KOTLER UMANISTA

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Philip Kotler

KOTLER UMANISTA La nuova autobiografia

Prefazione di Oscar Farinetti


Estratto da:

KOTLER UMANISTA La nuova autobiografia Philip Kotler

Titolo originale dell’opera: My life as a humanist © 2021 Kotler Impact – First edition December 2021 ISBN e-book 979-87-77922-42-4 © 2023 Copyright per l’edizione italiana Cultura e Salute Editore Perugia www.edizioniculturasalute.com Traduzione di Giovanni Bauleo ISBN 978-88-85595- 40-8 ISBN e-book 978-88-85595- 16-3 Stampa: Grafox srl Perugia

Carta da fonti gestite in maniera responsabile


A Nancy, la mia migliore amica e moglie, alle mie tre figlie, ai miei nove nipoti e ai miei amici e conoscenti italiani che hanno reso i miei soggiorni in Italia così piacevoli e illuminanti, in particolare: Sabina Addamiano Fabio Ancarani Gabriele Carboni Sergio Cherubini Michele Costabile Brunello Cucinelli Giuseppe Fattori Oscar Farinetti Pietro Guido Alberto Mattiacci Alberto Mossone Marco Raspati e il compianto Walter Giorgio Scott


INDICE Prefazione di Oscar Farinetti

9

Capitolo 1 Perché questa seconda autobiografia?

11

Capitolo 2 Emergere come Philip Kotler

14

Capitolo 3 Uno stile di vita umano: l’umanesimo

46

Capitolo 4 Crescita aziendale, leadership e responsabilità

51

Capitolo 5 Verso un capitalismo migliore

66

Capitolo 6 Salvare la democrazia

79

Capitolo 7 Promuovere il bene comune

96

Capitolo 8 Il marketing come economia in azione

104

Capitolo 9 L’apprendimento continua

111

Capitolo 10 Un momento di riflessione

135

Postfazione di Alberto Mossone

140

Appendice La battaglia tra il marketing commerciale e il marketing sociale

144


Appendice La battaglia tra il marketing commerciale e il marketing sociale1 Philip Kotler, Giuseppe Fattori2

Introduzione Il marketing, come ci ricorda David Jobber (1), ha una pessima reputazione. Nel linguaggio comune è spesso usato come sinonimo di inganno e sfruttamento, e molti lo vedono come una attività che porta a consumi eccessivi e aumenta le disuguaglianze sociali. Le disuguaglianze sociali sono condizionate dai determinanti di salute: sociali e commerciali. I determinanti sociali di salute (SDoH) sono meccanismi attraverso i quali le disuguaglianze influenzano la salute delle persone (ad esempio: povertà, alloggio, istruzione). Nel 2013, Millar (2) ha introdotto il termine "determinanti commerciali di salute (CDoH)". I determinanti commerciali di salute sono attività del settore privato che influenzano la salute delle persone, direttamente o indirettamente. SDoH sono condizioni sistemiche e complesse attribuibili a una molteplicità di fattori e responsabilità politiche, mentre CDoH sono fattori più circoscritti e riconducibili a responsabilità più definite e identificabili (3). Nel 2016, in un articolo pubblicato su Lancet, Ilona Kickbush ha presentato un concetto diverso di determinante di salute: "Definiamo determinanti commerciali di salute quelle

1 Traduzione da: Philip Kotler, Giuseppe Fattori, The Battle between Commercial Marketing and Social Marketing, Sistema

Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, 67, 2, 2023: pp. 179-190. 2 Giuseppe Fattori: Marketing sociale, Università di Bologna, presidente del “Coordinamento Nazionale Marketing Sociale”.

Giuseppe Fattori è medico specialista in Igiene, Epidemiologia e Sanità Pubblica con esperienza clinica e

gestionale. Dal 2000 al 2017 è stato Direttore del


azioni e strategie utilizzate dal settore privato per promuovere prodotti e scelte dannose per la salute" (4). L'influenza delle aziende secondo Kickbush si esercita attraverso quattro canali, e al primo posto inserisce il marketing: 1. il marketing, che aumenta la desiderabilità e l'accettabilità di prodotti non salutari; 2. il lobbismo, che può ostacolare misure politiche quali l'imballaggio ecologico e l'età minima per il consumo di alcolici. 3. le strategie di responsabilità sociale dell'impresa, che possono distogliere l'attenzione e occultare una reputazione compromessa; 4. le filiere di approvvigionamento dilatate, che ampliano l'influenza dell'impresa nel mondo.

Figura 1- Ilona Kickbush: le dinamiche costituenti i determinanti commerciali di salute

Nel 2018, McKee e Stuckler (5) hanno identificato quattro modalità con le quali le imprese influenzano la salute: 1. determinando la narrazione dominante;


2. stabilendo le regole in base alle quali l’azienda opera, in particolare quelle commerciali; 3. mercificando la conoscenza; 4. minando i diritti politici, sociali ed economici. Nel marzo 2023, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha così descritto CDoH: i determinanti commerciali di salute sono attività del settore privato che influenzano la salute delle persone, direttamente o indirettamente, in modo positivo o negativo (6). Sebbene i soggetti economici possano contribuire positivamente alla salute e alla società, è sempre più evidente che i prodotti e le pratiche di alcuni operatori, in particolare le grandi imprese transnazionali, sono responsabili di aumento dei tassi di malattie evitabili, dei danni al pianeta e delle disuguaglianze sociali e di salute; questi stessi problemi sono sempre più spesso definiti da Gilmore "determinanti commerciali di salute" (7). A questo proposito, lo studio Global Burden of Disease (GBD) del 2019 (8) ritiene che quattro prodotti commerciali da soli (tabacco, alcol, alimenti iper-processati e combustibili fossili) siano responsabili di 19 milioni di decessi globali all'anno, il 34% dei 56 milioni di decessi totali, e il 41% dei 42 milioni di decessi per malattie non trasmissibili. French e Gordon sostengono che dobbiamo concentrarci maggiormente sugli obiettivi sociali e meno sul marketing, o almeno sulla visione neoliberista del marketing (9). Opporsi al neoliberismo significa sottolineare l'importanza della coesione sociale, delle istituzioni sociali democratiche e delle comunità, piuttosto che vedere tutto attraverso la lente distorta della responsabilità individuale. Le persone non sono e non devono essere ridotte a semplici consumatori (10). Il marketing sociale, che più di tutti conosce “le regole” del marketing commerciale, può fornire le soluzioni concrete a questi problemi


Figura 2 - B. Gilmore: il modello dei determinanti commerciali di salute (7).


Ad esempio, quasi 200 grandi istituzioni finanziarie (che insieme gestiscono più di 16.000 miliardi di dollari) hanno firmato l’impegno a sostenere le politiche contro il tabagismo attraverso finanziamenti, investimenti e assicurazioni (11). In Europa, si è appena concluso il concorso "Social Marketing for One Health". Il suo obiettivo è sviluppare nuove dimensioni del marketing e far emergere una nuova generazione di social marketer (12). In Italia, il marketing sociale fa parte della "salute pubblica" e rientra nella programmazione nazionale del Piano di Prevenzione (13), che prevede programmi di marketing sociale in un’ottica di "One Health", supportati dall'Health Equity Audit (14). Come scrive Tedros Adhanom Ghebreyesus (15), direttore generale dell'OMS, la salute pubblica non può progredire senza agire sui determinanti commerciali di salute. Queste considerazioni devono incoraggiare i giovani ricercatori, le comunità e la nuova leadership governativa e imprenditoriale a immaginare, co-progettare e - soprattutto - investire, in un mondo in cui la salute umana e planetaria abbia sempre la priorità sul profitto.

Il marketing commerciale Il marketing commerciale è nato con uno scopo molto chiaro: soddisfare i bisogni e i desideri del cliente ottenendo un profitto. Se i clienti volevano prezzi più bassi per gli alimenti, potevano comprarli da Walmart. Se i clienti volevano sigarette Marlboro, ogni supermercato aveva le Marlboro e molte altre marche di sigarette. I responsabili del marketing non esprimevano giudizi sulla "giustezza" o "scorrettezza" di un bisogno o di un’esigenza umana. Gli alberghi erano felici di creare splendidi casinò a Las Vegas per le persone che volevano soddisfare il desiderio di gioco d’azzardo. I produttori erano pronti a produrre film XXX per chi voleva soddisfare virtualmente i desideri sessuali. In breve, i responsabili del marketing si rivolgevano ai desideri e ai bisogni delle persone così come si presentavano. Non cercavano di cambiare i bisogni profondi, le credenze o i valori che le persone volevano soddisfare. Il marketing, in sostanza, realizzava la promessa del capitalismo: le persone hanno esigenze che desiderano soddisfare e hanno il diritto di comprare e di avere tutto ciò che desiderano e possono permettersi.


L'ascesa del marketing sociale Ad ogni modo, alcuni esperti di marketing hanno notato che certi bisogni erano potenzialmente dannosi per le persone e per la società. I fumatori di sigarette danneggiano la propria salute e si accorciano la vita fumando. Attraverso il fumo secondario, danneggiano gli altri. Chi beve troppo alcol spesso maltratta la moglie e altri membri della famiglia. Gli esperti di marketing devono interferire con questi comportamenti? Nel 1971 due studiosi di marketing hanno deciso di utilizzare il marketing per contrastare alcuni comportamenti scorretti (16). I ricercatori hanno coniato il termine "marketing sociale" per descrivere le campagne volte a ridurre comportamenti non salutari. Queste campagne sono diventate un prodotto di marketing sociale per dimostrare come il marketing possa contribuire a costruire una società migliore. Il paradosso è che il marketing sociale è in gran parte un attacco al marketing commerciale. Se una campagna antifumo funziona, i venditori di sigarette registrano una perdita commerciale. Se una campagna contro il gioco d'azzardo funziona, i casinò subiscono una perdita. Il marketing sociale è cresciuto notevolmente nel tempo. Oggi più di mille marketer sono impegnati nella progettazione di campagne di marketing sociale in contesti locali, statali, nazionali e internazionali. Pensate a tutte le campagne rivolte a farci mangiare cibi più sani (con meno sale, meno zucchero e meno grassi) e a farci fare esercizio fisico più regolare. Pensate a tutte le campagne volte a proteggere la qualità dell’aria e dell’acqua e a piantare alberi. Pensate a tutte le campagne per utilizzare con parsimonia l’acqua ed evitare di acquistare prodotti con imballaggi pesanti, plastica e rifiuti. Pensate alle campagne contro il bullismo, l'odio e gli insulti razziali (17).

Entra in scena la pandemia di Coronavirus Nel 2020, il mondo è stato colpito dal Covid e dalle sue varianti. Un numero significativo di persone è stato ricoverato in ospedale e ha avuto bisogno della respirazione artificiale. Negli Stati Uniti, nel periodo 2020-2022 i decessi sono aumentati fino a colpire quasi un milione di americani.


Gli esperti di marketing sociale si sono impegnati in tre cause: convincere le persone a indossare le mascherine, rispettare il distanziamento sociale e vaccinarsi. Gli esperti di marketing sociale hanno inoltre incoraggiato i lavoratori a lavorare a casa piuttosto che in uffici senza un buon ricambio d’aria. Hanno invitato le persone a stare lontane da bar, ristoranti, teatri e aeroporti, anche se questo significava grandi perdite commerciali per quelle imprese. Mentre gli esperti di marketing sociale si adoperavano per promuovere l'uso di mascherine, le vaccinazioni e una minore socializzazione, un nutrito numero di cittadini sosteneva che il Covid fosse una mistificazione, un'esagerazione e una limitazione della libertà. Volevano che tutti i luoghi di incontro, anche durante l'emergenza, rimanessero aperti al pubblico. Gli operatori del marketing sociale hanno fatto passi avanti e avrebbero potuto farne di più, se avessero avuto un budget più consistente. Hanno dovuto riconoscere che avevano un potere e un budget troppo limitati per persuadere no-mask e no-vax, che erano politicamente motivati, a modificare la propria opposizione.

Entra in scena la "sostenibilità" I medici che hanno combattuto il Covid hanno ottenuto risultati significativi, riuscendo a ridurre il numero di casi e di decessi. Resta, tuttavia, il problema del cambiamento climatico, che diventa sempre più centrale e urgente. Il pianeta si sta riscaldando e si stanno creando gravi problemi legati al clima. Le aziende sono state invitate ad aggiungere la “sostenibilità” come secondo obiettivo nella loro pianificazione degli utili. Le imprese devono ridurre la quantità di carbonio generata dalle loro attività. Quando si genera troppo carbonio, il pianeta si riscalda, le calotte glaciali si sciolgono, le città costiere vengono inondate e il cambiamento climatico provoca un aumento degli incendi, degli uragani, delle inondazioni e dell'inaridimento dei terreni. Nei Paesi che si trovano all'equatore il caldo diventa intollerabile e i cittadini devono fuggire in Paesi con temperature più miti. Le imprese devono puntare ad adottare pratiche che portino a produzione zero di carbonio. Devono passare da un “business lineare” di produzione-vendita-smaltimento a un “business circolare” di conservazione-riutilizzo-riciclo. Le imprese devono ridurre i rifiuti e riutilizzare i materiali per ridurre le emissioni di carbonio. Devono pagare un “carbon price” per le loro


emissioni di carbonio e acquistare “carbon offsets” (compensazioni delle emissioni di carbonio) per avvicinarsi a una produzione netta di carbonio pari a zero. Le aziende che effettuano questi investimenti in "sostenibilità" sono consapevoli che i loro costi aumenteranno nel breve periodo, ma nel lungo periodo porteranno a profitti più elevati. Le imprese sanno che i loro clienti, soprattutto i giovani millennial e gli anziani, le giudicheranno positivamente in base agli investimenti in sostenibilità. Anche molti dipendenti guarderanno con favore all'impegno dell'impresa.

L'impatto della sostenibilità sullo stile di vita dei consumatori La sostenibilità richiede il cambiamento dei comportamenti dei consumatori. Le campagne di marketing sociale solleciteranno i cittadini ad adottare nuovi comportamenti e valori. Al Gore, nel libro “Una scomoda verità: la crisi del riscaldamento globale”, elenca 30 comportamenti individuali per ridurre la produzione di carbonio (18). Eccone 10: - Cambiare una lampadina - Guidare di meno - Riciclare di più - Controllare le gomme - Usare meno acqua calda -Evitare i prodotti con molti imballaggi - Regolare il termostato - Piantare un albero - Spegnere i dispositivi elettronici Mettere in pratica queste misure richiede un nuovo stile di vita! Gli operatori commerciali hanno operato partendo dal presupposto che i nostri bisogni e le risorse della Terra sono illimitati. Ma le risorse della Terra sono limitate! La limitatezza delle risorse richiede di ridurre i nostri consumi.


Il marketing sociale deve indurre i consumatori a ridurre i consumi? Una parte crescente di popolazione mondiale si trasferisce nelle città. Nicholas Freudenberg e Sandro Galea, nell’articolo "Cities of Consumption: The Impact of Corporate Practices on the Health of Urban Populations", osservano (19): "La crescente concentrazione della popolazione mondiale nelle città e il crescente accumulo di potere politico ed economico da parte delle imprese creano nuove minacce per la salute ma anche opportunità per migliorare la salute globale ... Ci concentriamo sulla crescita dei consumi come causa principale di mortalità e morbosità e descriviamo come l'industria alimentare, del tabacco, delle automobili e altre industrie promuovano comportamenti e stili di vita non salutari negli ambienti urbani. Le città sono anche sedi di elaborazione di alternative a pratiche imprenditoriali non salutari, ed esaminiamo le strategie che vengono utilizzate per modificare le pratiche che danneggiano la salute". Gli abitanti delle città dei Paesi avanzati sono responsabili di una percentuale spropositata di consumi. Mangiano di più, vivono in case più grandi e comprano più vestiti rispetto agli abitanti dei Paesi in via di sviluppo. Molti sono in sovrappeso. Ovunque ci sono i segni di una "cultura dell'usa e getta". Le discariche sono disseminate di vecchi cellulari, elettrodomestici, materassi, frigoriferi e altre "cianfrusaglie". Perché le aziende non possono utilizzare componenti di prodotti dismessi e riciclarle, invece di riempire altre discariche? Guardate Patagonia, produttore di giacche e abbigliamento. La loro proposta di vendita è che prima di acquistarne altri, ci si assicura di aver riutilizzato, rimesso a posto o almeno regalato un capo di abbigliamento che possa essere utilizzato da qualcun altro. Il riutilizzo e il riciclo dei prodotti ridurrà il livello di produzione e quindi il livello di riscaldamento della terra dovuto alle emissioni di carbonio. L'obiettivo deve essere quello di convincere le persone che vivono nei Paesi avanzati a ridurre i consumi e a vivere in modo più semplice. Il compito consiste nel convincerli che "meno è meglio". Questa frase ha origine nella poesia di Robert Browning che recitava: "Ma fai molto meno, molto meno... Ebbene, meno è più, Lucrezia; vengo giudicato". Nel 1947, l’architetto Ludwig Mies van der Rohe usò "less is more" per descrivere la sua architettura minimalista, sottolineando l'opportunità di un minor impatto visivo nella costruzione delle case.


Il fatto è che il capitalismo orientato al profitto spinge la produzione ben oltre le necessità dell'uomo. Una potente pubblicità convince incessantemente la gente della necessità di auto, vestiti, elettrodomestici e case sempre nuove. Molti cittadini, se non possono fare più acquisti e accumulare più beni, finiscono per sentirsi stressati e infelici. Il poeta William Wordsworth lo ha sottolineato, nella poesia The World is too Much with Us "Prendendo e spendendo, sprechiamo le nostre forze". Lavoriamo troppo duramente e freneticamente per accumulare ricchezza, lasciando poco tempo per goderci la vita. Il capitalismo incontrollato sta portando alla deforestazione, alla pesca selvaggia, all'erosione del suolo, all'estinzione di massa delle specie e all'aumento di incendi, forti tempeste e inondazioni.

Qual è l’alternativa al capitalismo incontrollato? Un'alternativa è la decrescita, ossia la crescita dell’economia e della popolazione a un ritmo più lento. Jason Hickel ha illustrato questo concetto nel libro Less is More: How Degrowth Will Save the World (20). Evidenzia come la ricerca di una crescita infinita da parte del capitalismo distrugga le vite e i processi ecologici naturali. Cosa pensa la gente del capitalismo “non stop”? Uno studio di Harvard riporta che il 51% dei giovani americani (di età compresa tra 18 e 39 anni) non sono più favorevoli al capitalismo americano. Per quanto riguarda l'affermazione "Il capitalismo fa più male che bene", è d'accordo il 69% dei francesi e il 74% degli indiani. Per quanto riguarda l'idea di una "crescita economica infinita", uno studio dell'Università di Yale del 2018 ha rilevato che il 70% degli americani è d'accordo con l'affermazione "la protezione dell'ambiente è più importante della crescita". Il primo ministro neozelandese Jacinda Ardern ha fatto notizia nel 2019, quando ha promesso di abbandonare la crescita del PIL a favore del benessere. I leader di Scozia e Islanda hanno seguito l'esempio. Si noti che tutti questi leader sono donne. Ed ecco la giovane Greta Thunberg che parla alle élite mondiali: "Siamo all'inizio di un'estinzione di massa e tutto ciò di cui riuscite a parlare sono i soldi e le favole di una crescita economica senza fine. Come osate!" Una importante ricerca sui consumatori ha rilevato che il 70% delle persone nei Paesi a medio e alto reddito ritiene che i consumi eccessivi stiano mettendo a rischio il pianeta e


la società, che dovremmo comprare e possedere di meno e che farlo non comprometterebbe la nostra felicità e il nostro benessere. Molte persone desiderano un sistema migliore.

Cosa bisogna fare? Per contrastare il riscaldamento del pianeta è necessario che le popolazioni delle economie avanzate riducano i consumi. Jason Hickel, nel libro Less is More, ha proposto cinque azioni che possono contribuire a salvare il pianeta e a migliorare la vita delle persone. Queste sono: 1. Ridurre l’obsolescenza programmata. Il capitalismo americano ha bisogno di creare prodotti con una vita breve, in modo che i consumatori debbano sostituirli oppure aggiornarli regolarmente. Alcune case di moda disegnano abiti che hanno vita breve e passano rapidamente di moda. I produttori possono realizzare elettrodomestici che durano cinque volte di più, e possono garantire il loro funzionamento. In questo modo si ridurrebbe notevolmente la produzione di materiali e di carbonio senza incidere sulla vita delle persone. 2. Ridurre la pubblicità. La pubblicità è il principale strumento commerciale che spinge l’individuo a desiderare più di quanto abbia bisogno. Gli annunci utilizzano le preoccupazioni dei consumatori e fanno paragoni inopportuni, che possono essere soddisfatti da prodotti che forniscono uno status più elevato, o una maggiore accettazione sociale e prestigio. Le imprese raccolgono sempre più informazioni su ogni singolo consumatore, in modo da poter attivare il meccanismo psicologico più adatto a generare un acquisto. 3. Passare dal possesso all'utilizzo. La maggior parte dei beni che possediamo in casa rimane inattiva per la maggior parte del tempo. L'auto di famiglia, il tosaerba, gli apparecchi elettrici e altri beni sono tenuti in garage o negli armadi. È in crescita l’idea di condividere più beni non utilizzati con amici e vicini. Chi possiede un'auto può iscriversi


a Uber e chi ha una stanza da letto vuota può iscriversi ad Airbnb. Aumenta il numero delle persone interessate ad avere beni in prestito piuttosto che a possederli. Se dieci vicini di casa usano tutti lo stesso tosaerba si evita la produzione di nove tosaerba, con un notevole risparmio di materiali e di emissioni di carbonio. 4. Porre fine agli sprechi alimentari. Alcuni studi dimostrano che il 50% dei prodotti alimentari viene perso ogni anno a causa di raccolti scarsi, o durante il percorso di commercializzazione o nelle case e nei ristoranti. Le inefficienze dei trasporti e delle strutture di stoccaggio portano a molti sprechi. Se si riuscisse a eliminare gran parte degli sprechi, l’agricoltura potrebbe soddisfare il nostro fabbisogno alimentare, utilizzerebbe la metà della superficie e produrrebbe emissioni di carbonio molto minori. Invece di far finire i rifiuti alimentari nelle discariche, si deve ricorrere maggiormente al compostaggio degli alimenti scartati. 5. Ridimensionare le industrie che causano danni all’ambiente. È urgente sostituire i combustibili fossili (petrolio, gas, carbone) con fonti di energia rinnovabili. Si deve anche considerare che l'industria della carne bovina genera alti livelli di metano e richiede enormi quantità di mangimi e di spazi per la macellazione. Inoltre, i Paesi devono ridurre la produzione di armi e il settore degli aerei privati.

Torniamo alla battaglia tra marketing commerciale e marketing sociale Molto spesso un sistema consolidato viene spinto al cambiamento da un sistema alternativo. Gli eccessi del capitalismo portano a contromisure da parte dei governi per correggere questi eccessi. Nello stesso spirito, gli eccessi del marketing commerciale invitano il marketing sociale a correggerli. Gli eccessi del marketing commerciale non significano la fine del marketing. Piuttosto, questi eccessi richiedono la forza correttiva del marketing sociale. I social marketer utilizzano una serie di strumenti per contrastare le pratiche di marketing più dannose. Utilizzano il prodotto, il prezzo, il territorio e la promozione (le 4P del marketing) con l’obiettivo “de-market”, ridurre la promozione di cattive pratiche e orientare verso buone pratiche. Un autorevole esperto di marketing sociale, Gerald Hastings, ha descritto la relazione tra marketing commerciale e marketing sociale nel modo seguente (21): La conoscenza da parte


del marketing sociale di entrambi i settori, commerciale e sociale, lo pone in una posizione unica per formulare critiche realistiche al marketing e identificare soluzioni intelligenti. Il documento conclude che il marketing sociale prospererà grazie alla conoscenza abbinata degli elementi positivi e negativi che il marketing può apportare alla società. La battaglia tra marketing commerciale e marketing sociale è una battaglia costruttiva, che si auspica possa produrre risultati migliori per il benessere dell'umanità.

Domande che devono trovare ancora una risposta Confesso che ci sono ancora domande a cui rispondere, quando tentiamo di limitare i consumi al fine di preservare un pianeta sano. Ecco tre domande chiave e le mie ipotesi. 1. Con la riduzione dei consumi, l’economia sarà in grado di produrre abbastanza posti di lavoro? In qualsiasi trasformazione di un sistema economico, si perdono alcuni vecchi posti di lavoro e se ne creano di nuovi. Potremo produrre meno auto "a gas" e più auto elettriche, che avranno una durata maggiore e richiederanno nuove competenze e nuovi lavoratori. Anche la settimana lavorativa dovrà essere ridotta, in modo che le persone possano godere di più tempo libero. 2. Le persone considereranno la riduzione dei consumi come un sacrificio o come un vantaggio per uno stile di vita migliore? Si solleva la questione se la natura umana possa essere cambiata. La risposta è sì: le persone sono inevitabilmente orientate verso nuovi stili di vita, in funzione del cambiamento della loro condizione economica. Sempre più persone sono passate da stili di vita rurali a stili di vita urbani e di conseguenza sono cambiate. Le persone sono in grado di trovare nuovi motivi di piacere. I marketer sono sempre pronti a dare forma a nuovi piaceri. 3. Il capitalismo deve essere sostituito da un altro sistema? La mia risposta è no: il capitalismo deve essere cambiato. Guardate in giro per il mondo e troverete tutti i tipi di capitalismo. Se partiamo dal presupposto che la prova di un buon capitalismo sta nel numero di persone sane, istruite e felici che può produrre, allora la risposta è che i Paesi devono passare al capitalismo nordico. Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia e Islanda hanno tutte popolazioni di individui sani, altamente istruiti e felici. I cittadini pagano tasse


più alte e ricevono in cambio servizi sanitari gratuiti, istruzione universitaria gratuita, vacanze di cinque settimane, congedi retribuiti per maternità e paternità, e generosi sussidi per l'infanzia. I cittadini nordici non si devono preoccupare delle spese per la salute e per l’università, della mancanza di abitazioni disponibili e di altri killer del piacere (22).

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