Free 24 n.36 - ottobre 2012

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mag a z i n e F R EE - P R E S S | anno 1 | ottobre 2012

TEATRO VERDI UN NUOVO INIZIO NEWS & CITY LIFE edizione di Brindisi

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editoriale

Direttore Alessandra Caputo Commerciale Alessandro Perchinenna Edizione Free Salento srl Grafica e impaginazione Letizia Taveri - Alessandro Perchinenna Pubblicità e Stampa Pubblidea di Perchinenna Alessandro Stampa Sud SpA Redazione Francesco Marchionna_Simone Aretano Michele Lamacchia_Antonio Mingolla Danny Vitale_ Giuseppe Rollo Francesca Totleben_Salvatore Vetrugno Francesco Buongiorno Crediti fotografici Domenico Summa_Alessandro Muccio Francesca Zurlo_Lucia Boldini Galetto_Chicco Saponaro

© Domenico Summa

“Nel teatro si vive sul serio quello che gli altri recitano male nella vita”.

SOMMARIO

Eduardo De Filippo

NEWS

ATTUALITà - POLITICA INCONTRI - SPORT

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Copertina Copertina di Letizia Taveri da una foto di Olivier Houeix Per la pubblicità 348 9969774 - 3486035144 info@pubblidea.eu

focus

TRA PALCO E REALTà

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www.free24.it ANNO 1 - numero 36 OTTOBRE 2012 in abbinamento gratuito con il quotidiano Senzacolonne

archeologia

CASTELLO E FORTE

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Registrazione Tribunale di Brindisi n. 8/11 Reg. Stampa del 04/11/2011

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Enogastronomia

LA LOCANDA TI LI SPILUSI 3

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Un secondo debutto. La stagione teatrale 2012-13, la sesta del Nuovo Teatro Verdi, segna un nuovo punto di partenza per “il più grande contenitore culturale della città”. Cambi ai vertici e inversione di rotta nella programmazione: si respira aria nuova. A sostituire Domenico Mennitti come primo cittadino e presidente della Fondazione, Cosimo Consales, al posto di Italo Nunziata, in qualità di responsabile della programmazione, Carmelo Grassi. Il cartellone? Scelte artistiche orientate sulla varietà di poetiche e di contenuti con un’attenzione particolare rivolta al pubblico giovane. Tradizione sì, ma contenuta, e largo spazio al teatro contemporaneo. Un ciclo finisce, dunque, e uno nuovo ciclo ha inizio. E se il passato non si rinnega, dal passato si prendon le distanze ad iniziare dal concorso di idee per la progettazione dell’immagine coordinata della stagione teatrale, indetto dalla Fondazione. Una nuova immagine per un tetro che si rinnova. Quel che non cambia è la mission della Fondazione “diffondere l’arte del teatro ad una ampia fascia di popolazione di Brindisi e della provincia”, e l’impegno per raggiungere l’obiettivo. 70mila euro in meno di investimenti rispetto alla passata stagione non hanno impedito l’allestimento di un cartellone in grado di soddisfare gusti diversi. Che dire …. Che lo spettacolo abbia inizio! alessandra.caputo@freebrindisi.it


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news dal mondo

STATI UNITI

Oltre il muro del suono in caduta libera

Un missile umano a squarciare i cieli del New Mexico. Puntati addosso gli occhi del mondo. Il paracadutista Felix Baumgartner entra direttamente nella storia. Un volo record da 39mila metri, 8 minuti di caduta libera a 1.137 km/h: il temerario austriaco è il primo uomo a superare la barriera del suono senza l’ausilio di un velivolo. Il tentativo arriva al termine di un percorso di cinque anni. Solo due salti preparatori e poi l’impresa di una vita. Un respiro profondo e il lancio nel vuoto. Durante il “volo” non sono mancati momenti critici come quando Baumgartner ha brevemente perso l’assetto roteando pericolosamente su se stesso o come quando ha comunicato al team di controllo che la visiera del suo casco sperimentale si andava appannando e la sua speciale tuta pressurizzata da astronauta sembrava non riscaldarsi a sufficienza (mentre la temperatura era di meno 68 gradi). Tensione a mille e attimi di terrore, ma la sfida è stata vinta. Il paracadutista ha toccato terra poco prima delle 20:20 ora italiana. In ginocchio, con i pugni verso il cielo: “Cel'ho fatta!”. Per Baugartner non è la prima avventura pericolosa. Al suo attivo vanta lanci col paracadute dalle Petronas Tower di Kuala Lumpur, dalla statua del Gesù a Rio de Janeiro e dalla Taipei 101 Tower a Taiwan. Ma con questo ultimo lancio, ha promesso, concluderà la sua carriera.

cibo non venga più ingerito, ma, appunto, inalato. Chi l’ha provato giura che inalare anziché mangiare sazia, soddisfa e mantiene in forma come non mai. E, come se non bastasse, elimina gran parte delle calorie. Questo Le Whaf assomiglia sostanzialmente a un incrocio fra un bong e una boccia per pesci rossi. Ma come funziona? È una sorta di alchimia culinaria: il cibo, se così possiamo definirlo, viene fatto consumare e filtrato nelle ampolle di vetro con un liquido speciale. Quando il Le Whaf si accende, si attivano degli ultrasuoni che producono vibrazioni tali da dar vita a una nuvola. Immaginate di annusare del vino e gustarlo contemporaneamente. Il Le Whaf non è che l’evoluzione di una precedente invenzione del professor Edwards, il Le Whif. Un areosol che spruzza in bocca particelle di cioccolato fondente. Intanto, il dottore che ha inventato questa nuova tendenza food offre anche dei corsi che negli Stati Uniti stanno andando forte e che sono già andati a sostituire la moda della cucina molecolare, così in voga fino a poco tempo fa. Un’intera linea di prodotti inalabili è stata lanciata, dal cioccolato che conserva tutto il suo sapore senza calorie, alle vitamine da inalare. Quale sarà il prossimo passo del mondo della cucina?

STATI UNITI

La telecamera che ti riconosce e ti cerca su Facebook STATI UNITI

Le Whaf. Quando il cibo si... respira

Dopo il finger food e quello molecolare, oggi pensare di ingerire il cibo è cosa antica... Questo almeno è quanto sostiene Le Whaf, che si presenta come il futuro della gastronomia. Parliamo infatti di assaporare il cibo... con il naso. Questa tendenza, proveniente da uno studio di laboratorio del dottor David Edwards dell’Università di Harvard, prevede che il

Diritto alla privacy. Ormai invocato e infranto allo stesso tempo. Una cosa che appartiene sempre di più al passato e che oggi subisce un altro duro colpo da un’azienda americana rea di aver ideato un sistema di riconoscimento facciale in grado di identificare le persone inquadrate da una telecamera e riconoscerle tramite il loro profilo personale su Facebook. Questa ‘irritante’ idea nasce per consentire agli utenti di usufruire dei buoni sconto che molti negozi offrono ai loro fan su Facebook, ma che molte persone si dimenticherebbero di sfruttare. Con

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il riconoscimento automatico viene effettuato il “check-in automatico” che permette di usufruire degli sconti. Al momento, solo gli utenti che autorizzano l’applicazione di riconoscimento automatico a usare i dati del loro profilo Facebook possono essere riconosciuti, ma è sicuramente una dimostrazione della possibilità di elaborare e tracciare ogni informazione messa online.

GIAPPONE

Fine della carie. Dal Giappone una pellicola protettiva

Un gruppo di scienziati giapponesi ha sviluppato una pellicola microscopica che potrebbe essere utilizzata per rivestire ogni singolo dente, impedendo così che venga esposto ad agenti che potrebbero causarne la carie. Il gruppo di ricercatori, guidato dal professor Shigeki Hontsu, sono riusciti a realizzare una pellicola di apatite dello spessore di 0,004mm, un risultato che molti tra i loro colleghi giudicavano inarrivabile. L’apatite (più precisamente l’idrossiapatite) è un minerale che compone i denti e le ossa, ed è spesso usato in medicina per creare protesi: spesso il suo uso è quello di rivestire protesi in altri materiali, allo scopo di impedire fenomeni assimilabili al rigetto. Nessuno però finora è stato in grado di realizzare una pellicola tanto sottile. I ricercatori spiegano che i benefici dell’applicazione delle pellicole sui denti sarebbero enormi. Non solo sarebbero protetti dalla carie, ma i denti sarebbero protetti anche contro la sensibilità eccessiva e apparirebbero decisamente più bianchi.


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news dal mondo

SVEZIA

Produrre energia in ufficio senza fatica?

Oggi si può. Interessante è la possibilità di produrre energia sfruttando il movimento. Questo il principio che sta alla base del progetto elaborato da Eddi Törnberg, uno studente svedese di design. Il ragazzo ha messo a punto Unplugged, un set da ufficio in grado di catturare l’energia cinetica che produciamo ogni giorno svolgendo i nostri compiti quotidiani, per trasformarla in elettricità, che serve poi a ricaricare i gadget tecnologici. In questo modo finiamo con risparmiare energia, sfruttando una fonte alternativa, che a buon diritto si può definire rinnovabile. La maggior parte dell’energia prodotta secondo il progetto di Törnberg viene realizzata anche stando seduti e si inserisce perfettamente nell’ambito di una cultura come la nostra, che ci obbliga a stare seduti per la maggior parte del giorno. L’energia elettrica è ricavata attraverso il calore corporeo della persona che sta seduta. Ma ci sono vari elementi che contribuiscono a creare energia elettrica in questo modo, come per esempio gli acidi naturali e gli zuccheri delle piante o il calore degli oggetti elettronici che stanno appoggiati sulla scrivania. In questo modo ricaveremo sicuramente energia ecosostenibile che possiamo utilizzare per tutte le nostre esigenze.

STATI UNITI

Celle solari che non oscurano i vetri

Spesso le soluzioni ecologiche, come i pannelli fotovoltaici, sono brutte da vedere nell’architettura degli edifici. Non sarà più cosi con le nuove celle solari trasparenti da integrare a finestre o vetrate, realizzate dai ricercatori dell’UCLA, l’Università della California di Los Angeles. Un’invenzione smart, visto che i pannelli quasi trasparenti sono capaci di assorbire la luce del sole e generare energia elettrica senza oscurare i vetri. Sebbene attualmente le celle solari siano capaci di produrre solo il 4% dell’energia assorbita, gli scopritori sono certi di raggiungere soluzioni vantaggiose. Il funzionamento della nuova cella solare è garantito dal materiale di cui è composta, ovvero una cella fotovoltaica polimerica (PSC-Polymer Solar Cell). L’energia elettrica viene prodotta attraverso l’assorbimento delle radiazioni infrarosse e non la luce visibile. Questo fenomeno rende le celle solari PSC quasi trasparenti, al 70 %, come lo sono anche i conduttori, costituiti da un mix di nano-fili di argento e biossido di titanio che sostituiscono i tradizionali elettrodi metallici e opachi.

STATI UNITI

Il Renoir venduto al mercato delle pulci

Sette dollari per una tela che ne varrebbe 100mila. Aveva fatto un certo rumore in America la notizia di un quadro originale di Pierre-Auguste Renoir, uno dei più noti impressionisti francesi, che sarebbe stato comprato per 7 dollari insieme ad una scatola di cianfrusaglie in un mercato delle pulci in West Virginia. La casa d’aste Potomack era pronta a venderlo per una base d’asta da 100mila dollari, ma è stato tutto annullato in attesa delle indagini della polizia. Ma di chi è il Renoir? Quando alla donna dissero che era autentico, lei aveva avuto bisogno “di sedersi”, anche perché aveva chiaramente pensato ad un falso. Salta fuori però che la donna potrebbe non essere considerata legalmente proprietaria del dipinto perché lo stesso sarebbe stato precedentemente rubato da un museo di Baltimora, che ora è in grandissimo im-

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barazzo. Il quadro faceva parte della collezione Saidie May, collezionista d’arte di Baltimora, che lo prestò al museo nel 1937, dieci anni dopo l’acquisto da parte del marito in una galleria di Parigi (1926). I registri del museo dimostrerebbero che il quadro è stato poi rubato negli anni Cinquanta e il museo non sa spiegarsi come sia possibile che “non appaia negli elenchi internazionali dell’arte rubata”. L’asta è stata annullata mentre l’FBI sta indagando: la questione ora è capire di chi sia questo dipinto. Oltre che di Renoir.

STRISCIA DI GAZA

Gaza riparte dall’energia pulita

A causa dell’assedio israeliano alla Striscia di Gaza, che si protrae ormai da anni, gli abitanti sono costretti a ricorrere al proprio ingegno per sopravvivere. Munzar Al-Qasas, un tassista di Gaza, ha fatto della necessità una virtù costruendo un’automobile che si muove senza bisogno di benzina partendo dal riutilizzo di materiali locali - metallo, copertoni, cavi elettrici ed una piccola batteria. Il veicolo,

costruito in legno e ferro, è una via di mezzo tra una golf cart ed un tuk tuk,

può trasportare fino ad un massimo di 150 chili di carico e non supera i 20 chilometri all’ora. Costo dell’impresa 800 dollari e 70 ore di duro lavoro. L’automobile elettrica, precisa Munzar, è la prima fase di un progetto più ampio che prevede in futuro la costruzione di un vero e proprio veicolo ad energia solare, con delle vere portiere ed un tetto fisso. Magari, si augura l’intraprendente tassista, potrebbe essere utilizzato come autoambulanza.


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news italia

Ancora troppi errori a tavola. I risultati dell’Indagine Nazionale

Se, da buoni italiani, pensate che la vostra dieta sia la migliore del mondo vi sbagliate. Sono infatti stati pubblicati proprio di recente i risultati definitivi dell’Indagine Nazionale sui Consumi Alimentari in Italia, effettuata su oltre 3.000 persone fra il 2005 e il 2006. Quello che salta fuori è che gli italiani fanno ancora troppi errori a tavola. Tra i risultati emerge che, nonostante le raccomandazioni a non farlo, tuttora trascuriamo la colazione: c’è chi beve solo un caffè, chi magari aggiunge due biscotti, così in media il primo pasto della giornata è meno abbondante del dovuto. Il pranzo resta il pasto più amato, visto che introduciamo a mezzogiorno circa il 43% delle calorie giornaliere; poi però, complice la colazione scarsa, a cena esageriamo e arriviamo al 38% delle calorie. Non va meglio con le scelte alimentari: per il consumo di frutta e verdura siamo appena sopra al minimo sindacale indicato dalla FAO. Il frutto preferito degli italiani è la mela, mentre le verdure che scegliamo più spesso, escludendo il pomodoro in tutte le sue forme (come le conserve) sono lattuga e carote. Ci confermiamo amanti di pasta, pane e pizza che la fanno da padroni sulle nostre tavole: oltre il 90% del campione li ha portati in tavola almeno una volta nei tre giorni dell’indagine e in media mangiamo quasi un etto di pane al giorno a cui si aggiungono 50 grammi di pasta. Fra i formaggi stravince la mozzarella, il merluzzo è il pesce preferito dalla maggioranza. Tuttavia pesce e uova, alimenti salutari e buoni, vengono consumati una volta alla settimana soltanto dal 70% degli italiani. Che oltretutto snobbano i legumi. È davvero troppa la carne, fresca e conservata. Basterebbe sostituire tre porzioni di carne con fagioli, lenticchie o ceci per migliorare l’alimentazione e anche dimagrire: abbiamo infatti il poco invidiabile primato della popolazione più sovrappeso d’Europa. Questo probabilmente anche grazie all’amore per le bevande zuccherate: il 10-15% degli italiani consuma quotidianamente bevande a base di cola o succhi di frutta, un vero concentrato di calorie.

Ultimi in Europa per qualità dell’aria

L’Agenzia Europea per l’Ambiente, organismo dell’Unione Europea, ha presentato uno specifico rapporto sull’argomento, mettendo in evidenza che la qualità dell’aria in Italia risulta essere tra le peggiori in tutta Europa. In particolare si sono prese in considerazione le concentrazioni delle polveri PM 10 e PM 2,5, che sono le più pericolose per la salute e si concentrano soprattutto nell’aria in prossimità delle città. La causa del problema sarebbe da individuare in primo luogo nella cementificazio-

ne selvaggia, che negli ultimi dieci anni è riuscita a strappare 1,9 milioni di ettari destinati all’agricoltura. Gli esperti hanno fatto notare che un ettaro di terreno agricolo è capace di assorbire ogni anno due tonnellate di anidride carbolinica e di produrre annualmente una tonnellata di ossigeno. Venendo a mancare questa risorsa indispensabile costituita dal terreno, si hanno delle conseguenze negative anche sulla qualità dell’aria. Ecco perché sulla questione è intervenuto anche il Ministro dell’Ambiente, che ha fatto presente: “L’Italia ha bisogno di una politica per la mobilità sostenibile che non abbiamo ancora. Ci sono dei luoghi dove registriamo un positivo miglioramento dei livelli della qualità dell’aria e altri casi in cui rimangono dei problemi legati prevalentemente al traffico”. Il Ministro ha aggiunto: “Ci sono valori al di sopra degli obiettivi di qualità dell’aria che come strategia di base richiedono una gestione diversa della mobilità, riducendo il traffico privato, potenziando i servizi pubblici e promuovendo le forme di mobilità alternativa, come l’uso di biciclette o l’auto elettrica”.

Arrivano le agenzie funebri per animali

Adesso c’è anche la prima agenzia funebre per animali in Italia. Si chiama Funeral Planner, ha la sua sede principale a Perugia (forse non a caso città del santo che più di tutti amava gli animali). L’azienda si occupa di organizzare dei funerali per gli animali. Fa parte di una rete che comprende tutte le più importanti città italiane e opera attraverso degli accordi effettuati con le agenzie di pompe funebri tradizionali. Le offerte proposte si adeguano alle varie possibilità economiche dei padroni degli animali. Sono previsti anche degli sconti e, per chi proprio non può permetterselo, il tutto viene organizzato gratuitamente. Questo tipo di agenzie è molto diffuso negli Stati Uniti e offre una vasta gamma di servizi. In Italia da questo punto di vista siamo ancora piuttosto indietro, perché questo tipo di strutture non sono abbastanza presenti o sufficientemente conosciute e tra l’altro la legge italiana non si è ancora espressa in maniera organica per predisporre appositi spazi destinati a diventare veri e propri cimiteri per gli animali. Nel nostro ordinamento giuridico gli animali continuano a essere considerati come degli oggetti, per cui le pubbliche amministrazioni non hanno l’obbligo di provvedere a spazi cimiteriali per essi o addirittura a un servizio funebre apposito. Funeral Planner ha pensato a dare una risposta al problema. Infatti, basta contattare l’agenzia su Facebook, per ottenere immediatamente un preventivo gratuito entro un’ora dalla richiesta. Un’idea sicuramente utile, che ci spinge a riflettere su ciò che gli animali rappresentano per noi. Non si tratta solo d’altronde di una questione

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etica, ma di una questione di affetto nei confronti dei nostri fedeli amici.

Pedoni sempre più a rischio

Fino a qualche tempo fa si credeva che spostarsi a piedi fosse il modo più sano e meno pericoloso per muoversi, ma stando a quanto rivelato da una recente ricerca effettuato dall’Osservatorio Linear dei Servizi, non sarebbe più cosi, almeno in Italia. Quali i pericoli? Gli scooter che circolano nei marciapiedi, le auto che non si fermano in prossimità degli incroci o quando ci sono le strisce pedonali oppure quelle auto che, parcheggiate sul marciapiede, obbligano i pedoni a camminare sulla strada. In Italia il numero dei pedoni è in continuo aumento, forse a causa dell’aumento dei costi della benzina o per il rispetto dell’ambiente. Sebbene il numero di incidenti stradali sia in diminuzione non si può dire lo stesso del numero di decessi di pedoni sulle nostre strade. I casi di decessi di pedoni in strada è in aumento del 3%, diventando il peggiore in tutta l’Europa. Secondo gli automobilisti invece sono i pedoni a dover imparare molto. Secondo il 59% di chi guida, i pedoni attraversano la strada anche quando il semaforo è rosso, in assenza di strisce pedonali o in prossimità di curve e, infine, con gli occhi sul cellulare.

Come va da noi il mercato dei libri?

A oltre un anno dalla legge Levi che, in sostanza, vietava sconti superiori al 15% sui libri, l’Associazione degli Editori ha organizzato presso la Camera dei Deputati un incontro per fare il punto sull’efficacia delle nuove norme. Dalla ricerca è emerso che il mercato dei libri continua a essere in crisi: una sua crisi assai ampia e strutturale, di cui è difficile trovare le relazioni (positive o negative) con l’approvazione delle legge. I primi nove mesi del 2012 sono andati peggio rispetto al medesimo periodo del 2011, anno in cui si era già registrata una forte crisi per l’editoria: un calo dell’8,7%. Il confronto rimane negativo anche nel caso in cui si analizzano le copie vendute: -7,3 %. L’AIE ha anche messo insieme i dati riferiti al volume di mercato del settore librario dal 2000 ai primi nove mesi del 2012. Dopo un 2010 con buoni risultati, nell’anno seguente si è registrata una riduzione del 3,5%. Per il 2012 non sono naturalmente disponibili ancora tutti i dati, ma è prevedibile che alla fine dell’anno sarà registrata un’altra sensibile riduzione. È interessante notare come in seguito all’introduzione della legge Levi la contrazione sia continuata e divenuta più evidente. Come è stato spiegato durante l’incontro organizzato alla Camera, è comunque difficile stabilire quale ruolo abbia avuto la nuova legge nell’andamento delle vendite: ci sono molte variabili in gioco e il mercato era già sotto stress a causa della crisi economica e della riduzione dei consumi.


Francesco Marchionna

BENESSERE

CYBERCITTADINO

Simone Aretano

Dermatiti in aumento nei bambini. La causa? Il trucco

Fare la spesa nei negozi virtuali. Risparmio e comodità

Negli Stati Uniti è boom di dermatiti tra le bambine e nelle preadolescenti a causa dei trucchi che utilizzano per il make up. Un vero e proprio fenomeno, sia a livello medico che sociale. Oltreoceano, complici alcuni programmi televisivi che mettono la bellezza delle bambine al centro dell’attenzione, è in aumento il numero delle bambine che dai 7 anni in su fanno ampio uso di cosmetici. La situazione, secondo i pediatri della Fimp, la Federazione Italiana Medici Pediatri, è da monitorare anche in Italia. Pur volendo non pensare al fenomeno dal punto di vista etico e sociale, è necessario sottolineare come i pediatri stiano segnalando la questione a causa delle conseguenze che l’utilizzo di make up sta apportando alle bambine. Gli specialisti hanno registrato un incremento esponenziale delle dermatiti da contatto ed allergiche nei minori di età compresa tra gli 8 e i 12 anni in una misura pari al 16,7%. Un dato incredibile e soprattutto impensabile fino a qualche tempo fa.

In Sud Corea i pendolari che tornano a casa dal lavoro e che dovrebbero fare la spesa nei tradizionali supermercati, possono risparmiare tempo fermandosi presso i negozi virtuali dislocati lungo le fermate degli autobus e le stazioni della metropolitana. In questi particolari supermarket possono acquistare carne, frutta, snack, detersivi e molto altro semplicemente attraverso il loro smartphone. Ad avere l’idea Tesco, il gruppo di distribuzione britannico attivo a livello internazionale, che nel 2002 aveva già lanciato la sua piattaforma e-commerce e che nove anni dopo ha deciso di attingere al grande potenziale di utenti di telefonia mobile coreani. In Corea del Sud, su 50 milioni di abitanti più del 60% usa gli smartphone. I negozi virtuali non sono altro che dei display in cui sono visibili dei prodotti posizionati su degli scaffali, esattamente come al supermercato, ma invece di essere reali sono delle immagini bidimensionali degli stessi. Gli utenti con i loro smartphone, possono leggere i codici QR stampati su ciascun prodotto e inserirlo nel carrello virtuale. Quando l’acquisto online viene elaborato, la merce viene imballata e consegnata a casa all’ora scelta dal consumatore. Le spese di spedizione variano tra gli 80 centesimi e i 3,20 euro in moneta locale a seconda dell’orario di consegna che viene affidata al negozio più vicino all’indirizzo del cliente. Ciascun negozio effettua consegne ogni due ore per un totale di dieci volte al giorno. Tuttavia, non è sempre necessario fermarsi ad acquistare presso le fermate dei mezzi pubblici. Se ad esempio si desidera ordinare un’altra bottiglia di acqua, è sufficiente eseguire la scansione del codice riportato su di essa perché venga consegnata al più presto a casa o in ufficio. Tesco ha lanciato l’applicazione mobile ad Aprile del 2011 arrivando in pochi mesi a 1,4 milioni di download, con 55.000 visite al giorno da parte dei clienti. “Tesco Home Plus” è divenuta la app mobile n. 1 dello shopping in Sud Corea e le vendite attraverso shopping mobile costituiscono il 9,4% del totale delle vendite e-commerce. Sia la registrazione che l’accesso all’app risultano molto semplici. Ai clienti viene assegnato un id personale o un numero di Tessera club con cui possono anche verificare i propri dati personali e i punti Clubcard. Offerte speciali, buoni sconto digitali integrati, una facile ricerca online ed una semplice “foto” al codice QR del prodotto per acquistarlo, le chiavi del successo di questa attività. Il primo negozio virtuale Home Plus è stato aperto alla stazione Seolleung ad agosto del 2011. Il punto di forza di tutta la strategia è il display, progettato per apparire esattamente come un negozio reale, dallo scaffale alla merce.

Le protesi al seno rendono più difficili le diagnosi per il cancro Le protesi al seno rendono arduo diagnosticare un tumore. Infatti, le protesi possono impedire la visualizzazione della massa tumorale tramite gli esami di routine. Di conseguenza il cancro viene diagnosticato spesso quando è ormai già sviluppato o già in metastasi. A lanciare l’allarme è stato un gruppo di ricercatori canadesi, secondo quanto si legge sul quotidiano britannico ‘The Sun’. Secondo gli scienziati, le donne con protesi al seno hanno un rischio tre volte maggiore di ricevere una diagnosi di cancro in stadio avanzato. Le probabilità di morire per il tumore sarebbero quindi del 30%. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno analizzato i dati di 40mila donne con protesi, 409 delle quali hanno il cancro. “Le protesi sono radiopache e possono ostacolare la visualizzazione del tessuto durante una mammografia” sostiene lo studio. Alla luce di questi dati gli esperti del Regno Unito chiedono che vangano effettuate più ricerche. Nel frattempo hanno esortato le donne a riferire ai medici se hanno delle protesi, prima di essere sottoposte a screening.

Fonte: bangkokpost.com

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Š Domenico Summa


Francesco Marchionna

Tra palco e realtà Un nuovo corso che apre al futuro, senza rinnegare il passato Il palcoscenico si veste spesso di un abito di superstizione. In molti, anche fra i non addetti ai lavori, questo lo sanno. In Italia, ad esempio, è bandito il viola ed è proibito fischiare nei camerini, tanto per dirne qualcuna. Ed è proprio da questa prospettiva che vogliamo ripartire parlando della sesta stagione artistica del Nuovo Teatro Verdi. In numerologia, il ‘6’ ha diverse accezioni. Il sei evoca la prova iniziatica, la scelta fondamentale che implica l’impegno attivo dell’iniziato, senza disperdersi in illusioni. ‘Sei’ è il numero che nell’antichità veniva consacrato a Venere, considerato simbolo di armonia, bellezza e perfezione artistica. Ma è anche il numero dell’arrivismo, della supremazia e dell’imposizione coercitiva, delle lotte per il successo e la carriera. Ci sarebbero dunque tutti gli ingredienti per una stagione di successo. La sesta stagione artistica del Nuovo Teatro Verdi, dal 18 ottobre fino ad aprile 2013, intende presentarsi diversamente dal passato, senza rinnegarlo minimamente. Per la città di Brindisi, il teatro vuole ancora rappresentare un luogo di crescita e formazione dove, con le parole di Brecht, “ricreare la gente”. In che modo? Grazie a una molteplicità di percorsi e una varietà

di proposte, che spaziano dal teatro classico a quello musicale, dalla narrazione contemporanea al cinema, fino a giungere alla danza internazionale, sempre attenti a porre l’accento sul valore artistico, avendo come obiettivo quello di garantire qualità di programmazione e contemporaneità dei linguaggi. Un approccio più dinamico e giovane verso la cultura, che si propone di aprire al pubblico nuovo, più giovane, pur mantenendo il consenso del pubblico fidelizzato. E quando si parla di teatro e di cultura in città, è facile imbattersi nelle critiche di quanti preferirebbero ben altri investimenti. A tal proposito, c’è un’altra novità: mentre in tante altre città d’Italia, a causa del difficile e delicato periodo di ristrettezze, i teatri chiudono e vengono annullate le stagioni, a Brindisi si compie uno sforzo per garantire un programma di grande qualità grazie ai fondi dell’Amministrazione comunale e di quella provinciale, cercando il supporto di aziende che operano sul territorio. A questo aggiungiamoci l’annullamento di tutte le tessere e gli ingressi di favore e la presenza di Carmelo Grassi, nuovo responsabile della programmazione. A voler essere superstiziosi, il Nuovo Teatro Verdi sembra ri-partire sotto i migliori auspici.

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Alessandra Caputo

UN TEATRO PER TUTTI Intervista a Cosimo Consales, Presidente Fondazione Nuovo Teatro Verdi

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osa deve aspettarsi il pubblico brindisino dalla stagione 2012-13? Una stagione teatrale decisamente superiore a quello che pensavamo di poter realizzare quest’anno. Siamo partiti in ritardo, anche a causa delle elezioni, della nomina del nuovo Presidente della Fondazione. Abbiamo riunito il Consiglio di Amministrazione, deciso prioritariamente di sostituire il direttore artistico nominando il dott. Carmelo Grassi, il quale in tempi record ha allestito un cartellone che a me pare assolutamente competitivo. Un programma che non accontenta, come probabilmente è avvenuto in passato, solo un settore o determinati gusti. Diciamo che è un programma più “popolare” da questo punto di vista, pur conservando degli aspetti positivi. Quella che si inaugurerà il 18 Ottobre è la sesta stagione teatrale. Il Nuovo Teatro Verdi è una realtà ormai avviata. Partendo dal presupposto che si può sempre migliorare, c’è qualche gap da colmare? Sicuramente. Dobbiamo inserire altro nel programma, ad esempio la lirica, dobbiamo tentare di lanciare ancor di più le iniziative legate alla presenza di giovani artisti, di talenti locali, potremmo anche tentare di implementare la stagione con spettacoli proposti in più piazze della nostra regione così da ottimizzare i costi. Da questo punto di vista reputo si possa fare meglio, ma, come ho già detto, visti i presupposti è già un piccolo miracolo se siamo riusciti a promuovere una stagione teatrale di indubbio livello.

C’è chi sostiene che, se si vuole realmente produrre cultura, occorre farlo seguendo delle regole gestionali di stampo imprenditoriale. Tuttavia, l’applicazione delle tecniche gestionali e di marketing all’interno del sistema culturale, crea molteplici paure per quanto riguarda la perdita dei valori della cultura stessa. Il suo parere a riguardo? Ritengo che l’applicazione delle tecniche gestionali e di marketing all’interno del sistema culturale sia fondamentale. Ovviamente non deve essere un marketing spinto, ma adattato alla cultura e soprattutto alle necessità che impone la gestione di un teatro. Non penso che possa condizionare o far perdere valori alla cultura. La cultura ha bisogno di gambe per poter essere tale e poter essere fruibile da parte di tutti i cittadini e le gambe arrivano anche attraverso il sostentamento di carattere economico, che nasce esclusivamente grazie ad un’azione di marketing delle iniziative teatrali che vengono proposte.

Negli ultimi anni la crisi del sistema teatrale italiano ha posto maggiormente in luce la profonda carenza di ricerche sul pubblico e, conseguentemente, la scarsa capacità di coinvolgere nuove e più esigenti fasce di spettatori. Quali le strategie adottate dal Verdi per attrarre un pubblico eterogeneo? Intanto abbiamo affidato la direzione artistica a un profondo conoscitore dei gusti dei cittadini a livello locale e regionale. Carmelo Grassi, anche attraverso il Teatro Pubblico Pugliese, di cui è presidente, ha realizzato una serie di studi anche in riferimento alle necessità degli spettatori e alla possibilità di coinvolgere nuove fasce di pubblico. Da questo punto di vista riteniamo che si possa iniziare a mettere in campo una serie di iniziative già dai prossimi mesi, ma con l’allestimento del programma della stagione 2012-13 qualche passo in avanti verso un maggiore coinvolgimento di gente è stato senza dubbio compiuto.

Nella precedente Amministrazione il Teatro ha svolto un ruolo decisivo per il rilancio della città di Brindisi. Quale ruolo avrà il Verdi nell’Amministrazione Consales? Per il futuro della nostra città il Verdi assume un’importanza centrale. Il nostro obiettivo, da raggiungere mi auguro in un paio d’anni, è di trasformate il Verdi in una grande piazza in cui la città può vivere, discutere, fare cultura, in cui ospitare grandi eventi, un turismo congressuale. Il nostro obiettivo è di non limitare il teatro comunale alla sola stagione teatrale, ma trasformarlo in un grande contenitore al servizio della città e soprattutto al servizio dei quartieri e dei cittadini che potranno disporne liberamente. Quel che vogliamo è svestire il Verdi di un immagine elitaria che negli anni si è imposta e che obiettivamente non risponde ai nostri disegni e alle nostre aspettative in campo culturale.

Un problema con cui ci si deve, giocoforza, confrontare sono i tagli alle risorse destinati alla Cultura. Cosa si può fare perché altri soggetti economici (dalle imprese alle fondazioni) siano indotti a guardare al teatro come ad un’opportunità? Intanto sia il Comune che la Provincia di Brindisi hanno confermato lo stanziamento dello scorso anno, facendo un sacrificio immane rispetto a quelle che sono le obiettive capacità economiche dei due enti. Certo si può fare di più coinvolgendo altri soggetti economici, ed è per questo che ci siamo rivolti al sistema delle grandi aziende presenti sul territorio. In passato abbiamo avuto risposte confortanti da questo punto di vista, riteniamo di poterne avere anche quest’anno, sia da parte di realtà locali che di grandi aziende che hanno una localizzazione nel nostro territorio.

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OTTIMI SPETTACOLI E COSTI CONTENUTI Intervista a Carmelo Grassi, responsabile della programmazione teatrale

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uali sono le linee guida della sesta stagione del Nuovo Teatro Verdi? Sicuramente il filone cinematografico. Ci sono molti spettacoli che fanno riferimento al cinema, da Amarcord a My fair Ledy passando per Kramer contro Kramer. Quello che mi ha di fatto guidato nella scelta degli spettacoli è stato il gusto del pubblico, che dopo tanti anni ormai conosco, e le linee volute dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione. Si è puntato sul rinnovamento dell’offerta, su un’apertura verso una fascia più giovane di pubblico, non escludendo ovviamente il pubblico tradizionale del teatro. Negli ultimi anni la programmazione del Verdi si è ispirata più al classico lasciando, a mio giudizio, poco spazio a quella che è un’offerta di innovazione. Abbiamo deciso di modificare il registro. Il primo spettacolo Sogno di una notte di mezza estate sintetizza quella che è la nostra offerta. Un testo estremamente classico, ma con una regia innovativa e attori che provengono dall’ area Zelig. Quali eventi proporrebbe come “chicche”? Sicuramente Moni Ovadia e Infinita con i Familie Flöz, uno spettacolo esaltante, imperdibile. Luca De Filippo in La grande magia, un classico, Poalo Rossi, che amo da sempre, con L’amore è un cane blu, Ascanio Celestini, perché con leggerezza affronta temi terribili e Mario Perrotta il cui spettacolo è di una poesia straordinaria. Altro aspetto da sottolineare del cartellone 2012-13 è che abbiamo cercato, per quel che potevamo, di valorizzare artisti pugliesi. Rosella Brescia sarà al Verdi con Amarcord, Emio Greco con La commedia, Bianaca Guaccero in Una vita da strega. In realtà tutti gli spettacoli meritano, molti artisti come Poalo Rossi e Stefania Rocca, calcheranno il palcoscenico del Verdi per la prima volta. Quella proposta è una stagione completa. Entrando nel tecnico, quali sono, se ci sono, le difficoltà nell’allestire un cartellone? Ci sono sempre delle difficoltà per il semplice fatto che occorre rapportarsi al mercato e il mercato non lo si determina. Le scelte quasi mai dipendono da noi, possiamo determinarle nel momento in cui le produciamo e questo non è il caso del Verdi, per lo meno non lo è ancora. Le difficoltà maggiori sono dettate dal far coincidere con il gusto e le necessità di una piazza quello che il mercato propone e bisogna, in qualche maniera, adattare il luogo con la capacità dello spettacolo. Ho avuto, ad esempio, molti dubbi nello scegliere Travaglio, adattare il Verdi ad un monologo non è affatto facile. Noi ci proveremo. Il punto cruciale è creare nel pubblico la curiosità di andare a teatro al di là del nome. Questa è la grande scommessa che dobbiamo cercare di vincere.

Anche quest’anno si punta sulla danza. Quanto è importante nutrire il pubblico anche di questa disciplina, oltre che dei classici? La danza non è un genere facile, ma ritengo vada assolutamente promosso. Abbiamo inserito in cartellone diversi spettacoli che spaziano dalla danza classica alla danza contemporanea alla clownerie. È un impegno non indifferente, i costi di tre spettacoli Infinita, La commedia e Romeo e Giulietta, sono stati coperti con fondi regionali ed europei nell’ambito di un progetto di internazionalizzazione, ma crediamo ne valga la pena.

È noto come lo stato di salute del teatro a livello nazionale non sia dei migliori e Brindisi non fa eccezione. Nonostante il Verdi sia un teatro di ospitalità solido e affermato, deve fare i conti con 70mila euro in meno di investimenti rispetto alla passata stagione. Come si affronta la criticità della situazione? Evitando i grandi nomi, puntando sulle compagnie medie ma che assicurano un alto livello qualitativo, contrattando il cachet delle compagnie. Siamo riusciti a risparmiare circa 80mila euro assicurando una stagione non inferiore alle precedenti. Stiamo anche cercando di lavorare in sintonia con quello che c’è nel territorio per mantenere un’offerta alta senza pagare numeri che non possiamo più permetterci. Importante è anche mettere in rete comuni che abbiano le stesse caratteristiche di Brindisi. Con il sindaco di Barletta e con il sindaco di Foggia probabilmente stileremo a breve un protocollo d’intesa per cercare di mettere insieme interessi comuni e attivare produzioni che abbiano luoghi di distribuzione assicurati. Questo ci può essere molto utile, soprattutto per la lirica i cui costi sono per noi al momento proibitivi. Un teatro, per essere competitivo, cosa deve portare in scena? Io non parlerei di attività competitive, personalmente mi preoccupo di offrire al pubblico spettacoli di qualità che siano compatibile con il bilancio. A tal proposito sarebbe importante e auspicabile aiutare compagnie nostrane che hanno idee buone ma poche risorse. Non parlo di fare investimenti a rischio, ma di promuovere chi se lo merita. Chi sul territorio ha dimostrato serietà, efficacia ed ottenuto buoni bilanci perché non dovrebbe essere premiato con progetti validi? Lei è Presidente del Teatro Pubblico Pugliese e quest’anno le è stata affidata anche la programmazione del teatro comunale di Brindisi. Di che cosa si compone necessariamente il carisma di un direttore artistico? Non parlerei di carisma, più che altro ci vuole buona volontà e disponibilità. Occorre conoscere il territorio, lavorare su quello che già esiste e metterlo in rete con progetti specifici in una dimensione regionale, nazione ed internazionale. È questo che un buon consulente artistico deve fare. Si può incidere sul territorio con il teatro, ma il teatro è solo un mezzo attraverso il quale si può mettere in relazione la città con circuiti più ampi, incidere nella società e farla crescere, anche culturalmente.

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Alessandra Caputo

MARKETING E TEATRO CONNUBIO POSSIBILE Intervista a Daniela Angelini, Responsabile organizzativo Fondazione Nuovo Teatro Verdi

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uest’anno, con cambi al vertice e la presenza di un responsabile della programmazione, si è avviato un nuovo corso per la Fondazione. In cosa consiste la continuità con chi l’ha gestita negli anni passati e quali (se ci sono) le differenze? Sicuramente la Fondazione oggi vive un nuovo corso proponendo un cambio di rotta importante, direi pure fisiologico per una realtà come la nostra che è strettamente legata all’alternanza delle Amministrazioni. Quindi cambi ai vertici inevitabili, ma che è giusto che ci siano. Nominare un nuovo direttore artistico che porta le sue idee, significa per lo staff avere nuovi stimoli, lavorare su nuove sfide, soprattutto quando si vuole coinvolgere quella fascia di pubblico ancora del tutto estranea alla partecipazione. Ad esempio il pubblico del teatro sociale, quel teatro che fino ad oggi non è stato portato a Brindisi e che Carmelo Grassi ha voluto fortemente nella sua stagione, inserendo interpreti come Travaglio, Celestini, Rossi e Perrotta. Del resto, la proposta culturale e i progetti che si costruiscono intorno, sono la vera anima del teatro. Il resto è un’organizzazione, che ha operato e continua ad operare con spirito di servizio per una collettività che presenta un bisogno, non più inespresso, di essere parte integrante del processo di crescita culturale. Da cosa è stata motivata la scelta di annullare per la stagione 2012-13 tutte le tessere e gli ingressi di favore? La decisione ha riscosso più polemiche o consensi? Personalmente non ho accolto consensi o polemiche. E questo può significare un maggior senso civico della società. Le richieste di gratuità per entrare a teatro sono un fenomeno duro da contrastare, e se ci può consolare, non è un fenomeno tipicamente brindisino. Tutti i teatri hanno lo stesso problema, da nord a sud. Resta comunque un fenomeno che va fronteggiato con fermezza, anche se negli ultimi anni abbiamo avuto un pubblico più attento da questo punto di vista. Ritengo che il messaggio lanciato dal Sindaco Consales quale Presidente della Fondazione, ma soprattutto quale Primo Cittadino, sia stato quello di richiamare ad un maggiore senso di responsabilità che ognuno di noi deve avere nei confronti della propria città, e in particolare invitare tutti a rendersi protagonisti nel sostenere attivamente un teatro. Negli ultimi anni la crisi del sistema teatrale italiano è stata aggravata dalla riduzione sia del Fondo Unico dello Spettacolo che del sostegno che possono garantire gli Enti Locali. Sul versante della produzione, le grandi compagnie e i teatri hanno cercato di far fronte alla crisi spingendo le loro produzioni e programmazioni verso spettacoli più sicuri, garantiti dai soliti nomi in cartellone, che non irritassero né sorprendessero troppo. La programmazione del Verdi sembra invece essere, ancora una volta, in controtendenza. Direi che con la programmazione di Carmelo Grassi siamo più che mai in controtendenza, perché oggi, in un momento difficile, oltre a garantire una programmazione che ha trovato comunque il consenso dei nostri “fedelissimi”, stiamo scommettendo su un potenziale pubblico che fino ad oggi non ha partecipato, ma che comunque esiste, inserendo generi che non appartengono al teatro classico. Un’altra scommessa di questo nuovo ciclo è il pubblico delle famiglie per il quale abbiamo previsto spettacoli domenicali dedicati ai più piccoli che verranno a teatro con mamma e papà.

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Marketing e teatro è un connubio possibile? Se sì a quali condizioni? Se con la parola marketing intendiamo un insieme organizzato di attività, azioni e comportamenti che consentono di realizzare le strategie individuate, allora marketing e teatro è un connubio possibile. In realtà, entrando più nello specifico, in quello che si definisce marketing culturale, le cose cominciano ad assumere una identità piuttosto tipica. “Vendere” un prodotto culturale non significa solo intercettare i gusti del consumatore/pubblico e costruirgli un prodotto su misura. “Vendere” un prodotto culturale ha un significato molto più complesso perché il consumo culturale si basa sulla condivisione di valori e quindi sulla compartecipazione dei cittadini. Quindi alla base di una strategia di marketing culturale c’è l’integrazione del pubblico nello stesso processo culturale. Questo è quanto viene affermato nel libro di Alessandro Bollo “il marketing della cultura” e recentemente presentato ad ARTLAB 12. L’autore si sofferma sui profondi cambiamenti che stanno investendo il mondo della produzione e del consumo di cultura e su come tali mutamenti possano rimettere in discussione il ruolo, gli obiettivi e il modus operandi del marketing culturale. Alla luce di queste considerazioni, e soprattutto se osserviamo i risultati raggiunti fino ad oggi dalla Fondazione, dobbiamo ritenere di aver saputo cogliere il cambiamento in atto. Del resto il gruppo “Amici della Fondazione”, nonché il coinvolgimento attivo della scuola, attraverso i docenti, per l’individuazione dei percorsi di formazione dedicati agli studenti, non sono forse un esempio di condivisone? E questo percorso che abbiamo seguito, anche sulla base di un’intuizione, molto probabilmente nasce dal fatto che l’apertura del teatro sia avvenuta a Brindisi in un momento in cui tale mutamento era in atto. Del resto quando ci siamo ritrovati a capire il punto da cui partire per mettere in piedi dal nulla un’organizzazione per l’offerta di un prodotto culturale, abbiamo percepito subito il bisogno della collettività di sentirsi parte integrante di quel processo che si stava avviando. Naturalmente tutto questo è stato supportato da altri fattori tradizionali come la pubblicità, la politica del prezzo, e oggi ci stiamo attrezzando anche con la comunicazione digitale attraverso i social network.


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LA PROGRAMMAZIONE DEL R

foto di Galetto

foto di Lucia Baldini

Classico e contemporaneo nel cartellone della sesta stagione

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Salvatore Vetrugno

L RINNOVAMENTO

I

foto di Chicco Saponaro

nnovazione ma anche tradizione nel primo cartellone dell’era postMennitti che vede il sindaco Mimmo Consales alla presidenza della Fondazione. Una programmazione affidata a un grande ed esperto conoscitore della macchina organizzativa teatrale, il “nostro” Carmelo Grassi, giunto al quarto mandato di presidenza del Teatro Pubblico Pugliese. Un brindisino a servizio della città di Brindisi. Una prerogativa del sindaco Consales, che ha mantenuto a sé la delega della Cultura, per restituire alle eccellenze nostrane un ruolo di programmazione e progettazione delle attività culturali in città. Una scelta precisa, come quella di inserire nel cartellone 2012/2013 lo spettacolo “La Commedia” (in scena il 12 e 13 marzo 2013) del più grande danzatore a cui la città di Brindisi abbia dato i natali, Emio Greco, che ricopre un ruolo di primo piano nel panorama internazionale e rappresenta una delle figure più innovative della danza contemporanea. Brindisi chiama e Brindisi risponde. In questa nuova stagione convivono prosa, recital, narrazione, danza, clownerie e musical. Diversi linguaggi e differenti espressioni per un giusto mix tra stili e un’ampia possibilità di scelta per il pubblico. Da un lato i grandi nomi del Teatro come Massimo Dapporto e Luca De Filippo, dall’altro quelli più conosciuti grazie anche alla televisione e al cinema come Vittoria Belvedere, Rossella Brescia, Paolo Rossi, Stefania Rocca, Bianca Guaccero, e in più uno spazio dedicato al sociale e alla narrazione con Moni Ovadia, Marco Travaglio, Ascanio Celestini e Mario Perrotta. L’apertura del cartellone è invece dedicata al grande William Shakespeare con “Sogno di una notte di mezza estate” dell’Area Zelig per la regia di Gioele Dix in programma per il 18 e il 19 ottobre. Il grande bardo tornerà in scena il 24 e il 25 gennaio con l’Otello per la regia di Nanni Garella e l’interpretazione di Massimo Dapporto. Esserci e non esserci? La politica attuata in questi anni attraverso una diversificazione delle proposte di abbonamento per venire incontro alle esigenze di tutti, ha prodotto grandi risultati in termini di partecipazione agli spettacoli. Risultati che saranno confermati anche quest’anno grazie agli incentivi per ragazzi sotto i 25 anni e per le persone con più di 65 anni, per i gruppi organizzati appartenenti a scuole di recitazione, danza e associazioni in genere e i costi dei biglietti ancora più bassi per gli studenti delle scuole e per i ragazzi fino a 12 anni. Non resta che prenotare per tempo (botteghino 0831.562554) il proprio posto nel teatro che è diventato, e sempre più lo sarà, il simbolo del rilancio culturale della nostra città a partire da quell’ormai lontano 20 dicembre 2006, quando il Verdi fu inaugurato.

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24 Grande il fermento teatrale a Brindisi. Sono infatti ben cinque le compagnie non amatoriali che si occupano di produzione di spettacoli teatrali, alcuni dei quali vengono “esportati” sul territorio regionale e nazionale portando lustro alla creatività e alla professionalità “made in Brindisi”. Ora anche sul fronte della formazione la nostra città non ha nulla da invidiare a grandi realtà nazionali come Milano, Genova, Torino e Roma. Brindisi, infatti, è l’unica città della Puglia dove è possibile formarsi professionalmente nel campo teatrale. Un primato di non poco conto proprio perché consente a quanti desiderano fare questo mestiere, di evitare la “fuga” verso il centro-nord per avere un titolo abilitante. Da tre anni la nostra città è sede della Scuola d’Arte Drammatica della Puglia “Talìa” al cui interno è stato attivato, per il secondo anno consecutivo, il corso di qualifica professionale per attori e attrici riconosciuto dalla Provincia di Brindisi e dalla Regione Puglia. (Info su www.motumus.it; www. provincia.brindisi.it o chiamando il 346.6606385). Al termine del percorso di studio, che ha una durata biennale per un totale di 600 ore tra lezioni frontali e stage, viene rilasciato l’attestato di qualificazione che fa riferimento al codice Istat 256107 “Attore di prosa cinematografico, televisivo, radiofonico”. Un corso che risponde alle tante richieste che giungono da tutta la Puglia, ma anche da regioni limitrofe, di tanti giovani che cercano di formarsi in maniera qualificata per entrare nel mondo dello spettacolo. Nata dall’idea di Maurizio Ciccolella, attore diplomato al Piccolo Teatro di Milano, la Scuola d’Arte Drammatica della Puglia “Talìa” si connota come una realtà formativa unica nel suo genere per le diverse tipologie di corsi, per le discipline che propone e per la qualità dei docenti coinvolti. Oltre al corso professionalizzante, la Scuola offre corsi aperti a quanti desiderano un primo approccio alle tecniche attoriali. Tra le novità di quest’ultimo corso basato sulla recitazione e della durata di circa 200 ore, aperto a chi non ha o non ha ancora desiderio di diventare un professionista, vi è la disciplina di psicotecniche teatrali e il modulo di movimento e yoga. Un percorso di conoscenza su di sé per sviluppare la percezione psicofisica e facilitare la “corporeità in scena”. Inoltre, vi è la possibilità di preparare gli alunni ad eventuali casting e audizioni, individuare tra i partecipanti risorse da integrare nella Compagnia Mòtumus, afferente l’Associazione attuatrice, e coniugare la teoria con la pratica, garantendo almeno una esibizione in pubblico durante la formazione. La Scuola d’Arte Drammatica "Talìa" conferma Brindisi una città in continuo movimento dove la Cultura non è mera astrazione, ma si traduce in azioni concrete, che fanno della qualità il proprio tratto distintivo. S. V.

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Salvatore Vetrugno

RESIDENZA TEATRALE Formazione e produzione

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teatrale, formazione artistica e del pubblico, organizzazione di eventi in loco e rappresenta innanzitutto il segnale di come anche a Brindisi si possa avere una forma stabile di produzione, organizzazione e promozione della cultura. Ciò che la Residenza sta già facendo è di progettare in modo sinergico con il territorio e con rapporti regionali, nazionali e internazionali, le diverse attività. Tra le realtà internazionali che hanno già aderito e che collaboreranno con la Residenza, un particolare connubio è quello con la Grecia attraverso due grandi realtà: la Research Theatre Group “Fractals”, gruppo di ricerca teatrale greco con molteplici esperienze internazionali e “La Petit Opèra du Monde”, fondazione lirica nata nel 2007 a Parigi e operante in Grecia, Comune di Kastoria, dipartimento cultura per il Festival Medievale Bizantino di Kastoria “Alexiada”. Mai come in quest’ultimo anno assistiamo in città a un fermento così prorompente in un settore, come quello teatrale, che connota sempre più il percorso culturale brindisino mettendo in evidenza le qualità e le migliori espressioni che la stessa città produce.

el mese di luglio è stata organizzata a Brindisi la “Festa della Legalità” a cui hanno preso parte centinaia di ragazzi. Letture, danza, canto, street art per raccontare in diversi modi la legalità. Da questa esperienza è nato lo Space for Young Art che ha raccolto durante l’estate, sul palco del Nuovo Teatro Verdi, quarantacinque ragazzi guidati in laboratori espressivi da cui è nata una vera e propria compagnia teatrale giovane, che ha portato in scena Gli Uccelli di Aristofane, come una riflessione proprio sul tema della legalità. È questa la prima e tangibile attività messa in campo dalla Residenza Teatrale di Brindisi. Anche da noi è finalmente attivo uno spazio dedicato alla formazione, alla produzione e alla realizzazione di rassegne tematiche. Un’occasione importante per la nostra città che finalmente approda a un’esperienza già sperimentata tanto a livello regionale quanto nazionale. La Residenza Teatrale di Brindisi, come le altre analoghe esperienze, abita il Nuovo Teatro Verdi realizzando anche attività di formazione gratuita e autofinanziata. La mission è quella di aprire il teatro comunale ad attività di produzione

© Francesca Zurlo

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archeologia

castello

Breve storia dell’isola di Sant’Andrea

Il Castello Alfonsino ed il pericolo dal mare

Per via della posizione strategica a completo controllo del porto, sia militarmente che commercialmente, l’isola di Sant’Andrea, anticamente chiamata PHAROS e BARRA, ha da sempre rivestito un’importanza fondamentale. Per mancanza di scavi sistematici, la presenza umana sull’isola in periodo protostorico e preromano è soltanto ipotizzabile. Abbiamo invece notizie certe, almeno da fonti letterarie, riguardo la presenza dei romani sull’isola. Celebre è il passo del De Bello Civili (III, 23,24) di Gaio Giulio Cesare che racconta del famoso episodio in cui Libone, occupata con la sua flotta l’isola di fronte al porto di Brindisi, assedia le forze cesariane, ma è poi messo in fuga dalla cavalleria di Antonio (...Libo insulam quae contra portum Brundusinum occupavit). Caduto l’impero romano, alcune fonti affermano che durante la dominazione bizantina, si sia costruito (o ricostruito) un monastero basiliano sull’isola, ma non abbiamo documenti a conferma dell’ipotesi. Nella seconda metà del XI secolo i Normanni strapparono la Puglia all’impero bizantino e l’arcidiocesi di Brindisi ritornò alla chiesa latina. Nel 1059 l’arcivescovo Eustachio permise ai religiosi baresi Melo e Teudelmanno, di edificare un’abbazia benedettina fortificata, in stile romanico, sull’isola di Sant’Andrea. Col tempo l’abbazia si doterà di una scola, di una biblioteca e di uno scriptorium, e sarà un faro di cultura per il territorio. Dell’abbazia non si hanno più tracce in loco, probabilmente fu distrutta per far spazio alle fortificazioni militari già in epoca angioina.

Nel luglio del 1480 la flotta del sultano turco Maometto II, (FOTO 4) al comando di Gedik Ahmed Pashà detto “Giacometto”, un rinnegato greco-albanese abilissimo nell’arte nautica, cinse d’assedio Otranto che fu presa e martirizzata il mese successivo. Pare che la flotta ottomana avesse come meta Brindisi e si diresse, invece, verso la città del canale spinta dal forte vento di tramontana. Questo terribile evento, all’apparenza inatteso ma, come dimostra la storiografia moderna, a lungo tramato anche nelle cancellerie degli staterelli italiani, indusse Ferdinando I d’Aragona alla immediata costruzione di un torrione sull’isola di Sant’Andrea, trasformato in vera e propria fortezza nel 1485 dal figlio Alfonso II duca di Calabria, che diede il nome al castello. Era chiaro l’intento dei turchi di fare del Salento una enclave per il controllo del Canale d’Otranto e per una futura espansione nella penisola, e fu solo per la prematura morte del sultano nel 1481, che l’impresa venne abbandonata. È ormai chiaro che l’astuto Maometto II ebbe il diretto placet dello sbarco ad Otranto dalla Repubblica di Venezia, il cui console a Costantinopoli, Andrea Gritti, aveva fatto sapere al sultano che era suo diritto impadronirsi del Salento in quanto quei territori avevano fatto parte dell’impero bizantino del quale era legittimo successore. Venezia stava ritessendo la tela di accordi commerciali esclusivi con i nuovi padroni di Costantinopoli. Per il signore di Firenze Lorenzo de’ Medici, da poco uscito indenne dalla congiura dei Pazzi tramata da papa Sisto IV con l’appoggio di vari signorotti italiani, tra cui Ferrante di Aragona, l’impresa dei turchi ad Otranto rappresentò la salvezza in quanto si vide allentata la morsa contro la Toscana. Il Magnifico ebbe intensi rapporti diplomatici con il sultano e fece coniare diverse medaglie che ne celebravano le imprese. Tra queste, particolarmente interessante è quella del maestro incisore Giovanni Bertoldo che presenta incisa sul verso la frase MAUMET ASIE AC TRAPESUNZIS MAGNEQUE GRETIE IMPERATOR - Maometto, imperatore d’Asia, di Trebisonda e della Magna Grecia - ove per Magna Grecia si deve intendere, appunto, il Salento. Alcuni studiosi ritengono che Lorenzo de’ Medici, dettando in prima persona l’iconografia di questa medaglia, abbia dato il suo velato consenso alle mire del sultano contro il rivale aragonese. Una volta ultimato, il castello alfonsino, affiancato nel 1558 dal Forte che andava a completare l’ “opera a corno” del sistema

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archeologia

e forte

di

Danny Vitale, Antonio Mingolla, Giuseppe Rollo

difensivo dell’isola, costituì un formidabile deterrente contro l’espansionismo turco che prese la via dei Balcani. Molto più concreto, paradossalmente, fu il pericolo portato dalle flotte “cristiane”, tanto che già nel 1484 il castello si oppose all’attacco di una flotta veneziana. Nel 1528 ancora i veneziani con 16 galee furono respinti dall’artiglieria del castello.

Descrizione architettonica ed artistica del Castello Alfonsino e del Il castello presenta una pianta a forma triangolare con una grande torre massiccia rivolta verso l’estremo dell’isola. Questo torrione probabilmente ha origini più antiche e ciò è percepibile nella parte inferiore, per via della differenza del paramento murario visibile nella piazza d’armi. Probabilmente questa torre risale al periodo angioino allorchè i francesi ripresero il progetto svevo di fortificazione della città, privilegiando stavolta il lato dal mare. Ma fu dopo la presa di Otranto nel 1480, che la torre venne trasformata in un vero e proprio castello concepito come fortificazione moderna capace di reggere all’impiego dell’artiglieria. Esso fu realizzato da uno dei più grandi architetti militari del tempo, il senese Francesco di Giorgio Martini, che venne incaricato della costruzione di altri importanti castelli della Terra D’Otranto come quello di Otranto, Gallipoli, Taranto e probabilmente anche la torre a mandorla del castello di Carovigno. Oltre all’ammodernamento del vecchio torrione con una grande sala a primo piano e la galleria a volte a botte nel piano inferiore, furono realizzati due baluardi: quello triangolare rivolto verso il mare aperto e accessibile da un portone con il blasone di Filippo II, e quello di San Filippo rivolto verso il porto. Quest’ultimo richiama, per la sua forma tozza e circolare che permetteva alle sue bocche di fuoco di colpire in ogni direzione, quello che venne realizzato per il castello di Gallipoli. Dalla darsena interna si accede sia al castello che al forte attraverso

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due portali posti uno di fronte all’altro. Sul portale del castello vi sono gli stemmi di Ferrante Caracciolo, Cirillo De Melo e le insegne vicereali dell’Ossuna. Di seguito, un grande androne conduce alla piazza d’armi dove appare, subito di fronte, l’imponente scarpata del grande torrione con le numerose feritoie. L’interno del castello è raggiungibile attraverso una porta situata nella piazza soprelevata. Di particolare interesse risulta il grande salone a primo piano con volta a botte e decorato da peducci, un camino finemente ornato e un elegante lavabo con gli stemmi di Ugo De Mancada, Carlo V e Carlo di Lannoy. Lungo le mura esterne del castello vi sono interessanti graffiti araldici e croci, alcuni dei quali sono stati recentemente scoperti dal Gruppo Archeo Brindisi ed attualmente sono oggetto di studio. Ritornando sulla darsena, attraverso un grande portale bugnato con le insegne di Filippo III e dei De Castro conti di Lemos, si accede al forte. Sulla sinistra vi era la sede del comando militare, sulla destra la chiesa accessibile sia dalla darsena che da una elegante porta prospettante sull’androne. Essa è composta da un’unica navata e volta a botte, purtroppo completamente spoglia degli altari che la adornavano. Il forte è un bell’esempio di architettura militare del XVI secolo, per la cui realizzazione intervennero i più importanti architetti militari dell’epoca come Giulio Cesare Falco del S.O.M. La pianta è di forma triangolare e presenta quattro bastioni chiamati “di Tramontana” e “San Pietro” quelli rivolti verso il mare aperto, “Intavolata” e “Santa Maria” i due che guardano il porto. I bastioni di San Pietro e Santa Maria sono i tipici bastioni in uso nel XVI secolo con pianta pentagonale, composti da due facce lunghe e due fianchi brevi che collegano il bastione alle cortine. I due bastioni si trovano prospicienti ad un canale artificiale, chiamato “vicereale”, creato per una maggiore difesa al fine di separare il forte dal resto dell’isola. Sul lato opposto ai bastioni vi è un muro di cinta con feritoie per le armi da fuoco. Purtroppo oggi il forte, che risulta essere un’opera di grande ingegno militare per l’epoca, risulta inutilizzato, pur dopo i restauri, e soggetto ad atti vandalici. Il Gruppo Archeo Brindisi è disponibile ad effettuare, su richiesta, visite guidate gratuite presso il castello ed il forte; per maggiori info basta contattarci per email al seguente contatto: garbrin@libero.it


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Diario di bordo

Michele Lamacchia @m_thespot leparolecreanomondi.wordpress.com

OH , CH E BE L CA ST EL LO ! “Ogni cosa al suo posto/Ogni posto ha la sua cosa” (nonna Maria, sull’ordine delle cose) “Ma siete pazzi!? Fuori! Questa stanza è sacra!” (nonno Franco, prendendoci a calci nel sedere perché giocavamo a nascondino nella sua camera)

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on molti anni fa, insieme a pochi coraggiosi (o stolti?) pionieri, forti dell’esperienza che in passato io e alcuni di questi abbiamo accumulato in Italia e all’estero, provammo a mettere insieme alcune delle energie creative della città prima, della provincia e dell’intero Salento dopo, con un sicuramente coraggioso (o stolto?) progetto: quello di formare un movimento di artisti, con l’obiettivo (da statuto, regolarmente registrato a norma di legge) di “educare il pubblico alla fruizione e alla comprensione del prodotto artistico e culturale”. Organizzavamo esposizioni, eventi, proiezioni, concerti, corsi di pittura, vernissage, live performances, action painting e altre cose international. La continua richiesta di partecipare a rassegne e organizzare e presentare eventi nostri e “notti bianche”, nonché l’adesione di un numero sempre più numeroso di artisti volontari iscritti, alcuni di notevole profilo e talento, ci dava la spinta e l’impulso e l’ottimismo e l’autostima necessaria a continuare, certificando che eravamo sulla strada giusta, che anche qui a Brindisi era possibile fare come altrove. In questa illusione di “arcadia” in corso a Brindisi, nell’estate del 2010 il castello Alfonsino, il quattrocentesco forte a mare, accolse un’eccezionale esposizione d’arte sotto la direzione di Achille Bonito Oliva e la cura di Giusy Caroppo e Rossella Meucci Reale, con installazioni originali, alcune pensate apposta per quella location (“site specific”). Ci sono andato, ovviamente. Perché in cuor nostro speravamo che qualcuno potesse immaginare uno “sfruttamentosostenibile” di quel tipo e, magari, in un futuro sarebbe toccato a noi e a questi giovani artisti del territorio. Superando il portone d’ingresso ci si estraniava immediatamente, coinvolti dalle note di Giovanni Sollima che risuonavano tra le mura che circondano la darsena, disseminata di grandi ritratti galleggianti della brasiliana Guilllermina De Gennaro. Nella grande cappella del castello era esposto il risultato a metà del lavoro “Brides in tour” (“Spose in viaggio”) di Silvia Moro e della sfortunata Pippa Bacca, ammazzata in Turchia proprio mentre lavorava a questo progetto, e poi antico e moderno che si scornano (la grata illuminata al neon per mano di Daniela Corbascio), le stanze vuote che echeggiavano di musiche e suoni ipnotizzanti, non riuscire a togliere lo sguardo dalle proiezioni dell’israeliano Michal Rovner, con in suoi omini frenetici fatti batteri. E la piazza d’armi? Si entrava in un ironico scenario di scale e scalette rosa (“Assalto pop” di Michele Carone), con le quali invadere pacificamente il castello. I visitatori seguivano percorsi anomali all’interno di questo magico scenario, incantati come da un invisibile pifferaio. Si guardavano intorno come bambini. Si potevano superare archi e porte e ogni angolo era una sorpresa: potevi trovarti nel salone del camino “arredato” dalla venezuelana Bernardita Rakas accompagnato da un tango stridente, incantarti dal bacio surreale dipinto da Maurizio Cannavacciolo e dalle foto dell’italo-indiano Matteo Basilè, entrare nella piccola stanza di Iginio Iurilli dove ci aspetta un riccio di mare enorme e pauroso (impossibile non farsi fotografare tra i suoi aculei), e poi percorrere gli stretti corridoi che si aprivano in altre stanze segrete mai aperte al pubblico, dove perdersi a riflettere con la performance (anti)pro-fascista di

Cesare Pietroiusti, le installazioni video di Gregorio Botta, del belga David Claerboute, dell’italo-inglese Ileana Fiorescu, affrontare le immagini polemiche dei cinesi Gao Brothers, fino a raggiungere per commuoversi (e indignarsi) la grande sala dove l’egiziano Moataz Nasr ci mette davanti al fatto compiuto, con una vera barca carica di indumenti, scarpe, giornali, sangue, sudore e passaporti, mentre passano le immagini di naufraghi e immigrati della disperazione nel Mediterraneo (perché l’arte non serve solo ad apparecchiare una parete spoglia). Alla fine del percorso siamo saliti sulla grande torre aragonese circolare, dalla quale abbiamo ammirato uno splendido tramonto e la vista della città e del mare dalla costa. Nelle orecchie il frinire delle mille girandole nere di Gaia Scaramella, in piedi e in fila come soldati. La mostra ebbe un successo ed un richiamo inaspettati ed insperati al punto che ne fu posticipata la chiusura, che arrivò, ironicamente e puntualmente, in concomitanza con l’arrivo dei temporali, la fine dell’estate, le tempeste di vento che colpiscono il nostro benedetto litorale. Le girandole di Gaia sono volate via, le grandi foto di Guillermina, ora esposte analogamente a Rotterdam, si sono sbiadite, e la malinconia dell’abbandono e della solitudine si è re-impadronita del tempio storico di forte a mare, per un’estate dopo secoli tornato a vivere, risplendente d’arte e di cultura ricche, cariche di genio e di significato. Il viandante, casuale o meno, è ripartito portandosi dentro l’esperienza avvolgente vecchia e nuova del castello Alfonsino di Brindisi. Due anni dopo, quando ormai avevamo accantonato progetti dedicati, studiati per Brindisi “capitale europea della cultura”, giudicati da personalità delle istituzioni locali “troppo europei”, abbandonate illusorie velleità di cercare di “educare” una certa fetta di cittadinanza con eventi altrove invece molto richiesti, due anni dopo ritrovo le massime cariche a difendere la decisione di affidare quello stesso castello a dei soggetti privati per farne una festa da ballo (chiamata “Biennale”!) con dj set e barman acrobatici, con l’argomentazione (che lascia decisamente il tempo che trova, lo capisce anche Dodò dell’Albero Azzurro) che “è meglio questo che l’abbandono”. Signori! Signori. Non critico l’idea in sé. È molto bello che i ragazzi del posto restino qui a ballare e a divertirsi piuttosto che altrove. Ed è molto significativo ed importante che chi amministra la città prenda della posizioni nette e decise, anche coraggiose ed impopolari. Ma mi domando: le stesse autorità che difendono con tanta veemenza questa scelta, prima di dire “è meglio questo che l’abbandono” dov’erano l’estate di due anni prima, quando nella loro città si consumava un evento di richiamo così bello, con artisti internazionali e migliaia di visitatori? Dov’erano? A chiedersi “Cosa facciamo stasera?”, “Andiamo a Lecce ché qui non succede mai niente”? E perché non chiedere a qualche consulente esperto delle idee, dei suggerimenti su come poter utilizzare al meglio quella suggestiva location? E guardare fuori, a come altrove utilizzano strutture analoghe? Siamo proprio sicuri che fosse “meglio questo”? E poi: organizzereste mai un diciottesimo nella camera del nonno? Signori! A voi il verdetto. Io ho concluso.

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Rubrica a cura di Francesco Buongiorno

cose di casa nostra Riflessioni, idee, spunti critici, percorsi, sentimenti, ricordi… Il tutto in un percorso d’amore viscerale verso la nostra adorata e, troppo spesso, bistrattata e maltrattata Brindisi. Una Città che vive nelle nostre vene, che vorremmo contribuire a rilanciarla verso mete, obiettivi e dimensioni che più le si addicono e competono. Liberi, prigionieri soltanto dei nostri sogni, delle nostre speranze. Questo il senso e l’ambizione di questa rubrica, noncuranti di divenire bersaglio di eventuali strali, lanciati da parte dei soliti soloni e pontefici del sapere che albergano in città.

LA SAGRA DEI PITTORI

L’ARREDAMENTO URBANO, QUESTRO SCONOSCIUTO

C’era una volta a Brindisi, la Sagra dei pittori, un evento artistico culturale che si svolgeva, durante la stagione estiva, sulla Scalinata Virgiliana, organizzato dall'Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo. Una manifestazione che ha riscosso sempre un notevole successo di critica e di pubblico, richiamando in città artisti provenienti da ogni dove, in uno scenario suggestivo, crocevia, da millenni, di diverse etnie e culture. In un reciproco e fecondo scambio tra artista e visitatore, in un clima di festa, di amicizia, di autenticità. Ma, da alcuni anni a questa parte, è purtroppo calato il sipario su questa pregevole iniziativa culturale, che sicuramente avrebbe meritato miglior sorte. E allora non potrebbe il Comune di Brindisi, nell’ottica del rilancio dell’offerta turistica cittadina, immaginare di riproporre e organizzare tale appuntamento, magari avvalendosi della collaborazione di altri Enti ed Istituzioni? Gli eventuali costi, fra l’altro, non sarebbero certamente esorbitanti! Il rilancio del centro storico passa anche e soprattutto da un’adeguata offerta culturale, che riesca ad intercettare nella nostra città movimenti artistici di eterogenea e composita estrazione e provenienza.

L’immagine di una città dipende indubbiamente da tanti fattori. Uno di questi è sicuramente l’arredo urbano, che non ha solo una funzione estetica, ma, anche, una migliore organizzazione dello spazio, la creazione di percorsi, un insieme di elementi inseriti armonicamente in un contesto. Ecco quindi l’importanza della progettazione dell’arredo urbano, come studio integrato tra aspetti estetici e funzionali all’uso della città. A Brindisi, c’è stata sempre scarsa sensibilità verso queste tematiche, fatta eccezione per qualche intervento occasionale e disomogeneo, che certamente non ha migliorato la vivibilità cittadina. In diverse città italiane, sono stati addirittura istituiti dei veri e propri Assessorati con deleghe specifiche alla riqualificazione urbana. Occorre un vero e proprio Piano di Arredo Urbano , che interessi non solo il Centro Storico, ma tutto il territorio comunale. D’altra parte una città degradata e abbandonata a se stessa, influenza negativamente la percezione che i cittadini e visitatori hanno della stessa. È auspicabile un’inversione di tendenza in tal senso, se vogliamo rendere Brindisi attrattiva e godibile, anche sotto il profilo estetico. Se si vuole veramente qualificare il volto pubblico cittadino, bisognerà intervenire armonicamente in ogni suo dettaglio: illuminazione, verde pubblico, pensiline, fioriere, panchine. Interventi ormai necessari, non più procrastinabili. In alcuni Comuni si è altresì istituito l’Ufficio di Decoro Urbano, in seguito ad Ordinanza Sindacale, con lo scopo di intraprendere un’azione di forte contrasto dei fenomeni più diffusi di degrado ambientale, causato da comportamenti indecorosi, quali vandalismi e danneggiamenti di beni comunali, adottando, chiaramente, adeguati provvedimenti nei confronti di coloro che compromettono e deturpano l’immagine cittadina. Non sarebbe forse opportuno fare altrettanto a Brindisi?

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ARTE CULINARIA

SICUREZZA CERCASI

La nostra è un’idea, un suggerimento, una proposta , con la speranza che qualcuno possa accoglierla e magari farla propria: aprire nella nostra città un Museo del Gusto. Abbiamo una considerevole cultura enogastronomica, importanti produzioni agroalimentari, antiche tradizioni culinarie. E, allora, perché non realizzare a Brindisi un Museo dove, attraverso il cibo, si possano apprezzare la storia, la cultura, le tradizioni del territorio, un saper fare di millenaria esperienza popolare , marinara e contadina, che rischia di scomparire e, che invece, rappresenta l’orgoglio e la distinzione di appartenenza. L’antica e rinomata cucina tipica brindisina, può rappresentare una vera e propria risorsa per l’economia locale. La civiltà della tavola e tutto ciò che ruota intorno all’alimentazione. Il cibo che nella sua valenza simbolica racconta un mondo di saperi e sapori, di umile lavoro quotidiano, di rituali e segreti antichi. La memoria enogastronomica che mette al centro la mano dell’uomo, invita a viaggiare in un contesto variegato e composito, attirando un numero considerevole di appassionati. Questo Museo, potrebbe rappresentare un connubio perfetto con altre realtà già presenti sul territorio, che si occupano di valorizzare la cultura locale. Auspicabile un coinvolgimento delle diverse Associazioni di categoria, degli stessi ristoratori brindisini, che non hanno nulla da invidiare rispetto ai colleghi di altre realtà regionali. Sarebbe un’ulteriore attrazione , in una città che vorrebbe traguardare il proprio futuro anche in termini di sviluppo turistico.

Non è il solito slogan di qualche benpensante, ma un bisogno impellente che i cittadini vivono sulla propria pelle. La recrudescenza di fenomeni criminali in città, sta ingenerando tra la popolazione un clima di forte preoccupazione e diffusa inquietudine, sintomo anche di un forte disagio sociale. Problema comune a molti altri territori, ma non per questo motivo di parziale consolazione. I cittadini sono particolarmente sensibili al concetto di sicurezza, avvertendo l’assoluta necessità di sentirsi protetti e sicuri. Certamente la situazione di per sé non è proprio allarmante, ma se sottovalutata o peggio ancora non affrontata adeguatamente, potrebbe raggiungere livelli insostenibili. Più volte, negli ultimi tempi, i responsabili provinciali dei Sindacati di Polizia hanno reclamato, purtroppo inascoltati, maggiori risorse e sinergie per fronteggiare adeguatamente l’escalation dei fenomeni criminosi in città. Si richiede giustamente più attenzione, con una presenza continua e capillare di uomini e mezzi a pattugliare le nostre strade. Occorrerebbe istituire un tavolo permanente per la sicurezza, presieduto dal Sindaco, con la partecipazione dei diversi rappresentanti di Enti, Istituzioni e Associazioni di volontariato, che di concerto con il Ministero dell’Interno, possa intraprendere diverse iniziative, intercettando specifici finanziamenti previsti dal Programma operativo nazionale sulla sicurezza. La “Cultura della Legalità” dovrebbe rappresentare l’imperativo categorico dal quale ripartire per rendere Brindisi sempre più vivibile attraverso anche un’azione socializzante ed educativa. D’altra parte se vogliamo attrarre investimenti e nuove energie imprenditoriali non possiamo presentare una città insicura e inaffidabile sotto il profilo della sicurezza individuale e collettiva.

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libro in evidenza

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u come tutto quello che, terzo romanzo di Clara Nubile, ti entra dentro e ci rimane. La scrittrice brindisina continua a viziarci con il suo stile crepuscolare e storie crudelmente dolci. Dopo la favola visionaria e distorta di Io ti attacco nel sangue, dopo la profonda amicizia tra due donne estreme raccontata in Lupo, questa volta la Nubile apre una finestra sugli anni 80 e 90 in Puglia e sulla nascita della Sacra Corona Unita. Mescolando vissuti su vissuti. Il romanzo si compone di brevi capitoli affidati a più voci: quella di Maira, studentessa di liceo, di Minguccio, tossicodipendente, e di Charlie, contrabbandiere. Le vite dei tre giovani s’intrecciano a quella di Dino, sanguinario boss, in una Brindisi “chimica e fosforescente”. Abile la scrittrice nel riuscire ad attrarre il lettore nel vortice della vita dei suoi personaggi, personaggi che sentiamo vicini, quasi come se li conoscessimo da sempre

is br li

Tu come tutto quello che tocchi (Ed. Bompiani, 2012) e ne condividessimo la quotidianità. Attraverso le voci di ciascuno di loro, prende forma una storia intensa e toccante, raccontata con una scrittura sanguigna, istintiva, che riesce a umanizzare anche la crudeltà e renderla, per questo, più atroce. Da sfondo, ancora una volta, il Sud Italia, tragico e arcaico. Clara Nubile ha lasciato la Puglia a diciotto anni “per trovare altri orizzonti” senza mai smettere di guardarsi indietro. L’amore per la sua terra se la porta dentro e nei suoi romanzi ne canta i profumi, i colori, i suoni come pochi. Tu come tutto quello che è l’ennesimo omaggio della scrittrice al Salento, a quel lembo d’Italia dove il mare “sparge piccoli miracoli sulle ciglia”, dove “l’aria è rossa” e le donne “sfoggiano le ferite come fili di perle o baci di medusa”. Una storia intensa, di quelle che ti si appiccicano addosso. Un romanzo per capire e per non dimenticare.

Un cantastorie, all’incrocio dei crepuscoli: i vivi, e i morti, in cerchio ascoltano. Questa è la storia di Maira, che di professione imbastisce sogni e ricama storie. Maira amava Charlie il contrabbandiere, protetto di Dino il boss, ma che adorava Minguccio il tossico, e non gliel’ha mai detto. Questa è una storia di mafia, terra e amore.

INTERVISTA A CLARA NUBILE Come è stato presentare il Suo libro a Brindisi? Emozionante. Presentare i miei libri a Brindisi è sempre emozionante. Come tornare a casa dopo un lungo, lunghissimo viaggio, e sedersi in giardino, o sul divano, con un bicchiere di buon vino. Spogliarsi di ogni cosa, e sentirsi in sintonia col mondo. Il mio libro parla a Brindisi, è dedicato a questa città. E ho apprezzato il pubblico che mi ama, e continua ad amarmi. Perché raccontare un meridione che in pochi ricordano o vogliono ricordare? Questo è stato un romanzo necessario. Necessario perché noi siamo ancora quel meridione, siamo ancora una Puglia sofferente, brutalizzata, incolore. Bisogna ricordare il passato recente, e non occultarlo. La Storia è una lezione. Non una rimozione. La scelta di affidare la trama a un coro di voci è stata motivata da? La verità non è mai una sola. Tutti nel mio romanzo vogliono raccontare la loro verità,

la versione della loro Storia. Tu come tutto quello che tocchi è una sorta di fotoromanzo della SCU. Una storia composta da tante storie, tante sfaccettature della stessa città. Perché anche Brindisi palpita, parla, vive attraverso i personaggi. Un ruolo di rilievo nel racconto lo assumono le donne e i loro sentimenti. Qual è il rapporto tra donne e legalità nel Salento? Sì. Le donne sono lo sfondo di questa storia così “maschia”, veloce, violenta, spietata. Le donne tessono la trama, aspettano, capiscono, consolano. Le donne, paradossalmente, sono coerenti con le loro scelte, non hanno paura. Sono forti, come i tronchi d’ulivo. Le donne segnano il confine fra legalità e illegalità. Combattono, rischiano, si espongono. C’è un personaggio al quale si sente più legata? Airòn, il cane da combattimento, ed Ernesto,

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martirizzato dalla SCU. Ho pianto scrivendo la loro storia, calandomi nelle loro voci. Nel Suo libro Lei quasi umanizza, senza con questo giustificare, la mafia. Cos’è per Clara Nubile la mafia? La mafia siamo noi, con le scelte sbagliate di ogni giorno, con la paura, con il silenzio, con i tradimenti, con il poco rispetto che mostriamo per la nostra terra di Puglia. Perché si dovrebbe leggere “Tu come tutto quello che tocchi”? Perché è una storia tragicamente umana, quindi tocca ognuno di noi.


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BAND in evidenza

Alessandra Caputo

Charming sounds PRIMO ALBUM DI INEDITI PER I Sir Frankie Crisp

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Sir Frankie Crisp son cresciuti. Non che non fossero maturi… Nati nel 2005 come band tributo a George Harrison, i quattro ragazzi salentini si son fatti conoscere presto, grazie ad esperienze live anche e soprattutto a livello internazionale. Ottima intesa musicale, sound accattivante (come solo quello dei Fab Four può essere) e quel pizzico di simpatia che non guasta mai. Nel 2012 il gioco si fa serio. Charming sounds (IRMA Records) è il primo album di inediti, dopo It’s Five O’Clock, mini-album ufficiale del 2010. Dieci canzoni originali ispirate e dedicate al mondo dei Beatles ma “rivisitato” alla maniera dei Sir Frankie Crisp. Brani semplici ed essenziali combinati con riff di chitarra abbastanza potenti e una struttura ritmica tipiche dell’hard rock. L’amore per la “decade d’oro” viene fuori tutta in un album orecchiabile e sincero. L’influenza di “papà George” c’è e si sente, ma Dario, Francesco, Mario e Paolo adesso camminano sulle loro gambe e di strada, c’è da scommetterci, ne faranno parecchia.

Dario Ancona: basso e voce Francesco De Totaro: chitarra e voce Mario Manfreda: chitarra e voce Paolo Provenzano: batteria e voce

Come nascono i Sir Franke Crisp e quale l’origine del nome della band? I Sir Frankie Crisp nascono nel 2005 semplicemente con l’intento di rendere omaggio al favoloso chitarrista dei Beatles George Harrison, sopraffino musicista e uomo di grande spessore e spiritualità. Il nome della band trae origine da una canzone di George intitolata “Let it Roll (Ballad of Sir Frankie Crisp)”, brano contenuto in “All Things Must Pass”, l’abum d’esordio da solista di Harrison. Sir Frankie Crisp è un personaggio realmente esistito, era un eccentrico avvocato londinese e un autorità in tema di giardini medievali, nonché primo proprietario di Friar Park, la lussuosa dimora di Harrison dal 1970, nei cui giardini Sir Frankie aveva disseminato delle massime che ispirarono alcuni brani di George, tra cui proprio “Let it Roll”. Da dove nasce la vostra passione per i Beatles e George Harrison in particolare? Si tratta per tutti e quattro di una passione nata in tenera età, e come molti musicisti abbiamo cominciato a suonare le prime note cercando proprio di emulare i FAB Four. Proprio di questo si parla nella sesta traccia di “Charming Sounds” intitolata “Where Everything Has Your Name”. In molti ci hanno chiesto perché proprio George. Di solito si parla di Lennon o di McCartney, o di Ringo soprattutto per la sua simpatia, ma George è stato fondamentale per i Beatles, grandissimo chitarrista e compositore di brani memorabili, peculiarità che ha consolidato anche da solista. E poi era “quello” mistico … gli abbiamo infatti dedicato “Mystic Maestro”… Avete suonato a Liverpool sui palchi calpestati dai Fab Four, come ci siete arrivati? La passione per la musica di George Harrison ci ha portato nel 2005 a realizzare un cd demo a lui dedicato che, pubblicato sul web, ha attirato l’attenzione del Cavern City Tours, comitato che ogni anno organizza a Liverpool la “Beatle Week”, il più importante raduno Beatlesiano del mondo. Naturalmente suonare alla Beatle Week per ben tre edizioni (2006, 2007, 2008) è stata un’esperienza straordinaria, calcare il palco del Cavern, condividere la musica di George con tantissimi appassionati da tutto il mondo. Sensazioni difficilmente descrivibili a parole. Guardando indietro quali sono state le tappe più importanti e significative del vostro percorso musicale? Innanzitutto, come già detto, la realizzazione del primo cd demo “A Gardener’s Songs”, che ci ha portato a Liverpool per ben tre edizioni della “Beatle Week”, cui sono seguiti il “Beatles Day” di Mons (Belgio)

nel 2008, la partecipazione nel 2009 al concerto “For George” che ci ha portato a suonare sul palco della suggestiva St.George’s Hall di Liverpool, il festival Abbey Road on The River di Washington D.C. (USA) dove abbiamo suonato nel 2010, l’organizzazione del concerto di beneficienza “The Day The World Gets ‘Round” che abbiamo realizzato nel 2011 a Neviano per ricordare Harrison a dieci anni esatti dalla sua scomparsa, sino alla pubblicazione nel 2012, con la IRMA Records, del nostro primo album ufficiale di inediti intitolato “Charming Sounds”, che rappresenta il coronamento di un percorso iniziato nel 2005 e che ci ha regalato non poche soddisfazioni. Charming sounds è il vostro primo album di inediti. Cosa vi aspettate? Intanto siamo molto soddisfatti di quello che abbiamo realizzato, e del sound che abbiamo creato e affinato nel corso di questi anni. Sebbene molte recensioni facciano riferimento ai Beatles, cosa che comunque ci lusinga molto, riteniamo di avere ormai una nostra identità ben precisa e un sound compatto. Poi naturalmente in questo periodo storico emergere nel panorama musicale, soprattutto nostrano, non è una cosa semplice ne' tanto meno scontata. Quindi quello che verrà verrà, l’importante è continuare a divertirsi insieme. Dal booklet ci si accorge che ognuno di voi ha scritto almeno un paio di canzoni, cosa vi accomuna nella scrittura della musica e nei temi dei testi? Charming Sounds parla anche di amicizia, e di passione per la musica e per i viaggi … ecco tutto questo ci accomuna! La cosa più strana che vi sia capitata in tour? Ci sono tante cose strane che ci sono capitate, una cosa simpatica sicuramente è stata quella nei primi viaggi a Liverpool, che ci chiedessero di firmare autografi … Esibizioni in programma a breve? Abbiamo appena concluso una serie di concerti estivi che ci hanno dato la possibilità di presentare il nostro disco, e abbiamo partecipato al “Brindisi Beatles Event”, riuscitissimo evento Beatlesiano organizzato a Brindisi nel 50° anniversario della pubblicazione di Love Me Do. In questo periodo stiamo programmando un piccolo “tour” invernale, e siamo in procinto di realizzare il nostro secondo videoclip che avrà come location proprio Liverpool. Sogni nel cassetto? Intanto far conoscere e apprezzare il nostro disco ad un pubblico più vasto possibile, e poi realizzare un secondo album di inediti, ma soprattutto continuare a fare insieme della buona musica!

«…straordinarie esperienze, la gente, i suoni, le luci, i colori sono stati la fonte di ispirazione principale per comporre i dieci brani di questo album, che rappresentano il nostro esordio discografico con canzoni originali...»

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ATTESTATO SOA N째1058/47/01 CATEGORIA OGI-CLASSE IV ISO 9001/2008 N째000113

Brindisi Via Gino Severini, 3/A Tel. Fax 0831.546703 ilariogroupsrl@libero.it


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scuola in evidenza Francesca Totleben foto di Alessandro Muccio

FORMAZIONE CHANCE PER COSTRUIRE IL FUTURO

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i Formazione e di chance per un futuro migliore si è discusso a Brindisi in occasione della quarta edizione dell’Evento “Puglia giovani: dal Gargano al Salento formazione al 100%”, dedicato all’Obbligo Formativo contro la dispersione scolastica. Evento cui hanno partecipato gli Enti di Formazione Professionale operanti nella Regione Puglia. Abbiamo deciso di volerne capire di più per meglio comprendere in quale misura la Formazione può operare ed agire sullo sviluppo della nostra società, sul futuro dei nostri giovani e di come sia cambiata nel tempo. A tal proposito abbiamo intervistato la Direzione dell’Istituto d’Istruzione Professionale di Brindisi, che oltre a vantare un’esperienza decennale nell’Obbligo Formativo, può vantare l’appartenenza ad un Ente storico che opera nel settore della Formazione sin dal lontano 1959. Cosa è cambiato nella Formazione Professionale in questi ultimi anni? Sono cambiate tantissime cose. Innanzitutto l’offerta formativa viene programmata in base ad un’ analisi del fabbisogno formativo del territorio per poter soddisfare le richieste del mercato del lavoro. Inoltre, il percorso formativo non è più inteso come rigido accumulo progressivo di titoli di studio, ma ha assunto un’impostazione più individualizzata basata sulla possibilità per il soggetto di alternare esperienze diversificate. Il tutto in relazione dei progressi tecnico-culturali propri del nostro tempo. Cosa è un “Obbligo Formativo”? È un’opportunità in più per costruire il futuro. Un’opportunità che si offre a tutti i giovani che non abbiano ancora compiuto il diciottesimo anno di età e che per una ragione o per l’altra si ritrovano esclusi o messi fuori dal classico circuito d’istruzione. Generalmente si tratta di giovani che vivono un disagio e che attraverso un corso di formazione triennale acquisiscono una qualifica professionale riconosciuta dalla Regione Puglia che gli consente di accedere al mondo del lavoro o in alternativa di reinserirsi nel circuito scolastico. Quali sono le figure professionali che operano in questi corsi? Le figure professionali sono diverse: i “Formatore” che oltre ad ideare, organizzare ed attuare attività di formazione, aiuta gli apprendisti durante il periodo di tirocinio; il “Docente formatore” che svolge una doppia funzione, sia quella didattiche che di educatore formale di uno specifico progetto educativo; il “Tutor” che rappresenta il facilitatore dei processi di apprendimento dal punto di vista educativo, psicologico, relazionale e istituzionale. L’ “Equipe” socio-psico-pedagogica con attività di sostegno mediante attività di conseuling, interviene in sinergia con i servizi territoriali preposti a prevenire forme di marginalità sociale. In conclusione, mi par di capire che per assolvere tali compiti siano necessari un team di alto profilo, strutture adeguate ed esperienza. L’alto profilo è indispensabile, così come l’esperienza che indubbiamente si acquisisce con anni e anni di duro lavoro caratterizzato da continui cambiamenti. Al nostro interno abbiamo figure professionali di comprovate esperienza, il nostro è un Ente di Formazione Professionale storico, operiamo in strutture adeguate atte ad accogliere i ragazzi e dotate di strumenti tecnologici che gli consentono di mettere a frutto le competenze professionali acquisite. Mi permetta di aggiungere che se a tutto ciò si somma l’interesse e la partecipazione delle Istituzioni preposte che, devo dire, mai come in questi ultimi anni sono state e sono attente e presenti e che come Noi mirano alla qualità della formazione, allora, possiamo affermare con tutta tranquillità che l’offerta formativa è uno strumento valido per tutti quei giovani che sperano in un futuro migliore, onesto e produttivo e che diventano risorsa viva di una terra meravigliosa come la nostra.

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24 Francesca Totleben

Sapori Salentini foto di Alessandro Muccio

Per segnalazioni enogastronomia@free24.it

enogastronomia

LOCANDA TI LI SPILUSI BRINDISI- CONTRADA RESTINCO 0831555481 - 3280898063 Per tutti coloro che volessero trascorrere una giornata immersi nella compagna brindisina, o una serata romantica, appena fuori le mura cittadine, in uno splendido giardino ornamentale degustando specialità locali ed ottimi vini autoctoni, La Locanda Ti li Spilusi è il luogo ideale. Ad accogliervi ci saranno i simpatici e sempre disponibili ad accontentare le vostre richieste, Fabrizio e Gianfranco, gli storici proprietari, che con lo chef Carlo soddisferanno ogni vostro desiderio. L’arredamento è rustico, le pareti ornate con antichi strumenti agricoli, il tovagliato vivace, il personale attento e cordiale. La carta dei vini assai varia e le etichette tutte rigorosamente locali. I prezzi sono onesti e rispettano pienamente il rapporto qualità prezzo. Potrete gustare tipicità di mare e di terra a partire da euro 25.00. NOI CONSIGLIAMO: Troccoli ai cauri (pasta fresca al granchio); tagliata di polpo nostrano; spumone artigianale. VINO CONSIGLIATO: rosato di uve autoctone doc (negramaro e malvasia).

Lo chef suggerisce

PURPU ALLA PIGNATA (Polpo al coccio)

Ingredienti:

Procedimento:

Polpo fresco; 4-5 pomodorini pachino; una cipolla rossa; uno spicchio di aglio; 2 patate; 1 ciuffetto di prezzemolo; 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva salentino; 1 foglia di alloro; sale e pepe q. b.

Battere bene il polpo per renderlo tenero, tagliarlo a pezzi e lavarlo bene. Fare un soffritto di cipolla e aglio in una pentola di terracotta e aggiungere le patate precedentemente tagliate in pezzi non molto grandi. In seguito aggiungere i pomodorini e tutti gli aromi con un po’ di acqua e portare a cottura per circa 45 minuti. Servire caldo con crostini di pane.

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Per informazioni redazione@freebrindisi.it

I SOTTOPASSI DI BRINDISI La pazienza dei brindisini è infinita. La conferma è in uno dei tanti giorni in cui ho utilizzato il sottopasso, di recente apertura, che da Via Tor Pisana conduce al Piazzale della Stazione modificando la logistica della nostra città. Nei pochi minuti di attraversamento ho incontrato almeno cinque-sei persone che con il peso della bicicletta salivano o scendevano le scale. Ho notato anche studentesse e studenti pendolari che, dal sud al nord, sollevavano la loro valigia piena di ricordi e necessità. Ho notato anche madri, sì soprattutto madri, sollevare passeggini appesantiti dall’amorevole peso dei loro bambini. Non ho incontrato mai diversamente abili perché per loro non si ipotizza per niente di attraversare un sottopasso. Sul volto di tutti la stessa rassegnazione. Pare che questa città tolga i pensieri o li addormenti, perché non comprendo come mai si possa passare da un punto all’altro di quel sottopasso senza che l’espressione del viaggiatore urbano non dimostri almeno un po’ di rabbia per ciò che ogni ingegnere di buon senso avrebbe dovuto realizzare: semplici scivoli per permettere il trasporto di bici, di bagagli e passeggini. Come in un film, ho rivisto le stesse scene spostandomi verso l’altro sottopasso distante pochi metri. Ogni sottopasso moderno, almeno in un contesto di architettura moderna e di civile utilità, dovrebbe prevedere il superamento delle barriere architettoniche. Ci sono persone che, viaggiando quotidianamente per lavoro, preferirebbero usare il treno con la bici al seguito per una sorta di alleanza fra bicicletta e treno per contrastare lo strapotere delle auto. Se questa preferenza, tuttavia, deve comportare traumi da sforzo per sollevamento pesi, è facile supporre una sua conseguente rinuncia. Non mi è dato conoscere le competenze della gestione di entrambi

i sottopassi. I responsabili, chiunque siano, darebbero una risposta di civiltà a basso costo posizionando, almeno, delle semplici canaline per fare scorrere le biciclette e magari anche le valige o i passeggini. Sarebbe già qualcosa. Anna Chiara Intini (Responsabile Ciclomici di Brindisi) Competitivi nel mondo del lavoro con il corso di Catalogazione dei manoscritti Con il Patrocinio della Regione Puglia I manoscritti: documenti preziosi quanto unici, conservati e custoditi sia nelle biblioteche pubbliche, sia in quelle private, ma nella maggior parte dei casi serbati gelosamente nelle biblioteche ecclesiastiche. Si tratta di eccezionali documenti generosi di storia e informazioni, ricchi di arte e favolosi decori, affascinanti espressioni della faticosa e antica opera di trascrizione e copiatura, ognuno di essi pur sempre un originale. Un’azione di censimento e conseguente promozione dei manoscritti è stata intrapresa dall’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche e per le informazioni bibliografiche (ICCU) che propone alle biblioteche la catalogazione di questi documenti e l’inserimento in un catalogo nazionale MANUS, al fine di conoscere la consistenza e la tipologia del patrimonio manoscritto custodito nelle biblioteche italiane. Ad oggi, in Puglia azioni di questo tipo sono state realizzate da pochissime biblioteche, gran parte del patrimonio manoscritto, non solo antico, ma anche moderno e contemporaneo, non è ad oggi stato catalogato. Urgente, quindi, rivolgere una particolare attenzione a volumi, epistole, codici manoscritti, che diversamente rimarrebbero sconosciuti a tutti. Le numerose selezioni del personale che negli anni Libermedia, società di servizi bibliotecari di Brindisi, ha curato per la realizzazione dei progetti ottenuti,

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ha evidenziato un’esigua presenza di catalogatori del manoscritto sul territorio pugliese, una totale assenza nelle province di Lecce e Taranto. Da qui nasce la proposta formativa del Centro d’eccellenza Libermedia di Brindisi, centro di formazione specializzato in materie biblioteconomiche. “Si è pensato ad un corso – afferma la dott.ssa Monica Albano, Amministratore della società Libermedia che dall’ottobre 2011 collabora con l’ICCU del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – che combinasse competenze teoriche (la natura e la storia del manoscritto, le varie tipologie di manoscritti esistenti) a esperienza pratica su campo (vere e proprie catalogazioni dei manoscritti con i documenti alla mano). Ciò è stato possibile concretizzarlo grazie alla collaborazione della Biblioteca Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi che metterà a disposizione delle nostre lezioni i propri codici.” “Riteniamo sia un risultato eccezionale – continua la dott.ssa Albano – poiché occasioni come queste concorrono a rendere i curricula dei giovani sempre più competitivi in un momento in cui solo la qualificazione e il perfezionamento delle competenze personali possono creare concrete occasioni di lavoro nella nostra Regione”. Il corso di Catalogazione dei manoscritti patrocinato dell’Assessorato alla Qualità del territorio, Cultura, Biblioteche della Regione Puglia, avrà inizio il 9 novembre 2012. Tra i docenti la dott.ssa Maria Virno (Responsabile della sezione manoscritti della Biblioteca Nazionale di Bari), la prof. ssa Clelia Gattagrisi (professore associato di Forme e funzioni del libro manoscritto e Paleografia latina presso l’Università degli Studi di Bari), la dott.ssa Maria Grazia Melucci (Direttore della Biblioteca del Conservatorio di Musica “Niccolò Piccinni” di Bari) ed altri professionisti del settore. Tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.libermedia.it oppure ai numeri 0831.1706062 e 349.7801216.




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