi va a caccia anche di risposte, i risultati possono essere alla fine magri. Un conto, infatti, è parlarne di certe cose, un conto è informare su come si possono affrontare. Così la «questione droga» per molti risulta trita e scontata. Tra chi informa sovente si sente dire: «Come altre volte ho detto...». E chi ascolta si pone nella posizione che è inutile tornarci su... oppure chi informa è da tempo che ha perso le tracce dell’argomento droga... 26 Se... allora è uno dei connettivi o operatori logici. Di questi connettivi se ne fa uso nella logica formale, nella matematica e nella filosofia del linguaggio per esaminare e analizzare la validità/verità (o falsità) di un’argomentazione.

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Altri ancora invece sono troppo occupati ad andare in video da lì a pochi minuti, il tempo stringe e alla questione droga possono dedicare al più una battuta. Infine c’è chi dice di non essersi mai interessato all’argomento anche se poi spazia nel suo fare informazione dalla dieta mediterranea all’ultimo delitto di cronaca, sfiorando quasi tutto lo scibile. Quelli che invece continuano ad approfondire, o perché si rivolgono ad un pubblico giovane, o perché l’argomento si intreccia con certe tematiche scientifiche collegate ai loro format, lo dicono in modo molto onesto: è difficile parlarne in certe condizioni e sperare di essere ascoltati, credibili e incisivi... Il risultato che si riesce a raggranellare in generale dai media si ferma a stadi iniziali ed embrionali dell’informazione seria e completa. Gallerie di giudizi, di conoscenze parziali, sbrigative, banalizzanti. Molte di quelle che passano per informazioni sulla droga, purtroppo, si rivelano solo opinioni divergenti, interscambiabili, imbevute anche queste di espressioni gergali, che niente hanno a che fare con i fatti reali. Nel quotidiano le notizie ci sono e si riferiscono a vicende e scoperte vere. La cronaca, dal canto suo, rinfresca e rende attuale l’argomento stesso ogni giorno. Ma ciò che non viene aggiornato e non è attuale dell’argomento, è la percezione che si ha della questione droga e naturalmente che si dà. L’informazione è cristallizzata ai primissimi stadi e l’offerta dei dati è assolutamente inadeguata alla domanda dei dati stessi su questo ingombrante tema che non esclude nessuno. Un esempio che vale la pena di citare è la trasmissione Lucignolo in onda su Italia Uno. In dieci anni le telecamere della trasmissione ideata da Mario Giordano hanno avuto il merito di documentare più volte l’uso diffuso di droga, le trasgressioni e gli eccessi, tra i giovani, la gente comune e i vip, mentre i giornali se ne occupavano ciclicamente solo 160


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quando erano coinvolti personaggi famosi. Dopo calava il silenzio. Una regola del sistema d’informazione di oggi è infatti quella di parlare e raccontare le cose facendo leva sull’emotività della gente: regola applicata a ogni argomento, dal terremoto in Abruzzo ai morti in Afghanistan. Anche sui danni lasciati dalle droghe, sugli studi che sostengono con dati precisi tali danni, c’è la tendenza dei media a parlarne per spot, in certi periodi, per scatenare dibattiti a cui le persone si sono assuefatte. Perché spesso lo scopo dell’informazione non è altro che quello di raggranellare un po’ di audience in più...

PIERO ANGELA, GIORNALISTA Sulla droga si fanno tante chiacchiere, e anche tante prediche, ma mancano in generale immagini forti che mostrino i danni reali sul fisico dei consumatori. Sui giornali e nei media italiani viene denunciato il rischio delle diverse sostanze ma è raro trovare una valutazione fatta dagli specialisti: medici, come i neurochirurghi, che aprendo il cervello delle persone vedono i gravissimi effetti fisiologici prodotti dalle droghe. Invece i messaggi dei media sui danni provocati dalle droghe devono essere molto chiari e diretti. Durante una puntata di Superquark, andata in onda nel luglio 2010, per far capire cosa accade quando uno prende cocaina, spiegavo che è come se si accendesse un fiammifero nel cervello. Queste immagini forti dovrebbero essere rivolte soprattutto a un pubblico di giovani, i più interessati dato che il loro cervello è ancora in evoluzione. In un’intervista il professor Giulio Maira, neurochirurgo, diceva che una donna incinta sa benissimo che non deve fumare, bere alcol o tantomeno drogarsi, perché questo può danneggiare il cervello in formazione del suo piccolo. Il punto è che la crescita del cervello continua fino ai 21 anni. Quindi finché non è formato, e questo processo attraversa 161


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tutta l’adolescenza, i danni sono permanenti. Il cervello è come una pianta che cresce e sappiamo che se una pianta ha dei problemi alla nascita le conseguenze a lungo termine sono maggiori di quanto possono essere per un adulto che ha già formato la sua struttura cerebrale. All’estero, in particolare nei paesi anglosassoni, l’informazione è più cruda ma molto efficace. Di recente sono stato a Londra e ho notato che su qualsiasi pacchetto di sigarette acquistato in tabaccheria non solo ci sono le scritte a caratteri cubitali del tipo «il fumo fa male», ma anche immagini che coprono metà del pacchetto e mostrano i danni del tabacco: fotografie che mettono a confronto un polmone sano e il polmone malato di un fumatore, o mostrano un uomo con un tumore al collo, una persona operata a cuore aperto, un cadavere, fino al disegno simbolico di una sigaretta piegata, per mostrare che il fumo ha un’influenza negativa sulla sessualità. Anche per quanto riguarda gli incidenti stradali, gli spot televisivi inglesi sono fortissimi. Fanno vedere persone ferite, massacrate. Quando ogni anno si legge su un giornale che per gli incidenti ci sono «un certo numero di morti e tantissimi feriti», quando si dice «feriti» uno pensa che si tratti di una persona che si è rotta un braccio. In realtà i feriti sono persone che si trascinano per mesi da una operazione all’altra, restano paralizzate, perdono la vista, hanno lesioni gravissime al cervello. Perché ho fatto questo paragone col fumo e gli incidenti? Per mostrare la differenza di mentalità tra un certo tipo di cultura, dove si cerca di far conoscere quali sono i danni reali di certi comportamenti, e la nostra. In Italia si dice: la droga fa male però tutto finisce in una specie di ramanzina e la gente non si rende davvero conto. L’idea di quel che accade drogandosi resta astratta, si pensa che i pericoli riguardino i forti consumatori, mentre invece queste sostanze, anche in piccole dosi, in certi individui particolari possono avere un effetto patologico. Se in Inghilterra c’è una cultura che dice: «dobbiamo mettere le persone di fronte alla realtà, senza temere di essere truci, perché questo è per il loro bene e per il bene comune», da noi è esattamente il contrario: i bambini, i ragazzi non devono essere 162


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spaventati. Questa differenza di mentalità dell’Italia è evidente in molti altri settori. Penso ai graffiti che imbrattano i muri delle nostre città. All’estero accade solo nelle periferie degradate, qui da noi invece tutti gli edifici, anche storici, comprese le fontane nel centro di Roma, sono pieni di scritte. È un sintomo preciso che svela l’incapacità o comunque la non volontà di punire. In Italia si dice blandamente: «Guarda che non si può... non lo fare più», ma non si punisce, anzi c’è la cultura del perdono... Non c’è davvero la volontà di stroncare queste cose. È un messaggio difficile da far passare, perché gli effetti non appaiono immediatamente: un po’ come accade per l’ambiente, dove l’effetto serra è una cosa graduale di cui non ci rendiamo conto. Per quanto riguarda la cannabis, ad esempio, i danni sono stati a lungo sottovalutati, dato che l’effetto negativo è nascosto e strisciante e si è meno portati a vederne i rischi. E come succede anche con il fumo, di cui ormai sono accertati i danni, l’immaginazione del futuro è più debole del desiderio presente di procurarsi la sostanza. Per questo io insisto sull’importanza del mostrare esempi visivi. Un compito che dovrebbe essere innanzitutto dei giornalisti della carta stampata e della televisione, aiutati anche dagli scienziati che potrebbero stimolare di più i media, e non rivolgersi solo a quelli che leggono i loro libri o certi giornali. Da quel che vedo, però, un po’ da tutte e due le parti, non si sta facendo granché. Le pagine dedicate alle scienze sui quotidiani sono poche e gli inserti si occupano soprattutto di questioni collegate alla tecnologia, all’elettronica, alla medicina, alle diete. Io non so se ci sono delle soluzioni per fermare il fenomeno della diffusione delle sostanze tra i giovani. Alcuni esperti che sono stati ospiti nella mia trasmissione mi hanno detto che ci sono proposte per fare dei test sui ragazzi nelle scuole. Questo potrebbe essere un modo per individuare subito e per tempo se c’è un consumo di droga. Di solito infatti i genitori, quando il problema esplode e il ragazzo comincia ad avere problemi, dicono: non me l’aspettavo, ma come è successo? Restano sbalorditi... Ecco, se la scuola, sin dal primo spinello, inviasse un se163



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Indice

Antefatto. L’appello

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1. Nelle chat 1 La fattanza IL MIX DI DROGHE CONSUMATO DAI GIOVANI

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2. Nei salotti I dieci comandamenti dello sballo tranquillo

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3. In strada Un tassista DROGA, ALCOL E GUIDA. IL NUOVO CODICE DELLA STRADA

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4. Sui balconi Pollice verde CANNABIS: COLTIVAZIONI PRIVATE

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Presentazione Prima parte CHIACCHIERE DROGATE

E DELLA CRIMINALITÀ

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5. In viaggio Sc-atti mancati

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6. In classe Quando i piccoli fanno il verso ai grandi La legge del branco DROGA E MINORENNI

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7. Nei locali e ai rave party Zombies in ecstasy Stuccati Una pasta e basta LA DROGA NEI LOCALI E AI RAVE:

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8. Nei luoghi pubblici L’Omino di Burro La spada nella roccia Te lo giuro su mia figlia Bamba, giornalisti e panetún LA DIFFUSIONE DELLA COCAINA

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53 55 57 60 64 65

9. In camera da letto Coca con sesso DROGA, SESSO E CLASSE DIRIGENTE

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10. Nelle chat 2 Come e quanto conviene farsi Tesi di laurea sull’eroina IL RITORNO DELL’EROINA

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11. In ogni luogo Il cuscino sulla faccia DROGA E CASI DI PSICOSI

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12. Nelle palestre Effetto bomba IL CONSUMO ILLEGALE DI ANABOLIZZANTI

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ECSTASY E KETAMINA

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13. In vacanza E allora? Tutto sotto (l’illusione del) controllo DIVERTIMENTO E SBALLO

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14. In famiglia 1 La mala educación Test antidroga? No, grazie Con il permesso del dottore VITA S-REGOLATA

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99 101 102 104 105

15. In famiglia 2 Ma non è mica un’overdose Mostruosa energia IL CONSUMO DEGLI SMART DRINKS

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16. Nelle scuole 1 Genitori fuori... ruolo

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17. Nelle scuole 2 Campagne antifumo Gli inconsistenti

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18. Nelle scuole 3 Scuola media di Carrara. Dagli 11 ai 12 anni Scuola media di Milano. Dai 12 ai 14 anni Scuole superiori del Nord-Est. Dai 15 ai 18 anni DROGA E SCUOLA

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19. Nelle regioni Spinelli d’Italia. Da Trento a Catania tutti i modi per dire canna (e non solo)

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Seconda parte DROGHE CHIACCHIERATE 1. Quelli che comunicano Piero Angela, giornalista

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Raoul Bova, attore Maurizio Costanzo, giornalista Claudio Coccoluto, dee-jay Milena Gabanelli, giornalista Lella Costa, attrice Daniela Hamaui, giornalista Gad Lerner, giornalista Gian Paolo Montali, manager sportivo Linus, dee-jay Carlo Antonelli, direttore di Rolling Stone Gaetano Cappelli, scrittore 2. Quelli che lottano Le nuove rotte della droga. Parla un superpoliziotto I MAXI SEQUESTRI E I TRAFFICANTI La vendita e il traffico di droga su Internet. Parlano gli agenti della Polizia Postale INTERNET E LE NUOVE DROGHE E.R. della droga. Scene da un Pronto Soccorso. Parlano i medici del Centro antiveleni e del Pronto Soccorso dell’ospedale di Niguarda RICOVERI E MORTI: IL CAOS DELLE SMART DRUGS I Sert e i nuovi tossicodipendenti. Parla lo psichiatra Riccardo Gatti TABELLA DI LANCET 3. Quelli che studiano Droga e disinformatia. Parla lo psichiatra Riccardo Gatti Tutti pazzi per la coca. Parla il farmacologo Silvio Garattini Droghe, dopamina e piacere. Parla il farmacologo Gaetano Di Chiara Danni collaterali. Parla la farmacologa Susan Greenfield 270

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La metamorfosi delle droghe. Parla il farmacologo e psichiatra Fabrizio Schifano pag. 254 Leggende metropolitane. Parla lo psichiatra Giovanni Castellano Âť 259 Linguaggio difettoso, droghe sottovalutate. Parla la psicoterapeuta e specialista in neuroscienze cognitive Gabriella Zorzi Âť 261

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