La caccia allo Squarlo - anteprima

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Lewis Carroll alla piccola Florence Balfour (“Birdie”), 6 aprile 1876

Lewis Carroll

«Tu, naturalmente, sai cos’è uno Squarlo? Se lo sai, ti prego di dirmelo: perché io non ne ho la minima idea.»

traduzione di Daniela Almansi

Peter Newell · Cinzia Ghigliano

9 788832 070392

Un’agonia

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otto

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di Lewis Carroll · illustrazioni di Peter Newell e Cinzia Ghigliano la caccia allo squarlo

euro 18,00

la caccia allo squarlo



La caccia allo Squarlo. Un’agonia in otto spasimi.


Dedicato a una cara bambina: in ricordo delle ore dorate e dei sussurri di un mare d’estate Lewis Carroll


Lewis Carroll

La caccia allo Squarlo U

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illustrazioni di Peter Newell e Cinzia Ghigliano traduzione di Daniela Almansi

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L’ approdo

“È un posto da Squarli!” gridò il Capitano, Sbarcando tra i flutti ribelli Un uomo alla volta, con solida mano, Reggendolo per i capelli. “È un posto da Squarli! Con questa fan due, Ciò basti a levarvi il pensiero. È un posto da Squarli! Con questa fan tre: Se son tre vuole dire che è vero.” La ciurma includeva un Cerastivali, Un Cucicappelli & Cappucci E un Contabile esperto di beghe legali In caso di liti e di inciuci. Poi c’era un bravissimo Contabiliardi Che chiese, per essere a bordo, Un piccolo acconto di sette miliardi. E un Cassiere per dare l’accordo.


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Si dice sia avvezzo a scherzar con le iene, Non teme nessun animale

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Il buon Capitano teneva un Castoro Seduto sul ponte a far trine, Che spesso li aveva (ma come lo ignoro) Salvati da tragica fine. Va poi menzionato il famoso compagno Che s’era scordato il bagaglio: Vestiti, gioielli, costume da bagno E maschera, pinne e boccaglio. Aveva portato ben quarantadue Tra scatole e casse da stiva. Ma si era scordato di dir ch’eran sue E quindi rimasero a riva. In quanto ai vestiti, pazienza, siccome Aveva sei abiti indosso. Però c’è da dir che a scordare il suo nome Aveva sbagliato di grosso.


Rispondeva a qualunque richiamo ed appello: A “Grandissimo”, a “Mitico”, a “Uè”, Lo chiamavano “Coso”, “Piricchio”, “Fratello” E perfino “Banana gnègnè”. Chi poi si esprimeva con fare più schietto Usava tutt’altra parola: L’amico più stretto: “Momò moccoletto” E il nemico: “Gogò gorgonzola”. “È brutto ed è scemo” (il buon Capitano Usava sovente notarlo), “Ma ha molto coraggio e può darci una mano In caso di caccia allo Squarlo.” Si dice sia avvezzo a scherzar con le iene, Non teme nessun animale E gira a braccetto con gli orsi, sostiene, “Per risollevargli il morale.”


Svolgeva mansioni di Cuoco, ma ammise Che non cucinava un bel niente A parte le torte nuziali - e per quelle Non v’era nessun ingrediente. Assunsero infine – convien ricordarlo – Un tizio d’aspetto balordo Che aveva un sol tarlo, ma il tarlo era “Squarlo” E quindi lo presero a bordo. Faceva il Carnefice, ma saltò fuori (Dopo ben sette giorni sui flutti) Che sapeva ammazzare soltanto Castori, Notizia che spiacque un po’ a tutti. Il buon Capitano tremando gli fa: “C’è solo un Castoro imbarcato, Di indole mite e di mia proprietà, La cui morte sarebbe un peccato”. In quanto al Castoro, piangendo protesta Sentendo la nuova inattesa: “Cacciare lo Squarlo sembrava una festa Ma questa è una brutta sorpresa!”


“Possiamo spostarlo di nave?” pregò Quel Castoro il suo buon Capitano. Ma il buon Capitano gli fa: “Non si può, Quest’idea non soddisfa il mio piano. Guidare una nave con un campanello È impresa tutt’altro che amica. Non posso permettermi un altro vascello: Con uno già faccio fatica…” “Procura un cappotto”, il Cuoco interviene, “A prova di lama e pugnale…” “E firma una polizza”, dice il Cassiere, “Presso una buona filiale. Ho proprio due polizze molto abbordabili, Ottime, e costano poco: La prima protegge da tuoni e da grandine E l’altra protegge dal fuoco.” Però da quel giorno, con fare codardo, Scorgendo il Carnefice odiato, Il nostro Castoro abbassava lo sguardo Girando la testa di lato.


Spa s im o

S e c ondo

Il Discorso del Capitano

Il buon Capitano era molto apprezzato Da tutti i compagni di caccia: Com’era solenne! Com’era sensato! Bastava guardargli la faccia! Aveva comprato una mappa marina Che a tutti moltissimo piacque: Quel semplice foglio di carta azzurrina Mostrava soltanto le acque. “Macché continenti, levanti e ponenti E tropici e linee costali!” Gridava alla ciurma – E loro, contenti: “Son solo dei segni formali! Abbasso le mappe con rotte, con tappe, Con terre color verde scuro! Ci piace la nostra che solo ci mostra Un nulla vuotissimo e puro”.


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E tutti a gridare: “Ben detto! Cin cin!” Rabboccando il boccale già vuoto.

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Sarà… ma la ciurma iniziò a sospettare (La costa era molto lontana) Che costui non avesse esperienza del mare A parte suonar la campana. La voce era grave ed il tono era saggio Ma in quanto ai comandi, eran guai… Gridava al nocchiere: “Prompressa il pulplaggio!” Che cosa voleva dir mai? Se poi confondeva la poppa e la prua, Diceva, per rassicurarli, Che questo accadeva, per colpa non sua, A tutte le navi da Squarli. In fatto di rotte, quel buon Comandante Capiva ancor meno di niente. Sospirava: “Perché, se c’è vento a levante, La nave sta andando a ponente?” Passato il periglio, approda il naviglio. Ma i volti si fecero cupi, Vedendo che il posto era tutto un groviglio Di rovi, voragini e rupi. Volendo un pochino allietar quelle facce, Il Capo, con piglio entusiasta, Narrò barzellette, cantò canzonacce, Ma quelli grugnivano e basta. Decise pertanto di fare ricorso A dosi abbondanti di vino. E mentre là in spiaggia iniziava un discorso, Vedeste com’era bellino… Così fu l’esordio: “Nel mezzo al cammin…” (Un verso alla ciurma ben noto E tutti a gridare: “Ben detto! Cin cin!” Rabboccando il boccale già vuoto). “Viaggiamo da mesi, che dico, da giorni (Ci son trenta giorni in un mese), Eppure di Squarlo (son io che vi parlo) Non trovasi traccia palese.


Viaggiamo da giorni, che dico, da ore (In un dì ventiquattro, o mi sbaglio?) Ma di Squarli, i miei occhi stracolmi d’amore Non vedon neppure un barbaglio. Prestatemi orecchio e saprete, lo giuro, I cinque specifici segni Con cui riconoscere a colpo sicuro Gli Squarli più autentici e degni. Procedo con ordine e inizio dal gusto Croccante, ma concavo e stretto: Sa un po’ di cappotto che strizza sul busto Oppure di fuoco folletto. Si sveglia assai tardi, quel gran dormiglione… E ha modi davvero un po’ strani… Pensate: a merenda lui fa colazione, E cena la fa l’indomani. Due segni abbiam detto, passiamo ora al terzo: È lento a capir le battute. Sospira depresso sentendo uno scherzo E il fatto tristezza gli incute. Per quarto, lo Squarlo ha una grande passione: Cabine da bagno a rotelle. Sostiene (ma in pochi gli danno ragione) Che rendan le spiagge più belle. Infine è ambizioso. Ed ora conviene Distinguer ciascuna famiglia: C’è quello che morde ed è pieno di penne E quello che ha i baffi ed artiglia. Lo Squarlo comune è mansueto. Ma adesso Avvisarvi mi sembra dovuto Che alcuni son Cuggi… Olà! Che è successo?” Il Cuoco era a terra, svenuto.


Spa s im o

t e rz o

Il Racconto del Cuoco

Gli danno ghiaccioli, gli danno tortelli, Gli danno panini al formaggio. Con buoni consigli e con indovinelli Gli infondono forza e coraggio. Il Cuoco si appresta, tornato tranquillo, A narrar la sua favola arcana. Il Capo: “Silenzio! Neppure uno strillo!” E giù a sbatacchiar la campana. Né strilli né strepiti lanciano più, Giust’appena un grugnito si sente. E così parla l’uomo chiamato “Cucù!”, Antidiluviànicamente. “Il babbo e la mamma eran poveri ma…” “Tagliare!” gridò il Comandante. “Altrimenti lo Squarlo tra un po’ se ne va: Non possiamo sprecare un istante!”


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“Nipote brimante! Attento però / Se costui fosse un Cuggio, perché Svaniresti in un soffio e nessuno mai più / Sentirebbe parlare di te.”

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