Professione Verniciatore del Legno 138

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Depurazione aria

PREMESSA Più di una volta, anche recentemente, abbiamo dovuto confrontarci con clienti, consulenti e a volte anche con i funzionari degli Enti pubblici che si occupano delle autorizzazioni, per chiarire gli aspetti tecnici e normativi legati all’imposizione di valori limite di emissione, con riferimento ad un valore di ossigeno diverso da quello atmosferico. Il valore di riferimento di ossigeno trova origine nella corretta filosofia di evitare “diluizioni” delle emissioni, al fine di ridurre artificiosamente la concentrazione degli inquinanti a valori al di sotto dei limiti consentiti. Questo concetto trova una sua logica applicazione in processi caratterizzati da emissioni con un contenuto di ossigeno inferiore a quello atmosferico, ma non, come dovrebbe risultare evidente, nel trattamento delle emissioni gassose che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono costituite da aria. E’ quindi logico applicare il riferimento alla percentuale di ossigeno nell’incenerimento di rifiuti solidi e liquidi o negli impianti di produzione energia alimentati a combustibile, laddove l’apporto di aria al processo è finalizzato a fornire l’ossigeno necessario alla combustione a livelli stechiometrici o con un eccesso limitato e volto ad ottimizzare l’efficienza di ossidazione. Quando si deve trattare aria, utilizzata per captare e veicolare i vapori dei SOV che si sviluppano nel processo di produzione, è evidente che il tenore di ossigeno è quello atmosferico (convenzionalmente 21%): l’applicazione di riferimenti a valori più bassi (o molto più bassi, dato che normalmente viene richiesto il 3%) comporta concentrazioni di inquinanti reali in emissione a valori prossimi allo zero. Tutto ciò nasce da una non corret-

ta interpretazione di norme, che in realtà affrontano in maniera corretta la questione. OSSIDATORI TERMICI E INCENERITORI Nel trattamento delle emissioni gassose contenenti SOV si distinguono diverse tecnologie. Alcune di queste, che di fatto oggi sono la parte predominante, si basano sull’ossidazione termica e in minor parte sull’ossidazione catalitica. Nella grande maggioranza dei casi, le emissioni gassose sono costituite da aria, con concentrazioni variabili di SOV. L’aria viene utilizzata quale «veicolo», per captare ed allontanare i vapori dei SOV dai macchinari e dalle apparecchiature di processo con un duplice scopo: - mantenere salubre l’ambiente di lavoro; - mantenere la concentrazione dei SOV infiammabili a valori lontani dai limiti di esplosività, cioè con una concentrazione inferiore al L.E.L. (Lower Explosive Limit). In queste emissioni la percentuale volumetrica di ossigeno è quella atmosferica e cioè circa il 21%. Ma un impianto di ossidazione termica è assimilabile ad un impianto di combustione per l’utilizzo dell’energia termica o ad un inceneritore? No, senza alcun dubbio! Al di là delle ovvie differenze nelle finalità funzionali, negli inceneritori, così come negli impianti di combustione, l’aria introdotta nel processo ha lo scopo di fornire l’ossigeno necessario (comburente) con un eccesso che garantisca il risultato ottimale nella combustione. L’ossigeno residuo nei fumi deve essere contenuto al valore tecnicamente ottimale, al fine di non influire negativamente sul rendimento termico. La percentuale di ossigeno nelle emissioni degli inceneritori o de-

gli impianti di combustione può variare, a seconda della tipologia di rifiuto e/o di combustibile, dal 3 all’11%. Aggiunte di aria al processo o a valle del processo, finalizzate alla «diluizione» della concentrazione degli inquinanti, comporterebbero un incremento nel tenore di ossigeno dei fumi. Al fine di vanificare l’effetto di eventuali diluizioni, la normativa prevede che i limiti in emissione siano riferiti ad un determinato valore di ossigeno di riferimento, definito in funzione del processo e del tipo di combustibile. La percentuale di ossigeno nell’aria in uscita da un ossidatore termico o catalitico è data dalla differenza fra l’ossigeno atmosferico e il volume di ossigeno «consumato» per l’ossidazione dei COV e/o del combustibile di supporto. A seconda dell’efficienza del recupero termico e della concentrazione dei SOV, la percentuale di ossigeno al camino di un ossidatore varia dal dal 18 al 20,5 %. In questo caso, un’eventuale diluizione comporterebbe una variazione minima del tenore di ossigeno FACCIAMO DUE CONTI In più di un’occasione abbiamo avuto modo di constatare che la differenza fra i diversi processi non è perfettamente compresa; autorizzazioni per impianti di trattamento delle emissioni gassose contenenti SOV con valori di emissione riferiti al 3% di ossigeno, denotano quantomeno una non corretta interpretazione delle norme. La concentrazione degli inquinanti misurata al camino, nei casi in cui viene imposto un tenore di ossigeno di riferimento, deve essere «corretta» mediante la seguente formula: E = [(21 - O2) / (21 - O2M)] x EM dove: EM è la concentrazione misurata, E è la concentrazione, O2M è il tenore di ossigeno misurato,

Professione Verniciatore del Legno | Anno XXII - n.138 - Ottobre 2017  19


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