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Aggressività Cina: Europa consolidi l’alleanza con USA
Di fronte all’aggressività
L’autonomia strategica europea non può prescindere dal consolidamento di una forte alleanza Usa-Ue. Di fronte all’atteggiamento aggressivo della Cina, è necessario scommettere su una collaborazione strutturale tra le democrazie, con meccanismi condivisi di approvvigionamento nelle tecnologie avanzate, in batterie, materie prime e terre rare, queste ultime indispensabili alla filiera dei veicoli elettrici, il cui controllo è tra le principali sfide geopolitiche lanciate da Pechino su scala mondiale.
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A riguardo, la Commissione europea deve chiarire la propria strategia di “de-risking” affrontando con urgenza anche il nodo della presenza crescente e massiccia di investitori cinesi nella realizzazione di gigafactory negli Stati membri dell’Ue, introducendo limiti selettivi agli incentivi statali destinati a produttori non europei di batterie. E’ fondamentale investire risorse comunitarie nel nostro sistema manifatturiero e nell’innovazione europea, potenziando le filiere locali e promuovendo insieme accordi che evitino una guerra fratricida a colpi di dazi con gli Stati Uniti a seguito dell’Inflation reduction act. Rinsaldare le alleanze nel mondo libero è una priorità. Il protagonismo dell’Europa sarà tanto più forte e gravido di ricadute positive, quanto più verrà giocato nel solco di una politica estera e di difesa chiaramente ancorata ai valori democratici della tradizione occidentale, cristiana e liberale, rispettosa del diritto internazionale. Occorre prendere atto una volta per tutte, senza ambiguità o infingimenti, delle forze in campo, che vedono un pericoloso e crescente dinamismo da parte delle autocrazie. Il multipolarismo affacciato dal presidente francese Emmanuel Macron nella recente intervista rilasciata nel contesto della sua visita a Pechino è figlio di un grave errore prospettico, un passo falso che l’Ue non può e non deve seguire. Prendere infatti le distanze dagli Stati Uniti nello scenario ipotetico di un eventuale attacco cinese a Taiwan, è un esercizio di equilibrismo inutile e dannoso: non risolve le tensioni nel Mar Cinese meridionale e non rafforza la deterrenza che, per funzionare ed essere credibile, di tutto ha bisogno eccetto che di dichiarazioni esplicite di disimpegno. Anzi. Vista l’importanza dell’isola di Taiwan, baluardo asiatico delle libertà democratiche e potenza tecnologica decisiva sul piano economico per l’innovazione globale (basti pensare che Taipei produce il 92% dei semiconduttori più avanzati, sotto i dieci nanometri), l’Europa deve aumentare gli sforzi per mettere a fuoco una linea di condotta chiara, consapevole e argomentata in modo compiuto. Se messo a confronto con l’agenda politica della Casa Bianca e del Congresso americano, è difficile ignorare la preoccupante debolezza del dibattito politico europeo sull’argomento. Ben vengano dunque occasioni come il dibattito sulle relazioni Ue-Cina sollecitato dal Partito Popo - lare Europeo e tenutosi durante la seduta plenaria di metà aprile a Strasburgo, un pungolo che ha costretto le istituzioni europee a confrontarsi apertamente con la realtà. La guerra della Russia all’Ucraina ha cambiato una volta per tutte il modo di concepire la relazione strategica con Pechino. Gli europei non si illudano che dichiarando un’eventuale neutralità rispetto al possibile conflitto su Taiwan, questo possa scoraggiare Xi Jinping: come non hanno convinto Putin dal resistere alle tentazioni neo imperialistiche sull’Ucraina, così equilibrismi, incertezze e opacità nel posizionamento geopolitico dell’Europa non fermeranno l’espansionismo aggressivo della Cina. Non possiamo fare finta di nulla: semplicemente, non ci sono le condizioni perché l’autonomia strategica ed economica dell’Ue possa essere garantita prescindendo dal rafforzamento di un’alleanza strutturale con gli Stati Uniti.
