Free 24 n.31 - Glorie passate

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FREE-PRESS |

anno

1 |

numero

31 | 8

giugno

2012

glorie passate magazine DEL VENERDĂŹ

NEWS & CITY LIFE edizione di Brindisi

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INGHILTERRA

I sex toys? Si riciclano

Anche per i sex toys arriva ad un certo punto il momento della pensione ed ecco l’amletica domanda: dove gettare i vecchi “compagni di svago”? La risposta arriva da un’azienda inglese, La Rabbit Amnesty Environment, che ha lanciato l’iniziativa: il riciclaggio dei sex toys. Basta recarsi in uno dei punti vendita Rabbit Amnesty o andare sul sito dell’azienda per risolvere l’imbarazzante problema. Sarà l’azienda, infatti, ad occuparsi di smistare tutto il materiale che compone i sex toys (batterie, plastica e parti in gomma e silicone) e di inviarlo poi ai centri specifici di riciclaggio. Ma non è tutto. Nei punti di raccolta e di vendita, chiamati Collect Oh! Points, le donne possono o dare indietro gli strumenti dell’eros ormai vecchi o sbizzarrisrsi nell’acquistare nuove delizie erotiche. Per ogni acquisto e sex toys riciclato si rivevono dei punti, gli ‘Oh! Points’, che vengono poi salvati in una banca on line e messi a disposizione per acquistare un nuovo sex toys a un prezzo ridotto.

AUSTRIA

Apre Museo degli inventori falliti

Il fallimento può tramutarsi in successo? A visitare il “museo delle invenzioni fallite” ci si convince di sì. Aperto ad Herrnbaumgarten, in Austria, è opera di Fritz Gall, un uomo dalle tante idee creative, ma poco pratiche. Tutt’altro che scoraggiato dai fallimenti, Gall ha preso contatti con gli inventori come lui “senza successo” e allestito in tempo record una fiera delle “invenzioni fallite” 5.000 le adesioni e così Gall ha deciso di sviluppare ulteriormente il museo riuscendo a ottenere una partecipazione da alcuni enti pubblici che hanno ritenuto interessante supportare l’idea. Tra le stravaganti invenzioni esposte, l’“anonimizzatore portatile”, le “matite a prova di errore” e “gli spazzolini senza setole” pensati per chi non ha denti.

CINA POLONIA

Auschwitz versione Lego

Che i Lego non siano un “gioco da ragazzi” lo si sapeva, ma il modellino costruito con i famosi mattoncini colorati esposto al Museo di Varsavia ha dell’incredibile. Costruito nel 1996 dall’artista polacco Zbigniew, rappresenta il campo di concentramento di Auschwitz. Il museo della capitale polacca lo ha acquistato da un collezionista norvegese per la cifra di 65.000 euro. Una scelta costosa e rivelatasi impopolare. Tantissime le polemiche piombate addosso ai dirigenti del Museo, sebbene l’artista Zbigniew abbia dichiarato che l’opera voleva rappresentare la “semplicità del male” e la Lego abbia preso le distanze dichiarando di aver si sponsorizzato l’opera d’arte, ma senza essere a conoscenza dei contenuti specifici cui sarebbero serviti i componenti.

Divieto di ‘volo’ nei bagni pubblici Nei bagni pubblici di Pechino oggi è vietato volare. Sì, avete letto bene. D’ora in poi, nelle toilette cinesi sarà consentito il v o l o al massimo a due mosche. È quanto stabilisce una legge approvata la scorsa settimana dal governo della municipalità. Lo scopo è (chiaramente) quello di migliorare gli standard di pulizia dei servizi igienici. Tale regolamento non è però nuovo ai cittadini cinesi. Nel 1998, una legge nazionale consentiva a un massimo di cinque mosche di sorvolare i servizi igienici. La guerra alle mosche trova, nel passato cinese, altri precedenti, contro passeri e topi. Contro i primi, i cinesi ingaggiarono una dura lotta nel 1957, con veleno e fucili, uccidendone in un solo giorno più di 83.000. Questo però portò un incremento di insetti...

INGHILTERRA

Mattonelle a energia cinetica per i pedoni

Trasformare l’energia cinetica in elettricità, sfruttando il passeggio in un centro commerciale. È quanto avverrà la prossima estate nel centro commerciale urbano più grande d’Europa, il Westfield Stratford City Mall di Londra, al cui interno verranno installate venti piastrelle di gomma di colore verde chiaro. Progettate in modo da immagazzinare l’energia cinetica creata dai circa 40 milioni di pedoni, le nuove mattonelle genereranno diverse centinaia di kilowattora, abbastanza per illuminare tutto l’esterno del complesso. In media, un passo genera sette watt di elettricità, anche se la quantità varia a seconda del peso della persona. Per generare energia, la gomma della mattonella si abbassa di cinque millimetri, una differenza praticamente impercettibile per chi la calpesta. Il 5% va ad alimentare i LED che illuminano il logo al centro della piastrella stessa. Tutto il resto viene destinato all’applicazione o immagazzinato in una batteria per essere usato in seguito. Le mattonelle sono impermeabili, e possono quindi funzionare anche con pioggia, neve e ghiaccio. Secondo i test di resistenza dovrebbero durare per cinque anni.

Quanto spreco!

Oltre il 30% della produzione totale destinata al consumo umano viene sprecata, tra perdite alimentari che avvengono lungo la filiera, scarti di produzione e spreco domestico. Nei Paesi industrializzati vengono gettate 222 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, quantità sufficiente a sfamare l’intera popolazione dell’Africa Sub Sahariana (230 milioni). Solo in Europa la quantità ammonta a 89 milioni di tonnellate, ovvero a 180 kg procapite, e l’Italia rappresenta circa il 10% con 8,8 milioni di tonnellate: 27 kg pro-capite che si traducono in un costo di 454 euro all’anno per famiglia. Il maggiore spreco domestico pro capite si registra nel Regno Unito, con 110 kg a testa, seguono gli Usa (109 kg) e l’Italia (108 kg), Francia (99 kg), Germania (82 kg), Svezia (72 kg). In termini economici, lo spreco medio giornaliero di una famiglia USA di quattro persone è di 4,4 dollari, sufficienti a sfamare un’intera famiglia in un Paese in via di sviluppo. Il paradosso di 1,3 miliardi di tonnellate di cibo gettato nella spazzatura è reso ancora più intollerabile dal miliardo di persone che non ha accesso a sufficienti risorse alimentari.

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8 giugno 2012


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“Le coppie gay non sono coppie di serie B”. Questo l’appello lanciato dalla nota rivista Vanity Fair in una lettera aperta indirizzata al Ministro delle Pari Opportunità Elsa Fornero. “L’Italia - si legge nella missiva - assieme alla Grecia, è l’unico Paese dell’Unione Europea a non offrire alle coppie omosessuali alcuna opzione: né matrimonio né patto civile. Si crea così una palese disparità tra le coppie conviventi a seconda dell’orientamento sessuale. Questa disparità porta a gravi ed evidenti discriminazioni che vanno a toccare diritti fondamentali di ogni cittadino”. A sottoscrivere l’appello cinquantadue tra personaggi di cultura, politica, spettacolo e imprenditoria. Tra gli altri Alessandro Benetton, Raoul Bova, Don Luigi Ciotti, Geppi Cucciari, Milena Gabanelli, Marco Materazzi, Mina, Roberto Saviano.

Pene più severe per chi assume clandestini

In arrivo norme più severe per chi assume clandestini, ma anche permessi di soggiorno temporanei per i lavoratori che denunciano i loro sfruttatori. Il governo sta lavorando a un decreto legislativo per recepire la Direttiva europea 2009/52/CE sulle “norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”. Lo schema del decreto - recita la normativa - prevede un nuovo regime sanzionatorio per il datore di lavoro che sia stato condannato, anche con sentenza non definitiva, per i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o alla sfruttamento della prostituzione, o di minori da impiegare in attività illecita, di intermediazione illecita, di sfruttamento del lavoro o di assunzione di lavoratori privi di permesso di soggiorno ovvero con permesso scaduto, lo stesso non potrà poi ottenere il nulla osta per successive attività imprenditoriali. Inoltre, al fine di favorire l’emersione degli illeciti, il decreto prevede nei soli casi di particolare sfruttamento lavorativo, che lo straniero che presenta denuncia o cooperi nel procedimento penale, possa ottenere, a talune condizioni, il rilascio di un permesso di soggiorno di durata temporanea (correlata alla durata del procedimento penale).

Miss Italia a parte

Terremoto Emilia: SMS solidale

È attivo dalle 19 di martedì 29 maggio e lo sarà fino al 26 giugno il numero di SMS solidale 45500 per la campagna di raccolta fondi straordinaria a favore delle popolazioni della regione Emilia-Romagna duramente colpita dagli eventi sismici, il cui ricavato verrà versato sul fondo della Protezione Civile. L’iniziativa è frutto di un accordo tra Regione Emilia-Romagna e Protezione Civile Nazionale. “L’Emilia-Romagna – ha spiegato il presidente della Regione, Vasco Errani, che insieme al capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, hanno seguito l’evolversi della situazione al Centro Operativo di Marzaglia – deve trovare nell’Italia quella solidarietà che ha sempre offerto con orgoglio e umiltà al Paese”. Il valore della donazione sarà di 2 euro per ciascun SMS inviato da cellulari: TIM, Vodafone, WIND, 3, Poste Mobile, CoopVoce, Tiscali e Noverca. Sarà sempre di 2 euro per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa da Telecom Italia, Infostrada, Fastweb, TeleTu e Tiscali.

Un italiano su sei ricorre all’omeopatia Rinnovabili e auto elettrica. Svolta?

Quest’anno Miss Italia sarà aperto anche a giovani bellezze non italiane. Ma per loro una sezione “a parte”. Sta facendo molto discutere la decisione degli organizzatori dell’evento di far partecipare le figlie degli immigrati a una particolare categoria del celebre concorso. Vecchie e nuove italiane infatti non gareggeranno insieme. Le ragazze figlie di immigrati, che in Italia ci sono nate e cresciute, saranno di fatto ecluse dal vero e proprio concorso. Patrizia Mirigliani ha spiegato di voler procedere per gradi. “La decisione presa per l’edizione 2012 è un passo verso il cambiamento ed è già di per sé una rivoluzione”.

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8 giugno 2012

Una scossa nel mercato dell’auto elettrica. Nel 2011, sono stati venduti solo 300 esemplari di vetture elettriche su 1.750.000 immatricolazioni. Gli italiani sono interessati all’acquisto di auto elettriche, purché non siano un veicolo ‘da città’, ma un’alternativa all’auto tradizionale. L’auto del futuro dovrebbe costare allora meno di 15.000 euro, avere un’autonomia di 160 chilometri e velocità di ricarica di massimo due ore. Un terzo del petrolio consumato ogni giorno è per le auto e il mercato dei 30 Paesi più sviluppati assorbe 700 milioni di auto, che diventeranno il doppio nel 2050. Per gli addetti ai lavori, il 2012 sembra l’anno della svolta: le commissioni Trasporti e Attività produttive della Camera hanno appena adottato un testo unificato sull’auto elettrica che prevede, a partire dal 2013, e per i tre anni a seguire, uno stanziamento di 420 milioni di euro che si trasformeranno in un bonus fino a 5.000 euro per i compratori, un piano infrastrutturale per la ricarica e tariffe elettriche promozionali nella fase di start up del mercato.

Farmaci omeopatici sempre più presenti tra gli scaffali dei medicinali degli italiani. Nel 2011, un italiano su sei ne ha fatto uso, e quasi tutti ormai li conoscono. Da un’indagine condotta da DoxaPharma, emerge che oltre l’82% degli italiani conosce i farmaci omeopatici, e oltre il 16% della popolazione li ha usati nell’ultimo anno, mentre il 2,5% li usa almeno una volta a settimana. Un’ampia forbice di italiani ha tuttavia una conoscenza superficiale di questa tipologia di farmaco. La notorietà dell’omeopatia è dovuta molto più al tam-tam di amici e parenti che al ruolo scientifico di medici e farmacisti. Il 40% degli intervistati accetterebbe la prescrizione di un farmaco omeopatico dal proprio medico senza fare domande. Tra gli abituali utilizzatori dell’omeopatia, è importante lo strumento del web per aumentare il livello di informazione e soprattutto la sponsorizzazione da parte dei medici di famiglia.


Sergio Endrigo, all'epoca allievo del Collegio "Niccolò Tommaseo" di Brindisi, posa con alcuni compagni davanti all'istituto.

cybercittadino

Simone Aretano

Imollo la posta elettronica va in pensione foto: www.sergioendrigo.it

BENESSERE Arterie: no al pisolino

La pennichella post-pranzo può compromettere la salute delle nostre arterie. In che modo? Uno studio dell’Università di Reading (Regno Unito) dimostra che un’ora dopo il pranzo si verifica un picco di trigliceridi, dal 30 al 300% dei valori a digiuno, dovuto agli acidi grassi liberi rilasciati dal tessuto adiposo, in grado di provocare un maggior rischio di malattie cardiache e problemi coronarici. Un effetto più evidente lo si ha nei soggetti anziani. Chi invece fa almeno una camminata a passo svelto di 30 minuti al giorno ha picchi meno alti di trigliceridi. Non solo, ma una moderata attività fisica dopo il pranzo, al posto della pennichella, migliora i fattori di rischio associati alle malattie cardiovascolari. Questo vale soprattutto per gli individui obesi o sovrappeso.

Occhi al sole

Con le lenti alla melanina, da poco sul mercato italiano, sarà possibile proteggere gli occhi dalle radiazioni ultraviolette, che danneggiano la zona perioculare, dove la pelle è sottilissima e soggetta a segnarsi, e la retina, provocando arrossamenti, lacrimazioni, cheratosi, congiuntiviti, fino alla cateratta, anche in età giovanile. Brevettate dal medico americano James Gallas, queste particolari lenti sono in grado di sbarrare il 100% di radiazioni UV e gran parte della luce blu HEV, sottovalutata perché poco conosciuta ma in realtà molto pericolosa, in quanto capace di causare degenerazioni maculari senili. Con le lenti alla melanina se ne filtra solo un minimo indispensabile per percepire in modo netto i colori. Efficaci anche le lenti polarizzate, adatte soprattutto a chi fa sport d’acqua e, infine, quelle fotocromatiche, che cambiano l’intensità del colore a seconda della luce esterna, consigliate ai guidatori.

Chi utilizza la posta elettronica per lavoro sa quanto spesso sia lenta, inefficiente e attaccabile dagli spam. In più, spesso, l’invio in allegato di file di grandi dimensioni si può rivelare davvero un’ardua impresa. È arrivato dunque il momento di mandarla in pensione? Il sistema evoluto imollo nasce proprio con questo obiettivo e si pone come unica alternativa alle altre piattaforme che per funzionare hanno bisogno delle e-mail. La condivisione dei file e delle informazioni con imollo avviene in modo facile e sicuro attraverso un’applicazione ricercata anche in termini di stile e design. Sono migliaia gli utenti che nel mondo utilizzano imollo, e non devono misurarsi giornalmente con i filtri anti-spam, con i limiti di spazio delle caselle email, con le incostanti prestazioni dei provider, con le differenze di protocolli standard di invio e ricezione dei dati. È sufficiente cliccare su imollo, trascinare il file sull’icona del “tunnel”, che è anche il logo del prodotto, e trasferire il file al destinatario che se non dovesse essere collegato, riceverà una notifica direttamente sul suo desktop all’accensione del pc. «Metteteci alla prova – dice Raffaele Lafortezza, ideatore del progetto e socio fondatore – Scaricate gratuitamente imollo, nella versione beta (da www.imollo.com) e sin dal primo utilizzo capirete che siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione». «Un riconoscimento importante – aggiunge Gianni Serrano, Strategic Planner di imollo – che però per noi è solo un punto di partenza. Tra pochi giorni sarà disponibile online imollo 2.0, progettato per integrare funzioni tipiche dei sistemi cloud con funzioni di comunicazione e networking online». A credere nel progetto anche Unicredit che nell’ambito delle più innovative startup italiane ha conferito il prestigioso premio “Talento delle idee” 2012 proprio ad imollo. Per quanto l’obiettivo sia competere sui mercati internazionali, gli intraprendenti ideatori del progetto imollo tengono a sottolineare pieni di orgoglio che si tratta di una creazione “made in PUGLIA”.

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8 giugno 2012



Brindisi

tommaseo

Per i più giovani, il nome “Tommaseo” evoca un rudere, un grande fabbricato affacciato sul mare da decenni abbandonato al degrado e all’incuria. Per i padri, quel nome riporta alla memoria un collegio che ospitò decine e decine di allievi, non solo brindisini. Per i nonni , il “Tommaseo” rappresenta una pagina importante della storia della città di Brindisi. L’Accademia Marinara della Opera Nazionale Balilla (poi Collegio Navale della Gioventù Italiana del Littorio) fu progettata nel 1934 dall’architetto di scuola romana Gaetano Minnucci. Con i suoi 65.000 mq. di estensione, immersa in un’ampia area verde, l’imponente struttura dominava il seno di Ponente del porto interno. Di fronte, il Castello Svevo. Negli anni, tra impese gloriose e difficoltà economiche, il Collegio formò in senso patriottico e unitario centinaia di ragazzi, sfornò decine di atleti, ospitò diversi istituti scolastici e fu persino sede, nel 1958, del processo detto “dell’Ucciardone”. Ma in questa storia lunga mezzo secolo c’è un capitolo che merita di essere approfondito. Nel 1946 la struttura fu destinata all’accoglienza e all’istruzione di profughi giuliani e dalmati. Il Collegio brindisino, che fu allora intitolato a Niccolò Tommaseo, rappresentò per decine di giovani in fuga dalle terre occupate dalla Iugoslavia di Tito, il simbolo del riscatto e di una riconquistata dignità. A distanza di anni, molti di loro conservano di Brindisi e dei brindisini un bellissimo ricordo, carico di riconoscenza e affetto. Nel 2007 il nostro concittadino Enrico Sierra propose, dalle pagine di brundisium.net, di ricordare gli “ospiti giuliani” con una targa commemorativa da apporre in una sala del nuovo Collegio Tommaseo. Il recupero della struttura sembrava allora imminente. Così non è stato. Comune e Provincia, entrambi proprietari dell'edificio al 50% dopo la cessione decisa dalla Regione Puglia nel 2007, si son fatti la guerra per anni. Da una parte il presidente della Provincia, Massimo Ferrarese, che voleva trasformare l’ex collegio in un polo studentesco per scuole superiori, dall’altra l’ex sindaco Domenico Mennitti che voleva farne invece un centro turistico congressuale. Nel dicembre 2010, a seguito di un accordo con la Regione e la Provincia, il Comune di Brindisi è tornato in possesso della struttura con l’impegno di presentare un progetto di recupero. Gli ex studenti del Tommaseo e i brindisini attendono ancora.

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Collegio Navale “Niccolò Tommaseo"

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PRONTERA A "CASA HANDEL"

NEWS WEEK

ATTUALITà - POLITICA INCONTRI - SPORT

diario di bordo

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focus DEL VENERDì

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COLLEGIO tommaseo

GIROTONDO

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appuntamenti

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alessandra.caputo@freebrindisi.it Le informazioni storiche sul Collegio Navale sono state tratte dal volume “Il Collegio Navale ‘Niccolò Tommaseo’ 1934 - 1977 - Dalla progettazione al disuso” a cura del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali Archivio di Stato di Brindisi e dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Brindisi. Contributi fotografici: Pierluigi De Castro, Alfredo Perchinenna, Furio Percovich, Biblioteca Arcivescovile De Leo, il Catalogo "1927-2007 L'Amministrazione Comunale di Brindisi", Archivio di Stato di Brindisi.

ANNO 1 - numero 31 del 8 giugno 2012 in abbinamento gratuito con il quotidiano Senzacolonne

Registrazione Tribunale di Brindisi n. 8/11 Reg. Stampa del 04/11/2011

Direttore Responsabile Alessandra Caputo Responsabile commerciale Alessandro Perchinenna Edizione Free Salento srl Grafica e impaginazione Letizia Taveri - Alessandro Perchinenna

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Pubblicità e Stampa Pubblidea di Perchinenna Alessandro - Stampa Sud SpA Hanno collaborato Francesco Marchionna_Simone Aretano Michele Lamacchia_Antonio Mingolla_Danny Vitale_ Giuseppe Rollo_ Alfredo Perchinenna_Giorgia De Castro_Francesca Totleben_Alessandro Muccio

OGNI Venerdì in edicola in abbinamento gratuito con

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il PUNTO DI VISTA

Newsweek Domenica 3 giugno si è svolta a Brindisi la manifestazione Bimbimbici. Il corteo delle “giovani ruote” ha preso il via dal parco Cesare Braico per poi dirigersi lungo le strade cittadine. I giovani ciclisti armati di entusiasmo e di quella gioia che contraddistingue la loro età, in compagnia di nonni e genitori hanno percorso le vie cittadine offrendo un chiaro esempio di eco-sostenibilità. Particolarmente toccante il momento in cui i partecipanti hanno raggiunto l’Istituto ‘Francesca Laura Morvillo Falcone’ dove hanno posto, in onore alla giovane studentessa Alessia Bassi, le bandierine simbolo della manifestazione, quale prova concreta della ferma volontà di non voler dimenticare e di solidarietà nei confronti delle giovani vittime del vile attentato.

© Alessandro Muccio

Bimbimbici

Il 10 giugno prossimo prendono il via le gare di nuoto del XIV Campionato del Mondo settore Master, in programma quest’anno a Riccione. All’importante evento, che include anche le gare di pallanuoto, tuffi e nuoto sincronizzato, parteciperanno ben 12.660 iscritti, un record assoluto per questo tipo di manifestazione sportiva. A rappresentare la città di Brindisi ci saranno ben 18 atleti, quattordici tesserati della società sportiva Sottosopra e quattro dell’ASD Archimede. Per il gruppo master della piscina di Bozzano saranno presenti Fabio Tagliamento, Elio Renna, Virgilio Panarese, Massimiliano Oggiano, Vito Febbraro, Mino Molfetta, Luca Guadalupi, Lucia Matteo, Flavio Guadalupi, Dino Barletta, Vincenzo Giove, Alex Melchioretto, Monica Priore e Giovanni Membola, mentre per i colori dell’Archimede parteciperanno Francesco D’Aprile, Antonio Bianco, Savino Lasorsa e Giovanni Perugino. Alcuni di questi nuotatori brindisini parteciperanno anche alla gara di fondo in “acque libere” (in mare) sulla distanza dei 3 km ed entrambe le squadre brindisine sfideranno gli altri team nella staffetta 4 x 50m. Portabandiera della nostra città sarà Lucia Matteo, classe 1946, che quest’anno ha ottenuto l’incredibile en plein di 13 medaglie d’oro conquistate in 13 gare disputate nella sua categoria (M65). Le speranze di portare a Brindisi almeno una medaglia sono riposte su Vincenzo Giove, ranista più volte campione italiano; un risultato importante è atteso anche da Virgilio Panarese, dai fratelli Luca e Flavio Guadalupi e da Giovanni Perugino, atleti tra i migliori di categoria a livello nazionale. Un’occasione per portare la solidarietà di un’intera città, vittima di una tragedia causata dall’assurdità umana, alla popolazione della regione duramente colpita dal terremoto. Lo sport può essere anche questo.

basket BRINDISI – PISTOIA: CHE FINALE!

Ci siamo! La Giorgio Tesi Group Pistoia svolge la pratica Scafati in 5 avvincenti gare e approda in finale, dove ad attenderla trova una più fresca Enel Brindisi, reduce dal burrascoso sweep contro Barcellona. In campionato, Pistoia ha vinto sempre contro Brindisi e sono state sempre scintille, seppur sprigionate da due roster che ora appaiono molto differenti. Una serie finale quella che consentirà l’approdo nella massima serie che vedrà contrapposti Gibson e Hardy, Borovnjak e Galanda, Callahan e Toppo, Renfroe e Saccaggi, Ndoja e Tavernari, coach Bucchi e coach Moretti. Primi due incontri al PalaPentassuglia in programma giovedì 7 e domenica 10 giugno alle ore 20,45.

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© Alfredo Perchinenna

Nuoto: 18 brindisini ai mondiali di Riccione

Dovrebbe essere adibito ai giovani, alla funzione educatrice dei giovani. Il Collegio senza giovani sarà un Collegio senza vita, perché per i giovani è stato costruito, perché tutto, là dentro, parla di giovinezza. Giuseppe Amilcare Oddo, giornalista, allievo del Collegio Navale “Niccolò Tommaseo”, in un articolo pubblicato su "La Frccia" nel 1949.

ioni Ogni settimana Free Brindisi dedica un piccolo spazio del giornale a un’adozione. Uno dei tanti cani del Canile di Brindisi a cui dare visibilità, sperando nel buon cuore dei nostri lettori!

www. caniledibrindisi.it

HAPPY

Questo simpatico cagnolino ha solo otto mesi. Taglia piccola, carattere dolce e molto affettuoso. Happy ha già subito il dolore dell’abbandono e ha provato il terrore prima di vedersi chiuso con tanti altri cani, di canile in canile. Nel canile comunale di Brindisi, Happy ha trovato l’amore dei volontari, da dividere però con altri 900 compagni di sventura. Forse è ora che qualcuno gli faccia provare il calore di una casa e gli faccia conoscere il significato di una vera e leale amicizia.

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8 giugno 2012

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L’ACCADEMIA MARINARA

L’

Accademia marinara dell’Opera Nazionale Balilla fu l’opera più rilevante realizzata a Brindisi durante il ventennio fascista. Con l’istituzione di due collegi navali, quello di Brindisi e quello di Venezia, il regime intendeva realizzare due scuole paramilitari dove formare i ragazzi dai 6 ai 18 anni secondo i valori fondamentali della dottrina fascista, per favorirne poi l’accesso all’Accademia navale di Livorno. La scelta della città pugliese non fu casuale. La costruzione dell’imponente struttura rientrava in un progetto più ampio che prevedeva la rivalutazione e il rilancio del fronte del porto secondo il sentimento nazionalistico dei tempi. Il progetto fu commissionato dal comando centrale dell’O.N.B. all’architetto romano Gaetano Minnucci e da questi redatto nel giugno del 1934. L’area prescelta, quella dell’ex Villa Dionisi, elegante struttura dallo stile orientaleggiante costruita a fine ‘800), si estendeva per 65.000 mq lungo la sponda settentrionale del seno di Ponente del porto interno. Di proprietà del dottor Donato De Jure, era ricca di verde, tranquilla e relativamente periferica. Fu lo stesso Mussolini a dare simbolicamente inizio ai lavori di costruzione dell'Accademia con il primo colpo di piccone nella sua visita a Brindisi l’8 settembre del 1934. Tre anni più tardi, il 5 dicembre, il Collegio Navale della GIL, subentrata all’O.N.B., venne inaugurato, con rito in semplice ma significativo stile fascista, alla presenza del prefetto Ghidoli, delle autorità cittadine e degli allievi, ma la vera inaugurazione ebbe luogo il giorno dopo con la visita del segretario del Partito Nazionale Fascista Achille Storace, accolto dal servizio d’onore dei marinaretti schierati sulla scalinata esterna e dai reparti degli allievi in armi. Alcuni mesi dopo si ripresero i lavori. Minnucci propose, e Storace approvò, l’ampliamento della struttura. L’esecuzione del progetto (realizzato solo in parte con la costruzione del Padiglione infermeria e di altre aule) richiese tempo e denaro. Ci vollero ben 14 differenti collaudi prima che l’ingegner La Torraca presentasse, il 29 dicembre 1941, la relazione finale liquidando l’ammontare dei lavori eseguiti per un totale di 2.450.133,76 lire. Durante gli anni della seconda guerra mondiale il Collegio navale di Brindisi funzionò regolarmente e intensamente ospitando nel ’42 un giovanissimo Umberto di Savoia in visita. Il 12 settembre del 1943 parte della struttura venne occupata dalla Marina Militare e utilizzata come sede dell’Accademia Militare di Livorno sino al luglio del 1946. A dicembre dello stesso anno il Collegio venne riconsegnato al commissario provinciale della GI, subentrata nella proprietà dei

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© Biblioteca Arcivescovile Annibale De Leo

foto tratta dal catalogo: 1927-2007 L'Amministrazione della Provincia di Brindisi

Dall’Opera Nazionale Balilla a Niccolò Tommaseo

beni alla GIL, e due anni dopo, rimesso a nuovo dopo un intervento di restauro, fu concesso in uso al Ministero della Pubblica Istruzione e adibito a sede del collegio per profughi giuliani, istriani e dalmati. Fu allora che venne intitolato a Niccolò Tommaseo, in omaggio al linguista, scrittore e patriota originario di Sebenico, sostenitore della fratellanza tra le popolazioni slave e italiane. L’istituto riprese dunque a funzionare alle dipendenze del Commissariato nazionale GI e con il contributo del Ministero per l’assistenza post-bellica che pagava le rette degli allievi, ma sin dal primo periodo di apertura si trovò in serie difficoltà. Il pagamento delle rate avveniva in ritardo e le spese di gestione erano considerevoli. Ad aggravare ulteriormente la situazione, la soppressione del ministero per l’assistenza post-bellica nel 1947. Nonostante tutto, tra il 1947 e il 1951 il Collegio svolse una intensa attività educativa, didattica (rimasero in funzione le scuole elementari, cinque classi di media e l’istituto nautico) e soprattutto sportiva. Tanti i successi dei giovani allievi, tra gli altri il buon piazzamento della squadra di calcio ai tornei della lega giovanile e le vittorie nel canottaggio. Purtroppo né i meriti sportivi né la gloria passata poterono nulla: le spese superavano di gran lunga le entrate. Il provveditorato agli studi Luigi Costanzo propose allora di rendere il “Tommaseo” un collegio maschile di stato, istituendo dall’anno scolastico 1949-50 una sezione di convittori a pagamento. Il Ministero P.I., alle cui dipendente l’ex Accademia era passata, accettò. Non fu sufficiente. Il colpo finale lo assestò la decurtazione dei fondi destinati all’assistenza scolastica disposta dal Ministero del tesoro nel 1951. Il bilancio della struttura risultava oneroso e deficitario. 50.000.000 lire circa, a tanto ammontavano le spese annue per il normale mantenimento della struttura. Il Ministero P.I. – Ufficio assistenza post bellica, nell’impossibilità di procedere oltre, decise di chiudere il collegio alla fine dell’anno scolastico e di licenziare tutti i settanta dipendenti. Le Amministrazioni comunale e provinciale si opposero. Il braccio di ferro si concluse con un compromesso. Nell’ottobre del 1951, alle dirette dipendenze del Commissariato nazionale della Gioventù italiana, il Collegio riprese la sua attività ma come scuola convitto. Alla riapertura contava 150 allievi che pagavano la retta e 20 dipendenti. I semi-convittori, esclusi dal solo pernottamento, pagavano mensilmente lire 8.000. L’anno successivo i frequentanti erano 251 di cui 6 assistiti gratuitamente, 245 a pagamento, di questi 120 a metà retta perché orfani di guerra e giuliani e 100 a retta convenzionata col Ministero della P.I.


Alessandra Caputo

“Mi fermo… nel teatrino che è abbastanza grande e abbastanza bello e artistico… Poi alla Cappella assai ampia e bella nella sua semplicità. Poi ancora i grandi saloni con i lettini in bell’ordine; saloni ben arieggiati e più finestre ed ecco al magazzino viveri, ordinatissimo e impeccabilmente pulito… i refettori: immense sale con tavoli lunghi tutt’intorno. C’è folla e c’è appetito. Visi allegri di giovinetti e di ragazzi”. Giuseppe Amilcare Oddo, articolo pubblicato su "La Freccia", 1951.

Proprietà di Pi erluigi De Ca stro

VITA DI COLLEGIO

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a costruzione, in cemento armato e tufo, ricordava per forma una nave portaerei con la plancia, le ‘alette’ di destra e di sinistra, i vari ponti e il suo albero maestro collocato al centro. La monumentale gradinata d’ingresso, strategicamente posizionata, offriva un diretto collegamento marittimo con il centro della città. Elemento principale e di raccordo, era l’ampia corte (5.200 mq) ad uso di palestra, piazzale delle adunanze, anfiteatro. L’Accademia marinara aveva un impianto complesso ma funzionale, in un equilibrato rapporto tra spazi chiusi e aperti. Un’opera schematicamente rigida, ma dal linguaggio moderno in cui si fondevano l’imponenza dell’architettura romana, influenze europee, le tendenze culturali italiane e i dibattiti architettonici del movimento razionale del Novecento. L’ampia struttura in cui ragazzi dai 6 ai 18 anni potevano ricevere “una completa educazione oltreché professionale e morale, anche e soprattutto fisica e sportiva”, comprendeva, oltre agli uffici, alle aule scolastiche e ai laboratori di chimica e fisica, una cappella, un Padiglione infermeria, sette grandi camerate con 350/400 posti letto, due sale giochi, sale di lettura, una foresteria, un cinema-teatro, una palestra con sotto-palestra, due sale mensa, le cucine dislocate nel seminterrato e locali di servizio vari tra cui un salone da barbiere, una lavanderia, la stireria, lo spaccio, il magazzino, le docce, i servizi igienici. All’esterno un’ampia sistemazione con attrezzature sportive riproponeva la distinzione per fasce d’età: un campo di calcio regolamentare per i giochi dei più grandi e verso il pendio due campi di pallacanestro, due di pallavolo, pedane per il lancio del peso, piazzali e castelli ginnastici, una pista a sei corsie e, in riva al mare, locali per il rimessaggio delle barche a vela e delle iole per il canottaggio. A completare il tutto ampi spazi scenici per ospitare spettacoli ginnici, parate, esercitazioni e le riunioni degli allievi secondo i valori tipicamente fascisti. La vita all’interno del Collegio era scandita da orari ferrei. La giornata iniziava alle 06.30 (07.30 i giorni festivi), alle 07.30 i cadetti si ritrovavano nel refettorio per la colazione, poi in aula a seguire le lezioni. Prima mensa (pranzo) alle 13.00, seconda mensa (cena) alle ore 20.00, silenzio alle 21.00. Spartane le piccole aule arredate con una lavagna, la cattedra per gli insegnanti, banchi di legno chiaro e le pareti tappezzate di carte geografiche. Semplici e severe anche le camerate con letti a castello con ai piedi cassetti per la biancheria e gli “stipetti personali”, gli armadietti dove riporre gli abiti e le divise, ma all’occorrenza anche piccole casseforti chiuse da robusti lucchetti in cui custodire i pacchi spediti dalle famiglie. Gli allievi erano divisi in squadre, la prima formata dai maturandi, l’undicesima dai ragazzini della prima media. Ogni squadra era affidata a un istitutore di ruolo. A dirigere il collegio vi era un direttore, coadiuvato da un vicedirettore. Furono centinaia negli anni i ragazzi formati in senso patriottico e unitario, nel corpo e nello spirito, nel Collegio. Futuri medici, ufficiali militari, comandanti di marina, ingegneri. E perfino un ambasciatore.

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UN DESTINO TRADITO

La parabola discendente del Tommaseo dai Sessanta a oggi

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n lento, inesorabile e silenzioso declino. È questa l’immagine che dà oggi l’ex Collegio Tommaseo. Un fasto e uno smalto celati dalla vegetazione e dall’incapacità di gestione che, negli anni, hanno condannato una delle strutture brindisine più imponenti a un misero e infame ruolo cittadino. Quello di un gigante che si affaccia sul mare, piegato dalle crepe, schiacciato dagli arbusti e ammutolito dalla storia. Immobile, guarda la sua città attendendo risposte e aiuti che, puntualmente, tardano ad arrivare. Sul finire degli anni Cinquanta, la struttura presenta ingenti costi di gestione e diverse e continue sono le polemiche e le diatribe circa le responsabilità effettive. Nel luglio del 1958, il Tommaseo diviene popolare come sede del processo “dell’Ucciardone”, celebrato per suspicione e riguardante la rivolta dei carcerati, durata due giorni, sostenuta da elementi di mafia nel carcere dell’Ucciardone di Palermo. Dato l’alto numero di imputati e testimoni, su proposta dell’Ordine degli avvocati della Provincia, la Cassazione decide di usare il teatro del Collegio Navale, con i locali annessi per la camera di consiglio, la camera per i testimoni e la camera per i detenuti. L’amministrazione comunale decide di collaborare e di iniziare i lavori di adattamento, intuendo una possibilità di ritorno di immagine. Di diverso parere è invece Giovanni Valente, commissario nazionale GI, preoccupato dei danni alla struttura provocati dalla chiusura anticipata dell’attività scolastica e dei campi scuola estivi. La Presidenza del Consiglio autorizza l’uso gratuito dei locali, mentre è il Comune di Brindisi ad accollarsi le spese di restauro. Cambia il commissario nazionale GI, che contesta alla Presidenza del Consiglio la gratuità della concessione e chiede

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il pagamento di un canone al Comune di Brindisi. L’allora Sindaco, Manlio Poto, risponde ‘picche’. Il processo si fa. A caratterizzare quegli anni sono anche alcuni tumulti studenteschi che, con qualche sasso contro le finestre e qualche ferito, si lamentano della nuova direzione dell’Istituto. Il passivo in bilancio effettivamente c’è: 25 milioni di lire, per debiti verso i fornitori. Sempre nel 1959, il commissario Bertoni esprime parere favorevole alla proposta di alienazione del complesso, per 130 milioni di lire, all’amministrazione provinciale, che ne aveva fatto richiesta. La Provincia intendeva destinare lo stabile a sede definitiva dell’istituto nautico e di quello industriale di prossima creazione, mantenendo e potenziando il convitto. La trattativa non viene conclusa, non si sa il perché. Il degrado dell’edificio aumenta col tempo e sia il Prefetto sia il commissario nazionale GI reclamano adeguati stanziamenti per eseguire i lavori di sistemazione dell’immobile. Il colpo di grazia arriva nel 1961, quando a Venezia viene riaperto il Collegio Navale ‘Morosini’, chiuso nel dopoguerra in seguito al trattato di pace che stabiliva per l’Italia la possibilità di mantenere un unico collegio militare. Il Tommaseo continua a funzionare, tra il 1961 e il 1967, come edificio destinato a scuole e, nel periodo estivo, come colonia temporanea per minori assistiti. Nel 1968, nonostante diversi avvicendamenti dietro le scrivanie, iniziano i primi crolli alla struttura e, con essi, i primi veri scricchiolii tra GI e Comune di Brindisi. Decenni di mancata manutenzione si palesano improvvisamente,


Francesco Marchionna

tanto da diffondere, come una lunga inesorabile crepa, la convinzione che la struttura sia ormai inagibile. Nel 1969, Antonio di Giulio, uscendo dagli schemi, include una parte di Tommaseo, ormai sulle ginocchia, nel suo progetto di porticciolo turistico. Come da copione, niente di fatto. Nel 1976, il Tommaseo passa alla Regione, in ottemperanza della legge n.764 del 18 novembre 1975, per mezzo della quale le Regioni subentravano nello titolarità attiva e passiva delle situazioni risalenti alla ex Gioventù Italiana. Immediatamente il Dipartimento delle Foreste si insedia nel padiglione infermeria. Con il passaggio alla Regione, si spera che l’aria cambi. Invece il degrado aumenta, e continuano le proteste degli studenti. Nel 1977, la Regione dichiara il Tommaseo non idoneo allo svolgimento dell’attività di convitto e dispone la cessazione dell’attività al termine dell’anno scolastico. Da allora, per un paio di anni, solo silenzio e indifferenza. Nel 1979, il Comune di Brindisi chiede alla Regione l’uso dei locali del Tommaseo per la sistemazione di alcune famiglie per temporaneo ricovero. Da dieci, i nuclei famigliari aumentano fino a divenire più di un centinaio e, da allora, il termine “Collegio” caratterizza la provenienza, domiciliare e culturale/folkloristica, di un certo tipo di brindisinità rozza, violenta e disinibita, tipicamente anni Novanta. Il Tommaseo diviene una sorta di ‘terra di nessuno’ che per per circa un decennio contribuisce a demolire l’immagine già diroccata del complesso. Il resto è storia recente. Quelle famiglie oggi non ci sono più. Hanno avuto le loro abitazioni. Il Collegio rimane spoglio e senza vita, pur

non mancando le iniziative volte a ripristinarne le funzionalità. Tanti piccoli sogni nel cassetto. Chiusi a chiave. La gestione Antonino intende utilizzare la struttura come punto di riferimento per una zona alberghiera integrata con il sistema turistico, in sinergia con il castello e il porticciolo turistico. Progetto bloccato dalla burocrazia che impedisce il passaggio di competenze da Regione a Comune. Dopo alterne vicende, nel 1998 si pensa di inserire il recupero del Tommaseo nel progetto comunitario Interreg 2 Italia Grecia. La Regione Puglia non intende cedere a titolo gratuito il bene al Comune di Brindisi e anche quest’ipotesi sfuma. Nonostante ciò, la Provincia di Brindisi bandisce un concorso di progettazione per cui impegna anche una somma preliminare di 150mila euro, dando per scontato che la Regione ceda il Tommaseo e la stessa Provincia stabilisce di farne sede di un polo universitario di Brindisi. Nel 2010, il Tommaseo intende rinascere con le risorse Enel. La Provincia vuole trasferire tre istituti superiori (Majorana-Fermi-Marconi), risparmiando sugli affitti che invece sarebbero investiti per il pagamento dei mutui necessari alla ristrutturazione dello stabile che, comunque, resta al 50% in comodato al Comune. Oggi il Tommaseo, nel frattempo tornato in possesso del Comune, dopo decenni di onorato servizio, non sa ancora di quale morte morire. “Il destino dell’Italia è sul mare” recita un’iscrizione all’interno del complesso. Considerati gli svariati progetti andati a vuoto negli anni, per ora il destino del Tommaseo sembra più un continuo arenarsi.

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IL “MIO” TOMMASEO

© Biblioteca Arcivescovile Annibale De Leo

Partiamo dall’inizio. Suo padre. Quando l’Accademia marinara entrò in funzione, nel 1939, mio padre, Raffaele Spinosa, venne chiamato per tenere la contabilità. Diciassettenne, non aveva ancora finito gli studi di ragioneria. L’occasione lavorativa che gli si presentò fu unica e ovviamente la colse al volo. Fu quello l’inizio di un rapporto che si protrasse negli anni. Dopo una prima chiusura, l’accademia diventata nel frattempo “Collegio Niccolò Tommaseo”, fu riaperta nel 1951. Mio padre, grazie all’esperienza pregressa, fu tra i pochi a essere richiamato. In un primo momento ebbe l’incarico di economo e successivamente di dirigere il collegio. Fu l’ultimo direttore del “Tommaseo”. Quando la struttura venne chiusa definitivamente, mio padre ne soffrì moltissimo, ancor di più nel vederla abbandonata e occupata dagli “sfrattati”. Al collegio e a chi lo frequentò, studenti ed insegnanti, mio padre rimase affettivamente legato per tutta la vita. Del “Tommaseo” se ne prese cura, fin quando poté, con la stessa premura che riservò a noi figli. Quali erano i rapporti tra insegnanti e

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dirigenti? Ottimi. Ricordo il sodalizio di mio padre con vari insegnanti, il professor Di Giulio, il professor Tasso, il professor Loparco, il professor Pagliara Pompili di educazione fisica, il professor Totti che chiese a mio padre di poter allenare nella palestra del collegio i ragazzi che praticavano canottaggio. Uno su tutti, il professor Oddo, figura trainante nello sport a Brindisi che nel collegio organizzò eventi sportivi in diverse discipline dal ciclismo alla box, dall’ atletica al canottaggio. Molti degli allievi erano eccellenti atleti che hanno reso onore alla città di Brindisi e al collegio nel resto d’Italia. Si parla spesso del “Tommaseo” come di una struttura unica. Lo era davvero? Senza dubbio. Entrare nel “Tommaseo” era come entrare in un altro mondo. L’imponente struttura faceva impressione, l’architettura razionalista con forme geometriche ben definite e poi il timpano proteso verso il mare. Varcato l’ingresso del corridoio del piano terra, a sinistra ci si avviava verso la cappella e le mense. Il corridoio a destra portava invece agli

Il collegio brindisino nei ricordi dell’Ingegner Ivan Spinosa, figlio dell’ultimo direttore del “Tommaseo”.

uffici, al salone delle feste e alla palestra. Di palestre simili ancora non ce ne sono. Aveva due piani, quello di sopra era riservato all’attrezzistica e all’atletica. Da una balaustra ornata di piante si poteva vedere il piano inferiore dedicato invece alla box e allo scherma. Tutta la struttura in verità era magnifica. Ricordo ancora i marmi lucidi e gli ottoni scintillanti delle maniglie. Le cucine poi erano enormi. Pochi anni prima della chiusura del collegio


Alessandra Caputo

istituti scolastici… La struttura era ampia e a un certo punto si pensò di dare un certo numero di aule agli istituti tecnici e professionali, quello per le Attività Marinare in primis e poi l’Istituto Tecnico Industriale. Negli anni ‘60 il collegio ospitò il primo Istituto tecnico con la specializzazione in Elettronica e Telecomunicazioni. Da Roma in giù non ne esistevano altri che avessero la stessa specializzazione. In realtà tutte le scuole ospitate nel collegio, dalle medie agli istituti superi, erano di pregio, ad esempio il Nautico dell’indimenticato preside Valerio. L’inaugurazione del planetario, unico nel suo genere, fu un evento per l’intera città. La gloria e poi il declino. Cosa è accaduto al “Tommaseo”? Diminuirono progressivamente gli allievi paganti e poi il numero degli allievi, l’ultimo anno se ne contavano appena 30-40, eppure prima che la struttura passasse alla Regione furono elaborati dei progetti volti a fare del collegio un contenitore sportivo e culturale. Già all’epoca si prospettava la nascita del complesso di scuole poi di fatto sorte in via Benedetto Brin. Si pensò di rendere il “Tommaseo” un supporto agli istituti, poteva essere sfruttato come convitto dai ragazzi che dovevano tornare il pomeriggio a scuola. C’era anche il progetto di cedere il terreno del campo sportivo al Comune per farne una piscina coperta. Si preferì invece realizzare una piscina scoperta nei pressi alla spiaggia della Polizia, struttura che funzionò poi per pochissimo tempo. Quando il collegio fu ceduto alla Regione

tutti i progetti vennero meno. Si pensava che l’Ente ne avrebbe sfruttato le enormi potenzialità, invece non spese una lira in manutenzione considerando il “Tommaseo” ormai inutile. Il collegio fu così abbandonato. Da anni se ne prospetta il recupero. Il presidente della Provincia di Brindisi avrebbe voluto farne un polo studentesco per scuole superiori, l’ex sindaco di Brindisi un centro turistico congressuale. Quale, secondo lei, dovrebbe essere il destino del collegio? La cosa importante è restituire la struttura alla città. La natura e l’impostazione originaria del progetto furono di gran pregio. L’architetto Minnucci era all’epoca il miglior studioso di ambienti dedicati all’educazione giovanile, l’Accademia tutta era stata creata per formare nel corpo e nello spirito i giovani. Se rimanesse quell’impronta, salvo poi rimodernare tutto, si potrebbe restituire spazio vitale ai ragazzi che in questa città ne sono privi. Non sarebbe necessario scegliere, o centro congressi o istituto scolastico, si potrebbe realizzare tutto in un contenitore poliedrico. Il Morosini, a Venezia, nato parallelamente al “Tommaseo” ma meno imponente come struttura, ha ripreso a funzionare nel 1961 ed è ancora oggi un fiore all’occhiello della città veneta, unico collegio di stato marinaro in Italia. Perché Brindisi non deve sfruttare le opportunità che ha? La mia speranza è che il neo eletto sindaco abbia la volontà di restituire alla nostra città quello che per tanti ragazzi della mia generazione e della generazione precedente è stato un sogno.

© Biblioteca Arcivescovile Annibale De Leo

furono rifornite dalla Zanussi di attrezzature nuove, ottime. Il collegio era splendido anche all’esterno. Era circondato da una pineta di eucalipti e ben tre giardinieri curavano il parco in modo esemplare, fino a disegnare nelle aiuole l’ancora o la dicitura “Collegio Tommaseo”. Un gioiello riservato a pochi? Affatto. Il collegio è stato poco sfruttato dalla popolazione, ma mai chiuso o meglio precluso ai brindisini, tanto la struttura quanto la pineta. Chi lo gestiva non aveva nessun interesse ad amministrarlo privatisticamente. Il campo di calcio era sempre pieno, il teatro veniva affittato sia per manifestazioni politiche che culturali (il contributo che si richiedeva era simbolico), il salone utilizzato per le feste di fine anno degli istituti superiori. I ragazzi della mia generazione hanno vissuto il “Tommaseo” come centro di aggregazione, punto di ritrovo. Quali le attività che si svolgevano? La GIL prima e la GI poi che gestirono l’Accademia marinara, organizzavano diverse attività per i giovani allievi, culturali e sportive. Negli anni, i direttori del collegio che si sono succeduti hanno fatto lo stesso. Anche mio padre. Organizzò centri estivi per bambini e ragazzi, gruppi sportivi di pattinaggio, corsa campestre, atletica leggera e centri di formazione-lavoro per i ragazzi lavoratori. Si trattava in pratica di corsi di arti e mestieri che andarono a sopperire la mancanza di corsi specifici nelle scuole dopo la chiusura dei centri di avviamento professionale. I ragazzi ne uscivano operai specializzati. Il collegio ha sempre ospitato diversi

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O . . . 2 H H 2 O . ! . . 2 a H s s O . i .. U H2IL . . . O . COLLEGIO PER PROFUGHI . . I . . . A...E A.. 24

foto di Furio Percovich

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o scenario che fa da sfondo all’arrivo dei giuliano-dalmati nel Collegio navale di Brindisi non è molto differente da quello che colora il resto d’Italia. Tra il 1944 e la fine degli anni Cinquanta, la quasi totalità degli italiani residenti a Zara, a Fiume, nelle isole di Cherso e Lussino e nella penisola istriana, si trovò costretta ad abbandonare tutto (lavoro, casa, averi, affetti) e fuggire dalle proprie terre cedute alla Iugoslavia di Tito appena costituitasi. La popolazione italiana era considerata all’epoca da molti titoisti come ostile allo “Stato jugoslavo”, quindi intollerabile. Discriminazione etnica, rappresaglie, processi sommari, infoibamenti furono le armi utilizzate dal regime di Tito per spargere il terrore. Oltre 250.000 italiani si ritrovarono improvvisamente a vivere una quotidianità angosciosa e incerta. La quasi totalità scelse la fuga. Una diaspora che toccò tutto il mondo: Argentina, Australia, Stati Uniti, Brasile, Canada, Venezuela, ma soprattutto l’Italia. Nella loro nuova condizione di “profughi”, in migliaia scelsero, nonostante tutto, di restare nel proprio paese. Fu così che nel 1946 il collegio Navale della Gioventù Italiana del Littorio divenne il “Collegio per profughi giuliani”, intitolato al letterato dalmata Niccolò Tommaseo. Furono circa 500 i giovani ospitati in tutto nel collegio dal settembre 1946 al luglio 1951, con una media annuale di 250/260 presenze, ragazzi, molti ancora bambini, provenienti dai campi profughi o direttamente dall’Istria e dalle altre terre cedute alla Jugoslavia, dopo fughe fortunose e travagliate. Grazie all’interessamento del comandante Giuseppe Doldo, esule da Fiume, che aveva contattato direttamente il Ministero dell’assistenza post-bellica, nel collegio brindisino giunsero in particolare studenti provenienti da Fiume e Lussimpiccolo ai quali, già nel corso del primo anno scolastico 1946/7, se ne aggiunsero altri provenienti dall’Istria, da Pola, da Zara, da Fiume, dalle Isole di Cherso e di Lussino. Nell’ottobre 1946, il Collegio ospitava 300 giovani profughi istriani. “La famiglia lontana, la terra persa, la fame, l’impegno di tutti, grandi e piccini, nel far il nostro dovere di studenti, sono stati i fattori che ci hanno unito come fossimo tutti fratelli - ricorda l’ex alunno, Rudi Decleva - I più piccoli copiavano noi grandi nel comportamento, e l’educazione dei nostri Padri era da guida a tutti. Nei tempi liberi della ricreazione ci riunivamo e cantavamo in coro le canzoni delle nostre terre e quelle imparate dai nostri nonni, e quando andavamo in libera uscita a Brindisi, in divisa e in fila per sei, i brindisini ci guardavano con ammirazione e affetto. In testa i Muli più grandi per finir con i Muleti, che si dovevano sforzare a tenere il passo dei grandi con il petto ben in fuori. Alla periferia di Brindisi la gente stava seduta fuori dalle case e si chiamavano l’un l’altro per godersi lo spettacolo dei Giuliani che passavano cantando”. Il “Collegio Niccolò Tommaseo” divenne ben presto il punto di riferimento per la comunità giuliana. Gli insegnanti erano tutti profughi così come gli allievi ai quali vennero poi uniti orfani di guerra e figli di italiani all’estero. Alle dipendenze del Commissariato nazionale GI, ma con il contributo del Ministero per l’assistenza post-bellica che pagava le rette degli studenti, il collegio era riservato ai ragazzi della Scuola Media Inferiore, del Liceo Classico e dell’Istituto Tecnico per Ragionieri e per Geometri. Dall’ottobre del 1946, su autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione, la struttura ospitò anche le sedi distaccate dell’istituto nautico “F. Caracciolo” e del liceo scientifico “A. Scacchi” di Bari (in seguito sedi autonome). Al primo direttore, il prof. Pietro Troili, del Liceo Scientifico di Fiume “che non aveva il coraggio di rifiutare l’accoglienza a nessun giovane che bussava alla porta del collegio anche se ciò comportava l’impoverimento della dieta”, seguirono i professori Luigi Prandi e Ottorino Prosperi.

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legarli un filo invisibile fatto di ricordi ed esperienze condivise. La brutalità dell’uomo li ha fatti incontrare, la lontananza dagli affetti più cari li ha uniti e resi “fratelli”. Nel periodo di tempo trascorso nel collegio brindisino, di cinque anni scolastici per alcuni, di meno tempo per altri, tra i giovani profughi giuliani, istriani e dalmati si sono stabiliti dei rapporti di cameratismo e di amicizia che il tempo non ha spezzato, ma esteso anche ai familiari degli ex collegiali. A cementare tale legame è nata nel 1986 la “Libera Unione Allievi del Tommaseo” (LUAT). L’occasione, un raduno a Lazise a cui hanno partecipato 114 ex alunni del “Tommaseo”. A quel primo incontro, ne sono seguiti tanti altri. Con all’attivo diverse pubblicazioni, un sito internet (www. mulideltommaseo.it) e un periodico, “La Zanzara”, dal nome del giornalino del collegio, i “Muli (giovani) del Tommaseo” sono oggi una realtà più che mai viva e vitale.

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Il simbolo dell’acqua, seguito dalle cinque vocali dell’alfabeto e poi il marinaro ISSA! .... il saluto dei Muli del Tommaseo.

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Alessandra Caputo

GIULIANI

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a “Libera Unione Muli del Tommaseo” (LUMT), raccoglie nelle sue file tutti quei ragazzi (muli) studenti che dal settembre 1946 al luglio 1951 sono stati ospiti del collegio “Niccolò Tommaseo” di Brindisi, a seguito degli avvenimenti bellici e del conseguente esodo. La prima pattuglia, una trentina di ragazzi in massima parte fiumani, giunge nella città pugliese nel settembre 1946 e, grazie all’impegno tenace del professor Troili e di padre Tamburini, viene ospitata nell’ex Collegio Navale della G.I.L. che assumerà il nome “Collegio Niccolò Tommaseo per profughi Giuliano Dalmati”. Primo Direttore ne sarà Pietro Troili, cui va il grande merito di aver trasformato il Collegio in un centro di studi e di aggregazione per i figli degli esuli. Gli altri Direttori saranno Luigi Prandi ed Ottorino Prosperi. Grazie alla loro continua applicazione e all’appassionato impegno pedagogico degli istitutori, i “Muli” porteranno a termine con profitto gli studi e si inseriranno, con successo, nel mondo del lavoro. Nel luglio del ‘51 il Collegio viene chiuso per difficoltà economiche: termina così un’avventura iniziata cinque anni prima e che ha visto come protagonisti circa cinquecento ragazzi di ogni età, dagli undicenni della prima media ai ventenni che “hanno fatto la guerra”, per la stragrande maggioranza profughi Giuliano Dalmati a cui si sono aggiunti, in seguito, orfani di guerra e figli di italiani all’estero. Avventura cominciata, si, nel segno della precarietà per quanto riguarda la sistemazione, l’alimentazione, il vestiario e lo studio, ma anche cementata da solidi vincoli di solidarietà ed esaltata da amicizie che si dimostreranno durevoli nel tempo: la conferma di ciò la si avrà nel 1986, in occasione del primo raduno degli ex allievi del Tommaseo. Saranno presenti in 114, provenienti da tutta Italia e dall’estero. L’anno successivo nasce la “LUAT” (Libera Unione Allievi del Tommaseo) modificata a metà degli anni ‘90 in “LUMT” (Libera Unione Muli del Tommaseo) e contestualmente viene approvato il primo statuto, che sarà più volte emendato ed aggiornato. Dal 1986 in poi i raduni annuali si susseguono regolarmente, prima in sedi itineranti, poi, dal 1990 a Colle Isarco. Vengono pure editi alcuni volumi e le cronache del collegio. I titoli sono “ Allievi del Tommaseo” più comunemente conosciuto come il “fotone”, “La Nave Tommaseo”, “La Nave d’Argento”, ”La Zanzara” (il giornalino del Collegio, dal 1946 ai giorni nostri) e “Il ricordo più Lungo” che contiene la storia dell’esodo di una trentina di Muli. Attualmente aderiscono all’Associazione circa trecento ex allievi sparsi in tutto il mondo e legati da un filo invisibile fatto di ricordi e tradizioni comuni, affinità spirituali e amor di Patria; senza dimenticare la scanzonata allegria, caratteristica peculiare dell’età brindisina, proposta e sottolineata dal “Manifesto di Lazise”. www.mulideltommaseo.it

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! a s s i U . . MANIFESTO DI LAZISE Muli de Fiume, de Zara, de Pola, de Lussin, de Pisin, e tutti i altri, muli del Tommaseo, eccone qua fegatosi, ingropai, senza cavei, ma liberi e bei. Professori, dotori, piloti, colonei, generai, coghi, marineri, comandanti, ingegneri, bancari, industriali, cantautori, i xè rimasti a casa, neri, rossi, rosati che sia: qua semo noi del Tommaseo guardemose ben nei oci, ciolemose per culo, femo due ridade, contemose i ani pasadi, mi qua ti la’ ciò mi ciò ti, senza butarla tropo in nostalgia, lasemoghela ai veci. Ricordemo l’aventura de Brindisi, l’aria de quel toco de tera tuto nostro, dove gavemo podù cantar e parlar de novo quel che volevimo in ‘sto nostro franco dialetto, studiar latin, filosofia, navigazion e ragioneria, zogar ancora un par de ani, alzarse dopo el ribalton andar per el mondo, magari in zavate e capel de paja. Fin che l’ultimo sarà! Lazise, 11 Ottobre 1986.

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O . . . H 2 2 . . . O H O . ! . . 2 a H s s O . GIORNO, i UN ANNO, UNA VITA U H2..UN . . . O . . . I . . . E A... 24

Il primo anno io frequentai il “Tommaseo” di Brindisi come Allievo conseguendo la Maturità scientifica. Poi - essendo la mia Famiglia ancora a Fiume - fui assunto come Istitutore dove rimasi per altri quattro anni. Come me, furono assunti anche altri Muli, e tutti eravamo carenti nell’adempiere le nostre funzioni. Ci aiutò molto l’esperienza che avevamo fatto da Allievi con i nostri Istitutori, che era gente in gamba uscita dalla mitica Farnesina - equivalente alla odierna Bocconi in rapporto alle altre Università italiane - scelta dal Regime per formare i Cadetti dell’Accademia navale. Il loro motto era “pancia in dentro e petto in fuori” curando la nostra educazione basata soprattutto sull’ordine e sul rispetto dei regolamenti. Noi invece, tenuto conto che eravamo della stessa pasta profuga, non ci limitavamo solo all’osservanza della disciplina ma nei pomeriggi del doposcuola aiutavamo i ragazzi anche nelle traduzioni, nella matematica, nella letteratura, eccetera, avendo inoltre molta attenzione al loro comportamento. Insomma, rispetto agli Istitutori che avevamo avuto noi, noi ci sentivamo fratelli maggiori dei nostri Allievi e quindi con maggiori obblighi. A me furono affidati i più piccoli, quelli delle Medie, tra i quali Sergio Endrigo e Donato Fino. Due caratteri diversi: Fino impulsivo ed estroverso, Endrigo molto calcolato e prudente, per cui il secondo non riceveva mai nemmeno la più semplice punizione al contrario del primo. Endrigo sapeva mimetizzarsi nel mucchio, cioè tirava il sasso e nascondeva la mano, mentre Fino non solo esplodeva ma anche interveniva in difesa di qualche altro Muletto con critiche al mio operato. Fin già quella volta aveva la generosità nel cuore, e quello che aveva dentro lo esternava senza falsi atteggiamenti. Il ragazzo mi piaceva per la sua esuberante schiettezza e lealtà e un bel giorno lo promossi a Caposquadra, e lui svolse quel compito ottimamente non mancando tuttavia di riprendermi quando qualche mia decisione lui non la condivideva, ma sempre nei giusti termini e nel corretto rapporto Allievo-Istitutore. Rudi Decleva

Lei non può immaginare quanto piacere mi abbia fatto scoprire che Brindisi ricorda ancora il Collegio Tommaseo e i profughi Giuliani e Dalmati che lo hanno frequentato oltre sessant’anni fa. Sì, perché il Collegio Tommaseo a noi ragazzi ha salvato la vita e ridato un po’ di serenità dopo le tremende esperienze della guerra che noi avevamo perduto due volte, costretti a lasciare per sempre le nostre case e la nostra terra. Brindisi ci ha accolto con simpatia e comprensione, tanto più apprezzate poichè in altre parti non è stato così. Penso ai ferrovieri di Bologna che avevano minacciato uno sciopero per impedire che venisse fornita acqua da bere a un convoglio di profughi in transito. Ricordo il Collegio com’era allora, ancora quasi nuovo, con tutte le sue attrezzature: si tirava di scherma con maschere e fioretti, si andava in barca. Certo il tutto era accompagnato da un certo languorino, che le minestre di ceci non riuscivano mai a sfamare completamente. Alcuni di noi si offrivano di fare i camerieri nella mensa pur di avere un altro piatto di... minestra di ceci. Eravamo arrivati vestiti in maniera disastrata. Conservo una foto che mi ritrae con un amico che è tutto un programma e simboleggia la nostra temporanea miseria. Le belle divise ci hanno ridato dignità e voglia di studiare. Mentre la maggioranza degli allievi proveniva da Fiume e frequentava il Nautico, che era interno, io ero uno dei pochi iscritti al Ginnasio in città, che però non riconosco nei suoi nuovi edifici che appaiono sul suo sito. Questo voleva dire attraversare il porto in barca - 5 lire, se non ricordo male - ma anche questo ci pesava e spesso si tornava a piedi facendo il giro lungo che allora costeggiava immensi agrumeti. Una volta, col caldo, un amico ed io non abbiamo resistito e siamo scesi a cogliere un paio di arance a testa. Male ce ne incolse, perchè, non si sa da dove, è spuntato il padrone del campo su di un carretto e ci ha costretto a seguirlo alla sezione dei Carabinieri. «Cos’hanno fatto questi due?» «Li ho sorpresi a rubare aranci» Saputo che si trattava di due frutti in tutto l’ufficiale, pur facendo la

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voce grossa, non riusciva a trattenere un sorriso. « Via, andate via, e che non vi sorprenda mai più a rubare ». Il direttore Prandi era una figura veramente paterna, che cercava di tenerci occupati con tanto sport, organizzava spettacoli nel teatro del Collegio e una volta perfino una gita culturale a Lecce. In treno? No. In pullmann? Nemmeno. Su dei camion messi a disposizione dall’Esercito, forniti di banchi di legno. Dopo un anno e mezzo moi padre, epurato, è stato ripreso in servizio dal Ministero degli Esteri e mi ha voluto nuovamente con se’ a Nizza. Così ho pouto frequentare il Liceo a Sanremo e l’Università a Genova, prima di intraprendere una bella e lunga carriera alle Nazioni Unite, nelle sedi di New York, Bangkok, Nairobi, Ginevra e Atene. Ora vivo con mia moglie, Veneziana, a Nairobi, abbiamo un figlio, due nipotine e un nipote. Purtroppo, a causa della mia vita vagabonda, ho pochi contatti con gli altri “Muli del Tommaseo” che ho rivisto anni fa al raduno di Colle Isarco. Ho visto con molta tristezza e partecipazione l’assurdo e vile attacco alla Scuola “Morvillo Falcone”. Sono scene che si sovrappongono ai bei ricordi che conservo di Brindisi . Aldo Manos A Novembre mi arriva la lettera che sono stato accolto in collegio a Brindisi! Ho sì un’idea dove si trovi Brindisi, ma un’occhiata all’Atlante mi conferma quanto sia lontana da Novara, quanto lontano dovrò andare per continuare la scuola. La situazione economica familiare del momento non consente, certamente, che vada al Nautico di Camogli e la soluzione che mi si prospetta è l’ideale per la prosecuzione degli studi. Papà mi accompagna sino a Brindisi, viaggio lunghissimo che si protrae per circa 21 ore tra panorami completamente nuovi per me che per la prima volta scendo nel meridione d’Italia. Un tentativo di pernottamento in un albergo cittadino fallisce per il rifiuto di mio papà di accettare “camera con coperta” giustificato con un suo laconico “Non mi piace, questo posto!” È ormai notte fonda quando, arrivati sulla banchina del porto di fronte al Monumento al Marinaio, decidiamo che l’indomani mattina avremmo proseguito per il Collegio “N. Tommaseo” che ci indicano in lontananza dall’altra parte del braccio di mare. Sostiamo sulla gradinata prospiciente la Colonna Termine della Via Appia sino a quando un finanziere di passaggio ci invita a ripararci in una sala della Stazione Marittima: lo accettiamo volentieri perché anche al Sud le notti del 18 Dicembre sono piuttosto fredde. La mattina dopo siamo al Tommaseo e, salutato papà che riparte per Novara, inizia la mia vita di collegiale. Ho fatto già esperienza di vita collegiale a Fiume dai Salesiani al momento della frequenza della terza Media: volevano che studiassi di più per ben superare gli esami di quel ciclo di studi, ma questa volta è necessario che i risultati siano sempre favorevoli per poter ritornare l’anno successivo e conquistare il pezzo di carta, il diploma che mi apra una strada nella vita. Incontro i superiori e i compagni di classe che avrò vicini da oggi e, spero, per molto tempo. Il mattino che entro al Nautico, ho in testa un basco e vedo avvicinarsi un omino che tenta di strapparmelo: mi basta allontanare la testa perché egli non ci riesca, si arrabbi e mi chieda chi sia. “Sono un allievo del Nautico!” ma non so che quell’omino è l’Ing. Luigi La Macchia, Preside dell’Istituto Tecnico Nautico di Brindisi. Chiarito l’equivoco, mi ammette, dopo un colloquio con alcuni docenti per saggiare la mia preparazione, alla seconda classe pur avendo già frequentato a Fiume un’identica classe di un corso di studi di quattro anni. Ciò mi agevolerà e mi consentirà di conseguire ogni anno la regolare promozione a giugno e la quasi certezza di ottenere la riammissione in Collegio all’inizio del successivo anno scolastico. Buono l’affiatamento con i compagni di classe, velato forse da una iniziale e naturale diffidenza verso quest’ultimo arrivato che tenta d’intromettersi in un gruppo di anziani con qualche anno di collegio sulle spalle. Poi simpatia e amicizia prevalgono su ogni distinzione

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Alessandra Caputo

Abbiamo contattato alcuni membri della “Libera Unione Allievi del Tommaseo”. Ne è scaturito un intenso scambio epistolare, scandito dai ricordi e dalla nostalgia per gli ex alunni del collegio brindisino, dalla scoperta e dall’emozione per noi. Di seguito, alcune toccanti testimonianze.

...I...O...U i s s a ! di minore o maggiore anzianità. La “lingua ufficiale” è il nostro bel dialetto con le diverse cadenze e varianti, legate ai vari luoghi di provenienza. Nel primo anniversario della partenza da Fiume, posso considerarmi felicemente inserito tra quelli che avrò accanto fino al conseguimento del Diploma nel 1952. Con alcuni manterrò uno stretto rapporto di amicizia durante il Corso di Allievi Ufficiali di Complemento all’Accademia Navale di Livorno, ma alla nomina e al raggiungimento delle rispettive destinazioni, le relazioni si andranno affievolendo sempre più. Non ho mai dimenticato gli amici, compagni di classe, compagni di collegio di allora. Quando, cinquant’anni dopo, ne riabbracciai alcuni, mi convinsi che dopo quel giorno, in quell’anno e per tutta la vita avevo avuto la fortuna di averli conosciuti. Costituimmo una Libera Unione per rinsaldare quei vincoli di fraternità nati e maturati in 4 - 5 anni di convivenza. Ci ritrovammo adulti divenuti qualcuno, merito di quelli che in quegli anni ci avevano educato non solo fisicamente ma anche moralmente. Mario Cervino

Mi chiamo Adriano Agressi (della pallacanestro Libertas Brindisi negli anni Cinquanta) e sono uno dei “Muli del Tommaseo”, giovani allievi del collegio, ex Accademia Navale, dal quale abbiamo assunto il nome. Non esito a dire, personalmente e a nome di tutti i miei compagni di scuola e spesso di vita, che la città di Brindisi è rimasta nel cuore di tutti noi e così la splendida accoglienza riservata dai vostri concittadini alle centinaia di ragazzi, profughi sì ma sempre “polentoni”, che non è mai stato un insulto ma una simpatica presa in giro fra di noi e con voi. Forse i miei ricordi sono più vivi avendo frequentato gli ambienti sportivi più disparati ma sempre amichevoli e tale amicizia è rimasta viva anche con la squadra di Pallacanestro del Brindisi, ospitata anche a casa mia a Treviso nel periodo di partite con la squadra di Mestre. Come non ricordare Portaluri, Altomare, i fratelli Montanile, l’amico Vonghia scherzosamente terribile, Pisani,Velardi e Pentassuglia? Portato al basket strappandolo alla pallavolo, ma finisco subito perché finirei col dimenticare amici cari che meriterebbero tutti di essere citati: quante avventure durante i trasferimenti! Un’infinità di ricordi si affollano ala mia mente…

Sono Sergio Baratto, nato a Fiume (FU) il 07.08.1933. Nel novembre del 1946 i miei genitori organizzarono la fuga da Fiume cercando di salvare le nostre vite e la nostra dignità. Io avevo 13 anni e non mi rendevo conto che quel giorno stavamo abbandonando per sempre la nostra amata città, la nostra casa e con essa gli affetti, le tradizioni e il nostro dialetto. Dopo un viaggio allucinante attraverso l’Istria durato più di tre ore raggiungemmo a notte inoltrata Trieste. Per quella notte fummo ospitati in un istituto di Suore. Il giorno dopo, non so come, mia madre venne a conoscenza che in quel di Brindisi esisteva un collegio che ospitava i figli maschi dei profughi istriani e dalmati. Smaltite tutte le pratiche e ottenuti i documenti necessari, partii da Trieste da solo in una mattinata piovosa e arrivai a Brindisi nel tardo pomeriggio del giorno dopo, sporco, affamato, stanco e con le ossa rotte a causa della notte passata a dormire sulle panche in legno del treno. Fortunatamente, dopo aver percorso a piedi la strada che lo distanziava dalla stazione di Brindisi, il collegio “Niccolò Tommaseo” che mi apparve era molto bello e per di più, una volta entrato, mi resi conto che era già frequentato da circa 300 ragazzi istriani che parlavano il mio dialetto per cui mi sembrò di essere tornato a Fiume, a casa mia. Inizialmente è stata dura, si cercava con fatica di passare le giornate serenamente, ma i nostri pensieri continuamente rivolti verso la famiglia forzatamente abbandonata ci facevano piombare spesso in uno stato di profonda tristezza. Qualcuno cercava di farci ridere raccontando delle sciocchezze, ma era solo un modo come un altro per evitare di piangere. Piano piano, però, ci siamo abituati a convivere con questa nuova famiglia e ai ferrei orari che scandivano le nostre giornate. Ricordo non proprio la fame, ma tanto appetito e i ceci troppo presenti nei menù per essere graditi. Nei momenti della ricreazione spesso ci univamo come fratelli a cantare le canzoni della nostra terra nel nostro bel dialetto, momenti che ci facevano dimenticare per un momento la famiglia lontana. Oggi però, trascorsi 65 anni, posso dire con orgoglio che dalle mura di quel collegio che ci ha sfamato, educato, preparato ad accettare la disciplina e che ci ha trasmesso la forza e il carattere di affrontare il mondo, e dove io ho trascorso due anni indimenticabili della mia vita, è uscita una generazione di giovani che hanno saputo fare onore alle loro origini in Italia e nel mondo, non dimenticando mai di essere italiani, fiumani e perché no anche un po’ brindisini. Sì perché bisogna anche ricordare che i brindisini ci hanno accolto molto bene. A Brindisi non ci sono mai stati episodi di ostilità verso di noi, ostilità che invece subirono i miei genitori in altre località d’Italia. Mi ricordo con immenso piacere che quando alla domenica andavamo in libera uscita in città, in divisa e in fila per sei, cantando le canzoni delle nostre terre, i brindisini ci guardavano con ammirazione e affetto, per cui fu molto facile per noi “Muli del Tommaseo” integrarsi con la popolazione locale. Quando facevamo la rituale passeggiata per il corso non c’è mai stato nessuno che ci abbia trattato male dandoci del fascista. Ricordo con particolare emozione il giorno in cui un’anziana signora mi fermò chiedendomi se per caso noi “Muli del Tommaseo” fossimo i figli dei fascisti uccisi in Istria, alla mia risposta negativa mi guardò con tenerezza, mi fece una carezza e se ne andò in silenzio. Un gesto umano di una donna brindisina nei riguardi di un piccolo esule istriano che mi commosse e che non dimenticherò mai. In quel momento per me era stato come ricevere una carezza da parte di mia madre lontana. Grazie Brindisi.

H2...O - H2...O Sono Ennio Di Stefano, classe 1932, nato nell’isola di Lussino (oggi Croazia) e ospite della vostra città dal 1946 al 1952. Il Collegio Navale Niccolò Tommaseo è stata la mia casa per tutto quel tempo e ciò che ancora ricordo è l’ospitalità dapprima incuriosita e poi data senza riserve con la quale siamo stati accolti. Ricordo anche tutte le occasioni di incontri sportivi, quelle sociali e i tanti amici fatti sui banchi di scuola e fuori. Sono passati tanti anni e un’occasione di lavoro mi ha portato nella vostra città: molto cambiata come del resto tutto nella vita, ma la Brindisi di allora si riconosce ancora subito. Purtroppo il collegio non esiste più e quel poco che resta è, temo, perso e distrutto. C’era una bellissima scalinata monumentale che portava al mare; oggi vi passa un’anonima strada asfaltata. Anche questo segno dei tempi. Fa però piacere sapere che ci siete voi giovani con la vostra curiosità e la voglia di sapere. Scrivete pure di quel posto dove 350 ragazzi venuti da terre strappate all’Italia hanno potuto ritrovare anche se parzialmente quella gioventù negata a casa loro.

! a s s i U . . . ..O Proprio l’altro giorno raccontavo a mia moglie che in collegio non c’erano giovani e leggiadre pulzelle, con l’eccezione della segretaria di cui non ho mai saputo il nome, alla quale noi, ragazzi di 16-17 anni, facevamo le serenate sul tono di “Serenata celeste”, una canzone in voga a quei tempi (1946-7), nella versione che recitava così “Va serenata celeste celeste come gli occhi della segretaria che assomiglia tanto a una segretaria segretaria celeste e nulla più”.

Chi dice che i giovani non sono romantici? Se poteste rintracciarla vi pregherei di darle un grosso bacione da parte mia per aver rallegrato la mia gioventù e quella dei miei compagni. Giorgio Marcuzzi

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Archeologia

IL FANTOMATICO “TEATRO” DEL

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i tanto in tanto, a distanza di anni, tornano a galla dei dubbi riguardanti l’esistenza di un teatro all’interno dell’area del collegio navale “Niccolò Tommaseo”. Nonostante il tanto parlare, non sono mai stati portati avanti, una volta per tutte, studi approfonditi finalizzati a gettar luce sulla faccenda. Al disotto del piccolo promontorio sul quale sorge il collegio, ancora oggi è evidente una parte del fianco di forma semicircolare. Nel tentativo di comprendere cosa esso sia potuto essere, sono state fatte ipotesi differenti: un contenimento, una cava, un teatro del ventennio fascista o addirittura un teatro romano. Naturalmente, in mancanza di saggi e di fonti storiografiche non è possibile formulare tesi fondate, pertanto ci limiteremo a riportare quei pochi dati di cui siamo in possesso senza prendere alcuna posizione in merito se non quella di salvaguardare una struttura che, a prescindere dal periodo storico di appartenenza, riteniamo sia fondamentale recuperare e restituire alla cittadinanza, come avviene in altre realtà (Conversano, Matera, etc.), al fine di creare un luogo di incontro per rappresentazioni teatrali, utilizzando come scenografia la spettacolare veduta del porto e del Castello Svevo.

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Di Danny Vitale, Antonio Mingolla, Giuseppe Rollo

TOMMASEO VILLA DIONISI

Agli inizi del XIX secolo, nell’area dove oggi insiste l'ex Collegio Navale, sorgeva una villa già in parte diruta. In essa dimorò per qualche tempo il viaggiatore francese Antoine L. Castellan, come si evince dai suoi scritti. Verso la fine dell’Ottocento, fu costruita una bellissima villa in stile neogotico di proprietà della nota e benestante famiglia Dionisi. Da alcuni documenti inerenti la costruzione della villa non risulta alcuna esistenza di una struttura ma, dalle foto aeree, si può notare il tipico richiamo della forma a semicerchio proprio dove sorgeva il presunto teatro. Durante il ventennio fascista Villa Dionisi venne demolita per far spazio alla realizzazione del Collegio Navale.

IL TEATRO FASCISTA

© Pierluigi De Castro

L’8 settembre del 1934 Benito Mussolini, con il primo colpo di piccone, diede simbolicamente inizio ai lavori di costruzione del Collegio che si conclusero il 5 dicembre 1937, giorno dell’inaugurazione. L’edificio fu progettato da Gaetano Minnucci, uno fra i più importanti architetti dello stile Razionalista italiano, corrente architettonica che, partendo dal Futurismo, si sviluppò negli anni Venti e Trenta del XX secolo. Alcuni ritengono che i fascisti abbiano voluto realizzare, oltre a quello previsto all’interno del Collegio, un altro teatro questa volta all’aperto, secondo un modello romano. Questa struttura è facilmente visibile dalle foto aeree risalenti al periodo della costruzione del Collegio. Come riportato nella pubblicazione dell’Ordine degli Architetti, dell’Archivio di Stato di Brindisi e del Ministero per i Beni Culturali “Il Collegio Navale Niccolò Tommaseo1934-1977 - Dalla progettazione al disuso” (pag. 19), durante la costruzione vi furono diversi ripensamenti da parte dello stesso architetto Minnucci. “In generale la sistemazione esterna è riveduta, giacché l’introduzione del nuovo braccio a pettine con a termine la palestra, fa traslare verso l’interno (lungomare) l’intero campo sportivo, il cui spazio è metaforicamente bloccato tra il volume della rimessa per le imbarcazioni sulla banchina e un anfiteatro all’aperto”. Dalle foto aeree risalenti a quel periodo si nota chiaramente una struttura molto simile a una cavea, facente parte di un impianto che si presentava come un rudere sul costone digradante del Collegio, rivolto verso l’attuale lungomare Amerigo Vespucci. Non si hanno notizie in merito alla decisione e alle motivazioni che portarono al completo interramento della struttura qualche anno dopo l’apertura del Collegio, sulla quale poi furono piantati degli alberi di eucalipto. Essa è rimasta visibile fin dopo la metà degli anni Trenta, e alcune testimonianze dirette la ricordano come un rudere composto da gradoni in pietra, mai utilizzato dai collegiali per le loro rappresentazioni teatrali, poiché all’interno dell’istituto vi era un’ampia sala adibita a tale scopo. La tentazione di far risalire il teatro a un periodo romano è forte, ma non c'è alcun fondamento archeologico e storico. Sicuramente la posizione sarebbe stata ideale anche al fine di rappresentare battaglie navali, come avveniva nel Colosseo, con la differenza che qui si sarebbe potuto benissimo sfruttare lo scenario naturale del porto. Sembra, infatti, alquanto strano che nessuna fonte classica o dei secoli successivi ne abbia mai fatto cenno. Una tra le poche fonti certe, è il giudizio che diede la Soprintendenza negli anni Ottanta nel libro “La necropoli di via cappuccini”, (pag. 26 nota n. 17): “Nessun fondamento archeologico avevano le notizie riportate da Il Tempo del 20/08/1960 e La Gazzetta del Mezzogiorno del 16/10/83 relative alla scoperta di un anfiteatro al Casale: si trattava, infatti, di un edificio degli inizi di questo secolo”. Sempre nel Collegio Navale Tommaseo, sopra la scalinata d’accesso dal lungomare Vespucci, c’è una fontana nella quale un tempo vi erano dei delfini marmorei realizzati dallo scultore A. Fiordigiglio. Il Gruppo Archeologico segnalò lo stato di abbandono di queste sculture e fece pressione affinché fossero recuperate ed esposte a palazzo Nervegna; rimaniamo in attesa che sia data degna sistemazione e che un giorno possano ritornare in loco nel Collegio restaurato. Per completare la descrizione dell’area, in prossimità dell’ipotetico teatro vi sono numerosi grandi blocchi di pietra probabilmente di origine messapica. È interessante anche la presenza di due frammenti di colonna, di cui una rudentata.

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Diario di bordo

Michele Lamacchia http://leparolecreanomondi.wordpress.com

PIC CO LE STO RIE DI CU I NE SS UN O PAR LA

L

o scenario che fa da sfondo all’arrivo Sì, ho incontrato il papà di Walterino, fuori l’asilo. Mi ha chiesto se andiamo con loro al parco divertimenti, ma non è che io non ci voglia andare, eh! È che è un periodo speciale, bello mio, ché le cose non sono proprio come avevo immaginato. Quando ero piccolo piccolo quanto te già sapevo che ti avrei avuto. Sapevo già che avresti avuto questi capelli, questi occhi. Ti immaginavo meno alto, invece. E già sapevo come ti saresti chiamato. Come il nonno. E già sapevo che avrei badato io a te, alla mamma, alla casa. A tutto. Sapevo già tutto. Quello che avrei fatto, quello che avrei visto. Sapevo come si sarebbe svolta la giornata, tutte le giornate e le domeniche e i giorni al mare. Forse è questo: che mi ero fatto dei film, mi ero illuso. Mi hanno fatto credere che le cose sarebbero andate così, e così e basta. E io che ho abboccato!

Sì, ora non lavoro più, però vedi? Possiamo stare più tempo insieme! Sempre! Sì, ci hanno creduto tutti, anche il nonno. La mamma, poi… più di tutti. E infatti, ho visto come l’ha presa. No, nessuno mi ha insegnato che il film sarebbe potuto essere diverso. E ora cosa? Non lo so, non riesco ad immaginare un finale, bello mio. Chi può capire? Mi sono fatto un sacco di film. Belli. Dove tutto è già stato scritto e devi solo guardare. Mi sento di impazzire e non lo posso dire! Avremmo preso la macchina grande e ti avrei insegnato a leggere, a scrivere, a nuotare. Ti avrei insegnato ad affrontare la vita, ti avrei insegnato anche a volare. Ma questo lo posso fare. Adesso. Non come gli uccelli della tivù, che aspettano che i piccoli pulcini si lancino, ci provino da soli. Noi voleremo insieme, bello mio.

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Girotondo

Francesca Totleben

“Affumicati” Intenta a passeggiare per i vicoli di Mesagne, cittadina dell’interland brindisino, in uno dei vicoli che mi accingevo a percorrere noto la targa cui era intitolata una viuzza: “Via Accademia Affumicati... ?! Il pensiero è corso furtivo e con simpatia alle caciotte affumicate, al cacio cavallo nostrano, speck, salumi e quant’altro riguardi la gastronomia delle nostre zone (e non solo di queste). Incuriosita e “stuzzicata”, pur non perdendo di vista la ragione per cui mi trovavo a percorrere il caratteristico vicolo che dolcemente digradava in direzione del centro storico, ho cominciato a pormi stravaganti domande effettuando voli pindarici su chi, come, quando e perché la via avesse un così inusuale nome. Presa dal desiderio di sapere e di poter appagare, o meglio, dare una risposta sensata alle mie domande ho cominciato a interrogare le gente che casualmente incontravo lungo la strada, le risposte erano più o meno le stesse: “Da queste parti in epoca post bellica vi era la drogheria di un certo ‘caciottaro’ di nome Rosario rinomato per la squisitezza delle sue genuine caciotte e il suo saporito caciocavallo ovviamente affumicato”. Altri rispondevano affermando che, sempre nella suddetta via, “vi era un certo signor Damiano il carbonaio; altri ancora hanno attribuito l’inconsueto nome a un ipotetico e non ben definito camino di una non ben chiara abitazione, che difettava nel tiraggio e per tanto affumicava la strada e chi vi avesse abitato... ”. Appare ovvio a questo punto che per poter soddisfare i miei interrogativi ancora cocenti, svolti gli impegni, avrei fatto ricorso alle fonti storiche del luogo e dove se non presso la biblioteca comunale di Mesagne? Lì, sicuramente avrei trovato le risposte giuste e sensate che cercavo. Ebbene, dopo ulteriori e infruttuose ricerche, il mio “appetito” culturale fu soddisfatto. L’“Accademia degli Affumicati” era “un’accota” di dotti mesagnesi e non, costituita anche da ecclesiastici, sorta nel 1671 e riconosciuta con regio assenso in data 16 aprile dello stesso anno e solennemente inaugurata il 21 di giugno nella Chiesa Madre mesagnese che “cesso di vivere nell’anno” 1744 per scarsità di membri. Lo spirito che animava l’Accademia e quei dotti che ne facevano parte, non

riguardava esclusivamente problemi di carattere letterario, ma anche e in special modo il miglioramento dello spirito. Ogni accademico si dava uno pseudonimo, un attributo che a primo avviso sarebbe sembrato burlesco e faceto, ma che in realtà conteneva una profondità spirituale basso Medioevale ereditata dalle associazioni di beneficenza e dalle fratrie. Ciascun accademico possedeva un emblema e un motto in latino. Il motto rispondeva in pieno al significato dello pseudonimo e alla rappresentazione dell’emblema. Ad esempio, l’accademico Dottor Giuseppe Geofilo utilizzò come pseudonimo il nome di Offuscato ed ebbe come emblema alcune nubi dileguate dal sole splendente con il motto “Post nubilia phebus” e cioè “dopo la pioggia splende il sole”; Don Oronzo Verardi utilizzò lo pseudonimo di Immaturo ed ebbe a emblema una pera acerba col motto “Omnia cum tempore” ossia “ogni cosa a suo tempo”. E così via per ognuno dei membri dell’Accademia. L’“Arme” o stemma dell’Accademia degli Affumicati aveva per emblema un fascio di legno di quercia che brucia in parte, facendo sprigionare molto fumo (perché la legna era verde) col motto “Esplora robora”... EUREKA! L’ “Accademia degli Affumicati” era dunque un cenacolo di uomini dei che furono i quali si proponevano di sperimentare le loro forze intellettuali a favore di chi l’intelletto lo teneva offuscato dall’ignoranza di una società rurale, quale era quella dell’epoca, e dalle miserie della vita nessuna esclusa; desiderosi di migliorare le condizioni culturali di un popolo per sua natura pronto a ricevere il meglio dalla vita sociale e farlo progredire, proprio come il legno di quercia verde che esposto al sole o al fuoco si rende solido e consistente e che in quello sprigionare di fumo esprime tutto il suo vigore. Finalmente l’arcana via con il suo misterioso nome aveva avuto una degna spiegazione. Niente caciotte, niente cacio cavallo, nessun tipo di salume o qual si voglia specialità gastronomica, nessun carbonaio o camino mal riuscito ma semplice, deliziosa, affascinate cultura d’altri tempi, assai spesso sconosciuta e dimenticata ma che conserva sempre quel tocco di seduzione e charme che non lascia indifferenti.

NEWS - ATTUALITà INTRATTENIMENTO

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Appuntamenti Venerdì 8 giugno MUSICULTURA

“Atmosfere e sonorità della belle èpoque” ovvero un omaggio alla musica da salotto di fine Ottocento. Le romanze di Francesco Paolo Tosti e i pezzi di bravura al pianoforte di Fumagalli e Scriabin saranno gli ingredienti del ricco programma che la Rassegna MusiCultura proporrà venerdì 8 giugno alle ore 20.30 nell’ex Convento di Santa Chiara a Brindisi. Info: comunicatischipa@teletu.it.

le segnalazioni vanno inviate a redazione@freebrindisi.it

Milano. L’allestimento è ordinato presso l’Auditorium dell’ex chiesa delle Scuole Pie di Brindisi. La mostra, che resterà aperta sino al 30 giugno 2012, è curata dal prof. Massimo Guastella, critico d’arte e docente di Storia dell’arte contemporanea all’Ateneo salentino, organizzata dal CRACC Srl dell’Università del Salento e patrocinata dall’Amministrazione Comunale della Città di Latiano e dalla Fondazione Biblioteca Annibale De Leo di Brindisi. L’inaugurazione domenica 10 giugno alle 19.30. Nell’occasione sarà presentato il volume Giuseppe Ciracì ‐ Opere 200-2012, edito da Mario Congedo Editore di Galatina.

Domenica 10 giugno

Lunedì 11 giugno

Il MAP, Museo Mediterraneo dell’Arte Presente, progettato da CRACC (Conservazione e Ricerca Arti e Culture Contemporanee) società Spin‐off dell’Università del Salento, continua la sua attività di promozione del territorio proponendo al pubblico un appuntamento riservato all’arte contemporanea: la personale del giovane pittore brindisino Giuseppe Ciracì, da anni attivo a

Inaugurata presso le sale espositive del Bastione di Porta Mesagne, la mostra personale dedicata a Moreno Ciro Spagnuolo. Classe 1980, l’artista sperimenta l’arte visiva attraverso l’elaborazione grafica di scatti fotografici, con colori effervescenti e un personale tocco di iperrealismo distorto, ma ben preciso nella sua espressione artistica. Brindisi - Orari visite: tutti i giorni 10-12,30; 18-21.

IL MAP IN MOSTRA

PERSONALE DI MORENO SPAGNULO

I N P R I MO P I A N O

ULISSE…IL NARRATORE In occasione della XII edizione del Forum delle Camere di Commercio di Adriatico e Ionio, tenutosi a Brindisi dal 6 all’8 giugno 2012, il TeatroDellePietre ha portato in scena “Ulisse il Narratore” nato da un’idea di Ettore Catalano che ne ha curato la drammaturgia, e con la regia e l’allestimento scenico di Marcantonio Gallo e Fabrizio Cito. Lo spettacolo ha ripercorso ed evidenziato la figura di Ulisse, intrecciando l’affabulazione teatrale con le fascinazioni figurative e le avventure creative delle varie incarnazioni di Ulisse nel corso dei secoli, proponendo così un percorso di suggestioni e tracciando una mappa emotiva del viaggio intertestuale che conduce Ulisse dalle rive della Triade ai territori del mito peregrinando per tutto il Mediterraneo. Così come Ulisse nel suo viaggio di ritorno in patria si accosta a nuovi mondi, lo spettacolo ha voluto esplorare l’universalità dei linguaggi artistici quali la musica, la danza, la poesia che, assieme alla parola, sono diventate la struttura architettonica nella quale si è dipanata la narrazione. La scena scarna e bianca ilMarcantonio Gallo luminata alla maniera di Giorgio Strehler è lo sfondo su cui gli attori hanno mosso i loro passi in un gioco teatrale che ha recuperato l’eleganza e la lentezza degli sceneggiati Rai dei bei tempi andati, con un gioco di ombre a evocare Ciclopi ma anche le voci registrate di Fabrizio Bentivoglio e Vito Signorile a creare suggestioni. Gli stessi attori, con microfoni “effettati”, giocando sulle sfumature delle voci, hanno omaggiato certe invenzioni vocali sperimentate dal genio di Carmelo Bene. Questo l’apparato scenico semplice ed elegante che Marcantonio Gallo e Fabrizio Cito hanno scelto per raccontare. Ottima la scelta drammaturgica di Ettore Catalano di far parlare Ulisse delle proprie vicende, trasformando così l’eroe in un affabulatore irresistibile, coadiuvato da narratori/attori e dagli stessi dei in un continuo gioco di rimandi narrativi. Ottime le invenzioni sceniche: una Circe/sposa in abito “tentacolare” interpretata da Mirela Karlica nella sua lingua (serbo-croato) ha letteralmente riempito la scena. Tiresia ha predetto il futuro a Ulisse sospeso sulla sua testa come solo Stefania Savarese poteva fare, mentre gli dei, o meglio le dee che proteggono Ulisse, interpretate da Daniela Nisi con freschezza e ironia, sono apparse sedute su un “trono” creato dall’artista barese Giordano Bruno, unico elemento scenico di forte impatto. Belle ed eleganti le coreografie dell’Accademia delle Danze di Maria Chiara di Giulio e Mirko Giorgino. Quello che ha completato lo spettacolo è stata l’idea di far eseguire dal vivo le musiche dal gruppo Jazzabbanna, ma soprattutto la scelta audace di riproporre canti del nostro sud, in griko o in dialetto siciliano, a ricordare che il viaggio di Ulisse si compie nel Mediterraneo, un mare tra le terre, e soffermandosi sul Mediterraneo più “stretto” e più vicino a noi. Di grande impatto visivo il finale, quando irrompono sulla scena un coro di venti elementi a chiudere lo spettacolo che in poco più di un’ora ha saputo regalare emozioni come solo il teatro sa fare. Bravo Marcantonio Gallo, nel pieno della sua maturità artistica, convincente nei panni di un eroe pieno di sfumature, forte nelle sue umane debolezze, che attraverso le parole di Costantinos Kavasis riassume il concetto che lo stesso poeta forse vuole suggerire. E cioè che Itaca non rappresenti altro che l’idea del viaggio, e che forse Ulisse, a Itaca, nel profondo del suo cuore, non voleva ritornare, perché ogni ritorno è impossibile. Ulisse rappresenta la condizione di uomo per eccellenza, con tutte le caratteristiche che gli sono proprie, con i suoi pregi e difetti, la sua gloria e le sue debolezze. Con il suo desiderio di conoscenza, egli è l’uomo ingegnoso, il distruttore, il conoscitore di uomini, il mito per eccellenza, capace però di soffrire ma anche soggetto al fallimento e alla solitudine che possono conseguire dalla ricerca di se stessi. Il teatro è da sempre luogo di partenze. Ogni volta, guardando uno spettacolo, ci si avventura verso nuovi mondi espressivi. “Ulisse il Narratore” ha inteso mettere insieme i diversi linguaggi usati sulla scena (dialogo, narrazione, danza, poesia, musica) costruendo un percorso di suggestioni facilmente percepibili anche da spettatori non italofoni in quanto l’esito spettacolare è stato dato dai linguaggi universali dell’arte. Ma gli ospiti stranieri hanno comunque potuto seguire il testo in inglese, croato e albanese grazie a un servizio di interpretariato voluto dalla Camera di Commercio di Brindisi. Il mito, narrazione favolosa intorno agli dei, alle origini e alle tradizioni dei popoli, è da sempre un contenitore di figure, simboli, strutture narrative e paradigmi ormai tradizionali. Da questo contenitore attingono continuamente, in maniera consapevole e non, le espressioni culturali della società di oggi. Il mito è un insieme di concetti che riescono a scatenare passioni, sentimenti ed emozioni comuni. È cioè l’universalità dei sentimenti umani che vi vengono rappresentati. E “Ulisse il Narratore” del TeatroDellePietre ha saputo trasformare tutto questo in emozione teatrale.


PRONTERA A "CASA HANDEL" Il Maestro Cosimo Prontera sarà impegnato il prossimo 12 giugno nella celebre Haendel House Museum di Londra per i festeggiamenti del decennale dall’apertura. Una performance personale di musica barocca al clavicembalo, con un programma che avrà come titolo “I Compositori della Cappella Reale di Napoli” tra i quali spiccano Alessandro e Domenico Scarlatti, Gaetano Greco, Giovanni Salvatore, Gregorio Strozzi e l’immancabile Leonardo Leo” a cui Prontera dedicherà una conferenza, a lui piace chiamarla conversazione. Il direttore artistico del Barocco Festival e il fondatore e direttore dell’orchestra barocca la Confraternita de’ Musici, reputata una delle migliori del sud Italia, sarà protagonista ed interprete d’eccezione nella dimora dove il grande Georg Friedrich Händel soggiornò a Londra per li morirvi il 14 aprile 1759, trasformata in tempio della musica fra i più apprezzati e qualificati d’Europa che quest’anno festeggia il decennale dall’apertura. L’invito al maestro Prontera è arrivato dalla British Harpsichord Society, nella persona del presidente, che conobbe il direttore brindisino quando era in Puglia per una vacanza, ed accolto con estremo interesse da parte degli organizzatori inglesi. Si tratta di un eccezionale riconoscimento per le qualità professionali e per l’impegno profuso dal maestro Cosimo Prontera in anni di studi e di concerti di altissimo livello che hanno costituito il rilancio della musica barocca nella nostra terra, riscuotendo notevoli consensi ed ottenendo successi con la sua orchestra e le esibizioni personali al clavicembalo e all’organo portando con se, quasi come un ambasciatore, il nome della nostra comunità. “Fu un incontro del tutto singolare ed inconsueto, quasi un colpo di fortuna, con il presidente della British Harpsichord Society: Barry Ife – ha ricordato Cosimo Prontera ­– Durante quell’incontro mi accorsi che il presidente e la suo stretta collaboratrice, il maestro Penelope Cave, avevano tra le mani il mio volume riguardante le Composizioni per tastiera di Leonardo Leo e che cercavano il curatore di quel volume. Ravvisai subito lo stupore e la caratteristica compostezza tutta inglese quando gli dissi che lo avevano trovato. Fu la migliore e più favorevole occasione per parlare di vita professionale, di tutto il lavoro svolto e che si stava svolgendo intorno alla figura di Leonardo Leo, dal Barocco Festival al ritrovamento del manoscritto e dal relativo clamore mondiale, al secondo volume sui Partimenti, una particolare formula compositiva tutta napoletana, al Centro studi Leonardo Leo a San Vito dei Normanni. A volte ricostruire le soddisfazioni personali, e non solo, di qualcuno di noi è difficile o quanto meno coinvolgente. Se poi agli attestati di stima professionale e di svolgimento di un ottimo lavoro provengono da un settore particolare per la nostra terra, quello della musica, dove tutto sembra essere in salita, ciò assume un valore umano oltre che fungere da caparbio esempio”. Sul programma del concerto che svolgerà nella Haendel House il Maestro aggiunge: “Non potevo entrare nella ‘fossa dei leoni’ e combattere senza una adeguata corazza . Da qui l’idea di improntare il programma musicale su quegli autori a cui il mondo guardò nel settecento: la scuola napoletana. Suonerò su uno strumento storico dell’autore Gulielmus Smith costruito intorno al 1720”.

Programma della serata

di Gregorio Strozzi: Maschera sonata da più cavalieri napoletani nel regio palazzo; di Bernardo Storace Ciaccona in Do magg. di Domenico Scarlatti Fuga in Re min. di Gaetano Greco Toccata fuga e corrente in Sol min. di Giovanni Salvatore Toccata prima del primo tuono finto e una Canzon Francese di Leonardo Leo cinque Toccate di Alessandro Scarlatti una Toccata per cembalo in La min e mitica Follia free24.it 25

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edito da Sperling & Kupfer nella collana Pandora Autore - Sveva Casati Modignani In una grande dimora, alle porte di Milano, vivono i Cantoni, proprietari, da tre generazioni, delle omonime prestigiose rubinetterie. In apparenza, ogni componente della famiglia ha una personalità lineare. Nella realtà, ognuno di loro occulta agli altri segreti che li hanno segnati. Si tace persino sulla vena di follia che affligge Bianca, la matriarca di questa dinastia. Un giorno entra in scena Léonie Tardivaux, una giovane squattrinata francese che sposa l'unico nipote di nonna Bianca. La ragazza si integra così bene con la famiglia, da assimilarne tutte le abitudini, compresa la legge del silenzio su certe vicende personali. Questo non le impedisce di essere una moglie esemplare, una madre attenta, una manager di talento, capace di guidare con successo l'azienda in un momento di recessione economica. E intanto coltiva il suo segreto, quello che ogni anno, per un solo giorno, la induce a lasciare tutto e a rifugiarsi in un romantico albergo sul lago di Como.

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INTARSI DENTALI Un intarsio è un restauro che viene cementato sulla parte masticatoria di un dente premolare o molare. Gli intarsi permettono di salvaguardare la struttura dentale sana rimasta e di ricostruire con ottimi risultati estetici e funzionali, anche parti del dente estese. Costituiscono una valida alternativa alle otturazioni in denti danneggiati da carie o usura che tuttavia, non hanno bisogno di essere ricoperti con una capsula. Un intarsio può essere fatto per varie ragioni: in alternativa a un'otturazione molto grande, che potrebbe risultare non sufficientemente robusta, per evitare l'uso dell'amalgama d'argento nelle otturazioni, quando si voglia ottenere un'otturazione nei denti posteriori con un risultato estetico ottimale. Di che materiale sono fatti gli intarsi? “Gli intarsi possono essere fatti d'oro, di ceramica o di resine composite. Fino a qualche anno fa, la tecnica degli intarsi era limitata all'uso dell'oro, ma attualmente l'utilizzo di materiali dello stesso colore del dente è in grado di conferire ai restauri con intarsi, ottimi risultati estetici. Il materiale più adatto al caso sarà scelto in base a esigenze estetiche, tenendo in considerazione anche il notevole carico masticatorio al quale i denti posteriori sono sottoposti”. Come si fa un intarsio? “Inizialmente, il dente viene preparato rimuovendone la parte danneggiata e modellato in maniera tale da poter alloggiare l'intarsio. Un'impronta del dente viene poi rilevata in modo da ottenere un modello dal quale viene costruito l'intarsio. Se necessario, tra una seduta e l'altra, viene applicato un restauro improvviso, che sarò tolto per cementare l'intarsio definitivo”.

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