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RICORDI DEL PASSATO di Elisa Maria Vialetto (a cura di Fiorenzo Vialetto)
Elisa Vialetto è sorella di Antonietta, la nostra centenaria, ha qualche anno meno di lei e vive a Clusone, in provincia di Bergamo. La sua mente è ancora lucida e il suo paese natio le è rimasto sempre nel cuore. Ha affidato a un suo nipote questo frammento di vita con il desiderio che sia pubblicato sul “Vento del Brenta”. Ringraziamo lei e suo nipote per la collaborazione. Questo racconto fa emergere un mio ricordo personale. Mio zio Renato Vialetto, da qualche mese deceduto, che anche se abitava a Vicenza era sempre affezionato al paese natio. Negli anni Sessanta del Novecento aveva espresso l’idea di edificare in contrà Vialetti, ove si trova la casa ove avvennero i fatti descritti nel racconto, con il contributo dei Vialetto “Becari”, un capitello votivo in onore di Sant’Antonio. Forse era una forma di risarcimento morale per riparare allo spregio avvenuto in quella abitazione, nei confronti della statua del Santo di Padova, poi diventata di proprietà di suo padre Giovanni. Di tutto ciò, certamente, avrà sentito parlarne in famiglia. Poi questa idea, per svariati motivi, non si è concretizzata ma rimase sempre l’intenzione di un gesto che, forse, intendeva essere riparatorio.
Mi ricordo che quando ero piccola a casa mia la televisione non c’era, né la radio e neppure il cellulare.
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Allora in casa si parlava di più e ognuno raccontava qualcosa: come era andata la giornata, le novità del paese e vecchi ricordi. Un giorno mio padre Angelo della classe 1890 raccontò un episodio di quando era piccolo.
Faceva il chierichetto in parrocchia e tornando a casa dopo aver servito alla S. Messa, in una casa lungo il percorso sentì gridare forte persone che litigavano e da una finestra vide buttare qualcosa. Corse a vedere e con meraviglia vide che era una statua di S. Antonio che nella caduta si era rotta un braccio. La raccolse e la portò a casa, aggiustò il braccio come meglio poté e disse alla mamma: “… questo l’ho trovato io e l’avevano buttato, perciò lo voglio nella mia cameretta…”.
Passò un po’ di tempo e Angelo diventò un giovanotto. Purtroppo scoppiò la prima guerra mondiale fu chiamato per fare il soldato e venne mandato al fronte. Tutti sanno che questa guerra fu terribile e disastrosa con tanti morti e feriti. Anche Angelo fu ferito da una granata che gli scoppiò vicino e le schegge lo colpirono alla testa.
Ricevette i primi soccorsi all’ospedale da campo e guarito tornò a combattere nuovamente.
Siccome a Campolongo non erano più al sicuro per l’avanzata austriaca, la popolazione dovette sfollare (in Puglia, n.d.r.) e la famiglia di Angelo portò con sé la statuetta di S. Antonio.
Nel paese dove erano sfollati li ospitò una famiglia dove conobbero una ragazza in procinto di sposarsi che vedendo la statuetta la chiese in dono. Un po’ per riconoscenza e un po’ per renderla felice gliela lasciarono.
Angelo fu mandato a combattere su altri fronti e combatté anche in Africa, per tre anni non ricevettero più notizie tanto che tutti pensavano che fosse morto o disperso.
Dopo dieci anni grazie alla protezione di Dio e per intercessione di S. Antonio che amava fu congedato e prese la via del ritorno verso casa. Un suo vicino lo riconobbe e corse avanti gridando a tutti “…Angelo è vivo, non è morto e sta arrivando…”.
La notizia si sparse velocemente e il parroco fece suonare subito le campane. Mentre stava ancora abbracciando la mamma arrivarono il sindaco, il parroco e tanta gente per accompagnarlo in chiesa a cantare il tedeum di ringraziamento.
Alla fine poté andare a riposare nella sua stanza, ma si accorse subito che mancava qualcosa, la statuetta di S. Antonio. Chiese spiegazioni alla sua mamma che gli raccontò come erano andate le cose. Angelo ne rimase rattristato e chiese l’indirizzo per andare il giorno dopo a riprenderla.

Tornando in treno con la statua stretta in braccio come un bambino vide alcune persone che ridevano di lui, ma non gli importava nulla perché pensava che se dopo la bruttezza della guerra e i massacri che aveva visto era ancora vivo era certo che era anche grazie alla protezione del Santo.
Dopo la morte di Angelo la statuetta rimase nella sua casa per molti anni finché un giorno Franco l’unico nipote che porta ancora il cognome Vialetto chiese a noi tutti di poter portare la statuetta a casa sua a Treviso.
La statuetta non è più a Campolongo ma sono sicura che il Santo da lassù insieme ad Angelo continua a proteggerci e a intercedere per tutti noi e per la pace nel mondo.