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DDL ANZIANI: un segno di civiltà, un’occasione da non perdere.
Nello scorso mese di marzo sono intervenuta alla Camera nel merito dell’approvazione di un importante disegno di legge, un provvedimento necessario, atteso dal Paese da circa vent’anni: il DDL Anziani, che si occupa di non autosufficienza e di cura e assistenza delle persone anziane. Questa legge - vale la pena ricordarlo - nasce da una proposta approvata dal Governo Draghi, grazie al lavoro di confronto e di collaborazione tra Ministeri e attori sociali.
Dare centralità a questo atto legislativo è un segno di civiltà e di maturità per un Paese come il nostro: la Legge nasce, infatti, da una storia importante, grazie al protagonismo di chi ha sempre contribuito a difendere la cultura del welfare pubblico, che trae origine e nutrimento dalla nostra Costituzione. “Una civiltà” - uso le parole di Papa Francesco - “si giudica da come gli anziani vengano trattati e da quale posto riserviamo loro nella nostra società”: per questo, per la profondità di questo significato, il provvedimento è così importante. La legge si pone, infatti, l’obiettivo di assicurare un sistema unico e universale, per provare a superare i divari territoriali, affrontando, per la prima volta in maniera organica, il tema del diritto alla salute, al benessere, alla cura e all’assistenza delle persone anziane in un Paese in cui i numeri parlano chiaro: ci si rivolge a una platea di 13 milioni di cittadini oltre 65 anni, il 22 per cento della popolazione, 7 milioni con più di 75 anni, 6,4 milioni di persone non totalmente autonome, 3,8 che hanno una grave non autosufficienza, a fronte di poco più di 300.000 persone ricoverate nelle nostre RSA. Certamente è un dato positivo l’allungamento della vita, ma questa situazione descrive anche un quadro poco rassicurante, dove una parte maggioritaria di popolazione anziana vive in profonda solitudine, affidata spesso esclusivamente alla cura dei familiari.
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Se, da un lato, dunque, si richiede un maggiore investimento nel Servizio sanitario nazionale e sulla necessaria integrazione tra Servizio sanitario, sociale e socioassistenziale, è anche vero che è necessario investire in servizi di prossimità e nella medicina territoriale. Occorre promuovere un invecchiamento attivo, con una visione non solo assistenziale degli anziani, sostenendo non solo chi vive in una condizione di non autosufficienza, ma anche chi si prende cura di loro. Serve, dunque, una nuova visione, una presa in carico multidimensionale della persona, che veda il riconoscimento del diritto delle persone anziane alla continuità di vita e di cura presso il proprio domicilio, perseguendo il principio della semplificazione e dell’integrazione delle procedure di valutazione della persona tramite punti di accesso unici, diffusi sul territorio. Purtroppo - e lo scrivo con rammarico - mancano le risorse. Nel testo di legge presentato dal Governo, infatti, è scritto in più passaggi “con le risorse esistenti” e “a spesa invariata”. Non si può certamente pensare di fare in questo modo una riforma tanto importante: non è sufficiente, servono più risorse per il Servizio sanitario nazionale, ma anche più risorse per attuare le misure previste da questa legge delega. Per una buona attuazione dei principi della delega, dunque, occorre mantenere alta la vigilanza, perché si trovino le risorse necessarie, venga dato valore al lavoro di cura e sia garantita la qualità dell’assistenza superando i divari territoriali e definendo, anche in questo caso, l’uniformità e l’universalità dei diritti.
