Psoriasis 1/2009

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psoriasis

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Quando si sceglie ENBREL, si sceglie l'esperienza ! 16 anni di esperienza clinica cumulativa 1 ! Oltre 1.5 milioni di anni-paziente di esperienza clinica cumulativa nelle indicazioni approvate 2 ! 460.000 pazienti trattati in tutto il mondo nelle indicazioni approvate 3

- La psoriasi artropatica - Psoriasi e malattie infiammatorie croniche intestinali - La psoriasi delle mucose colpisce anche il tratto gastrointestinale

! Consolidato profilo di sicurezza in pazienti pediatrici e adulti con psoriasi 4,5

- Il prurito nella psoriasi - Come gestire gli eventi avversi dei farmaci biologici

Codice magazzino EN9031 Data di deposito all’AIFA 23/07/2009

Bibliografia 1. Nam MH, et al. Recombinant human dimeric tumor necrosis factor (TNF) receptor (TNFR:Fc): safety and pharmacokinetics in human volunteers. Clin Res 1993;41:249A (abstract). 2. Current therapeutics, Etanercept nel trattamento della psoriasi e della psoriasi artropatica, Anno XII, N. 6, maggio 2009 3. Dati IMS, dicembre 2008 4. Gordon KB, et al. Clinical Trial Safety Data of Events of Interest in Patients Receiving Etanercept (ENBREL®) Across Approved Indications. Poster 2610 presented at AAD 2007. 5. Paller AS, et al. Etanercept treatment for children and adolescents with plaque psoriasis. Etanercept Pediatric Psoriasis Study Group. N Engl J Med. 2008 Jan 17;358(3):241-51. 6. Enbrel, Riassunto delle Caratteristiche di Prodotto. Wyeth Pharmaceuticals

- Indici di valutazione della gravità - Valutazione strumentale della psoriasi a placche Volume 4 Numero 1 Aprile 2009

ISSN 1971-3843 Reg. Trib. Milano n° 708 del 13-11-2006 © Editoriale Fernando Folini

Codice DIME ENB 126/09

! Studiato in pazienti di età compresa tra i 4 e gli 87 anni 6

127/09 Dep. AIFA 23/07/2009

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Informazioni generali

Istruzioni per gli autori

Obiettivo della rivista Scopo primario di Psoriasis è quello di raccogliere e trasmettere informazioni scientifiche, cliniche e di politica sanitaria aggiornate, in grado di attivare un meccanismo di “rafforzamento” delle conoscenze del dermatologo, per metterlo così in condizione di affrontare con elementi di fatto scientifici e clinici il dibattito che si è aperto sull’approccio complessivo alla terapia della psoriasi. Tutto ciò nel tentativo di riportare il paziente al centro della strategia terapeutica operando delle scelte che, nel suo esclusivo interesse, siano in grado di coniugare conoscenze ed esperienze scaturite da tutte le strategie di cura della malattia. Articoli della rivista Gli articoli non devono mai essere apparsi su altre riviste a livello nazionale e internazionale né essere proposti per la pubblicazione ad altre testate. La redazione li sottoporrà all’attenta valutazione del board scientifico, che potrà richiedere una revisione all’autore. Gli autori sono gli unici responsabili dei rispettivi articoli e della relativa iconografia.

Norme editoriali

Invio degli articoli Gli articoli dovranno pervenire preferibilmente tramite posta elettronica all’indirizzo redazionepsoriasis@edifolini.com e in copia stampata, oppure su CD e in copia stampata, all’indirizzo: Editoriale Fernando Folini, Il Battaglino, 15052 Casalnoceto (AL). Si accettano i più comuni formati di Word processing sia Macintosh sia Windows, ma si raccomanda di accludere almeno una copia in formato RTF. Le illustrazioni dovranno essere in formato TIFF o EPS ad alta risoluzione (300 dpi) nelle dimensioni di 9x6 cm. Come richiedere la pubblicazione Gli autori dovranno restituire firmata la lettera allegata in cui chiedono che l’articolo venga pubblicato, dichiarano che l’articolo è originale e non è stato proposto ad altre testate; inoltre cedono il diritto d’autore alla Casa editrice che potrà utilizzare tutto o parte dell’articolo senza darne comunicazione agli autori. È necessaria l’approvazione scritta del direttore o del responsabile della struttura di riferimento (dipartimento, istituto etc.), qualora comparisse nell’articolo.

Linee guida per la preparazione del manoscritto

PAGINA DEL TITOLO Una pagina a parte deve riportare le seguenti informazioni: 1. Titolo dell’articolo, che la redazione potrà variare per esigenze di spazio; 2. Autori con nome e cognome indicati per esteso e i vari recapiti (telefono, fax e indirizzo e-mail); 3. Parole chiave (in italiano e in inglese) da un minimo di tre fino a un massimo di dieci. ABSTRACT (IN ITALIANO E IN INGLESE) Il riassunto dell’articolo dovrà essere di 250 parole e riportare: – per le ricerche originali: obiettivi, metodi, risultati, conclusioni; – per le revisioni della letteratura: obiettivi, dati, fonti, selezione degli articoli, conclusioni. TESTO Introduzione Descriverà brevemente le problematiche trattate evidenziando: – letteratura di riferimento; – lo stato attuale delle conoscenze; – gli obiettivi della ricerca proposta. Metodi Includerà le informazioni sulle metodologie utilizzate al momento della stesura del protocollo dello studio. In caso di metodiche non originali, è necessario citare gli autori e il lavoro da cui sono estratte. Etica I dati dovranno essere riportati seguendo gli standard etici più elevati. Statistica Le metodologie utilizzate dovranno essere descritte nel dettaglio permettendo al lettore di risalire ai dati originali, verificando così la validità dei risultati raggiunti. Risultati Presenterà i risultati in sequenza logica. Tabelle, figure e analisi statistiche potranno essere usate per riassumere i concetti più importanti. Discussione Enfatizzerà gli aspetti nuovi e importanti dello studio e i risultati a cui

Board

- Direttore scientifico: Torello Lotti (Firenze) - Coordinatore scientifico: Alberto Giannetti (Modena) - Gianfranco Altomare (Milano) - Mario Aricò (Palermo) - Fabio Arcangeli (Cesena) - Nicola Aste (Cagliari) - Fabio Ayala (Napoli) - Federico Bardazzi (Bologna)

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- Enzo Berardesca (Roma) - Maria Grazia Bernengo (Torino) - Stefano Calvieri (Roma) - Pier G. Calzavara Pinton (Brescia) - Piero Campolmi (Firenze) - Sergio Chimenti (Roma) - Ornella De Pità (Roma) - Paolo Fabbri (Firenze) - Michele Fimiani (Siena) - Giorgio Filosa (Jesi) - Ilaria Ghersetich (Firenze)

hanno portato confrontandoli anche con quelli di altri studi importanti, senza trascurare i limiti dello studio e le sue implicazioni per la ricerca futura e la pratica clinica. Le conclusioni dovranno essere collegate agli obiettivi dello studio evitando affermazioni non adeguatamente supportate dai dati. BIBLIOGRAFIA Numerare i riferimenti bibliografici in base all’ordine di apparizione negli articoli, riportandoli nel modo seguente: Rivista: 1. You CH, Lee KY, Chey RY, Menguy R. Electrogastrographic study of patients with unexplained nausea, bloating and vomiting. Gastroenterology 1980;79:311-4. Libro o capitolo di libro: 2. Colson JH, Armour WJ. Sports injuries and their treatment. 2nd rev ed. London: St Paul, 1986. 3. Rajaka G. Infantile seborrhoeic dermatitis. In: Harper J, Oranje A, Prose N, eds. Textbook of pediatric dermatology. 2nd ed. Oxford: Scientific Publications 2000, pp. 255-59. Identificare i riferimenti bibliografici nel testo, nelle tabelle e nelle figure con i numeri arabi tra parentesi. Sono consigliati non più di 20 riferimenti bibliografici. TABELLE Le tabelle dovranno essere numerate e richiamate nel testo in ordine progressivo, ciascuna con un proprio titolo. Note esplicative potranno essere riportate in fondo alla tabella. ILLUSTRAZIONI Le illustrazioni dovranno essere numerate e richiamate nel testo in ordine progressivo. Dovranno essere stampate e salvate su file a parte, ognuna di esse accompagnata dalla propria didascalia e legenda. Lettere, numeri e simboli dovranno essere ben leggibili, i titoli e le spiegazioni riportati a lato. Le norme editoriali sono state redatte sulla base del Vancouver Style (Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Journals). Per maggiori informazioni http://www.icmje.org

- Gian Luigi Giovene (Perugia) - Giampiero Girolomoni (Verona) - Franco Kokelj (Trieste) - Giorgio Leigheb (Novara) - Patrizia Martini (Lucca) - Giuseppe Monfrecola (Napoli) - Patrizio Mulas (Cagliari) - Annamaria Offidani (Ancona) - Ketty Peris (L’Aquila) - Andrea Peserico (Padova) - Mauro Picardo (Roma)

- Carlo Pincelli (Modena) - Mario Pippione (Torino) - Antonio Puglisi Guerra (Messina) - Patrizio Sedona (Venezia) - Stefania Seidenari (Modena) - Antonello Tulli (Chieti) - Gino A. Vena (Bari) - Giovanna Zambruno (Roma)

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Indice . Editoriale

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Torello Lotti, Alberto Giannetti

. Aggiornamento clinico 5

La psoriasi artropatica Lara Tripo, Mario Aricò, Maria Rita Bongiorno Psoriasi e malattie infiammatorie croniche intestinali Gian Eugenio Tontini, Luisa Spina,

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Flaminia Cavallaro, Maria Mangano, A. Nur Fardowza, Maurizio Vecchi

La psoriasi delle mucose colpisce anche il tratto gastrointestinale

17 20 23

Angelo Massimiliano D’Erme, Alessia Gori, Torello Lotti

Il prurito nella psoriasi Federica Ricceri, Francesca Prignano Come gestire gli eventi avversi dei farmaci biologici Elena Frigerio

. Strumenti clinici 28

Indici di valutazione della gravità Andrea Altomare Valutazione strumentale della psoriasi a placche Francesca Nicolucci, Leone Biagio Faiola, Nicoletta Bernardini, Giorgio La Viola, Ilaria Proietti, Daniele Innocenzi†, Concetta Potenza

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. Case report Psoriasi e disturbo bipolare: l’effetto di anti-TNFα sul quadro psichico dei pazienti Giuseppina Giuliano, Angelo Massimiliano D’Erme, Cristiana Nisita, Paolo Barachini

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. Report Etanercept nel trattamento della psoriasi e dell’artrite psoriasica: la doppia faccia della luna Silvia Betti, Francesca Bandinelli, Andrea Bassi, Marco Matucci Cerinic, Torello Lotti

Direttore scientifico: Torello Lotti

© Editoriale Fernando Folini

Direttore responsabile: Fernando Folini

Un marchio di - an imprint of

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Fernando Folini Productions Il Battaglino, I-15052 Casalnoceto (AL) Direzione, redazione e pubblicità: Editoriale Fernando Folini Il Battaglino, I-15052 Casalnoceto (AL)

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Segreteria editoriale: Maria Chiara Panizza Redazione: Enrica Ferrari Progetto grafico: Emanuela Reggiani

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Editoriale

Psoriasi e malattie infiammatorie TORELLO LOTTI Direttore U.O. Dermatologica Complessa Direttore Centro Interuniversitario Università degli Studi di Firenze e-mail: torello.lotti@unifi.it

ino alla metà del secolo scorso, la compresenza nello stesso paziente di forme infiammatorie croniche coinvolgenti diversi apparati era considerata per lo più casuale, come pure la compresenza di psoriasi e artropatie croniche. Da allora un approccio sempre più interdisciplinare ha messo in evidenza come si tratti di una vera e propria associazione di patologie, associazione che si presenta in una percentuale di casi rilevante. La psoriasi artropatica sembra presente nel 30-40% dei pazienti psoriasici; una malattia infiammatoria cronica intestinale nel 10%. Ciononostante, le conoscenze sono tuttora in evoluzione, e saranno necessari ulteriori studi per approfondire l’epidemiologia e in alcuni casi la definizione clinica e diagnostica di tali patologie. Un contributo in questo senso viene offerto dall’articolo di Tontini e colleghi. “Psoriasi e malattie infiammatorie croniche intestinali”, con un quadro aggiornato delle conoscenze e un’apertura a recenti acquisizioni di genetica molecolare che fanno ipotizzare vie comuni di attiva-

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ALBERTO GIANNETTI Direttore Clinica Dermatologica Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e-mail: giannetti.alberto@unimore.it

zione e amplificazione dei processi infiammatori. Della psoriasi artropatica riferiscono invece Tripo, Aricò e Bongiorno, con un lavoro che prende in esame tanto l’epidemiologia e i fattori legati a eziologia e patogenesi, quanto la diagnosi dei quadri clinici e i principali farmaci attualmente in uso per la terapia. Un tema, quello dell’associazione psoriasi-psoriasi artropatica, che viene ripreso nel report “Etanercept nel trattamento della psoriasi e dell’artrite psoriasica: la doppia faccia della luna”, di Betti e colleghi. Una metanalisi di casi tratti dalla letteratura viene qui messa a confronto con l’esperienza derivata dal trattamento di un centinaio di casi nel centro Psocare di Firenze. A richiesta di numerosi lettori e colleghi, pubblichiamo una review completa su 11 diversi indici di valutazione della gravità della psoriasi, e un’approfondita descrizione dell’utilizzo diagnostico della microscopia confocale, contestualizzata nell’impiego di altre forme di valutazione strumentale (istologia, ecografia, capillaroscopia).

Il successo di alcuni farmaci biologici nel trattamento di forme anche gravi di psoriasi rende necessario un approccio che identifichi il grado di rischio, paziente per paziente, della manifestazione di eventuali eventi avversi e ne preveda, oltre a una precoce identificazione, anche sicuri criteri di gestione: è quanto viene analizzato nel contributo di Frigerio. Per non smentire la vocazione interdisciplinare che la nostra professione sta manifestando in questo ambito, ecco per la sezione Case Report un accostamento che si rivela per nulla azzardato: quello fra psoriasi e patologie psichiatriche, con i risultati del trattamento di pazienti affetti contemporaneamente da psoriasi e da disturbo bipolare di tipo 1. È decisamente un numero molto denso, questo primo del 2009, che inizia il terzo anno di vita della rivista Psoriasis con l’auspicio di continuare a fornire informazioni accurate, corrette, aggiornate. Saremo lieti di accogliere le vostre critiche costruttive, per continuare a migliorarla.

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Aggiornamento clinico

La psoriasi artropatica Arthropathic psoriasis is a chronic inflammatory pathology of peripheral joints characterized by different phenotypes and variable clinical course, that until a few decades ago was considered to be a form of rheumatoid arthritis. It is now clear that arthropatic psoriasis, on the contrary, must be included in the group of spondylarthropathies, together with ankylosing spondylitis, Reiter’s syndrome, reactive arthritis etc. It severely affects patients’ quality of life, since it is the cause of disability and pain. The article analyses the epidemiology, the etiology, the pathogenesis of the disease and its possible treatments.

LARA TRIPO MARIO ARICÒ MARIA RITA BONGIORNO Cattedra di Dermatologia Università degli Studi di Palermo e-mail: lara_tripo@yahoo.it

Parole chiave: psoriasi artropatica, patologia infiammatoria cronica, artrite reumatoide Key words: arthropatic psoriasis, chronic inflammatory pathology, rheumatoid arthritis

Introduzione a psoriasi artropatica (PsA) è una patologia infiammatoria cronica coinvolgente le articolazioni periferiche, la colonna vertebrale e le entesi ed è caratterizzata da diversi fenotipi a variabile decorso clinico. È associata abitualmente alla psoriasi cutanea. La PsA contribuisce enormemente al peso che la malattia ha nel quotidiano del paziente, arrecando disabilità, dolore e notevole riduzione della qualità di vita. Fino a oltre la metà del secolo scorso, le artropatie riscontrabili in tali soggetti erano considerate particolari forme di artrite reumatoide casualmente associate alla patologia cutanea. La scoperta della negatività al fattore reumatoide e all’anti-CCP (anticyclic citrullinated peptide), nella maggior parte di questi individui, e certi suoi caratteri clinici peculiari hanno portato a considerarla come un’entità distinta

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e a inquadrarla nel gruppo delle spondilartropatie sieronegative (insieme a spondilite anchilosante, artriti IBD correlate, artriti reattive/sindrome di Reiter), con le quali condivide alcuni caratteri genetici (HLA-B27) e sintomatologici (sacroileite, oligoartriti periferiche asimmetriche, entesiti, manifestazioni muco-cutanee e oftalmiche). Epidemiologia Benché la prevalenza della PsA sia sottostimata e scarsamente conosciuta, data l’assenza di criteri diagnostici universalmente accettati e gli esigui studi condotti, sembra comunque attestarsi attorno al 30-39% dei soggetti psoriasici. Sebbene siano stati descritti anche casi di insorgenza giovanile, con coinvolgimento poliarticolare asimmetrico e di solito precedente le manifestazioni cutanee, l’insorgenza è massima tra i 30 e i 50 anni, con uguale coinvolgimento dei due sessi.

Secondo la classificazione di Moll e Wright (specificità del 98% e sensibilità del 91%), tuttora la più utilizzata, si riconoscono cinque principali sottogruppi di artropatia psoriasica: poliartrite simmetrica (simil-reumatoide), con prevalenza sottostimata del 18%, oligoartrite asimmetrica (meno di 5 articolazioni colpite), artrite distale interfalangea, spondilite predominante e artrite mutilante, rispettivamente con prevalenza del 6070%, 5-10%, 5% e 1-2%. Eziologia e patogenesi L’eziologia della psoriasi artropatica è, ovviamente, correlata a quella della psoriasi e quindi anch’essa in gran parte ancora poco conosciuta. Si ipotizza che, anche nella sua genesi, fattori ereditari, immunologici e ambientali rivestano un ruolo preponderante. Sebbene l’associazione tra le due forme patologiche sia nota da tempo, il legame

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tra la modalità di coinvolgimento epidermico e articolare rimane tuttora da chiarire in tutti i suoi aspetti. A volte, la PsA può essere diagnosticata anche in totale assenza di manifestazioni cutanee, nel qual caso si definisce artrite sine psoriasi. Non sono stati evidenziati rapporti tra l’estensione e l’evoluzione delle lesioni nelle due diverse sedi. Inoltre, devono esistere delle differenze patogenetiche, non ancora individuate, che spieghino come mai alcune forme di artrite siano prevalentemente appositive mentre altre altamente erosive, simili alla forma reumatoide. Quindi, come detto, indiscutibile rilevanza nella sua genesi viene attribuita all’interazione tra fattori genetici (alcuni condivisi con la patologia cutanea), ambientali e immunologici. Fattori genetici. Circa il 40% dei pazienti con PsA ha un parente di primo grado affetto da psoriasi cutanea o psoriasi artropatica, con frequenza ancora maggiore tra gemelli mono- o dizigoti. Anche in questo caso la maggior parte dei loci genetici di suscettibilità riscontrati risiede all’interno dell’MHC. Diversi studi hanno evidenziato un’aumentata frequenza di HLA-B13, B17, B27, B38, B39, DR4, DR7, Bw39, Dqw3, A1 E Cw6. L’allele HLAB27 ha senza dubbio il ruolo più rilevante nella malattia artritica ed è associato a sacroileite e coinvolgimento assiale. Polimorfismi del promotore del TNFα, o un gene in linkage disequilibrium con il TNFα, predispongono il paziente all’artropatia psoriasica. Tutti questi elementi sottolineano l’importanza che il gene TNF, con le sue varianti, sembra avere nel modificare certi aspetti di tale patologia, come per esempio l’età d’esordio dei sintomi, il tipo e la gravità clinica. Fattori ambientali. Alcuni studiosi ritengono che un agente infettivo, o dei suoi superantigeni, potrebbero essere responsabili del-

l’innesco del processo infiammatorio. A supportare tale teoria vi è l’osservazione indiretta di un’aumentata risposta immunitaria anticorpo- e cellulo-mediata contro batteri Gram positivi, tra i quali spicca lo streptococco, frequentemente ritrovabili anche a livello delle placche cutanee. L’artropatia psoriasica potrebbe anche essere virus-indotta (interessante risulta l’esacerbazione della malattia in corso di infezione da HIV). L’insorgenza di lesioni in aree cutanee precedentemente indenni, a seguito di lievi traumi (fenomeno di Koebner), è stata evidenziata in un’elevata percentuale di pazienti e pare che la PsA possa insorgere con una certa frequenza a livello di articolazioni precedentemente soggette a un trauma. Questo evento sembra essere correlato alla liberazione di particolari sostanze flogistiche e mediatori chimici, tra cui la sostanza P, a partire dalle terminazioni nervose danneggiate. Avverrebbe così la conversione dello stress traumatico in risposta immunomediata. Si è constatata inoltre un’associazione occasionale ai farmaci, in grado di provocare o riesacerbare la patologia (betabloccanti, antimalarici), e allo stress, in grado di precipitare e aggravare la psoriasi con meccanismi ancora poco conosciuti. Fattori immunologici. In corso di artropatia, l’infiltrato cellulare ha una distribuzione prevalentemente perivascolare. A livello del compartimento sinoviale, nel liquido e nelle entesi si ha un preponderante coinvolgimento dei linfociti T CD8+, con un rapporto CD4+/CD8+ pari a 1:2. L’elevata espressione di tali cellule a livello del liquido sinoviale suggerisce l’importanza che esse hanno nel guidare la risposta immunitaria all’interno delle articolazioni. Tutte queste osservazioni supportano il concetto di una “triplice alleanza cellula-

re” tra cellule T CD8+ effettrici e T CD4+ regolatrici, entrambe interagenti con cellule presentanti antigeni (APC), come per esempio le cellule di Langerhans. Si ha, inoltre, un fenomeno di iperespressione delle molecole di adesione intercellulare (ICAM1) e vascolare (VCAM-1) all’interno della membrana sinoviale. Quindi, l’adesione dei linfociti T alle strutture endoteliali sarebbe seguita da un’aumentata produzione di citochine proinfiammatorie, con conseguente reclutamento di altre cellule immunitarie e iperplasia della sinovia; nelle membrane e nel liquido articolare, a tal proposito, si rileva un aumento dei livelli di IL-6, IL-8 e TNFα. Quest’ultima, è una citochina proinfiammatoria che riveste un ruolo fondamentale. All’interno delle articolazioni colpite, il TNFα appare quindi responsabile della regolazione in senso stimolatorio e dell’overespressione di chemochine, citochine e fattori di crescita angiogenetici, che conducono alla proliferazione e attivazione delle cellule sinoviali coordinatrici della distruzione tanto della componente ossea quanto di quella cartilaginea. Inoltre, tale citochina è implicata nella promozione del processo di osteoclastogenesi. La lisi della cartilagine avviene grazie a un incremento della sintesi e dell’attivazione di alcune metalloproteinasi di matrice (MMP) mediata dal TNFα. Il rimodellamento osseo, processo centrale nella sintesi, nel mantenimento e nel ripristino del tessuto stesso, è strettamente dipendente dal delicato equilibrio vigente tra gli osteoclasti e gli osteoblasti. Nella psoriasi artropatica, considerate le lesioni erosive ivi presenti e il danno articolare, la bilancia pende quindi inevitabilmente verso il riassorbimento osseo. La sinovia risulta, inoltre, riccamente infiltrata da monociti con adesi alla loro superficie catene immunoglobuliniche “pesanti” li-

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Fig. 1 Poliartrite simmetrica (per gentile concessione dell’U.O.C. di Dermatologia dell’Università di Palermo)

bere, strettamente correlate alla forma articolare e non a quella cutanea. Quadri clinici La PsA si manifesta a livello delle articolazioni colpite con i classici segni della flogosi (tumor, dolor, calor, rubor e functio laesa) e con l’astenia. Come precedentemente affermato, si distinguono cinque varianti cliniche principali: • Oligoartrite asimmetrica: nella quale sono coinvolte tre o meno articolazioni, di cui una grande articolazione, come il ginocchio, e una o due articolazioni interfalangee (IFP). • Poliartrite simmetrica: simile all’artrite reumatoide, ma FR e anti-CCP negativa, coinvolge le piccole articolazioni distali di mani e piedi, i polsi, le ginocchia e i gomiti (figura 1). • Artrite distale: con interessamento delle articolazioni interfalangee distali (IFD) ed evidente onicopatia psoriasica (pits, linee di Beau, onicolisi, “macchie d’olio”, ipertrofia “a zoccolo”, fino alla totale perdita dell’unghia) (figura 2). • Sacroileite/spondilite: bilaterali e asimmetriche, sono comunemente associate tra loro. Le erosioni sono evidenti, ma raramente si ha anchilosi.

• Artrite mutilante: colpisce le piccole articolazioni distali e prossimali con erosioni e deformazioni gravi. Le articolazioni appaiono molto rigide o lasse (dito a “cannocchiale”) (figura 3). In tutte le forme cliniche, inoltre, possono essere presenti entesiti, tenosinoviti, dattilite (con dito a “salsicciotto”) e varie manifestazioni oculari. Diagnosi e diagnosi differenziale La diagnosi, oltre ad avvalersi dei sopraccitati criteri clinici, si basa

sull’utilizzo di alcune tecniche laboratoristiche e radiologiche, che negli anni, grazie agli incredibili passi avanti fatti in campo scientifico, hanno assunto via via sempre maggiore importanza. Il danno d’organo è comunemente valutato attraverso una semplice radiografia. Questa tecnica è molto utile nel quantificare l’estensione e lo stato di attività di malattia e la responsività ai diversi presidi terapeutici, e nella diagnostica differenziale. In linea generale, le caratteristiche radiografiche a livello articolare, in corso di tale affezione, possono essere suddivise in

Fig. 2 Artrite distale (per gentile concessione dell’U.O.C. di Dermatologia dell’Università di Palermo)

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Fig. 3 Artrite mutilante (per gentile concessione dell’ U.O.C. di Dermatologia dell’Università di Palermo)

alterazioni distruttive o proliferative. Queste includono: erosioni cartilaginee, restringimento della rima articolare, proliferazione ossea periarticolare a “fusto”, fenomeni osteolitici multipli e confluenti esitanti in estremo assottigliamento delle epifisi con aspetto “a penna nel calamaio” (una superficie smussa a livello del capo prossimale articolare in cui protrude una estroflessione del versante distale) o addirittura in completo riassorbimento di una falange (acro-osteolisi tipica della psoriasi mutilante), anchilosi, formazione di speroni ossei e spondilite. Le erosioni sono peculiari lesioni distruttive che frequentemente cominciano a livello marginale e si estendono in fase successiva, con la progressione della malattia verso la tipica sede centrale. Queste lesioni asimmetriche sono evidenziabili all’Rx a livello del carpo, delle articolazioni metacarpofalangee (MCF), interfalangee prossimali (IFP) e distali (IFD) delle mani. Ripetute radiografie di mani, polsi, piedi e della colonna, o di altre articolazioni eventualmente dolenti, devo-

no pertanto essere richieste al momento della diagnosi e ogni sei mesi per i successivi due anni, al fine di monitorarne al meglio l’evoluzione. L’ecografia muscolo-scheletrica è stata utilizzata per molti anni per valutare la patologia articolare e l’eventuale stato di attività infiammatoria delle diverse strutture. Le indagini scintigrafiche radioisotopiche, ultimamente un po’ in disuso perché soppiantate da TC e RMN, possono indicare in modo sensibile le sedi di coinvolgimento articolare, soprattutto a livello sacroiliaco. Oltre agli esami radiologici standard, hanno acquisito particolare importanza per lo studio delle articolazioni, in particolare quelle sacroiliache, la TAC e la RMN. La tomografia computerizzata ha un ruolo nel determinare il coinvolgimento assiale, meno quello periferico, ma non è in grado di identificare un danno flogistico della sinovia. La risonanza magnetica, semplice o con m.d.c. (gadolinio), ha il vantaggio rispetto all’Rx standard di individuare modificazioni infiammatorie, ancora più preco-

ci, a livello delle facce articolari (edema sottocorticale) e successive minuscole erosioni a livello di mani e polsi. Tutto ciò è estremamente importante in considerazione del fatto che, grazie a questa tecnica di imaging, diventa possibile valutare la risposta a un trattamento o l’attività di malattia ancor prima che si abbia un danno strutturale. Possono risultare utili anche le indagini di laboratorio che evidenziano un aumento degli indici di flogosi (la velocità di eritrosedimentazione [VES] e la proteina C reattiva [PCR] sono i più adatti). Valida, seppur non determinante, è la tipizzazione tissutale, non soltanto per la ricerca dell’antigene B27 (spia di predisposizione all’interessamento assiale). La diagnosi differenziale va quindi posta: • nelle forme poliarticolari simmetriche con l’artrite reumatoide; • nella forma distale con l’osteoartrosi interfalangea (noduli di Heberden distali e Bouchard prossimali); • nella forma oligoarticolare con le altre spondilartriti; • nella forma assiale con la spondilite anchilosante idiopatica. Metodi di valutazione della malattia Misurano l’attività clinica, la progressione e la risposta ai farmaci. Vengono considerati, in questa valutazione, il numero di articolazioni tumefatte e doloranti, il danno all’Rx, l’eventuale interessamento della colonna, la presenza di entesite e dattilite, la qualità di vita del paziente e la funzionalità articolare residua. A tal proposito si adoperano diversi metodi di valutazione, tra i quali i più importanti sono: l’Indice Articolare, l’Indice di Ritchie, il DAS, i criteri PsARC/ARC, l’HAQ, il Modified Steinbrocker Score, il PASI e altri.

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Sono purtroppo pochi, ad oggi, i dati riguardanti la reale affidabilità e sensibilità di tali metodiche. Prognosi Significativa è, in corso di tale patologia, la limitazione funzionale e il deterioramento della qualità di vita dei pazienti affetti da forme di artropatie deformanti e distruttive, che nel 20% dei casi hanno un decorso molto grave. Fattori prognostici negativi sono rappresentati, tra gli altri, dall’insorgenza giovanile, dal concomitante interessamento cutaneo esteso, dalla forma mutilante o poliarticolare e dagli alleli B27, B39, DR3+ (indici di progressione di malattia). Terapia Obiettivi terapeutici importanti sono l’arresto della flogosi, la conservazione della funzionalità muscolo-scheletrica, la prevenzione delle deformità articolari e il sostegno psicologico. Il trattamento ottimale della malattia prevede quindi un approccio multidisciplinare. La scelta della cura da seguire dipende dal livello di gravità della malattia, dalla sua distribuzione corporea, dall’accessibilità al sito colpito, dal rapporto costo/beneficio e tossicità/effetto e infine dalla preferenza espressa dal paziente, elemento importante affinché la compliance alla terapia sia massima. Qualunque sia la strategia terapeutica scelta, essa deve essere applicata il prima possibile, al fine di evitare danni irreversibili alle superfici articolari e ossee. La terapia farmacologica, topica o sistemica, si basa sull’utilizzo di molteplici sostanze con differente spettro d’azione. Tra questi farmaci vanno quindi annoverati: • FANS e corticosteroidi: per uso topico o per via sistemica in corso di PsA lieve-moderata.

I FANS hanno l’abilità di ridurre l’infiammazione e migliorare la dolorabilità e la motilità articolare a livello sia periferico sia assiale, ma tra gli effetti collaterali va annoverata la gastrolesività di alcuni di questi medicamenti. La somministrazione orale, o periodiche iniezioni intrarticolari di corticosteroidi, sono utili nella gestione di pazienti con coinvolgimento oligoarticolare o poliarticolare in fase stabile, ma con una o due articolazioni persistentemente infiammate. • DMARDs (Disease-modifying Antirheumatic Drugs). Vengono impiegati in tutti i casi di PsA moderata-grave. Non c’è prova, però, che questi farmaci riducano realmente il danno strutturale. Tra questi i più usati comunque sono: Sulfasalazina. Farmaco simile ai sulfamidici, a effetto antinfiammatorio, immunosoppressivo e antibatterico, offre una buona risposta clinica ed è in grado anche di modificare gli indici di flogosi. Queste sue caratteristiche ne hanno fatto un agente di prima scelta nella PsA, da sola o in associazione terapeutica. Alla posologia di 2-3 g/die si è dimostrata efficace nel diminuire la dolorabilità e la tumefazione articolare insieme alla rigidità mattutina. La sua azione sembra però confinata alle forme periferiche poliarticolari con nessun beneficio nelle forme assiali. Non sarebbe comunque in grado di influire significativamente sulla progressione radiologica e sul coinvolgimento articolare. Il principale fattore limitante è rappresentato dalla tossicità gastrointestinale, che si manifesta con nausea, vomito, dispepsia e diarrea e che, seppur transitoria, spesso costringe all’interruzione della terapia con completa remissione dei suoi effetti. Frequentemente, possono insorgere rash cutanei da sensibilizzazione al medicamento, ma anche riesacerbazioni della

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forma cutanea psoriasica. Raramente, e con dosaggi alti, possono poi verificarsi fenomeni di tossicità importanti, come disordini ematologici (emolisi, pancitopenia, agranulocitosi), necrosi epidermica tossica, epatite immunomediata, lupus secondario e azospermia. Metotrexato (MTX). È il farmaco più utilizzato nella PsA per la sua efficacia sia sulla componente articolare sia su quella cutanea, con notevole riduzione degli indici di flogosi. Molti lo considerano il farmaco di prima scelta e ne suggeriscono l’impiego in fase precoce di malattia. La dose raccomandata è di 7,5-15 mg settimanali, preferibilmente in unica somministrazione per os. Effetti collaterali comuni sono quelli gastrointestinali, con stomatite e dolori addominali. Sono stati riscontrati anche casi di ipertransaminasemia. Effetti negativi gravi, ma meno frequenti, sono legati invece al sistema emopoietico (anemia megaloblastica e pancitopenia) e a possibile insorgenza di malattie linfoproliferative maligne. Nei pazienti in trattamento è d’obbligo un monitoraggio continuo degli indici ematici e della funzionalità renale ed epatica. I suoi effetti collaterali possono essere notevolmente attenuati dall’impiego di una corrispondente dose di acido folico. Ciclosporina A. Potente immunosoppressivo, solitamente impiegato nella terapia antirigetto dei trapianti di organo. È usata con successo nel trattamento della psoriasi cutanea grave e dell’artrite correlata, e la risposta clinica è dose-dipendente. Per ottenere un miglioramento a livello articolare sono necessarie dosi leggermente più alte di quelle impiegate per raggiungere il medesimo effetto a livello cutaneo, ma comunque inferiori rispetto a quelle somministrate per i trapianti (1,5-5 mg/kg/ die). Una risposta positiva a ta-

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le farmaco è solitamente osservabile entro 3-4 settimane dall’inizio del trattamento. La ciclosporina non sembra offrire grossi vantaggi rispetto al MTX nella cura dell’artrite, mentre sembra essere più efficace nella risoluzione delle forme con prevalente impegno periarticolare, come eventuali entesiti, e con scarsa evidenza di flogosi. Il suo utilizzo è largamente limitato dai numerosi effetti tossici correlati alla sua natura chimica, in particolar modo alla nefrotossicità (anche a dosaggi bassi) e alla possibile insorgenza di ipertensione. Il suo impiego è altresì ostacolato dall’alto costo e dagli scarsi esiti di remissione permanente delle lesioni cutanee e articolari in corso di monoterapia con tale medicamento. La sospensione graduale della terapia consente un buon mantenimento a lungo termine dei benefici conseguiti, diversamente da quanto accade in caso di brusca interruzione del trattamento. Sembra si sia dimostrata comunque molto utile la somministrazione combinata di più farmaci. Buoni risultati sono stati raggiunti dall’associazione di MTX e ciclosporina A. Retinoidi. L’etretinato, derivato della vitamina A, è il più utilizzato tra questi farmaci. Si è dimostrato molto efficace nel curare le manifestazioni cutanee e potenzialmente utile anche nelle forme articolari, con significativa riduzione del numero delle articolazioni coinvolte e della durata della rigidità mattutina. Il loro impiego è gravato da importanti effetti collaterali, quali reazioni mucocutanee (labbra disidratate e fissurate, epistassi), alopecia, iperlipidemia, mialgia, periostiti e calcificazioni legamentose, epatotossicità, con elevati livelli di transaminasi e teratogenicità (che ne limita l’uso in gravidanza). Negli ultimi anni, chiarito il ruolo eziopatogenetico dei linfociti T nello sviluppo della psoriasi

e della PsA, la ricerca scientifica si è concentrata sull’individuazione di nuovi farmaci in grado di inibire selettivamente questi elementi cellulari e le citochine chiamate in causa durante la risposta infiammatoria. Proprio per questo, la terapia biologica si è aggiunta a pieno titolo all’arsenale terapeutico disponibile per la cura della PsA. Attraverso l’inibizione selettiva di specifici elementi coinvolti nella cascata infiammatoria, questi farmaci danno ottimi risultati anche a lungo termine nella cura di questa malattia cronica. Vengono normalmente somministrati a pazienti adulti con PsA in fase attiva (almeno tre articolazioni tumefatte e doloranti) e progressiva, che non hanno tratto alcun beneficio dalla terapia con FANS e DMARDs o che per problemi epatici preesistenti non possono assumere tali medicamenti. Al giorno d’oggi i più comunemente utilizzati sono gli inibitori del TNFα, tra cui: • Infliximab. È un anticorpo monoclonale chimerico (IgG1) che, somministrato per via endovenosa (almeno 2 ore di infusione), è in grado di legare, e quindi di inibire, sia il TNFα solubile sia quello adeso alle membrane cellulari. È stato approvato per il trattamento della PsA. È possibile riscontrare, dopo solo poche settimane di terapia, una netta diminuzione dei livelli sierici di TNFα e di molecole angiogeniche (VEGF), E-selettine e matalloproteinasi (MMP9) nel liquido sinoviale, con conseguente riduzione in sede dell’infiltrato infiammatorio. Può essere utilizzato sia in monoterapia sia associato a MTX, come suggerito in scheda tecnica. Si è dimostrato molto efficace, inoltre, nella dattilite e nell’entesite con un notevole miglioramento della funzionalità articolare e della qualità di vita. Non presenta alcuna tossicità epatica, è gene-

ralmente ben tollerato e i risultati riguardanti la remissione a lungo termine appaiono incoraggianti (6 mesi e più). Un piccolo, ma consistente, gruppo di pazienti presenta reazioni avverse alla sua infusione con potenziali seri effetti negativi, come ipotensione, rigidità, forti cefalee, vertigini, astenia e gravi manifestazioni allergiche e gastrointestinali. Questi effetti sfavorevoli si possono prevenire rallentando la velocità di infusione del farmaco o pretrattando con antistaminici e in alcuni casi cortisonici. Uno dei più grossi problemi in relazione al suo impiego è rappresentato dal potenziale aumento del rischio infettivo collegato al potere che l’infliximab ha di indurre fenomeni di lisi cellulare complemento-mediata. Per tale motivo, i pazienti devono sottoporsi al test cutaneo per la tubercolosi e, se necessario, a una radiografia del torace. • Etanercept. È una molecola dimerica ricombinante completamente di origine umana. Attraverso la sua capacità di binding è in grado di inibire il TNFα prevenendone l’interazione con lo specifico recettore espresso sulla superficie cellulare. La dose consigliata nei soggetti adulti è di 50 mg settimanali e il paziente stesso può provvedere alla sua somministrazione con una semplice iniezione sottocutanea effettuabile a livello di addome, coscia o arti superiori. Per minimizzare i possibili effetti indesiderati nel sito di iniezione, si consiglia di cambiare ogni volta punto di somministrazione. Il suo utilizzo in monoterapia, protratto per 12 settimane, si è dimostrato efficace sia nella psoriasi sia nella PsA, con regressione della manifestazione clinica, più rapida a livello articolare. Le indagini radiografiche evidenziano, infatti, un netto arresto della progressione del danno articolare. I più frequenti effetti collaterali dell’etanercept sono modeste rea-

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zioni nel sito d’iniezione, infezioni delle alte vie respiratorie, cefalee e riniti. Questa molecola, non essendo in grado di indurre la lisi cellulare complemento-mediata, non si associa a eventuale manifestazione tubercolare. Quanto sopra esposto si evince anche nello studio di Van De Kerkhof et al. (British Journal of Dermatology 2008). La somministrazione di una monodose di 50 mg di farmaco a settimana, si è rivelata efficace nel contrastare forme di psoriasi e PsA moderata-grave, tanto quanto la somministrazione bisettimanale di 25 mg o 50 mg di etanercept, con buona tollerabilità e sicurezza per il paziente. • Adalimumab. È un anticorpo (IgG1) monoclonale umano diretto contro il TNFα e blocca il suo legame con i recettori cellulari p55 e p75. Si autosomministra sottocute alla dose di 40 mg una volta ogni due settimane, con effetti positivi dimostrati già dopo pochi mesi (12 settimane circa). Può essere adoperato da solo o in combinazione con il MTX, ma prima della sua iniezione è necessario sottoporre il paziente al test cutaneo per la tubercolosi. È estremamente efficace nel trattamento della PsA refrattaria a infliximab ed etanercept, così come si evidenzia a livello radiografico ove non si ha

progressione del danno strutturale. È ben tollerato e non sembra avere alcuna tossicità epatica o cardiovascolare. Si ha una buona reintegrazione della funzionalità articolare, con riduzione del numero delle articolazioni tumefatte e dolenti e miglioramento della qualità di vita e dell’eventuale astenia. Si possono avere leggeri effetti collaterali al momento della sua somministrazione, come reazioni cutanee nel sito di iniezione o dermografismo, che non necessitano in alcun caso la sospensione del trattamento. Conclusioni La PsA è una continua sfida per gli studiosi proprio per la sua abilità di progredire verso una delle forme artritiche più distruttive ad oggi note. Per quanto i nuovi farmaci biologici abbiano dimostrato un’ottima efficacia nel ridurre le eventuali manifestazioni cliniche, l’obiettivo principale rimane l’identificazione dell’antigene responsabile della risposta immune alla base della patologia. Solo attraverso l’inibizione selettiva di quest’ultimo sarà possibile un giorno trattare definitivamente la psoriasi e la PsA. Bibliografia 1. Wendy A Meyers, Alice B. Gottlieb, Philip Mease. Psoriasis and

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psoriatic arthritis: clinical features and disease mechanism. Clinics in Dermatology 2006;24:438-447. 2. Anthony M Turkiewicz, Larry W Moreland. Psoriatic Arthritis. Current Concepts on Pathogenesis-Oriented Therapeutic Options. Arthritis & Rheumatism Vol. 56, No. 4 April 2007, pp. 1051-1066. 3. Philippe Goupille. Psoriatic Arthritis. Joint Bone Spine 2005;72:466470. 4. Ory, PA, Gladman DD, Mease PJ. Psoriatic arthritis and imaging. Annals of the Rheumatic Diseases 2005;64(Suppl II):ii55-ii57. 5. Pitarch G, Sanchez-Carazo JL, Mahiques L, Perez-Ferriols MA, Fortea JM. Treatment of psoriasis with Adalimumab. Blackwell Publishing Ltd, Clinical and Experimental Dermatology 2006:32:18-22. 6. Nash P, Clegg DO. Psoriatic arthritis therapy: NSAIDs and traditional DMARDs. Annals of the Rheumatic Diseases 2005;64(Suppl II): ii74-ii77. 7. van de Kerkhof PCM, Segaert S,Lahfa M, Luger TA, Karolyi Z, Kaszuba A, Leigheb G, Camacho FM, Forsea D, Zang C, Boussuge MP, Paolozzi L, Wajdula J. Once weekly administration of etanercept 50 mg is efficacious and well tolerated in patients with moderate-to-severe plaque psoriasis: a randomized controlled trial with open-label extension. British Journal of Dermatology 2008;159:1177-1185.

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Aggiornamento clinico

Psoriasi e malattie infiammatorie croniche intestinali GIAN EUGENIO TONTINI LUISA SPINA FLAMINIA CAVALLARO MARIA MANGANO A. NUR FARDOWZA MAURIZIO VECCHI U.O. Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva IRCCS Policlinico San Donato San Donato Milanese Università degli Studi di Milano e-mail: maurizio.vecchi@grupposandonato.it

Patients with IBD are frequently affected by other immune mediated disorders classically recognized as extra-intestinal manifestations of their chronic bowel disease. Besides these ones, there is a wide spectrum of chronic inflammatory diseases correlated with IBD which suggests the presence of common etiopathogenetic factors. Recently, both epidemiological and genetic surveys have shown an important association between IBD and psoriasis confirmed by several studies focused on the molecular pathogenesis of chronic inflammatory diseases. Moreover, since the introduction of anti-TNFα agents, many case series have shown unexpected and, sometimes, discordant effects of these drugs on subjects suffering from IBD and Psoriasis. Although these data should be further confirmed, future improvements in this research area might offer many opportunities to clinical practice. In particular, it would be interesting to improve our knowledge on the pathogenetic pathways that psoriasis, IBD and other chronic inflammatory diseases share so that more focused biological treatments able to modify the natural history of these diseases could be developed. Parole chiave: psoriasi, malattie infiammatorie croniche intestinali, MICI, IBD, anti-TNFα Key words: psoriasis, inflammatory bowel diseases, MICI, IBD, anti-TNFα

e malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI o IBD dalla definizione inglese Inflammatory Bowel Disease) sono disturbi caratterizzati dalla presenza di infiammazione cronica del tratto gastroenterico che, in una percentuale variabile tra il 6 e il 40%, a seconda delle casistiche riportate, si associa anche a manifestazioni extraente-

L

riche con una comune patogenesi immunomediata. Nel termine IBD sono comprese la colite ulcerosa, la malattia di Crohn e la cosiddetta colite indeterminata (1, 2). La rettocolite ulcerosa (Ulcerative Colitis - UC) è una malattia che colpisce la mucosa del colon-retto, si estende con continuità in senso prossimale dal

retto sino a coinvolgere tutto il colon o solo parte di esso. Diversamente, la malattia di Crohn (Crohn’s Disease - CD) è un processo trans-parietale che può colpire qualunque tratto dell’apparato digerente con distribuzione tipicamente segmentaria, ove aree indenni si alternano a zone francamente coinvolte. Frequentemente ha una

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localizzazione colica (40% dei casi) o ileo-colica (25% dei casi); colpisce unicamente l’ileo distale nel 25% dei casi, mentre il tratto prossimale del tubo digerente è interessato solamente nel 5-10% dei casi. Il coinvolgimento a tutto spessore della parete esita nella formazione di stenosi, fistole e ascessi nella maggior parte dei pazienti. La localizzazione perianale di tali complicanze della malattia di Crohn è, per impegno clinico e riflessi sulla qualità di vita, quella più temuta per la sua scarsa responsività al trattamento (3). Comune a entrambe le principali forme di malattia infiammatoria cronica intestinale è la complessa storia naturale: dopo l’esordio acuto, solo in una minoranza dei casi si osserva una remissione permanente, mentre la maggioranza dei pazienti presenta un andamento cronico ricorrente caratterizzato da periodi di benessere alternati alla ricomparsa dei sintomi, caratterizzati principalmente da diarrea, sanguinamento rettale e dolori addominali che possono sensibilmente compromettere le condizioni generali e la qualità di vita; una quota di questi soggetti andrà incontro nel corso della storia di malattia a intervento chirurgico per complicanze di tipo ostruttivo, emorragico, settico o neoplastico (4-7). Epidemiologia In Italia, mancando dati epidemiologici certi, si stima che i soggetti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali siano circa 80 ogni 100.000 abitanti (F/M = 1,1), con un’incidenza annua di circa 10 nuovi casi per 100.000 abitanti (8). Le malattie possono esordire in qualunque fascia di età ma il tasso di incidenza è maggiore tra i 15 e i 40 anni; sembra osservarsi inoltre un secondo picco di incidenza nella sesta e settima decade di vita.

Eziopatogenesi Al pari di altri disordini di barriera come l’eczema atopico e l’asma, dal dopoguerra l’incidenza delle malattie infiammatorie croniche intestinali è notevolmente aumentata in tutti i paesi sviluppati, tanto nelle popolazioni autoctone quanto tra gli emigranti dai paesi a minore prevalenza. Dal punto di vista eziopatogenetico le malattie infiammatorie croniche intestinali sono considerate, infatti, il complesso risultato dell’incontro tra fattori genetici predisponenti e fattori esogeni legati ad ambiente, dieta e stile di vita, capaci di modulare tanto l’espressione quanto le caratteristiche cliniche di malattia. In particolare, entrambe le principali forme di IBD sembrano essere caratterizzate dalla ridotta tolleranza immunologica di cellule linfocitiche T Helper nei confronti di antigeni presenti nel lume intestinale, da cui deriva un’aumentata espressione di molecole proinfiammatorie e anti-apoptotiche quali TNFα e IL12. Una perdita di tolleranza immunologica derivante da tale squilibrio tra fattori pro- e antinfiammatori caratterizza altre patologie immunomediate, alcune delle quali si presentano in associazione con le malattie in-

Principali manifestazioni extraintestinali delle MICI Spondilite anchilosante

fiammatorie croniche intestinali (9). Manifestazioni extraintestinali delle malattie infiammatorie croniche intestinali Come già accennato, una percentuale variabile (secondo gli studi, tra il 6 e il 40%) dei soggetti affetti da malattia infiammatoria cronica intestinale presenta almeno una manifestazione extraintestinale verosimilmente caratterizzata da una matrice immunologica comune alla malattia intestinale sottostante. Tra le più frequenti manifestazioni extraintestinali delle IBD vi sono quelle spondiloartritiche come la spondilite anchilosante, la sacroileite e le artropatie periferiche enteropatiche (artrite periferica tipo 1 e tipo 2), le manifestazioni cutanee come l’eritema nodoso e il pioderma gangrenoso, le manifestazioni oculari (uveite anteriore, episclerite) e le manifestazioni epatobiliari (triadite portale, colangite sclerosante primitiva). Tali manifestazioni extraenteriche delle malattie infiammatorie croniche intestinali possono parzialmente differire per la frequenza con cui si presentano associate alla colite ulcerosa o alla malattia di Crohn; molte di esse hanno un andamento clinico strettamente

Correlazione con l’attività delle MICI -

Sacroileite

+

Artriti periferiche tipo I

++

Artriti periferiche tipo II

+/+

Eritema nodoso

++

Pioderma gangrenoso

+

Uveite

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+/-

Episclerite

+

Colangite sclerosante

-

Tabella 1 Correlazione tra manifestazioni extraintestinali e attività delle MICI

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correlato a quello della malattia infiammatoria cronica intestinale sottostante e spesso trovano un adeguato controllo terapeutico quando è ben controllata la malattia intestinale. In casi più rari possono comparire e progredire anche durante periodi di prolungato benessere intestinale, cosicché in alcuni casi precedono di diversi anni la diagnosi di malattia infiammatoria cronica intestinale (10-12) (tabella 1). Manifestazioni dermatologiche delle malattie infiammatorie croniche intestinali L’eritema nodoso è la più frequente manifestazione dermatologica associata alla presenza di malattia infiammatoria cronica intestinale; si manifesta poco più frequentemente nella malattia di Crohn rispetto alla colite ulcerosa. Tipicamente compare durante la fase di riattivazione della malattia intestinale, talora in associazione ad artropatia periferica di tipo I (artrite idiopatica di tipo pauci-articolare che interessa tipicamente le grosse articolazioni degli arti inferiori in soggetti HLA B27 positivi). L’eritema nodoso associato a una malattia infiammatoria cronica intestinale è tipicamente responsivo alla terapia della malattia intestinale, non richiede pertanto trattamenti dermatologici mirati (13). Il pioderma gangrenoso colpisce dall’1 al 10% dei pazienti con colite ulcerosa, meno comunemente si osserva nei pazienti con malattia di Crohn. Esordio e andamento hanno un decorso relativamente indipendente da quello della malattia intestinale, potendo manifestarsi persino in soggetti che a causa della colite ulcerosa hanno subito una procto-colectomia totale molti anni prima. Le lesioni, singole o multiple, si localizzano preferibilmente sulla superficie dorsale degli arti inferiori; si presentano inizialmente sotto forma di una pustola, si estendono rapi-

logica, ed è stata inoltre riconosciuta una correlazione epidemiologica, genetica e patogenetica con la psoriasi (14, 15). Secondo recenti studi di popolazione, in effetti la psoriasi colpisce il 9% dei soggetti con malattia infiammatoria cronica intestinale sia nelle fasi di attività sia durante i periodi di remissione; secondo tali studi un soggetto affetto da Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale ha un rischio di sviluppare psoriasi significativamente aumentato rispetto alla popolazione generale (Rischio Relativo: 1,5 per MC e CU) (tabella 2), mentre all’interno di una popolazione di soggetti affetti da psoriasi si osserva una maggiore prevalenza di malattie infiammatorie croniche intestinali (Rischio Relativo: 1,5 per MC e CU) (16-19). Recenti acquisizioni di genetica molecolare sembrano inoltre suggerire l’esistenza di comuni alterazioni molecolari tra malattia di Crohn e psoriasi che aprono nuove prospettive di ricerca. Ampi studi di popolazione hanno per esempio dimostrato, sia nella malattia di Crohn sia nella psoriasi, l’esistenza di un linkage disequilibrium con geni coinvolti nella regolazione delle interleuchine IL23 e IL12 (20-25). Oltre alla ricerca di base, anche quella clinica ha contribuito ad

damente per poi ulcerarsi centralmente. Il pioderma gangrenoso richiede spesso un prolungato trattamento con corticosteroidi per via sistemica (13). Malattie infiammatorie croniche intestinali e psoriasi Benché un’aumentata incidenza di psoriasi in soggetti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali e in particolare dalla malattia di Crohn sia segnalata da diversi anni, l’associazione tra queste entità è stata a lungo oggetto di discussione tanto da non essere in questo momento nemmeno contemplata in alcuni tra i più prestigiosi testi di gastroenterologia. Negli ultimi anni, diversi ambiti della medicina hanno messo in luce l’esistenza di rapporti epidemiologici e patogenetici tra malattie infiammatorie croniche intestinali e altre malattie infiammatorie croniche a carico di vari organi e apparati, classicamente non riconosciute come manifestazioni extraintestinali della colite ulcerosa o della malattia di Crohn; è emerso infatti che le malattie infiammatorie croniche intestinali sono associate in maniera non casuale a disturbi ampiamente diffusi nella popolazione come asma, bronchiti e tiroiditi caratterizzati verosimilmente dalla comune matrice immuno-

Altre malattie infiammatorie croniche associate alle MICI

Rischio relativo nella m. di Crohn

Rischio relativo nella colite ulcerosa

Asma

1,34

1,53

Bronchite cronica

1,36

1,33

Psoriasi

1,55

1,53

Tiroiditi

1,13

1,37

Neuropatie

1,85

1,75

Nefropatie

2,37

1,78

Tabella 2 Aumento del rischio di sviluppare malattie infiammatorie in portatori di MICI (da: Bernstein et al. Gastroenterology 2005)

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accendere l’interesse scientifico sull’associazione tra queste entità morbose fornendo numerosi elementi che suggeriscono l’esistenza di un rapporto non casuale tra malattia di Crohn e psoriasi. In effetti, è proprio dall’osservazione della regressione di lesioni psoriasiche dopo trattamento con anti-TNFα in soggetti affetti da malattia di Crohn o artrite reumatoide che s’iniziò a studiare l’efficacia dei farmaci biologici nel trattamento della psoriasi (26-30). Al contrario, più recentemente sono stati riportati casi di pazienti trattati con infliximab per malattia di Crohn che hanno sviluppato psoriasi o in cui una malattia psoriasica già nota ha avuto una progressione negativa, sino a condizionare la sospensione del trattamento (31-35). Da ultimo, è segnalazione recente (36) quella di un soggetto affetto da malattia di Crohn con diffuse manifestazioni psoriasiche e grave episclerite che ha ottenuto una completa remissione sistemica mediante il trattamento con Modulen IBD, un idrolizzato caseinico arricchito di TGFβ che, seppur soltanto in studi pilota, ha dimostrato efficacia terapeutica nelle malattie intestinali (37-39). Queste acquisizioni, per quanto meritevoli di altri approfondimenti su più vasta scala, concordano nell’indicare la presenza di comuni vie di attivazione e di amplificazione dei processi infiammatori nella patogenesi di psoriasi e malattia di Crohn, in cui il TNFα gioca un ruolo centrale nella cascata dei mediatori. Tuttavia, la contraddittorietà delle osservazioni cliniche sopra riportate non permette di stabilire con precisione e assoluta certezza il rapporto tra psoriasi e malattia di Crohn. Ulteriori chiarimenti circa la patogenesi e il legame genetico tra queste e altre malattie infiammatorie croniche potrebbero of-

frirci oltre a nuove possibili interpretazioni patogenetiche di queste malattie, anche nuovi target molecolari per terapie biologiche sempre più mirate e capaci di cambiare la storia naturale di tali patologie. Conclusioni • La malattia di Crohn e la psoriasi sono associate con una frequenza che esclude la casualità. • Esse sembrano condividere alcune caratteristiche molecolari e genetiche tali da suggerire che simili meccanismi eziopatogenetici possano essere sottesi a entrambe. • L’ulteriore approfondimento di questi aspetti sia dal punto di vista della ricerca molecolare sia da quello della ricerca clinica ed epidemiologica potrà meglio definire tali rapporti oltre a identificare possibili target e approcci terapeutici efficaci per entrambe. Bibliografia 1. Satsangi J, Silverberg MS, Vermeire S, Colombel JF. The Montreal classification of inflammatory bowel disease: controversies, consensus and implications. Gut 2008;57(3):427. 2. Gasche C, Scholmerich J, Brynskov J et al. A simple classification of Crohn’s disease: report of the working party for the World Congress of Gastroenterology, Vienna, 1998. Inflamm Bowel Dis 2000;6:8-15. 3. Podolsky, Daniel K. Inflammatory bowel disease. N Engl J Med 2002;347(6):417-429. 4. Baumgart DC, Sandborn WJ. Inflammatory bowel disease: clinical aspects and established and evolving therapies. Lancet 2007;370(9584): 316-7. 5. Cosnes J, Cattan S, Blain A et al. Long-term evolution of disease behavior of Crohn’s disease. Inflamm Bowel Dis 2002;8:244-50. 6. Louis E, Collard A et al. Behavior of Crohn’s disease according to the Vienna classification: changing pat-

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Aggiornamento clinico

La psoriasi delle mucose colpisce anche il tratto gastrointestinale Psoriasis is a chronic inflammatory dermatosis that involves the mucosae in a considerable rate of patients. Lesions are asymptomatic, not observed and often not appreciated. Psoriasis involves mainly oral mucosa of the tongue, and the entire gastrointestinal tract as well. Psoriasis affects also anogenital mucosa and it causes balanitis, cervicitis and proctitis. Patients refer itch and discomfort. Psoriatic patients often present with no specific mucosal lesion. Inflammation and erythema (and parakeratosis and neutrophilic infiltrate) are common. Genital mucosal lesions represent for the patients embarrassment in the interpersonal and social relationships. Clinicians should therefore pay particular attention and recommend personal hygiene and topical or systemic treatment in order to minimize signs and symptoms.

ANGELO MASSIMILIANO D’ERME* ALESSIA GORI* TORELLO LOTTI** *Centro Interuniversitario di Dermatologia Biologica e Psicosomatica (CIDEBIP) **Direttore Clinica Dermatologica II Direttore Interuniversitario Università degli Studi di Firenze e-mail: a.m.derme@gmail.com

Parole chiave: psoriasi delle mucose, tratto gastrointestinale Key words: mucosal psoriasis, gastrointestinal tract

a psoriasi è una malattia infiammatoria cronica che interessa anche le mucose in una discreta percentuale di casi. Per molti anni è stato ritenuto che le lesioni psoriasiformi a livello delle mucose, in particolar modo a livello del cavo orale, non avessero una loro precisa identità clinica a differenza di altre patologie quali lichen, leucoplachia o infezioni. Molte indagini epidemiologiche sono state effettuate negli ultimi anni sulle lesioni a livello

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delle mucose: l’incidenza di tali manifestazioni si aggira tra il 2 e il 30%. L’interessamento delle mucose è più frequente di quello documentato perché le manifestazioni sono spesso aspecifiche e asintomatiche: è infatti stato osservato che in una visita di routine per la psoriasi le mucose non sono oggetto di ispezione. Si presume che le lesioni sarebbero presenti in una percentuale maggiore di pazienti se tutte le sedi venissero esaminate (1, 2).

La psoriasi interessa varie mucose: colpisce la mucosa orale, le mucose del tratto gastrointestinale, le mucose anogenitali e oculari. I dati relativi alla localizzazione della psoriasi a livello delle mucose e in particolare a livello del tratto gastrointestinale, poco indagati nella letteratura, risultano di particolare interesse poiché denotano un coinvolgimento corporeo generale da parte della psoriasi. La psoriasi interessa la mucosa orale, a livello della lingua, del-

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Fig. 1 Lingua in un paziente psoriasico: sono visibili aree con mucosa eritematosa e atrofica per assenza di papille alternate ad aree ipertrofiche biancastre. Sono presenti fissurazioni sia trasversali sia longitudinali.

le guance e delle gengive (3, 4). Dati precisi non sono ancora disponibili riguardo alla presenza di lesioni psoriasiche nel cavo orale in assenza di psoriasi cutanea. Molti autori sostengono però l’ipotesi che le lesioni orali compaiano contemporaneamente a quelle cutanee: rare infatti sono le descrizioni di localizzazione a livello mucoso in assenza di interessamento cutaneo. Tre i tipi principali di lesioni: - Placche rotondeggianti od ovalari biancastre, con limiti netti sanguinanti dopo microtraumi a livello delle guance, delle gengive e del palato. - A livello della regione linguale si possono osservare la lingua fissurata e la lingua a carta geografica che costituiscono le lesioni più comuni associate alla psoriasi (5, 6). La lingua fissurata, detta anche lingua plicata o scrotale, si presenta clinicamente fissurata dorsalmente da profonde solcature longitudinali. La lingua a carta geografica, conosciuta anche come glossi-

te migratoria benigna o glossite areata migrante, è un disturbo infiammatorio a eziologia non conosciuta caratterizzato da una perdita locale temporanea di papille e aree di disepitelizzazione. La lingua presenta di solito aree di mucosa eritematosa liscia per perdita delle papille con margini ben marcati (figura 1). Tali aree dal dorso della lingua possono estendersi alle superfici laterali fino alla mucosa delle guance, delle labbra, delle gengive e del palato. La lingua a carta geografica non è esclusiva della psoriasi ma può anche manifestarsi in altre patologie, quali diabete mellito, bronchiti, anemia o patologie endocrine e ovviamente dermatite atopica. - In corso di psoriasi infine possono verificarsi chiazze eritematose di colorito rosso acceso con elementi pustolosi fugaci parallelamente all’esacerbazione della malattia cutanea. Istologicamente, le lesioni orali presentano iperplasia dell’epitelio, infiltrazione linfocita-

ria e neutrofila e talora ascessi di Munro. Lesioni istologicamente simili, almeno in alcuni aspetti, si presentano nella candidiasi e nell’eritema migrante per cui la diagnosi anche istologicamente non è sempre agevole e va posta in seguito a una chiara correlazione clinico-patologica. La diagnosi differenziale si pone fra l’altro con l’eczema, il lupus eritematoso, il lichen planus, la gengivite desquamante, la sifilide, la candidosi, l’eritroplachia e la leucoplachia. Per quanto concerne la terapia, questa è per lo più sintomatica a base di antinfiammatori e antisettici. Spesso se non vi sono sintomi è importante tranquillizzare il paziente sull’assenza di gravità della lesione e non effettuare alcuna terapia se non il mantenimento di una corretta igiene orale. Sono state infine evidenziate in pazienti psoriasici alterazioni del tratto gastrointestinale con alterazioni della mucosa e della funzionalità gastrica e malassorbimento nel piccolo e grande intestino, senza però la presenza di lesioni specifiche (7, 8, 9). Studi di Pietrzak (7) e Khardikova (8, 9) hanno evidenziato segni di infiammazione a livello della mucosa gastrica e duodenale con reperti di gastrite atrofica e duodenite cronica. A livello istologico sono presenti gravi modificazioni e distrofie dell’epitelio di superficie e ghiandolare con distruzione di organuli citoplasmatici cellulari. Lo stroma è caratterizzato da iperplasia del tessuto linfoide con formazione di numerosi follicoli linfoidi e distruzione dell’endotelio dei microvasi. Inoltre, è stato segnalato a tale livello una contemporanea opistorchiasi cronica. Questo dato di grande interesse generale è stato poco indagato dalla comunità scientifica e forse necessita di ulteriori approfondimenti.

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La psoriasi, soprattutto quella pustolosa, può interessare le mucose anogenitali con la presenza di chiazze o papule eritematose talora finemente desquamanti, più evidenti dopo i rapporti sessuali, e spesso pruriginose. Il glande può presentare chiazze eritematose ben delimitate con successiva e modesta desquamazione che possono estendersi alla lamina interna del prepuzio: la diagnosi differenziale viene effettuata con balanite circinata e balaniti batteriche, sifilide secondaria e lichen mucoso. La psoriasi determina spesso prurito e sensazione di bruciore a livello vulvare fino a una lichenificazione di colorito roseo o la comparsa di fissurazioni interlabiali spontanea o durante i rapporti (10, 11). Frequentemente le lesioni sono accompagnate da sovrainfezione da microrganismi, in particolare la candida. La psoriasi è responsabile di circa il 5% dei segni e sintomi di “fastidio” nell’area vulvovaginale. Uno studio recentissimo di Zamirska et al. (10) ha rilevato la presenza di prurito e bruciore vulvare in circa il 45% delle donne con psoriasi esaminate. Questa condizione è accompagnata da comprensibili e gravi ripercussioni nei rapporti interpersonali e sociali delle donne. Nella diagnosi differenziale si escludono altre patologie molto frequenti a livello vulvare quali infezioni batteriche, micotiche e virali (comunemente responsabili di vulvovaginiti e cerviciti), irritazioni e dermatiti locali e patologie quali il lichen scleroatrofico e il lichen planus, che possono essere responsabili di prurito e bruciore in tale regione. A livello istologico è possibile reperire un’ipercheratosi e paracheratosi (non molto marcata), un’infiltrazione neutrofila degli strati superficiali e un’infiltra-

zione linfocitaria negli strati sottostanti che permette spesso di porre la diagnosi. La psoriasi delle mucose genitali non è di facile trattamento: inibitori della calcineurina (tacrolimus e pimecrolimus) e corticosteroidi per via topica hanno dato spesso buoni risultati in termini di efficacia e tollerabilità. La psoriasi può interessare la mucosa anale determinando dolore e bruciore più o meno intenso. Si hanno lesioni eritematose e ipercheratosiche con quadri più o meno tipici a livello istologico. È importante escludere patologie neoplastiche quali in particolare carcinomi squamocellulari e malattia di Bowen, nonché altre frequenti patologie quali eczema, sifilide, condilomi e herpes. Per quanto concerne la terapia è importante un’igiene accurata e vestiario adatto per ridurre il più possibile prurito e irritazione. Infine, circa il 10% dei pazienti con psoriasi può presentare complicanze di patologie oculari, in particolare congiuntivite, uveite, glaucoma e blefarite desquamativa (12). Complicazioni possibili descritte sono anche l’entropion e l’ectropion. La psoriasi, pur essendo una malattia che interessa elettivamente la cute e spesso le articolazioni, può coinvolgere le mucose. Nella visita di un paziente non dimentichiamo mai di esaminare approfonditamente anche tali aree. Bibliografia 1. Costa SC, Hirota SK, Takahashi MD, Andrade H Jr, Migliari DA. Oral lesions in 166 patients with cutaneous psoriasis: A controlled study. Medicina Oral, Patología Oral Cirugía Bucal eISSN: 16986946. 2. Hietanen J, Salo OP, Kanerva L, Juvakoski T. Study of the oral muco-

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Il prurito nella psoriasi FEDERICA RICCERI* FRANCESCA PRIGNANO** *Dipartimento di Scienze Dermatologiche Università degli Studi di Firenze **Dipartimento di Scienze Dermatologiche U.O. Complessa - Clinica Dermatologica 2 e-mail: federicaricceri@libero.it

Itch (pruritus) is a common symptom in many diseases; it can severely affect the quality of life (e.g. sleep deprivation) and can have serious psychological implications (including temptation to suicide). Mild-to-severe pruritus is present in many inflammatory skin disorders among which atopic dermatitis, eczema, or lichen planus. It is an important symptom also in psoriasis vulgaris, but there are limited literature data on both its prevalence and its characteristics. A recent study showed that almost 85 percent of psoriatic patients suffered from itching and that almost all appeared unsatisfied with the available treatment modalities for pruritus in psoriasis. This confirms that it is necessary to make a global study of psoriasis with regard to both the cutaneous manifestations and the itch symptom. Parole chiave: psoriasi, prurito, strategie terapeutiche Key words: psoriasis, pruritus, strategic therapies

l prurito è un sintomo presente in molte patologie sia sistemiche sia, soprattutto, cutanee. Nonostante sia così comune, rimane ancora difficile definirlo, tanto che a tutt’oggi la definizione di Bernhard rimane la più pertinente: il prurito è una sensazione che, se sufficientemente forte, provoca il desiderio di grattare sia in maniera conscia che inconscia (1). È caratterizzato da componenti sensoriali discriminative, cognitive ed emozionali, e viene considerato come una delle più sgradevoli sensazioni fisiche che una persona possa provare. Un prurito intenso può, infatti, modificare drasticamente la qualità della vita (per esempio, difficoltà nell’addormentarsi) e avere drammatiche implicazioni psicologiche (per esempio, tentativi di suicidio) (2). A tutt’oggi non esiste una classificazione universalmente accet-

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tata del prurito; in base a un criterio puramente temporale può essere distinto in acuto o cronico, a seconda se sia presente da meno o più di 6 mesi. Recentemente, il forum internazionale di studio sul prurito (International Forum for the Study of Itch IFSI) ne ha proposto una classificazione basata su criteri clinici ed eziologici (3). La cosa forse più interessante di questa classificazione è che tra le patologie cutanee associate a prurito, accanto a quelle tradizionalmente accettate, come l’eczema, la dermatite atopica e il lichen planus, è stata inserita anche la psoriasi (tabella 1). Fino ad oggi, infatti, nella maggior parte dei libri di testo il prurito non veniva menzionato oppure era citato tra i sintomi meno comuni di questa malattia e, spesso, le cause di tale sgradevole sensazione venivano attribuite all’utilizzo di alcuni farmaci

o allo stato emotivo del paziente (si riteneva particolarmente frequente in pazienti con problemi di alcolismo o psicolabili); la stessa letteratura scarseggia di lavori sull’argomento. Il prurito dovrebbe, invece, essere considerato come un sintomo frequente e di notevole importanza anche nei pazienti affetti da psoriasi ed è, quindi, necessario indagarne sempre l’eventuale presenza. Il miglior modo per valutarne le caratteristiche di insorgenza, intensità, ricorrenza e alleviamento è senza dubbio il colloquio con il paziente, che permetterà di escludere tutta una serie di patologie a carattere internistico che possono, a loro volta, essere associate alla sintomatologia pruriginosa. Il colloquio deve, peraltro, essere associato a un attento esame obiettivo cutaneo volto a ricercare segni di trattamento e aree di lichenificazio-

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Dermatosi matorie

infiam- Dermatite atopica, dermatite da contatto, orticaria, psoriasi, reazioni da farmaci

Dermatosi infettive

Infezioni micotiche, protozoarie, batteriche e virali Pediculosi, puntura da insetti, scabbia

Dermatosi autoim- Dermatosi bollose (dermatite erpetiforme di muni Duhring, dermatite a IgA lineari, pemfigoide bolloso) Dermatomiosite Genodermatosi Dermatosi gravidanza

Ittiosi, malattia di Darier, malattia di Hailey-Hailey, sindrome di Sjögren

della Eruzione polimorfica della gravidanza, herpes gestationis, prurigo gestationis

Neoplasie

Linfoma cutaneo a cellule T, linfoma cutaneo a cellule B, lesioni cutanee in corso di leucemia

Altre

Invisible dermatitis

Tabella 1 Principali malattie dermatologiche tipicamente associate a prurito

ne risultato del grattamento cronico e ripetuto. Per quantificare in modo oggettivo l’intensità del prurito si può ricorrere alla scala VAS-prurito (Visual Analogue Scale). Si tratta di una scala di 10 punti che permette al paziente di quantificare in modo preciso, in termini numerici e quindi ripetibili e comparabili, l’intensità del sintomo. Al fine di un’indagine più approfondita, può essere utile ricorrere a questionari strutturati di valutazione, creati in modo da indagare con precisione la modalità di insorgenza, le caratteristiche, le cause di aggravamento e di remissione del prurito. Questo tipo di valutazione ha, infatti, il vantaggio di lasciare più libero il paziente nella riflessione e nelle sue risposte, e può anche rappresentare un materiale su cui fare analisi statistiche. Anche la nostra pratica clinica ci ha mostrato come il sintomo prurito sia una realtà quotidiana, oggettiva e spesso invalidante della psoriasi (4). I risultati preliminari di un nostro recente studio hanno infatti dimostrato come circa l’85% dei pazienti psoriasici presenti una sintomatologia pruriginosa e co-

me nella maggior parte di questi sia generalizzata su base quotidiana, tale da disturbare il sonno e da pesare negativamente sulla qualità della vita. Non sono emerse correlazioni statisticamente significative con età, sesso, stato civile, professione o durata di malattia. Sembrerebbe invece esserci un’interessante relazione, senz’altro da approfondire, tra prurito e indice di massa corporea (Body Mass Index - BMI) del paziente: il prurito di grado moderato-grave sarebbe infatti più frequente in pazienti sovrappeso (25<BMI> 30) o francamente obesi (BMI >30). Lo stress risulterebbe essere l’evento maggiormente scatenante della tendenza al grattamento, a volte estremizzato fino a raggiungere il sanguinamento; questo soprattutto in quei pazienti in cui l’insorgenza della psoriasi è stata preceduta da eventi psicologici stressanti o da una vera e propria sindrome depressiva. Lo stress sarebbe, infatti, in grado di modulare l’infiammazione neurogenica, inducendo un aumento della Sostanza P nelle placche psoriasiche e la percezione del prurito (5).

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La Sostanza P (SP) (6), insieme ad altri neuropeptidi, come il peptide correlato al gene per la calcitonina (Correlation of Calcitonin Gene-related Peptide CGRP), il peptide vasoattivo intestinale (Vasoactive Intestinal Peptide - VIP), la somatostatina, il polipeptide attivante l’adenil ciclasi pituitaria (Pituitary Adenylate Ciclase-Activating Polypeptide - PACAP), rientrano infatti tra i principali mediatori del prurito nella psoriasi. Si tratta di molecole capaci di degranulare i mastociti, attivare cellule dendritiche, linfociti, macrofagi e neutrofili, di indurre alterazioni vascolari, in termini di neoangiogensi, vasodilatazione e rilascio di ossido nitrico, nonché di stimolare il rilascio di citochine proinfiammatorie. Tra tutte le citochine, sembrerebbe che soprattutto l’Interleuchina 2 (IL-2) svolga un ruolo importante, essendone stati riscontrati livelli maggiori su cute psoriasica pruriginosa rispetto a cute psoriasica non pruriginosa. I neuropeptidi sarebbero altresì capaci di indurre l’espressione o di attivare le proteasi dermiche, enzimi che attraverso la via dei recettori PAR, soprattutto PAR-2, evocherebbero la sensazione del prurito. Il PAR-2 risulta, inoltre, attivato irreversibilmente dalla proteasi, così da costituire la base per la cronicizzazione della sintomatologia. Accanto ai neuropeptidi, alle alterazioni vascolari, alle citochine, alle proteasi e ai prostanoidi, sarebbero implicati anche alcuni componenti del sistema oppioide endogeno. È stato recentemente dimostrato come la stimolazione dei recettori μ sia in grado di indurre il prurito, mentre quella dei recettori κ ne causi la remissione, e nella cute psoriasica pruriginosa esisterebbe proprio un’alterazione a carico dell’espressione di entrambi i recettori (7). Il non aver considerato per molti anni il prurito come sintomo del-

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la psoriasi ha portato quindi ad avere oggi soltanto molte ipotesi sui meccanismi fisiopatologici che ne sono alla base, senza riuscire a individuare una linea principale. Questo, tradotto in termini di pratica clinica, significa avere a disposizione molteplici opzioni terapeutiche, ma nessuna in grado di curare il prurito in maniera efficace. La maggior parte dei pazienti lamenta infatti una carenza dell’efficacia terapeutica a lungo termine, da parte sia di trattamenti antipruriginosi sia antipsoriasici specifici. Tra i trattamenti più utilizzati ci sono l’uso di acqua fredda, di creme emollienti, cortisonici, numerosi galenici a base di canfora, fenolo, calamina, pasta di Lassar, antistaminici, anestetici locali, capsaicina (8), catrame vegetale, Triton, x-100, mentolo. Tutti questi topici, normalmente efficaci nell’alleviare la sintomatologia pruriginosa in molte patologie, sono spesso inefficaci nel prurito psoriasico. Il loro fallimento è proprio dovuto al fatto che nella psoriasi, a differenza di altre dermatiti pruriginose, l’istamina svolge un ruolo del tutto secondario. Non è stata infatti riscontrata nessuna correlazione tra intensità del prurito e livelli plasmatici di istamina (9). Correlando nella maggior parte dei pazienti il prurito alla presenza delle lesioni psoriasiche, resta quindi da chiederci se e quale terapia antipsoriasica sia in grado, oltre a ridurre le manifestazioni cutanee, anche questa invalidante sintomatologia di accompagnamento. La fototerapia risulta classicamente la terapia più efficace nel ridurre il sintomo in molte dermatosi infiammatorie, compresa la psoriasi, grazie alla down-regulation di fibre nervose SP-positive (10). Negli ultimi anni, i nuovi farmaci biologi-

ci che hanno rivoluzionato l’approccio terapeutico alla malattia cutanea e articolare sarebbero risultati efficaci anche nel ridurre il prurito. Un recente trial clinico di fase III su pazienti psoriasici trattati con etanercept ha infatti mostrato come il farmaco sia efficace nel ridurre non solo le lesioni cutanee e i dolori articolari, ma anche la sintomatologia pruriginosa spesso associata (è stato registrato un miglioramento del 49% nei pazienti in terapia con etanercept 50 mg/settimana e del 72% nei pazienti in terapia con etanercept 50 mg BIW, rispetto all’1% del gruppo sotto placebo) (11). Ciò contribuisce, inoltre, a un significativo miglioramento della qualità della vita del paziente. Da una revisione della letteratura più recente, e dalla nostra pratica clinica, è quindi emerso come esista un forte bisogno da parte dei pazienti affetti da psoriasi di affrontare il problema del prurito, un sintomo così tanto presente e spesso invalidante, ma così poco conosciuto e considerato. Il compito di ogni medico che si ritrova a gestire il paziente psoriasico deve essere quindi anche quello di conoscere a fondo l’intensità, le caratteristiche di presentazione, di aggravamento e di risoluzione del prurito nella psoriasi, ma soprattutto di capire quale terapia, tra le varie disponibili, sia più efficace nel ridurlo per migliorare, di conseguenza, non soltanto l’aspetto cutaneo ma anche la qualità della vita del paziente.

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Aggiornamento clinico

Come gestire gli eventi avversi dei farmaci biologici Biologic drugs have lately revolutionized the treatment of several immune-mediated inflammatory diseases inevitably causing different types of side effects, in some cases rare and severe. This review details the most frequently observed side effects of the biologic drugs today approved and used in Italy to treat psoriasis: etanercept, infliximab and adalimumab (belonging to the category of TNFα inhibitors) and efalizumab, a humanised anti-CD11a monoclonal antibody. Parole chiave: psoriasi, farmaci biologici, eventi avversi, etanercept, infliximab, adalimumab, TNFα, anti-CD11a Key words: psoriasis, biologic drugs, side effects, etanercept, infliximab, adalimumab, TNFα, anti-CD11a

farmaci biologici hanno rivoluzionato il trattamento di diverse malattie infiammatorie immunomediate e, come tutti i farmaci, possono essere responsabili di eventi avversi. I dati relativi agli eventi avversi in corso di terapia con farmaci biologici derivano dai numerosi studi clinici effettuati, dai follow-up a lungo termine in centri di riferimento, da singoli case report e dalla sorveglianza postmarketing. Quest’ultima riveste un’estrema importanza specie per gli eventi avversi rari, a volte anche gravi, che tendono a non emergere durante i trial clinici per la loro durata limitata. I farmaci biologici attualmente approvati in Italia per la malattia psoriasica sono quattro: tre

I

appartengono alla classe degli inibitori del TNFα (etanercept, infliximab, adalimumab) e sono attivi sia sulla componente cutanea sia su quella articolare, mentre il quarto è un antiCD11a (efalizumab) che è attivo sulla sola componente cutanea. Di seguito vengono presi in considerazione gli eventi avversi più frequentemente osservati in corso di terapia con questi farmaci. Anti-TNFα Le notizie sugli eventi avversi relativi all’uso di farmaci inibitori del TNFα sono recuperabili da una vasta letteratura riguardante il loro impiego, ormai decennale, nell’artrite reumatoide e nella malattia di Crohn e più recentemente anche nella malattia psoriasica.

ELENA FRIGERIO Clinica Dermatologica Istituto Ortopedico Galeazzi, IRCCS, Milano e-mail: elena.frg@alice.it Articolo giunto in redazione il 15 febbraio 2009. Il 19/2/2009 l’EMEA dichiarava che per efalizumab era “divenuto sfavorevole” il rapporto rischio/beneficio, chiedendo ulteriori informazioni sull’esistenza di sottogruppi di pazienti nei quali il rapporto fosse favorevole. Successivamente il produttore chiedeva il ritiro dell’autorizzazione alla commercializzazione in UE. Infatti, in totale, nel mondo sono più di 1,5 milioni i pazienti trattati con i tre anti-TNF nelle varie indicazioni, dal loro lancio a oggi. Reazioni nei siti di iniezione e reazioni infusionali Nei trial clinici le reazioni nei siti di iniezione sottocutanea sono abbastanza comuni sia con etanercept (37% dei pazienti) (1) sia con adalimumab (20% dei pazienti) (2). In queste sedi il paziente può presentare eritema, edema e prurito. Le reazioni di solito insorgono nel corso del primo mese di trattamento e diminuiscono con il tempo (3). Sono probabilmente linfocito-mediate, ossia reazioni di ipersensibilità di tipo ritardato che diminuiscono in intensità con il tempo, verosimil-

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mente per un’induzione di tolleranza (4). È possibile una riattivazione delle manifestazioni nei precedenti siti di iniezione come conseguenza di una nuova somministrazione. Proprio per il loro carattere transitorio e paucisintomatico, solitamente queste reazioni non determinano l’interruzione del trattamento. Per quanto concerne infliximab, si definisce reazione infusionale acuta ogni evento avverso che insorga durante l’infusione o nelle due ore successive; in base al tipo e all’entità della manifestazione può essere distinta in lieve, moderata o grave. Le reazioni lievi-moderate sono abbastanza comuni (5-10% delle infusioni) e consistono nella comparsa di sintomi quali cefalea, nausea, flushing, calore, prurito, orticaria, brividi, febbre, tachicardia. Le reazioni gravi sono invece rare (inferiori all’1%) e comprendono manifestazioni quali oppressione toracica, dispnea, broncospasmo, ipotensione e anafilassi (5). Nei trial clinici solo il 2,5% dei pazienti ha interrotto il trattamento per le reazioni infusionali (6). La maggior parte degli eventi avversi in corso di infusione è caratterizzata da una sintomatologia aspecifica (nausea, cefalea, capogiri, flushing), non è immunomediata e dipende dalla velocità di somministrazione, infatti spesso risolve solo con il suo rallentamento. Solo una piccola quota delle reazioni è IgE-mediata (orticaria, prurito, broncospasmo, dispnea, etc.) e solitamente risponde al trattamento con antistaminici e/o cortisonici. Si parla invece di reazioni infusionali ritardate per quegli eventi avversi che insorgono da 1 a 14 giorni dopo l’infusione. Possono manifestarsi rash cutaneo, artralgie diffuse, stanchez-

za, e mialgie con o senza febbre. Queste reazioni sono state definite simil-malattia da siero e vengono considerate una blanda reazione da immuno-complessi di tipo III in quanto, contrariamente a quest’ultime, le reazioni infusionali ritardate all’infliximab non determinano un danno d’organo (7). In questo tipo di reazioni hanno un ruolo gli anticorpi anti-infliximab (Human AntiChimera Antibodies - HACA) (6-15% dei pazienti) che determinano la formazione di immunocomplessi. Dal momento che le reazioni ritardate sono poco frequenti, anche in letteratura vi sono pochi dati riguardo al loro trattamento e alla profilassi. La possibilità di formazione di HACA aumenta quando il trattamento è episodico o quando il farmaco è utilizzato in monoterapia: per ridurre il rischio di reazioni è consigliabile rispettare il programma infusionale ed eventualmente aggiungere un immunomodulatore (per esempio, metotrexato 7,5 mg) o effettuare prima dell’infusione una premedicazione con idrocortisone 200 mg. La maggior parte degli autori suggerisce di non ritrattare un paziente che abbia avuto una reazione ritardata documentata (7). Naturalmente è importante differenziare queste reazioni da altre situazioni che producono gli stessi sintomi, come una sindrome virale o una reazione lupus-like. Infezioni: micobatteri, batteri, virus Il TNFα gioca un ruolo essenziale nella difesa verso il bacillo della tubercolosi (8). È importante sia per la formazione del granuloma sia per il contenimento della malattia. È ormai noto che in corso di terapia con anti-TNF vi è un aumento del rischio di riattivazione di una tubercolosi latente (9) con la predominanza di presentazioni atipiche (forme extrapol-

monari e disseminate); questa è una problematica da tenere sempre in considerazione quando si deve trattare un paziente con uno di questi farmaci. Deve quindi essere effettuato un appropriato screening (Rx torace e Mantoux) e in caso di riscontro di TBC latente deve essere impostata un’appropriata profilassi. La maggior parte degli autori ritiene sufficiente l’utilizzo di isoniazide 300 mg/die in monoterapia per 6 mesi, se assunto prima dell’inizio del farmaco biologico, o per 9 mesi in caso di somministrazione concomitante (deve comunque essere iniziato almeno 2-4 settimane prima dell’anti-TNF). In letteratura è riportato un aumento del rischio di infezioni batteriche con tutti i tre farmaci anti-TNF. Vi sono comunque grandi differenze tra i vari studi anche perché effettuati in Paesi diversi con diversi fattori di rischio ed esposizione ad agenti infettivi differenti; inoltre, spesso il biologico è utilizzato in associazione con altri farmaci immunosoppressori, per cui è difficile stabilire una reale incidenza delle varie infezioni batteriche associate a questi farmaci. Le più comuni sono infezioni non gravi delle vie aeree superiori che di solito non necessitano della sospensione del farmaco. Le infezioni gravi sono rare e si osservano soprattutto in pazienti con patologie concomitanti che concorrono ad aumentarne il rischio (10). Sono riportate anche infezioni opportunistiche quali istoplasmosi, listeriosi, coccidioidomicosi, criptococcosi, aspergillosi, candidosi e infezione da pneumocisti (11, 12). È consigliabile quindi un attento monitoraggio riguardo alle infezioni batteriche in corso di terapia con anti-TNF e in caso di un’infezione grave od opportunistica è necessario sospendere il farmaco e impostare adeguata terapia.

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Il TNFα è coinvolto nella patogenesi del danno epatico nell’infezione da HCV, infatti in pazienti affetti da epatite C cronica si riscontrano elevati livelli di TNFα e questi correlano con i livelli sierici dell’alanina aminotransferasi (ALT) (13). Per questo motivo l’utilizzo degli anti-TNFα in pazienti HCV+ non è considerato controindicato e ormai cominciano a essere consistenti gli studi e le segnalazioni al riguardo (14). È consigliabile comunque consultare un epatologo e monitorare le transaminasi e la carica virale durante il trattamento. Completamente diverso è l’atteggiamento che bisogna tenere in presenza di un paziente affetto da epatite B cronica, perché diverso è il ruolo del TNFα nell’infezione da HBV. In pazienti affetti da epatite B cronica sono presenti, sia nel siero sia negli epatociti, elevati livelli di TNFα secreto dai linfociti T citotossici HBV specifici. In studi sugli animali è stato evidenziato che topi senza TNFα hanno un difetto di proliferazione dei linfociti T citotossici HBV specifici; questo suggerisce che il TNFα abbia un ruolo nell’eliminare e controllare il virus (15). Quindi gli anti-TNF possono riattivare o accelerare un’epatite B. Inoltre, particolare attenzione deve essere posta in quei pazienti cosiddetti portatori di infezione occulta, ossia HBsAg negativi, con transaminasi normali ma anti-HBc positivi. Questi soggetti durante la terapia con anti-TNF possono andare incontro a una sieroconversione e a un aumento delle transaminasi per cui possono essere trattati, ma con un appropriato monitoraggio dell’HBsAg; in caso di sieroconversione deve essere effettuata un’appropriata profilassi antivirale (16).

Scompenso cardiaco congestizio In pazienti affetti da scompenso cardiaco congestizio si riscontrano elevati livelli di TNFα e questi risultano correlati a una peggiore classe di rischio (NYHA), a un più elevato numero di ricoveri e a una maggiore mortalità. Il TNFα ha quindi un ruolo nel determinare il danno cardiaco (17). Per questo motivo, pensando che gli anti-TNF potessero avere un’azione terapeutica, in pazienti affetti da scompenso cardiaco sono stati effettuati alcuni trial clinici con risultati deludenti: assenza di efficacia e peggioramento della prognosi dose-dipendente (18, 19)1. Pazienti candidati a un trattamento con anti-TNF senza una storia di malattia cardiaca non necessitano di una valutazione basale cardiologica, mentre pazienti con scompenso cardiaco congestizio lieve o moderato (classe NYHA I e II) devono essere valutati in senso cardiologico prima dell’inizio della terapia con un anti-TNF e devono essere monitorati attentamente per tutta la sua durata. È controindicato il trattamento in pazienti con scompenso cardiaco più elevato (NYHA III e IV) (20). Neoplasie Il potenziale rischio di sviluppo di tumori in corso di terapia con gli anti-TNF è il punto su cui più si discute e sul quale vi sono dati in letteratura spesso discordanti, in particolare quando si considera il rischio di linfomi. Bisogna tenere presente che la maggior parte dei dati derivano da studi clinici effettuati su pazienti affetti da artrite reumatoide (AR) e da malattie infiammatorie intestinali che com’è noto già presentano un aumento del rischio di sviluppare un linfoma, per cui risulta più difficile estra-

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polare dati che mettano direttamente in rapporto lo sviluppo del linfoma con il farmaco. La relazione tra anti-TNF e linfoma non è ancora chiara: l’incidenza sembra essere aumentata rispetto alla popolazione generale, ma quando si confronta l’incidenza di linfomi in pazienti affetti da AR in terapia con antiTNF con quella in pazienti affetti da AR non in terapia con antiTNF non sembra esserci un aumento del rischio (21, 22). Altri studi invece hanno evidenziato un aumento del rischio e sono riportati diversi casi aneddotici di linfoma in pazienti trattati con anti-TNF, alcuni dei quali sono andati incontro a risoluzione dopo la sospensione del farmaco (23). Quindi, ad oggi non sembra esservi un consenso sulla stima del rischio di linfoma in corso di terapia con gli anti-TNF; sono probabilmente necessari dati che riguardino un tempo d’osservazione più lungo. In letteratura sono riportati diversi casi clinici che documentano un aumento del rischio di melanoma e di altri tumori cutanei non-melanoma in corso di terapia con anti-TNF e questo rischio è maggiore in pazienti con una storia di PUVA-terapia (24). Contrastanti sono i dati che riguardano invece il rischio di tumori solidi (25, 26). Alla luce di tutto ciò è consigliabile un’attenta sorveglianza in senso antitumorale in corso di terapia con anti-TNF. Disturbi neurologici Nel post-marketing sono stati descritti casi di malattie demielinizzanti sia periferiche sia centrali, compresa la sclerosi multipla, con tutti i tre anti-TNF (27, 28). Quindi, questi farmaci sono controindicati nei pazienti con una storia di malattia demielinizzan-

1. Trial realizzati con pazienti con alterazione della funzione cardiaca da II (pazienti con evidenza obiettiva di malattia cardiovascolare minima) a IV (pazienti con evidenza obiettiva di malattia cardiovascolare grave) secondo il Criteria Committee of the New York Heart Association.

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te o con una familiarità per sclerosi multipla (29). È importante monitorare attentamente i pazienti in rapporto allo sviluppo di segni e sintomi neurologici sospetti di patologia a carico della materia bianca (parestesie, disturbi visivi, confusione, debolezza, etc.). Nel caso di una loro comparsa è necessario sospendere il trattamento con antiTNF e procedere immediatamente a una valutazione neurologica. Efalizumab È un anticorpo monoclonale umanizzato IgG1 che, legandosi con alta specificità e affinità alla subunità alfa (CD11a) dell’antigene linfocitario LFA-1 sulla superficie dei linfociti T, inibisce l’attivazione dei linfociti T nei linfonodi, la loro migrazione e riattivazione nella cute. Questo farmaco non ha alcun effetto sull’artropatia psoriasica e trova esclusiva indicazione terapeutica nella psoriasi. Un comune evento avverso acuto in corso di terapia con efalizumab è la cosiddetta flu-like reaction, ossia l’insorgenza di una sintomatologia simil-influenzale (cefalea, nausea, brividi, mialgie e malessere generale) che si verifica nei due giorni successivi alla prima e/o seconda iniezione sottocute del farmaco. Tali sintomi tendono a scomparire con le successive somministrazioni e non sono solitamente causa di sospensione del farmaco. Alcuni pazienti psoriasici, privi di sintomatologia o di storia di artralgia o artrite, in terapia con efalizumab sviluppano rigidità e dolore articolare soprattutto delle grandi articolazioni. In un’analisi di studi pubblicati, l’artralgia viene indicata quale evento avverso che si presenta con una frequenza dell’1-2% superiore in pazienti trattati con efalizumab rispetto a quelli trattati con placebo (30). Nello studio europeo CLEAR (Clinical Experience Acquired with Raptiva) re-

centemente pubblicato, l’artralgia veniva riferita dal 7,4% dei pazienti trattati con efalizumab contro il 3% di quelli che avevano ricevuto il placebo (31). Ancora non è chiara la natura dell’evento: precipitazione dell’artrite psoriasica dovuta a efalizumab o un’entità distinta quale effetto collaterale del trattamento? In base ad alcune osservazioni sembra essere più plausibile la seconda ipotesi: raramente si osservano i classici segni clinici dell’artrite psoriasica (dattilite, entesite, interessamento delle articolazioni interfalangee distali) e le radiografie delle articolazioni colpite sono generalmente prive di risultati patologici (32). In corso di terapia con efalizumab si possono osservare due eventi avversi definiti di tipo psoriasico (32, 33): - eruzione papulosa localizzata o LMB (Localized Mild Breakthrough); - esacerbazione generalizzata infiammatoria o GIF (Generalized Inflammatory Flare). La prima si manifesta in circa il 5% dei pazienti, insorge di solito tra la quarta e l’ottava settimana di terapia, è transitoria, si localizza principalmente alle pieghe e tipicamente non coinvolge le lesioni preesistenti. Il più delle volte risponde alla terapia steroidea topica e non comporta la sospensione del farmaco. L’esacerbazione generalizzata infiammatoria interessa l’1-3% dei pazienti, si manifesta soprattutto tra la sesta e la decima settimana di terapia e consiste in un’eruzione estesa di lesioni eritemato-edematose che coinvolgono le lesioni psoriasiche preesistenti. In molti casi può essere gestita con successo associando un breve ciclo di terapia sistemica convenzionale (metotrexato-ciclosporina) fino al controllo della sintomatologia. Tuttavia, in assenza di miglioramento, si rende necessaria la sospensione di efalizumab

e il passaggio a una terapia sistemica alternativa. Particolare attenzione deve essere posta alla sospensione del farmaco, in quanto il 14% dei pazienti manifesta un rebound, ossia un peggioramento del PASI del 125% o superiore rispetto al basale entro le prime settimane dall’interruzione del trattamento (33). Il rebound si può presentare in qualsiasi paziente che interrompa efalizumab, sia responsivo sia non responsivo (pur essendo più frequente in quest’ultimo). Si raccomanda una stretta osservazione del paziente alla sospensione del farmaco e l’avvio di una terapia alternativa in caso di peggioramento dei sintomi. Conclusioni Quando si decide di trattare un paziente affetto da psoriasi e/o artropatia psoriasica con un farmaco biologico, è fondamentale effettuare una scrupolosa raccolta dei dati anamnestici e una serie di indagini ematochimiche e strumentali che permettano di evidenziare eventuali comorbilità o fattori di rischio che possano rappresentare una controindicazione alla terapia stessa oppure che richiedano particolari controlli e/o un trattamento di profilassi. Questo permette di ridurre notevolmente l’insorgenza di eventi avversi. Altrettanto importante è un’adeguata informazione del paziente affinché possa avvisare il medico di eventuali sintomi “spia” di un evento avverso e in modo da permettere una maggiore aderenza alla terapia, evitando ingiustificate auto-sospensioni del farmaco di fronte a eventi avversi transitori. Bibliografia 1. Bathon JM, Martin RW, Fleischmann RM et al. A comparison of etanercept and methotrexate in patients with early rheumatoid arthritis. N Engl J Med 2000;343:1586-93.

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Strumenti clinici

Indici di valutazione della gravità Primo corso CIDEBIP 2008/2009 La malattia psoriasica: le comorbilità e le terapie biologiche - Milano, 18 ottobre 2008, IRCCS Galeazzi ANDREA ALTOMARE Clinica Dermatologica Università degli Studi di Pavia Fondazione IRCCS, Policlinico San Matteo (PV) e-mail: sqaltom@fastwebnet.it

In order to determine the severity of a disease, many aspects should be taken into account, both the clinical signs and the symptoms reported by the patients suffering from that disease, in addition to its impact on life. Psoriasis is no doubt the dermatologic disease that gave rise to the highest number of severity indexes, without being all inclusive. The main severity indexes are reported, including PASI, PGA, LS-PGA, NAPSI, VAS, etc. Parole chiave: psoriasi, indici di valutazione della gravità, segni clinici, impatto sulla vita, PASI, PGA, LS-PGA, NAPSI, VAS Key words: psoriasis, severity indexes, clinical signs, impact on life, PASI, PGA, LS-PGA, NAPSI, VAS

er determinare la gravità di una data patologia si deve innanzitutto considerare l’insieme dei segni clinicamente rilevabili e dei sintomi riferiti dal paziente che ne è affetto, ma questo non è sufficiente. È di fondamentale importanza anche valutarne l’impatto sulla vita del malato. Così, nella psoriasi una misura più completa della gravità potrà essere raggiunta calcolando non solo l’estensione delle lesioni cutanee e il loro grado di eritema, infiltrazione e desquamazione, ma anche la distribuzione di tali lesioni (cute esposta, visibile o meno), i sintomi (prurito, dolore e bruciore), le alterazioni della funzione, come

P

per esempio la perdita dei movimenti fini a causa dell’artrite, dell’onicopatia e/o del coinvolgimento della cute dei polpastrelli, l’impatto psico-sociale della malattia, inteso come difficoltà nella vita di relazione e come sintomi psichici quali depressione e perdita dell’autostima, e infine le conseguenze di una determinata terapia, intese sia come effetti indesiderati del trattamento, sia come impatto del trattamento stesso sulla vita del paziente anche in termini di soldi spesi e di tempo “perso”. L’introduzione in epoca recente delle nuove terapie sistemiche, e il sempre crescente bisogno di una cosiddetta evidence

based medicine, hanno reso necessaria una valutazione quanto più possibile oggettiva della gravità della malattia psoriasica con riferimento ai diversi parametri che abbiamo citato. Tutto questo ha portato allo sviluppo, niente affatto concluso, degli indici di valutazione: veri e propri punteggi attribuiti alle diverse dimensioni della patologia, in grado di fornire dati che siano universalmente condivisibili sullo stato di malattia e sull’efficacia del trattamento intrapreso. Ad oggi, la psoriasi è sicuramente la dermatosi per la quale è stato elaborato il più alto numero di indici di valutazione della gravità, sebbene non ne esista anco-

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ra uno in grado di raccoglierne tutte le “dimensioni” precedentemente elencate. Presentiamo di seguito i principali sistemi di determinazione della gravità della patologia psoriasica da un punto di vista dermatologico. PASI: Psoriasis Area and Severity Index Creato da Fredriksson e Petterson nel 1978 come metodo per valutare l’efficacia clinica di un derivato dell’acido retinoico (1), è attualmente l’indice più utilizzato nei trial clinici per determinare la gravità dell’interessamento cutaneo nella patologia psoriasica. Tipicamente viene calcolato prima, durante e dopo un determinato trattamento per valutare la risposta clinica del paziente. Il punteggio PASI è ottenuto mettendo in relazione tra loro la gravità delle lesioni cutanee, intesa come grado di eritema, desquamazione e infiltrazione, e la percentuale di cute interessata (considerando singolarmente il distretto cefalico, il tronco, gli arti superiori e quelli inferiori). Può assumere valori compresi tra 0 e 72, dove 0 significa assenza di manifestazioni cutanee; convenzionalmente si definisce lieve una psoriasi con un PASI inferiore a 8, moderata tra 8 e 12, grave se superiore a 12. Tale punteggio è concepito come un’indicazione statica della gravità; perciò, nei trial clinici che comprendono la valutazione di un trattamento, la sua efficacia è spesso indicata come percentuale di miglioramento del PASI: vengono così indicati con le diciture PASI50, PASI75 e PASI90 le riduzioni del punteggio rispettivamente del 50%, 75% e 90% (2, 3). Il PASI è uno strumento molto utile anche nella pratica clinica, presenta però alcuni difetti: innanzitutto risente della valutazione soggettiva che il clinico intro-

duce nei calcoli, in secondo luogo le aree corporee sono pesate sulla loro ampiezza e non sul loro impatto sociale (lesioni in zone esposte o ai genitali hanno lo stesso valore di quelle di medesima gravità localizzate in altre sedi), la desquamazione talvolta può “coprire” l’eritema e quindi non permetterne una corretta valutazione, oppure un quadro di eritrodermia con scarsa infiltrazione e desquamazione è sicuramente sottostimato dal PASI; non è applicabile alla psoriasi pustolosa e non valuta né l’interessamento ungueale, né l’aspetto psicologico del paziente nei confronti della sua malattia. Recentemente è stato proposto da Louden et al. (4) un indice denominato PASI semplificato (SPASI) che richiede la determinazione di eritema, desquamazione e infiltrazione su una percentuale complessiva di superficie cutanea interessata, non distinguendo quindi tra i 4 distretti corporei impiegati per calcolare il PASI e riducendo così i calcoli. Lo SPASI non è molto utilizzato, anche perché la determinazione del PASI è oggi già molto semplificata dall’impiego di specifici supporti tecnologici, quali calcolatori portatili e software per computer. Il PASI è inoltre stato preso come modello per lo sviluppo di altri indici di valutazione di gravità, come: - PPPASI: Palmoplantar Pustular Psoriasis Area and Severity Index. Fu ideato appositamente per un trial clinico sull’efficacia di un derivato dell’imidazolo sulla psoriasi pustolosa palmoplantare. Le variabili di gravità, in questo caso eritema, desquamazione e pustolazione (anziché infiltrazione), vengono messe in relazione con la percentuale di superficie cutanea interessata di ciascun palmo e di ciascuna regione plantare (5). - PSSI: Psoriasis Scalp Severity Index. È un punteggio calcolato

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per la sola area del cuoio capelluto. La gravità delle lesioni, ancora intesa come grado di eritema, desquamazione e infiltrazione, è messa in relazione con la percentuale di area del capillizio interessata. Può assumere valori compresi tra 0 e 72. Fu sviluppato nel 2001 per uno studio sulla risposta clinica al trattamento con calcipotriolo in lozione (6). - SAPASI: Self-Administered Psoriasis Area and Severity Index. Anch’esso strutturato in modo molto simile al PASI, merita però una trattazione a parte. È un indice concepito per essere auto-compilato dal paziente, ma può essere anche utilizzato dal clinico, che talora lo preferisce al PASI per la sua semplicità. I distretti interessati dalle lesioni psoriasiche vengono anneriti su un diagramma corporeo e l’intensità dell’eritema, della desquamazione e dell’infiltrazione viene valutata tramite l’attribuzione di un valore da 0 a 100 (o da 0 a 10) su scale lineari di visualizzazione (vedi VAS). Sebbene sia uno strumento valido (7, 8), nei trial clinici è raramente utilizzato da solo; più spesso è in associazione ad altri indici, anche a scopo di confronto. Un recente studio comparativo tra i vari indici di valutazione di gravità ha dimostrato come il SAPASI sovrastimi i miglioramenti clinici rispetto al PASI (9). BSA: Body Surface Area È un indice basato sulla sola determinazione della percentuale di superficie corporea colpita da lesioni psoriasiche, senza valutazione di eritema, desquamazione, infiltrazione e/o pustolazione. Nella pratica clinica, viene calcolato utilizzando la “regola del 9” e considerando che la superficie palmare di una mano del paziente sia equivalente a circa l’1% della sua superficie cutanea. Convenzionalmente viene defini-

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ta lieve una psoriasi con BSA inferiore al 5%, moderata se il BSA è compreso tra il 5 e il 10%, grave se superiore al 10%. Indubbiamente, è un indice di rapida determinazione, ma nei trial clinici è raramente impiegato da solo perché non è una misura di gravità affidabile. Il BSA infatti mostra estrema variabilità tra osservatori diversi, è generalmente sovrastimato, come hanno dimostrato analisi comparative con determinazioni computerizzate e, infine, non è in grado di apprezzare variazioni del grado di desquamazione, eritema e infiltrazione che sono di fondamentale importanza nella determinazione della gravità di un quadro clinico di psoriasi (10). PGA: Psoriasis (o Physician’s) Global Assessment È il secondo indice più utilizzato nei trial clinici dopo il PASI. Attraverso il PGA, il clinico assegna al paziente una determinata categoria che descrive l’evoluzione della dermatosi rispetto al controllo precedente; tipicamente le categorie sono sette: 1. Scomparsa (miglioramento del 100%): remissione di tutti i segni clinici e dei sintomi, fatta eccezione per un persistente lieve eritema o altra manifestazione minore. 2. Miglioramento eccellente (dal 75 al 99%): miglioramento di tutti i segni clinici e dei sintomi fatta eccezione per un lieve eritema o altra manifestazione minore. 3. Miglioramento buono (dal 50 al 74%). 4. Miglioramento discreto (dal 25 al 49%). 5. Miglioramento minimo (dall’1 al 24%). 6. Invariato: segni clinici e sintomi non variati. 7. Peggioramento: segni clinici e sintomi peggiorati. È un indice dinamico che non dà nessuna informazione qualitati-

va o quantitativa sul quadro clinico cutaneo del paziente, ma solo sull’andamento della patologia nel tempo e quindi, generalmente, sull’efficacia o meno di un determinato trattamento (11). OLS: Overall Lesion Severity Scale È un indice strutturato in categorie come il precedente, ma si differenzia da questo in quanto rappresenta una valutazione statica del quadro clinico cutaneo del paziente. Viene pertanto anche denominato sPGA (static Physician’s Global Assessment). Il clinico, al momento dell’osservazione, assegna al paziente un valore su una scala da 0 a 5 (6 categorie in totale), dove 0 significa “assenza di lesioni psoriasiche” e 5 “massimo grado di eritema, infiltrazione e desquamazione”. L’OLS non è influenzato dalla percentuale di superficie corporea coinvolta (12). LS-PGA: Lattice System Physician’s Global Assessment È un indice relativamente nuovo, convalidato in due recenti lavori (11, 13), che si propone come alternativa al PASI e al PGA, con l’intento di integrarli e di colmarne le rispettive lacune. Fornisce una valutazione globale della gravità del quadro clinico cutaneo dal punto di vista sia della percentuale di superficie corporea interessata, sia della morfologia delle lesioni psoriasiche. Il calcolo dell’LS-PGA è basato sull’assegnazione di un punteggio in una scala di 7 valori alla percentuale di cute interessata e di un punteggio in una scala di 4 valori alla qualità complessiva di eritema, desquamazione e infiltrazione. Combinando i 2 punteggi così ottenuti si determina un grado di gravità complessivo. VAS: Visual Analogue Scale Utilizzando scale visuali, costituite generalmente da rette gra-

duate (con gradazioni da 0 a 10 o da 0 a 100), il medico o il paziente possono valutare, in maniera molto semplice e immediata, svariati segni e sintomi associati alla patologia psoriasica, come per esempio il grado di eritema, desquamazione e infiltrazione (come nella determinazione del SAPASI), ma anche il prurito, il dolore, il disagio psicologico, etc. Questo indice non è specifico per la psoriasi, ma trova svariati impieghi in diversi ambiti della medicina. Con le scale visuali è possibile attribuire un punteggio a vari sintomi soggettivi altrimenti non quantificabili, e monitorarne le variazioni nel tempo (14). SPI: Salford Psoriasis Index È un indice che viene calcolato attraverso la determinazione e la combinazione di tre diversi punteggi: il primo, basato sul PASI, è legato alla gravità della malattia al momento dell’osservazione; il secondo, calcolato attraverso scale visuali (VAS), indica la disabilità psicosociale dovuta alla psoriasi; il terzo, infine, deriva dalle notizie anamnestiche del paziente (ospedalizzazioni, terapie sistemiche, eventuali episodi di eritrodermia, etc.). L’acronimo SPI indica anche le iniziali di questi tre punteggi da cui è composto, ovvero i segni della malattia (Signs), la disabilità psicosociale (Psychosocial disability) e gli interventi medici resi necessari nel corso degli anni (Interventions). Il SPI è simile concettualmente alla classificazione TNM (Tumour, Nodes, Metastasis) per la stadiazione del cancro (15). NAPSI: Nail Psoriasis Severity Index È un indice dedicato alla determinazione del grado di coinvolgimento ungueale nella psoriasi. Si calcola considerando singolarmente ciascuna lamina, di-

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videndola virtualmente in quattro quadranti attraverso due linee perpendicolari, corrispondenti all’asse maggiore e minore dell’unghia, che si incontrano indicativamente al centro. Per ciascun quadrante così ottenuto, bisogna valutare l’eventuale interessamento da parte di alterazioni a carico della matrice e del letto ungueale. Convenzionalmente, si considerano otto possibili alterazioni, quattro indicanti danno a carico della matrice (pitting, leuconichia, red spots e sfaldamento) e quattro che rappresentano danno del letto ungueale (onicosi, “macchie d’olio”, soffusioni emorragiche e ipercheratosi). In base al numero di quadranti in cui si evidenzia un’alterazione, si assegna a ciascuna lamina un valore da 0 (nessun quadrante interessato) a 4 (alterazioni in tutti i quadranti) per ciascuno dei due gruppi sopraindicati; ogni singola unghia potrà così assumere un valore da 0 a 8, derivante dalla somma del numero di quadranti colpiti da alterazioni a carico del letto e di quelli interessati da alterazioni derivanti da danno della matrice ungueale (16). La valutazione del coinvolgimento ungueale è di fondamentale importanza nella determinazione generale della gravità della malattia psoriasica: a volte può esserne l’unica manifestazione clinica e comunque può portare a grave disabilità funzionale, specialmente se l’interessamento è massivo e psicologica, interferendo soprattutto nella vita di relazione del paziente. Conclusione La psoriasi è oggi considerata una patologia plurisintomatica; numerosi altri indici di valutazione sono stati elaborati per quantificare il coinvolgimento osteoarticolare e l’impatto sulla qualità di vita. Per “valutare” un paziente psoriasico abbiamo bisogno di un uso coordinato degli indici di gravità a nostra disposizio-

ne. Quando un paziente viene inserito nel Progetto Psocare, per esempio, l’inquadramento generale della sua malattia viene determinato attraverso l’impiego di indici che ne quantificano l’interessamento cutaneo (PASI e VAS-prurito), articolare (VAS-dolore e Indice di Ritchie) e l’impatto sulla qualità di vita del paziente (Skindex-29 e HAQ). Considerando che l’attenzione del medico (dermatologo e non) si è rivolta solo in tempi relativamente recenti verso le possibili comorbilità, ad oggi, purtroppo, non disponiamo ancora di indici in grado di indagare gli altri aspetti della “malattia psoriasica”. È evidente che quanto più è completo l’inquadramento del paziente, tanto più l’atteggiamento terapeutico adottato nei suoi confronti potrà essere adeguato. Bibliografia 1. Fredriksson T, Petterson U. Severe psoriasis - oral therapy with a new retinoid. Dermatologica 1978; 157:238-44. 2. DeRie MA, Goedkoop AY, Bos JD. Overview of psoriasis. Dermatologic Therapy 2004;17:341-9. 3. Carlin CR, Feldman SR, Krueger GG. A 50% reduction in the Psoriasis Area and Severity Index (PASI 50) is a clinically significant endpoint in the assessment of psoriasis. J Am Acad Dermatol 2004;50:859-66. 4. Louden BA, Pearce DJ, Lang W, Feldman SR. A simplified psoriasis area and severity index (SPASI) for rating psoriasis severity in clinic patients. Dermatol online J 2004;10(2):7. 5. Bushan M, Burden AD, McElhone K, James R, Vanhoutte FP, Griffiths CE. Oral liarozole in the treatment of palmoplantar pustular psoriasis: a randomized, double blind, placebo controlled study. Br J Dermatol 2001;145:546-53. 6. Thaçi D, Daiber W, Boehncke WH, Kaufmann R. Calcipotriol solution for the treatment of scalp psoriasis: evaluation of efficacy, safety and acceptance in 3,396 patients. Dermatology 2001;203(2):153-6.

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7. Feldman SR, Fleischer AB, Reboussin DM, Rapp SR, Exum ML, Clark AR, Nurre L. The self-administred psoriasis area and severity index is valid and reliable. J Invest Dermatol 1996;106:183-186. 8. Fleischer AB, Feldman SR, Dekle CL. The SAPASI is valid and responsive to psoriasis disease severity changes in a multi-center clinical trial. J Dermatol 1999;26(4):210-5. 9. Henseler T, Schmitt-Rau K. A comparison between BSA, PASI, PLASI and SAPASI as measures of disease severity and improvement by therapy in patients with psoriasis. Int J Dermatol 2008;47(10):1019-23. 10. Ramsay B, Lawrence CM. Measurement of involved surface area in patients with psoriasis. Br J Dermatol 1991;124:565-70. 11. Langley RG, Ellis CN. Evaluating psoriasis with Psoriasis Area and Severity Index, Psoriasis Global Assessment, and Lattice System Physician’s Global Assessment. J Am Acad Dermatol 2004;51:563-9. 12. Riccardo RR, Rhoa M, Orenberg FK, Li N, Rundle AC, Caro I. Clinical benefits in patients with psoriasis after efalizumab therapy: clinical trials versus practice. Cutis 2004;74:193200. 13. Berth-Jones J, Grotzinger K, Rainville C, Pham B, Huang J, Daly S, Herdman M, Firth P, Hotchkiss K. A study examining inter- and intrarater reliability of three scales for measuring severity of psoriasis: Psoriasis Area and Severity Index, Physician’s Global Assessment and Lattice System Physician’s Global Assessment. Br J Dermatol 2006; 155(4):707-13. 14. Wewers ME, Lowe NK. A critical review of visual analogue scales in the measurement of clinical phenomena. Research in Nursing and Health 1990;13:227-36. 15. Kirby B, Fortune DG, Bhushan M, Chalmers RJ, Griffiths CE. The Salford Psoriasis Index: an holistic measure of psoriasis severity. Br J Dermatol 2000;142(4):728-32. 16. Baran RL. A nail psoriasis severity index. Br J Dermatol 2004;150:568569.

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Strumenti clinici

Valutazione strumentale della psoriasi a placche FRANCESCA NICOLUCCI LEONE BIAGIO FAIOLA* NICOLETTA BERNARDINI GIORGIO LA VIOLA ILARIA PROIETTI DANIELE INNOCENZI† CONCETTA POTENZA Università “La Sapienza” di Roma I Facoltà di Medicina e Chirurgia Polo Pontino UOC di Dermatologia “Daniele Innocenzi” *UOC di Radiologia Ospedale civile Fiorini - Terracina e-mail: concetta.potenza@uniroma1.it

Psoriasis is a common chronic cutaneous inflammatory disorder affecting mainly the skin. It is widely spread in the world with 3 percent average prevalence. There are no differences in the frequency of psoriasis between sexes. There are several clinic variants of the disorder but the most commonly observed is the plaque psoriasis characterized clinically by well-circumscribed reddish and scaly plaques. Clinical polymorphism is characteristic of psoriasis; the most common and simple method used to identify psoriasis is the clinical diagnosis, but over the last years, some other methods have been proposed that could help to find a proper therapeutic approach for different evolutive stages. These are biopsy with histological exam, high-frequency ultrasound imaging, capillaroscopy and confocal laser scanning microscopy. All methods are discussed. Parole chiave: psoriasi a placche, biopsia, ecografia cutanea, capillaroscopia, microscopia confocale Key words: plaque psoriasis, biopsy, high-frequency ultrasound imaging, capillaroscopy, confocal laser scanning microscopy

Introduzione a psoriasi è una genodermatosi a patogenesi multifattoriale, caratterizzata clinicamente da lesioni eritemato-squamose a decorso cronico recidivante (1). La malattia è distribuita equamente nei due sessi, può esordire a qualunque età, e in Italia colpisce il 3% della popolazione generale, talora nella sua forma grave altamente invalidante (2). La razza caucasica è colpita in misura maggiore rispetto alle et-

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nie africane e asiatiche. La patologia si manifesta sotto varie forme, sia dal punto di vista clinico sia da quello istopatologico. La variabilità clinica è ormai codificata (pustolosa, eritrodermica, guttata, a placche) e spesso queste varianti della malattia vengono trattate con protocolli terapeutici differenti. La forma di più frequente osservazione è la psoriasi a placche (figura 1) (3). Pur rimanendo la diagnosi clinica il modo più semplice per

identificare tale patologia, esistono attualmente tecniche strumentali che possono essere di ausilio nella diagnosi di psoriasi. Tali metodiche (esame istologico, esame ecografico cutaneo, capillaroscopia e microscopia confocale) non sono sempre di facile esecuzione, anche se rappresentano indagini oggettive che aggiungono, in casi particolari, utili elementi per la diagnosi in quanto si presentano con pattern specifici.

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Fig. 1 Placca psoriasica

Istologia La biopsia di una placca psoriasica può essere di ausilio per avere una certezza diagnostica. Infatti, i diversi aspetti clinicopatologici possono coesistere in uno stesso paziente. Non esiste nella psoriasi un’evoluzione sincrona delle lesioni, ma ciascuna di queste si presenta in una propria fase evolutiva (figura 2) che corrisponde ai vari momenti patogenetici e biochimici che si verificano durante la formazione della placca stessa (4). Per tale motivo la diagnosi istologica non sempre è di facile interpretazione. L’istodinamica di una lesione psoriasica si compone di tre momenti principali: una fase iniziale, una di stato e una di risoluzione. La fase iniziale, caratterizzata clinicamente dalla presenza di lesioni eritemato-edematose, è aspecifica, fugace e scivola rapidamente verso i momenti successivi (figura 3). La fase di risoluzione, eritematosquamosa, è quella che osserviamo durante e dopo una terapia di successo e segna un momento di ritorno verso la condizione di normalità (figura 4). La fase di stato permette dal punto di vista istopatologico la diagnosi certa di malattia, perché presenta gli aspetti morfologicamente caratteristici della psoriasi. Tuttavia è proprio in questa fase

Fig. 2 Polimorfismo clinico delle lesioni psoriasiche

che la variabilità istopatologica è maggiormente apprezzabile: da lesioni con aspetti prevalenti di allungamento delle creste papillari, assottigliamento dell’epidermide sovra-capillare, dilatazione dei capillari nel derma papillare, paracheratosi confluente e microascessi (stato precoce) (figure 5 e 6), a lesioni con prevalenti aspetti di acantosi continua, fusione di creste epidermi-

che, fibroplasia, presenza dello strato granuloso e orto-paracheratosi (stato tardivo) (figure 7 e 8) (5). Questi due aspetti istopatologici possono giustificare la diversa evoluzione clinica delle singole lesioni, da “eritematose” nella fase di stato precoce, per la dilatazione dei capillari e assottigliamento dell’epidermide, a “squamose” nella fase di stato tardivo per l’iperplasia epidermi-

Fig. 3 Fase iniziale

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Fig. 4 Fase di risoluzione

Fig. 5 Fase di stato precoce

Fig. 6 Microascessi di Munro – Sabouraud (fase di stato precoce)

ca con acantosi continua, presenza dello strato dei granuli e orto-paracheratosi. L’ausilio che la diagnosi istologica può dare è la possibilità di stabilire se la psoriasi si trova in una fase infiammatoria (fase di stato precoce) o squamosa (fase di stato

tardiva) per indirizzare il clinico verso l’utilizzo di protocolli terapeutici differenti. Ecografia Il primo utilizzo della tecnica ecografica in campo dermatologico risale ad Alexander e Mil-

ler che nel 1979 utilizzarono per primi un apparecchio ecografico per misurare lo spessore cutaneo. In seguito, fin dai primi anni ’80, l’utilizzo di ecografi b-scan caratterizzati da una maggiore frequenza ha determinato un incremento degli studi riguardanti l’organo cute, che ha rappresentato un modello anatomico e biologico ideale per l’utilizzo delle alte frequenze in relazione al diverso spessore cutaneo, alle sedi esaminate e all’età del soggetto. L’utilizzo di sonde lineari di 20 Mhz, che hanno una capacità di penetrazione in profondità di 7 mm e l’associazione del color e power doppler alla sonda ecografica lineare ad alta risoluzione, ha rappresentato un ulteriore passo in avanti nella diagnostica strumentale dermatologica (6). Tali sonde permettono di distinguere tre strati: l’epidermide, il derma e il tessuto sottocutaneo al di sotto del quale si trovano la fascia superficiale e la fascia muscolare. L’epidermide ha uno spessore variabile tra 0,3 e 0,6 mm e appare come stria iperecogena. Il derma ha uno spessore variabile di 1-4 mm, è costituito dal derma papillare e dal derma reticolare, mostra un pattern ecografico iperecogeno; il derma reticolare appare disomogeneo per la presenza di arteriole e follicoli piliferi. Il tessuto sottocutaneo ha uno spessore che va da 5 a 20 mm ed è ipoecogeno intervallato dai tralci connettivali iperecogeni (aspetto reticolare). La fascia muscolare ha un aspetto lineare iperecogeno (7). In accordo con la letteratura (8), l’indagine ecografica trova applicazione clinica in varie patologie cutanee tra cui la psoriasi. Lo studio morfologico della placca psoriasica riconosce tre bande di diversa ecogenicità (9). La prima banda è iperecogena (strato corneo ispessito e parte superficiale dell’epidermide). La seconda banda è ipoecoge-

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Fig. 7 Fase di stato tardiva (acantosi continua, fusione di creste epidermiche)

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ciale, l’epidermide, di una zona ipoecogena intermedia, il derma papillare e le creste epidermiche, e di una zona iperecogena più profonda, il derma reticolare) permette anche di valutare l’andamento della terapia antipsoriasica in base alle modificazioni ecografiche delle placche. La risoluzione del quadro clinico in seguito a terapia corrisponde al pattern ecografico della cute sana. Per valutare l’efficacia terapeutica, la prima valutazione ecografica dovrebbe essere effettuata prima dell’inizio della terapia, mentre i controlli eseguiti mensilmente permettono di valutare, insieme all’esame clinico ed eventualmente istologico, il miglioramento clinico con la progressiva riduzione dello spessore cutaneo e della banda ipoecogena sub-epidermica. In conclusione, l’utilizzo dell’ecografia cutanea tradizionale rappresenta un ulteriore ausilio oggettivo di valutazione che, unitamente all’osservazione clinica e istologica, permette di monitorare l’efficacia terapeutica in patologie di rilevanza sociale sog-

na (creste epidermiche e derma papillare edematoso con vasi congesti); la terza banda è iperecogena (derma reticolare ispessito disomogeneamente non in tutte le aree, ben distinguibile dalla zona sovrastante). Le placche più cheratosiche possono avere anche un marcato assorbimento del fascio ultrasonoro e quindi non consentire un’adeguata valutazione del derma e dell’ipoderma. Possono

esserci a livello della placca piccoli coni acustici posteriori dovuti all’aria presente tra le squame (figura 9). L’esame ecografico, oltre alla possibilità di identificare lesioni tipiche della psoriasi (caratterizzate dall’alternarsi di una zona iperecogena superfi-

Fig. 8 Fibroplasia subepidermica (fase di stato tardiva)

Fig. 9 A destra, immagine ecografica della cute sana; a sinistra, immagine ecografica della placca psoriasica.

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gette a terapie e prolungate come la psoriasi. Capillaroscopia La capillaroscopia è una tecnica che analizza la microcircolazione della cute, in particolare quella della struttura costituita dall’arteriola capillare, dalla venula e dal tratto di collegamento tra queste e i tessuti circostanti (10). Nella psoriasi le alterazioni della microcircolazione, come l’allungamento dei capillari che appaiono tortuosi e congesti, sono caratteristiche e costituiscono uno dei criteri diagnostici della patologia. Infatti, nella placca psoriasica le principali alterazioni riguardano la porzione intrapapillare dei capillari dell’ansa. A differenza della cute normale, le estremità dei capillari dell’ansa appaiono tortuosi. Inoltre, il loro diametro è notevolmente aumentato (6-7 micrometri) rispetto al corrispondente segmento della cute sana (3, 5-6 micrometri). Queste modificazioni vascolari sono uniformemente distribuite su tutta la placca psoriasica (figura 10). Anche la struttura dei capillari dermici psoriasici

è caratteristica (11). Nella cute normale l’endotelio del capillare dell’ansa appare omogeneo durante tutto il suo decorso all’interno della papilla dermica; solo verso la porzione terminale l’endotelio appare multi-lamellare come nella circolazione venosa. Nella psoriasi, invece, l’endotelio dei capillari dell’ansa è multi-lamellare lungo tutto il suo decorso. Inoltre, sono presenti intervalli (gap) tra le cellule endoteliali delle venule post-capillari del plesso orizzontale superiore. Il loro ruolo non è del tutto chiaro, anche se sembrerebbe che siano responsabili della perdita di albumina e di altre proteine plasmatiche nelle forme estese di psoriasi (11). In minor misura i capillari presentano delle fenestrature che li rendono più permeabili all’acqua e ai soluti idrofili, rispetto ai capillari della cute normale che si presentano con endotelio continuo. Nella cute dei pazienti psoriasici i fattori di crescita dell’endotelio vasale sono aumentati mentre i loro recettori sono iperespressi nelle cellule endoteliali all’interno delle papille dermiche. Alcuni studi

Fig. 10 Immagine capillaroscopica di una placca psoriasica

hanno inoltre dimostrato un sostanziale aumento dell’afflusso di sangue nelle placche psoriasiche rispetto alla cute normale. La risoluzione delle lesioni è associata al ritorno della microcircolazione verso la normalità. Microscopia confocale Il microscopio confocale (figura 11) è un microscopio completamente digitale: si tratta di un sistema diagnostico strumentale recente, che da circa dieci anni permette di visualizzare e contemporaneamente registrare tutti gli strati dell’epidermide e ottenere ingrandimenti fino a 1000X delle strutture cellulari ed extracellulari (12). La prima applicazione della microscopia confocale riguarda le neoplasie cutanee, e in particolare permette di identificare il calibro e la lunghezza dei capillari del derma, le variazioni del flusso ematico e le alterazioni cellulari prodotte da patologie infiammatorie quali la psoriasi. Con il microscopio ottico confocale è possibile individuare con estrema precisione le modificazioni di una placca psoriasica rispetto alla cu-

Fig. 11 Microscopio a laser confocale

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te sana (13). In corrispondenza delle lesioni infatti sono presenti sia corneociti nucleati negli strati più superficiali dell’epidermide, sia un infiltrato di cellule infiammatorie in corrispondenza del derma papillare (fase eritematosa). È inoltre possibile studiare parametri morfometrici come lo spessore dell’epidermide che appare assottigliata in corrispondenza della regione sovrapapillare, il numero delle papille dermiche che risulta aumentato e la lunghezza delle creste epidermiche notevolmente aumentata (fase ipercheratosica). Nel derma superficiale è ben evidente la dilatazione dei capillari delle papille dermiche. Tale metodica, a causa degli alti costi, non è certo di frequente utilizzo in campo dermatologico ma ha il vantaggio di ottenere l’immediatezza nella diagnosi, la possibilità di valutare le lesioni in vivo e di verificare le modificazioni delle placche a tempo 0 e ai controlli successivi. In conclusione, è possibile affermare che il microscopio confocale permette un’analisi della placca psoriasica prendendo in considerazione gli stessi parametri studiati durante un esame istologico senza averne l’invasività. Discussione La psoriasi, patologia infiammatoria cronica recidivante di frequente osservazione clinica, rappresenta un modello diagnostico multidisciplinare, in cui la valu-

tazione clinica operata dal dermatologo può essere supportata dall’attività di altre branche specialistiche. In particolare, l’esecuzione di metodiche più o meno invasive, quali la biopsia cutanea e l’esame istologico, l’ecografia cutanea, la capillaroscopia e la microscopia confocale, non solo permettono un completamento diagnostico ma possono anche coadiuvare il clinico nel monitoraggio del paziente soggetto a terapia antipsoriasica attraverso lo studio di pattern caratteristici, valutando così il trattamento più idoneo a seconda della fase in cui si trova la lesione psoriasica (fase di stato precoce o fase di stato tardiva). Gli alti costi di alcune di queste metodiche non permettono l’utilizzo frequente e non sono sempre di facile esecuzione in campo dermatologico. Per tale motivo il clinico si può rivolgere a esse in quei casi particolari in cui risultano utili ulteriori elementi diagnostici. Bibliografia 1. Braun-Falco O et al. Dermatologia. I volume Sprinter Milano 2002. Psoriasi;14:585-610. 2. Conway P, Currie CJ. Descriptive epidemiology of hospitalization for psoriasis. Curr Med Res Opin 2008;24(12):3487-91. 3. Saurat JH et al. Dermatologia e malattie sessualmente trasmesse. Masson Milano 2000. Psoriasi.8.

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5. Histopathology of the skin. Philadelphia. Lippincott 1990; pp. 156164. 6. Dill-Müller D, Machke J. Ultrasonography in dermatology. J Dtsch Dermatol Ges 2007; 5(8)689-707. 7. Kong L, Caspall J, Duckwoth M, Sprigle S. Assessment of an ultrasonic dermal scanner for skin thickness measurement. Med Eng Phys 2007. 8. Schimid-Wendtner MH, Burgdorrf W. Ultrasound scanning in dermatology. Arch Dermatol 2005;141(2): 217-24. 9. Stojanovic´ S, Poljacki M, Ros T. Diagnostic importance of ultrasound in Dermatology. Med Pregl 2002;(910):392-6. 10. Hern S, Mortimer PS. In vivo quantification of microvessels in clinically uninvolved psoriatic skin and in normal skin. Br J Dermatol 2007;156:1224-29. 11. Hern S et al. Immunohistochemical evaluation of psoriatic plaques following selective photodermolisys of superficial capillaries. British Journal of Dermatology 2001;145:45-53. 12. Anderson RR. Laser in dermatology - a critical update. J Dermatol 2000;27(11)700-5. Review. 13. González S, Rajadhyaksha M, Rubinstein G, Anderson RR. Characterization of psoriasis in vivo by reflectance confocal microscopy. J Med 1999;30(5-6):337-56.

4. David Weedon. The psoriasiform reaction pattern. The skin. Symmers. W. St. C. Church 1984;4:73-78.

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Case report

Psoriasi e disturbo bipolare: l’effetto di anti-TNFα sul quadro psichico dei pazienti GIUSEPPINA GIULIANO* ANGELO MASSIMILIANO D’ERME** CRISTIANA NISITA*** PAOLO BARACHINI* *Clinica Dermatologica Università degli Studi di Pisa **Centro Interuniversitario di Dermatologia Biologica e Psicosomatica ***Clinica Psichiatrica Università degli Studi di Pisa e-mail: giusygiuliano@gmail.com

The clinical case refers to a 60-year-old woman affected both by a bipolar disorder 1 (treated with lithium) and psoriasis, with the patient initially not compliant to any psoriasis treatment. Following infliximab treatment an improvement in dermatological and psychiatric status with no side effects has been achieved. It is not clear whether the previously said improvement is due to: a) remission of psoriasis; b) lithium induced psychiatric equilibrium; c) relationship between inflammatory cytokines, biologic drug and bipolar disorder. New studies need to elucidate the role of TNFα and other cytokines in psoriasis and bipolar disorder. Parole chiave: psoriasi, disturbo bipolare, anti-TNFα, citochine, sali di litio Key words: psoriasis, bipolar disorder, anti-TNFα, cytokines, lithium salts

Caso clinico a psoriasi è una malattia infiammatoria cronica molto diffusa nella popolazione che interessa la cute e talora le articolazioni. Tra i fattori di rischio e determinanti un peggioramento della psoriasi vi è l’uso dei sali di litio, farmaco impiegato in psichiatria per stabilizzare l’umore. La psoriasi è presente in molti pazienti con disturbo bipolare. I farmaci biologici anti-TNFα sono usati con molto successo in quadri di psoriasi medio-grave qualora almeno 2 farmaci siste-

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mici non abbiano funzionato o vi sia stata per essi una controindicazione. Possono essere usati in monoterapia o in terapia combinata con altri farmaci. Riportiamo il caso della signora SC, di 60 anni, giunta alla nostra attenzione per psoriasi volgare diffusa a placche. Dall’anamnesi patologica remota la paziente riferiva di essere affetta da molti anni da disturbo bipolare tipo 1 ed essere in terapia cronica con sali di litio, che ha ridotto frequenza e intensità di episodi maniacali e depressivi.

Al momento della visita la paziente era in terapia con sali di litio e bromperidolo (neurolettico tipico). Per quanto riguarda la patologia cutanea, la paziente riferiva di soffrire da molti anni di psoriasi e di aver effettuato in precedenza terapia sistemica convenzionale con scarsi e non duraturi effetti. Quindi demoralizzata, aveva abbandonato ogni terapia. La paziente viene sottoposta a terapia con infliximab dopo aver effettuato, come da protocollo, esami ematochimici, Rx torace, test

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Tabella 1 Andamento del PASI in corso di trattamento

Tabella 2 Andamento del DLQI in corso di trattamento

di Mantoux, esami virali ed ECG, che risultavano tutti nella norma. All’ingresso la paziente presentava un PASI iniziale di 23 e un DLQI di 27.

Venivano effettuate infusioni da 5 mg/kg di infliximab alla settimana 0, 2, 6, 14 e 22. Nelle tabelle 1 e 2 sono riportati rispettivamente gli andamen-

Fig. 1 Lesioni paziente tempo 0

Fig. 2 Lesioni paziente tempo 0

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ti del PASI e del DLQI nel corso delle varie settimane di trattamento. Già dalle prime somministrazioni è possibile rilevare un netto miglioramento del quadro dermatologico. Dopo 6, 14 e 22 settimane tali valori migliorano ancora fino ad avere un PASI di 3 e un DLQI di 4. Dopo 14 e 22 settimane rimane solo una leggera discromia a livello dei gomiti. La paziente inoltre migliora sotto il profilo psichico. La pronta riduzione dell’ipercheratosi, dell’infiammazione e del prurito intenso fa migliorare decisamente il quadro cutaneo della paziente e la sua qualità di vita. In particolare, durante il periodo di terapia non si verificano episodi espansivi dell’umore, manifestazioni talora presenti nei periodi precedenti alla terapia con farmaco biologico. Infliximab si è dimostrato pertanto efficace in una paziente sotto terapia con i sali di litio, farmaci tradizionalmente considerati in contrasto con la guarigione delle lesioni psoriasiche. La storia di questa paziente è indicativa del complesso rapporto tra gli effetti collaterali dei sali di litio, psoriasi e stress. La signora SC presentava frequenti episodi di opposta polarità in epoca antecedente al trattamento con litio. In particolare le fasi depressive erano caratterizzate da un netto peggioramento del quadro cutaneo, non rispondente a trattamenti. Dopo l’introduzione del carbolithium, il disturbo bipolare aveva presentato un miglioramento ma la paziente aveva abbandonato le cure dermatologiche in quanto ormai sfiduciata. Si può dedurre pertanto che i sali di litio, migliorando l’umore e riducendo lo stress del disturbo, mostrano un’efficacia “indiretta” sulla psoriasi, contrariamente all’azione negativa del farmaco più volte riportato in letteratura.

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Bibliografia 1. Brietzke E, Kapczinski F. TNF-alpha as a molecular target in bipolar disorder. Prog Neuropsychopharmacol Biol Psychiatry 2008;32(6):1355-61.

Fig. 3 Lesioni paziente tempo 0

Una seconda riflessione nasce pertanto dal fatto che la terapia con infliximab, in una paziente dalla storia psichiatrica complessa, è stata associata a un prolungato periodo di benessere e stabilità dell’umore. Durante il periodo di trattamento di 5 mesi, la paziente non ha avuto necessità di visite non programmate presso la struttura psichiatrica per riacutizzazioni sintomatologiche. È possibile ipotizzare quindi un positivo effetto di infliximab sul tono dell’umore. Come gli altri anti-TNFα, infliximab potrebbe agire a livello psichico tramite la modificazione delle citochine infiammatorie. Secondo recenti studi di Kim YK et al., alcune citochine implicate nella patogenesi della psoriasi sono in realtà coinvolte nella genesi di disturbi dell’umore di tipo bipolare. In particolare, per quanto riguarda questo disturbo sono state

Fig. 4 Lesioni paziente dopo 2 settimane

osservate differenze nella concentrazione di citochine nelle fasi di opposta polarità: nella mania risultano significativamente elevati il TNFα e l’IL4, nella fase depressiva prevalgono TNFα e IL6 (studio di Ortiz-Dominguez) Sia nelle fasi maniacali sia in quelle depressive risulta essere elevato il TNFα, che può avere un ruolo critico nella patogenesi dei disturbi psichiatrici. Uno studio condotto da Krishman R et al. ha mostrato che, in pazienti con psoriasi, durante la terapia con etanercept vi era un miglioramento della depressione e fatica in percentuale statisticamente significativa rispetto al gruppo di controllo. Inoltre, il rapporto tra molecole pro- e antinfiammatorie sembra essere influenzato dal ruolo di farmaci stabilizzanti l’umore, come rilevato dallo studio di Boufidou F. Attualmente, sono necessarie accurate indagini sui meccanismi biologici sottostanti per chiarire ulteriormente i complessi rapporti tra citochine, psoriasi e disturbi dell’umore.

2. Himmerich H, Fulda S, Linseisen J, Seiler H, Wolfram G, Himmerich S, Gedrich K, Kloiber S, Lucae S, Ising M, Uhr M, Holsboer F, Pollmächer T. Depression, comorbidities and the TNF-alpha system. Eur Psychiatry 2008;23(6):421-9. 3. Himmerich H, Koethe D, Schuld A, Yassouridis A, Pollmächer T. Plasma levels of leptin and endogenous immune modulators during treatment with carbamazepine or lithium. Psychopharmacology (Berl) 2005;179(2):447-51. 4. Krishnan R, Cella D, Leonardi C, Papp K, Gottlieb AB, Dunn M, Chiou CF, Patel V, Jahreis A. Effects of etanercept therapy on fatigue and symptoms of depression in subjects treated for moderate to severe plaque psoriasis for up to 96 weeks. British Journal of Dermatology Volume 157, Issue 6, pp. 1275-1277. 5. Boufidou F, Nikolaou C, Alevizos B, Liappas IA, Christodoulou GN. Cytokine production in bipolar affective disorder patients under lithium treatment. J Affect Disord 2004; 82(2):309-13. 6. Ortiz-Domínguez A, Hernández ME, Berlanga C, Gutiérrez-Mora D, Moreno J, Heinze G, Pavón L. Immune variations in bipolar disorder: phasic differences. Bipolar Disord 2007;9(6):596-602. 7. Kim YK, Jung HG, Myint AM, Kim H, Park SH. Imbalance between pro-inflammatory and anti-inflammatory cytokines in bipolar disorder. J Affect Disord 2007;104(1-3):91-5. 8. Yang K, Xie G, Zhang Z, Wang C, Li W, Zhou W, Tang Y. Levels of serum interleukin (IL)-6, IL-1beta, tumour necrosis factor-alpha and leptin and their correlation in depression. Aust N Z J Psychiatry 2007; 41(3):266-73.

Fig. 5 Lesioni paziente dopo 6 settimane

Fig. 6 Lesioni paziente dopo 14 settimane

9. Di Nuzzo S, Zanni M, De Panfilis G. Exacerbation of paranoid schizophrenia in a psoriatic patient after treatment with cyclosporine A, but not with etanercept. J Drugs Dermatol 2007;6(10):1046-7.

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Report

Etanercept nel trattamento della psoriasi e dell’artrite psoriasica: la doppia faccia della luna Psoriatic arthritis is a chronic inflammatory disease, in many cases with onset following the manifestation of psoriasis, less commonly preceeding. Early treatment is very important and many drugs and therapeutic strategies are used today to treat this disorder. Etanercept (a human recombinant protein that acts as a competitive inhibitor of tumour necrosis factorα) has demonstrated to significantly improve the quality of life of patients suffering from both psoriasis and psoriatic arthritis. Parole chiave: psoriasi, artrite psoriasica, farmaci biologici, etanercept Key words: psoriasis, psoriatic arthritis, biologic drugs, etanercept

’artrite psoriasica (PsA) è una patologia infiammatoria cronica debilitante caratterizzata da sintomi cutanei e articolari che si può manifestare con quadri clinici diversi e, talora, può comportare anche manifestazioni extra-articolari (respiratorie, oculari, cardiovascolari). Tale patologia segue la psoriasi nel 75% dei casi, la precede nel 15% e ha un esordio contemporaneo nel 10%. L’età di insorgenza più frequente è compre-

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sa tra i 30 e i 50 anni. Il dermatologo si trova nelle condizioni migliori per individuare precocemente l’artrite psoriasica tra i pazienti affetti da psoriasi e fornire un adeguato trattamento terapeutico. Un precoce inizio della terapia infatti può prevenire la progressione della malattia e il conseguente danno articolare. Storicamente i subset clinici riconosciuti di questa malattia sono: distale prevalente, oligoarticolare asimmetrico, poliarticola-

SILVIA BETTI* FRANCESCA BANDINELLI** ANDREA BASSI*** MARCO MATUCCI CERINIC** TORELLO LOTTI* *Dipartimento di Scienze Dermatologiche Università degli Studi di Firenze **U.O. Complessa di Dermatologia e Dipartimento di Biomedicina, centro DENOThe Divisione di Reumatologia AOUC Università degli Studi di Firenze ***CIDEBIP, Università degli Studi di Firenze e-mail: pilabetti@virgilio it

re simil-reumatoide, spondilitico e artritico mutilante. Attualmente si ritiene che per omogeneità diagnostica e terapeutica si possa parlare dei seguenti subset: poliartritico, oligoartritico, spondilitico prevalente e entesiticotenosinovitico prevalente. L’incidenza, probabilmente sottostimata, della PsA è riportata tra 3,4 e 8 casi/100.000 abitanti (1). In Italia si calcola una prevalenza di circa il 35% di artriti nei soggetti portatori di psoriasi.

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La PsA è una malattia più grave di quanto sia stato ritenuto in passato. In uno studio in cui i pazienti con PsA sono stati monitorati per sette anni, la percentuale di almeno cinque articolazioni con danni permanenti è passata dal 20 al 40%, con una progressione della gravità della malattia e del danno radiologico (2). L’11% di una coorte di 220 pazienti ha riportato una marcata restrizione delle attività quotidiane causata dall’artrite (3). L’influsso negativo della malattia sulla qualità di vita è notevole e sovrapponibile a quello prodotto dall’artrite reumatoide (4). Anche l’impatto in termini di costi diretti e indiretti incide molto negativamente, con un effetto evidente già nei primi mesi di malattia e può determinare radicali cambiamenti nel modo di vivere (5). Negli USA, il costo diretto totale per pazienti con psoriasi e PsA (costi di ospedalizzazione, visite mediche, terapie farmacologiche e non) è stato stimato intorno ai 650 milioni di dollari annui nell’intera nazione (6). Uno studio multicentrico tedesco ha indicato un costo medio totale a paziente pari a 6700 euro annui, in riferimento alla sola psoriasi (7). Negli ultimi tempi, notevoli progressi sono avvenuti nella terapia della psoriasi artropatica, sia grazie all’introduzione di nuovi farmaci, sia per le migliorate strategie terapeutiche incentrate sull’identificazione precoce e il rapido trattamento dei pazienti con indicatori prognostici negativi. Molti studi clinici controllati hanno definitivamente dimostrato che nella PsA i nuovi agenti biologici sono più efficaci dei trattamenti con DMARDs tradizionali (8, 9). Questi progressi terapeutici si possono tradurre in un miglioramento persistente degli indici articolari, della progressione radiologica, della di-

sabilità dovuta al danno articolare e della qualità della vita in pazienti con PsA. L’alto costo di tali terapie e la necessità di un attento monitoraggio dei pazienti rendono ragione dell’utilità di un ambulatorio polispecialistico che identifichi con certezza i pazienti idonei a effettuare le suddette terapie. In particolare, la collaborazione tra reumatologi e dermatologi è il primo passo per ridurre la latenza diagnostica di questa patologia che ha impedito per anni un approccio tempestivo nei confronti della malattia. Etanercept è una proteina ricombinante che lega selettivamente il Tumor Necrosis Factoralpha (TNFα) solubile o legato al recettore che è stato approvato nel trattamento della psoriasi a placche da moderata a grave e dell’artrite psoriasica attiva, mostrando efficacia nella patologia sia cutanea sia articolare. Alte concentrazioni di TNFα sono state trovate sia nelle lesioni dermatologiche sia nel liquido articolare e nella sinovia in pazienti affetti (10-12). Etanercept lega il TNF con alta affinità, prevedendo la sua interazione con i recettori di superficie e l’iniziazione del segnale intracellulare. Negli studi più recenti, il farmaco ha dimostrato ottimi risultati in termini di efficacia clinica e radiologica e di tolleranza. In uno studio del 2004 condotto su 205 pazienti affetti da PsA divisi in un gruppo placebo e in un gruppo con etanercept (25 mg due volte alla settimana sottocute) con concomitante terapia con metotrexato (<25 mg/settimana), già alla dodicesima settimana l’ACR20 è stato raggiunto nel 59% con etanercept contro il 15% del placebo e lo PsARC (un indice composito di misure relative all’efficacia clinica) nel 72% contro il 31%. La qualità di vita e la disabilità correlata (misurata con HAQ), alla ventiquattresima settimana mostrava un

miglioramento del 54% contro il 6% del placebo. Il profilo della tollerabilità si è dimostrato molto elevato e in particolare non è emerso nessun evento infettivo. La progressione radiologica a 6 e a 12 mesi, in termini di eventi erosivi, è inibita nel gruppo trattato con etanercept, mentre le manifestazioni iuxta-articolari di periostite non sono significativamente differenti rispetto al placebo (13). L’aspetto radiologico è stato meglio focalizzato in una prosecuzione del lavoro con la valutazione della progressione radiologica delle mani e dei polsi a 2 anni, condotto su 141 pazienti (71 etanercept e 70 placebo originariamente randomizzati). Nel gruppo trattato con etanercept, il danno iniziale radiologico continua a essere stabile a distanza di 2 anni senza comparsa né di nuovi eventi erosivi né della riduzione dell’interlinea articolare, con una riduzione dello Sharp score dopo 2 anni. Lo stesso risultato si ottiene anche nei pazienti che sono trasferiti dal gruppo placebo al gruppo etanercept (riduzione dello Sharp score radiologico dal primo al secondo anno di follow-up) (14, 15). Nel trial PRESTA sono stati trattati pazienti affetti da psoriasi e artrite psoriasica a 24 settimane, in doppio cieco, con etanercept 50 mg una volta alla settimana e 50 mg due volte alla settimana, non associato a metotrexato. In questo studio, dei pazienti trattati con etanercept 50 mg una volta alla settimana il 62% ha raggiunto una risposta PASI ≥75% alla settimana 24, mentre il 72% dei pazienti con PsA ha mostrato un miglioramento della componente articolare secondo i criteri PsARC già dopo 12 settimane. Tale risultato si è mantenuto fino alla ventiquattresima settimana. Al fine di valutare l’effettivo miglioramento della qualità della vita apportato dal-

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la terapia con etanercept, è stato calcolato per ogni paziente il Dermatology Life Quality Index (DLQI) all’inizio dello studio e durante tutto il periodo di trattamento (settimana 6, 12, 18, 24): è stato riportato un miglioramento significativo rispetto al basale. La valutazione in termini di valutazione globale del clinico (Physician global assessment) è risultata migliore alla prima valutazione nel gruppo a maggiore posologia, ma alla ventiquattresima settimana è pressoché sovrapponibile (16, 17). Questo studio dimostra che il trattamento con etanercept migliora significativamente la qualità della vita (riduzione del punteggio DLQI) dei pazienti affetti da psoriasi e da artrite psoriasica in 12 settimane. Tra i risultati ottenuti dai due regimi di trattamento utilizzati (BiW e QW), si apprezzano alla settimana 12 piccole differenze statisticamente significative a favore del gruppo BiW, ma di scarsa rilevanza nella pratica clinica. Il miglioramento persiste in entrambi i gruppi nel periodo in aperto, raggiungendo alla fine dello studio risultati sovrapponibili (16). Nella nostra esperienza e nel nostro centro Psocare di Firenze abbiamo un centinaio di pazienti affetti da psoriasi artropatica e cutanea in trattamento con etanercept. Qui di seguito riportiamo tre esempi di eccellenti risultati ottenuti in alcuni dei nostri pazienti dopo solo 4 mesi di trattamento. Il primo è il caso di una donna di 37 anni con indice di massa corporea di 22,3, astemia e mai fumatrice, attualmente in trattamento anticoncezionale. Le prime manifestazioni della psoriasi comparvero all’età di 12 anni con lesioni localizzate al cuoio capelluto. La paziente riferiva anche dolori articolari insorti soprattutto in corrispondenza delle articolazioni metacarpo-falangee e a livello delle ar-

ticolazioni tibio-tarsiche da circa 2 anni. La paziente è stata trattata con sola terapia topica fino al 2001 quando ha iniziato fototerapia con UVB a banda stretta a 311 nm ripetuta per 6 cicli con contemporaneo miglioramento del quadro clinico. Nel settembre 2007, in seguito a un peggioramento ed estensione delle lesioni, la paziente ha cominciato terapia con metotrexato 10 mg a settimana i.m e il giorno seguente all’iniezione assunzione orale di 10 mg di folina, proseguendo per 2 mesi la terapia senza apprezzabile miglioramento clinico. In seguito, ha eseguito un trattamento con ciclosporina A 200 mg al giorno (100 mg x 2 per os) con parziale remissione clinica. A distanza di circa 4 mesi, è stato necessario interrompere tale terapia a causa dell’insorgenza di effetti collaterali. Vista l’inefficacia dei due trattamenti sistemici e la comparsa di effetti collaterali (in questo caso rialzo dei valori pressori), la paziente ha eseguito le indagini diagnostiche necessarie per cominciare la terapia con farmaci biologici. La paziente è risultata idonea e ha iniziato la terapia con un farmaco biologico antiTNFα (etanercept). In virtù della prevalente componente cutanea, la paziente è stata trattata con etanercept 50 mg in 2 somministrazioni settimanali per le prime 12 settimane, seguite da 25 mg in 2 somministrazioni settimanali per le successive 8 settimane. La paziente ha eseguito 2 follow-up dove non sono state apprezzate alterazioni significative dei parametri ematochimici. All’inizio della terapia sono stati valutati l’indice PASI, l’indice di Ritchie, il VAS prurito e la valutazione globale dell’attività di malattia fornita dal paziente e dal medico e indicata con un valore che va da 0 a 100. Alla prima somministrazione di etanercept l’indice PASI era di 11, l’indice di Ritchie 42, il VAS

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prurito 60, la valutazione globale dell’attività di malattia fornita dal paziente pari a 50 e quella del medico 80. Gli stessi indici furono rivalutati nel corso del primo follow-up, due mesi dopo: il PASI fu di 6, l’indice di Ritchie 20, il VAS prurito 30, la valutazione globale dell’attività di malattia fornita dal paziente pari a 30 e quella del medico pari a 40. Dopo 4 mesi di terapia continuativa con etanercept, le manifestazioni di psoriasi sono state complessivamente ben controllate e l’indice di PASI è stato valutato pari a 2,5, con un coinvolgimento di circa il 5% della superficie cutanea, e un indice di Ritchie pari a 9. La paziente dichiara di essere molto soddisfatta del risultato terapeutico ottenuto e riferisce inoltre di non avere mai avuto nessun tipo di effetto collaterale durante il periodo di trattamento. Il secondo caso che riportiamo come esempio è quello di un giovane di 25 anni, affetto da 10 anni da psoriasi artropatica, che si presenta alla nostra osservazione nel mese di novembre 2008. Durante la prima visita sono stati valutati l’indice PASI 14, l’indice di Ritchie 22, il VAS prurito 50 e la valutazione globale dell’attività di malattia fornita dal paziente e dal medico è indicata con un valore che va da 0 a 100, che in questo caso è stato di 70. Il paziente era stato trattato con acitretina per circa 8 mesi con scarsi risultati. In seguito allo screening antitubercolare previsto, abbiamo iniziato terapia con etanercept 50 mg alla settimana. Al primo followup, dopo due mesi dalla prima iniezione, si è subito riscontrato un miglioramento clinico evidente con un PASI sceso a 3 e un indice di Ritchie pari a 10. Il paziente, ancora oggi in trattamento continuativo, ha raggiunto la remissione pressoché totale del quadro clinico e ancora a ogni

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follow-up di controllo si presenta libero da malattia. Un ultimo esempio si riferisce a un paziente di 46 anni in terapia con etanercept presso il nostro centro Psocare, che dall’età di 25 anni è affetto da psoriasi artropatica. Durante la prima visita ci troviamo di fronte a un quadro di psoriasi con un coinvolgimento cutaneo importante (PASI 20) e un impegno articolare delle mani e dei piedi con riferita sintomatologia dolorosa e deformità delle articolazioni metacarpo-falangee e metatarso-falangee bilateralmente da circa 4 anni. L’indice di Ritchie alla prima visita è stato di 22. Il paziente ci riferisce di essere in trattamento con metotrexato 10 mg un’iniezione alla settimana seguita da 2 cpr di folina nei due giorni successivi all’iniezione, da circa 2 anni, con miglioramento parziale della sintomatologia dolorosa e invece mediocre miglioramento del quadro clinico cutaneo. In seguito al protocollo di screening antitubercolare effettuato, prima di iniziare il farmaco biologico il paziente è risultato positivo al test Quantiferon, di conseguenza il nostro staff in collaborazione con gli infettivologi ha prescritto una terapia profilattica antitubercolare (isoniazide in associazione con rifampicina) per almeno 3 mesi. Al termine della terapia antitubercolare il paziente ha iniziato etanercept 50 mg due volte alla settimana per i primi 3 mesi e poi un’iniezione da 50 mg una volta alla settimana. Dopo 3 mesi di terapia ha presentato un evidente miglioramento del quadro clinico cutaneo con un PASI dimezzato (10) e un indice di Ritchie di 14. Il paziente è attualmente al sesto mese di terapia e all’ultimo follow-up, il PASI è sceso a 6, l’indice di Ritchie a 10, gli esami ematochimici sono nella norma e ha dichiarato un impor-

tante miglioramento della qualità della vita. I tre casi sopra riportati confermano come il trattamento continuativo con etanercept sia risultato efficace e sicuro nel trattamento della psoriasi artropatica, mostrando un rapido controllo dei sintomi cutanei e articolari. Bibliografia 1. Gladman DD, Antoni C, Mease P, Clegg D O, Nash P. Psoriatic arthritis: epidemiology, clinical features, corse, and outcome. Ann Rheum Dis 2005;64:14-17. 2. Gladman DD, Stafford-Brady F, Chang CH, Lewandowski K, Russell ML. Longitudinal study of clinical and radiological progression in psoriatic arthritis. J Rheumatol 1990; 17:809-12. 3. Gladman DD, Shukettt R, Russell ML, Thorne JC, Schachter RK. Psoriatic arthritis: an analysis of 220 patients. Q J Med 1987;62:127-41. 4. Sokoll KB, Helliwell PS. Comparison disability and quality of life in rheumatoid and psoriatic arthritis. J Rheumatol 2001;28:1842-6. 5. Soderlin MK. Quality of life and economic burden of illness in very early arthritis. A population based study in southern Sweden. Rheumatology 2006. 6. Javitz HS, Ward MM, Farber E, Nail L, Vallow SG. The direct cost of care for psoriasis and psoriatic arthritis in the United States. J Am Acad Dermatol 2002;46:850-60. 7. Sohn S. Cost of moderate to sever claque psoriasis in Germany: a multicenter cost of illness study. Dermatology 2006. 8. Mease PJ, Goffe BS, Metz J, VanderStoep A, Finck B, Burge DJ. Etanercept in the treatment of psoriatic arthritis and psoriasis: a randomized trial. Lancet 2000;356:385-90. 9. Braun J, Brandt J, Listing J, Zink A, Alten R, Golder W. Treatment of active ankylosing spondylitis with infliximab: a randomized controlled

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2002;

10. Mease PJ, Gladman DD, Ritchlin CT, Ruderman EM, Steinfeld SD, Choy EHS, Sharp JT, Ory PA, Perdock RJ, Weinberg MA. Adalimumab for the treatment of moderately to severely active psoriatic arthritis: results of a double-blind, randomized, placebo-controlled trial. Arth Rheum 2005;52:3279-89. 11. Ettehadi P, Greaves MW, Wallach D, Aderka D, Camp RD. Elevated tumor necrosis factor-alpha (TNFalpha) biological activity in psoriatic skin lesions. Clin Exp Immunol 1994;96:146-51. 12. Partsch G, Steiner G, Leeb BF, Dunky A, Broll H, Smolen JS. Highly increased levels of tumor necrosis factor-alpha and other proinflammatory cytokines in psoriatic arthritis synovial fluid. J Rheumatol 1998; 24:518-23. 13. Ritchlin C, Haas-Smith SA, Hicks D, Cappuccio J, Osterland CK, Looney RJ. Patterns of cytokine production in psoriatic synovium. J Rheumatol 1998;25:1544-52. 14. Mease P, Kivitz AJ, Burch FX, Siegel EL, Cohen SB, Ory P, Salonen D, Rubestein J, Sharp JT, Tsuji W. Etanecept treatment of psoriatic arthritis, safety, efficacy and effect on disease progression. Artr Rheum 2004;50:2264-2272. 15. Mease P, Kivitz AJ, Burch FX, Siegel EL, Cohen SB, Ory P, Salonen D, Rubestein J, Sharp JT, Dunn M, Tsuji W. Continued inhibition of radiographic progression in patients with psoriatic arthritis following 2 years of treatment with etanercept. 16. Sterry W et al. Results of a Randomized, Double-Blind Study to evaluate the Efficacy and Safety of Etanercept in Patients with Psoriasis and Psoriasic Arthrtis: PRESTA Trial. Poster P29 from the Gene to Clinic meeting. December 2008. 17. Barker J et al. Improvement in the DLQI for Patients with Psoriasis and Psoriasic Arthritis treated with Etanercept. Poster P30 from the Gene to Clinic meeting. December 2008.

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RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO Enbrel 50 mg 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE Enbrel 50 mg soluzione iniettabile in siringa preriempita. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Ciascuna siringa preriempita contiene 50 mg di etanercept. Etanercept è una proteina di fusione del recettore umano p75 del fattore di necrosi tumorale con l'Fc, ottenuta tramite tecniche di DNA ricombinante attraverso un sistema mammifero di espressione cellule ovariche di criceto Cinese (CHO). Etanercept è un dimero di una proteina chimerica geneticamente preparata tramite fusione del dominio extracellulare del recettore-2 del fattore di necrosi tumorale umano (TNFR2/p75) responsabile del legame con il ligando, con la frazione Fc dell'immunoglobulina umana IgG1. Questa frazione Fc contiene la regione cerniera, la regione CH2 e CH3 ma non la regione CH1 dell'IgG1. Etanercept contiene 934 aminoacidi ed ha un peso molecolare apparente di circa 150 kilodalton. L'attività viene determinata misurando la capacità di etanercept di neutralizzare l'inibizione della crescita mediata dal TNFa della linea cellulare A375. L'attività specifica di etanercept è di 1,7 x 106 unità/mg. Per l'elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1 3. FORMA FARMACEUTICA Soluzione iniettabile. La soluzione è limpida e incolore o giallo chiaro (vedi paragrafo 6.5). 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Artrite reumatoide Enbrel in combinazione con metotressato è indicato per il trattamento dell'artrite reumatoide in fase attiva da moderata a grave negli adulti quando la risposta ai farmaci antireumatici modificanti la malattia, metotressato incluso (a meno che controindicato) è risultata inadeguata. Enbrel può essere utilizzato in monoterapia in caso di intolleranza al metotressato o quando il trattamento continuo con il metotressato è inappropriato. Enbrel è anche indicato nel trattamento dell'artrite reumatoide grave, attiva e progressiva negli adulti non trattati precedentemente con metotressato. Enbrel, da solo o in combinazione con metotressato, ha dimostrato di ridurre il tasso di progressione del danno delle articolazioni, come misurato radiograficamente, e di migliorare la funzione fisica. Artrite psoriasica Trattamento dell'artrite psoriasica in fase attiva e progressiva negli adulti, quando la risposta ai farmaci antireumatici modificanti la malattia è risultata inadeguata. Enbrel ha dimostrato di migliorare la funzione fisica in pazienti con artrite psoriasica, e di ridurre il tasso di progressione del danno periferico alle articolazioni come da rilevazioni ai raggi X in pazienti con sottotipi simmetrici poliarticolari della malattia. Spondilite anchilosante Trattamento della spondilite anchilosante grave in fase attiva negli adulti che hanno avuto una risposta inadeguata alla terapia convenzionale. Psoriasi a placche Trattamento della psoriasi a placche da moderata a grave negli adulti che non hanno risposto, o presentano una controindicazione, o sono intolleranti ad altre terapie sistemiche, inclusi ciclosporina, metotressato o PUVA (vedere paragrafo 5.1) Psoriasi pediatrica a placche Trattamento della psoriasi a placche cronica grave nei bambini ed adolescenti a partire dagli 8 anni d'età che non sono controllati in maniera adeguata da altre terapie sistemiche o fototerapie o che sono intolleranti ad esse. 4.2 Posologia e modo di somministrazione Il trattamento con Enbrel deve essere iniziato e seguito da un medico specialista che ha esperienza nella diagnosi e nel trattamento dell'artrite reumatoide, dell'artrite psoriasica, della spondilite anchilosante della psoriasi a placche o della psoriasi pediatrica a placche. I pazienti trattati con Enbrel devono essere provvisti della Scheda di allerta per il paziente. Enbrel è disponibile in dosaggi da 25 e 50 mg. Istruzioni dettagliate per la somministrazione sono fornite nel foglio illustrativo, paragrafo 7, ”Istruzioni per la preparazione e somministrazione di un'iniezione di Enbrel”. Adulti (18-64 anni) Artrite Reumatoide La dose raccomandata è di 25 mg di Enbrel, da somministrare due volte a settimana. Alternativamente 50 mg di Enbrel, somministrati una volta a settimana hanno dimostrato di essere sicuri ed efficaci (vedere paragrafo 5.1). Artrite Psoriasica e spondilite anchilosante La dose raccomandata è di 25 mg di Enbrel somministrati due volte a settimana, o 50 mg somministrati una volta a settimana. Psoriasi a placche La dose raccomandata di Enbrel è di 25 mg somministrati due volte a settimana o di 50 mg somministrati una volta a settimana. In alternativa, possono essere utilizzati 50 mg due volte a settimana per 12 settimane, seguiti, se necessario, da una dose di 25 mg due volte a settimana o di 50 mg una volta a settimana. Il trattamento con Enbrel deve continuare fino al raggiungimento della remissione, per un massimo di 24 settimane. Il trattamento deve essere interrotto nei pazienti che non mostrano risposta dopo 12 settimane. Nel caso in cui sia nuovamente indicato il trattamento con Enbrel, devono essere seguite le istruzioni sulla durata del trattamento sopra riportate. La dose deve essere di 25 mg due volte a settimana o di 50 mg una volta a settimana. Bambini ed adolescenti Enbrel è disponibile come siringa per mono-somministrazione per pazienti il cui peso è uguale o superiore a 62,5 Kg. Sono disponibili flaconcini di liofilizzato, contenenti dopo ricostituzione una dose pari a 25mg/ml, dai quali possono essere somministrate dosi inferiori a 25 mg. Psoriasi pediatrica a placche (a partire dagli 8 anni di età) 0,8 mg/kg (fino ad un massimo di 50 mg per dose) una volta a settimana fino a 24 settimane. Il trattamento deve essere interrotto nei pazienti che non mostrano risposta dopo 12 settimane. Nel caso in cui sia nuovamente indicato il trattamento con Enbrel, devono essere seguite le indicazioni sulla durata del trattamento sopra riportate. La dose deve essere di 0,8 mg/kg (fino ad un massimo di 50 mg per dose) una volta a settimana. Pazienti anziani ( > 65 anni) Non è necessario alcun adattamento di dosaggio. La posologia ed il modo di somministrazione sono uguali a quelli per gli adulti di età compresa tra i 18 ed i 64 anni. Insufficienza renale ed epatica Non è necessario alcun adattamento di dosaggio. 4.3 Controindicazioni Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Sepsi o rischio di sepsi. Il trattamento con Enbrel non deve essere iniziato nei pazienti con infezione attiva, comprese le infezioni croniche o localizzate. 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiego Infezioni I pazienti devono essere sottoposti a test per le infezioni prima, durante e dopo il trattamento con Enbrel, considerando che l'emivita media di etanercept è approssimativamente di 70 ore (intervallo tra 7 e 300 ore). Sono state riportate, con l'uso di Enbrel, infezioni gravi, sepsi, tubercolosi ed altre infezioni opportunistiche incluse infezioni fungine invasive (vedere paragrafo 4.8). Queste infezioni erano dovute a batteri, micobatteri,

funghi e virus. In alcuni casi, particolari funghi o altre infezioni opportunistiche non sono stati riconosciuti, causando un ritardo nel trattamento appropriato e in alcuni casi morte. Nell'esaminare i pazienti per valutare le infezioni, deve essere considerato il rischio per il paziente di rilevanti infezioni opportunistiche (es. esposizione a micosi endemiche). I pazienti che sviluppano una nuova infezione mentre sono sottoposti al trattamento con Enbrel devono essere attentamente monitorati. Se il paziente sviluppa un'infezione grave, la somministrazione di Enbrel deve essere interrotta. I medici devono essere cauti quando valutano l'uso di Enbrel in pazienti con un'anamnesi di infezioni ricorrenti o croniche, o con condizioni di base che possono predisporre i pazienti alle infezioni, così come in caso di diabete avanzato o scarsamente controllato. Tubercolosi In pazienti trattati con Enbrel sono stati riportati casi di tubercolosi attiva incluso tubercolosi miliare e tubercolosi con localizzazione extra-polmonare. Prima di iniziare il trattamento con Enbrel, tutti i pazienti devono essere sottoposti ad analisi per la tubercolosi attiva ed inattiva (“latente”). Questa valutazione deve includere una storia clinica dettagliata comprensiva di storia personale di tubercolosi o possibili precedenti contatti con la tubercolosi e precedente e/o corrente terapia immunosoppressiva. Test di screening appropriati, per esempio test cutaneo alla tubercolina e raggi X del torace, devono essere eseguiti su tutti i pazienti (possono essere applicate raccomandazioni locali). È consigliabile che questi test siano riportati nella scheda di allerta del paziente. Si ricorda ai medici il rischio di falso negativo del test cutaneo alla tubercolina, soprattutto in pazienti gravemente ammalati o immunocompromessi. Se viene diagnosticata una tubercolosi attiva, la terapia con Enbrel non deve essere iniziata. Se viene diagnosticata una tubercolosi inattiva (“latente”), il trattamento per la tubercolosi latente deve essere iniziato con terapia anti-tubercolosi prima di iniziare la terapia con Enbrel e secondo le norme locali. In questa situazione il rapporto rischio/beneficio con il trattamento di Enbrel deve essere valutato con attenzione. Tutti i pazienti devono essere informati di rivolgersi al medico se segni/sintomi indicativi della tubercolosi (per esempio tosse persistente, deperimento/perdita di peso, febbricola) compaiono durante o dopo il trattamento con Enbrel. Riattivazione del virus dell'Epatite B È stata riportata riattivazione del virus dell'Epatite B (HBV) in pazienti portatori cronici di questo virus che ricevono anti-TNF come Enbrel. I pazienti a rischio di infezione da HBV devono essere sottoposti a test preliminari per l'infezione da HBV prima di cominciare la terapia con Enbrel. Particolare cautela deve essere prestata quando si somministra Enbrel a pazienti portatori di HBV. Se Enbrel è utilizzato in portatori di HBV, i pazienti devono essere monitorati per i segni e i sintomi dell'infezione attiva da HBV e, se necessario, deve essere iniziato un trattamento adeguato. Peggioramento dell'Epatite C È stato riportato un peggioramento dell'Epatite C nei pazienti trattati con Enbrel. Trattamento contemporaneo con Enbrel ed anakinra La somministrazione contemporanea di Enbrel ed anakinra è stata associata ad un aumentato rischio di infezioni gravi e di neutropenia rispetto all'uso del solo Enbrel. Questa combinazione non ha dimostrato un aumento dei benefici clinici. Pertanto, l'uso combinato di Enbrel ed anakinra non è raccomandato (vedere paragrafi 4.5 e 4.8). Trattamento contemporaneo conEnb rele abatacept Negli studi clinici, il trattamento concomitante con abatacept ed Enbrel ha portato ad un'aumentata incidenza di eventi avversi gravi. Questa combinazione non ha dimostrato un aumento dei benefici clinici; pertanto l'uso non è raccomandato (vedere paragrafo 4.5). Reazioni allergiche Reazioni allergiche associate alla somministrazione di Enbrel sono state comunemente riportate. Le reazioni allergiche hanno incluso angioedema e orticaria; ci sono state reazioni gravi. Se si verifica una qualsiasi reazione grave allergica o anafilattica, la terapia con Enbrel deve essere interrotta immediatamente ed iniziata una terapia appropriata. Il cappuccio dell'ago della siringa preriempita contiene lattice (gomma naturale essiccata) che può causare reazioni di ipersensibilità quando Enbrel è maneggiato o somministrato a persone con sensibilità accertata o presunta al lattice. Immunosoppressione Esiste la possibilità che gli antagonisti TNF, incluso Enbrel, pregiudichino le difese dell'ospite contro le infezioni ed i tumori maligni, poiché il TNF media l'infiammazione e modula le risposte immunitarie cellulari. In uno studio su 49 pazienti adulti affetti da artrite reumatoide trattati con Enbrel, non c'è stata nessuna prova di depressione della ipersensibilità di tipo ritardato, diminuzione dei livelli di immunoglobuline, o modifica del numero delle popolazioni delle cellule effettrici. Due pazienti affetti da artrite giovanile idiopatica hanno sviluppato infezione da varicella e segni e sintomi di meningite asettica, che si sono risolti senza postumi. I pazienti con una esposizione significativa al virus della varicella, devono interrompere temporaneamente la terapia con Enbrel e deve essere preso in considerazione un trattamento profilattico con immunoglobuline anti Varicella Zoster. Non sono state valutate la sicurezza e l'efficacia di Enbrel in pazienti con immunosoppressione o infezioni croniche. Disordini linfoproliferativie tumorimaligni Tumori maligni solidi ed ematopoietici Nel periodo post marketing è stata riportata l'insorgenza di tumori maligni (compresi carcinoma mammario e del polmone e linfoma) (vedere paragrafo 4.8). Negli studi clinici con farmaci anti-TNF, con gruppo di controllo sono stati osservati più casi di linfoma nei pazienti riceventi un anti-TNF rispetto al gruppo di controllo.Tuttavia, i casi sono stati rari ed il periodo di osservazione dei pazienti trattati con placebo è stato più breve rispetto ai pazienti trattati con farmaci anti-TNF. Inoltre, esiste un maggiore rischio di base di sviluppare linfomi per i pazienti con artrite reumatoide gravemente attiva e di lunga durata, una patologia infiammatoria che complica la stima del rischio. Con le attuali conoscenze,non è possibile escludere lo sviluppo di linfomi o altre neoplasie in pazienti trattati con farmaci anti-TNF. Tumore cutaneo non melanomico (NMSC) Tumore cutaneo non melanomico è stato riportato in pazienti trattati con antagonisti del TNF, incluso Enbrel. Combinando i risultati di studi clinici di Enbrel controllati con placebo

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e con confronto attivo, sono stati osservati più casi di NMSC nei pazienti trattati con Enbrel rispetto ai pazienti del gruppo di controllo, particolarmente nei pazienti affetti da psoriasi. Esami cutanei periodici sono raccomandati per tutti i pazienti con un aumentato rischio per NMSC (inclusi i pazienti con psoriasi o con storia di terapia PUVA). Vaccinazioni I vaccini vivi non devono essere somministrati in concomitanza con Enbrel. Non sono disponibili dati sulla trasmissione secondaria di infezione da vaccini vivi in pazienti che ricevono Enbrel. In uno studio clinico, randomizzato , in doppio cieco controllato con placebo in pazienti adulti con artrite psoriasica, 184 pazienti hanno anche ricevuto un vaccino multivalente polisaccaridico pneumococcico alla settimana 4. In questo studio, la maggior parte dei pazienti con artrite psoriasica che ricevevano Enbrel era in grado di produrre una risposta immunitaria efficace delle cellule B al vaccino polisaccaridico pneumococcico, ma il titolo nell'aggregato era moderatamente più basso e pochi pazienti mostravano un aumento doppio nel titolo rispetto ai pazienti che non ricevevano Enbrel. Il significato clinico di questo è sconosciuto. Formazione dia utoanticorpi Il trattamento con Enbrel può causare la formazione di anticorpi autoimmuni (vedere paragrafo 4.8). Reazioni ematologiche Rari casi di pancitopenia e rarissimi casi di anemia aplastica, alcuni dei quali con esito fatale, sono stati riportati in pazienti trattati con Enbrel. Deve essere prestata attenzione nei pazienti in trattamento con Enbrel che hanno un'anamnesi di discrasie ematiche. Tutti i pazienti e genitori/personale sanitario devono essere avvertiti che qualora il paziente sviluppasse segni e sintomi indicativi di discrasie ematiche o infezioni (es. febbre persistente, mal di gola, ecchimosi, sanguinamento, pallore) mentre stanno assumendo Enbrel, devono richiedere un immediato intervento medico. Tali pazienti devono essere visitati immediatamente, includendo una conta ematica completa; se le discrasie ematiche vengono confermate, il trattamento con Enbrel deve essere interrotto. Disturbi del SNC Esistono rare segnalazioni di malattie demielinizzanti del SNC nei pazienti trattati con Enbrel (vedere paragrafo 4.8). Sebbene non siano stati realizzati studi clinici finalizzati a valutare la terapia con Enbrel in pazienti con sclerosi multipla, studi clinici in pazienti con sclerosi multipla trattati con altri antagonisti del TNF hanno mostrato un aumento dell'attività della malattia. È raccomandata una attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio, incluso un accertamento neurologico, quando si prescrive Enbrel a pazienti con malattia demielinizzante del SNC, pre-esistente o di recente insorgenza, o per quei pazienti che sono considerati ad alto rischio di sviluppo di malattie demielinizzanti. Terapia combinata In uno studio clinico controllato della durata di due anni in pazienti con artrite reumatoide, la combinazione di Enbrel e metotressato non ha dato risultati inattesi relativi alla sicurezza ed inoltre il profilo di sicurezza di Enbrel, quando somministrato in combinazione con metotressato è risultato simile al profilo negli studi di Enbrel e metotressato somministrati in monoterapia. Studi a lungo termine finalizzati alla terapia di combinazione sono in corso. Non è stata valutata la sicurezza a lungo termine di Enbrel in associazione con altri farmaci antireumatici modificanti la malattia(DMARD). Nel trattamento della psoriasi, l'uso di Enbrel in combinazione con altre terapie sistemiche o con la fototerapia non è stato studiato. Insufficienza renale ed epatica Basandosi sui dati di farmacocinetica (vedere paragrafo 5.2) non è richiesta una modifica del dosaggio in pazienti con insufficienza renale o epatica; i dati clinici su tali pazienti sono limitati. Insufficienza cardiaca congestizia I medici devono essere cauti nell'impiego di Enbrel in pazienti che presentino insufficienza cardiaca congestizia (CHF). Esistono segnalazioni post-marketing di peggioramento della CHF, con e senza fattori precipitanti identificabili, nei pazienti trattati con Enbrel. Due studi clinici estesi che valutavano l'uso di Enbrel nel trattamento della CHF sono stati interrotti in anticipo per mancanza di efficacia. Sebbene non conclusivi, alcuni dati di uno di questi studi suggeriscono una possibile tendenza al peggioramento della CHF in quei pazienti assegnati al trattamento con Enbrel. Epatite Alcolica In uno studio di fase II randomizzato controllato con placebo, condotto su 48 pazienti ospedalizzati trattati con Enbrel o placebo per epatite alcolica da moderata a grave, Enbrel non è risultato efficace e, dopo 6 mesi, il tasso di mortalità dei pazienti trattati con Enbrel era significativamente più elevato. Conseguentemente, Enbrel non deve essere utilizzato nei pazienti per il trattamento dell'epatite alcolica. I medici devono essere cauti nell'impiego di Enbrel in pazienti con epatite alcolica da moderata a grave. Granulomatosidi Wegener In uno studio controllato con placebo, nel quale 89 pazienti adulti sono stati trattati con Enbrel in aggiunta alla terapia standard (che comprendeva ciclofosfamide o metotressato e glucocorticoidi) per una durata media di 25 mesi, Enbrel non è risultato essere un trattamento efficace per la granulomatosi di Wegener. L'incidenza di neoplasie non cutanee di vario tipo era significativamente più alta nei pazienti trattati con Enbrel rispetto al gruppo di controllo. Enbrel non è raccomandato nel trattamento della granulomatosi di Wegener. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d'interazione Trattamento contemporaneo con Enbrel ed anakinra Nei pazienti adulti trattati con Enbrel ed anakinra si è osservata una maggiore incidenza di infezioni gravi rispetto a pazienti trattati separatamente o con Enbrel o con anakinra (dati storici). Inoltre, in uno studio clinico in doppio cieco placebo-controllato effettuato su pazienti adulti già in trattamento con metotressato, i pazienti trattati con Enbrel ed anakinra mostravano una maggiore incidenza di infezioni gravi (7 %) e di neutropenia rispetto a pazienti trattati con Enbrel (vedere paragrafi 4.4 e 4.8). La combinazione di Enbrel ed anakinra non ha dimostrato un aumentato beneficio clinico e pertanto non è raccomandata. Trattamento contemporaneo con Enbrel e abatacept Negli studi clinici, il trattamento concomitante con abatacept ed Enbrel ha portato ad un'aumentata incidenza di eventi avversi gravi. Questa combinazione non ha dimostrato un aumento dei benefici clinici; pertanto l'uso non è raccomandato (vedere paragrafo 4.4). Trattamentocontemporaneo conEnbrel esulfasalazina In uno studio clinico su pazienti adulti che ricevevano dosi stabilite di sulfasalazina, a cui è stato aggiunto Enbrel, i pazienti nel gruppo in associazio-

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ne hanno riscontrato una diminuzione statisticamente significativa nella conta media dei globuli bianchi rispetto ai gruppi trattati solo con Enbrel o solo con sulfasalazina.Il significato clinico di questa interazione è sconosciuto. Noninterazioni Durante gli studi clinici, non sono state osservate interazioni quando Enbrel è stato somministrato con glucocorticoidi, salicilati( ad eccezione della sulfasalazina), farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), analgesici o metotressato. Vedere paragrafo 4.4 per le avvertenze sulle vaccinazioni.Non sono state osservate interazioni farmacocinetiche farmaco-farmaco significative in studi con digossina o warfarina. 4.6 Gravidanza ed allattamento Non ci sono studi con Enbrel su donne in stato di gravidanza. Studi di tossicità dello sviluppo su ratti e conigli non hanno rivelato alcuna prova di danno dovuto ad etanercept sul feto o sul ratto neonato. Non sono disponibili dati preclinici riguardanti la tossicità peri- e postnatale di etanercept e sugli effetti dell'etanercept sulla fertilità e sulla funzione riproduttiva generale. Perciò l'uso di Enbrel non è raccomandato nelle donne in stato di gravidanza e le donne in età fertile devono essere avvertite di evitare una gravidanza durante la terapia con Enbrel. Uso durante l'allattamento Non è noto se Enbrel venga secreto nel latte materno. A seguito della somministrazione sottocutanea a ratti che allattavano, etanercept era escreto nel latte e ritrovato nel siero dei cuccioli. Poiché le immunoglobuline, così come molti altri medicinali, possono essere secreti nel latte materno, si deve decidere se interrompere l'allattamento al seno o interrompere la somministrazione di Enbrel durante l'allattamento al seno. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchinari Non sono stati effettuati studi sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchinari. 4.8 Effetti indesiderati Effetti indesiderati negli adulti Enbrel è stato studiato su 2680 pazienti affetti da artrite reumatoide in studi in doppio cieco ed in aperto. Questa esperienza include 2 studi placebo-controllati (349 pazienti trattati con Enbrel e 152 con placebo) e due studi clinici con controllo attivo, uno studio clinico con controllo attivo che ha confrontato Enbrel al metotressato (415 pazienti trattati con Enbrel e 217 pazienti trattati con metotressato) ed un ulteriore studio clinico con controllo attivo che ha confrontato Enbrel (223 pazienti) metotressato (228 pazienti) ed Enbrel in combinazione con metotressato (231 pazienti). La percentuale dei pazienti che ha interrotto il trattamento a causa di eventi avversi è stata la stessa in entrambi i gruppi trattati con Enbrel o con placebo; nel primo studio clinico con controllo attivo, il tasso di interruzioni è stato significativamente più alto per il metotressato (10%) che per Enbrel (5%). Nel secondo studio clinico con controllo attivo il tasso di interruzione per eventi avversi gravi dopo due anni di trattamento è stato simile nei tre i gruppi di trattamento, Enbrel (16%), Metotressato (21%), Enbrel in combinazione con metotressato (17%). Inoltre, Enbrel è stato studiato su 240 pazienti affetti da artrite psoriasica, i quali hanno partecipato a due studi placebo-controllati in doppio cieco e ad uno studio di proseguimento in aperto. Cinquecentotto (508) pazienti affetti da spondilite anchilosante sono stati trattati con Enbrel in 4 studi in doppio cieco, placebo controllati. Enbrel è stato studiato anche in 1.180 pazienti con psoriasi a placche per un periodo di 6 mesi in quattro studi in doppio cieco, placebo-controllati. In studi clinici in doppio cieco che hanno confrontato Enbrel con placebo, le reazioni al sito di iniezione sono stati gli eventi avversi più frequenti tra i pazienti trattati con Enbrel. Tra i pazienti affetti da artrite reumatoide, trattati in studi placebo controllati, si sono verificati eventi avversi gravi, con una frequenza del 4% nei 349 pazienti trattati con Enbrel, contro il 5% dei 152 pazienti trattati con placebo. Nel primo studio clinico con controllo attivo, gli eventi avversi gravi si sono verificati con una frequenza del 6% nei 415 pazienti trattati con Enbrel rispetto all'8% nei 217 pazienti trattati con metotressato. Nel secondo studio clinico con controllo attivo il tasso di eventi avversi gravi dopo due anni di trattamento è stato simile tra i tre gruppi trattati (Enbrel 16%, Metotressato 15%, ed Enbrel in combinazione con metotressato 17%). Nei pazienti con psoriasi a placche trattati negli studi placebo-controllati, la frequenza di eventi avversi gravi è stata di circa l'1,2% nei 1.029 pazienti trattati con Enbrel rispetto all'1,5% nei 460 pazienti trattati con placebo. Il seguente elenco di reazioni avverse si basa sulla esperienza derivata dagli studi clinici negli adulti e sulle esperienze di post-marketing. All'interno dei diversi sistemi e apparati, le reazioni avverse sono elencate secondo classi di frequenza (numero presunto di pazienti con quella reazione), utilizzando le seguenti categorie: molto comuni (>1/10); comuni (>1/100, <1/10); non comuni (>1/1000, <1/100); rare (>1/10.000, <1/1000); molto rare (<1/10.000); non nota (non è stato possibile valutarla accuratamente durante gli studi clinici). Infezioni ed infestazioni: Molto comuni:Infezioni (incluse infezioni alle alte vie respiratorie, bronchiti, cistiti, infezioni della pelle)* Non comuni: Infezioni gravi (inclusa polmonite, cellulite, artrite settica, sepsi)* Rare: Tubercolosi, infezioni opportunistiche (incluse infezioni fungine invasive, protozoarie, batteriche e micobatteriche atipiche). Alterazioni del sistema ematico e linfatico: Non comuni: Trombocitopenia Rare: Anemia, leucopenia, neutropenia, pancitopenia* Molto rare: Anemia aplastica* Alterazioni del sistema immunitario: Comuni: Reazioni allergiche (vedere Alterazioni della cute e del tessuto sottocutaneo), formazione di autoanticorpi* Rare: Gravi reazioni allergiche ed anafilattiche (inclusi angioedema e broncospasmo) Non note: sindrome da attivazione dei macrofagi*, vasculite positiva agli anticorpi citoplasmatici anti-neutrofilici Alterazioni del sistema nervoso: Rare: Convulsioni, Episodi di demielinizzazione del SNC indicativi di sclerosi multipla oppure di situazioni localizzate di demielinizzazione quali neurite ottica e mielite transversa (vedere paragrafo 4.4) Alterazioni respiratorie, toraciche e mediastiniche Non comuni: Patologie polmonari interstiziali (inclusa polmonite e fibrosi polmonare)* Alterazioni epato-biliari Rare: Enzimi epatici elevati Alterazioni della cute e del tessuto sottocutaneo: Comuni: Prurito

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Non comuni: Tumore cutaneo non melanomico (vedere paragrafo4.4), angioedema, orticaria rash, rash psoriasiforme, psoriasi (inclusa nuova insorgenza e pustulare, primariamente palmoplantare) Rare: Vasculite cutanea (inclusa vasculite leucocitoclastica), sindrome di Steven-Johnson, eritema multiforme Molto rare: necrolisi epidermale tossica Alterazioni muscolo-scheletriche, del tessuto connettivo e osseo: Rare: Lupus eritematoso cutaneo subacuto, lupus eritematoso discoide, sindrome lupussimile Alterazioni generali e legate al sito di iniezione: Molto comuni: Reazioni al sito di iniezione (inclusi sanguinamento, ecchimosi, eritema, prurito, dolore, gonfiore)* Comuni: Febbre Alterazioni cardiologiche: Vi sono state segnalazioni di peggioramento della insufficienza cardiaca congestizia (vedere paragrafo 4.4) *vedere le Informazioni aggiuntive sottostanti. Informazioni aggiuntive Eventi avversi gravi riportati durante gli studi clinici Tra i pazienti affetti da artrite reumatoide, da artrite psoriasica, da spondilite anchilosante e da psoriasi a placche trattati negli studi clinici placebo-controllati, controllati verso trattamento attivo e studi condotti in aperto con Enbrel, gli eventi avversi gravi riportati hanno incluso tumori maligni (vedere sotto), asma, infezioni(vedere sotto), insufficienza cardiaca, infarto miocardico, ischemia miocardica, dolore toracico, sincope, ischemia cerebrale, ipertensione, ipotensione, colecistite, pancreatite, emorragia gastrointestinale, borsite, confusione, depressione, dispnea, difetti di cicatrizzazione, insufficienza renale, calcoli renali, trombosi venosa profonda, embolia polmonare, glomerulonefropatia membranosa, polimiosite, tromboflebite, danni epatici, leucopenia, paresi, parestesia, vertigini, alveolite allergica, angioedema, sclerite, fratture ossee, linfoadenopatia, colite ulcerosa, occlusione intestinale, eosinofilia, ematuria e sarcoidosi. Tumori maligni Durante gli studi clinici condotti con Enbrel per una durata di circa 6 anni su 4.114 pazienti affetti da artrite reumatoide, inclusi 231 pazienti trattati con Enbrel in combinazione con metotressato, in uno studio con controllo attivo di due anni sono stati osservati centoventinove nuovi tumori maligni di vario tipo. La frequenza e l'incidenza osservate in questi studi clinici sono state simili a quelle attese per la popolazione studiata. Un totale di 2 tumori maligni sono stati riportati in studi clinici della durata di circa 2 anni che hanno coinvolto 240 pazienti affetti da artrite psoriasica trattati con Enbrel. In studi clinici condotti per più di due anni su 351 pazienti affetti da spondilite anchilosante, sono stati riportati 6 tumori maligni in pazienti trattati con Enbrel. Ventitre tumori maligni sono stati riportati in pazienti con psoriasi a placche trattati fino a 15 mesi con Enbrel in studi in doppio cieco e in aperto che hanno coinvolto 1261 pazienti trattati con Enbrel. Sono stati riportati un totale di 15 linfomi in 5.966 pazienti trattati con Enbrel in studi clinici nell'artrite reumatoide, artrite psoriasica, spondilite anchilosante e psoriasi. Segnalazioni di vari tumori maligni (incluso carcinoma della mammella e del polmone, e linfoma) sono state ricevute anche nel periodo postmarketing (vedere paragrafo 4.4). Reazioni nel sito di iniezione Rispetto al placebo, i pazienti con malattie reumatiche trattati con Enbrel hanno mostrato un'incidenza significativamente più alta di reazioni nel sito di iniezione (36% contro 9%). Le reazioni nel sito di iniezione si sono di solito verificate durante il primo mese. La durata media variava approssimativamente da 3 a 5 giorni. La maggior parte delle reazioni nel sito di iniezione verificatesi nei gruppi che hanno ricevuto Enbrel non sono state trattate mentre la maggior parte dei pazienti che sono stati sottoposti a terapia, ha ricevuto preparazioni topiche come corticosteroidi, o antistaminici orali. Inoltre, alcuni pazienti hanno sviluppato reazioni di richiamo nel sito di iniezione caratterizzate da una reazione cutanea nel punto di iniezione più recente, insieme ad una comparsa simultanea di reazioni nel sito di iniezione dei precedenti punti di iniezione. Di solito, queste reazioni sono state transitorie e non si sono ripresentate durante il trattamento. Durante le prime 12 settimane di trattamento degli studi clinici controllati in pazienti con psoriasi a placche, circa il 14,5% dei pazienti trattati con Enbrel ha sviluppato reazioni nel sito di iniezione rispetto al 5,2% dei pazienti trattati con placebo. Infezioni gravi In studi placebo-controllati non è stato osservato alcun aumento dell'incidenza delle infezioni gravi (letali, pericolose per la vita o richiedenti ospedalizzazione o antibiotici per via endovenosa). Infezioni gravi si sono verificate nel 6,3% dei pazienti affetti da artrite reumatoide trattati con Enbrel fino a 48 mesi. Queste includono ascesso (in vari siti), batteriemia, bronchite, borsite, cellulite, colecistite, diarrea, diverticolite, endocardite (sospetta), gastroenterite, epatite B herpes zoster, ulcera della gamba, infezione della bocca, otite osteomielite, peritonite, polmonite, pielonefrite, sepsi, artrite settica, sinusite, infezioni cutanee, ulcera cutanea, infezione del tratto urinario, vasculite ed infezione della ferita. Nello studio clinico con controllo attivo di due anni in cui i pazienti sono stati trattati con Enbrel da solo o con metotressato da solo o con Enbrel in combinazione con metotressato il tasso di infezioni gravi è risultato essere simile tra i gruppi trattati. Comunque non può essere escluso che la combinazione di Enbrel con metotressato potrebbe essere associata ad un aumento del tasso di infezioni. Non ci sono state differenze nell'incidenza delle infezioni tra i pazienti trattati con Enbrel e quelli trattati con placebo per la psoriasi a placche negli studi clinici placebo controllati della durata fino a 24 settimane. Sono state riscontrate infezioni gravi comprese cellulite, gastroenteriti, polmoniti, colecistiti, osteomieliti, gastriti, appendiciti, fasciti streptococciche, miositi, shock settico, diverticolite e ascessi nei pazienti trattati con Enbrel. Negli studi sull'artrite psoriasica in doppio cieco e in aperto, 1 paziente ha riportato un'infezione grave (polmonite). Durante l'uso di Enbrel sono state riportate infezioni gravi e fatali; i patogeni riscontrati includono batteri, micobatteri (incluso quello tubercolare), virus e funghi. Alcune si sono verificate entro poche settimane dall'inizio del trattamento con Enbrel in pazienti che avevano condizioni predisponenti di base (es. diabete, insufficienza cardiaca congestizia, anamnesi di infezioni in atto o croniche) in aggiunta alla loro artrite reumatoide (vedere paragrafo 4.4). Il trattamento con Enbrel può far aumentare la mortalità in pazienti con sepsi diagnosticata. Sono state riportate infezioni opportunistiche in associazione con Enbrel incluse infezioni fungine invasive, protozoarie, batteriche (incluse Listeria e Legionella) e micobatteriche atipiche. In un insieme di dati raccolto in studi clinici, l'incidenza complessiva di infezioni opportunistiche è stata dello 0,09% per 15.402 soggetti che avevano ricevuto Enbrel. Il tasso regolato in base all'esposizione è stato di 0,06 eventi per 100

pazienti-anno. Nell'esperienza postmarketing, circa la metà di tutti i casi di infezioni opportunistiche globali sono state infezioni fungine invasive. Le infezioni fungine invasive più comunemente riportate sono state da Pneumocystis e Aspergillus. Le infezioni fungine invasive costituiscono più della metà degli eventi fatali nei confronti dei pazienti che hanno sviluppato infezioni opportunistiche. La maggior parte dei casi con esito fatale è stato nei pazienti con polmonite da Pneumocystis, infezioni fungine sistemiche aspecifiche e aspergillosi (vedere paragrafo 4.4). Autoanticorpi Campioni di siero dei pazienti adulti sono stati testati per gli autoanticorpi in diversi momenti. Tra i pazienti affetti da artrite reumatoide sottoposti al test per gli anticorpi antinucleo (ANA), la percentuale dei pazienti che ha sviluppato una nuova positività agli ANA (>1:40) è risultata più alta tra i pazienti trattati con Enbrel (11%) rispetto ai pazienti trattati con placebo (5%). La percentuale dei pazienti che hanno sviluppato una nuova positività agli anticorpi anti DNA-doppia elica è risultata ancora più elevata mediante il test radioimmunologico (15% dei pazienti trattati con Enbrel contro il 4% dei pazienti trattati con placebo) e mediante il test Crithidia luciliae (3% dei pazienti trattati con Enbrel comparato a nessuno dei pazienti trattati con placebo). La percentuale dei pazienti trattati con Enbrel che ha sviluppato anticorpi anticardiolipina ha subito un incremento simile a quello osservato in pazienti trattati con placebo. L'impatto del trattamento a lungo termine con Enbrel sullo sviluppo di malattie autoimmunitarie è sconosciuto. Raramente è stato segnalato, in alcuni pazienti, inclusi quelli con fattore reumatoide positivo, lo sviluppo di altri autoanticorpi in associazione con una sindrome lupus-simile o reazioni cutanee compatibili da un punto di vista clinico e bioptico con un lupus cutaneo subacuto o con un lupus discoide. Pancitopenia e anemia aplastica Vi sone state segnalazioni post-marketing di pancitopenia e anemia aplastica, alcune delle quali ad esito fatale (vedere paragrafo 4.4). Patologie polmonari interstiziali Vi sono state segnalazioni post-marketing di patologie interstiziali polmonari (inclusa polmonite e fibrosi polmonare) alcune delle quali hanno avuto esiti fatali. Esami di laboratorio Basandosi sui risultati degli studi clinici, normalmente non sono necessari particolari esami di laboratorio in aggiunta ad un'attenta cura e supervisione del paziente da parte del medico. Trattamento contemporaneo con Enbrel ed anakinra In studi in cui i pazienti adulti sono stati trattati contemporaneamente con Enbrel più anakinra, è stata osservata un'incidenza maggiore di infezioni gravi rispetto ad Enbrel da solo ed il 2% dei pazienti (3/139) hanno sviluppato neutropenia (conta assoluta dei neutrofili < 1000/mm3). Un paziente neutropenico ha sviluppato cellulite che si è risolta dopo ospedalizzazione (vedere paragrafi 4.4 e 4.5). Effetti indesiderati in pazienti pediatrici affetti da psoriasi a placche In uno studio della durata di 48-settimane condotto su 211 bambini di età compresa tra 4 e 17 anni affetti da psoriasi pediatrica a placche, gli eventi avversi riportati sono stati simili a quelli visti in studi precedenti negli adulti affetti da psoriasi a placche. Sono stati riportati 4 casi di sindrome da attivazione dei macrofagi negli studi clinici sull'artrite giovanile idiopatica. 4.9 Sovradosaggio Durante gli studi clinici su pazienti affetti da artrite reumatoide non sono state osservate dosi-limite di tossicità. La più alta dose valutata è stata una dose di carico endovenosa di 2 2 32 mg/m seguita da una dose sottocutanea di 16 mg/m somministrata due volte a settimana. Un paziente affetto da artrite reumatoide si è erroneamente auto-somministrato 62 mg di Enbrel per via sottocutanea due volte a settimana per 3 settimane, senza sperimentare effetti indesiderati. Non si conosce l'antidoto per Enbrel. 5. PROPRIETÀFARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica: inibitori del Fattore di Necrosi Tumorale a (TNF-a). Codice ATC: L04AB01 Il fattore di necrosi tumorale (TNF) è una citochina predominante nel processo infiammatorio dell'artrite reumatoide. Elevati livelli di TNF sono stati anche trovati nella sinovia e nelle placche psoriasiche di pazienti con artrite psoriasica e nel siero e nel tessuto sinoviale di pazienti con spondilite anchilosante. Nella psoriasi a placche, l'infiltrazione di cellule infiammatorie, comprese le cellule T, porta ad un aumento dei livelli di TNF nelle lesioni psoriasiche rispetto ai livelli presenti nella cute non affetta. Etanercept è un inibitore competitivo del legame del TNF ai propri recettori cellulari superficiali e perciò inibisce l'attività biologica del TNF. Il TNF e la linfotossina sono citochine pro-infiammatorie che si legano a due distinti recettori cellulari superficiali: i recettori del fattore di necrosi tumorale (TNFR) da 55 kilodalton (p55) e da 75 kilodalton (p75). Entrambi i TNFR esistono naturalmente nelle forme legata alla membrana e solubile. Si pensa che i TNFR nella forma solubile regolino l'attività biologica del TNF. Il TNF e la linfotossina esistono prevalentemente come omotrimeri con la loro attività biologica che dipende dal legame crociato ai TNFR superficiali cellulari. I recettori solubili dimerici, come l'etanercept, possiedono una affinità di legame per il TNF più alta di quella dei recettori monomerici e sono inibitori competitivi notevolmente più potenti del legame del TNF con i propri recettori cellulari. Inoltre, l'utilizzo di una regione Fc immunoglobulinica come elemento di fusione nella costruzione di un recettore dimerico, conferisce una più lunga emivita plasmatica. Meccanismo d'azione La maggior parte della patologia articolare nell'artrite reumatoide e nella spondilite anchilosante e della patologia cutanea nella psoriasi a placche è mediata da molecole pro-infiammatorie che sono collegate in un network controllato dal TNF. Si pensa che il meccanismo d'azione dell'etanercept consista in una inibizione competitiva del legame del TNF ai recettori superficiali TNFR, che previene le risposte cellulari mediate dal TNF rendendo il TNF biologicamente inattivo. L'etanercept può anche modulare le risposte biologiche controllate da molecole addizionali a cascata (es. citochine, molecole di adesione o proteinasi) che sono indotte o regolate dal TNF. Studi clinici In questa sezione vengono presentati dati da quattro studi clinici randomizzati controllati in adulti con artrite reumatoide, uno studio in adulti con artrite psoriasica, uno studio in adulti con spondilite anchilosante, uno studio nei pazienti pediatrici con psoriasi a placche e quattro studi in adulti con psoriasi a placche. Pazienti adulti

L04AB01

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RISULTATI SULL'EFFICACIA CLINICA A 12 MESI: CONFRONTO ENBREL vs METOTRESSATO vs ENBREL IN COMBINAZIONE CON METOTRESSATO IN PAZIENTI CON ARTRITE REUMATOIDE DA UN PERIODO COMPRESO TRA I 6 MESI E I 20 ANNI

End point

Metotressato (n = 228)

Enbrel (n = 223)

Enbrel +Metotressato (n = 231)

a

Variazione rispetto al basale

PROGRESSIONE RADIOGRAFICA CONFRONTO di ENBREL versus METOTRESSATO (MTX) IN PAZIENTI CON RA DELLA DURATA < 3 ANNI 2,5

2,5

12 mesi

2,0 1,5 1,0

1,5

1,3 0,8

0,9

1,0 0,4*

0,5 0,0

2,2

24 mesi

MTX

1,3

* p < 0,05

2,0

TSS

Erosione

0,4 0,4 JSN

Enbrel 25 mg 1,2

0,6*

0,5 0,0

TSS

Erosione

0,9

0,6

JSN

In un ulteriore studio clinico randomizzato in doppio cieco con controllo attivo, l'efficacia clinica, la sicurezza e la progressione radiografica in pazienti con artrite reumatoide trattati con il solo Enbrel (25 mg due volte a settimana), con il solo metotressato (da 7,5 a 20 mg a settimana, dose media 20 mg) e con la combinazione di Enbrel e metotressato, iniziati contemporaneamente, sono state comparate in 682 pazienti adulti affetti da artrite reumatoide attiva da un periodo compreso tra i 6 mesi e i 20 anni (media 5 anni) che avevano mostrato una risposta inadeguata ad almeno un farmaco antireumatico modificante la malattia (DMARD) diverso da metotressato. Pazienti nel gruppo terapeutico di Enbrel in combinazione con metotressato hanno avuto una risposta ACR 20, ACR 50, ACR 70 e un miglioramento dei punteggi DAS e HAQ ,sia a 24 che a 52 settimane significativamente più alta rispetto ai pazienti di entrambi i gruppi trattati in monoterapia. (I risultati sono mostrati nella tavola sotto riportata). Sono stati inoltre osservati vantaggi significativi dopo 24 mesi per Enbrel in combinazione con metotressato rispetto ad Enbrel in monoterapia e metotressato in monoterapia.

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La progressione radiografica a 12 mesi è stata significativamente inferiore nel gruppo trattato con Enbrel rispetto al gruppo trattato con metotressato, mentre la combinazione dei due è risultata significativamente migliore di entrambe le monoterapie nel rallentare la progressione radiografica (vedi figura sotto riportata) PROGRESSIONE RADIOGRAFICA: CONFRONTO TRA ENBREL vs METOTRESSATO vs ENBREL IN COMBINAZIONE CON METOTRESSATO IN PAZIENTI CON ARTRITE REUMATOIDE DA UN PERIODO COMPRESO TRA I 6 MESI E I 20 ANNI (RISULTATI A 12 MESI) 3,0

2,80

Methotrexate Enbrel

2,5

Change from Baseline

con Artrite Reumatoide L'efficacia di Enbrel è stata valutata in uno studio randomizzato, in doppiocieco, placebo-controllato. Lo studio ha valutato 234 pazienti adulti affetti da artrite reumatoide in fase attiva, che non avevano risposto alla terapia con almeno uno, ma non più di quattro farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD). Dosi di 10 mg o 25 mg di Enbrel o placebo sono state somministrate per via sottocutanea due volte a settimana per 6 mesi consecutivi. I risultati di questo studio clinico controllato sono stati espressi in percentuale di miglioramento dell'artrite reumatoide utilizzando il criterio di risposta dell'American College of Rheumatology (ACR). Le risposte ACR 20 e 50 sono state maggiori in pazienti trattati con Enbrel a 3 ed a 6 mesi, che in pazienti trattati con placebo (ACR 20: Enbrel 62% e 59%, placebo 23% e 11% rispettivamente a tre e 6 mesi: ACR 50: Enbrel 41% e 40%, placebo 8% e 5% rispettivamente a tre e sei mesi; p<0,01 Enbrel versus placebo a tutti gli intervalli di tempo sia per le risposte ACR 20 che ACR 50). Circa il 15% dei pazienti che hanno ricevuto Enbrel hanno raggiunto una risposta ACR 70 al 3° mese ed al 6° mese, rispetto a meno del 5% dei soggetti del braccio placebo. Tra i pazienti che hanno ricevuto Enbrel, le risposte cliniche sono state generalmente osservate tra 1 e 2 settimane successive all'inizio della terapia e quasi tutte si sono verificate entro 3 mesi. È stata osservata una dose risposta: i risultati ottenuti con 10 mg sono stati intermedi tra il placebo e 25 mg. Enbrel è risultato significativamente migliore del placebo in tutti i parametri dei criteri ACR, così come nelle altre valutazioni dell'attività della malattia dell'artrite reumatoide non comprese nei criteri di risposta ACR come, per esempio, la rigidità mattutina. Durante lo studio è stato somministrato, ogni 3 mesi, un “Health Assessment Questionnaire” (HAQ), che comprendeva invalidità, vitalità, salute mentale, condizioni di salute generali e sotto-paragrafi riguardanti le condizioni di salute artrite-correlate. Tutti i sotto-paragrafi del HAQ migliorarono nei pazienti trattati con Enbrel, confrontati con i controlli a 3 ed a 6 mesi. Dopo l'interruzione di Enbrel i sintomi dell'artrite generalmente ritornano entro un mese. Il ripristino del trattamento con Enbrel dopo una interruzione fino a 24 mesi porta alla medesima entità di risposte dei pazienti che hanno ricevuto Enbrel senza interruzione della terapia basandosi sui risultati degli studi in aperto. Sono stati osservate risposte durature mantenute fino a 48 mesi nell'estensione della terapia negli studi clinici in aperto nel caso in cui i pazienti hanno ricevuto Enbrel senza interruzione; esperienze a più lungo termine non sono disponibili. L'efficacia di Enbrel è stata confrontata con il metotressato in un terzo studio randomizzato, con controllo attivo, avente come obiettivo primario la valutazione radiografica in cieco, in 632 pazienti adulti con artrite reumatoide in fase attiva (presente da < 3 anni) che non avevano mai ricevuto il trattamento con metotressato. Dosi di 10 mg o 25 mg di Enbrel sono state somministrate per via sottocutanea (SC) due volte a settimana fino a 24 mesi. Le dosi di metotressato sono state aumentate da 7,5 mg/settimana fino ad un massimo di 20 mg/settimana nel corso delle prime 8 settimane dello studio e proseguite fino a 24 mesi. Il miglioramento clinico con Enbrel 25 mg, compreso l'inizio dell'effetto entro 2 settimane, è stato simile a quello osservato negli studi precedenti, ed è stato mantenuto fino a 24 mesi. Al basale i pazienti avevano un moderato grado di disabilità, con un punteggio medio di HAQ compreso tra 1,4 e 1,5. Il trattamento con Enbrel 25 mg ha determinato un sostanziale miglioramento a 12 mesi, con il 44% circa dei pazienti che hanno raggiunto un punteggio HAQ normale (inferiore a 0,5). Tale miglioramento è stato mantenuto durante il 2° anno di questo studio. In questo studio, il danno strutturale dell'articolazione è stato valutato con metodo radiografico ed espresso come cambiamento nel Total Sharp Score (TSS) che comprende il tasso di erosione ed il tasso di riduzione dello spazio articolare (JSN). Le radiografie di mani/polsi e piedi sono state lette all'inizio dello studio ed a 6, 12 e 24 mesi. La dose di 10 mg di Enbrel ha avuto un effetto consistentemente minore sul danno strutturale rispetto alla dose da 25 mg. La dose di 25 mg di Enbrel ha avuto un effetto significativamente superiore sul tasso di erosione sia a 12 che a 24 mesi rispetto al metotressato. Le differenze nel TSS e nel JSN non sono risultate statisticamente significative tra metotressato ed Enbrel 25 mg. I risultati sono mostrati nella seguente figura:

ACR Risposte 65,5% 74,5% †,f 58,8% ACR 20 43,0% 63,2% †,f 36,4% ACR 50 22,0% 39,8% †,f 16,7% ACR 70 DAS 5,5 5,5 5,7 Punteggio basaleb 2,3 †,f 3,0 3,0 Punteggio settimana 52° b c 37,0% †,f 14,0% 18,0% Remissione HAQ 1,8 1,7 1,7 Basale 0,8 †,f 1,1 1,0 Settimana 52° a: I pazienti che non hanno completato i 12 mesi di studio sono stati considerati non responder. b: I valori per Disease Activity Score (DAS) sono le medie. c: La remissione è definita come DAS <1,6 Valori di p nei confronti a coppie: † = p<0,05 per il confronto di Enbrel + metotressato vs metotressato e f = p<0,05 per il confronto di Enbrel + metotressato vs Enbrel

Enbrel + Methotrexate

2,0

1,68

1,5 1,12 1,0 0,5

0,52* 0,21*

0,32

0,0 -0,5 -1,0

-0,30 †

-0,23 †,f

-0,54 †,f

TSS

Erosions

JSN

Valori di p nei confronti a coppie: * = p < 0,05 per il confronto di Enbrel vs metotressato, † = p < 0,05, per il confronto di Enbrel + metotressato vs metotressato e f = p < 0,05, per il confronto di Enbrel + metotressato vs Enbrel

Sono stati inoltre osservati vantaggi significativi dopo 24 mesi per Enbrel in combinazione con metotressato rispetto ad Enbrel in monoterapia e metotressato in monoterapia. Analogamente, vantaggi significativi per Enbrel in monoterapia rispetto a metotressato in monoterapia, sono stati osservati dopo 24 mesi. In un'analisi nella quale tutti i pazienti che sono usciti dallo studio per qualunque motivo sono stati considerati come se avessero avuto una progressione radiologica, la percentuale di pazienti senza progressione (cambiamento di TSS < 0,5) a 24 mesi è stata maggiore nel gruppo trattato con Enbrel in combinazione con metotressato rispetto al gruppo trattato con solo Enbrel e con solo metotressato (62%, 50%, ee 36%, rispettivamente; p<0,05). La differenza fra il gruppo trattato con solo Enbrel e il gruppo trattato con solo metotressato era anche significativa (p<0,05). Fra i pazienti che hanno completato i 24 mesi interi di terapia nello studio, i tassi di non progressione sono stati rispettivamente 78%, 70%, e 61%. La sicurezza e l'efficacia di 50 mg di Enbrel (due iniezioni SC da 25 mg) somministrate una volta a settimana sono state valutate in a in uno studio controllato in doppio cieco di 420 pazienti con Artrite Reumatoide attiva. In questo studio, 53 pazienti hanno ricevuto placebo, 214 pazienti hanno ricevuto 50 mg di Enbrel una volta a settimana e 153 pazienti hanno ricevuto 25 mg di Enbrel due volte a settimana. Il profilo di sicurezza e l'efficacia dei due regimi di trattamento con Enbrel sono risultati comparabili all'8° settimana, per i loro effetti sui segni e sintomi dell'Artrite reumatoide; I dati alla 16° settimana non hanno mostrato comparabilità (non-inferiorità) tra i due regimi. Un'iniezione singola di 50mg /ml di Enbrel si è dimostrata bioequivalente a due iniezioni simultanee da 25mg/ml. Pazienti adulti con artrite psoriasica L'efficacia di Enbrel è stata valutata in uno studio randomizzato, in doppio-cieco, placebo-controllato su 205 pazienti affetti da artrite psoriasica. I pazienti avevano un'età compresa tra i 18 e i 70 anni e presentavano artrite psoriasica in forma attiva (> 3 articolazioni tumefatte e >3 articolazioni dolenti) in almeno una delle seguenti forme: (1) coinvolgimento delle interfalangee distali (DIP); (2) artrite poliarticolare (assenza di noduli reumatoidi e presenza di psoriasi); (3) artrite mutilante; (4) atrite psoriasica asimmetrica; o (5) anchilosi spodilitico-simile. I pazienti presentavano anche psoriasi a placche con un indice di lesione > 2 cm di diametro. I pazienti erano stati precedentemente trattati con FANS (86%), DMARD (80%), e corticosteroidi (24%). I pazienti in terapia con metotressato (stabile per > 2 mesi) potevano continuare ad una dose stabile di metotressato < 25 mg/settimana. Dosi di 25 mg di Enbrel (basate sugli studi di “dose-finding” nei pazienti affetti da artrite reumatoide) o di placebo sono state somministrate SC due volte a settimana per 6 mesi. Alla fine dello studio in doppio cieco, i pazienti potevano entrare in uno studio di estensione in aperto a lungo termine per una durata totale fino a 2 anni. Le risposte cliniche sono state espresse come percentuale di pazienti che hanno raggiunto una risposta ACR 20, 50 e 70 e come percentuale di miglioramento secondo i Criteri di Risposta per l'Artrite Psoriasica (PsARC). I risultati sono elencati nella Tabella seguente.

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RISPOSTE IN PAZIENTI CON SPONDILITE ANCHILOSANTE IN UNO STUDIO PLACEBO-CONTROLLATO

Percentuale di Pazienti Placebo Enbrela n = 104 n = 101 b 15 3° mese 59 ASAS 20 13 6° mese 50b b 38 4 3° mese ASAS 50 4 6° mese 37b 11b 0 3° mese ASAS 70 c 1 6° mese 9 b 31 3° mese 72 PsARC b 23 6° mese 70 a: 25 mg di Enbrel SC due volte a settimana b: p<0,001, Enbrel vs placebo c: p< 0,01, Enbrel vs placebo Nei pazienti affetti da artrite psoriasica che hanno ricevuto Enbrel, le risposte cliniche sono state evidenti alla prima visita (4 settimane) e si sono mantenute durante i 6 mesi di terapia. Enbrel è stato significativamente migliore rispetto al placebo per tutti gli indici di attività della malattia (p< 0.001), e le risposte sono state simili con o senza una terapia concomitante con metotressato. La qualità della vita nei pazienti affetti da artrite psoriasica è stata valutata ad ogni visita usando l'indice di disabilità HAQ. Il punteggio dell'indice di disabilità era significativamente migliorato a tutte le visite nei pazienti affetti da artrite psoriasica trattati con Enbrel, rispetto a quelli trattati con placebo (p <0,001). Le variazioni radiografiche sono state valutate nello studio sull'artrite psoriasica. Le radiografie delle mani e dei polsi sono state ottenute al basale e ai mesi 6,12 e 24. Il TSS modificato al mese 12 è presentato nella Tabella sotto riportata. In un'analisi nella quale tutti i pazienti usciti dallo studio per qualsiasi ragione sono stati considerati come se avessero avuto una progressione radiologica, la percentuale di pazienti senza progressione (cambiamento al TSS < 0,5) al mese 12 era più elevata nel gruppo trattato con Enbrel in confronto al gruppo trattato con il placebo (73% vs. 47%, rispettivamente, p <0,001). L'effetto di Enbrel sulla progressione radiografica era mantenuto nei pazienti che continuavano il trattamento durante il secondo anno. Il rallentamento del danno alle articolazioni periferiche era osservato nei pazienti con coinvolgimento poliarticolare simmetrico delle articolazioni.

Risposta

VARIAZIONE MEDIA (ES) ANNUALIZZATA DAL BASALE NEL TOTAL SHARP SCORE

Tempo

Placebo (n = 104)

Etanercept (n = 101)

Mese 12

1,00 (0,29)

-0,03 (0,09)a

ES = errore standard. a. p = 0,0001.

Il trattamento con Enbrel risultava in un miglioramento nella funzione fisica durante il periodo in doppio cieco, e questo beneficio era mantenuto durante l'esposizione a lungo termine per un massimo di 2 anni. Vi è insufficiente evidenza dell'efficacia di Enbrel in pazienti con artropatie simil spondilite anchilosante e artrite psoriasica mutilante a causa del basso numero di pazienti studiati. Non sono stati effettuati studi in pazienti con artrite psoriasica al dosaggio di 50 mg una volta a settimana. Evidenza dell'efficacia del dosaggio di una volta a settimana in questa popolazione di pazienti si è basata sui dati degli studi in pazienti con spondilite anchilosante. Pazienti adulti con spondilite anchilosante L'efficacia di Enbrel nella spondilite anchilosante è stata valutata in 3 studi randomizzati, in doppiocieco, che hanno confrontato la somministrazione di Enbrel 25 mg due volte a settimana con il placebo. Sono stati arruolati un totale di 401 pazienti di cui 203 trattati con Enbrel. Il più ampio di questi studi (n=277) ha arruolato pazienti che avevano un'età compresa tra i 18 e i 70 anni e presentavano spondilite anchilosante in forma attiva definita come un punteggio>30 su scala analogico-visiva (VAS) per la media della durata e intensità della rigidità mattutina più un punteggio VAS> 30 per almeno 2 dei seguenti 3 parametri: valutazione globale del paziente; media dei valori VAS per il dolore lombosacrale notturno e complessivo; media di 10 domande del “Bath Ankylosing Spondylits Functional Index” (BASFI). I pazienti che ricevevano DMARDs, FANS, o corticosteroidi potevano continuarli a dosi stabili. Nello studio non erano inclusi pazienti con anchilosi completa della spina dorsale. Dosi di 25 mg di Enbrel (basate su studi per determinare la dose in pazienti con artrite reumatoide) o placebo sono stati somministrati per via sottocutanea due volte la settimana per 6 mesi in 138 pazienti. La misura primaria di efficacia (ASAS 20) è risultata essere un miglioramento >20% in almeno 3 dei 4 domini del “Assessment in Ankylosing Spondylitis” (ASAS) (valutazione globale del paziente, dolore lombosacrale, BASFI e infiammazione) ed assenza di peggioramento nel dominio precedente. Le risposte ASAS 50 e ASAS 70 sono state basate sugli stessi criteri con un 50% o un 70% di miglioramento, rispettivamente. Rispetto al placebo, il trattamento con Enbrel ha comportato miglioramenti significativi nel ASAS 20, ASAS 50 e ASAS 70 già a partire da 2 settimane dopo l'inizio della terapia. RISPOSTE IN PAZIENTI CON SPONDILITE ANCHILOSANTE IN UNO STUDIO PLACEBO-CONTROLLATO

Risposta ASAS 20

2 settimane 3 mesi 6 mesi 2 settimane ASAS 50 3 mesi 6 mesi 2 settimane ASAS 70 3 mesi 6 mesi a: p<0.001, Enbrel vs. placebo

Percentuale di Pazienti Enbrel Placebo N = 138 N = 139 a a 22 46a 27 60a 23 58 7 24aa 13 45a 10 42 2 12bb 7 29b 5 28 b: p = 0.002, Enbrel vs. placebo

Tra i pazienti con spondilite anchilosante che hanno ricevuto Enbrel, le risposte cliniche erano evidenti già dalla prima visita (2 settimane) e si sono mantenute nei 6 mesi di terapia. Le risposte erano simili nei pazienti che stavano o non stavano assumendo terapie concomitanti al basale. Risultati simili sono stati ottenuti in due studi sulla spondilite anchilosante di minori dimensioni. In un quarto studio, in doppio-cieco, placebo-controllato di 356 pazienti con spondilite anchilosante attiva, sono state valutate la sicurezza e l'efficacia di Enbrel 50 mg (due iniezioni sottocutanee da 25 mg) somministrato una volta a settimana confrontato con Enbrel 25 mg somministrato due volte a settimana. I profili di sicurezza e di efficacia del 50 mg una volta a settimana e 25 mg due volte a settimana erano simili. Pazienti adulti con psoriasi a placche L'uso di Enbrel nei pazienti è raccomandato secondo quanto descritto nel paragrafo 4.1. Nella popolazione studiata, i pazienti che “non hanno risposto a” erano definiti da una risposta insufficiente (PASI<50 o PGA inferiore a buono), o da un peggioramento della malattia durante il trattamento e che erano stati adeguatamente trattati per un periodo di tempo sufficientemente lungo da valutare la risposta ad almeno ognuna delle tre principali terapie sistemiche secondo la disponibilità. L'efficacia di Enbrel nei confronti di altre terapie sistemiche in pazienti con psoriasi da moderata a grave (responsiva ad altre terapie sistemiche) non è stata valutata in studi di confronto diretto tra Enbrel ed altre terapie sistemiche. Invece, la sicurezza e l'efficacia di Enbrel sono state valutate in quattro studi randomizzati, in doppio cieco, placebo-controllati. L'endpoint primario di efficacia in tutti e quattro gli studi è stata la percentuale di pazienti che in ciascun gruppo di trattamento ha raggiunto alla 12a settimana il PASI 75 (cioè un miglioramento di almeno il 75% rispetto al basale nel punteggio dello Psoriasis Area and Severity Index [PASI]). Lo studio 1 è stato uno studio di fase 2 in pazienti di età > ai 18 anni con psoriasi a placche attiva ma clinicamente stabile che interessava un'area di superficie corporea>10%. Centododici pazienti (112) sono stati randomizzati a ricevere una dose di 25 mg di Enbrel (n=57) o di placebo (n= 55) due volte a settimana per 24 settimane. Lo studio 2 ha valutato 652 pazienti con psoriasi a placche cronica usando gli stessi criteri di inclusione dello studio 1 con l'aggiunta di un Psoriasis Area and Severity Index (PASI) di almeno 10 allo screening. Enbrel è stato somministrato al dosaggio di 25 mg una volta a settimana, 25 mg due volte a settimana o 50 mg due volte a settimana per 6 mesi consecutivi. Durante le prime 12 settimane del periodo di trattamento in doppio cieco, i pazienti hanno ricevuto placebo o uno dei tre dosaggi di Enbrel sopra menzionati. Dopo 12 settimane di trattamento, i pazienti del gruppo trattato con placebo hanno iniziato il trattamento con Enbrel in cieco (25 mg due volte a settimana); i pazienti dei gruppi in trattamento attivo hanno continuato fino alla settimana 24 con il dosaggio al quale erano stati originariamente randomizzati. Lo studio 3 ha valutato 583 pazienti ed ha avuto gli stessi criteri di inclusione dello studio 2. I pazienti in questo studio hanno ricevuto una dose di 25 mg o 50 mg di Enbrel o placebo due volte a settimana per 12 settimane, dopodiché tutti i pazienti hanno ricevuto 25 mg di Enbrel in aperto due volte a settimana per ulteriori 24 settimane. Lo studio 4 ha valutato 142 pazienti ed ha avuto criteri di inclusione simili a quelli dello studio 2 e 3. I pazienti in questo studio hanno ricevuto una dose di 50 mg di Enbrel o placebo una volta a settimana per 12 settimane, dopodiché tutti i pazienti hanno ricevuto 50 mg di Enbrel in aperto una volta a settimana per ulteriori 12 settimane. Nello studio 1, il gruppo trattato con Enbrel ha avuto una percentuale significativamente maggiore di pazienti con una risposta PASI 75 alla settimana 12 (30 %) rispetto al gruppo trattato con placebo (2%) (p<0.0001). A 24 settimane, il 56 % dei pazienti del gruppo trattato con Enbrel ha raggiunto il PASI 75 rispetto al 5 % dei pazienti trattati con placebo. I risultati principali degli studi 2, 3 e 4 sono mostrati qui di seguito. RISPOSTE DEI PAZIENTI CON PSORIASI NEGLI STUDI 2, 3 E 4

Risposta (%) Placebo

Enbrel

25 mg bisett.

Studio 4

Studio 3

Studio 2 Placebo

50 mg bisett.

Enbrel

25 mg 50 mg bisett. bisett.

Placebo

Enbrel

50 mg 50 mg sett. sett.

n=166 n=162 n=162 n=164 n=164 n=193 n=196 n=196 n=46 n=96 n=90 a a a sett.12 sett.12 sett.24 sett.12 sett.24 sett.12 sett.12 sett.12 sett.12 sett.12 sett.24

64* 77* 69* 83* 70 77 9 9 PASI 50 14 58* 74* 4 59 3 PASI 75 2 38* 71* 44 34* 49* 34* 49* b 5 49* 39* 64* 55 4 39* 57* 4 39 34* DSGA , clear o almost clear *p<0,0001rispetto al placebo a. Non è stata effettuata alcuna comparazione statistica verso il placebo alla settimana 24 negli studi 2 e 4 poiché il gruppo originale trattato con placebo ha iniziato a ricevere Enbrel 25 mg bisettimanalmente o 50 mg una volta a settimana, dalla settimana 13 alla settimana 24. b. Dermatologist Static Global Assessment. “Clear” o “Almost clear” definito come 0 o 1 su una scala da 0 a 5. Tra i pazienti con psoriasi a placche che hanno ricevuto Enbrel, risposte significative rispetto al placebo si sono evidenziate al momento della prima visita (2 settimane) e si sono mantenute per le 24 settimane di terapia. Lo studio 2 prevedeva anche un periodo di sospensione del trattamento durante il quale i pazienti che raggiungevano un miglioramento PASI di almeno il 50 % alla settimana 24 interrompevano il trattamento. Durante il periodo di sospensione, i pazienti sono stati tenuti sotto osservazione per il verificarsi di eventi “rebound” (PASI >50% del basale) e per il tempo di ricaduta (definito come una perdita di almeno metà del miglioramento ottenuto tra il basale e la settimana 24). Durante il periodo di sospensione, i sintomi della psoriasi si sono gradualmente ripresentati con un

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tempo mediano alla ricaduta di malattia di 3 mesi. Non sono state osservate ricadute caratterizzate da “rebound” e nessun evento avverso grave correlato alla psoriasi. Ci sono state alcune evidenze a supporto del vantaggio di un nuovo trattamento con Enbrel nei pazienti che erano inizialmente responsivi al trattamento. Nello studio 3 la maggior parte dei pazienti (77%) che all' inizio erano stati randomizzati a 50 mg due volte a settimana e che hanno ricevuto alla settimana 12 una dose ridotta a 25 mg di Enbrel due volte alla settimana, hanno mantenuto una risposta PASI 75 fino alla settimana 36. Per i pazienti che hanno ricevuto 25 mg 2 volte a settimana durante tutto lo studio, la risposta PASI 75 ha continuato a migliorare tra le settimane 12 e 36. Nello studio 4, il gruppo trattato con Enbrel ha avuto una più alta proporzione di pazienti con PASI 75 alla settimana 12 (38%) rispetto al gruppo trattato con placebo (2%) (p<0,0001). Per i pazienti che hanno ricevuto 50 mg una volta a settimana durante tutto lo studio, la risposta di efficacia ha continuato a migliorare con il 71% dei pazienti che ha raggiunto un PASI 75 alla settimana 24. Pazienti pediatrici con psoriasi a placche L'efficacia di Enbrel è stata valutata in uno studio randomizzato, in doppio-cieco, placebo-controllato su 211 pazienti pediatrici di età compresa tra 4 e 17 anni con psoriasi a placche da moderata a grave (definita da un punteggio sPGA>3, con interessamento del 10% o più del BSA, e PASI>12). I pazienti elegibili avevano una storia di trattamento con fototerapia o terapia sistemica o non erano adeguatamente controllati da una terapia topica. I pazienti hanno ricevuto Enbrel 0,8 mg pro chilo (fino a 50 mg) o placebo una volta a settimana pe 12 settimane. Alla dodicesima settimana, un maggior numero di pazienti ha avuto risposte di efficacia positiva (cioè PASI 75) nel gruppo randomizzato con Enbrel rispetto al gruppo randomizzato con placebo. RISULTATI A 12 SETTIMANE NELLA PSORIASI PEDIATRICA A PLACCHE

PASI 75, n (%)

Enbrel 0,8 mg/kg 1 volta a settimana (n = 106) 60 (57%)a

PASI 50, n (%)

79 (75%)a

24 (23%)

sPGA “clear” or “minimal”, n (%)

56 (53%)a

14 (13%)

Placebo (n = 105) 12 (11%)

Abbreviazioni: sPGA-Static Physician Global Assessment. a. p<0,0001 rispetto al placebo

Dopo il periodo di trattamento di 12 settimane in doppio cieco, tutti i pazienti hanno ricevuto 0,8mg pro chilo di Enbrel (fino a 50 mg) una volta a settimana per ulteriori 24 settimane. Le risposte osservate durante il periodo in aperto sono state simili a quelle osservate nel periodo in doppio cieco. Durante un periodo di sospensione randomizzato, il numero di pazienti che hanno avuto una recidiva della malattia (perdita di risposta PASI 75) è stato significativamente maggiore nel gruppo di pazienti re-randomizzati con placebo rispetto a quello del gruppo di pazienti re-randomizzati con Enbrel. Con la terapia continua, le risposte sono state mantenute fino a 48 settimane. Anticorpi anti Enbrel Anticorpi anti-etanercept sono stati rilevati nel siero di alcuni soggetti trattati con etanercept. Questi anticorpi sono stati tutti non-neutralizzanti e sono generalmente transitori. Non sembra esserci correlazione tra lo sviluppo di anticorpi e la risposta clinica o gli eventi avversi. Durante gli studi clinici in soggetti trattati con dosi approvate di etanercept sino a 12 mesi, le quantità cumulative di anticorpi anti-etanercept erano approssimativamente del 6% nei soggetti con artrite reumatoide, 7,5% in soggetti con artrite psoriasica, 2% in soggetti con spondilite alchilosante, 7% in soggetti con psoriasi, 9,7% in soggetti con psoriasi pediatrica e 3% in soggetti con artrite giovanile idiopatica. La proporzione di soggetti che hanno sviluppato anticorpi anti-etanercept negli studi più a lungo termine (sino a 3,5 anni) aumenta con il tempo, come previsto. Tuttavia , grazie alla loro natura transitoria, l'incidenza degli anticorpi rilevati ad ogni punto di valutazione è stata generalmente inferiore al 7% in soggetti con artrite reumatoide ed in soggetti con psoriasi. In uno studio a lungo termine sulla psoriasi, nel quale i pazienti ricevevano 50 mg due volte a settimana per 96 settimane, l'incidenza degli anticorpi osservata ad ogni punto di valutazione è stata approssimativamente sino al 9%. 5.2 Proprietà farmacocinetiche I valori sierici di etanercept sono stati valutati con il metodo ELISA, che può rilevare sia i prodotti di degradazione che reagiscono con l'ELISA, sia il composto progenitore. L'etanercept viene lentamente assorbito dal sito di iniezione sottocutaneo, raggiungendo la massima concentrazione approssimativamente 48 ore dopo una singola dose. La biodisponibiltà assoluta è del 76%. Con due dosi settimanali si prevede che le concentrazioni allo steady-state siano approssimativamente due volte maggiori rispetto a quelle osservate dopo dosi singole. Dopo una singola dose sottocutanea di 25 mg di Enbrel, la concentrazione sierica massima media osservata in volontari sani è stata di 1,65±0,66 mg/ml e l'area sotto la curva è stata di 235±96,6 mg •ora/ml. Non è stata formalmente valutata la proporzionalità di dose, ma non c'è una evidente saturazione della clearance lungo il range di dosaggio. Per descrivere la curva concentrazione-tempo di etanercept è richiesta una curva biesponenziale. Il volume di distribuzione centrale dell'etanercept è di 7,6 litri, mentre il volume di distribuzione allo steady-state è di 10,4 litri. L'etanercept viene eliminato lentamente dall'organismo. Ha una lunga emivita, di circa 70 ore. La clearance è approssimati-

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vamente di 0,066 litri/ora in pazienti affetti da artrite reumatoide, un pò più bassa del valore di 0,11 litri/ora osservato in volontari sani. Inoltre, la farmacocinetica di Enbrel in pazienti affetti da artrite reumatoide, spondilite anchilosante e psoriasi a placche è simile. I profili della concentrazione media sierica allo steady state ovvero Cmax (2.4 mg/l vs 2.6 mg/l), Cmin (1.2 mg/l vs 1.4 mg/l), e l' AUC parziale (297 mgh/l vs 316 mgh/l) sono risultati comparabili nei pazienti con artrite reumatoide trattati rispettivamente con 50 mg di etanercept 1 volta a settimana (n=21) vs 25 mg di etanercept due volte a settimana (n=16). In uno studio in aperto, a dose singola, a due-trattamenti,in cross-over su volontari sani, etanercept somministrato come iniezione in dose singola da 50 mg/ml è risultato bioequivalente a due iniezioni simultanee da 25 mg/ml. In un'analisi farmacocinetica di popolazione in pazienti con spondilite anchilosante, le AUCs allo steady state di etanercept erano 466 mg*ora/mL e 474 mg*ora/mL, rispettivamente, per Enbrel 50 mg una volta a settimana (N= 154) e 25 mg due volte a settimana (N = 148), rispettivamente. Sebbene ci sia una eliminazione di radioattività nelle urine dopo somministrazione di etanercept radiomarcato in pazienti e in volontari, non è stato osservato un aumento delle concentrazioni di etanercept in pazienti con insufficienza renale o epatica acuta. La presenza di insufficienza renale o epatica non dovrebbe richiedere alcuna modifica del dosaggio. Non c'è apparente differenza di farmacocinetica tra maschi e femmine. Il metotressato non modifica la farmacocinetica dell'etanercept. Non è stato valutato l'effetto di Enbrel sulla farmacocinetica umana del metotressato. Pazienti anziani L'influenza dell'età avanzata è stata studiata tramite un'analisi farmacocinetica delle concentrazioni plasmatiche di etanercept nell'ambito di questa popolazione. La clearance ed il volume valutati in pazienti di età compresa tra i 65 e gli 87 anni sono risultati simili a quelle stimate in pazienti con meno di 65 anni. Pazienti pediatrici affetti da psoriasi a placche Pazienti pediatrici affetti da psoriasi a placche (età comprese tra i 4 ed i 17 anni) hanno ricevuto 0,8 mg pro chilo di etanercept (fino ad una dose massima di 50mg a settimana) una volta a settimana per 48 settimane. Le concentrazioni sieriche medie allo steady state variavano da 1,6 a 2,1 mcg/ml alle settimane 12, 24 e 48. Queste concentrazioni medie sieriche nei pazienti con psoriasi pediatrica a placche sono simili a quelle osservate nei pazienti con artrite giovanile idiopatica (trattati con 0,4 mg pro chilo di etanercept, due volte a settimana, fino ad una dose massima di 50 mg a settimana). Queste concentrazioni medie sono simili a quelle osservate nei pazienti adulti con psoriasi a placche trattati con 25 mg di etanercept una volta a settimana. 5.3 Dati preclinici di sicurezza Durante gli studi tossicologici condotti con Enbrel, non si è manifestata una tossicità dose-limite od organo bersaglio. Enbrel è risultato essere non-genotossico in una serie di studi in vitro ed in vivo. A causa della comparsa di anticorpi neutralizzanti nei roditori, non sono stati condotti con Enbrel studi di carcinogenicità e di valutazione standard della fertilità e della tossicità postnatale. Enbrel non ha causato mortalità o segni di tossicità rilevabili in topi o ratti a seguito di un singola dose sottocutanea di 2000 mg/Kg o di una singola dose endovenosa di 1000 mg/Kg. Enbrel non ha provocato una tossicità dose-limite o organo bersaglio in scimmie cynomolgus a seguito di una somministrazione sottocutanea due volte a settimana per 4 o 26 settimane consecutive ad una dose (15 mg/Kg) risultante in concentrazioni sieriche del farmaco basate sull'AUC che erano più di 27 volte maggiori rispetto a quelle ottenute negli uomini alla dose raccomandata di 25 mg. 6. INFORMAZIONIFARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Saccarosio - Cloruro di sodio - L-Arginina cloridrato - Sodio fosfato monobasico diidrato - Sodio fosfato dibasico diidrato - Acqua per preparazioni iniettabili 6.2 Incompatibilità In assenza di studi di compatibilità, il medicinale non deve essere miscelato con altri prodotti. 6.3 Periododi validità 2 anni 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Conservare in frigorifero (tra 2°C e 8°C). Non congelare. 6.5 Naturae contenutodella confezione Siringa di vetro trasparente (vetro di tipo I) con ago di acciaio inossidabile, copertura dell'ago in gomma e stantuffo di plastica. Le confezioni contengono 2, 4 o 12 siringhe preriempite di Enbrel con 4, 8 o 24 tamponi con alcol. La copertura dell'ago contiene gomma naturale essiccata (lattice) (vedi paragrafo 4.4). Non tutte le confezioni potrebbero essere in commercio. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione Il prodotto non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità ai requisiti locali di legge. Istruzioni per l'impiego e la manipolazione Prima dell'iniezione bisogna attendere che la siringa pre-riempita di Enbrel per mono-somministrazione raggiunga la temperatura ambiente (approssimativamente dai 15 ai 30 minuti). La copertura dell'ago non deve essere rimossa mentre si attende che la siringa pre-riempita raggiunga la temperatura ambiente. La soluzione deve essere limpida o incolore o giallo chiaro e praticamente priva di particelle visibili. Istruzioni dettagliate per la somministrazione sono fornite nel foglio illustrativo, paragrafo 7, ”Istruzioni per la preparazione e somministrazione di un'iniezione di Enbrel”. 7. TITOLAREDELL'AUTORIZZAZIONE ALL'IMMISSIONEIN COMMERCIO Wyeth Europa Ltd. - Huntercombe Lane South - Taplow, Maidenhead - Berkshire, SL6 0PH - Regno Unito 8. NUMERO(I)DELL'AUTORIZZAZIONE (I)ALL'IMMISSIONE INCOMMERCIO EU/1/99/126/016 - EU/1/99/126/017 - EU/1/99/126/018 9. DATADELLA PRIMAAUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL'AUTORIZZAZIONE Data della prima autorizzazione: 3 Febbraio 2000 - Data dell'ultimo rinnovo: 3 Febbraio 2005 10. DATADI REVISIONEDEL TESTO Giugno 2009 Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web dell'Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA): http://www.emea.europa.eu

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Informazioni generali

Istruzioni per gli autori

Obiettivo della rivista Scopo primario di Psoriasis è quello di raccogliere e trasmettere informazioni scientifiche, cliniche e di politica sanitaria aggiornate, in grado di attivare un meccanismo di “rafforzamento” delle conoscenze del dermatologo, per metterlo così in condizione di affrontare con elementi di fatto scientifici e clinici il dibattito che si è aperto sull’approccio complessivo alla terapia della psoriasi. Tutto ciò nel tentativo di riportare il paziente al centro della strategia terapeutica operando delle scelte che, nel suo esclusivo interesse, siano in grado di coniugare conoscenze ed esperienze scaturite da tutte le strategie di cura della malattia. Articoli della rivista Gli articoli non devono mai essere apparsi su altre riviste a livello nazionale e internazionale né essere proposti per la pubblicazione ad altre testate. La redazione li sottoporrà all’attenta valutazione del board scientifico, che potrà richiedere una revisione all’autore. Gli autori sono gli unici responsabili dei rispettivi articoli e della relativa iconografia.

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- Direttore scientifico: Torello Lotti (Firenze) - Coordinatore scientifico: Alberto Giannetti (Modena) - Gianfranco Altomare (Milano) - Mario Aricò (Palermo) - Fabio Arcangeli (Cesena) - Nicola Aste (Cagliari) - Fabio Ayala (Napoli) - Federico Bardazzi (Bologna)

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- Enzo Berardesca (Roma) - Maria Grazia Bernengo (Torino) - Stefano Calvieri (Roma) - Pier G. Calzavara Pinton (Brescia) - Piero Campolmi (Firenze) - Sergio Chimenti (Roma) - Ornella De Pità (Roma) - Paolo Fabbri (Firenze) - Michele Fimiani (Siena) - Giorgio Filosa (Jesi) - Ilaria Ghersetich (Firenze)

hanno portato confrontandoli anche con quelli di altri studi importanti, senza trascurare i limiti dello studio e le sue implicazioni per la ricerca futura e la pratica clinica. Le conclusioni dovranno essere collegate agli obiettivi dello studio evitando affermazioni non adeguatamente supportate dai dati. BIBLIOGRAFIA Numerare i riferimenti bibliografici in base all’ordine di apparizione negli articoli, riportandoli nel modo seguente: Rivista: 1. You CH, Lee KY, Chey RY, Menguy R. Electrogastrographic study of patients with unexplained nausea, bloating and vomiting. Gastroenterology 1980;79:311-4. Libro o capitolo di libro: 2. Colson JH, Armour WJ. Sports injuries and their treatment. 2nd rev ed. London: St Paul, 1986. 3. Rajaka G. Infantile seborrhoeic dermatitis. In: Harper J, Oranje A, Prose N, eds. Textbook of pediatric dermatology. 2nd ed. Oxford: Scientific Publications 2000, pp. 255-59. Identificare i riferimenti bibliografici nel testo, nelle tabelle e nelle figure con i numeri arabi tra parentesi. Sono consigliati non più di 20 riferimenti bibliografici. TABELLE Le tabelle dovranno essere numerate e richiamate nel testo in ordine progressivo, ciascuna con un proprio titolo. Note esplicative potranno essere riportate in fondo alla tabella. ILLUSTRAZIONI Le illustrazioni dovranno essere numerate e richiamate nel testo in ordine progressivo. Dovranno essere stampate e salvate su file a parte, ognuna di esse accompagnata dalla propria didascalia e legenda. Lettere, numeri e simboli dovranno essere ben leggibili, i titoli e le spiegazioni riportati a lato. Le norme editoriali sono state redatte sulla base del Vancouver Style (Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Journals). Per maggiori informazioni http://www.icmje.org

- Gian Luigi Giovene (Perugia) - Giampiero Girolomoni (Verona) - Franco Kokelj (Trieste) - Giorgio Leigheb (Novara) - Patrizia Martini (Lucca) - Giuseppe Monfrecola (Napoli) - Patrizio Mulas (Cagliari) - Annamaria Offidani (Ancona) - Ketty Peris (L’Aquila) - Andrea Peserico (Padova) - Mauro Picardo (Roma)

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psoriasis

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Quando si sceglie ENBREL, si sceglie l'esperienza ! 16 anni di esperienza clinica cumulativa 1 ! Oltre 1.5 milioni di anni-paziente di esperienza clinica cumulativa nelle indicazioni approvate 2 ! 460.000 pazienti trattati in tutto il mondo nelle indicazioni approvate 3

- La psoriasi artropatica - Psoriasi e malattie infiammatorie croniche intestinali - La psoriasi delle mucose colpisce anche il tratto gastrointestinale

! Consolidato profilo di sicurezza in pazienti pediatrici e adulti con psoriasi 4,5

- Il prurito nella psoriasi - Come gestire gli eventi avversi dei farmaci biologici

Codice magazzino EN9031 Data di deposito all’AIFA 23/07/2009

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- Indici di valutazione della gravità - Valutazione strumentale della psoriasi a placche Volume 4 Numero 1 Aprile 2009

ISSN 1971-3843 Reg. Trib. Milano n° 708 del 13-11-2006 © Editoriale Fernando Folini

Codice DIME ENB 126/09

! Studiato in pazienti di età compresa tra i 4 e gli 87 anni 6

127/09 Dep. AIFA 23/07/2009

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